Messaggio del Card. Peter Kodwo Appiah Turkson
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua spagnola
Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, l’Em.mo Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, in occasione della 64.ma Giornata Mondiale di Lotta alla Lebbra (Morbo di Hansen) che si celebra domenica, 29 gennaio 2017:
Messaggio del Card. Peter Kodwo Appiah Turkson
Eradicazione della lebbra e reinserimento delle persone colpite dall’hanseniasi:
una sfida non ancora vinta
La messa a punto di efficaci terapie farmacologiche e il forte impegno a livello planetario profuso da molti organismi e realtà nazionali ed internazionali, con la Chiesa Cattolica in prima linea, hanno inferto, negli ultimi decenni, un colpo durissimo al Morbo di Hansen, più noto come Lebbra. L’hanseniasi, che ancora nel 1985 affliggeva nel mondo oltre 5 milioni di persone, oggi annovera circa 200mila nuovi casi l’anno ma c’è ancora molto, moltissimo da fare.
Come fra l’altro evidenziato nel giugno scorso, a conclusione del Simposio “Per una cura olistica delle persone affette dal Morbo di Hansen rispettosa della loro dignità”, organizzato dall’allora Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari: ogni nuovo caso di malattia di Hansen è di troppo, lo è anche ogni forma residua di stigma per questa malattia. Di troppo è ogni legge discriminante i malati affetti dal morbo di Hansen, così come ogni tipo di indifferenza. Nell’ambito dell’iniziativa, realizzata in collaborazione con la Nippon Foundation-Sasakawa Health Foundation e col contributo dell’Ordine di Malta e delle fondazioni Raoul Follereau e Il Buon Samaritano, è stato inoltre sottolineato che: dato il loro ruolo, è importante che i leader di tutte le religioni, nei loro insegnamenti, scritti e discorsi contribuiscano all'eliminazione della discriminazione contro le persone colpite dal Morbo di Hansen. È d’altro lato necessario, come anche ribadito successivamente dall’OMS durante il Forum Mondiale sull’hanseniasi tenuto a Seul nel mese di novembre, garantire cure fisiche e psicologiche ai pazienti durante e dopo la fine del trattamento.
Dobbiamo inoltre impegnarci tutti e a tutti i livelli perché, in tutti i Paesi, vengano modificate le politiche familiari, lavorative, scolastiche, sportive e di ogni altro genere che discriminano direttamente o indirettamente queste persone; perché i Governi mettano a punto piani attuativi che coinvolgano le persone malate.
Infine è fondamentale rafforzare la ricerca scientifica per sviluppare nuovi farmaci e ottenere migliori strumenti diagnostici così da aumentare le possibilità di diagnosi precoce. In larga parte, infatti, i nuovi casi vengono identificati solamente quando l’infezione ha già provocato delle lesioni permanenti e segnati, oramai a vita, l’adulto e il bambino o la bambina ammalatisi. D’altro lato accade che, specialmente nelle aree più remote, sia difficile garantire l’assistenza necessaria a terminare la cura oppure che gli stessi pazienti possano comprendere l’importanza o dare comunque la priorità al proseguimento del trattamento farmacologico eventualmente iniziato.
Ma le cure non bastano. Bisogna reinserire a pieno titolo la persona guarita nel tessuto sociale originario: nella famiglia, nella comunità, nella scuola o nell’ambiente di lavoro. Per promuovere e contribuire a tale processo di reintegrazione, peraltro ancora quasi impossibile in molte realtà, è necessario sostenere e incoraggiare ulteriormente l’associazionismo tra gli ex-malati; al contempo, insieme a loro, promuovere la diffusione delle comunità che, come già realizzato ad esempio in India, in Brasile e in Ghana, diventano delle vere famiglie che comprendono e accolgono le persone, offrendo un terreno fertile al mutuo aiuto, ad un’autentica fratellanza.
