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Celebrazione della Penitenza e Atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, 25.03.2022


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 17 di questo pomeriggio, Solennità dell’Annunciazione, nella Basilica di San Pietro, il Santo Padre Francesco ha presieduto il Rito per la Riconciliazione di più penitenti con la confessione e l’assoluzione individuale e l’Atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria della Russia e dell’Ucraina.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Celebrazione:

Omelia del Santo Padre

Nel Vangelo della Solennità odierna l’Angelo Gabriele per tre volte prende la parola e si rivolge alla Vergine Maria.

La prima volta, nel salutarla, dice: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Il motivo per cui rallegrarsi, il motivo della gioia, è svelato in poche parole: il Signore è con te. Fratello, sorella, oggi puoi sentire queste parole rivolte a te, a ognuno di noi; puoi farle tue ogni volta che ti accosti al perdono di Dio, perché lì il Signore ti dice: “Io sono con te”. Troppo spesso pensiamo che la Confessione consista nel nostro andare a Dio a capo chino. Ma non siamo anzitutto noi che torniamo al Signore; è Lui che viene a visitarci, a colmarci della sua grazia, a rallegrarci con la sua gioia. Confessarsi è dare al Padre la gioia di rialzarci. Al centro di quanto vivremo non ci sono i nostri peccati, ci saranno, ma non sono al centro; il suo perdono: questo è il centro. Proviamo a immaginare se al centro del Sacramento ci fossero i nostri peccati: dipenderebbe quasi tutto da noi, dal nostro pentimento, dai nostri sforzi, dai nostri impegni. Invece no, al centro c’è Lui, che ci libera e ci rimette in piedi.

Restituiamo il primato alla grazia e chiediamo il dono di capire che la Riconciliazione non è anzitutto un nostro passo verso Dio, ma il suo abbraccio che ci avvolge, ci stupisce, ci commuove. È il Signore che, come a Nazaret da Maria, entra in casa nostra e porta uno stupore e una gioia prima sconosciuti: la gioia del perdono. Mettiamo in primo piano la prospettiva di Dio: torneremo ad affezionarci alla Confessione. Ne abbiamo bisogno, perché ogni rinascita interiore, ogni svolta spirituale comincia da qui, dal perdono di Dio. Non trascuriamo la Riconciliazione, ma riscopriamola come il Sacramento della gioia. Sì, il Sacramento della gioia, dove il male che ci fa vergognare diventa l’occasione per sperimentare il caldo abbraccio del Padre, la dolce forza di Gesù che ci guarisce, la “tenerezza materna” dello Spirito Santo. Questo è il cuore della Confessione.

E allora, cari fratelli e sorelle, andiamo avanti a ricevere il perdono. Voi, fratelli che amministrate il perdono di Dio, siate coloro che offrono a chi si accosta la gioia di questo annuncio: Rallegrati, il Signore è con te. Nessuna rigidità, per favore, nessun ostacolo, nessun disagio; porte aperte alla misericordia! Specialmente nella Confessione, siamo chiamati a impersonare il Buon Pastore che prende in braccio le sue pecore e le accarezza; siamo chiamati a essere canali di grazia che versano nelle aridità del cuore l’acqua viva della misericordia del Padre. Se un sacerdote non ha questo atteggiamento, se non ha questi sentimenti nel cuore, meglio che non vada a confessare.

Per la seconda volta l’Angelo parla a Maria. A lei, turbata dal saluto ricevuto, dice: «Non temere» (v. 30). Prima: “Il Signore è con te”; seconda parola: “Non temere”. Nella Scrittura, quando Dio si presenta a chi lo accoglie, ama pronunciare queste due parole: non temere. Le dice ad Abramo (cfr Gen 15,1), le ripete a Isacco (cfr Gen 26,24), a Giacobbe (cfr Gen 46,3) e così via, fino a Giuseppe (cfr Mt 1,20) e a Maria: non temere, non temere. In questo modo ci manda un messaggio chiaro e consolante: ogni volta che la vita si apre a Dio, la paura non può più tenerci in ostaggio. Perché la paura ci tiene in ostaggio. Tu, sorella, fratello, se i tuoi peccati ti spaventano, se il tuo passato ti inquieta, se le tue ferite non si rimarginano, se le continue cadute ti demoralizzano e ti sembra di aver smarrito la speranza, per favore, non temere. Dio conosce le tue debolezze ed è più grande dei tuoi sbagli. Dio è più grande dei nostri peccati: è molto più grande! Una cosa ti chiede: le tue fragilità, le tue miserie, non tenerle dentro di te; portale a Lui, deponile in Lui, e da motivi di desolazione diventeranno opportunità di risurrezione. Non temere! Il Signore ci chiede i nostri peccati. Mi viene in mente la storia di quel monaco del deserto, che aveva dato tutto a Dio, tutto, e conduceva una vita di digiuno, di penitenza, di preghiera. Il Signore gli chiedeva di più. “Signore, ti ho dato tutto”, dice il monaco, “cosa manca?”. “Dammi i tuoi peccati”. Così il Signore ci chiede. Non temere.

La Vergine Maria ci accompagna: ella stessa ha gettato il suo turbamento in Dio. L’annuncio dell’Angelo le dava ragioni serie per temere. Le proponeva qualcosa di impensabile, che andava al di là delle sue forze e che da sola non avrebbe potuto gestire: ci sarebbero state troppe difficoltà, problemi con la legge mosaica, con Giuseppe, con le persone del suo paese e del suo popolo. Tutte queste sono difficoltà: non temere.

Ma Maria non solleva obiezioni. Le basta quel non temere, le basta la rassicurazione di Dio. Si stringe a Lui, come vogliamo fare noi stasera. Perché spesso facciamo l’opposto: partiamo dalle nostre certezze e, solo quando le perdiamo, andiamo da Dio. La Madonna, invece, ci insegna a partire da Dio, nella fiducia che così tutto il resto ci sarà dato (cfr Mt 6,33). Ci invita ad andare alla sorgente, andare al Signore, che è il rimedio radicale contro la paura e il male di vivere. Lo ricorda una bella frase, riportata sopra un confessionale qui in Vaticano, che si rivolge a Dio con queste parole: «Allontanarsi da Te è cadere, tornare a Te è risorgere, restare in Te è esistere» (cfr S. Agostino, Soliloquium I,3).

