Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Concistoro Ordinario Pubblico per la creazione di nuovi Cardinali e per il voto su alcune Cause di Canonizzazione, 27.08.2022


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 16 di questo pomeriggio, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha presieduto un Concistoro Ordinario Pubblico per la creazione di 20 nuovi Cardinali e per il voto delle Cause di Canonizzazione dei Beati: Giovanni Battista Scalabrini, Vescovo di Piacenza, Fondatore della Congregazione dei Missionari di San Carlo e della Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo; e Artemide Zatti, laico professo della Società Salesiana di San Giovanni Bosco (Salesiani).

I 20 nuovi Cardinali creati che hanno ricevuto l’imposizione della berretta, la consegna dell’anello e l’assegnazione del Titolo o Diaconia sono: Arthur Roche, Arcivescovo-Vescovo emerito di Leeds, Prefetto del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; Lazzaro You Heung-sik, Arcivescovo-Vescovo emerito di Daejeon, Prefetto del Dicastero per il Clero; Fernando Vérgez Alzaga, L.C., Arcivescovo tit. di Villamagna di Proconsolare, Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; Jean-Marc Aveline, Arcivescovo di Marseille (Francia); Peter Ebere Okpaleke, Vescovo di Ekwulobia (Nigeria); Leonardo Ulrich Steiner, O.F.M., Arcivescovo di Manaus (Brasile); Filipe Neri António Sebastião do Rosário Ferrão, Arcivescovo di Goa e Damão (India); Robert Walter McElroy, Vescovo di San Diego (U.S.A.); Virgilio do Carmo da Silva, S.D.B., Arcivescovo di Díli (Timor Orientale); Oscar Cantoni, Vescovo di Como (Italia); S.E. Mons. Anthony Poola, Arcivescovo di Hyderabad (India); Paulo Cezar Costa, Arcivescovo di Brasília (Brasile); Richard Kuuia Baawobr, M. Afr., Vescovo di Wa (Ghana); William Seng Chye GOH, Arcivescovo di Singapore (Singapore); Adalberto Martínez Flores, Arcivescovo di Asunción (Paraguay); Giorgio Marengo, I.M.C., Vescovo tit. di Castra severiana; Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar (Mongolia); Jorge Enrique Jiménez Carvajal, C.I.M., Arcivescovo emerito di Cartagena (Colombia); Arrigo Miglio, Arcivescovo emerito di Cagliari (Italia); Gianfranco Ghirlanda, S.I., già Rettore della Pontificia Università Gregoriana; Fortunato Frezza, Arcivescovo tit. di Treba.

All’inizio del Concistoro Ordinario Pubblico il primo dei nuovi Cardinali, l’Em.mo Card. Arthur Roche, Prefetto del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha rivolge al Papa, a nome di tutti, un indirizzo di omaggio e di ringraziamento. Quindi dopo l’orazione e la lettura di un passo del Vangelo secondo Luca (2, 49-50), il Santo Padre ha pronunciato l’omelia.

Il Papa ha letto poi la formula di creazione e ha proclamato solennemente i nomi dei nuovi Cardinali, annunciandone l’Ordine presbiterale o diaconale.

Il Rito è proseguito con la professione di fede dei nuovi Cardinali davanti al popolo di Dio e il giuramento di fedeltà e obbedienza a Papa Francesco e ai Suoi successori.

I nuovi Cardinali, secondo l’ordine di creazione, si sono inginocchiati dinanzi al Santo Padre che ha imposto loro lo zucchetto e la berretta cardinalizia, consegnato l’anello cardinalizio e assegnato a ciascuno una chiesa di Roma quale segno di partecipazione alla sollecitudine pastorale del Papa nell’Urbe, consegnando loro la Bolla di creazione cardinalizia e di assegnazione del Titolo o della Diaconia.

Dopo la consegna della Bolla di creazione cardinalizia e di assegnazione del Titolo o della Diaconia, il Santo Padre Francesco ha scambiato con ciascun neo Cardinale l’abbraccio di pace.

Tra i nuovi Cardinali creati questo pomeriggio, non era presente S.E. Mons. Richard Kuuia Baawobr, M. Afr., Vescovo di Wa (Ghana)

Al termine del Concistoro Ordinario Pubblico per la creazione dei nuovi Cardinali, l’Em.mo Card. Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, si è recato davanti al Santo Padre, ha letto la “Peroratio” e presentato brevemente le biografie dei due Beati. Quindi il Papa, dopo aver espresso la valutazione dei voti, ha decretato che i Beati siano iscritti all’Albo dei Santi domenica 9 ottobre 2022.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’Omelia che il Santo Padre Francesco ha pronunciato nel corso del Concistoro, dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

Omelia del Santo Padre

 

Questo detto di Gesù, proprio nel mezzo del Vangelo di Luca, ci colpisce come una freccia: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (12,49).

Mentre è in cammino con i discepoli verso Gerusalemme, il Signore fa un annuncio in tipico stile profetico, usando due immagini: il fuoco e il battesimo (cfr 12,49-50). Il fuoco deve portarlo nel mondo; il battesimo dovrà riceverlo Lui stesso. Prendo solo l’immagine del fuoco, che qui è la fiamma potente dello Spirito di Dio, è Dio stesso come «fuoco divorante» (Dt 4,24; Eb 12,29), Amore appassionato che tutto purifica, rigenera e trasfigura. Questo fuoco – come del resto anche il “battesimo” – si rivela pienamente nel mistero pasquale di Cristo, quando Egli, come colonna ardente, apre la via della vita attraverso il mare tenebroso del peccato e della morte.

C’è però un altro fuoco, quello di brace. Lo troviamo in Giovanni, nel racconto della terza e ultima apparizione di Gesù risorto ai discepoli, sul lago di Galilea (cfr 21,9-14). Questo fuocherello lo ha acceso Gesù stesso, vicino alla riva, mentre i discepoli erano sulle barche e tiravano su la rete stracolma di pesci. E Simon Pietro arrivò per primo, a nuoto, pieno di gioia (cfr v. 7). Il fuoco di brace è mite, nascosto, ma dura a lungo e serve per cucinare. E lì, sulla riva del lago, crea un ambiente familiare dove i discepoli gustano stupiti e commossi l’intimità con il loro Signore.

Ci farà bene, cari fratelli e sorelle, in questo giorno, meditare insieme a partire dall’immagine del fuoco, in questa sua duplice forma; e alla sua luce pregare per i Cardinali, in modo particolare per voi, che proprio in questa celebrazione ne ricevete la dignità e il compito.

Con le parole riportate nel Vangelo di Luca, il Signore ci chiama nuovamente a metterci dietro a Lui, a seguirlo sulla via della sua missione. Una missione di fuoco – come quella di Elia –, sia per quello che è venuto a fare sia per come lo ha fatto. E a noi, che nella Chiesa siamo stati presi tra il popolo per un ministero di speciale servizio, è come se Gesù consegnasse la fiaccola accesa, dicendo: Prendete, «come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20,21). Così il Signore vuole comunicarci il suo coraggio apostolico, il suo zelo per la salvezza di ogni essere umano, nessuno escluso. Vuole comunicarci la sua magnanimità, il suo amore senza limiti, senza riserve, senza condizioni, perché nel suo cuore brucia la misericordia del Padre. È quello che brucia nel cuore di Gesù: la misericordia del Padre. E dentro questo fuoco c’è anche la misteriosa tensione, propria della missione di Cristo, tra la fedeltà al suo popolo, alla terra delle promesse, a coloro che il Padre gli ha dato e, nello stesso tempo, l’apertura a tutti i popoli – quella tensione universale –, all’orizzonte del mondo, alle periferie ancora ignote.

Questo fuoco potente è quello che ha animato l’apostolo Paolo nel suo instancabile servizio al Vangelo, nella sua “corsa” missionaria guidata, spinta sempre in avanti dallo Spirito e dalla Parola. È anche il fuoco di tanti missionari e missionarie che hanno sperimentato la faticosa e dolce gioia di evangelizzare, e la cui vita stessa è diventata vangelo, perché sono stati anzitutto dei testimoni.

Questo, fratelli e sorelle, è il fuoco che Gesù è venuto a “gettare sulla terra”, e che lo Spirito Santo accende anche nei cuori, nelle mani e nei piedi di coloro che lo seguono. Il fuoco di Gesù, il fuoco che porta Gesù.