Anche riflettendo sulla guarigione operata da Gesù su di un malato di lebbra, come riportato nel capitolo 1 del Vangelo di Marco, il Cristo, “mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!». Subito la lebbra scomparve ed egli guarì”. Poi “gli disse: «Guarda di non dir niente a nessuno, ma va’, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro».
Ecco che Gesù, dunque, non solamente sana la persona nella sua interezza ma sollecita l’uomo da Lui guarito a presentarsi a colui che poteva decretarne il pieno reinserimento nella società, la riammissione nel ‘consorzio umano’.
È forse questo, oggi come oggi, l’ostacolo maggiore da superare per chi è stato segnato dall’hanseniasi e chi opera in suo favore. Le disabilità, i segni inconfondibili lasciati dalla malattia sono ancora oggi simili a dei marchi a fuoco. La paura del Morbo, tra i più temuti nella storia umana, vince sulla ragione, la mancanza di conoscenza della patologia da parte della comunità esclude i guariti che, a loro volta, a causa della sofferenza e delle discriminazioni subite hanno perso il senso della dignità che gli è propria, inalienabile anche se il corpo presenta mutilazioni. “Per” loro e, soprattutto, “con” le persone rimaste vittime della lebbra dobbiamo impegnarci ancora più a fondo affinché possano trovare accoglienza, solidarietà, giustizia.
[00144-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Éradication de la lèpre et réinsertion des personnes atteintes de la maladie de Hansen:
un défi qui n’est pas encore gagné
La mise au point de traitements pharmacologiques efficaces et l’engagement important au niveau planétaire prodigué par de nombreux organismes et réalités nationales et internationales, avec l’Église catholique au premier plan, ont infligé, au cours des dernières décennies, un coup sévère à la maladie de Hansen, plus connue comme la lèpre. En 1985, cette maladie affligeait encore plus de 5 millions de personnes dans le monde, tandis qu’aujourd’hui, on compte environ 200.000 nouveaux cas annuels, mais il y a encore beaucoup, vraiment beaucoup, à faire.
Comme il a été souligné en juin dernier notamment, en conclusion du symposium «Pour des soins holistiques des personnes atteintes de la maladie de Hansen, respectueux de leur dignité», organisé par l’ex Conseil pontifical pour les services de santé: chaque nouveau cas de la maladie de Hansen est un cas de trop, de même que toute forme résiduelle de stigmate de cette maladie. De trop également, toute loi qui discrimine les malades atteints de la maladie de Hansen, ainsi que toute espèce d’indifférence. Dans le cadre de l’initiative, réalisée en collaboration avec la Nippon Foundation-Sasakawa Health Foundation et avec la contribution de l’Ordre de Malte et des Fondations Raoul Follereau et Le bon Samaritain, il a été souligné que, en raison de leur rôle, il est important que les responsables de toutes les religions dans leurs enseignements, leurs écrits et leurs discours contribuent à l’élimination de la discrimination à l’égard des personnes atteintes de la maladie de Hansen. D’autre part, comme l’a affirmé ensuite l’OMS au cours du Forum mondial sur la lèpre, qui s’est tenu à Séoul au mois de novembre, il est nécessaire de garantir des soins physiques et psychologiques aux malades pendant et après le fin du traitement.
En outre, nous devons nous engager tous, à tous les niveaux, afin que dans tous les pays soient modifiées les politiques familiales, de travail, scolaires, sportives et de toute autre nature, qui discriminent directement ou indirectement ces personnes, et que les gouvernements mettent en œuvre des programmes qui concernent les personnes malades.
Enfin, il est fondamental de renforcer la recherche scientifique pour développer de nouveaux médicaments et obtenir des instruments de diagnostic susceptibles d’augmenter les possibilités de diagnostic précoce.