In questi giorni notizie e immagini di morte continuano a entrare nelle nostre case, mentre le bombe distruggono le case di tanti nostri fratelli e sorelle ucraini inermi. L’efferata guerra, che si è abbattuta su tanti e fa soffrire tutti, provoca in ciascuno paura e sgomento. Avvertiamo dentro un senso di impotenza e di inadeguatezza. Abbiamo bisogno di sentirci dire “non temere”. Ma non bastano le rassicurazioni umane, occorre la presenza di Dio, la certezza del perdono divino, il solo che cancella il male, disinnesca il rancore, restituisce la pace al cuore. Ritorniamo a Dio, ritorniamo al suo perdono.

Per la terza volta l’Angelo riprende a parlare. Ora dice alla Madonna: «Lo Spirito Santo scenderà su di te» (Lc 1,35). “Il Signore è con te”; “Non temere”; e la terza parola è “lo Spirito Santo scenderà su di te”. Ecco come Dio interviene nella storia: donando il suo stesso Spirito. Perché in ciò che conta non bastano le nostre forze. Noi da soli non riusciamo a risolvere le contraddizioni della storia e nemmeno quelle del nostro cuore. Abbiamo bisogno della forza sapiente e mite di Dio, che è lo Spirito Santo. Abbiamo bisogno dello Spirito d’amore, che dissolve l’odio, spegne il rancore, estingue l’avidità, ci ridesta dall’indifferenza. Quello Spirito che ci dà l’armonia, perché Lui è l’armonia. Abbiamo bisogno dell’amore di Dio perché il nostro amore è precario e insufficiente. Tante cose domandiamo al Signore, ma spesso dimentichiamo di chiedergli ciò che è più importante e che Lui desidera darci: lo Spirito Santo, cioè la forza per amare. Senza amore, infatti, che cosa offriremo al mondo? Qualcuno ha detto che un cristiano senza amore è come un ago che non cuce: punge, ferisce, ma se non cuce, se non tesse, se non unisce, non serve. Oserei dire: non è cristiano. Per questo c’è bisogno di attingere dal perdono di Dio la forza dell’amore, attingere lo stesso Spirito disceso su Maria.

Perché, se vogliamo che il mondo cambi, deve cambiare anzitutto il nostro cuore. Per fare questo, oggi lasciamoci prendere per mano dalla Madonna. Guardiamo al suo Cuore immacolato, dove Dio si è posato, all’unico Cuore di creatura umana senza ombre. Lei è «piena di grazia» (v. 28), e dunque vuota di peccato: in lei non c’è traccia di male e perciò con lei Dio ha potuto iniziare una storia nuova di salvezza e di pace. Lì la storia ha svoltato. Dio ha cambiato la storia bussando al Cuore di Maria.

E oggi anche noi, rinnovati dal perdono, bussiamo a quel Cuore. In unione con i Vescovi e i fedeli del mondo, desidero solennemente portare al Cuore immacolato di Maria tutto ciò che stiamo vivendo: rinnovare a lei la consacrazione della Chiesa e dell’umanità intera e consacrare a lei, in modo particolare, il popolo ucraino e il popolo russo, che con affetto filiale la venerano come Madre. Non si tratta di una formula magica, no, non è questo; ma si tratta di un atto spirituale. È il gesto del pieno affidamento dei figli che, nella tribolazione di questa guerra crudele e questa guerra insensata che minaccia il mondo, ricorrono alla Madre. Come i bambini, quando sono spaventati, vanno dalla mamma a piangere, a cercare protezione. Ricorriamo alla Madre, gettando nel suo Cuore paura e dolore, consegnando noi stessi a lei. È riporre in quel Cuore limpido, incontaminato, dove Dio si rispecchia, i beni preziosi della fraternità e della pace, tutto quanto abbiamo e siamo, perché sia lei, la Madre che il Signore ci ha donato, a proteggerci e custodirci.

Dalle labbra di Maria è scaturita la frase più bella che l’Angelo potesse riportare a Dio: «Avvenga per me secondo la tua parola» (v. 38). Quella della Madonna non è un’accettazione passiva o rassegnata, ma il desiderio vivo di aderire a Dio, che ha «progetti di pace e non di sventura» (Ger 29,11). È la partecipazione più stretta al suo piano di pace per il mondo. Ci consacriamo a Maria per entrare in questo piano, per metterci a piena disposizione dei progetti di Dio. La Madre di Dio, dopo aver detto il suo sì, affrontò un lungo viaggio in salita verso una regione montuosa per visitare la cugina incinta (cfr Lc 1,39). È andata di fretta. A me piace pensare la Madonna di fretta, sempre così, la Madonna che si affretta per aiutarci, per custodirci. Prenda oggi per mano il nostro cammino: lo guidi attraverso i sentieri ripidi e faticosi della fraternità e del dialogo, lo guidi sulla via della pace.

[00448-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Dans l'Évangile de la solennité d'aujourd'hui, l'ange Gabriel, par trois fois, prend la parole et s’adresse à la Vierge Marie.

La première fois, en la saluant, il dit : «Réjouis-toi, pleine de grâce : le Seigneur est avec toi» (Lc 1, 28). La raison de se réjouir, le motif de la joie, est révélé en quelques mots : le Seigneur est avec toi. Frère, ma sœur, tu peux entendre ces paroles qui aujourd'hui te sont adressées, comme à chacun de nous ; tu peux les faire tiennes chaque fois que tu t'approches du pardon de Dieu, parce que là, le Seigneur te dit : "Je suis avec toi". Trop souvent, nous pensons que la Confession consiste à aller vers Dieu la tête baissée. Mais ce n'est pas d'abord nous qui revenons au Seigneur, c'est Lui qui vient nous visiter, nous combler de sa grâce, nous réjouir de sa joie. Se confesser, c'est donner au Père la joie de nous relever. Au centre de ce que nous allons vivre, il n’y a pas nos péchés; ils sont là, mais pas au centre. Son pardon, c’est cela le centre. Essayons d’imaginer si au cœur du sacrement se trouvaient nos péchés : presque tout dépendrait de nous, de notre repentir, de nos efforts, de notre engagement. Mais non, au centre, il y a Lui, qui nous libère et nous remet debout.

Redonnons le primat à la grâce et demandons le don de comprendre que la Réconciliation n'est pas d’abord un pas que nous faisons vers Dieu, mais son étreinte qui nous enveloppe, nous étonne, nous émeut. C'est le Seigneur qui, comme chez Marie à Nazareth, entre dans notre maison et apporte un émerveillement et une joie inconnus jusqu'alors: la joie du pardon. Mettons la perspective de Dieu au premier plan : nous retrouverons l’amour de la Confession. Nous en avons besoin, car chaque renaissance intérieure, chaque tournant spirituel commence à partir de là, du pardon de Dieu. Ne négligeons pas la Réconciliation, mais redécouvrons-la comme le Sacrement de la joie. Oui, le Sacrement de la joie, là où le mal qui nous fait honte devient une occasion de faire l’expérience de la chaleureuse étreinte du Père, la douce force de Jésus qui nous guérit, la "tendresse maternelle" de l'Esprit Saint. Voilà le cœur de la Confession.

