Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco nel Regno del Bahrein (3-6 novembre 2022) – Incontro privato con il Grande Imam di Al-Azhar e Incontro con i Membri del Muslims Council of Elders, 04.11.2022


Incontro privato con il Grande Imam di al-Azhar nella Residenza Papale e Incontro con i Membri del Muslims Council of Elders presso la Moschea del Sakhir Royal Palace

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Questo pomeriggio, poco prima delle 15:30 (13.30 ora di Roma), Papa Francesco ha incontrato il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo.

Quindi, alle ore 16.00 (14.00 ora di Roma), il Santo Padre Francesco ha incontrato in privato, in un salone della Residenza papale, il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, Presidente del Muslims Council of Elders. Quindi alle ore 16.30 (14.30 ora di Roma), si sono trasferiti insieme alla Moschea del Sakhir Royal Palace per l’incontro con i Membri del Muslims Council of Elders.

Al loro arrivo, il Papa e il Grande Imam di Al-Azhar sono stati accolti all’ingresso della Moschea dal Presidente del Consiglio Supremo per gli Affari Islamici e Membro del Muslims Council of Elders e dal Segretario Generale, il Consigliere Mohamed Abdelsalam.

Dopo l’ingresso nella Moschea e il saluto alle rispettive Delegazioni, sono stati letti due brevi passi del Corano e del libro della Genesi. Quindi, dopo l’introduzione del Segretario Generale del Muslims Council of Elders, gli interventi del Rappresentante della Delegazione Vaticana, l’Em.mo Card. Miguel Ángel Ayuso Guixot, M.C.C.J., Prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso, e del Rappresentante del Muslims Council of Elders, Dr. Muhammad Quraish Shihab e del Grande Imam di Al-Azhar, il Papa ha pronunciato il Suo discorso.

A conclusione dell’incontro, dopo aver salutato i Membri del Muslims Council of Elders, il Santo Padre si è trasferito in auto alla Cattedrale di Nostra Signora d’Arabia per l’Incontro Ecumenico e la Preghiera per la Pace.

Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato dal Santo Padre nel corso dell’incontro con i Membri del Muslims Council of Elders:

Discorso del Santo Padre

Caro fratello, Dottor Ahmad Al-Tayyeb, Grande Imam di Al-Azhar,

cari Membri del Muslim Council of Elders,

cari amici,

As-salamu alaikum!

Vi saluto cordialmente, augurandovi che la pace dell’Altissimo scenda su ciascuno di voi: su di voi, che intendete promuovere la riconciliazione per evitare divisioni e conflitti nelle comunità musulmane; su di voi, che vedete nell’estremismo un pericolo che corrode la vera religione; su di voi, che vi impegnate a dissipare interpretazioni errate che attraverso la violenza fraintendono, strumentalizzano e danneggiano un credo religioso. La pace scenda e rimanga su di voi, che desiderate diffonderla instillando nei cuori i valori del rispetto, della tolleranza e della moderazione; su di voi, che vi proponete di incoraggiare relazioni amichevoli, mutuo rispetto e fiducia reciproca con quanti, come me, aderiscono a una fede religiosa diversa; su di voi, fratelli e sorelle, che volete favorire nei giovani un’educazione morale e intellettuale che contrasti ogni forma di odio e intolleranza. As-salamu alaikum!

Dio è Fonte di pace. Ci conceda di essere, ovunque, canali della sua pace! Davanti a voi vorrei ribadire che il Dio della pace mai conduce alla guerra, mai incita all’odio, mai asseconda la violenza. E noi, che crediamo in Lui, siamo chiamati a promuovere la pace attraverso strumenti di pace, come l’incontro, le trattative pazienti e il dialogo, che è l’ossigeno della convivenza comune. Tra gli obiettivi che vi proponete c’è quello di diffondere una cultura della pace basata sulla giustizia. Vorrei dirvi che questa è la via, anzi l’unica via, in quanto la pace «è opera della giustizia (Gaudium et spes, 78). Scaturisce dalla fraternità, cresce attraverso la lotta all’ingiustizia e alle disuguaglianze, si costruisce tendendo la mano agli altri» (Discorso in occasione della Lettura della Dichiarazione finale e Conclusione del VII “Congress of Leaders of World and Traditional Religions”, 15 settembre 2022). La pace non può essere solo proclamata, va radicata. E ciò è possibile rimuovendo le disuguaglianze e le discriminazioni, che ingenerano instabilità e ostilità.

Vi ringrazio per il vostro impegno in tal senso, come pure per l’accoglienza che mi avete riservato e per le parole che avete pronunciato. Vengo a voi come credente in Dio, come fratello e pellegrino di pace. Vengo a voi per camminare insieme, nello spirito di Francesco di Assisi, il quale era solito dire:«La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori» (Leggenda dei tre compagni, XIV,5:FF1469). Mi ha colpito vedere come in queste terre sia consuetudine, nell’accogliere un ospite, non solo stringergli la mano, ma anche portarsi la mano al cuore in segno di affetto. Come a dire: la tua persona non rimane a me distante, entra nel mio cuore, nella mia vita. Porto anch’io la mano al cuore con rispettoso affetto, guardando ciascuno di voi e benedicendo l’Altissimo per la possibilità di incontrarci.

Credo che abbiamo sempre più bisogno di incontrarci, di conoscerci e di prenderci a cuore, di mettere la realtà davanti alle idee e le persone prima delle opinioni, l’apertura al Cielo prima delle distanze in Terra: un futuro di fraternità davanti a un passato di ostilità, superando i pregiudizi e le incomprensioni della storia in nome di Colui che è Fonte di Pace. D’altronde, come potranno i fedeli di religioni e culture diverse convivere, accogliersi e stimarsi a vicenda se noi restiamo estranei gli uni agli altri? Lasciamoci guidare dal detto dell’Imam Ali: «Le persone sono di due tipi: o tuoi fratelli nella fede o tuoi simili nell’umanità», e sentiamoci chiamati ad avere cura di tutti coloro che il disegno divino ci ha posto accanto nel mondo. Esortiamoci «a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà» (Nostra aetate, 3). Sono compiti che spettano a noi, guide religiose: al cospetto di un’umanità sempre più ferita e lacerata che, sotto il vestito della globalizzazione, respira con affanno e paura, i grandi credo sono tenuti a essere il cuore che unisce le membra del corpo, l’anima che dà speranza e vita alle aspirazioni più alte.

In questi giorni ho parlato della forza della vita, che resiste nei deserti più aridi attingendo all’acqua dell’incontro e della convivenza pacifica. Ieri l’ho fatto prendendo spunto dal sorprendente “albero della vita” che si trova qui in Bahrein. Il racconto biblico, che abbiamo ascoltato, pone l’albero della vita al centro del giardino delle origini, al cuore del meraviglioso progetto di Dio per l’uomo, un disegno armonico capace di abbracciare tutta la creazione. L’essere umano, tuttavia, ha preso le distanze dal Creatore e dall’ordine da Lui stabilito. Da qui hanno avuto origine problemi e squilibri, che nella narrazione biblica si susseguono l’uno all’altro: liti e omicidi tra fratelli (cfr Gen 4), disordini e devastazioni ambientali (cfr Gen 6-9), superbia e contrasti nella società umana (cfr Gen 11)… Un’alluvione di male e di morte è insomma scaturita dal cuore dell’uomo, dalla scintilla malefica scatenata da quel male che sta accovacciato alla porta del suo cuore (cfr Gen 4,7), per incendiare il giardino armonico del mondo. Ma tutto questo male si radica nel rifiuto di Dio e del fratello: nel perdere di vista l’Autore della vita e nel non riconoscersi più custodi dei fratelli. Perciò le due domande che abbiamo ascoltato permangono sempre valide e, al di là del credo professato, interpellano ogni esistenza e ogni epoca: «Dove sei?» (Gen 3,9); «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9).

Cari amici, fratelli in Abramo, credenti nel Dio unico, i mali sociali e internazionali, quelli economici e personali, nonché la drammatica crisi ambientale che caratterizza questi tempi e sulla quale qui oggi si è riflettuto, provengono in ultima analisi dall’allontanamento da Dio e dal prossimo. Noi, dunque, abbiamo un compito unico e, imprescindibile, quello di aiutare a ritrovare queste sorgenti di vita dimenticate, di riportare l’umanità ad abbeverarsi a questa saggezza antica, di riavvicinare i fedeli all’adorazione del Dio del cielo e agli uomini per i quali Egli ha fatto la terra.

E questo in che modo? I nostri mezzi sono essenzialmente due: la preghiera e la fraternità. Sono queste le nostre armi, umili ed efficaci. Non dobbiamo lasciarci tentare da altri strumenti, da scorciatoie indegne dell’Altissimo, il cui nome di Pace è insultato da quanti credono nelle ragioni della forza, alimentano la violenza, la guerra e il mercato delle armi, “il commercio della morte” che attraverso somme di denaro sempre più ingenti sta trasformando la nostra casa comune in un grande arsenale. Quante trame oscure e quante dolorose contraddizioni dietro a tutto questo! Pensiamo, ad esempio, a quante persone si vedono costrette a migrare dalla propria terra a causa di conflitti foraggiati dall’acquisto a prezzi contenuti di armamenti datati, per venire poi individuate e respinte presso altre frontiere attraverso apparecchiature militari sempre più sofisticate. E così la speranza viene uccisa due volte! Ebbene, davanti a questi scenari tragici, mentre il mondo insegue le chimere della forza, del potere e del denaro, noi siamo chiamati a ricordare, con la saggezza degli anziani e dei padri, che Dio e il prossimo vengono prima di ogni altra cosa, che solo la trascendenza e la fratellanza ci salvano. Sta a noi dissotterrare queste fonti di vita, altrimenti il deserto dell’umanità sarà sempre più arido e mortifero. Soprattutto, sta a noi testimoniare, più coi fatti che con le parole, che crediamo in questo, in queste due verità. Abbiamo una grande responsabilità davanti a Dio e davanti agli uomini e dobbiamo essere modelli esemplari di quanto predichiamo, non solo presso le nostre comunità e a casa nostra – non basta più – ma nel mondo unificato e globalizzato. Noi che discendiamo da Abramo, padre nella fede delle genti, non possiamo avere a cuore soltanto “i nostri” ma, sempre più uniti, dobbiamo rivolgerci all’intera comunità umana che abita la Terra.