Poi c’è l’altro fuoco, quello di brace. Anche questo il Signore vuole comunicarci, perché come Lui, con mitezza, con fedeltà, con vicinanza e tenerezza – questo è lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza – possiamo far gustare a molti la presenza di Gesù vivo in mezzo a noi. Una presenza così evidente, pur nel mistero, che non c’è nemmeno bisogno di chiedere: “Chi sei?”, perché il cuore stesso dice che è Lui, è il Signore. Questo fuoco arde in modo particolare nella preghiera di adorazione, quando stiamo in silenzio vicino all’Eucaristia e assaporiamo la presenza umile, discreta, nascosta del Signore, come un fuoco di brace, così che questa presenza stessa diventa nutrimento per la nostra vita quotidiana.

Il fuoco di brace fa pensare ad esempio a San Charles de Foucauld: al suo rimanere a lungo in un ambiente non cristiano, nella solitudine del deserto, puntando tutto sulla presenza: la presenza di Gesù vivo, nella Parola e nell’Eucaristia, e la sua stessa presenza fraterna, amichevole, caritatevole. Ma fa pensare anche a quei fratelli e sorelle che vivono la consacrazione secolare, nel mondo, alimentando il fuoco basso e duraturo negli ambienti di lavoro, nelle relazioni interpersonali, negli incontri di piccole fraternità; oppure, come preti, in un ministero perseverante e generoso, senza clamori, in mezzo alla gente della parrocchia. Mi diceva un parroco di tre parrocchie, qui in Italia, che aveva tanto lavoro. “Ma tu sei capace di visitare tutta la gente?”, ho detto. “Sì, conosco tutti!” – “Ma tu conosci il nome di tutti?” – “Sì, anche il nome dei cani delle famiglie”. Questo è il fuoco mite che porta l’apostolato alla luce di Gesù. E poi, non è fuoco di brace quello che ogni giorno riscalda la vita di tanti sposi cristiani? La santità coniugale! Ravvivato con una preghiera semplice, “fatta in casa”, con gesti e sguardi di tenerezza, e con l’amore che pazientemente accompagna i figli nel loro cammino di crescita. E non dimentichiamo il fuoco di brace custodito dai vecchi – sono un tesoro, tesoro della Chiesa – il focolare della memoria, sia nell’ambito familiare sia in quello sociale e civile. Quant’è importante questo braciere dei vecchi! Attorno ad esso si radunano le famiglie; permette di leggere il presente alla luce delle esperienze passate, e di fare scelte sagge.

Cari fratelli Cardinali, nella luce e nella forza di questo fuoco cammina il Popolo santo e fedele, dal quale siamo stati tratti noi, da quel popolo di Dio, e al quale siamo stati inviati come ministri di Cristo Signore. Che cosa dice in particolare a me e a voi questo duplice fuoco di Gesù, il fuoco irruente e il fuoco mite? Mi pare che ci ricordi che un uomo di zelo apostolico è animato dal fuoco dello Spirito a prendersi cura coraggiosamente delle cose grandi come delle piccole, perché “non coerceri a maximo, contineri tamen a minimo, divinum est”. Non dimenticare: questo porta San Tommaso nella Prima Primae. Non coerceri a maximo: avere grandi orizzonti e grande voglia di cose grandi; contineri tamen a minimo, è divino, divinum est.

Un Cardinale ama la Chiesa, sempre con il medesimo fuoco spirituale, sia trattando le grandi questioni sia occupandosi di quelle piccole; sia incontrando i grandi di questo mondo deve farlo, tante volte –, sia i piccoli, che sono grandi davanti a Dio. Penso, ad esempio, al Cardinale Casaroli, giustamente celebre per il suo sguardo aperto ad assecondare, con dialogo sapiente e paziente, i nuovi orizzonti dell’Europa dopo la guerra fredda – e Dio non voglia che la miopia umana chiuda di nuovo quegli orizzonti che Lui ha aperto! Ma agli occhi di Dio hanno altrettanto valore le visite che regolarmente egli faceva ai giovani detenuti in un carcere minorile di Roma, dove era chiamato “Don Agostino”. Faceva la grande diplomazia – il martirio della pazienza, così era la sua vita – insieme alla visita settimanale a Casal del Marmo, con i giovani. E quanti esempi di questo tipo si potrebbero portare! Mi viene in mente il Cardinale Van Thuân, chiamato a pascere il Popolo di Dio in un altro scenario cruciale del XX secolo, e nello stesso tempo animato dal fuoco dell’amore di Cristo a prendersi cura dell’anima del carceriere che vigilava sulla porta della sua cella. Questa gente non aveva paura del “grande”, del “massimo”; ma anche prendeva il “piccolo” di ogni giorno. Dopo un incontro nel quale il [futuro] Cardinale Casaroli aveva informato San Giovanni XXIII della sua ultima missione – non so se in Slovacchia o in Cechia, uno di questi Paesi, si parlava di alta politica –, e quando se ne stava andando il Papa lo chiamò e gli disse: “Ah, una cosa: Lei continua ad andare da quei giovani carcerati?” – “Sì” – “Non li lasci mai!”. La grande diplomazia e la piccola cosa pastorale. Questo è il cuore di un prete, il cuore di un Cardinale.

Cari fratelli e sorelle, ritorniamo con lo sguardo a Gesù: solo Lui conosce il segreto di questa magnanimità umile, di questa potenza mite, di questa universalità attenta ai dettagli. Il segreto del fuoco di Dio, che scende dal cielo rischiarandolo da un estremo all’altro e che cuoce lentamente il cibo delle famiglie povere, delle persone migranti, o senza una casa. Gesù vuole gettare anche oggi questo fuoco sulla terra; vuole accenderlo ancora sulle rive delle nostre storie quotidiane. Ci chiama per nome, ognuno di noi, ci chiama per nome: non siamo un numero; ci guarda negli occhi, ognuno di noi, lasciamoci guardare negli occhi, e ci chiede: tu, nuovo Cardinale – e tutti voi, fratelli Cardinali –, posso contare su di te? Quella domanda del Signore.

E non voglio finire senza un ricordo al cardinale Richard Kuuia Baawobr, vescovo di Wa, che ieri, all’arrivo a Roma, si sentiva male ed è stato ricoverato per un problema al cuore e gli hanno fatto, credo, un intervento, qualcosa del genere. Preghiamo per questo fratello che doveva essere qui ed è ricoverato. Grazie.

[01262-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

……………

[01262-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

The words of Jesus, in the very middle of the Gospel of Luke, pierce us like an arrow: “I came to bring fire to the earth, and how I wish it were already kindled!” (12:49).

Journeying with his disciples towards Jerusalem, the Lord announces this in typically prophetic style, using two images: fire and baptism (cf. 12:49-50). He is to bring fire into the world; the baptism he himself will receive. Let me take just the image of fire, the powerful flame of the Spirit of God, God himself, as “consuming fire” (Deut 4:24; Heb 12:29). A passionate love that purifies, regenerates and transfigures all things. This fire – but also this “baptism” – is fully revealed in the paschal mystery of Christ, when he, like a column of fire, opens up the path to life through the dark sea of sin and death.

There is however another fire, the charcoal fire that we find in John’s account of the third and final appearance of the risen Jesus to the disciples at the Sea of Galilee (cf. 21:9-14). It is a small fire that Jesus himself built close to the shore, as the disciples in their boats were hauling up their nets miraculously filled with fish. Simon Peter arrived first, jumping into the water, filled with joy (cf. v. 7). That charcoal fire is quiet and gentle, yet it lasts longer and is used for cooking. There on the shore of the sea, it creates a familiar setting where the disciples, amazed and moved, savour their closeness to their Lord.

Today, we do well, dear brothers and sisters to meditate together on the image of fire in both these forms, and in its light, to pray for the Cardinals, especially for those of you who in this celebration will receive the dignity and task it entails.

With those words found in the Gospel of Luke, the Lord calls us once more to follow him along the path of his mission. A fiery mission – like that of Elijah –not only for what he came to accomplish but also for how he accomplished it. And to us who in the Church have been chosen from among the people for a ministry of particular service, it is as if Jesus is handing us a lighted torch and telling us: “Take this; as the Father has sent me so I now send you” (Jn 20:21). In this way, the Lord wants to bestow on us his own apostolic courage, his zeal for the salvation of every human being, without exception. He wants to share with us his magnanimity, his boundless and unconditional love, for his heart is afire with the mercy of the Father. This is what burns in Jesus’ heart: the mercy of the Father. And within this fire, too, there is the mysterious tension of his mission, poised between fidelity to his people, to the land of promises, to those whom the Father has given him, and, at the same time, an openness to all peoples, – that universal tension –, to the horizons of the world, to peripheries as yet unknown.

