|
Il Borromini nell'armonizzazione della navata centrale con le quattro navate minori si ispirò alla ristrutturazione classicheggiante realizzata da Giulio Pippi detto Romano (1499-1546) nella chiesa cattedrale di Mantova, nella quale le navate interne hanno una propria copertura che le differenzia da quelle esterne. La navata minore d'estrema destra inizia dalla "porta santa". L'affresco frammentario di sapore melozzesco, che rappresenta la Madonna con il Bambino, proviene dal Colosseo, sovrasta il monumento sepolcrale del "cittadino romano" cardinale Pietro Paolo Mellini morto di peste nel 1527. La prima cappella,dedicata a S. Maria Assunta, progettata e realizzata nel 1729, ha sull'altare il grande affresco celebrativo dell'Immacolata Concezione del pittore romano Placido Costanzi (1702-1759). A parete il sepolcro del cardinale Giulio Acquaviva (+1574) con statue della prudenza e della temperanza d'Isaia da Pisa (attivo tra il 1447 ed il 1464), provenute dal monumento De Chavez. La seconda cappella, della Deposizione dalla Croce già dedicata a San Giovanni Nepomuceno e decorata da un affresco di Sebastiano Conca, è stata demolita per consentire ai Torlonia di costruirvi la propria. La cappella, d'impronta tardo-neoclassica, è a croce greca, la cupola progettata da Quintiliano Raimondi tra il 1830 ed il 1850 -le sue spoglie sono nel sotterraneo-, è decorata con cassettoni e stucchi dorati, pilastri di marmo bianco d'ordine corinzio. Gli Evangelisti, scolpiti a bassorilievo nei pennacchi, sono di Giuseppe Galli. Le pareti sono incrostate di marmo bianco fino al cornicione. L'altare è impreziosito da paliotto con pietre dure (lapislazzuli e malachiti di Russia) e fasce laterali di alabastro orientale. La Deposizione dalla Croce in altorilievo di marmo bianco nella pala d'altare è dello scultore toscano Pietro Tenerani (1844). Le statue delle nicchie ai lati dell'altare sono la Fortezza del romano Filippo Gnaccarini (1804-1875), la Temperanza di Achille Stocchi, attivo in Roma nella prima metà del secolo XIX, ai lati della porta la Giustizia di Vincenzo Grassi e la Prudenza di Angelo Bezzi. Il monumento sepolcrale di Giovanni Torlonia, ornato con statue delle virtù, fu iniziato da Mainoni, continuato dal Chiali e terminato da Giuseppe Barba. Le statue della Bontà e di un genio ai lati del sepolcro d'Anna Torlonia sono di Giuseppe Barba. Il romano Pietro Galli (1804-1877) ha scolpito a bassorilievo di marmo bianco gli evangelisti nei peducci della cupola ed il bassorilievo sul Salvatore portato al sepolcro nella sacrestia. La cancellata di bronzo è di Giacomo Luswerg. La terza cappella, dedicata al Ss.mo Crocifisso o Massimo, è stata progettata dall'architetto Giacomo della Porta (1564-1570). Giovanni Rossi, vescovo di Alatri, all'epoca del pontificato di Sisto IV (1471-1484), aveva eretto un altare in onore di san Giovanni Evangelista e vi aveva apposto un bassorilievo che lo rappresentava inginocchiato davanti al santo. L'altare è stato demolito ed il bassorilievo trasportato nel Battistero Costantiniano quando Faustina Massimo ottenne da Pio IV nel 1564 di costruirvi una cappella di patronato per la sua famiglia. Il progetto è d'ispirazione bramantesca per la volticella a botte, la conchiglia nella nicchia sopra l'altare, i triglifi sulle paraste, gli spigoli vivi degli angoli. Sopra l'altare, oltre che una tavola della Crocifissione di Girolamo Siciolante detto il Sermoneta (1575), vi è una tela del Cavalier d'Arpino sull'apostolo Giovanni in