Perché tutti si pongono, almeno nel segreto del cuore, le medesime grandi domande: chi è l’uomo, perché il dolore, il male, la morte, l’ingiustizia, cosa c’è dopo questa vita? In molti, anestetizzati da un materialismo pratico e da un consumismo paralizzante, gli stessi quesiti giacciono assopiti, mentre in altri vengono messi a tacere dalle piaghe disumane della fame e della povertà. Guardiamo la fame e la povertà di oggi. Tra i motivi dell’oblio di quello che conta non si annoveri però la nostra incuria, lo scandalo di impegnarci in altro e non nell’annunciare il Dio che dà pace alla vita e la pace che dà vita agli uomini. Fratelli e sorelle, sosteniamoci in questo, diamo seguito al nostro incontro odierno, camminiamo insieme! Saremo benedetti dall’Altissimo e dalle creature più piccole e deboli che Egli predilige: dai poveri, dai bambini e dai giovani, che dopo tante notti oscure attendono il sorgere di un’alba di luce e di pace. Grazie.

[01688-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Cher frère, Docteur Ahmad Al-Tayyeb, Grand Imam d’Al-Azhar,

Chers Membres du Muslim Council of Elders

Chers amis,

As-salamu alaikum!

Je vous salue cordialement en souhaitant que la paix du Très-Haut descende sur chacun d’entre vous : sur vous, qui souhaitez promouvoir la réconciliation afin d’éviter les divisions et les conflits dans les communautés musulmanes ; sur vous, qui voyez l’extrémisme comme un danger qui corrode la vraie religion ; sur vous, qui vous efforcez de dissiper les interprétations erronées qui, par la violence, se méprennent, instrumentalisent et endommagent une croyance religieuse. Que la paix descende et demeure sur vous, qui souhaitez la répandre en inculquant dans les cœurs les valeurs de respect, de tolérance et de modération ; sur vous, qui cherchez à encourager les relations amicales, le respect mutuel et la confiance réciproque avec tous ceux qui, comme moi, adhèrent à une autre foi religieuse ; sur vous, frères et sœurs, qui voulez favoriser chez les jeunes une éducation morale et intellectuelle qui contrecarre toute forme de haine et d’intolérance. As-salamu alaikum !

Dieu est Source de paix. Qu’il nous accorde d’être, partout, des canaux de sa paix ! Devant vous, je voudrais répéter que le Dieu de la paix ne conduit jamais à la guerre, n’incite jamais à la haine, ne favorise jamais la violence. Et nous, qui croyons en Lui, sommes appelés à promouvoir la paix à travers des instruments de paix, comme la rencontre, les négociations patientes et le dialogue qui est l'oxygène du vivre ensemble. Parmi les objectifs que vous vous proposez figure celui de répandre une culture de la paix fondée sur la justice. Je voudrais vous dire que c’est ici la voie, voire l’unique voie, car la paix «est “œuvre de justice” (Gaudium et spes, n. 78). Elle naît de la fraternité, elle grandit dans la lutte contre l’injustice et les inégalités, elle se construit dans l’ouverture aux autres» (Discours à l'occasion de la lecture de la Déclaration finale et Conclusion du VIIe "Congress of Leaders of World and Traditional Religions", 15 septembre 2022). La paix ne peut pas seulement être proclamée, mais elle doit être enracinée. Et cela est possible en éliminant les inégalités et les discriminations qui engendrent instabilité et hostilité.

Je vous remercie pour vos engagements dans ce sens, ainsi que pour l’accueil que vous m’avez réservé et les paroles que vous avez prononcées. Je viens à vous comme un croyant en Dieu, comme un frère et un pèlerin de paix. Je viens à vous pour marcher ensemble, dans l’esprit de François d’Assise qui avait l’habitude de dire : «La paix que vous annoncez avec vos bouches, ayez-la plus abondamment encore dans vos cœurs» (Légende des Trois Compagnons, XIV,5: FF 1469). J’ai été frappé de voir comment, sur ces terres, il est de coutume, lorsqu’on accueille un invité, non seulement de lui serrer la main mais aussi de se porter la main au cœur en signe d’affection. Comme pour dire : ta personne ne reste pas éloignée de moi, elle entre dans mon cœur, dans ma vie. Je porte moi aussi la main à mon cœur avec une respectueuse affection, en regardant chacun de vous et en bénissant le Très-Haut pour la possibilité de nous rencontrer.

Je crois que nous avons de plus en plus besoin de nous rencontrer, de nous connaître et de nous prendre par le cœur, de faire passer la réalité avant les idées, et les personnes avant les opinions, l’ouverture au Ciel avant les distances sur la Terre : un avenir de fraternité avant un passé d’hostilité, en dépassant les préjugés et les malentendus de l’histoire au nom de Celui qui est la Source de Paix. D’autre part, comment les fidèles de différentes religions et cultures pourront-ils coexister, s’accueillir et s’estimer mutuellement en restant étrangers les uns aux autres ? Laissons-nous guider par l’expression de l’Imam Ali : «Les personnes sont de deux sortes : ou bien elles sont tes frères dans la foi, ou bien elles sont tes semblables en humanité », et sentons-nous appelés à prendre soin de tous ceux que le dessein divin a placés à nos côtés dans le monde. Exhortons-nous «à oublier le passé et à nous efforcer sincèrement à la compréhension mutuelle, de même qu’à protéger et à promouvoir ensemble, pour tous les hommes, la justice sociale, les valeurs morales, la paix et la liberté» (Nostra Aetate, n. 3). Ce sont des tâches qui nous incombent, responsables religieux : sous le regard d’une humanité de plus en plus blessée et déchirée qui, sous couvert de mondialisation, respire avec angoisse et craindre, je crois que les grands se doivent d’être le cœur qui unit les membres du corps, l’âme qui donne espérance et vie aux plus hautes aspirations.

Ces jours-ci, j’ai parlé de la force de la vie qui résiste dans les déserts les plus arides en puisant l’eau de la rencontre et de la coexistence pacifique. Hier, je l’ai fait en m’inspirant du surprenant "arbre de vie" que l'on trouve ici au Bahreïn. Le récit biblique que nous avons entendu place l’arbre de vie au centre du jardin des origines, au cœur du merveilleux projet de Dieu pour l’homme, un projet harmonieux capable d’embrasser toute la création. L’être humain s’est cependant éloigné du Créateur et de l’ordre établi par Lui. C’est de là que proviennent les problèmes et les déséquilibres qui se succèdent dans le récit biblique : querelles et meurtres entre frères (cf. Gn 4), désordres et dévastations de l’environnement (cf. Gn 6-9), orgueil et contrastes dans la société humaine (cf. Gn 11)... En somme, un déluge de mal et de mort a jailli du cœur de l’homme, de l’étincelle maléfique déclenchée par ce mal qui s’accroupit à la porte de son cœur (cf. Gn 4, 7) pour incendier le jardin harmonieux du monde. Mais tout ce mal s’enracine dans le rejet de Dieu et du frère : en perdant de vue l’Auteur de la vie et en ne se reconnaissant plus comme le gardien des frères. C’est pourquoi les deux questions que nous avons entendues restent toujours valables et, au-delà du credo professé, elles interpellent chaque existence et chaque époque : "Où es-tu donc ?" (Gn 3, 9) ; "Où est ton frère ?" (Gn 4, 9).

Chers amis, frères en Abraham, croyants au Dieu unique, les maux sociaux et internationaux, économiques et personnels, de même que la crise environnementale dramatique qui caractérise notre époque et sur laquelle nous avons réfléchi ici aujourd’hui, proviennent en dernière analyse de notre éloignement de Dieu et du prochain. Nous avons donc un devoir unique et impératif, celui d’aider à redécouvrir ces sources de vie oubliées, de ramener l’humanité à s’abreuver de cette sagesse antique, de ramener les fidèles à l’adoration du Dieu du ciel et aux hommes pour lesquels il a fait la terre.

Et cela de quelle manière ? Nos moyens sont essentiellement au nombre de deux : la prière et la fraternité. Telles sont nos armes, humbles et efficaces. Nous ne devons pas nous laisser tenter par d’autres moyens, par des raccourcis indignes du Très-Haut, dont le nom de Paix est insulté par ceux qui croient aux raisons de la force, qui alimentent la violence, la guerre et le marché des armes, "le commerce de la mort" qui, grâce à des sommes toujours plus énormes d’argent, est en train de transformer notre maison commune en un grand arsenal. Combien de sombres complots et combien de douloureuses contradictions derrière tout cela ! Pensons, par exemple, au nombre de personnes qui sont contraintes d’émigrer de leur terre en raison de conflits alimentés par l’achat à bon prix d’armements dépassés, pour être ensuite repérées et repoussées à d’autres frontières par des équipements militaires toujours plus sophistiqués. Et ainsi l’espérance est tuée deux fois ! Eh bien, face à ces scénarios tragiques, alors que le monde poursuit les chimères de la force, du pouvoir et de l’argent, nous sommes appelés à rappeler, avec la sagesse des anciens et des pères, que Dieu et le prochain passent avant toute chose, que seules la transcendance et la fraternité nous sauvent. C’est à nous de déterrer ces sources de vie, autrement le désert de l'humanité deviendra de plus en plus aride et mortifère. Surtout, c’est à nous de témoigner, plus par des actes que par des paroles, que nous y croyons, à ces deux vérités. Nous avons une grande responsabilité devant Dieu et devant les hommes, et nous devons être des modèles exemplaires de ce que nous prêchons, non seulement à nos communautés et chez nous – cela ne suffit plus – mais au monde unifié et globalisé. Nous, qui descendons d’Abraham, père dans la foi des nations, nous ne pouvons pas seulement avoir à cœur "les nôtres" mais, toujours plus unis, nous devons nous adresser à toute la communauté humaine qui habite la Terre.

Parce que tout le monde se pose, au moins dans le secret de son cœur, les mêmes grandes questions : qui est l’homme, pourquoi la souffrance, le mal, la mort, l’injustice, qu’y a-t-il après cette vie ? Chez beaucoup, anesthésiés par un matérialisme pratique et un consumérisme paralysant, ces mêmes questions sommeillent; tandis que chez d’autres, elles sont réduites au silence par les fléaux inhumains de la faim et de la pauvreté. Regardons la faim et la pauvreté d’aujourd’hui! Que notre incurie, le scandale de s’engager dans autre chose que l’annonce du Dieu qui donne la paix à la vie et de la paix qui donne la vie aux hommes, ne soient pas au nombre des raisons de l’oubli de l’essentiel. Frères et sœurs, soutenons-nous-en cela, donnons une suite à notre rencontre d’aujourd'hui, marchons ensemble ! Nous serons bénis par le Très-Haut et par les créatures les plus petites et les plus faibles qu'Il préfère : les pauvres, les enfants et les jeunes qui, après tant de nuits sombres, attendent l’aube de la lumière et de la paix. Merci.