This is the same powerful fire that impelled the Apostle Paul in his tireless service to the Gospel, in his “race”, his missionary zeal constantly inspired by the Spirit and by the Word. It is the fire, too, of all those men and women missionaries who have come to know the exhausting yet sweet joy of evangelizing, and whose lives themselves became a gospel, for they were before all else witnesses.

This, brothers and sisters, is the fire that Jesus came to “bring to the earth”, a fire that the Holy Spirit kindles in the hearts, hands and feet of all those who follow him. The fire of Jesus, the fire that Jesus brings.

Then there is that other fire, that of the charcoal. The Lord also wants to share this fire with us, so that like him, with meekness, fidelity, closeness and tenderness – this is God’s style: closeness, compassion and tenderness – we can lead many people to savour the presence of Jesus alive in our midst. A presence so evident, albeit in mystery, that there is no need even to ask: “Who are you?” For our hearts themselves tell us that it is he, it is the Lord. This fire burns in a particular way in the prayer of adoration, when we silently stand before the Eucharist and bask in the humble, discreet and hidden presence of the Lord. Like that charcoal fire, his presence becomes warmth and nourishment for our daily life.

That fire makes us think of the example of Saint Charles de Foucauld, who lived for years in a non-Christian environment, in the solitude of the desert, staking everything on presence: the presence of the living Jesus, in the word and in the Eucharist, and his own presence, fraternal, amicable and charitable. It also makes us think of our brothers and sisters who lives of secular consecration, in the world, nourishing a quiet and enduring fire in their workplace, in interpersonal relationships, in small acts of fraternity. Or of those priests who persevere in selfless and unassuming ministry in the midst of their parishioners. A pastor of three parishes, here in Italy, told me that he had a great deal of work. I said, “Are you able to visit all the people?” “Yes, I know everyone!” “You know everyone’s name?” “Yes, even the name of the family dog.” This is the mild kind of fire that carries on the apostolate in the light of Jesus. Then too, is it not a similar fire, conjugal holiness, that daily warms the lives of countless Christian married couples, kept aflame by simple, “homemade” prayers, gestures and tender gazes, and by the love that patiently accompanies their children on their journey of growth. Nor can we overlook the fire kept burning by the elderly: –they are a treasure, the treasure of the Church – the hearth of memory, both in the family and the life of the community. How important is the fire of the elderly! Around it families unite and learn to interpret the present in the light of past experiences and to make wise decisions.

Dear brother Cardinals, by the light and in the strength of this fire walk the holy and faithful people from whom we were taken – we, taken from the people of God – and to whom we have been sent as ministers of Christ the Lord. What does this twofold fire of Jesus, a fire both vehement and mild, say in a special way to me and to you? I think it reminds us that a man of apostolic zeal is impelled by the fire of the Spirit to be concerned, courageously, with things great and small, for “non coerceri a maximo, contineri tamen a minimo, divinum est”. Remember: Saint Thomas, in the Prima Pars, says: Non coerceri a maximo, not to be confined by the greatest, contineri tamen a minimo, yet to be contained within the smallest, divinum est, is divine.

A Cardinal loves the Church, always with that same spiritual fire, whether dealing with great questions or handling everyday problems, with the powerful of this world – which he often has to do –,or those ordinary people who are great in God’s eyes. I think of the example of Cardinal Agostino Casaroli, rightly famous for his openness to promoting, through farsighted and patient dialogue the new prospects that opened up in Europe following the Cold War – may God prevent human shortsightedness from closing anew those prospects that he opened! In God’s eyes, however, the visits that he regularly made to the young inmates in a juvenile prison of Rome, where he was known simply as “Don Agostino”, were just as important. He was a great diplomat – a martyr of patience, such was his life – along with a weekly visit to the Casal del Marmo, to visit with the young people. How many other, similar examples come to mind! I think of Cardinal Van Thuân, called to shepherd the People of God in another crucial scenario of the twentieth century, who was led by the fire of his love for Christ to care for the soul of the prison guards who watched over him at the door of his prison cell. This kind of people were not afraid of the “great” or the “highest”; they also engaged the “little ones” of every day. After a meeting, during which [the future] Cardinal Casaroli had informed Saint John XXIII about his latest mission – I don’t know whether it was in Slovakia or the Czech Republic, one of those countries – when he was leaving, the Pope called out to him and said, “One more thing: do you still go to visit the young inmates?” “Yes.” “Never leave them!” Great matters of diplomacy and small pastoral matters. This is the heart of a priest, the heart of a Cardinal.

Dear brothers and sisters, let us once more contemplate Jesus. He alone knows the secret of this lowly grandeur, this unassuming power, this universal vision ever attentive to particulars. The secret of the fire of God, which descends from heaven, brightening the sky from one end to the other, and slowly cooking the food of poor families, migrant and homeless persons. Today too, Jesus wants to bring this fire to the earth. He wants to light it anew on the shores of our daily lives. Jesus calls us by name, each one of us, he calls us by name: we are not a number; he looks us in the eye – let us each allow ourselves to be looked at in the eye – and he asks: you, who are a new Cardinal – and all of you, brother Cardinals –, Can I count on you? That is the Lord’s question.

I do not want to end without recalling Cardinal Richard Kuuia Baawobr, Bishop of Wa, who yesterday, upon his arrival in Rome, felt bad and was hospitalized with a heart problem and I think they did some type of operation. Let us pray for this brother who ought to have been here and is hospitalized. Thank you.

[01262-EN.021] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Diese Worte Jesu direkt in der Mitte des Lukasevangeliums treffen uns wie ein Pfeil: „Ich bin gekommen, um Feuer auf die Erde zu werfen. Wie froh wäre ich, es würde schon brennen“ (12,49).

Als der Herr mit den Jüngern auf dem Weg nach Jerusalem ist, verkündigt er in typisch prophetischem Stil und verwendet dabei zwei Bilder: Feuer und Taufe (vgl. 12,49-50). Das Feuer muss er in die Welt bringen; die Taufe muss er selbst empfangen. Ich verwende nur das Bild des Feuers, das hier für die mächtige Flamme des Geistes Gottes steht, der »verzehrendes Feuer« (Dtn 4,24; Hebr 12,29) ist und leidenschaftliche Liebe, die alles reinigt, erneuert und verklärt. Dieses Feuer – wie ja auch die „Taufe“ – wird in seiner ganzen Fülle im Ostergeheimnis Christi offenbar, wenn er als brennende Säule durch das dunkle Meer der Sünde und des Todes hindurch den Weg zum Leben eröffnet.

Es gibt aber noch eine andere Art Feuer, nämlich das Kohlenfeuer. Davon spricht das Johannesevangelium im Bericht über die dritte und letzte Erscheinung des auferstandenen Jesus vor den Jüngern am See von Tiberias (vgl. 21,9-14). Jesus selbst hatte dieses kleine Feuer am Ufer entzündet, während die Jünger in den Booten saßen und das mit Fischen prall gefüllte Netz emporzogen. Und Simon Petrus kam als erster freudig angeschwommen (vgl. V. 7). Das Kohlenfeuer ist sanft und unauffällig, hält aber lange an und dient zum Kochen. Und dort, am Ufer des Sees, schafft es eine familiäre Atmosphäre, in der die Jünger staunend und gerührt die innige Vertrautheit mit ihrem Herrn genießen.

Es wird uns guttun, liebe Brüder und Schwestern, an diesem Tag gemeinsam über das Bild des Feuers in dieser zweifachen Gestalt nachzudenken und in diesem Licht für die Kardinäle zu beten, vor allem für euch, die ihr eben in dieser Feier diese Würde und Aufgabe übertragen bekommt.

Mit den Worten aus dem Lukasevangelium ruft uns der Herr erneut auf, uns hinter ihm einzureihen und ihm auf dem Weg seiner Sendung zu folgen. Eine „feurige Mission“ – wie die des Elias –, sowohl wegen dem, was er zu tun hatte, als auch wegen der Art und Weise, wie er es gemacht hat. Und für uns, die wir in der Kirche zu einem besonderen Dienst unter den Menschen berufen sind, ist es, als würde Jesus uns die brennende Fackel übergeben und sagen: Nehmt sie, »wie mich der Vater gesandt hat, so sende ich euch« (Joh 20,21). So will der Herr uns seinen apostolischen Mut, seinen Eifer für das Heil aller Menschen, niemand ausgeschlossen, weitergeben. Er möchte uns seine Großherzigkeit, seine grenzenlose, vorbehaltlose, bedingungslose Liebe mitteilen, denn in seinem Herzen brennt die Barmherzigkeit des Vaters. Das ist es, was im Herzen Jesu brennt: die Barmherzigkeit des Vaters. Und in diesem Feuer findet sich auch die geheimnisvolle Spannung, die der Sendung Christi eigen ist, zwischen der Treue zu seinem Volk, zum Land der Verheißung, zu denen, die der Vater ihm gegeben hat, und gleichzeitig der Offenheit gegenüber allen Völkern – diese universale Spannung –, gegenüber der weiten Welt, gegenüber den noch unbekannten Peripherien.

