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La prima organizzazione della liturgia e del canto romano liturgico risale, secondo documenti tardivi tra i quali il Liber pontificalis e l’Ordo romanus, al papa Damaso (366-384). San Gregorio Magno (590-604), per conservare la prassi esecutiva dei canti della tradizione ecclesiale romana, fondò con dotazione di terre e case due Scholae Cantorum, una per l’Arcibasilica Lateranense, prima cappella musicale pontificia, l’altra per la basilica di S. Pietro. L’insegnamento del canto era orale e mnemonico, il repertorio musicale, doveva essere imparato a memoria. La preparazione tecnica di un cantore si attuava con un corso di studi di durata non inferiore a nove anni. I rappresentanti della Schola erano quattro: il Primicerius o Archicantor maestro della Schola con compiti anche di maestro compositore il Secundicerius, il Tertius ed il Quartus Scholae, denominato Archiparaphonista ed era addetto ai fanciulli più abili (paraphonistae). La schola cantorum lateranense, che ha svolto dal sec. VI a quasi tutto il medioevo un ruolo preminente nel contesto della musica liturgica, aveva avuto sede nel Palazzo Lateranense fino al soggiorno avignonese dei romani pontefici (1305-1377), era stata istituita in funzione delle cerimonie papali e dei riti presieduti dal pontefice. L’importanza dell’ufficio dei cantori è sottolineata dal fatto che al pontefice, come attestano gli Ordines Romani, si comunicava, prima dell’inizio della liturgia del giorno, il nome del cantore solista che dall’ambone avrebbe cantato il graduale, il tractus e l’alleluja dopo le letture veterotestamentarie. L’Ordo romanus primus attesta che, avvenuta la comunicazione, il cantore designato non poteva essere sostituito. Dopo che il diacono aveva sciolto l’adunanza con l’ “Ite missa est”, il Primicerius con l’intera Schola andava incontro al Papa cantando “Jube domine benedicere” e al “Benedicat nos Dominus” papale la Schola “cum strepitu” rispondeva “Amen”. Giovanni XIX (1024-1032) chiamò al Laterano Guido d'Arezzo, esule dal convento di Pomposa (Ferrara) dal 1023, per insegnare il suo medoto di solmisazione ai cantori lateranensi. Guido presentò al pontefice il suo Prologus in antiphonarium con notazione su un rigo. Guido si avvalse dell'inno Ut queant laxis, il cui testo è attribuito a Paolo Diacono, riportata nella sua Epistola ad Michaelem de ignoto cantu, la quale consiste in un espediente mnemonico per ricordare l'esatta intonazione delle note fondate sulle prime sillabe della prima strofa dell'inno liturgico in onore di san Giovanni Battista. le cui prime due lettere di ogni emistichio costituivano lo schema dell’esacordo (do-la in successione ascendente per grado congiunto) e avevano dato il nome attuale alle note: UT quaeant laxis REsonare fibris MIra gestorum FAmuli tuorum SOLve polluti LAbii reatum Sancte Iohannes il cambiamento dell'UT in "do" fu operato nel 1482 da G. Battista Doni, che avrebbe utilizzato le prime due lettere del suo cognome e l’introduzione della nota “si” (dall’unione della “S” e della “i” dell’ultimo emistichio) fu apportata da Bartolomeo Ramis de Pareja sull'eptacordo. L'Ordo officiorum Ecclesiae Lateranensis di Bernardo cardinale (sec. XII), rammenta i compiti della Schola Cantorum Lateranensis quando il pontefice scendeva cum tota curia nella basilica per le funzioni solenni, tra le quali vi era la commemorazione di san Giovanni Battista. Il primo gennaio di ogni anno, il Prefetto della Cappella conferiva incarichi la cui accettazione era obbligatoria: archivista, visitatore degli infermi, scrittore delle musiche, invitatore della cappella. La cappella musicale lateranense, erede della Schola Cantorum di san Gregorio Magno, fu fondata, dopo la soppressione decretata da Urbano V, dal card. Giovanni Domenico de Cupis, detto Cardinale di Trani, arciprete dell’Arcibasilica, nel 1543. La cappella ha assunto la denominazione di “Cappella Pio Lateranense” per intervento di Pio VI che, con breve del 29 settembre 1784, la dotò di nuovi beni e le concesse il proprio nome. Questa istituzione è divenuta Cappella Musicale Pontificia con breve del 22 luglio 1801 mediante il quale Pio VII –che aveva destinato alla cappella un fondo di 2500 scudi- estese ai cantori lateranensi gli stessi privilegi dei cantori sistini: particolari immunità civili e penali. A riempire i silenzi del coro e ad accompagnarne il canto, era impiegato l’organo posto, prima del pontificato di Clemente VIII, nel transetto dove attualmente si trova l’altare del Sacramento. Clemente VIII, nel 1597, commise al famoso organaro perugino Luca Blasi la costruzione del grandioso organo che fu collocato, nel generale restauro affidato a Giacomo della Porta, sulla porta settentrionale dove a tutt'oggi si trova. Girolamo Frescobaldi (1583-1643), maestro della Cappella Giulia della Basilica Vaticana e Georg Friederich Händel (1707) lo suonarono. All’organista, nel XV secolo, era corrisposto un carlino per ogni servizio del sabato e nella festività degli Apostoli. I primi organisti della cappella musicale lateranense furono Paolo Animuccia (1550) e Bernardino Lupacchino (1552). Secondo le costituzioni capitolari del 1836 e del 1872, l’esame per la nomina ad organista consisteva nella realizzazione estemporanea del basso numerato, nella lettura di un’intavolatura e nella esecuzione di una fuga. Le prove si svolgevano alla presenza del Prefetto, del collegio dei cantori e di tre maestri di armonia in veste di giudici. Orlando di Lasso fu maestro di cappella dal 1553 al 1555, Giovanni Pierluigi da Palestrina dall’ottobre 1555 al 1560 allorché passò al servizio della basilica liberiana. Al Palestrina successero anche alcuni dei suoi allievi. La Cappella musicale, che oggi è composta da 32 cantori e da due organisti ed è diretta dal Maestro mons. Marco Frisina, coadiuvato dal Vicedirettore, il Maestro Fabrizio Barchi, continua ancora oggi il suo servizio liturgico nelle Domeniche e nelle feste, ma svolge anche la sua attività divulgativa e culturale in seno alla città , offrendo la ricchezza della propria tradizione musicale e continuando ad essere una voce importante della diocesi romana.
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