vecchiaia contornato dai discepoli, provenuto dal Battistero Costantiniano. Il pavimento è stato ricostituito sulla scorta di quello antico dall'architetto Ildo Avetta e realizzato da Vasco Nasorri che lo ha ripetuto nel santuario del Monte delle Beatitudini a Gerusalemme. Uscendo dalla cappella, a destra, è stata scavata una profonda nicchia per sistemarvi il sepolcro del cardinale Cesare Rasponi (1670), storico dell'Arcibasilica, opera di Filippo Carcani detto Filippone, attivo in Roma dal 1670 al 1691, con figura d'uomo sovrastato da un angelo di manierismo berniniano. La statuetta di san Giacomo Maggiore sopra l'inferriata proviene dall'altare di Guillaume de Périers attribuito ad Andrea Bregno (1492). L'andito della porta d'accesso al Palazzo Apostolico Lateranense, a foggia di cappella, con architettura di Domenico Fontana, è stato riconsiderato dal Borromini come tramite tra il concetto liturgico rappresentato dall'Arcibasilica e quello dominativo del Palazzo Apostolico Lateranense. La soluzione di Domenico Fontana era piaciuta al sommo pontefice beato Giovanni ХXIII tanto che più di una volta espresse il desiderio di esservi sepolto, come risulta dagli atti del processo canonico. Enrico Tadolini nel 1941 ha scolpito sul lato sinistro il solenne ed arioso busto marmoreo del cardinale Pietro Gasparri, compilatore del codice di diritto canonico promulgato nel 1917 da Benedetto XV, segretario di Stato di Pio XI e figura di spicco sulla chiusura della "questione romana" tra la Santa Sede ed il Regno d'Italia firmata nella ex-sala dei Concili о aula imperiale del Palazzo Apostolico Lateranense (11 febbraio 1929). Sul lato destro, monumento del cardinale Giussano (1287) di Deodato di Cosma il giovane, ornato con mosaici e bassorilievi. Il Giussano è rappresentato al centro di un bassorilievo di sapore arnolfesco accompagnato da san Giovanni Battista nell'offerta al Salvatore di un modellino a forma di pinnacolo con elementi di architettura gotica e mosaici di impronta cosmatesca ingentiliti dal motivo curvilineo. Il timpano è sostenuto da quattro cariatidi con cestelli di frutta sulla testa. Il Borromini ha inserito un monoblocco coperto da epigrafi, provenuto da un altare gotico del secolo XIII fatto erigere dal cardinale Giovanni Colonna per accogliere le spoglie del cardinale Casati (1287). La quarta cappella, dedicata a san Giovanni Evangelista, ha l'affresco raffigurante San Giovanni ha la visione dell’Immacolata nell’isola di Patmos, opera del pistoiese Lazzaro Baldi ( 1703). Sul fianco destro, la tomba di Tommaso Inghirami, detto Fedra о Fedro (1470-1516), noto per il ritratto raffaellesco. Segue il monumento sepolcrale del cardinale Antonio Martinez de Chavez detto il cardinal di Portogallo, opera di Isaia da Pisa, collaboratore di Donatello nel monumento funebre del cardinale Brancaccio. La figura sul sarcofago forse è opera del fiorentino Antonio Averulino detto Filarete (1400-1469). L'originaria collocazione è incerta: il Borromini lo scompose e ricompose dove è ora in forma di tabernacolo barocco con trabeazione curvilinea su colonne binate in ritmo contrastante con l'ellissi dell'ovale della finestra. Nel monumento appare lo studio più assiduo della natura: il volto del cardinale, giacente con le mani incrociate alla maniera delle lastre medievali, è ormai fuori dell'idealizzazione gotica. Le statue della Fede, Speranza e Carità di Isaia da Pisa presentano i momenti più felici della scultura romana.