Dieses mächtige Feuer war es, das den Apostel Paulus in seinem unermüdlichen Dienst am Evangelium anspornte, in seinem missionarischen „Wettlauf“, der immer vom Geist und vom Wort geleitet und angetrieben wurde. Es ist auch das Feuer der vielen Missionare und Missionarinnen, die die anstrengende und zugleich süße Freude der Evangelisierung erlebt haben und deren Leben selbst zu einem Evangelium geworden ist, weil sie vor allem Zeugen waren.

Das, liebe Schwestern und Brüder, ist das Feuer, das „auf die Erde zu werfen“ Jesus gekommen ist und das der Heilige Geist auch in den Herzen, Händen und Füßen derer entzündet, die ihm folgen. Das Feuer Jesu, das Feuer, das Jesus bringt.

Nun ist da noch das andere Feuer, das Kohlenfeuer. Auch das will der Herr uns vermitteln, damit wir wie er mit Sanftmut und Treue, mit Nähe und Zärtlichkeit – das ist der Stil Gottes: Nähe, Mitgefühl und Zärtlichkeit – viele Menschen die Gegenwart des lebendigen Jesus in unserer Mitte spüren lassen können. Eine Gegenwart, die trotz ihres Geheimnischarakters so offensichtlich ist, dass man nicht einmal zu fragen braucht „Wer bist du?“, weil das Herz bereits weiß, dass er es ist, der Herr. Dieses Feuer brennt in besonderer Weise in der Anbetung, wenn wir in Stille vor der Eucharistie verweilen und die demütige, unauffällige und verborgene Gegenwart des Herrn wie ein Kohlenfeuer erfahren, so dass diese Gegenwart selbst zur Nahrung für unser tägliches Leben wird.

Das Kohlenfeuer erinnert zum Beispiel an den heiligen Charles de Foucauld, der lange Zeit in einer nichtchristlichen Umgebung, in der Einsamkeit der Wüste, lebte und sich dabei ganz auf das Gegenwärtig-sein konzentrierte: die Gegenwart des lebendigen Jesus im Wort und in der Eucharistie und seine eigene brüderliche, freundliche und barmherzige Präsenz. Aber es lässt uns auch an jene Brüder und Schwestern denken, die ihr Leben einem säkularen Dienst in der Welt weihen, indem sie an den Arbeitsplätzen, in den zwischenmenschlichen Beziehungen, in kleinen geschwisterlichen Zusammenkünften das ruhige und nachhaltige Feuer schüren; oder, als Priester, in einem beständigen und großherzigen Dienst, ohne großes Aufsehen, mitten unter den Menschen in der Gemeinde. Ein Pfarrer von drei Gemeinden hier in Italien erklärte mir einmal, er habe viel Arbeit. „Aber schaffst du es, alle Menschen zu besuchen?“, fragte ich. „Ja, ich kenne alle!“ – „Aber kennst du auch die Namen von allen?“ – „Ja, sogar die Namen der Hunde der Familien.“ Das ist das sanfte Feuer, das das Apostolat zum Licht Jesu führt. Und ist nicht auch das, was das Leben so vieler christlicher Ehepartner täglich wärmt, eine Art Glut? Die eheliche Heiligkeit! Entzündet durch ein einfaches, „hausgemachtes“ Gebet, durch zärtliche Gesten und Blicke und durch die Liebe, die die Kinder geduldig auf ihrem Weg des Heranwachsens begleitet. Und vergessen wir nicht die Glut, die von den Alten gehütet wird – diese sind ein Schatz, ein Schatz der Kirche – das Herdfeuer der Erinnerung, sowohl in der Familie als auch im sozialen und zivilen Bereich. Wie wichtig ist diese Feuerstelle der Alten! Die Familien versammeln sich um sie; sie ermöglicht es ihnen, die Gegenwart im Licht vergangener Erfahrungen zu deuten und weise Entscheidungen zu treffen.

Liebe Brüder Kardinäle, im Licht und kraft dieses Feuers wandelt das heilige und gläubige Volk, aus dem wir herausgenommen wurden – aus dem Volk Gottes – und zu dem wir als Diener Christi, des Herrn, gesandt worden sind. Was sagt dieses zweifache Feuer Jesu speziell mir und euch – das ungestüme Feuer und das sanfte Feuer? Es scheint mir, dass es uns daran erinnert, dass ein Mensch mit apostolischem Eifer vom Feuer des Geistes beseelt ist, um sich mutig um die großen wie um die kleinen Dinge zu kümmern, denn es gilt: „Non coerceri a maximo, contineri tamen a minimo, divinum est“. Vergesst das nicht: Das schreibt der heilige Thomas in der Prima Primae: Non coerceri a maximo: große Horizonte und großes Verlangen nach großen Dingen haben; contineri tamen a minimo, ist göttlich, divinum est.

Ein Kardinal liebt die Kirche, immer mit demselben geistlichen Feuer, ob er nun mit großen oder kleinen Fragen befasst ist, ob er die Großen dieser Welt trifft – das muss er tun, sehr oft – oder die Kleinen, die vor Gott groß sind. Ich denke zum Beispiel an Kardinal Casaroli, der zu Recht berühmt ist für seine Aufgeschlossenheit, mit der er die neuen Möglichkeiten Europas nach dem Kalten Krieg mit einem klugen und geduldigen Dialog begleitet hat – und Gott bewahre uns davor, dass die menschliche Kurzsichtigkeit die von ihm eröffneten Horizonte wieder verschließt! Aber in Gottes Augen sind die Besuche, die er regelmäßig bei den jungen Insassen eines Jugendgefängnisses in Rom machte, wo er „Don Agostino“ genannt wurde, ebenso wertvoll. Er praktizierte die große Diplomatie – das Martyrium der Geduld, so war sein Leben – und gleichzeitig besuchte er wöchentlich die Jugendlichen in Casal del Marmo. Und wie viele solcher Beispiele ließen sich anführen! Ich erinnere mich an Kardinal Van Thuân, der in einem anderen bedeutenden geschichtlichen Zusammenhang des 20. Jahrhunderts dazu berufen war, das Volk Gottes zu hüten, und der gleichzeitig vom Feuer der Liebe Christi beseelt war, sich um die Seele des Gefängniswärters zu bemühen, der seine Zellentür bewachte. Diese Menschen hatten keine Angst vor dem „Großen“, vor dem „Maximum“, aber sie ließen sich auch auf das alltägliche „Kleine“ ein. Nach einem Treffen, bei dem der [künftige] Kardinal Casaroli Johannes XXIII. über seine letzte Mission berichtet hatte – ich weiß nicht, ob in die Slowakei oder in die Tschechische Republik, eines dieser Länder, es ging um hohe Politik – rief ihn der Papst beim Hinausgehen und sagte: „Ah, Monsignore, eine Sache noch: Gehen Sie weiterhin zu diesen jungen Gefangenen?“ – „Ja“ – „Verlassen Sie sie nie!“. Die große Diplomatie und die kleine pastorale Angelegenheit. Das ist das Herz eines Priesters, das Herz eines Kardinals.

Liebe Brüder und Schwestern, richten wir unseren Blick wieder auf Jesus: Nur er kennt das Geheimnis dieser demütigen Großherzigkeit, dieser sanften Kraft, dieser auf Details bedachten Universalität. Das Geheimnis des göttlichen Feuers, das vom Himmel herabsteigt, um ihn von einem Ende zum anderen zu erhellen, und das langsam das Essen der armen Familien, der Migranten oder der Obdachlosen kocht. Jesus will dieses Feuer auch heute auf der Erde entfachen; er will es an den Ufern unseres täglichen Lebens erneut entzünden. Er ruft uns beim Namen, jeden von uns, er ruft uns beim Namen: Wir sind keine Nummer; er sieht uns in die Augen, jedem von uns, lassen wir uns in die Augen schauen, und er fragt uns: Du, neuer Kardinal – und ihr alle, Brüder Kardinäle – kann ich auf dich zählen? Diese Frage des Herrn.