En effet, dans une large part, les nouveaux cas sont identifiés seulement lorsque l’infection a déjà provoqué des lésions permanentes et marqué à vie désormais l’adulte et l’enfant atteints. D’autre part, surtout dans les régions les plus éloignées, il arrive qu’il soit difficile de garantir l’assistance nécessaire pour terminer le traitement ou que les patients eux-mêmes puissent comprendre l’importance, ou accorder au moins la priorité à la poursuite du traitement pharmacologique qui a été commencé.
Mais les soins ne sont pas suffisants. Il faut réinsérer pleinement la personne guérie dans le tissu social originel: dans la famille, la communauté, à l’école ou dans le milieu du travail.
Pour promouvoir et contribuer à ce processus de réinsertion, qui est encore pratiquement impossible dans de nombreuses réalités, il faut soutenir et encourager à nouveau l’associationnisme entre les anciens malades; et en même temps, avec eux, il convient de promouvoir la diffusion des communautés qui, comme cela a déjà été réalisé en Inde, au Brésil et au Ghana par exemple, deviennent de véritables familles qui comprennent et accueillent les personnes, en leur offrant un terrain fertile à l’aide mutuelle, à une fraternité authentique.
En méditant également sur la guérison opérée par Jésus sur un malade de la lèpre, comme il est rapporté dans le chapitre 1 de l’évangile de Marc, le Christ «ému de compassion, étendit la main, le toucha et lui dit: ‘Je le veux, sois purifié’. Ensuite, il lui dit: ‘garde-toi de rien dire à personne; mais va te montrer au prêtre et offre pour ta purification ce qu’a prescrit Moïse: ce leur sera une attestation’».
Donc, Jésus non seulement guérit la personne dans sa totalité, mais lui demande de se présenter à celui qui pouvait en décréter la totale réinsertion dans la société, la réadmission dans le «consortiumhumain».
Et actuellement, cela constitue peut-être l’obstacle le plus important à surmonter pour celui qui a été atteint de la lèpre. Les infirmités, les signes indélébiles laissés par la maladie sont aujourd’hui encore comme des «marques au fer rouge». La peur de la maladie, une des plus redoutées dans l’histoire humaine, l’emporte sur la raison, le manque de conscience de la pathologie par la communauté exclut les personnes guéries qui, à leur tour, à cause de la souffrance et des discriminations subies ont perdu le sens de la dignité qui leur est propre, inaliénable, même si le corps présente des mutilations. «Pour» elles et, surtout, «avec» les personnes victimes de la lèpre, nous devons nous engager encore davantage, afin qu’elles puissent trouver l’accueil, la solidarité, la justice.
[00144-FR.01] [Texte original: Italien - version de travail]
Traduzione in lingua inglese
The eradication of leprosy and the reintegration of people afflicted by hanseniasis:
a challenge not yet won
The development of effective pharmacological therapies and the major efforts at a planetary level of many national and international institutions and agencies, with the Catholic Church in the front line, over the last decades have inflicted a very severe blow on Hansen’s disease, known more commonly as leprosy. Hanseniasis, which in the year 1985 still afflicted over five million people in the world, today has about 200,000 new cases each year, but much – very much – still has to be done.
As for that matter was highlighted last June at the end of the symposium ‘Towards Holistic Care for People with Hansen’s Disease Respectful of their Dignity’, which was organised by the then Pontifical Council for Health Care Workers, every new case of Hansen’s disease is one case too many, as is every residual form of stigma attached to it. Every law that discriminates against patients with Hansen’s disease is one law too many, as is every form of indifference. Within the framework of the initiative promoted in cooperation with the Nippon Foundation-Sasakawa Health Foundation, with the contribution of the Order of Malta, the Raoul Follereau Foundation and the Good Samaritan Foundation, it was further emphasised that given their role, it is important for the leaders of all religions, in their teachings, writings and speeches, to contribute to the elimination of discrimination against people afflicted by Hansen’s disease. On the other hand, as was also emphasised subsequently by the World Health Organisation during the World Forum on hanseniasis held in Seoul in November, physical and psychological care should be assured to patients during and after the end of their treatment.