Nella navata intermedia destra, davanti al monumento de Chavez, nel primo pilastro vi è la memoria del cardinale Ranuccio Farnese (l565), nipote di Paolo III (1534-1549), arciprete dell'Arcibasilica, di Guglielmo della Porta. Le due fredde statue -la Fede e la Prudenza-sono firmate da Antonius Peracha Mediolannensis faciebat, cioè dal Valsoldo. Nel secondo pilastro, il monumento settecentesco del pontefice Sergio IV (1012) con riutilizzo di frammento dell'antico sepolcro avente al centro la figura del papa contornata da pesanti festoni di stelle a stucco. Nel terzo pilastro, la memoria di Alessandro III, l'animatore della Lega Lombarda, inserito in un tabernacolo con colonne di onice e di giallo di Siena, scultura di Domenico Guidi (1658-1659), voluta dal papa Alessandro VII. Nel quarto pilastro vi è il cenotafio di Silvestro II (1003) restaurato. Il bassorilievo è stato donato dagli Ungheresi nel 1909 a ricordo della corona di Ungheria inviata da Silvestro II al duca Stefano in occasione della coronazione a re, avvenuta il 17 agosto 1001 ad Esztergom, e della concessione del titolo di "apostolico" e dei vari privilegi, con i quali il re organizzò la Chiesa d'Ungheria sul modello carolingio: un precedente che ha avuto il suo peso nel Concilio di Costanza. Il frammento di affresco del quinto pilastrone, sigillato sotto vetro, celebra la promulgazione dell'indulgenza dell'anno centenario 1300 da parte di Bonifacio VIII, attribuito dalla tradizione storiografica a Giotto senza alcun dato storico-documentario. L'affresco, che in origine faceva parte del ciclo pittorico della Loggia delle Benedizioni, costruita da Bonifacio VIII sul fianco settentrionale dell' aula Concila, è l'unico frammento superstite delle tre pitture murali viste dal Panvinio. Fulvio Orsini (1529-1600), canonico lateranense, consultore di Sisto V per i lavori sulla costruzione del nuovo palazzo lo fece trasferire nel chiostro, da dove Pio VI lo trasse nel 1786 per collocarlo nel terzo pilastro della navata destra tra un enorme rigoglio di fogliami di quercia, che richiamano le palme borrominiane dei pilastroni La navata minore di estrema sinistra, illuminata da finestre semicircolari poste sopra l'arcata divisoria, è più alta della contigua navatella esterna che ha finestre larghe arcuate, arco trionfale, transetto ed abside. Si ritiene che si tratti di un tentativo di ricostruzione dato che fin dal principio del trecento le colonne erano state sostituite da grossi pilastri e che, sin dal tempo di san Pio V, la navata centrale era stata soffittata. Il pavimento delle navatelle -i cui muri di sostegno erano costruiti ad opus testaceum, caratteristico del IV secolo- fu restaurato nel 1653, alla ripresa dei lavori borrominiani dopo il giubileo del 1650. Le pareti furono affrescate da Gentile da Fabriano (1427) e da Vittore Pisanello (1431-1432) con storie della vita di san Giovanni Battista e con figure di profeti. In questa navata minore esterna di sinistra, in alto, la tomba di Riccardo degli Annibaldi della Molara (1274), arcidiacono di Santa Romana Chiesa, creato cardinale da Gregorio IX nel 1240, morto a Lione nel 1274 durante il Concilio Ecumenico XI. Il monumento sepolcrale fu commissionato forse ad Arnolfo di Cambio da Carlo d'Angiò (1226-1285). La statua giacente è stata più volte manomessa fino a raggiungere un dubbio sapore settecentesco con quel teschio barbuto. Un frammento della tomba rappresenta un corteo sacerdotale. Le statue di san Pietro e di San Paolo attribuite a Deodato di Cosma il