Und ich möchte nicht schließen, ohne an Kardinal Richard Kuuia Baawobr, den Bischof von Wa, zu erinnern, der sich gestern bei seiner Ankunft in Rom schlecht fühlte und wegen eines Herzproblems ins Krankenhaus eingeliefert wurde und, ich glaube, operiert werden musste. Lasst uns für diesen Bruder beten, der hier sein wollte und im Krankenhaus liegt. Danke.

[01262-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

 

Traduzione in lingua spagnola

Estas palabras de Jesús, que se encuentran justo en el centro del Evangelio de Lucas, son como una flecha que nos alcanza: «Yo he venido a traer fuego sobre la tierra, ¡y cómo desearía que ya estuviera ardiendo!» (12,49).

Mientras el Señor iba con los discípulos hacia Jerusalén, hizo un anuncio con un estilo típicamente profético, usando dos imágenes: el fuego y el bautismo (cf. 12,49-50). El fuego ha de llevarlo al mundo; el bautismo habrá de recibirlo Él mismo. Tomo sólo la imagen del fuego, que en este caso es la llama poderosa del Espíritu de Dios, es Dios mismo como «fuego devorador» (Dt 4,24; Hb 12,29), Amor apasionado que todo lo purifica, lo regenera y lo transforma. Este fuego –igual que el “bautismo”– se revela plenamente en el misterio pascual de Cristo, cuando Él, como columna ardiente, abre el camino de la vida a través del mar tenebroso del pecado y de la muerte.

Sin embargo, hay otro fuego, el de las brasas. Lo encontramos en Juan, en el pasaje de la tercera y última aparición de Jesús resucitado a los discípulos, en el lago de Galilea (cf. 21,9-14). Jesús mismo encendió esta pequeña fogata, cerca de la orilla, mientras los discípulos estaban en las barcas y sacaban las redes repletas de pescados. Y Simón Pedro llegó primero, nadando, lleno de alegría (cf. v. 7). El fuego de las brasas es manso, escondido, pero permanece encendido por un largo rato y sirve para cocinar. Y ahí, en la orilla del lago, crea un ambiente familiar en donde los discípulos disfrutan de la intimidad con su Señor, sorprendidos y conmovidos.

Nos hará bien, queridos hermanos y hermanas, meditar juntos el día de hoy, a partir de la imagen del fuego, considerando estas dos formas que asume; y, a la luz de la misma, orar por los Cardenales, de modo particular por ustedes, que precisamente en esta celebración reciben dicha dignidad y responsabilidad.

Con las palabras que nos llegan por medio del Evangelio de Lucas, el Señor nos llama nuevamente a ponernos detrás de Él, a seguirlo por el camino de su misión. Una misión de fuego –como aquella de Elías–, ya sea por lo que ha venido a hacer, ya sea por cómo lo ha hecho. Y a nosotros, que en la Iglesia hemos sido tomados de entre el pueblo para un ministerio de servicio especial, es como si Jesús nos entregara la antorcha encendida, diciendo: Tomen, «como el Padre me envió a mí, yo también los envío a ustedes» (Jn 20,21). Así el Señor quiere comunicarnos su valentía apostólica, su celo por la salvación de cada ser humano, sin excluir a nadie. Quiere comunicarnos su magnanimidad, su amor sin límites, sin reservas, sin condiciones, porque en su corazón arde la misericordia del Padre. Eso es lo que arde en el corazón de Jesús: la misericordia del Padre. Y dentro de este fuego se encuentra también la tensión misteriosa, propia de la misión de Cristo, entre la fidelidad a su pueblo, a la tierra de las promesas, a aquellos que el Padre le ha dado y, al mismo tiempo, a la apertura a todos los pueblos —esa tensión universal—, al horizonte del mundo, a las periferias aún desconocidas.

Este fuego potente es el que animó al apóstol Pablo en su servicio incansable al Evangelio, en su “carrera” misionera, que fue siempre conducida, impulsada hacia adelante por el Espíritu y por la Palabra. También es el fuego de tantos misioneros y misioneras que han sentido la alegría dulce y extenuante de evangelizar, y cuyas vidas se han convertido en evangelio, porque ante todo han sido testigos.

Hermanos y hermanas, este es el fuego que Jesús ha venido a “traer sobre la tierra”, y que el Espíritu enciende también en los corazones, en las manos y en los pies de quienes lo siguen. El fuego de Jesús, el fuego que trae Jesús.

Después tenemos el otro fuego, el de las brasas. También esto quiere transmitirnos el Señor para que, como Él, con mansedumbre, con fidelidad, con cercanía y ternura —este es el estilo de Dios: cercanía, compasión y ternura—, podamos hacer que muchos disfruten de la presencia de Jesús vivo en medio de nosotros. Una presencia tan evidente, incluso en el misterio, que ni siquiera es necesario preguntar: “¿Quién eres?”, porque el mismo corazón nos dice que es Él, el Señor. Este fuego arde, de modo particular, en la oración de adoración, cuando estamos en silencio cerca de la Eucaristía y saboreamos la presencia humilde, discreta, escondida del Señor, como un fuego en ascuas, de manera que esta misma presencia se convierte en alimento para nuestra vida diaria.

El fuego en las brasas nos hace pensar, por ejemplo, en san Carlos de Foucald, quien, al haberse encontrado por mucho tiempo en un ambiente no cristiano, en la soledad del desierto, centró toda su atención en la presencia, tanto la presencia de Jesús vivo en la Palabra y en la Eucaristía, como la propia presencia del santo, que era fraterna, amigable y caritativa. También nos hace pensar en los hermanos y hermanas que viven la consagración secular, en el mundo, alimentando el fuego bajo y duradero en los ambientes laborales, en las relaciones interpersonales, en los encuentros de pequeñas fraternidades; o también como sacerdotes, en un ministerio perseverante y generoso, sin hacer alarde, en medio de la gente de la parroquia. Me decía un párroco de tres parroquias, aquí en Italia, que tenía mucho trabajo. —“Pero, ¿eres capaz de visitar a toda la gente?” — le dije. —“Sí, los conozco a todos”. —“Pero, ¿conoces el nombre de todos?” —“Sí, incluso el nombre de los perros de las familias”. Este es el fuego apacible que trae el apostolado a la luz de Jesús. Y, además, ¿no es acaso un fuego en ascuas aquel que diariamente caldea la vida de tantos esposos cristianos? ¡La santidad conyugal! Este se reaviva con una oración sencilla, “hecha en casa”, con gestos y miradas de ternura, y con el amor que acompaña pacientemente a los hijos en su crecimiento. Y no nos olvidemos del fuego en ascuas custodiado por los ancianos —son un tesoro, un tesoro de la Iglesia—, que son el hogar de la memoria en el ambiente familiar, social y civil. ¡Qué importante es este brasero de los mayores! En torno a él se reúnen las familias, permitiendo leer el presente a la luz de las experiencias del pasado y tomar decisiones sabias.

Queridos hermanos Cardenales, a la luz y con la fuerza de este fuego camina el Pueblo santo y fiel, del cual hemos sido convocados nosotros, de ese pueblo de Dios, y al que hemos sido enviados como ministros de Cristo, el Señor. ¿Qué me dice a mí y a ustedes, en particular, este doble fuego de Jesús, el fuego impetuoso y el fuego apacible? A mí me parece que nos recuerda que el fuego del Espíritu mueve al hombre lleno de celo apostólico a cuidar con valentía tanto las cosas grandes como las pequeñas, porque “non coerceri a maximo, contineri tamen a minimo, divinum est”. No lo olviden, esto dice santo Tomás en la Prima Primae. Non coerceri a maximo, tener grandes horizontes y un gran deseo de cosas grandes; contineri tamen a minimo, es divino, divinum est”.

Un Cardenal ama a la Iglesia, siempre con el mismo fuego espiritual, ya sea tratando las grandes cuestiones, como ocupándose de las más pequeñas; ya sea encontrándose con los grandes de este mundo —debe hacerlo, tantas veces—, como con los pequeños, que son grandes delante de Dios. Pienso, por ejemplo, en el Cardenal Casaroli, quien destacó por su perspectiva abierta para apoyar, con un diálogo sabio y paciente, los nuevos horizontes de Europa después de la guerra fría. ¡Y Dios no quiera que la miopía del ser humano cierre de nuevo aquellos horizontes que Él abrió! Pero a los ojos de Dios, igualmente tuvieron gran valor las visitas que regularmente hacía a los jóvenes detenidos en una cárcel para menores de Roma, donde lo llamaban “Don Agostino”. Hacía la gran diplomacia —el martirio de la paciencia, así era su vida— junto a la visita semanal a Casal del Marmo, con los jóvenes. ¡Y cuántos ejemplos de este tipo se podrían mencionar! Se me ocurre el Cardenal Van Thuân, llamado a pastorear el Pueblo de Dios en otro escenario crucial del siglo XX, y al mismo tiempo estaba animado por el fuego del amor de Cristo para cuidar el alma del carcelero que vigilaba la puerta de su celda. Estas personas no tenían miedo de lo “grande”, del “máximo”; pero también se hacían cargo de lo “pequeño” de cada día.