In addition, we should all commit ourselves – and at all levels – to ensuring that in all countries policies relating to the family, to work, to schools, to sport, and policies of every other kind, that directly or indirectly discriminate against these people are changed, and that governments develop implementing plans that involve people with this disease.
Lastly, strengthening scientific research in order to develop new medical products, and obtain better diagnostic instruments in order to increase the possibility of early diagnosis, is fundamental.
Indeed, in large part new cases are identified only when the infection has provoked permanent lesions and has marked, by now for life, the adults or boys or girls who have this disease. On the other hand, especially in the most remote areas, it is difficult to assure the assistance that is needed to finish the treatment or it is difficult for the patients themselves to understand the importance of – or anyway give priority to – continuing with the pharmacological treatment where this has been begun.
But treatment is not enough. A person who has been cured of this disease must be reintegrated to the full into his or her original social fabric: his or her family, community, school, or work environment.
In order to promote and contribute to this process of reintegration, which for that matter remains almost impossible in many contexts, associations of former patients should be further supported and encouraged. At the same time, the spread of communities, with these former patients, should be promoted which – as has already taken place, for example, in India, in Brazil and in Ghana – become real families who understand and welcome people, offering a fertile terrain for mutual aid and authentic brotherhood.
With reflection, as well, upon the healing of the man with leprosy by Jesus narrated in the first chapter of the Gospel According to Mark. Christ ‘Moved with pity…stretched out his hand, touched him, and said to him, “I will do it. Be made clean.” The leprosy left him immediately, and he was made clean’. Then he ‘said to him, “See that you tell no one anything but go, show yourself to the priest and offer for your cleansing what Moses prescribed; that will be proof for them”’.
Thus it was that Jesus not only healed the person in his entirety but also called on the man whom he healed to go to he who could declare his full reintegration into society, his readmission into the ‘human consortium’.
Perhaps today as yesterday this is a greatest obstacle to be overcome for those who have been marked by hansensiasis and for those who work for them. The disabilities, the unmistakeable signs left behind by this disease, are still today similar to brands. Fear of this disease, which is one of the most feared in human history, defeats reason; lack of knowledge by a community about this pathology excludes those who have been cured of it, who, in their turn, because of the suffering and the forms of discrimination that they have endured, have lost the sense of dignity that belongs to them and is inalienable even though their bodies have mutilations. ‘For’ them, and above all ‘with’ people who are victims of leprosy, we must engage ourselves more deeply so that they can find welcome, solidarity and justice.
[00144-EN.01] [Original text: Italian - working translation]
Traduzione in lingua spagnola
Erradicación de la lepra y reintegración de las personas afectadas por la hanseniasis:
un desafío aún por vencer
La preparación de terapias farmacológicas eficaces y el fuerte empeño a nivel planetario profuso por muchos organismos y realidades nacionales e internacionales, con la Iglesia Católica en primera fila, en los últimos decenios han dado un golpe durísimo al Morbo de Hansen, más conocido como Lepra. La hanseniasis que en 1985 afligía en el mundo a más de 5 millones de personas, hoy cuenta cerca de 200 mil nuevos casos por año pero todavía hay mucho, muchísimo por hacer.
Además, como se pusiera en evidencia en junio del año pasado, al término del Simposio “Por un cuidado holístico de las personas afectadas por el Morbo de Hansen respetuoso de su dignidad”, organizado por el entonces Pontificio Consejo para los Agentes Sanitarios: cada nuevo caso de enfermedad de Hansen está demás, y lo está también toda forma residual de estigma por esta enfermedad. Asimismo, está demás toda ley que discrimina a los enfermos afectados por el Morbo de Hansen, así como todo tipo de indiferencia. En el ámbito de la iniciativa, realizada en colaboración con la Nippon Foundation-Sasakawa Health Foundation y con el aporte de la Orden de Malta y de las fundaciones Raoul Follereau y El Buen Samaritano, se subrayó también que: por el papel que desempeñan, es importante que los líderes de todas las religiones, en sus enseñanzas, escritos y discursos, contribuyan a eliminar la discriminación contra las personas afectadas por el Morbo de Hansen. Por otro lado, como también lo subrayara posteriormente la OMS durante el Forum Mundial sobre la hanseniasis realizado en Seúl en noviembre último, es necesario que se garanticen cuidados físicos y psicológicos a los pacientes durante y después de haber terminado el tratamiento.