[01688-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear Brother, Dr Ahmad Al-Tayyeb, Grand Imam of Al-Azhar,

Dear Members of the Muslim Council of Elders,

Dear Friends,

As-salamu alaikum!

I offer you cordial greetings and I express my prayerful hope that the peace of the Most High may descend upon each of you: upon you, who desire to foster reconciliation in order to avoid divisions and conflicts in Muslim communities; upon you, who see in extremism a danger that corrodes genuine religion; upon you, who are committed to dispelling erroneous interpretations that through violence misconstrue, exploit and do a disservice to religious belief. May peace come down and remain upon you: upon you, who wish to spread peace by instilling within people’s hearts the values of respect, tolerance and moderation; upon you, who seek to encourage friendly relations, mutual respect and trust with those who, like myself, are followers of a different religious tradition; upon you, brothers and sisters, who strive to provide young people with a moral and intellectual education that opposes all forms of hatred and intolerance. As-salamu alaikum!

God is the source of peace. May he enable us to be channels of his peace everywhere! Here, in your presence, I wish to state once more that the God of peace never brings about war, never incites hatred, never supports violence. We, who believe in him, are called to promote peace with tools of peace, such as encounter, patient negotiations and dialogue, which is the oxygen of peaceful coexistence. Among your objectives is the spread of a culture of peace based on justice. I want to tell you that this is indeed the path, the only path, to take, inasmuch as peace “‘is the effect of righteousness’ (Gaudium et Spes, 78). Peace is born of fraternity; it grows through the struggle against injustice and inequality; it is built by holding out a hand to others” (Address at the Reading of the Final Declaration and Conclusion of the VII Congress of Leaders of World and Traditional Religions, 15 September 2022). Peace cannot simply be proclaimed; it must be helped to take root. And this is possible by eliminating the forms of inequality and discrimination that give rise to instability and hostility.

I thank you for your efforts in this regard, for the welcome you have offered me, and for the words you have spoken. I have come among you as a believer in God, as a brother and as a pilgrim of peace. I have come among you so that we can journey together, in the spirit of Francis of Assisi, who liked to say: “As you announce peace with your mouth, make sure that greater peace is in your hearts” (The Legend of Saint Francis by the Three Companions, XIV, 58: FF 1469). I am impressed to see how in these lands it is customary, in welcoming guests, not only to shake their hand, but also to place your own hand on your heart as a sign of affection. As if to say: “You do not remain distant from me, you enter into my heart, into my life”. I also place my hand on my heart with respect and affection, as I look out at each of you and bless the Most High for making it possible for us to encounter one another.

I believe that increasingly we need to encounter one another, to get to know and to esteem one another, to put reality ahead of ideas and people ahead of opinions, openness to heaven ahead of differences on earth. We need to put a future of fraternity ahead of a past of antagonism, overcoming historical prejudices and misunderstandings in the name of the One who is the source of peace. Indeed, how can believers of different religions and cultures live side-by-side, accept and esteem one another if we remain distant and detached? Let us be guided by the saying of Imam Ali: “People are of two types: they are either brothers and sisters in religion or fellow men and women in humanity”, and so feel called to care for all those whom the divine plan has placed alongside us in the world. Let us encourage one another “to forget the past and sincerely achieve mutual understanding, and, for the benefit of all, to preserve and promote peace, liberty, social justice and moral values” (Nostra Aetate, 3). These are duties incumbent upon us as religious leaders: in a world that is increasingly wounded and divided, that beneath the surface of globalization senses anxiety and fear, the great religious traditions must be the heart that unites the members of the body, the soul that gives hope and life to its highest aspirations.

During these days, I have spoken about the power of life, which survives in the driest deserts by drawing upon the waters of encounter and peaceful coexistence. Yesterday I did so by referring to the remarkable “Tree of Life” found here in Bahrain. In the reading from the Bible that we have just heard, the tree of life is placed in the centre of the original garden, at the heart of God’s magnificent plan for humanity, a harmonious design meant to embrace all creation. Human beings, however, turned their back on the Creator and the order he established, and that was the beginning of the problems and imbalances that, according to the biblical account, followed in quick succession. Quarrels and murder between brothers (cf. Gen 4); environmental upheavals and disasters (cf. Gen 6-9), pride and social conflict (cf. Gen 11)... In a word, a flood of evil and death burst forth from the human heart, from the malign spark unleashed by the evil that crouches at the door of our hearts (cf. Gen 4:7), to destroy the harmonious garden of the world. All this evil is rooted in the rejection of God and of our brothers and sisters, in our losing sight of the Author of life and no longer seeing ourselves as our brothers’ keepers. As a result, the two questions we heard remain ever valid. Whatever religious tradition a person may profess, those two questions remain a challenge for every life and for every age: “Where are you?” (Gen 3:9); “Where is your brother?” (Gen 4:9).

Dear friends, brothers in Abraham and believers in the one God: social, international, economic and individual evils, as well as the dramatic environmental crisis of our time on which we have reflected here today, ultimately derive from estrangement from God and our neighbour. Ours, then, is a unique and inescapable duty: to help humanity to rediscover the forgotten sources of life, to lead men and women to drink from the wellsprings of ancient wisdom, and to bring the faithful closer to worship of the God of heaven and closer to our brothers and sisters for whom he created the earth.

And how can we do this? In essence, there are two means: prayer and fraternity. These are our weapons, modest but effective. We must not let ourselves be tempted by other means, by shortcuts unworthy of the Most High, whose name of Peace is dishonoured by those who put their trust in power and nurture violence, war and the arms trade, the “commerce of death” that, through ever increasing outlays, is turning our common home into one great arsenal. How many obscure intrigues and disturbing inconsistencies lie behind all this! Let us think, for example, of all those people forced to migrate from their own lands due to conflicts subsidized by the purchase of outdated weapons at affordable prices, only to be then identified and turned away at other borders through increasingly sophisticated military equipment. In this way, their hope is killed twice! Amid these tragic scenarios, while the world pursues the illusions of strength, power and money, we are called to proclaim, with the wisdom of our elders and fathers, that God and neighbour come before all else, that transcendence and fraternity alone will save us. It is up to us to uncover these wellsprings of life; otherwise, the desert of humanity will be increasingly arid and deadly. Above all, it is up to us to bear witness, more by our deeds than merely by our words, that we believe in this, in these two truths. Our responsibility before God and before humanity is great. We must be exemplary models of what we preach, not only in our communities and in our homes – for this is no longer enough – but also before a world now unified and globalized. We who are descended from Abraham, the father of peoples in faith, cannot be concerned merely with those who are “our own” but, as we grow more and more united, we must speak to the entire human community, to all who dwell on this earth.

All men and women, if only in the depths of their heart, ask the same great questions. Who does it mean to be human? Why is there suffering, evil, death and injustice? What awaits us after this life? For many people, immersed in a world of practical materialism and paralyzing consumerism, these questions lie dormant. For others, they are suppressed by the dehumanizing scourges of hunger and poverty. Let us look at the hunger and poverty of today. Among the reasons for this forgetfulness of the things that really matter, we should include our own negligence, the scandal of our being caught up in other things and not in proclaiming the God who gives peace to life and life-giving peace to men and women. Brothers and sisters, let us support one another in this regard; let us follow up on our meeting today; let us journey together! We will be blessed by the Most High and by the smallest and vulnerable creatures for whom he has a preferential love: the poor, children and the young, who after so many dark nights await the rising of a dawn of light and peace. Thank you.

[01688-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Lieber Bruder, Doktor Ahmad al-Tayyeb, Großimam von al-Azhar,

liebe Mitglieder des Muslim Council of Elders,

liebe Freunde,

As-salamu alaikum!

Ich grüße euch herzlich und wünsche, dass der Friede des Allerhöchsten auf jeden von euch herabkommen möge: auf euch, die ihr euch für die Versöhnung einsetzen wollt, um Spaltungen und Konflikte in den muslimischen Gemeinschaften zu vermeiden; auf euch, die ihr im Extremismus eine Gefahr seht, die die wahre Religion zersetzt; auf euch, die ihr euch bemüht, Fehlinterpretationen auszuräumen, welche durch Gewaltanwendung ein religiöses Bekenntnis missverstehen, instrumentalisieren und beschädigen. Möge der Friede auf euch herabkommen und euch erhalten bleiben, die ihr ihn verbreiten wollt, indem ihr den Herzen die Werte des Respekts, der Toleranz und der Mäßigung einflößt; auf euch, die ihr freundschaftliche Beziehungen, gegenseitigen Respekt und gegenseitiges Vertrauen gegenüber denjenigen fördern wollt, die wie ich einem anderen religiösen Glauben anhängen; auf euch, Brüder und Schwestern, die ihr bei den jungen Menschen eine moralische und intellektuelle Erziehung befördern wollt, die sich allen Formen des Hasses und der Intoleranz entgegenstellt. As-salamu alaikum!

Gott ist Quelle von Frieden. Er gebe, dass wir überall Kanäle seines Friedens sind! Vor euch möchte ich noch einmal betonen, dass der Gott des Friedens niemals zum Krieg anleitet, niemals zum Hass aufstachelt und niemals Gewalt unterstützt. Und wir, die wir an ihn glauben, sind aufgerufen, den Frieden zu fördern durch Instrumente des Friedens wie die Begegnung, geduldige Verhandlungen und den Dialog, der der Sauerstoff des Zusammenlebens ist. Eines eurer Ziele ist die Verbreitung einer Kultur des Friedens, die auf Gerechtigkeit beruht. Ich möchte euch sagen, dass dies der Weg, ja der einzige Weg ist, denn der Friede »ist Werk der Gerechtigkeit (Gaudium et spes, 78). Er entspringt also der Geschwisterlichkeit, wächst durch den Kampf gegen Ungerechtigkeit und Ungleichheit und wird aufgebaut, indem man den anderen die Hand reicht» (Ansprache anlässlich der Verlesung der Abschlusserklärung und des Abschlusses des VII. „Congress of Leaders of World and Traditional Religions“, 15. September 2022). Es reicht nicht, Frieden bloß zu verkünden, er muss auch verwurzelt werden. Und dies ist möglich, wenn Ungleichheit und Diskriminierung, die zu Instabilität und Feindseligkeit führen, beseitigt werden.