Después de un encuentro en el que el [futuro] Cardenal Casaroli había informado a san Juan XXIII de su última misión —no sé si en Eslovaquia o en la República Checa, uno de estos países, se hablaba de alta política—; cuando él se estaba yendo, el Papa lo llamó y le dijo: “Ah, una cosa: ¿Usted sigue yendo con esos jóvenes presos?” —“Sí”. —“No los deje nunca”. La gran diplomacia y la pequeña actividad pastoral. Ese es el corazón de un sacerdote, el corazón de un Cardenal.

Queridos hermanos y hermanas, volvamos a mirar a Jesús: sólo Él conoce el secreto de esta magnanimidad humilde, de este poder manso, de esta universalidad atenta a los detalles. El secreto del fuego de Dios, que desciende del cielo, iluminando de un extremo al otro, y que cocina lentamente el alimento de las familias pobres, de los migrantes, o de quienes no tienen un hogar. También hoy Jesús quiere traer este fuego a la tierra; quiere encenderlo de nuevo en las orillas de nuestras historias diarias. Nos llama por nuestro nombre, a cada uno de nosotros nos llama por nuestro nombre, no somos un número; nos mira a los ojos y nos pregunta: Tú, nuevo Cardenal —y a todos ustedes, hermanos Cardenales—, ¿puedo contar contigo? Esa es la pregunta del Señor.

Y no quiero terminar sin un recuerdo al Cardenal Richard Kuuia Baawobr, obispo de Wa, que ayer, al llegar a Roma, se encontró mal y fue ingresado por un problema cardíaco y creo que lo tuvieron que operar, algo así. Recemos por este hermano que tenía que estar aquí y está ingresado. Gracias.

[01262-ES.02] [Texto original: Italiano]

 

Traduzione in lingua portoghese

Esta frase de Jesus, bem no centro do Evangelho de Lucas, atinge-nos como uma flecha: "Vim lançar fogo sobre a terra, e como gostaria que já estivesse aceso!" (Lc 12, 49).

No caminho com os discípulos para Jerusalém, o Senhor faz um anúncio em estilo profético típico, usando duas imagens: o fogo e o batismo (cf. Lc 12, 49-50). O fogo deve trazê-lo ao mundo; o batismo terá que recebê-lo Ele mesmo. Tomo apenas a imagem do fogo, que aqui é a chama poderosa do Espírito de Deus, é o próprio Deus como "fogo devorador" (Dt 4, 24; Hb 12, 29), Amor apaixonado que purifica, regenera e transfigura tudo. Este fogo - como aliás também o "batismo" - revela-se plenamente no mistério pascal de Cristo, quando Ele, como coluna ardente, abre o caminho da vida através do mar escuro do pecado e da morte.

No entanto, há outro fogo, o das brasas. Encontramo-lo em João, no relato da terceira e última aparição de Jesus ressuscitado aos discípulos, no lago da Galileia (cf. Jo 21, 9-14). Este pequeno fogo foi aceso pelo próprio Jesus, perto da praia, enquanto os discípulos estavam nos barcos e puxavam a rede cheia de peixes. E Simão Pedro chegou primeiro, nadando, cheio de alegria (cf. Jo 21, 7). O fogo do carvão é suave, escondido, mas dura muito tempo e é usado para cozinhar. E ali, na margem do lago, ele cria um ambiente familiar onde os discípulos desfrutam, maravilhados e emocionados, a intimidade com seu Senhor.

Nos fará bem, queridos irmãos e irmãs, neste dia, meditarmos juntos a partir da imagem do fogo, em sua dupla forma; e à sua luz rezar pelos Cardeais, de modo particular por vós, que nesta mesma celebração recebeis esta dignidade e tarefa.

Com as palavras registradas no Evangelho de Lucas, o Senhor chama-nos novamente a colocarmo-nos atrás dele, a segui-lo no caminho de sua missão. Uma missão de fogo - como a de Elias -, tanto pelo que veio fazer como pela forma como o fez. E para nós, que na Igreja fomos tirados do meio do povo para um especial ministério de serviço, é como se Jesus entregasse a tocha acesa, dizendo: Tomai, "como o Pai me enviou, eu também vos envio " (Jo 20, 21). Assim, o Senhor quer comunicar-nos a sua coragem apostólica, o seu zelo pela salvação de cada ser humano, sem excluir ninguém. Ele quer comunicar-nos a sua magnanimidade, o seu amor sem limites, sem reservas, sem condições, porque a misericórdia do Pai arde no seu coração. É isto que arde no coração de Jesus: a misericórdia do Pai. E dentro deste fogo há também a misteriosa tensão, própria da missão de Cristo, entre a fidelidade ao seu povo, à terra das promessas, àqueles que o Pai lhe deu e, ao mesmo tempo, a abertura a todos os povos – esta tensão universal –, ao horizonte do mundo, às periferias ainda desconhecidas.

Este fogo poderoso é o que anima o apóstolo Paulo no seu serviço incansável ao Evangelho, na sua "corrida missionária" guiada, sempre impulsionada pelo Espírito e pela Palavra. É também o fogo de tantos missionários que experimentaram a cansativa e doce alegria de evangelizar, e cuja própria vida se tornou evangelho, porque acima de tudo foram testemunhas.

Este, irmãos e irmãs, é o fogo que Jesus veio "lançar sobre a terra", e que o Espírito Santo acende também no coração, nas mãos e nos pés daqueles que o seguem. O fogo de Jesus, o fogo que Jesus veio trazer.

Depois há o outro fogo, o das brasas. O Senhor também quer comunicar isso a nós, para que, como Ele, com mansidão, fidelidade, proximidade e ternura – este é o estilo de Deus: proximidade, compaixão e ternura –, possamos fazer com que muitos gozem da presença de Jesus vivo no meio de nós. Uma presença tão evidente, mesmo no mistério, que não há necessidade de perguntar: "Quem és?", porque o próprio coração diz que é Ele, é o Senhor. Este fogo arde de modo particular na oração de adoração, quando estamos em silêncio perto da Eucaristia e saboreamos a presença humilde, discreta, oculta do Senhor, como um fogo de brasas, de tal modo que esta própria presença se torna alimento para a nossa vida quotidiana.

O fogo das brasas faz-nos pensar, por exemplo, em São Carlos de Foucauld, na sua longa permanência num ambiente não cristão, na solidão do deserto, centrando tudo na presença: a presença de Jesus vivo, na Palavra e na Eucaristia, e a sua própria presença fraterna, amiga e caridosa. Mas também nos faz pensar naqueles irmãos e irmãs que vivem a consagração secular no mundo, alimentando o fogo baixo e duradouro no local de trabalho, nas relações interpessoais, nas reuniões das pequenas fraternidades; ou, como sacerdotes, num ministério perseverante e generoso, sem alarde, entre o povo da paróquia. Me contava um pároco de 3 paróquias, aqui na Itália, que tinha tanto trabalho: “Mas tu és capaz de visitar a toda a gente?”, disse eu – “Sim, conheço a todos!” – “Mas tu conheces o nome de cada um?” – “Sim, também o nome dos cães das famílias”. Este é o fogo brando, fruto do apostolado sob a luz de Jesus. E mais, acaso não é o fogo das brasas que todos os dias aquece a vida de tantos esposos cristãos? A santidade conjugal! Reavivado com uma oração simples, "caseira", com gestos e olhares de ternura, e com o amor que acompanha pacientemente as crianças no seu caminho de crescimento. E não esqueçamos o fogo das brasas que é mantido pelos idosos – são um tesouro, um tesouro da Igreja! – o lar da memória, tanto na família como na esfera social e civil. Como é importante este braseiro dos mais velhos! Famílias se reúnem em torno dele; permite que possamos ler o presente à luz das experiências passadas e façamos escolhas sábias.