Además, es necesario nuestro compromiso en todo nivel a fin de que, en todos los países se modifiquen las políticas familiares, laborales, escolares, deportivas y de cualquier otro género que directa o indirectamente discriminan a estas personas; a fin de que los Gobiernos ajusten sus planes de actuación involucrando a las personas enfermas.
En fin, es fundamental reforzar la investigación científica para desarrollar nuevos fármacos y obtener mejores instrumentos diagnósticos, así como aumentar las posibilidades del diagnóstico precoz.
En efecto, en gran parte, los nuevos casos se identifican solamente cuando la infección ya ha provocado lesiones permanentes y ha marcado, de por vida, al adulto y al niño o a la niña que se han enfermado. Por otro lado, hay que tener presente que especialmente en las áreas más remotas, es difícil garantizar la asistencia necesaria para concluir el cuidado o que los mismos pacientes comprendan la importancia o de cualquier manera se priorice la continuación del tratamiento farmacológico eventualmente iniciado.
Pero los cuidados no son suficientes. Es necesario reincorporar plenamente a la persona curada en el tejido social original: en la familia, en la comunidad, en la escuela o en el ambiente de trabajo.
Para promover y contribuir en dicho proceso de reintegración, por lo demás todavía casi imposible en muchas realidades, es necesario sostener y animar aún más el asociacionismo entre los ex enfermos; al mismo tiempo, junto a ellos, se promueva la difusión de las comunidades que, como ya se ha realizado por ejemplo en India, en Brasil y en Ghana, se convierten en verdaderas familias que comprenden y acogen a las personas, ofreciendo un terreno fértil a la ayuda recíproca, a una hermandad auténtica.
Reflexionando también sobre la curación realizada por Jesús a un enfermo de lepra, como se narra en el capítulo I del Evangelio de Marcos, Cristo, “compadecido de él, extendió su mano, le tocó y le dijo: «Quiero, queda limpio». Y al instante, le desapareció la lepra y quedó limpio”. Luego “le dijo: «Mira, no digas nada a nadie, sino vete, muéstrate al sacerdote y haz por tu purificación la ofrenda que prescribió Moisés para que les sirva de testimonio».
He aquí que Jesús, pues, no sólo sana a la persona en su totalidad sino pide al hombre que ha curado que se presente a quien podía decretar su plena reincorporación en la sociedad, su readmisión en el ‘consorcio humano’.
Quizás hoy en día este es el obstáculo mayor que debe superar quien ha sido marcado por la hanseniasis y quien obra en su favor. Las discapacidades, las huellas inconfundibles dejadas por la enfermedad aún hoy son semejantes a marcas hechas con el fuego. El temor del Morbo, entre los más temidos en la historia humana, vence sobre la razón, la falta de conocimiento de la patología de parte de la comunidad excluye a los curados que, a su vez, debido al sufrimiento y a las discriminaciones sufridas han perdido el sentido de la dignidad que les corresponde, inalienable no obstante el cuerpo presente mutilaciones. “Por” ellas y, sobre todo, “con” las personas que han sido víctimas de la lepra, debemos comprometernos aún más a fondo a fin de que encuentren acogida, solidaridad y justicia.
[00144-ES.01] [Texto original: Italiano - Traducción no oficial]
[B0062-XX.02]