Ich danke euch für euer Engagement in diesem Sinne sowie für den Empfang, den ihr mir bereitet, und die Worte, die ihr geäußert habt. Ich komme zu euch als Gottgläubiger, als ein Bruder und Pilger des Friedens. Ich komme zu euch, um mit euch gemeinsam unterwegs zu sein, im Geiste von Franz von Assisi, der zu sagen pflegte: »Wie ihr mit dem Mund den Frieden verkündet, so, und noch mehr, sollt ihr ihn in eurem Herzen festhalten« (Dreigefährtenlegende, XIV,5: FF 1469). Es hat mich berührt zu sehen, dass es in diesen Ländern hier Brauch ist, beim Willkommenheißen eines Gastes nicht nur dessen Hand zu ergreifen, sondern die Hand als Zeichen der Zuneigung auch zum eigenen Herzen zu führen. Wie um zu sagen: Deine Person bleibt mir nicht fern, sie tritt in mein Herz ein, in mein Leben. Auch ich führe die Hand mit respektvoller Zuneigung zum Herzen, schaue jeden von euch an und lobe den Allerhöchsten dafür, dass dieses Treffen möglich wurde.

Ich glaube, dass wir es immer nötiger haben, einander zu begegnen, uns kennenzulernen und unsere Herzen füreinander zu öffnen, die Wirklichkeit vor die Ideen zu stellen und die Menschen vor die Meinungen, das Offensein für den Himmel vor die Entfernungen auf der Erde: eine Zukunft der Geschwisterlichkeit vor eine Vergangenheit der Feindseligkeit, indem wir Vorurteile und Missverständnisse aus der Geschichte im Namen dessen überwinden, der die Quelle des Friedens ist. Wie werden sonst die Gläubigen verschiedener Religionen und Kulturen zusammenleben, sich gegenseitig annehmen und wertschätzen können, wenn wir uns einander fremd bleiben? Lassen wir uns von dem Ausspruch Imam Alis leiten: »Es gibt zwei Arten von Menschen: entweder sind sie deine Brüder im Glauben oder deine Mitmenschen«; und fühlen wir uns gerufen, uns um all jene zu kümmern, die uns die göttliche Vorsehung in dieser Welt an die Seite gestellt hat. Ermahnen wir uns gegenseitig dazu, »das Vergangene beiseite zu lassen, sich aufrichtig um gegenseitiges Verstehen zu bemühen und gemeinsam einzutreten für Schutz und Förderung der sozialen Gerechtigkeit, der sittlichen Güter und nicht zuletzt des Friedens und der Freiheit für alle Menschen« (Nostra aetate, 3). Dies sind Aufgaben, die uns, den religiösen Führern, zukommen: Angesichts einer zunehmend verwundeten und zerrissenen Menschheit, die unter dem Gewand der Globalisierung mit Sorge und Angst atmet, müssen die großen Glaubensbekenntnisse das Herz sein, das die Glieder des Leibes vereint, die Seele, die den höchsten Bestrebungen Hoffnung und Leben verleiht.

In diesen Tagen habe ich von der Kraft des Lebens gesprochen, die in den trockensten Wüsten überdauert, indem sie aus dem Wasser der Begegnung und des friedlichen Miteinanders schöpft. Gestern habe ich mich dabei von dem verblüffenden „Baum des Lebens“ inspirieren lassen, der hier in Bahrain zu finden ist. Die biblische Erzählung, die wir gehört haben, stellt den Baum des Lebens in den Mittelpunkt des Ursprungsgartens, in das Zentrum von Gottes wunderbarem Plan für den Menschen, einem harmonischen Entwurf, der die gesamte Schöpfung umfasst. Der Mensch hat sich jedoch von seinem Schöpfer und der von ihm geschaffenen Ordnung entfernt. Daraus ergaben sich Probleme und Schieflagen, die in der biblischen Erzählung einander Schlag auf Schlag folgen: Streit und Mord unter Brüdern (vgl. Gen 4), Durcheinander und Verwüstungen in der Umwelt (vgl. Gen 6-9), Stolz und Konflikte in der menschlichen Gesellschaft (vgl. Gen 11) ... Eine Flut des Bösen und des Todes ist, kurz gesagt, aus dem Herzen des Menschen hervorgebrochen, aus dem bösen Funken, den das Böse, das an der Tür seines Herzens lauert, ausgelöst hat (vgl. Gen 4,7), um den harmonischen Garten der Welt in Brand zu setzen. Doch all dieses Böse hat seine Wurzel in der Ablehnung Gottes und des Bruders: darin, den Urheber des Lebens aus den Augen zu verlieren und sich nicht mehr als Hüter der Brüder zu sehen. Deshalb bleiben die beiden Fragen, die wir gehört haben, immer gültig und stellen über das Glaubensbekenntnis hinaus jede Existenz und jedes Zeitalter vor die Frage: »Wo bist du?« (Gen 3,9); »Wo ist […] dein Bruder?« (Gen 4,9).

Liebe Freunde, Brüder in Abraham, Gläubige an den einzigen Gott: die sozialen und internationalen, die wirtschaftlichen und persönlichen Übel sowie die dramatische Umweltkrise, die diese Zeit kennzeichnet und über die wir hier heute nachgedacht haben, kommen letztlich von unserer Entfremdung von Gott und dem Nächsten her. Wir haben also eine einzigartige, unbedingt erforderliche Aufgabe, nämlich die, zu helfen, dass diese vergessenen Quellen des Lebens wiederentdeckt werden, dass die Menschheit wieder aus dieser alten Weisheit schöpft, dass sich die Gläubigen wieder der Anbetung des Gottes des Himmels sowie den Menschen nähern, für die er die Erde geschaffen hat.

Und auf welche Weise? Unsere Mittel sind im Wesentlichen zwei: das Gebet und die Geschwisterlichkeit. Dies sind unsere Waffen, bescheiden und wirksam. Wir dürfen uns nicht von anderen Mitteln verleiten lassen, von Abkürzungen, die des Allerhöchsten unwürdig sind, dessen Friedensname von denen beleidigt wird, die an die Argumente der Stärke glauben, die die Gewalt, den Krieg und das Waffengeschäft fördern, den „Handel mit dem Tod“, der durch immer größere Geldsummen unser gemeinsames Haus in ein einziges Waffenlager verwandelt. Wie viele dunkle Intrigen und wie viele schmerzhafte Widersprüche stecken hinter all dem! Denken wir zum Beispiel daran, wie viele Menschen gezwungen sind, ihre Heimat zu verlassen aufgrund von Konflikten, die durch den billigen Kauf veralteter Waffen genährt werden, nur um dann an anderen Grenzen durch immer ausgefeiltere militärische Ausrüstung erkannt und abgewiesen zu werden. Und so wird die Hoffnung zweimal getötet! Angesichts dieser tragischen Szenarien, in denen die Welt den Trugbildern von Stärke, Macht und Geld nachjagt, sind wir aufgerufen, uns mit der Weisheit der Ältesten und der Väter daran zu erinnern, dass Gott und der Nächste vor allem anderen kommen, dass nur die Transzendenz und die Geschwisterlichkeit uns retten. Es liegt an uns, diese Quellen des Lebens wieder freizulegen, ansonsten wird die Wüste der Menschheit immer trockener und tödlicher werden. Vor allem uns kommt es zu, mehr mit Taten als mit Worten zu bezeugen, dass wir daran glauben, an diese beiden Wahrheiten. Wir tragen eine große Verantwortung vor Gott und vor den Menschen, und wir müssen beispielhaft vorleben, was wir predigen, nicht nur in unseren Gemeinschaften und bei uns zu Hause – das reicht nicht mehr aus –, sondern in der vereinten und globalisierten Welt. Uns, die wir von Abraham, dem Vater des Glaubens der Völker, abstammen, dürfen nicht nur „die Unseren“ am Herzen liegen, sondern wir müssen uns immer geeinter an die gesamte menschliche Gemeinschaft richten, die die Erde bewohnt.

Denn alle stellen sich, zumindest im Inneren des Herzens, die gleichen großen Fragen: Wer ist der Mensch, warum das Leid, das Böse, der Tod, die Ungerechtigkeit, was kommt nach diesem Leben? Bei vielen, die durch einen praktischen Materialismus und einen lähmenden Konsumismus betäubt sind, schlummern diese Fragen, während sie bei anderen durch die unmenschlichen Plagen des Hungers und der Armut zum Schweigen gebracht werden. Schauen wir auf den Hunger und die Armut von heute. Zu den Gründen für das Vergessen dessen, worauf es ankommt, darf jedoch nicht gehören, dass wir selbst nachlässig sind oder der Skandal, dass wir uns mit anderem beschäftigen und nicht mit der Verkündigung des Gottes, der dem Leben Frieden gibt, sowie des Friedens, der den Menschen Leben verleiht. Brüder und Schwestern, bestärken wir uns gegenseitig darin, lasst uns an unser heutiges Treffen weiter anknüpfen, lasst uns gemeinsam unterwegs sein! Wir werden vom Allerhöchsten gesegnet sein und von den kleinsten und schwächsten Geschöpfen, die er bevorzugt: von den Armen, den Kindern und den jungen Menschen, die nach so vielen dunklen Nächten den Anbruch einer Morgendämmerung von Licht und Frieden erwarten. Danke.

[01688-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Querido hermano, Doctor Ahmad Al-Tayyeb, Gran Imán de Al-Azhar,

queridos miembros del Consejo Musulmán de Ancianos,

queridos amigos,

As-salamu alaykum.

Los saludo cordialmente, deseando que la paz del Altísimo descienda sobre cada uno de ustedes; sobre ustedes, que buscan promover la reconciliación para evitar divisiones y conflictos en las comunidades musulmanas; sobre ustedes, que ven en el extremismo un peligro que corroe la verdadera religión; sobre ustedes, que se comprometen en disipar interpretaciones erradas que a través de la violencia tergiversan, instrumentalizan y dañan un credo religioso. Que la paz descienda y permanezca con ustedes, que desean difundirla inculcando en los corazones los valores del respeto, de la tolerancia y de la moderación; sobre ustedes, que proponen fomentar relaciones amistosas, mutuo respeto y confianza recíproca con todos aquellos que, como yo, adhieren a una fe religiosa distinta; sobre ustedes, hermanos y hermanas, que quieren favorecer en los jóvenes una educación moral e intelectual que se oponga a cualquier forma de odio y de intolerancia. As-salamu alaykum.