Et ainsi, chers frères et sœurs, allons recevoir le pardon. Et vous, frères qui administrez le pardon de Dieu, soyez ceux qui offrent à qui s'approche la joie de cette annonce : Réjouis-toi, le Seigneur est avec toi. Pas de rigidité, s’il vous plait, pas d'obstacles, pas de difficulté ; des portes ouvertes à la miséricorde ! En particulier dans la Confession, nous sommes appelés à imiter le Bon Pasteur qui prend ses brebis dans ses bras et les cajole ; nous sommes appelés à être des canaux de grâce qui versent l'eau vive de la miséricorde du Père dans la sécheresse du cœur. Si un prêtre n’a pas cette attitude, s’il n’a pas ces sentiments dans le cœur, il vaut mieux qu’il n’aille pas confesser.

Pour la deuxième fois, l'ange parle à Marie. Alors qu’elle est troublée par la salutation reçue, il lui dit : «N'aie pas peur» (v. 30). D’abord «le Seigneur est avec toi»; la seconde parole: «N'aie pas peur». Dans l'Écriture, lorsque Dieu se présente à qui l'accueille, il aime dire ces mots : n’aie pas peur. Il les dit à Abraham (cf. Gn 15,1), il les répète à Isaac (cf. Gn 26,24), à Jacob (cf. Gn 46,3) et ainsi de suite, jusqu’à Joseph (cf. Mt 1,20) et Marie. N'aie pas peur, n'aie pas peur. Il nous envoie ainsi un message clair et consolant : dès que la vie s'ouvre à Dieu, la peur ne peut plus nous tenir en otage. Car la peur nous tient en otage. Toi, sœur, frère, si tes péchés t'effraient, si ton passé t’inquiète, si tes blessures ne guérissent pas, si tes chutes constantes te démoralisent et que tu sembles avoir perdu l’espérance, s’il te plait, n'aie pas peur. Dieu connaît tes faiblesses et il est plus grand que tes erreurs. Dieu est plus grand que nos péchés: beaucoup plus grand. Il te demande une chose : ne conserve pas en toi tes faiblesses, tes misères ; apporte-les-Lui, dépose-les en Lui et elles se transformeront, de motifs de désolation, en occasions de résurrection. N'aie pas peur! Le Seigneur nous demande nos péchés. Il me vient à l’esprit l’histoire de ce moine du désert qui avait tout donné à Dieu, tout, et qui menait une vie de jeûne, de pénitence et de prière. Le Seigneur lui demandait davantage. “Seigneur, je t’ai tout donné”, lui dit le moine, “que manque-t-il”? “Donne-moi tes péchés”. Le Seigneur nous demande ainsi. N’aie pas peur.

La Vierge Marie nous accompagne : elle a elle-même jeté son inquiétude en Dieu. L'annonce de l'ange lui avait donné de sérieuses raisons d'avoir peur. Il lui proposait quelque chose d'impensable, qui était au-dessus de ses forces et qu'elle n'aurait pas pu gérer seule : il y aurait eu trop de difficultés, des problèmes avec la loi de Moïse, avec Joseph, avec les gens de son village et avec son peuple. Tout cela étaient des difficultés: n’aie pas peur.

Mais Marie ne soulève pas d’objection. Ce«n’aie pas peur» lui suffit, il lui suffit que Dieu la rassure. Elle se serre contre Lui, comme nous voulons le faire ce soir. Car nous faisons souvent le contraire : nous partons de nos certitudes et ce n'est que lorsque nous les perdons que nous allons vers Dieu. La Vierge, en revanche, nous enseigne à partir de Dieu, dans la confiance qu'ainsi tout le reste nous sera donné (cf. Mt 6, 33). Elle nous invite à aller à la source, aller au Seigneur qui est le remède radical contre la peur et le mal de vivre. C'est ce que rappelle une belle phrase inscrite sur un confessionnal, ici au Vatican, qui s'adresse à Dieu en ces termes : «S'éloigner de Toi, c'est tomber, revenir à Toi, c'est se relever, demeurer en Toi, c'est exister» (cf. Saint Augustin, Soliloquium I, 3).

Ces jours-ci, les nouvelles et les images de mort continuent d'entrer dans nos foyers, alors que les bombes détruisent les maisons de beaucoup de nos frères et sœurs ukrainiens sans défense. Cette guerre odieuse, qui s’est abattue sur tant de personnes et qui fait souffrir tout le monde, provoque en chacun peur et désarroi. Nous ressentons un sentiment d'impuissance et d’incapacité. Nous avons besoin que l'on nous dise "n’aie pas peur". Mais les réconforts humains ne suffisent pas, il faut la présence de Dieu, la certitude du pardon divin, le seul qui supprime le mal, désamorce la rancœur, redonne la paix au cœur. Retournons à Dieu, retournons à son pardon.

Pour la troisième fois, l'ange prend la parole. Maintenant, il dit à la Vierge : «L'Esprit Saint viendra sur toi» (Lc 1, 35). «Le Seigneur est avec toi»; «N'aie pas peur» et la troisième parole: «L'Esprit Saint viendra sur toi». Dans l'Écriture, lorsque Dieu se présente à qui l'accueille, il aime d C'est ainsi que Dieu intervient dans l'histoire : en donnant son Esprit. Parce que dans les choses qui comptent, nos forces ne suffisent pas. Nous ne pouvons pas résoudre seuls les contradictions de l'histoire, ni même celles de notre cœur. Nous avons besoin de la force sage et douce de Dieu, qui est le Saint Esprit. Nous avons besoin de l'Esprit d'amour, qui détruit la haine, éteint la rancœur, la cupidité, nous réveille de l'indifférence. Cet Esprit qui nous donne l’harmonie, parce que Lui est harmonie. Nous avons besoin de l'amour de Dieu parce que notre amour est précaire et insuffisant. Nous demandons beaucoup de choses au Seigneur, mais nous oublions souvent de lui demander ce qui est le plus important et ce qu'Il veut nous donner : l'Esprit Saint, c’est-à-dire la force d'aimer. Car sans amour, qu'allons-nous offrir au monde ? Quelqu'un a dit qu'un chrétien sans amour est comme une aiguille qui ne coud pas : elle pique, elle blesse, mais si elle ne coud pas, si elle ne tisse pas, si elle n'unit pas, elle ne sert à rien. J’oserais dire, il n’est pas chrétien. C'est pourquoi nous avons besoin de puiser dans le pardon de Dieu la force de l'amour, puiser ce même Esprit qui est descendu sur Marie.