giovane, che facevano parte di questo monumento, sono state ora collocate nel corridoio dietro l'abside. La prima cappella, all'inizio della navata minore di sinistra, aveva un antico altare dedicato a s. Giacomo Maggiore, ornato nel 1584 da Giovanni Alberti da Borgo Sansepolcro (1558-1601). Il sito fu donato dal Capitolo Lateranense alla famiglia Corsini per gratitudine verso Clemente XII che da cardinale aveva sostenuto le spese della statua di san Bartolomeo, innalzata nella navata centrale. Il pontefice vi eresse una cappella in onore del suo antenato sant'Andrea Corsini, ed affidò la progettazione e la direzione dei lavori ad Alessandro Galilei. Gli scavi di approntamento del 1732 per la costruzione portarono alla luce un cimitero pagano poi cristiano, diversi busti romani, statue mutile, iscrizioni, una sedia di marmo con bassorilievi, ed una base marmorea iscritta su tre lati nell'anno 200 prò salute reditu et Victoria di Settimio Severo partito in guerra contro i Parti. La cappella corsiniana è a croce greca, a ripartizione di lesene ad ordine corinzio, ha volta e cupola a lacunari e cassettoni con paraste d'ordine corinzio. La cripta sepolcrale, a croce greca smussata, ha volta a botte, soffitto a cassettoni, cupola sopra il tamburo quadrangolare e pilastri di marmo bianco alle pareti. La pala d'altare, adorna di marmi preziosi, fra due colonne di verde antico, è copia in mosaico del sant'Andrea Corsini (1302-1373) vescovo di Fiesole, tratta- dall'originale di Guido Reni (1575-1642)- da Fabio Cristofari su disegno del pittore romano Agostino Masucci (1698-1768). L'originale era stato donato dai Corsini ad Urbano VIII, grati per aver iscritto Andrea nel catalogo dei santi (22 aprile 1629). Sul timpano dell'altare, le statue dell'Innocenza e della Penitenza sono del carrarese Bartolomeo Pincellotti (l740), gli stucchi ed il bassorilievo sulll'Intervento di sant'Andrea Corsini alla battaglia d'Anghiari del pistoiese Agostino Coniacchmi (1683-1740), quelli dei pennacchi che raffigurano i Doni dello Spirito Santo e le Beatitudini {sapienza e intelletto, consìglio e fortezza) di Agostino Corsini (1688-1772) e quelli degli archi di scarico delle finestre sulla Scienza e pietà e Timor di Dio di Bernardino Ludovisi (1713-1747). Gli altri stucchi appartengono a Giovan Francesco de' Rossi (1640-1677), Francesco Frascari e Carlo Tantardini (1667-1748). Nel nicchione di sinistra, ornato da due colonne corinzie di porfido trasferite dal portico del Pantheon, si impone il solenne monumento funebre a Clemente XII le cui spoglie sono nell'urna di porfido, sulla quale troneggia la tiara impreziosita da un cuscino di marmo orientale. L'urna, che secondo Flaminio Vacca era nel Pantheon con le ceneri del console Marco Agrippa, genero dell'imperatore Augusto, era stata donata il 9 maggio 1732 da Clemente XII al Capitolo Lateranense. La grande statua bronzea del papa (posta nel 1736), su zoccolo di marmo scuro, opera di Giovanni Battista Maini è stata fusa dall'argentiere G. F. Giardoni, raffigura il pontefice seduto, in atto di benedire con vesti e tiara dorate. Sul manto papale, la Consegna delle chiavi, la Vocazione di Pietro ed il Pasce oves meas. Le statue laterali allegoriche dell'Abbondanza e della Magnificenza sono state scolpite dal romano Carlo Monaldi (1690-1760). Nel sepolcro dirimpetto alla tomba del cardinale Neri Corsini senior (1678), zio di Clemente XII, si nota una statua, con a lato un putto e la figura della Religione, opera del Maini. Su urne