Dios es fuente de paz. Que nos conceda ser, en cualquier lugar, canales de su paz. Ante ustedes quisiera reiterar que el Dios de la paz nunca conduce a la guerra, nunca incita al odio, nunca respalda la violencia. Y nosotros, que creemos en Él, estamos llamados a promover la paz a través de instrumentos de paz, como el encuentro, las tratativas pacientes y el diálogo, que es el oxígeno de la convivencia común. Entre los objetivos que se proponen está el de difundir una cultura de paz basada en la justicia. Quisiera decirles que este es el camino, más aún, el único camino, en cuanto la paz «es obra de la justicia (Gaudium et spes, 78). Brota, pues, de la fraternidad, crece a través de la lucha contra la injusticia y las desigualdades, se construye tendiendo la mano a los demás» (Discurso con ocasión de la lectura de la Declaración final y clausura del VII Congreso de Líderes de Religiones Mundiales y Tradicionales, 15 septiembre 2022). La paz no puede ser sólo proclamada, se debe consolidar. Y esto es posible removiendo las desigualdades y las discriminaciones, que producen inestabilidad y hostilidad.

Les agradezco su compromiso en este sentido, como también la acogida que me han dispensado y las palabras que han pronunciado. Vengo entre ustedes como un creyente en Dios, como un hermano y peregrino de paz. Vengo entre ustedes para caminar juntos, con el espíritu de Francisco de Asís, que solía decir: «Que la paz que anuncian de palabra, la tengan, y en mayor medida, en sus corazones» (Leyenda de los tres compañeros, XIV, 58. Directorio Franciscano, Fuentes biográficas franciscanas). Me ha llamado la atención ver cómo en estas tierras es costumbre, al acoger a un huésped, no sólo estrecharle la mano, sino también llevarse la mano al corazón en señal de afecto. Como diciendo: tu persona no se queda distante de mí, entra en mi corazón, en mi vida. También yo me llevo la mano al corazón con respetuoso afecto, mirando a cada uno de ustedes y bendiciendo al Altísimo por la posibilidad de encontrarnos.

Creo que cada vez tenemos más necesidad de encontrarnos, de conocernos y de preocuparnos por los demás, de poner la realidad antes que las ideas y a las personas antes que las opiniones, la apertura al cielo antes que las distancias de la tierra, un futuro de fraternidad antes que un pasado de hostilidad, superando los prejuicios y las incomprensiones de la historia en nombre de Aquel que es la Fuente de la Paz. Por lo demás, ¿cómo podrán los fieles de religiones y culturas distintas convivir, acogerse y estimarse mutuamente si nosotros seguimos siendo unos extraños los unos para los otros? Dejémonos guiar por el dicho del Imán Alí: «Las personas son de dos tipos: tus hermanos en la fe o tus semejantes en la humanidad», y sintámonos llamados a hacernos cargo de todos aquellos que el designio divino ha puesto a nuestro lado en este mundo. Exhortémonos “a que, olvidando lo pasado, ejercitemos sinceramente la mutua comprensión, procurando y promoviendo unidos la justicia social, los bienes morales, la paz y la libertad para todos los hombres” (cf. Nostra aetate, 3). Son tareas que nos incumben a nosotros, los guías religiosos. Ante una humanidad cada vez más herida y desgarrada que, bajo el vestido de la globalización, respira con dificultad y miedo, las grandes religiones están llamadas a ser el corazón que une los miembros del cuerpo, el alma que da esperanza y vida a las más altas aspiraciones.

En estos días he hablado sobre la fuerza de la vida, que sobrevive en los desiertos más áridos bebiendo del agua del encuentro y de la convivencia pacífica. Ayer lo hice tomando el ejemplo del sorprendente “árbol de la vida” que se encuentra aquí en Baréin. El pasaje bíblico que hemos escuchado pone al árbol de la vida en el centro del jardín de los orígenes, en el corazón del maravilloso proyecto de Dios para el hombre, un designio armónico capaz de abrazar toda la creación. Sin embargo, el ser humano se ha alejado del Creador y del orden establecido por Él. A partir de esto se originaron problemas y desequilibrios, que en la narración bíblica van uno detrás del otro: peleas y homicidios entre hermanos (cf. Gn 4), desórdenes y devastaciones ambientales (cf. Gn 6-9), soberbia y contrastes en la sociedad humana (cf. Gn 11). En resumen, un diluvio de maldad y de muerte que brota del corazón del hombre, de la chispa maligna desencadenada por el mal que está agazapado a la puerta de su corazón (cf. Gn 4,7), para incendiar el jardín armónico del mundo. Pero este mal tiene su raíz en el rechazo a Dios y al hermano, en el perder de vista al Autor de la vida y en el no reconocernos ya como custodios de los hermanos. Por eso las dos preguntas que hemos escuchado siguen siendo siempre válidas y, más allá del credo que se profese, interpelan a cada vida y a cada época: «¿Dónde estás?» (Gn 3,9), «¿Dónde está tu hermano?» (Gn 4,9).

Queridos amigos, hermanos en Abraham, creyentes en el único Dios, los males sociales e internacionales, los económicos y los personales, así como la dramática crisis ambiental que caracteriza los tiempos actuales y sobre la que hoy se ha reflexionado, provienen a fin de cuentas del alejamiento de Dios y del prójimo. Por lo tanto, nosotros tenemos una tarea única, imprescindible, la de ayudar a reencontrar estas fuentes de vida olvidadas, de volver a llevar a la humanidad a beber de esta sabiduría antigua, de volver a acercar a los fieles a la adoración del Dios del cielo y también acercarlos a los hombres, para quienes Él hizo la tierra.

Y esto, ¿de qué manera? Nuestros medios son básicamente dos: la oración y la fraternidad. Estas son nuestras armas, humildes y eficaces. No nos debemos dejar tentar por otros instrumentos, por atajos indignos del Altísimo, cuyo nombre de Paz es insultado por quienes creen en las razones de la fuerza y alimentan la violencia, la guerra y el mercado de armas, “el comercio de la muerte” que, con grandes sumas de dinero cada vez mayores, está transformando nuestra casa común en un gran arsenal. Cuántas tramas oscuras y cuántas dolorosas contradicciones hay detrás de todo esto. Pensemos, por ejemplo, en cuántas personas se ven obligadas a migrar de su propia tierra a causa de los conflictos financiados por la compra de armamento anticuado a precios asequibles, para luego ser identificadas y rechazadas en otras fronteras por medio de equipamiento militar siempre más sofisticado. Y de esta manera la esperanza es asesinada doblemente. Pues bien, delante de estos escenarios trágicos, mientras el mundo sigue las quimeras de la fuerza, del poder y del dinero, nosotros estamos llamados a recordar, con la sabiduría de los ancianos y de los padres, que Dios y el prójimo son lo primero y más importante, que sólo la trascendencia y la fraternidad nos salvan. Depende de nosotros volver a abrir esas fuentes de vida, pues de lo contrario el desierto de la humanidad será siempre más árido y mortífero. Sobre todo, depende de nosotros dar testimonio, más con los hechos que con las palabras, de que creemos en esto, en estas dos verdades. Tenemos una gran responsabilidad ante Dios y los hombres, y debemos ser modelos creíbles de lo que predicamos, no sólo en nuestras comunidades y en nuestra casa —ya no es suficiente— sino en el mundo unificado y globalizado. Nosotros, que descendemos de Abraham, padre de los pueblos en la fe, no podemos preocuparnos sólo por “los nuestros”, sino que, cada vez más unidos, hemos de dirigirnos a la entera comunidad humana que puebla la tierra.

Porque, en realidad, todos se hacen, al menos en lo secreto del corazón, las mismas grandes preguntas: ¿quién es el hombre?, ¿por qué el dolor, el mal, la muerte, la injusticia?, ¿qué hay después de esta vida? Para muchos, anestesiados por un materialismo práctico y por un consumismo paralizante, estos mismos interrogantes yacen adormecidos, mientras que para otros están silenciados por las plagas deshumanas del hambre y de la pobreza. Miremos el hambre y la pobreza de hoy. Que entre los motivos que olvidan lo importante no se incluya nuestra negligencia, el escándalo de ocuparnos de otras cosas y no de anunciar al Dios que da paz a la vida y la paz que da vida a los hombres. Hermanos y hermanas, apoyémonos en esto mutuamente, demos seguimiento a nuestro encuentro del día de hoy, caminemos juntos. Seremos bendecidos por el Altísimo y por las creaturas más pequeñas y débiles que Él prefiere: por los pobres, los niños y los jóvenes, quienes después de tantas noches oscuras, esperan el surgir de un amanecer de luz y de paz. Gracias.

[01688-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Caro irmão, Doutor Ahmad Al-Tayyeb, Grande Imã de Al-Azhar,

Caros Membros do Conselho Muçulmano de Anciãos

Caros amigos,

As-salamu alaikum!

Saúdo-vos cordialmente, almejando que a paz do Altíssimo desça sobre cada um de vós: sobre vós, que pretendeis promover a reconciliação para evitar divisões e conflitos nas comunidades muçulmanas; sobre vós, que vedes no extremismo um perigo que corrói a verdadeira religião; sobre vós, que vos empenhais por dissipar interpretações erróneas que, através da violência, desvirtuam, instrumentalizam e danificam um credo religioso. A paz desça e permaneça sobre vós, que a desejais difundir incutindo nos corações os valores do respeito, da tolerância e da moderação; sobre vós, que vos propondes encorajar relações amistosas, respeito mútuo e confiança recíproca com aqueles que, como eu, aderem a uma fé religiosa diferente; sobre vós, irmãos e irmãs, que quereis promover nos jovens uma educação moral e intelectual que contraste toda a forma de ódio e intolerância. As-salamu alaikum [a paz esteja convosco]!