Parce que, si nous voulons que le monde change, nos cœurs doivent d'abord changer. Pour ce faire, aujourd'hui, laissons-nous prendre par la main de la Vierge. Regardons son Cœur Immaculé, où Dieu s'est reposé, le Cœur unique d'une créature humaine sans ombres. Elle est «pleine de grâce» (v. 28), et donc exempte de péché. En elle, il n'y a aucune trace de mal et donc, avec elle, Dieu a pu commencer une nouvelle histoire de salut et de paix. Il y a eu là un tournant dans l’histoire. Dieu a changé l'histoire en frappant au Cœur de Marie.

Et aujourd'hui, nous aussi, renouvelés par le pardon, nous frappons à ce Cœur. En union avec les évêques et les fidèles du monde entier, je désire porter solennellement au Cœur Immaculé de Marie tout ce que nous sommes en train de vivre : lui renouveler la consécration de l'Église et de toute l'humanité et lui consacrer, de manière particulière, les peuples ukrainien et russe, qui la vénèrent comme leur Mère avec une affection filiale. Il ne s'agit pas d'une formule magique, non, ce n’est pas cela; mais il s’agit d'un acte spirituel. C'est un geste de pleine confiance des enfants qui, dans la tribulation de cette guerre cruelle, de cette guerre insensée qui menace le monde, ont recours à leur Mère. Comme des enfants, lorsqu’ils sont effrayés, vont vers leur mère pour pleurer pour chercher une protection. Recourrons à notre Mère en jetant peur et douleur dans son Cœur, nous remettant à elle. C'est déposer dans ce Cœur limpide, immaculé, où Dieu se reflète, les biens précieux de la fraternité et de la paix, tout ce que nous avons et tout ce que nous sommes, afin que ce soit elle, la Mère que le Seigneur nous a donnée, qui nous protège et nous garde.

Des lèvres de Marie jaillit la plus belle phrase que l'ange pouvait rapporter à Dieu : «Que tout m’advienne selon ta parole» (v. 38). Cette acceptation de la Vierge n'est pas passive ni résignée, mais elle est un désir vivant d'adhérer à Dieu qui a «des pensées de paix et non de malheur» (Jr 29, 11). C'est la participation la plus étroite possible à son plan de paix pour le monde. Nous nous consacrons à Marie pour entrer dans ce plan, pour nous mettre pleinement à la disposition des plans de Dieu. La Mère de Dieu, après avoir dit son “oui”, entreprit un long voyage, une montée vers les régions montagneuses pour rendre visite à sa cousine enceinte (cf. Lc 1, 39). Elle est allée avec empressement. Cela me plait de penser que la Vierge est allée avec empressement, c’est toujours ainsi; la Vierge qui s’empresse de nous aider, de nous garder. Qu'elle prenne aujourd'hui notre cheminement par la main : qu'elle le guide sur les sentiers escarpés et fatigants de la fraternité et du dialogue. Quelle le guide sur les voies de la paix.

[00448-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

In the Gospel reading for today’s Solemnity, the angel Gabriel speaks three times in addressing the Virgin Mary.

The first is when he greets her and says, “Rejoice, full of grace, the Lord is with you” (Lk 1:28). The reason to rejoice, the reason for joy, is revealed in those few words: the Lord is with you. Dear brother, dear sister, today you can hear those words addressed to you. You can make them your own each time you approach God’s forgiveness, for there the Lord tells you, “I am with you”. All too often, we think that Confession is about going to God with dejected looks. Yet it is not so much that we go to the Lord, but that he comes to us, to fill us with his grace, to fill us with his joy. Our confession gives the Father the joy of raising us up once more. It is not so much about our sins as about his forgiveness. Our sins are present but the forgiveness of God is always at the heart of our confession. Think about it: if our sins were at the heart of the sacrament, almost everything would depend on us, on our repentance, our efforts, our resolves. Far from it. The sacrament is about God, who liberates us and puts us back on our feet.

Let us recognize once more the primacy of grace and ask for the gift to realize that Reconciliation is not primarily our drawing near to God, but his embrace that enfolds, astonishes and overwhelms us. The Lord enters our home, as he did that of Mary in Nazareth, and brings us unexpected amazement and joy - the joy of forgiveness. Let us first look at things from God’s perspective: then we will rediscover our love for Confession. We need this, for every interior rebirth, every spiritual renewal, starts there, from God’s forgiveness. May we not neglect Reconciliation, but rediscover it as the sacrament of joy. Yes, the sacrament of joy, for our shame for our sins becomes the occasion for an experience of the warm embrace of the Father, the gentle strength of Jesus who heals us, and the “maternal tenderness” of the Holy Spirit. That is the heart of Confession.

Dear brothers and sisters, let us go forth and receive forgiveness. And you, dear brother priests who are ministers of God’s forgiveness, offer to those who approach you the joy of this proclamation: Rejoice, the Lord is with you. Please set aside rigidity, obstacles and harshness; may you be doors wide open to mercy! Especially in Confession, we are called to act in the person of the Good Shepherd who takes his sheep into his arms and cradles them. We are called to be channels of grace that pour forth the living water of the Father’s mercy on hearts grown arid. If a priest does not approach Confession with this attitude, it would be better for him to refrain from celebrating the sacrament.

A second time the angel speaks to Mary. She was troubled by his greeting, and so he tells her, “Do not be afraid” (v. 30). The first time he says, “The Lord is with you”. Now, the second time, he says “Do not be afraid”. In the Scriptures, whenever God appears to those who receive him, he loves to utter those words: Do not be afraid! He says them to Abraham (cf. Gen 15:1), repeats them to Isaac (cf. Gen 26:24), to Jacob (cf. Gen 46:3) and so on, up to Joseph (cf. Mt 1:20) and Mary. Do not be afraid! In this way, he sends us a clear and comforting message: once our lives are open to God, fear can no longer hold us in thrall. For fear can truly hold us in thrall. You, dear sister, dear brother, if your sins frighten you, if your past worries you, if your wounds do not heal, if your constant failings dishearten you and you seem to have lost hope, please, do not be afraid. God knows your weaknesses and is greater than your mistakes. God is greater than our sins. He asks of you only one thing: that you not hold your frailties and sufferings inside. Bring them to him, lay them before him and, from being reasons for despair, they will become opportunities for resurrection. Do not be afraid! The Lords asks us for our sins. This brings to mind the story of a monk in the desert. He had given everything to God and lived a life of fasting, penance and prayer. The Lord asked for more. “Lord, I gave you everything”, said the monk, “what more is there?” The Lord replied, “Give me yours sins”. Do not be afraid!