più piccole le virtù cardinali: la Prudenza d'Agostino Cornacchini, memoria del cardinale Pietro Corsini, sormontata dal rilievo S. Andrea risana un pellegrino dello scultore romano Pietro Bracci (1700-1773). Nelle nicchie delle pareti: la Fortezza di Giuseppe Rusconi (1688-1758) figlio di Camillo e Sant'Andrea risana un cieco di Pierre L'Estache in memoria di Bartolomeo Corsini; Sant'Andrea rifiuta l'episcopato e la Giustizia di Giuseppe Lironi (1689-1749) in memoria del cardinale Neri Corsini junior, la Temperanza del fiorentino Filippo Della Valle (1697-1768) in memoria del cardinale Andrea e Miracolo del pane del napoletano Paolo Benaglia. La cancellata fu disegnata dal Galilei e fusa da Francesco e Pietro Ceci, metallari romani. La cappella è un'indubbia testimonianza,del senso d'arte di Clemente XII ed il Letarouilly gliene dà atto affermando che la cappella era una delle più belle non solo di Roma ma del mondo. Usciti dalla cappella, nella parete di sinistra, una lastra tombale graffita commemora Gerardo Bianchi, cardinale di S. Sabina, primo arciprete dell'Arcibasilica (1302) che si trovava davanti all'altare di S. Maria Maddalena, lungo l'asse della navata centrale, secondo il lungo elogio sulla seconda lastra. La seconda cappella, dedicata alla Dormitio Beatae Mariae Virginis o all'Assunta, già di patronato della famiglia Antonelli, ha sopra l'altare l'affresco dell'Assunta fra i santi Domenico e Filippo Neri iniziato dal pittore romano Giovanni Oddazzi (1633-1731) fu completato da Ignaz Stern (1679-1748). La tavola giottesca della morte della Vergine del secolo XIV, che faceva parte dell'arredamento dell'antico Patriarchio, fu ridipinta nel secolo XVI. Segue la tomba di tipo arnolfiano del notaio apostolico Bernardo Caracciolo ( +1293), di cui oggi rimane solo la statua giacente.Sulla destra, una copia di gesso della "Pietà", gruppo marmoreo dell'architetto, scultore e medaglista fiorentino Antonio Montauti, terminata nel 1732, il cui originale è custodito nella cripta della cappella di s. Andrea Corsini. L'opera del Montauti è ritenuta l'espressione migliore della scultura sei-settecentesca romana insieme alla santa Cecilia del Maderno ed alla beata Ludovica Albertoni del Bernini. La terza cappella, dedicata alla Madonna delle Grazie detta Sanseverina, già di patronato dei Santaseverina, progettata dal milanese Onorio Longhi (1569-1619), fu costruita per ospitare la memoria del cardinale Giulio Antonio Santori (l602), il cui busto è opera del toscano Giuliano Finelli (1602-1657), allievo e collaboratore del Bernini. Sotto la cupola alcune storie della Passione del lucchese Baccio Ciarpi (1574-1654), il Crocefisso è attribuito al ticinese Stefano Maderno (1576-1636). Sulla parete destra monumento di Pietro Tenerani (1860) alla memoria degli zuavi pontifici caduti a Mentana. L'altare è stato ricavato da un sarcofago strigliato di un "eques singularis" del III secolo su due leoni, la figura marmorea del Crocifisso è su croce di bronzo dorato di Aurelio Cioli (o Ciola), attivo a Roma tra il 1561 ed il 1583, o di Stefano Maderno (1576-1636). Il quadro della Madonna con Bambino fra i santi Lorenzo e Sebastiano del secolo XV è attribuito alla scuola del celebre pittore umbro Pietro di Cristoforo Vannucci detto il Perugino (1445-1523). Nella cappella aveva sede l'antica parrocchia basilicale dove, da una ventina d'anni, vi si espone il Ss. mo Sacramento per pregare secondo le intenzioni del Santo Padre. La quarta cappella, dedicata a san