Deus é Fonte de paz. Que Ele nos conceda ser, por todo o lado, canais da sua paz! Quero, diante de vós, reiterar que o Deus da paz nunca conduz à guerra, nunca incita ao ódio, nunca apoia a violência. E nós, que cremos n’Ele, somos chamados a promover a paz através de instrumentos de paz, como o encontro, pacientes negociações e o diálogo, que é o oxigénio da convivência comum. Entre os objetivos que vos propondes, conta-se o de difundir uma cultura da paz baseada na justiça. Quero dizer-vos que este é o caminho, aliás o único caminho, já que a paz é «“obra da justiça” (Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes, 78). Brota da fraternidade, cresce através da luta contra a injustiça e as desigualdades, constrói-se estendendo a mão aos outros» (Francisco, Discurso por ocasião da Leitura da Declaração Final e Encerramento do «VII Congresso de Líderes de Religiões Mundiais e Tradicionais», Nur-Sultan, 15/IX/2022). A paz não pode ser apenas proclamada, deve ser enraizada. E isto é possível removendo as desigualdades e as discriminações, que geram instabilidade e hostilidade.

Agradeço o vosso empenho neste sentido, bem como o acolhimento que me reservastes e as palavras que proferistes. Venho ter convosco como crente em Deus, como irmão e peregrino de paz. Venho ter convosco para caminharmos juntos, no espírito de Francisco de Assis, que costumava dizer: «a paz que proclamais com a boca, haveis de a ter ainda mais abundante nos vossos corações» (Legenda dos três companheiros, XIV, 5: Fontes Franciscanas, 1469). Impressionou-me ver o costume de acolher um hóspede, nestas terras, não só com um aperto de mão, mas levando também a outra mão ao coração em sinal de afeto; como se dissesse: a tua pessoa não fica longe de mim; entra no meu coração, na minha vida. Com respeitoso afeto, também eu levo a mão ao coração, vendo cada um de vós e bendizendo ao Altíssimo pela possibilidade de nos encontrarmos.

Creio que precisamos cada vez mais de nos encontrar, conhecer e estimar, de antepor a realidade às ideias e as pessoas às opiniões, a abertura ao Céu aos distanciamentos na terra: antepor um futuro de fraternidade ao passado de hostilidade, superando os preconceitos e as incompreensões da história em nome d’Aquele que é Fonte de Paz. Aliás como poderão os fiéis de diferentes religiões e culturas conviver, acolher-se e estimar-se mutuamente, se nós permanecemos estranhos uns aos outros? Deixemo-nos guiar por este dito do Imã Ali – «as pessoas são de dois tipos: ou teus irmãos na fé ou teus semelhantes na humanidade» – e sintamo-nos chamados a cuidar de todos aqueles que o desígnio divino colocou ao nosso lado no mundo. Exortemos a todos para que, «esquecendo o passado, sinceramente se exercitem na compreensão mútua e, juntos, defendam e promovam a justiça social, os bens morais, a paz e a liberdade para todos os homens» (Conc. Ecum. Vat. II, Decl. Nostra ætate, 3). São tarefas que cabem a nós, guias religiosos: à vista duma humanidade sempre mais ferida e dilacerada que, sob o vestido da globalização, respira com dificuldade e a medo, os grandes credos devem ser o coração que une os membros do corpo, a alma que dá esperança e vida às aspirações mais altas.

Nestes dias, falei da força da vida que resiste nos mais áridos desertos, abeberando-se na água do encontro e da convivência pacífica. Fi-lo ontem, tirando partido da surpreendente «árvore da vida» que se encontra aqui no Bahrein. A narração bíblica, que ouvimos, coloca a árvore da vida no centro do jardim das origens, no coração do projeto maravilhoso de Deus para o homem, um desígnio harmonioso capaz de abraçar toda a criação. Mas o ser humano distanciou-se do Criador e da ordem por Ele estabelecida. Daí tiveram origem problemas e desequilíbrios, que se sucedem uns aos outros na narração bíblica: litígios e homicídios entre irmãos (cf. Gn 4), desordens e devastações ambientais (cf. Gn 6-9), soberba e contrastes na sociedade humana (cf. Gn 11)... Em suma, uma aluvião de malvadez e morte que brotou do coração do homem, da centelha maléfica feita saltar por aquele mal que se agacha à porta do seu coração (cf. Gn 4, 7), para incendiar o jardim harmonioso do mundo. Mas todo este mal está radicado na rejeição de Deus e do irmão, na perda de vista do Autor da vida e na recusa a reconhecer-se guardião do irmão. Por isso as duas perguntas, que ouvimos, permanecem sempre válidas e não cessam, independentemente do credo professado, de interpelar cada existência e cada época: «onde estás?» (Gn 3, 9); «onde está o teu irmão?» (Gn 4, 9).

Caros amigos, irmãos em Abraão, crentes no Deus único, os males sociais e internacionais, os males económicos e pessoais, bem como a dramática crise ambiental, que carateriza estes tempos e sobre a qual se refletiu hoje aqui, derivam em última análise do afastamento de Deus e do próximo. Por conseguinte, cabe-nos uma tarefa única, imprescindível: ajudar a reencontrar estas fontes de vida esquecidas, trazer novamente a humanidade a beber nesta antiga sabedoria, aproximar os fiéis à adoração do Deus do céu e aos homens para os quais Ele fez a terra.

E de que maneira? Os nossos meios são essencialmente dois: a oração e a fraternidade. Estas são as nossas armas, humildes e eficazes. Não devemos deixar-nos tentar por outros instrumentos, por atalhos indignos do Altíssimo, cujo nome de Paz é insultado por quantos creem nas razões da força, alimentam a violência, a guerra e o mercado das armas, «o comércio da morte» que, através de somas astronómicas de dinheiro, está a transformar a nossa casa comum num grande arsenal. Por trás de tudo isto, quantas tramas obscuras e quantas dolorosas contradições! Pensemos, por exemplo, nas inumeráveis pessoas que são obrigadas a migrar da sua terra por causa de conflitos alimentados pela compra a preços acessíveis de armamentos já sem validade, para acabar depois identificadas e rejeitadas noutras fronteiras através de equipamentos militares cada vez mais sofisticados. E, assim, a esperança é morta duas vezes! Pois bem, perante estes trágicos cenários, enquanto o mundo segue as quimeras da força, do poder e do dinheiro, somos chamados a lembrar, com a sabedoria dos anciãos e dos antigos, que Deus e o próximo vêm antes de tudo, que só a transcendência e a fraternidade nos salvam. Cabe a nós desenterrar estas fontes de vida; caso contrário, o deserto da humanidade será cada vez mais árido e mortífero. Sobretudo cabe a nós testemunhar – mais com os factos, do que com as palavras – que acreditamos nisto, nestas duas verdades. Temos uma grande responsabilidade diante de Deus e dos homens, e devemos ser modelos exemplares daquilo que pregamos, não só nas nossas comunidades e em nossa casa – isto já não basta –, mas também no mundo unificado e globalizado. Nós, que descendemos de Abraão, pai na fé dos povos, não podemos ter a peito somente «os nossos», mas devemos dirigir-nos, cada vez mais unidos, a toda a comunidade humana que habita na terra.

Com efeito, a todos, pelo menos no segredo do coração, se colocam os mesmos grandes interrogativos: Quem é o homem? Porquê o sofrimento, o mal, a morte, a injustiça? Que existe depois desta vida? Em muitos, anestesiados por um materialismo prático e por um consumismo paralisador, tais questões jazem adormecidas, enquanto noutros são silenciadas pelas chagas desumanas da fome e da pobreza. Pensemos na fome e pobreza de hoje. Oxalá que, entre os motivos do esquecimento daquilo que conta, não se inclua a nossa incúria, o escândalo de nos empenharmos noutra coisa que não a de anunciar o Deus que dá paz à vida e a paz que dá vida aos homens. Irmãos e irmãs, apoiemo-nos nisto, demos continuidade ao nosso encontro de hoje, caminhemos juntos! Seremos abençoados pelo Altíssimo e pelas criaturas mais pequeninas e frágeis que são as preferidas d’Ele: os pobres, as crianças e os jovens, que, depois de tantas noites tenebrosas, aguardam o surgir duma alvorada de luz e de paz. Obrigado!

[01688-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Drogi Bracie Doktorze Ahmedzie al-Tajebie,

Wielki Imamie Al-Azharu,

Drodzy Członkowie Muzułmańskiej Rady Starszych,

Drodzy Przyjaciele,

As-salamu alaikum!

Witam was serdecznie, życząc, aby pokój Najwyższego zstąpił na każdego z was: na was, którzy pragniecie krzewić pojednanie, aby unikać podziałów i konfliktów we wspólnotach muzułmańskich; na was, którzy dostrzegacie w ekstremizmie zagrożenie, niszczące prawdziwą religię; na was, starających się obalić błędne interpretacje, które poprzez przemoc opacznie rozumieją, instrumentalizują i niszczą wiarę religijną. Niech pokój zstąpi i trwa w was, którzy pragniecie go szerzyć, zaszczepiając w sercach wartości szacunku, tolerancji i umiarkowania; w was, którzy postanawiacie wzmacniać przyjazne stosunki, wzajemny szacunek i zaufanie wobec tych, którzy tak jak ja, wyznają inną wiarę religijną; w was, bracia i siostry, którzy pragniecie umożliwiać młodym ludziom wychowanie moralne i intelektualne, które przeciwdziałałoby wszelkim formom nienawiści i nietolerancji. As-salamu alaikum!

Bóg jest źródłem pokoju. Niech pozwoli nam być wszędzie kanałami Jego pokoju! Wobec was pragnę podkreślić, że Bóg pokoju nigdy nie prowadzi do wojny, nigdy nie nawołuje do nienawiści, nigdy nie skłania do przemocy. A my, którzy w Niego wierzymy, jesteśmy powołani do krzewienia pokoju za pomocą narzędzi pokoju, takich jak spotkanie, cierpliwe negocjacje i dialog, który jest tlenem współistnienia. Wśród waszych celów jest szerzenie kultury pokoju, opartej na sprawiedliwości. Chciałbym wam powiedzieć, że jest to droga, a nawet jedyna droga, ponieważ pokój „jest dziełem sprawiedliwości (Gaudium et spes, 78). Wynika on z braterstwa, wzrasta za sprawą walki z niesprawiedliwością i nierównościami, a buduje się go, wyciągając rękę ku innym” (Przemówienie z okazji zakończenia VII Kongresu Przywódców Religii Światowych i Tradycyjnych oraz odczytania Deklaracji Końcowej, 15 września 2022 r.). Pokój nie może być jedynie głoszony, ale trzeba go też ugruntować. A to jest możliwe poprzez usuwanie nierówności i dyskryminacji, które powodują niestabilność i wrogość.