The Blessed Virgin Mary accompanies us: she cast her own anxiety upon God. The angel’s proclamation gave her good reason to be afraid. He proposed to her something unimaginable and beyond her abilities, something that she could not handle alone: there would be too many difficulties, problems with the Mosaic law, with Joseph, with the citizens of her town and with her people. Yet Mary did not object. Those words – do not be afraid – were sufficient for her; God’s reassurance was enough for her. She clung to him, as we want to do tonight. Yet so often we do the exact opposite. We start from our own certainties and, when we lose them, we turn to God. Our Lady, on the other hand, teaches us to start from God, trusting that in this way everything else will be given to us (cf. Mt 6:33). She invites us to go to the source, to the Lord, who is the ultimate remedy against fear and emptiness in life. There is a lovely phrase written above a confessional here in the Vatican that reminds us of this. It addresses God with these words, “To turn away from you is to fall, to turn back to you is to rise, to abide in you is to have life” (cf. SAINT AUGUSTINE, Soliloquies I, 3).

In these days, news reports and scenes of death continue to enter our homes, even as bombs are destroying the homes of many of our defenceless Ukrainian brothers and sisters. The vicious war that has overtaken so many people, and caused suffering to all, has made each of us fearful and anxious. We sense our helplessness and our inadequacy. We need to be told, “Do not be afraid”. Yet human reassurance is not enough. We need the closeness of God and the certainty of his forgiveness, which alone eliminates evil, disarms resentment and restores peace to our hearts. Let us return to God and to his forgiveness.

A third time the angel speaks to Mary and says, “The Holy Spirit will come upon you” (Lk 1:35). Again, the first time he says, “The Lord is with you”. The second time his words are, “Do not be afraid”. Now, he says, “The Holy Spirit will come upon you”. That is how God intervenes in history: by giving his very Spirit. For in the things that matter, our own strength is not enough. By ourselves, we cannot succeed in resolving the contradictions of history or even those of our own hearts. We need the wisdom and gentle power of God that is the Holy Spirit. We need the Spirit of love who dispels hatred, soothes bitterness, extinguishes greed and rouses us from indifference. The Spirit gives us concord because he is concord. We need God’s love, for our love is fragile and insufficient. We ask the Lord for many things, but how often we forget to ask him for what is most important and what he desires most to give us: the Holy Spirit, the power to love. Indeed, without love, what can we offer to the world? It has been said that a Christian without love is like a needle that does not sew: it stings, it wounds, and if it fails to sew, weave or patch, then it is useless. I would dare to say that this person is not a Christian. This is why we need to find in God’s forgiveness the power of love: the same Spirit who descended upon Mary.

If we want the world to change, then first our hearts must change. For this to happen, let us allow Our Lady to take us by the hand. Let us gaze upon her Immaculate Heart in which God dwelt, “our tainted nature’s solitary boast”. Mary is “full of grace” (v. 28), and thus free from sin. In her, there is no trace of evil and hence, with her, God was able to begin a new story of salvation and peace. There, in her, history took a turn. God changed history by knocking at the door of Mary’s heart.

Today, renewed by forgiveness, may we too knock at the door of her immaculate heart. In union with the Bishops and faithful of the world, I desire in a solemn way to bring all that we are presently experiencing to the Immaculate Heart of Mary. I wish to renew to her the consecration of the Church and the whole of humanity, and to consecrate to her in a particular way the Ukrainian people and the Russian people who, with filial affection, venerate her as a Mother. This is no magic formula but a spiritual act. It is an act of complete trust on the part of children who, amid the tribulation of this cruel and senseless war that threatens our world, turn to their Mother. It is like what young children do when they are scared; they turn to their mother for protection. We turn to our Mother, reposing all our fears and pain in her heart and abandoning ourselves to her. It means placing in that pure and undefiled heart, where God is mirrored, the inestimable goods of fraternity and peace, all that we have and are, so that she, the Mother whom the Lord has given us, may protect us and watch over us.

Mary then uttered the most beautiful words that the angel could bring back to God: “Let it be to me according to your word” (v. 38). Hers was no passive or resigned acceptance, but a lively desire to obey God, who has “plans for welfare and not for evil” (Jer 29:11). Hers was the most intimate sharing in God’s plan of peace for the world. We consecrate ourselves to Mary in order to enter into this plan, to place ourselves fully at the disposal of God’s plans. After having uttered her “Fiat”, the Mother of God set out on a long journey to the hill country, to visit a relative who was with child (cf. Lk 1:39). She went with haste. I like to think of this image of Our Lady going with haste. She comes with haste to help and take care of us. May she now take our own journey into her hands: may she guide our steps through the steep and arduous paths of fraternity and dialogue, along the way of peace.

[00448-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Im Evangelium des heutigen Hochfestes ergreift der Engel Gabriel dreimal das Wort und spricht zur Jungfrau Maria.

Zunächst sagt er zur Begrüßung: Freu dich, du Begnadete, der Herr ist mit dir (vgl. Lk 1,28). Der Grund für diese Freude wird in wenigen Worten benannt: Der Herr ist mit dir. Lieber Bruder, liebe Schwester, heute kannst du diese Worte vernehmen, die an dich, an jeden von uns, gerichtet sind; du darfst sie jedes Mal auf dich beziehen, wenn du die Vergebung Gottes suchst, denn dann sagt der Herr zu dir: „Ich bin mit dir“. Viel zu oft denken wir, dass es bei der Beichte darum geht, mit gesenktem Haupt vor Gott zu treten. Aber es sind nicht so sehr wir, die sich zum Herrn hinwenden; er ist es, der uns aufsucht, um uns mit seiner Gnade zu erfüllen und uns mit seiner Freude zu erfreuen. Beichten heißt, dem Vater die Freude zu bereiten, dass wir uns von ihm wiederaufrichten lassen. Im Zentrum von dem, was wir erleben werden, stehen nicht unsere Sünden – es wird welche geben, aber sie sind nicht die Hauptsache –, sondern seine Vergebung: das ist das Zentrale. Stellen wir uns vor, im Mittelpunkt dieses Sakraments stünden unsere Sünden: dann hinge fast alles von uns ab, von unserer Reue, von unseren Anstrengungen, von unserem Einsatz. Aber so ist es nicht, er steht im Mittelpunkt, er ist es, der uns befreit und uns wieder auf die Beine hilft.