Francesco d'Assisi, già di patronato della famiglia Lancellotti, è stata fondata dal cardinale Scipione Lancellotti (+l598) ad "insinuazione" di Carlo Maderno (1556-1629). Dagli scavi per le fondamenta sono apparse stanze affrescate della famiglia dei Laterani. Fu costruita a pianta centrale con cupola da Francesco Capriani detto da Volterra (l588). L'architetto romano Giovanni Antonio de'Rossi (1619-1695) l'ha rimaneggiata alla maniera molto borrominiana con impianto ellittico, volta a vela su pilastri a fascio da cui si staccano le colonne scanalate. La pala d'altare, che rappresentava S. Francesco in atto di ricevere le stimmate di Giovan Battista Puccetti (o Pacetti, 1593-1670), è stata sostituita con medesimo soggetto dall'attuale opera del pittore palermitano Tommaso Laureti (1530-1602), allievo di fra' Sebastiano del Piombo. I tondi in stucco della volta di Filippo Carcani rappresentano: S. Francesco davanti al Crocifisso in S. Damiano, S. Francesco che sostiene il Laterano, approvazione della Regola, S.Francesco malato. Il Carcani (1657-1685), collaboratore dello scultore Ercole Ferrata (1610-1686), allievo del Bernini e dell'Algardi, presidente dell'Accademia di S. Luca , ha eseguito la decorazione a stucco in stile quasi prerococò. Alle pareti il Salvatore tra i santi Giovanni Battista ed Evangelista del pittore romano Filippo Agricola (1795-1857) ed il Martirio di san Giovanni Nepomuceno di Giovanni Piancastelli, richiesti dal Capitolo Lateranense ai Torlonia a parziale risarcimento per la perdita della cappella dedicata al martire boemo. Di seguito, la memoria per il cardinale Girolamo Casanate (+1700), bibliotecario della Biblioteca Apostolica Vaticana, fondatore della Biblioteca Casanatense (25.000 volumi), è una delle opere migliori dell'architetto francese Pierre Legros il giovane (1666-1719), fedele seguace della corrente barocca romana di derivazione berniniana. La statua ritrae il cardinale in preghiera mentre si solleva dal letto di morte. La finestra ovale ed il drappo svolazzante sorretto da un angelo e da puttini collegano la scultura con l'elemento architettonico ed accentuano l'impetuoso e dilagante movimento pittorico delle masse plastiche. La quinta cappella, dedicata a sant'Ilario, vescovo di Poitiers, fu patrocinata nel secolo XVII da Ilario Mauri da Parma, autore della fondazione per le doti da distribuire alle ragazze povere in occasione dei loro matrimoni. Di Jacques Courtois detto il Borgognone (1621-1675) è l’affresco sull'altare rappresentante San Ilario ha la visione della SS.Trinita’. A destra, la tomba del cardinale Pietro Valeriano Duraguerra da Priverno, diacono di S. Maria Nova (+1302), che riutilizza un sarcofago di marmo cipollino con tre stemmi (leone rampante), attribuita a Giovanni di Cosma o alla sua scuola. Il Duraguerra era stato creato cardinale da Bonifacio VIII il 12 dicembre 1295 ed aveva preso parte al concistoro che approvò la decretale Antiquorum habet sull'indizione del primo giubileo. Nella navata intermedia sinistra, la memoria d'Elena Savelli in preghiera, con bassorilievo di profilo, l'architettura e i bronzi sono del siciliano Jacopo del Duca (1570), allievo di Michelangelo, qui trasportata dal Borromini ma in origine sita nella prima navata minore di destra con l'effigie rivolta verso la "porta santa". Il ritratto, i tre tondi di bronzo, l'angelo del giudizio, la resurrezione di Cristo e la risurrezione dei morti sono stati fusi da Ludovico del Duca, fratello di Jacopo o Jacopino.
|