Dziękuję wam za wasze zaangażowanie w tej dziedzinie, jak również za przyjęcie, jakie mi zgotowaliście i za słowa, które wypowiedzieliście. Przybywam do was jako wierzący w Boga, jako brat i pielgrzym pokoju. Przychodzę do was, abyśmy podążali razem w duchu Franciszka z Asyżu, który mawiał: „Jak głosicie pokój ustami, tak, a nawet jeszcze bardziej, miejcie go w sercach waszych” (Legenda Trzech Towarzyszy, XIV, 5: Fonti Francescane, 1469). Uderzyło mnie, gdy zobaczyłem, że na tych ziemiach istnieje zwyczaj witania gościa nie tylko przez uściśnięcie mu ręki, ale także przykładając swoją rękę do serca na znak sympatii. Jakby chciało się powiedzieć: twoja osoba nie jest dla mnie daleka, wchodzi do mojego serca, do mojego życia. Także i ja, z pełną szacunku życzliwością, kładę rękę na sercu, patrząc na każdego z was i błogosławiąc Najwyższego za tę możliwość spotkania.

Sądzę, że coraz bardziej potrzebujemy spotykania się, poznawania i przyjmowania do serca, przedkładania rzeczywistości nad idee i osób nad opinie, otwarcia na niebo nad dystanse na ziemi: przyszłości braterstwa nad przeszłość wrogości, przezwyciężając historyczne uprzedzenia i nieporozumienia w imię Tego, który jest Źródłem Pokoju. Z drugiej strony, jak wierni różnych religii i kultur będą mogli współistnieć, akceptować i szanować się nawzajem, jeśli my pozostaniemy dla siebie obcy? Kierujmy się powiedzeniem Imama Alego: „Istnieją dwa rodzaje ludzi – albo są to twoi bracia w wierze, albo twoi bliźni w człowieczeństwie”, i poczujmy się wezwani do troski o tych wszystkich, których Boży plan umieścił obok nas w świecie. Zachęcajmy się, abyśmy „zapominając o tym, co było, czynili szczere wysiłki zmierzające do wzajemnego zrozumienia i dla dobra wszystkich ludzi dbali wspólnie o sprawiedliwość społeczną, dobro moralne, a także o pokój i wolność” (Deklaracja Nostra aetate, 3). Są to zadania, które spoczywają na nas, przywódcach religijnych: w obliczu coraz bardziej zranionej i rozdartej ludzkości, która pod płaszczykiem globalizacji oddycha z niepokojem i lękiem; wielkie religie muszą być sercem, które jednoczy członki ciała, duszą, która daje nadzieję i ożywia najwznioślejsze aspiracje.

W tych dniach mówiłem o sile życia, które trwa na najbardziej suchych pustyniach, czerpiąc z wody spotkania i pokojowego współistnienia. Wczoraj uczyniłem to, biorąc przykład z niesamowitego „drzewa życia”, które znajduje się tutaj, w Bahrajnie. Opowieść biblijna, której wysłuchaliśmy, umieszcza drzewo życia w centrum ogrodu początków, w sercu wspaniałego planu Boga dla człowieka, harmonijnego projektu, zdolnego objąć całe stworzenie. Człowiek jednak oddalił się od Stwórcy i ustanowionego przez Niego ładu. To zrodziło problemy i zaburzenia, które w narracji biblijnej następują po sobie: kłótnie i morderstwa wśród braci (por. Rdz 4), chaos i zniszczenie środowiska naturalnego (por. Rdz 6-9), pycha i spory w społeczeństwie ludzkim (por. Rdz 11)... Zalew zła i śmierci ma swe źródło w, krótko mówiąc, sercu człowieka, w zgubnej iskrze, wyzwolonej przez to zło, które czai się u wrót jego serca (por. Rdz 4, 7), aby podpalić harmonijny ogród świata. A całe to zło ma swoje źródło w odrzuceniu Boga i brata: w utracie z oczu Stwórcy życia i w nieuznawaniu się już za stróża swoich braci. Dlatego dwa pytania, które usłyszeliśmy, są zawsze aktualne i niezależnie od wyznawanej wiary stawiają wyzwanie każdemu istnieniu i każdej epoce: „Gdzie jesteś?” (Rdz 3, 9); „Gdzie jest brat twój?” (Rdz 4, 9).

Drodzy przyjaciele, bracia w Abrahamie, wierzący w jednego Boga, bolączki społeczne i międzynarodowe, ekonomiczne i osobiste, jak również dramatyczny kryzys ekologiczny, który cechuje te czasy i nad którym dzisiaj się zastanawialiśmy, wynikają ostatecznie z oddalenia się od Boga i bliźniego. Mamy zatem wyjątkowe, niezbywalne zadanie, jakim jest pomoc w ponownym odkryciu tych zapomnianych źródeł życia, doprowadzenie na powrót ludzkości, by czerpała z tej starożytnej mądrości, ponowne przybliżenie wiernych do adoracji Boga niebios i do ludzi, dla których stworzył On ziemię.

A to, w jaki sposób? Nasze środki są zasadniczo dwa: modlitwa i braterstwo. To jest nasza broń, skromna i skuteczna. Nie możemy ulec pokusie innych środków, pójścia na skróty niegodne Najwyższego, którego imię Pokój jest znieważane przez tych, którzy wierzą w argumenty siły, którzy podsycają przemoc, wojnę i rynek broni, „handel śmiercią”, który za sprawą coraz większych sum pieniędzy przekształca nasz wspólny dom w wielki arsenał. Ileż mrocznych wątków i ileż bolesnych sprzeczności kryje się za tym wszystkim! Pomyślmy na przykład, jak wielu ludzi jest zmuszonych do migracji z własnej ziemi z powodu konfliktów, podsycanych przez kupowanie tanio przestarzałego uzbrojenia, a potem są tropieni i odrzucani na innych granicach za pomocą coraz bardziej wymyślnego sprzętu wojskowego. I tak nadzieja zostaje dwukrotnie zabita! Otóż w obliczu tych tragicznych scenariuszy, gdy świat goni za ułudami siły, władzy i pieniądza, jesteśmy wezwani, by z mądrością ludzi starszych i ojców przypominać, że Bóg i bliźni są ponad wszystko, że tylko transcendencja i braterstwo nas ratują. Do nas należy odkopanie tych źródeł życia, w przeciwnym razie pustynia ludzkości będzie coraz bardziej jałowa i śmiercionośna. Naszym zadaniem jest przede wszystkim świadczenie, bardziej czynami niż słowami, że w to wierzymy, w te dwie prawdy. Mamy wielką odpowiedzialność przed Bogiem i przed ludźmi, i musimy być doskonałym wzorem tego, co głosimy, nie tylko w naszych wspólnotach i w naszym domu – to już nie wystarcza – ale w zjednoczonym i zglobalizowanym świecie. My, którzy jesteśmy potomstwem Abrahama, ojca w wierze narodów, nie możemy martwić się tylko o „swoich”, ale coraz bardziej zjednoczeni, musimy zwracać się do całej wspólnoty ludzkiej, zamieszkującej ziemię.

Każdy bowiem zadaje sobie, przynajmniej w skrytości swego serca, te same wielkie pytania: kim jest człowiek; dlaczego cierpienie, zło, śmierć, niesprawiedliwość; co jest po tym życiu? W wielu, znieczulonych przez praktyczny materializm i paraliżujący konsumpcjonizm, te pytania pozostają uśpione, podczas gdy w innych są one uciszane przez nieludzkie plagi głodu i ubóstwa. Spójrzmy na dzisiejszy głód i ubóstwo. Wśród powodów zapominania o tym, co istotne, niech jednak nie będzie nasze zaniedbanie, skandal angażowania się w coś innego, a nie w głoszenie Boga, który daje życiu pokój, i pokoju, który daje ludziom życie. Bracia i siostry, wspierajmy się w tym, nie poprzestańmy na naszym dzisiejszym spotkaniu, kroczmy razem! Będziemy błogosławieni przez Najwyższego oraz przez najmniejsze i najsłabsze stworzenia, które On szczególnie miłuje: ubogich, dzieci i młodych, którzy po tylu ciemnych nocach oczekują jutrzenki światła i pokoju. Dziękuję.

[01688-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى البحرين

كلمة قداسة البابا فرنسيس

في اللقاء مع أعضاء مجلس حكماء المسلمين

في عوالي

الجمعة 4 تشرين الثّاني/نوفمبر 2022

أيّها الأخ العزيز فضيلة الإمام الأكبر، الدّكتور أحمد الطيّب، شيخ الأزهر الشّريف،

أيّها الأعزّاء أعضاء مجلس حكماء المسلمين،

أيّها الأصدقاء الأعزّاء،

السَّلام عليكم!

أحيّيكم تحية حارَّة، وأسأله تعالَى أن يملأ كلّ واحد منكم بسلامه عزَّ وجلّ: أنتم الذين تريدون أن تعملوا على تعزيز المصالحة لتجنّب الانقسامات والصّراعات في الجماعات الإسلاميّة. أنتم الذين ترون في التّطرف خطرًا يُفسد الدّين الحقيقيّ. أنتم الذين تهتّمون لإزالة التّفسيرات الخاطئة التي تسيء، من خلال العنف، فَهم المعتقد الدينيّ وتستغله وتلحق به الضّرر. ليحِلَّ عليكم السّلام وليبْقَ معكم، أنتم الذين تريدون نشر السّلام، فتغرسون في القلوب قيَم الاحترام والتّسامح والاعتدال. لينزل السّلام عليكم، أنتم الذين تعتزمون تشجيع العلاقات الودية والاحترام المتبادل والثّقة المتبادلة مع كلّ الذين، مثلي، يعتقدون عقيدة دينيّة مختلفة. أنتم أيّها الإخوة والأخوات، الذين تريدون تعزيز التّربية الأخلاقيّة والذهنيّة لدى الشّباب التي تتناقض مع جميع أشكال الكراهية وعدم التّسامح. عليكم جميعًا السَّلام!