Geben wir der Gnade wieder den Vorrang und bitten wir um die Gabe, zu verstehen, dass die Versöhnung nicht in erster Linie unser Schritt auf Gott zu ist, sondern seine Umarmung, die uns umfängt, uns in Erstaunen versetzt und uns innerlich anrührt. Es ist der Herr, der, wie in Nazaret bei Maria, in unser Haus kommt und ein Staunen und eine Freude bringt, die wir vorher nicht kannten: die Freude über die Vergebung. Rücken wir die Perspektive Gottes in den Vordergrund, dann wird uns die Beichte wieder mehr ansprechen. Wir brauchen sie, denn jede innere Wiedergeburt, jeder geistliche Durchbruch nimmt hier seinen Anfang, bei der Vergebung Gottes. Vernachlässigen wir das Sakrament der Versöhnung nicht, sondern entdecken wir es neu als Sakrament der Freude. Ja, das Sakrament der Freude, wo das Böse, das uns beschämt, zu einer Gelegenheit wird, die innige Umarmung des Vaters zu erfahren, die liebevolle Kraft Jesu, der uns heilt, die „mütterliche Zärtlichkeit“ des Heiligen Geistes. Dies ist der Kern der Beichte.

Liebe Brüder und Schwestern, fahren wir fort, die Vergebung zu empfangen. Ihr Brüder, die ihr das Sakrament der Vergebung Gottes verwaltet, vermittelt denen, die zu euch kommen, die Freude dieses Grußes: Freu dich, der Herr ist mit dir. Keine Strenge, bitte, kein Hindernis, kein Unbehagen, sondern offene Türen für die Barmherzigkeit! Besonders in der Beichte sollten wir den Guten Hirten verkörpern, der seine Schafe zärtlich in die Arme nimmt; wir sind berufen, Kanäle der Gnade sein, die das lebendige Wasser der Barmherzigkeit des Vaters in die Trockenheit der Herzen strömen lassen. Wenn ein Priester diese Haltung nicht hat, wenn er diese Gefühle nicht im Herzen verspürt, geht er besser nicht die Beichte hören.

Zum zweiten Mal spricht der Engel zu Maria, die bei dem an sie ergangenen Gruß zunächst erschrocken war: »Fürchte dich nicht« (V. 30). Das erste Wort ist: „Der Herr ist mit dir“, das zweite: »Fürchte dich nicht«. Wenn Gott sich in der Heiligen Schrift Menschen offenbart, die ihn bereitwillig aufnehmen, tut er das häufig mit diesen Worten: Fürchte dich nicht. So spricht er zu Abraham (vgl. Gen 15,1), zu Isaak (vgl. Gen 26,24), zu Jakob (vgl. Gen 46,3) und so weiter, bis hin zu Josef (vgl. Mt 1,20) und zu Maria: fürchte dich nicht, fürchte dich nicht. Auf diese Weise sendet er uns eine klare und tröstliche Botschaft: Immer dann, wenn wir uns Gott öffnen, kann die Angst uns nicht länger als Geisel halten. Denn die Angst hält uns als Geisel. Du, liebe Schwester, lieber Bruder, wenn dich deine Sünden erschrecken, wenn dich deine Vergangenheit belastet, wenn deine Wunden nicht heilen, wenn dich deine andauernden Niederlagen demoralisieren und du die Hoffnung verloren zu haben scheinst, dann bitte fürchte dich nicht. Gott kennt deine Schwächen und er ist größer als deine Fehler. Gott ist viel größer als unsere Sünden: Er ist sehr viel größer! Er bittet dich nur um eines: Behalte deine Schwächen und dein Elend nicht für dich; bring sie zu ihm, übergib sie ihm. Dann werden Anlässe zur Verzweiflung zu Möglichkeiten des Neuanfangs. Fürchte dich nicht! Der Herr verlangt von uns unsere Sünden. Mir kommt die Geschichte in den Sinn von jenem Wüstenvater, der Gott alles gegeben hatte, alles, und der ein Leben des Fastens, der Buße und des Gebets führte. Der Herr verlangte mehr von ihm. „Herr, ich habe dir alles gegeben“, sagte der Mönch. „Was fehlt noch?“. „Gib mir deine Sünden“. Genauso bittet der Herr auch uns. Fürchte dich nicht.

Die Jungfrau Maria begleitet uns. Sie selbst vertraute ihren Schrecken ganz Gott an. Die Botschaft des Engels enthielt einiges, das Anlass zur Sorge gab, Unvorstellbares, das ihre Kräfte überstieg und das sie alleine nicht hätte bewältigen können: Zahlreiche Schwierigkeiten wären auf sie zugekommen, Probleme mit dem mosaischen Gesetz, mit Josef, mit den Menschen ihres Landes und ihres Volkes. All diese Dinge sind Schwierigkeiten: fürchte dich nicht.

Doch Maria erhebt keine Einwände. Ihr genügt dieses Fürchte dich nicht, ihr genügt diese Zusicherung Gottes. Sie klammert sich an ihn, so wie auch wir es heute Abend tun wollen. Denn oft tun wir das Gegenteil: Wir beginnen bei unseren Gewissheiten und erst dann, wenn wir sie verlieren, wenden wir uns an Gott. Die Muttergottes hingegen lehrt uns, von Gott auszugehen, und darauf zu vertrauen, dass uns dann alles andere dazugegeben wird (vgl. Mt 6,33). Sie lädt uns ein, zur Quelle zu gehen, zum Herrn zu gehen, der das wirksamste Heilmittel gegen die Angst und alles Übel im Leben ist. Daran erinnert ein schöner an Gott gerichteter Spruch auf einem der Beichtstühle hier im Vatikan: »Von dir weggehen heißt fallen, zu dir zurückkehren heißt aufstehen, in dir bleiben heißt bestehen« (vgl. Augustinus, Soliloquium I, 3).

In diesen Tagen erreichen uns zuhause immer neue Nachrichten und Bilder des Todes, während Bomben die Häuser so vieler unserer wehrlosen ukrainischen Brüder und Schwestern zerstören. Der brutale Krieg, der über so viele Menschen hereingebrochen ist und unter dem alle leiden, löst in einem jeden Furcht und Schrecken aus. Wir erleben in uns ein Gefühl von Ohnmacht und Versagen. Wir spüren das Verlangen, dass jemand uns sagt: „Fürchte dich nicht“. Aber nur menschliche Beschwichtigung reicht nicht, wir brauchen Gottes Gegenwart, die Gewissheit der göttlichen Vergebung, die allein das Böse auslöscht, den Groll entschärft und den Frieden im Herzen wiederherstellt. Kehren wir um zu Gott, kehren wir um zu seiner Vergebung.