Caros irmãos Cardeais, na luz e no poder deste fogo caminha o Povo santo e fiel, pelo qual fomos atraídos nós, por aquele povo de Deus, e ao qual fomos enviados como ministros de Cristo Senhor. O que esse fogo duplo de Jesus, fogo ardente e fogo brando, diz em particular a vós e a mim? Penso que nos recorde que um homem de zelo apostólico é animado pelo fogo do Espírito para cuidar corajosamente das coisas grandes e pequenas, pois “non coerceri a maximo, contineri tamen a minimo, divinum est”. Não esqueçais: isto nos traz Santo Tomás (de Aquino) na Prima Primæ. “Non coerceri a máximo”: ter grandes horizontes e uma grande vontade de realizar grandes coisas; “contineri tamen a mínimo” é divino, “divinum est”.

Um Cardeal ama a Igreja, sempre com o mesmo fogo espiritual, tanto nas grandes questões como nas pequenas; tanto no encontro com os grandes deste mundo – deve fazê-lo, tantas vezes –, como com os pequenos, que são grandes diante de Deus. Estou a pensar, por exemplo, no Cardeal Casaroli, justamente famoso pelo seu olhar aberto para apoiar, com diálogo sábio e paciente, os novos horizontes da Europa depois da “Guerra Fria” - e Deus não permita que a miopia humana volte a fechar aqueles horizontes que ele abriu! Mas, aos olhos de Deus, são igualmente valiosas as visitas que ele fazia regularmente aos jovens detidos em uma prisão juvenil em Roma, onde era chamado de "Padre Agostino". Fazia a grande diplomacia – o martírio da paciência, assim era a sua vida – junto com a visita semanal a Casal del Marmo, àqueles jovens. E quantos exemplos desse tipo poderiam ser dados! Lembro-me do Cardeal Van Thuân, chamado a pastorear o Povo de Deus em outro cenário crucial do século XX, e ao mesmo tempo animado pelo fogo do amor de Cristo para cuidar da alma do carcereiro que vigiava a porta da sua cela. Esta gente não tinha medo do “grande”, do “máximo”; mas também cuidava do “pequeno” de cada dia. Depois de um encontro, no qual o [futuro] Cardeal Casaroli havia informado São João XXIII da sua última missão – não recordo se na Eslováquia ou na República Tcheca, em um desses países, falando de “alta política” –, quando estava já a retirar-se, o Papa chamou-o e disse-lhe: – “Ah, uma coisa: Continua a ir até aqueles jovens encarcerados?” – “Sim” – “Nunca lhes abandone!”. A grande diplomacia e a pequena obra pastoral. Assim é o coração de um padre, o coração de um Cardeal.

Queridos irmãos e irmãs, voltemos com o olhar para Jesus: só Ele conhece o segredo desta humilde magnanimidade, desta força branda, desta universalidade atenta ao detalhe. O segredo do fogo de Deus, que desce do céu, iluminando-o de um extremo ao outro e que cozinha lentamente a comida das famílias pobres, dos migrantes ou dos sem-abrigo. Jesus quer lançar este fogo sobre a terra também hoje; ele quer acendê-lo novamente nas margens das nossas histórias diárias. Ele chama-nos pelo nome, a cada um de nós, chama-nos pelo nome: não somos um número; olha-nos nos olhos, a cada um de nós: deixemo-nos olhar nos olhos; e pergunta: Tu, novo Cardeal – e todos vós, irmãos Cardeais –, posso contar contigo? Esta é a pergunta do Senhor.

E não quero acabar sem recordar o Cardeal Richard Kuuia Baawobr, Bispo de Wa, que ontem, ao chegar a Roma, sentiu-se mal, foi hospitalizado por um problema no coração e creio que teve que submeter-se a uma cirurgia, ou algo parecido. Rezemos por este irmão que deveria estar aqui e encontra-se hospitalizado. Obrigado!

[01262-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

……..

[01262-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ

في مناسبة اللقاء العام مع الكرادلة

السبت 27 آب/أغسطس 2022

بازيليكا القدّيس بطرس

 

القول يسوع هذا، في وسط إنجيل لوقا، يصيبنا مثل السّهم: "جِئتُ لأُلِقيَ على الأَرضِ ناراً، وما أَشدَّ رَغْبَتي أَن تَكونَ قدِ اشتَعَلَت!" (12، 49).

بينما كان الرّبّ يسوع متوجهًا مع التلاميذ في طريقه إلى أورشليم، تكلّم بأسلوب نبويّ خاصّ، واستخدم صورتَين: النار والمعموديّة (راجع 12، 49-50). يجب أن يلقي النار في العالم، وهو نفسه يجب أن يقبل المعموديّة. أتوقف فقط عند صورة النار، فهي هنا شعلة روح الله القديرة، هي الله نفسه مثلُ "نار آكِلَة" (تثنية الاشتراع 4، 24؛ عبرانيين 12، 29)، هي المحبّة الشّديدة التي تنقي وتجدّد وتغيّر كلّ شيء. هذه النار – كذلك ”المعمودية“ أيضًا - تظهر كاملةً في سرّ المسيح الفصحيّ، عندما يفتح هو نفسه، مثل عمود من نار، طريق الحياة عبر بحر الظلام، بحر الخطيئة والموت.

ومع ذلك هناك نار أخرى، نار الجمر. التي نجدها في إنجيل يوحنا، في رواية الظهور الثالث والأخير ليسوع القائم من بين الأموات لتلاميذه عند بحيرة الجليل (راجع 21، 9-14). أشعل يسوع بنفسه نار الجمر هذه بالقرب من الشاطئ، بينما كان التلاميذ على متن القوارب وكانوا يسحبون الشبكة المليئة بالأسماك. وقد وصل سمعان بطرس أوّلًا وهو يسبح، فَرِحًا (راجع الآية 7). نار الجمر خفيفة ومخفية ولكنّها تدوم لفترة طويلة وتُستخدم للطبخ. وهناك، على شاطئ البحيرة، أوجد يسوع القائم من بين الأموات جوًّا وِدِّيًّا، استمتع التلاميذ فيه مندهشين ومتأثّرين بالمودّة الحميمة التي تربطهم بيسوع.

من المفيد لنا، أيّها الإخوة والأخوات الأعزاء، في هذا اليوم، أن نتأمّل معًا في صورة النار، في صورتها المزدوجة، وفي ضوئها نصلّي من أجل الكرادلة، وبشكل خاص من أجلكم، أنتم الذين تنالون في هذا الاحتفال الشّرف والتكليف.

مع الكلمات التي وردت في إنجيل لوقا، الرّبّ يسوع يدعونا مرة أخرى إلى أن نسير خلفه، ونتبعه في طريق رسالته. رسالة من نار - مثل رسالة إيليا - سواء مثل الرّسالة التي أتى يحملها هو، أو بالطريقة التي جاء يحملها. ونحن الذين في الكنيسة أُخِذنا من بين الشعب من أجل رسالة خدمة خاصّة، فنحن مثل مَن يسلِّمنا يسوع الشّعلة المتقدّة قائلًا: خذوا، "كما أَرسَلَني الآب أُرسِلُكم أَنا أَيضًا" (يوحنا 20، 21). هكذا يريد الرّبّ يسوع أن ينقل إلينا شجاعته الرّسوليّة، وغيرته لخلاص كلّ إنسان، لا أحد مستثنى. أراد أن ينقل إلينا شهامته، وحبه بدون حدود، وبدون تحفظات، وبدون شروط، لأنّ رحمة الآب متقدة في قلبه. هذا ما يتّقد في قلب يسوع: رحمة الآب. وداخل هذه النار يوجد أيضًا توتر خفِيٌّ خاصٌّ برسالة المسيح، توتر بين الأمانة لشعبه، ولأرض المواعيد، وللذين سلَّمَهم الآب له، وفي الوقت نفسه، بين الانفتاح على جميع الشّعوب – ذلك التوتر العام -، وعلى أفق العالم، وعلى السّاكنين على الأطراف التي ما زالت غير معروفة.

هذه النار القدّيرة هي التي أنعشت الرّسول بولس في خدمته التي لم تكِلّ للإنجيل، وفي ”جريه“ ورسالته، التي كان يَهدِيها ويدفعها دائمًا إلى الأمام الرّوح والكلمة. وكذلك نار الكثيرين من المرسلين والمرسلات الذين اختبروا فرح البشّارة المتعبة والعذبة، والذين أصبحت حياتهم بالذات هي الإنجيل، لأنّهم كانوا قبل كلّ شيء شهودًا.

أيّها الإخوة والأخوات، هذه هي النار التي أتى بها يسوع ”ليلقيها على الأرض“، والتي يُشعلها الرّوح القدس أيضًا في قلوب وأيدي وأقدام الذين يتبعونه. إنّها نار يسوع، النّار التي أتى بها يسوع.