الله ينبوع السَّلام. فليمنحنا أن نكون قنوات سلامه في كلّ مكان! أودّ أمامكم أن أكرّر أنّ إله السّلام لا يقود أبدًا إلى الحرب، ولا يحرّض أبدًا على الكراهية، ولا يؤيّد العنف أبدًا. ونحن، الذين نؤمن به، إنّنا مدعوّون إلى تعزيز السّلام بطرق السّلام، مثل اللقاء والمفاوضات الصّابرة والحوار، الذي هو أكسجين العيش المشترك معًا. ومن بين الأهداف التي تقترحونها، نشر ثقافة السّلام المؤسّس على العدل. أودّ أن أقول لكم إنّ هذا هو الطّريق، بل هو الطّريق الوحيد، بما أنّ السّلام هو "عمل العدل" (دستور رعائي في الكنيسة في عالم اليوم، فرح ورجاء، 78). فهو ينبع إذن من الأخوّة، وينمو بمقاومة الظلم وعدم المساواة، ويُبنى بالتضافر وتشابك الأيدي" (كلمة في اختتام المؤتمر السّابع لقادة الديانات العالميّة والتّقليديّة، 15 أيلول/سبتمبر 2022). لا يمكن إعلان السَّلام فقط، بل يجب ترسيخه. وهذا ممكن بإزالة عدم المساواة والتّمييز اللذين يولّدان عدم الاستقرار والعداء.

أشكركم على التزامكم في هذا الاتجاه، وكذلك على ترحيبكم بي، وعلى الكلمات التي قلتموها. جئت إليكم مؤمنًا بالله وأخًا وحاجَ سلام. جئت إليكم لنسير معًا، بروح فرنسيس الأسيزي، الذي اعتاد أن يقول: "السّلام الذي تنادون به بفمكم، ليكن وافرًا في قلوبكم" (قصة الرفقاء الثلاثة، 14، 5: FF 1469). لقد تأثّرت بأن أرى أنّ العادة في هذه البلاد، هي التّرحيب بالضّيف، ليس فقط بمصافحة اليدين، بل أيضًا بوضع اليد على القلب، علامةً على المودّة. كأنّك تقول: إنّك لست بعيدًا عني، بل أنت في قلبي وحياتي. أنا أيضًا، أضع يدي على قلبي باحترام وحبّ، فيما أنظر إلى كلّ واحد منكم، وأبارك الله العليّ لإتاحة الفرصة لنلتقي معًا.

أعتقد أنّنا بحاجة دائمًا إلى المزيد من اللقاءات، ولنتعرّف بعضنا على البعض، ولنَوَدَّ بعضُنا بعضًا، ولنقدِّم الواقع على الأفكار والناس على الآراء، والانفتاح على السّماء قبل المسافات على الأرض: لنقدِّم مستقبل الأخُوّة على ماضٍ من العداء، ولنتغلّب على الأحكام المسبقة وسوء الفهم في التاريخ، باسم مَن هو ينبوع السّلام. من ناحية أخرى، كيف يتمكّن المؤمنون من مختلف الديانات والثّقافات من العيش معًا، والتّرحيب واحترام بعضهم بعضًا إن بقينا غرباء بعضنا عن بعض؟ لنسترشد بقول الإمام علي: "النّاسُ صِنْفان، إمّا أَخٌ لَكَ في الدِّيْن، أو نَظِيرٌ لَكَ في الخَلْق"، ولنشعر بأنّنا مدعوّون لرعاية كلّ من وضعهم المخطّط الإلهيّ بالقرب منّا في العالم. لنحث أنفسنا على "أن ننسى الماضيّ وندَرِّب أنفسنا بصدق على أن نفهم بعضنا بعضًا، ولننشر ولنعزّز معًا العدالة الاجتماعيّة والقيَم الأخلاقيّة والسّلام والحريّة لجميع الناس" (بيان حول علاقة الكنيسة بالديانات غير المسيحيّة، في عصرنا، 3). هذه واجبات تقع على عاتقنا، نحن القادة الدينيّين: أمام إنسانيّة جريحة وممزقة بشكل متزايد، والتي تتنفس بضيق وخوف، تحت ستار العولمة، يجب أن تكون المعتقدات الكبرى هي القلب الذي يوحّد أعضاء الجسد، والنفس التي تمنح الأمّل والحياة لتطلعاتنا نحو العُلَى.

تكلّمت في هذه الأيّام على قوّة الحياة التي تُقاوم في أكثر الصّحاري جفافًا، وتستقي من ماء اللقاء والعيش معًا في سلام. قلت ذلك في الأمس، مُستَلهمًا ”شجرة الحياة“ المُذهلة الموجودة هنا في البحرين. رواية الكتاب المقدّس، التي سمعناها، تضع شجرة الحياة في وسط حديقة البدايات، وفي قلب مخطّط الله الرّائع للإنسان، وهو تصميم متناغم يقدر أن يعانق الخليقة كلّها. لكن الإنسان ابتعد عن الخالق وعن النّظام الذي وضعه. من هنا نشأت المشاكل والاختلالات، التي تتلاحَق في رواية الكتاب المقدّس: مخاصمات بين الإخوة وقتل (راجع تكوين 4)، واضطرابات بيئيّة ودمار (راجع تكوين 6-9)، وكبرياء وصراعات في مجتمع البشر (راجع تكوين 11)... باختصار، طوفان شرّ وموت تدفَّق من قلب الإنسان، ومن شرارة الخبث التي أطلقها ذلك الشّرّ الجاثم عند باب القلب (راجع تكوين 4، 7) لكي يُضرم النّار في حديقة العالم المتناغمة. كلّ هذا الشّرّ متجذّر في رفضنا لله وللأخ: في إغفال نظرنا عن خالق الحياة وعدم اعترافنا بأنّنا لم نعد حرّاسًا للإخوة. لذلك، يبقى السّؤالان اللذان سمعناهما صحيحَين دائمًا، وبغضّ النّظر عن الإيمان الذي نعترف به، يسألان كلّ وجود وكلّ عصر: "أَيْنَ أَنتَ؟" (تكوين 3، 9)، "أَينَ أَخوك؟" (تكوين 4، 9).

أيّها الأصدقاء الأعزّاء، وإخوتي في إبراهيم، والمؤمنون بالله الواحد، إنّ الشّرور الاجتماعيّة والدوليّة، والاقتصاديّة والشّخصيّة، وكذلك الأزمة البيئيّة المأساويّة التي تميّز هذه الأوقات، والتي فيها تأمّلنا هنا اليوم، تأتي في النّهاية من ابتعادنا عن الله وعن الآخر. لذلك، نحن لدينا مهمّة وحيدة وأساسيّة، وهي أن نساعد في إعادة اكتشاف مصادر الحياة المنسيّة هذه، وأن نُعيد البشريّة إلى أن تَستَقي من الحكمة القديمة، وأن نقرّب المؤمنين من جديد من عبادة إله السّماء والنّاس الذين من أجلهم خلَق الله الارض.

وما هي الطّريقة لفعل ذلك؟ وسائلنا الأساسيّة هي اثنتان: الصّلاة والأخوّة. هذه هي أسلحتنا المتواضعة والفعّالة. يجب ألّا نسمح بأن تجرّبنا وسائل أخرى، وطرق مختصرة لا تليق بالله العليّ. اسمه السَّلام ويُسيء إليه الذين يؤمنون بأساليب القوّة، ويدعمون العنف، والحرب وتجارة السّلاح، و”تجارة الموت“ التي تحوّل بيتنا المشترك إلى ترسانة كبيرة، وفي أيديهم مبالغ ماليّة طائلة. كم من المؤامرات الغامضة، وكم من التّناقضات المؤلمة وراء كلّ هذا! لنفكّر، على سبيل المثال، في الأشخاص الكثيرين الذين أُجبروا على الهجرة من أراضيهم بسبب النّزاعات، التي يموّلونها بشراء أسلحة قديمة بأسعار مخفّضة، ثمّ يتمّ التعرّف عليهم ورفضهم على حدود أخرى، من خلال معدّات عسكريّة أكثر تطوّرًا. هكذا يُقتَل الأمل مرّتَين! حَسَنًا، أمام هذه السيناريوهات المأساويّة، وبينما العالم يلاحق أوهام القوّة والسّلطة والمال، نحن مدعوّون إلى أن نتذكّر، بحكمة كبار السّنّ والآباء، أنّ الله والقريب يأتيان قبل كلّ شيء آخر، وأنّ التّعالي فوق ما هو أرضيّ والأخوّة فقط يمكنهما أن ينقذانا. علينا نحن أن نستخرج ينابيع الحياة هذه، وإلّا فإنّ صحراء البشريّة ستبقى دائمًا قاحلة ومُميتة. وفوق كلّ شيء، علينا نحن أن نشهد، بالأعمال أكثر من الأقوال، أنّنا نؤمن بهذا، بهذه الحقيقتَين. لنا مسؤوليّة كبيرة أمام الله والناس، وعلينا أن نكون قدوة لِمَا نعظ به، وليس فقط في جماعاتنا وفي بيوتنا – ذلك لم يَعُدْ كافيًا – بل في العالم الموحّد والمعَولَم. نحن الذين نتحدّر من إبراهيم، أَبي الشّعوب في الإيمان، لا يمكننا أن نهتمّ فقط بــ ”أتباعنا“، بل لنزداد اتحادًا، علينا أن نتوجّه إلى الجماعة البشريّة كلّها التي تسكن الأرض.

الجميع يسألون، في قلوبهم على الأقلّ، الأسئلة الكبرى نفسها: من هو الإنسان، ولماذا الألم، والشّرّ، والموت، والظّلم، وماذا يوجد بعد هذه الحياة؟ في كثيرين، الذين خدّرتهم المادّيّة العمليّة والنزعة الاستهلاكيّة التي تصيب بالشّلل، تبقى تلك الأسئلة نفسها في سبات، بينما يُسكِتُها آخرون، بسبب الجراح اللاإنسانية المتمثّلة في الجوع والفقر. لننظر إلى الجوع والفقر اليوم. من أسباب نسياننا لِمَا هو الأهمّ، مع ذلك، لا يُحسبُ إهمالنا، والشّك الناجم عن التزامنا بأمور أخرى، بدل المناداة باسم الله الذي يعطي السّلام للحياة، والسّلام الذي يعطي الحياة للبشر. أيّها الإخوة والأخوات، لِنسند بعضنا بعضًا في هذا، ولْنضمن الاستمراريّة للقائنا اليوم، ولنَسِر معًا! سيباركنا العليّ، وسيباركنا الصّغار والضّعاف الذين يحبّهم الله: الفقراء والأطفال والشّباب، الذين ينتظرون شروق فجر النّور والسّلام، بعد ليالٍ ملمةٍ كثيرة. شكرًا.

[01688-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0823-XX.02]