Zum dritten Mal hebt der Engel an und nun sagt er zur Gottesmutter: »Der Heilige Geist wird über dich kommen« (Lk 1,35). „Der Herr ist mit dir“, „Fürchte dich nicht“; und das dritte Wort lautet: „Der Heilige Geist wird über dich kommen“. Auf diese Weise also greift Gott in die Geschichte ein: indem er seinen Heiligen Geist schenkt. Denn wenn es darauf ankommt, ist unsere eigene Kraft nicht ausreichend. Wir allein können weder die Widersprüche der Geschichte noch die unseres eigenen Herzens auflösen. Wir brauchen die weise und sanfte Kraft Gottes, den Heiligen Geist. Wir brauchen den Geist der Liebe, der den Hass begräbt, den Groll beendet, die Gier auslöscht, uns aus der Gleichgültigkeit aufweckt. Jener Geist, der uns die Harmonie schenkt, weil er die Harmonie ist. Wir brauchen die Liebe Gottes, weil unsere Liebe unsicher und unzureichend ist. Wir bitten den Herrn um viele Dinge, aber wir vergessen oft, ihn um das Wichtigste zu bitten, um das, was er uns so gern geben will: den Heiligen Geist, also die Kraft zu lieben. Denn was können wir der Welt schon geben, ohne Liebe? Jemand hat einmal gesagt, dass ein Christ ohne Liebe wie eine Nadel ist, die nicht näht: Sie sticht, sie verwundet, aber wenn sie nicht näht, wenn sie nichts stopft, wenn sie nicht verbindet, nützt sie nichts. Ich wage zu sagen, dass dies nicht christlich ist. Deshalb müssen wir aus der Vergebung Gottes die Kraft der Liebe schöpfen, denselben Geist schöpfen, der auf Maria herabkam.

Denn wenn wir wollen, dass sich die Welt ändert, muss sich zuerst unser Herz ändern. Dazu lassen wir uns heute von der Gottesmutter bei der Hand nehmen. Schauen wir auf ihr unbeflecktes Herz, an dem Gott geruht hat, das einzige Herz eines menschlichen Geschöpfes, auf dem kein Schatten liegt. Sie ist voll der Gnade (vgl. V. 28) und deshalb frei von Sünde. In ihr gibt es keine Spur des Bösen, und deshalb konnte Gott mit ihr eine neue Geschichte des Heils und des Friedens beginnen. Dort hat sich der Lauf der Geschichte gewendet. Gott hat die Geschichte verändert, als er an das Herz Marias klopfte.

Und auch wir klopfen heute, erneuert durch die Vergebung, an jenes Herz. Gemeinsam mit den Bischöfen und den Gläubigen in der ganzen Welt möchte ich alles, was wir gerade erleben, feierlich zum Unbefleckten Herzen Mariens tragen. Ich möchte die Weihe der Kirche und der ganzen Menschheit an sie erneuern und ihr in besonderer Weise das ukrainische und russische Volk weihen, die sie in kindlicher Zuneigung als ihre Mutter verehren. Es handelt sich dabei nicht um eine magische Formel – nein, das ist es nicht –, sondern es handelt sich um einen geistlichen Akt. Mit diesem Gestus vertrauen sich die Kinder ganz ihrer Mutter an; in der Bedrängnis dieses grausamen Krieges und dieses sinnlosen Krieges, der die Welt bedroht, kommen sie zu ihrer Mutter. Wie die kleinen Kinder, wenn sie sich erschreckt haben, zur Mutter laufen, um zu weinen und um Schutz zu suchen. Laufen wir zur Mutter und legen ihr all ihre Ängste und Leiden ans Herz und übereignen wir uns ihr. Es geht darum, die kostbaren Güter der Geschwisterlichkeit und des Friedens, alles, was wir haben und was wir sind, in dieses reine und unbefleckte Herz hineinzulegen, in dem Gott widerscheint, damit sie, die Mutter, die der Herr uns gegeben hat, uns beschützen und behüten kann.

Von Marias Lippen kam der schönste Satz, den der Engel Gott überbringen konnte: »Mir geschehe, wie du es gesagt hast« (V. 38). Die Muttergottes findet sich hier nicht passiv oder resigniert mit ihrer Situation ab, sondern hegt den lebhaften Wunsch, ganz Gott zu gehören, der »Gedanken des Heils und nicht des Unheils« (Jer 29,11) hegt. Das ist engste Teilnahme an seinem Plan für den Frieden in der Welt. Wir weihen uns Maria, um in diesen Plan einzutreten und bereit zu sein für das, was Gott vorhat. Nachdem die Mutter Gottes ihr Ja gesprochen hatte, machte sie sich auf den langen Weg in eine Bergregion, um ihre schwangere Verwandte zu besuchen (vgl. Lk 1,39). Sie ging in Eile. Es gefällt mir, mir die Mutter Gottes in Eile vorzustellen, immer so, dass sie sich beeilt, uns zu helfen, uns zu beschützen. Möge sie uns heute bei der Hand nehmen und uns über die steilen und mühsamen Pfade der Geschwisterlichkeit und des Dialogs führen, auf den Weg des Friedens führen.

[00448-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

En el Evangelio de la solemnidad que hoy celebramos el ángel Gabriel toma la palabra tres veces y se dirige a la Virgen María.

La primera vez, al saludarla, le dice: «Alégrate, llena de gracia, el Señor está contigo» (Lc 1,28). El motivo de esta alegría, la causa de este júbilo, se revela en pocas palabras: el Señor está contigo. Hermano, hermana, hoy puedes oír estas palabras dirigidas a ti, a cada uno de nosotros; puedes hacerlas tuyas cada vez que te acercas al perdón de Dios, porque allí el Señor te dice: “Yo estoy contigo”. Con demasiada frecuencia pensamos que la Confesión consiste en presentarnos a Dios cabizbajos. Pero, para empezar, no somos nosotros los que volvemos al Señor; es Él quien viene a visitarnos, a colmarnos con su gracia, a llenarnos de su alegría. Confesarse es dar al Padre la alegría de volver a levantarnos. En el centro de lo que experimentaremos no están nuestros pecados, están, pero no están en el centro; sino su perdón: este es el centro. Imaginemos que en el centro del Sacramento estuvieran nuestros pecados: casi todo dependería de nosotros, de nuestro arrepentimiento, de nuestros esfuerzos, de nuestros afanes. Pero no, en el centro está Él, que nos libera y vuelve a ponernos en pie.