وهناك نارٌ أخرى أيضًا، هي نار الجَمر. يريد الرّبّ يسوع أن يسلِّمنا هذه النار، حتى نتمكّن مثله، بوداعة وأمانة وقرب من الناس وحنان، من أن نجعل الكثيرين يتذوّقون حضور يسوع الحيّ في وسطنا. إنّه حضور واضح جدًّا، ولو في السِرّ، ولا حاجة لنسأل: ”من أنت؟“، لأنّ قلبنا نفسه يقول لنا إنّه هو، هو الرّبّ يسوع. تتّقد هذه النّار بصورة خاصّة في صلاة السّجود، عندما نكون حاضرين بصمت أمام الإفخارستيا، ونتذوّق حضور الرّبّ يسوع المتواضع، والهادئ، والخفي، مثل نار الجمر، فيصبح هذا الحضور نفسه غِذاء حياتنا اليوميّة.

تذكّرنا نار الجمر، على سبيل المثال، بالقدّيس شارل دي فوكو: وببقائه فترةً طويلة في بيئة غير مسيحيّة، وفي عزلة الصّحراء، موجّهًا كلّ تركيزه على الحضور: حضور يسوع الحيّ، في الكلمة وفي الإفخارستيا، وفي حضوره الأخويّ والودّيّ والمُحِبّ. تذكّرنا أيضًا بالإخوة والأخوات الذين يعيشون تكريس أنفسهم لله في العالم، ويغذّون النّار الهادئة والدّائمة في أماكن العمل، وفي العلاقات بين الأشخاص، وفي اجتماعات الجماعات الأخويّة الصغيرة، أو مثل الكهنة، في خدمتهم المثابرة والسخيّة، ومن دون صخب، بين أبناء الرعيّة. قال لي كاهن مسؤول عن ثلاثة رعايا، هنا في إيطاليا، إنّه كان لديه عمل كثير في رعاياه. فقلت له: ”هل تستطيع أن تزور كلّ النّاس في الرعايا؟“ أجاب: ”نعم، أنا أعرف الجميع!“ – سألته: ”هل تعرف أسماء الجميع؟“ – أجاب: ”نعم، أعرف حتّى أسماء كلاب العائلات“. هذه هي النّار الوديعة التي تحمل الرّسالة إلى نور يسوع. ثمّ، أليست نار الجمر هي التي تدفئ حياة الكثير من الأزواج المسيحيّين كلّ يوم؟ القداسة الزوجيّة! تُحييها صلاة بسيطة، ”في البيت“، بحركات ونظرات حنونة، ومحبّة ترافق الأبناء بصبر في مسيرة نموّهم. ولا ننسَ نار الجمر التي يحرسها كبار السّنّ – إنّهم كنز، كنز الكنيسة -، مَوقِد الذّاكرة، سواء في المجال العائليّ أو في المجال الاجتماعيّ والمدنيّ. كم هو مهمّ مَوقِد كبار السّنّ هذا! تتجمّع العائلات حوله، ويمكّن من قراءة الحاضر في ضوء الخبرات السّابقة، واتخاذ القرارات الحكيمة.

أيّها الإخوة الكرادلة الأعزّاء، في نور هذه النّار وقوّتها، يسير الشّعب المقدّس والمؤمن، الذي أُخِذْنا منه نحن، من شعب الله ذلك، والذي أُرسِلنا إليه خدّامًا للمسيح الرّبّ. ماذا تقول بصورة خاصّة لِي ولكم نار يسوع هذه المزدوجة، هذه النّار المستعرّة والنّار الوديعة؟ يبدو أنّها تذكّرنا أنّ رجلًا ذا غيرة رسوليّة هو رجل تحرّكه نار الرّوح القدس لكي يهتمّ بشجاعة بالأمور الكبيرة والصّغيرة على حدٍّ سواء، لأنّه ”عدم الاهتمام للأمور الكبيرة فقط، والاهتمام بالأمور الصّغيرة، هو موقف إلهيّ“. لا تنسوا: هذا ما قاله القدّيس توما: عدم الاهتمام للأمور الكبيرة فقط: أي أن يكون لدينا آفاق واسعة ورغبة كبيرة لأمور كبيرة، والاهتمام بالأمور الصّغيرة، هو موقف إلهيّ.

الكاردينال يحب الكنيسة، دائمًا بنفس النّار الروحيّة، سواء تعامل مع المسائل الكبيرة أو انشغل في المسائل الصّغيرة، وسواء التقى مع كبار هذا العالم – يجب عليه أن يفعل ذلك، ومرّات عديدة -، أو مع الصّغار، الذين هم كبار أمام الله. أفكّر، على سبيل المثال، في الكاردينال كازارولي، المشهور بموقفه المنفتح والمؤيِّد، بحوار حكيم وصابر، لآفاق أوروبا الجديدة بعد الحرب الباردة – ولا يَسمَحْ الله أن يغلق مرة أخرى قِصَرُ نظر البشر تلك الآفاق التي فتحها هو! لكن في نظر الله، كانت الزّيارات التي كان يقوم بها بانتظام للشّباب المحتجزين في سجن الأحداث في روما لها أهمّيّة أيضًا، حيث كانوا ينادونه باسم ”دون أغوستينو“. كان يتعامل بدبلوماسيّة كبيرة – شهادة الصّبر، هكذا كانت حياته -، بالإضافة إلى زيارته الأسبوعيّة إلى ”كازال دي مارمو“ مع الشّباب. وكم من الأمثلة من هذا النوع يمكننا أن نقدّم! أتذكّر الكاردينال فان ثوان، الذي دُعي ليرعى شعب الله في مشهد حاسم آخر من القرن العشرين، وملأته في الوقت نفسه نار محبّة المسيح لكي يعتني بروح السّجّان الذي كان يحرس باب زنزانته. لم يَخَف هؤلاء النّاس من ”الكبير“، ومن ”من هم الأكثر“، وكانوا يأخذون أيضًا ”الصّغير“ كلّ يوم. بعد الاجتماع الذي فيه أبلغ الكاردينال [المستقبلي] كازارولي القدّيس يوحنّا الثّالث والعشرون برسالته الأخيرة - لا أعرف إن كانت في سلوفاكيا أو في التشيك، أحد هذين البلدين، كان الأمر يتعلّق بسياسة على مستوى عالٍ – وبينما كان يغادر ناداه البابا وقال له: ”أمرٌ آخر: هل ما زلت تذهب إلى هؤلاء السّجناء الشّباب؟“ - أجاب: ”نعم“ – فقال له: ”لا تتركهم أبدًا!“. الدبلوماسيّة الكبرى والأمر الرّعوي الصّغير. هذا هو قلب الكاهن، وقلب الكاردينال.

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، لنعُد بنظرنا نحو يسوع: هو وحده يعرف سرّ هذه العظمة المتواضعة، وهذه القوّة الوديعة، وهذه الشموليّة التي تهتمّ بالتّفاصيل. سرّ نار الله التي تنزل من السّماء وتنيرها من أقصاها إلى أقصاها، والتي تُنَضِّجُ ببطء طعام العائلات الفقيرة، والأشخاص المهجّرين أو المشرّدين. يسوع يريد أن يُلقي هذه النّار على الأرض اليوم أيضًا، ويريد أن يشعلها على شواطئ قصصنا اليوميّة أيضًا. إنّه يدعونا بأسمائنا، يدعو كلّ واحدٍ منّا، يدعونا بأسمائنا: فنحن لسنا أرقامًا، يحدِّق إلينا وينظر في أعيننا، في كلّ واحدٍ منّا - لننظر إلى أعين بعضنا البعض -، ويسألنا: أنت، أيّها الكاردينال الجديد – وأنتم جميعًا، أيّها الإخوة الكرادلة - هل يمكن أن أعتمد عليك؟ إنّه سؤال الرّبّ يسوع.

ولا أريد أن أُنهي كلامي من دون أن أذكر الكاردينال ريتشارد كويا باووبر، أسقف ”Wa“، الذي شعر بالأمس، عند وصوله إلى روما، بالمرض وتمّ نقله إلى المستشفى بسبب مشكلة في القلب، وأعتقد أنّهم أَجروا له عمليّة جراحيّة، شيء من هذا القبيل. لنصلِّ من أجل هذا الأخ الذي كان من المفترض أن يكون هنا، وهو الآن في المستشفى. شكرًا.

[01262-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0622-XX.02]