Restituyamos el primado a la gracia y pidamos el don de comprender que la Reconciliación no es principalmente un paso que nosotros damos hacia Dios, sino su abrazo que nos envuelve, nos asombra y nos conmueve. Es el Señor que, como con María en Nazaret, entra en nuestra casa y nos trae un asombro y una alegría que antes eran desconocidos: la alegría del perdón. Pongamos en primer plano la perspectiva de Dios: volveremos a descubrir la importancia de la Confesión. Lo necesitamos, porque cada renacimiento interior, cada punto de inflexión espiritual comienza aquí, en el perdón de Dios. No descuidemos la Reconciliación, sino redescubrámosla como el Sacramento de la alegría. Sí, el Sacramento de la alegría, donde el mal que nos hace avergonzarnos se convierte en ocasión para experimentar el cálido abrazo del Padre, la dulce fuerza de Jesús que nos cura y la “ternura materna” del Espíritu Santo. Esta es la esencia de la Confesión.

Y entonces, queridos hermanos y hermanas, vamos a recibir el perdón. Vosotros, hermanos que administráis el perdón de Dios, sed los que ofrecen a quien se os acerca la alegría de este anuncio: Alégrate, el Señor está contigo. Ninguna rigidez, por favor, ningún obstáculo, ninguna incomodidad; ¡puertas abiertas a la misericordia! En la Confesión, estamos especialmente llamados a encarnar al Buen Pastor que toma en brazos a sus ovejas y las acaricia; estamos llamados a ser canales de la gracia, que vierten el agua viva de la misericordia del Padre en la aridez del corazón. Si un sacerdote no tiene esta actitud, si no tiene estos sentimientos en el corazón, mejor que no vaya a confesar.

El ángel habla a María por segunda vez. A ella, sorprendida por el saludo recibido, le dice: «No temas» (v. 30). Primera palabra, «El Señor está contigo»; segunda: «No temas». Vemos en la Escritura que, cuando Dios se presenta a quien lo acoge, le gusta pronunciar estas dos palabras: no temas. Se lo dice a Abrán (cf. Gn 15,1), se lo repite a Isaac (cf. Gn 26,24) y a Jacob (cf. Gn 46,3), y así sucesivamente, hasta José (cf. Mt 1,20) y María: no temas, no temas. De este modo nos brinda un mensaje claro y consolador: cada vez que la vida se abre a Dios, el miedo ya no puede convertirnos en sus rehenes. Porque el miedo nos aprisiona. Tú, hermana, hermano, si tus pecados te asustan, si tu pasado te inquieta, si tus heridas no cicatrizan, si tus continuas caídas te desmoralizan y parece que has perdido la esperanza, por favor, no temas. Dios conoce tus debilidades y es más grande que tus errores. Dios es más grande que nuestros pecados, es mucho más grande. Te pide una sola cosa: que tus fragilidades, tus miserias, no las guardes dentro de ti; sino que las lleves a Él, las coloques ante Él, y de motivos de desolación se convertirán en oportunidades de resurrección. ¡No temas! El Señor nos pide nuestros pecados. Recuerdo la historia de aquel monje del desierto, que había dado todo a Dios, todo, y llevaba una vida de ayuno, de penitencia y de oración. El Señor le pedía más. “—Señor, te he dado todo —le dijo el monje—, ¿qué falta? —Dame tus pecados”. Eso nos pide el Señor. No temas.

La Virgen María nos acompaña; ella misma entregó a Dios su desconcierto. El anuncio del ángel le daba serias razones para temer. Le proponía algo impensable, que iba más allá de sus fuerzas y que ella sola no hubiera podido manejar; habrían surgido demasiadas dificultades: problemas con la ley mosaica, con José, con las personas de su pueblo y con su gente. Todas estas son dificultades, no temas.

Pero María no presentó objeciones. Le fue suficiente ese no temas, le bastó la garantía de Dios. Se aferró a Él, como lo queremos hacer nosotros esta tarde. Porque a menudo hacemos lo contrario: partimos de nuestras certezas y sólo cuando las perdemos acudimos a Dios. La Virgen, en cambio, nos enseña a comenzar desde Dios, con la confianza de que así todo lo demás nos será dado (cf. Mt 6,33). Nos invita a ir a la fuente, ir al Señor, que es el remedio radical contra el miedo y el dolor de vivir. Lo recuerda una bella frase, colocada sobre un confesionario aquí en el Vaticano, que se dirige a Dios con estas palabras: «Separarse de ti es caer; volverse a ti, levantarse; permanecer en ti es hallarse firme» (cf. S. Agustín, Soliloquios I,3).

En estos días siguen entrando en nuestras casas noticias e imágenes de muerte, mientras las bombas destruyen las casas de tantos de nuestros hermanos y hermanas ucranianos indefensos. La guerra atroz que se ha abatido sobre muchos y hace sufrir a todos, provoca en cada uno miedo y aflicción. Experimentamos en nuestro interior un sentido de impotencia y de incapacidad. Necesitamos escuchar que nos digan “no temas”. Pero las seguridades humanas no son suficientes, es necesaria la presencia de Dios, la certeza del perdón divino, el único que elimina el mal, desarma el rencor y devuelve la paz al corazón. Volvamos a Dios, volvamos a su perdón.

El ángel vuelve a hablar por tercera vez. Ahora le dice a la Virgen: «El Espíritu Santo descenderá sobre ti» (Lc 1,35). «El Señor está contigo», «No temas», y la tercera palabra es «El Espíritu Santo descenderá sobre ti». Es así como Dios interviene en la historia: dando su mismo Espíritu. Porque en lo que es importante nuestras fuerzas no son suficientes. Nosotros solos no logramos resolver las contradicciones de la historia, y ni siquiera las de nuestro corazón. Necesitamos la fuerza sabia y apacible de Dios, que es el Espíritu Santo. Necesitamos el Espíritu de amor que disuelve el odio, apaga el rencor, extingue la avidez y nos despierta de la indiferencia. Ese Espíritu que nos da la armonía, porque Él es la armonía. Necesitamos el amor de Dios porque nuestro amor es precario e insuficiente. Le pedimos al Señor muchas cosas, pero con frecuencia olvidamos pedirle lo más importante, y que Él desea darnos: el Espíritu Santo, es decir, la fuerza para amar. Sin amor, en efecto, ¿qué podemos ofrecerle al mundo? Alguien ha dicho que un cristiano sin amor es como una aguja que no cose: punza, hiere, pero si no cose, si no teje y si no une, no sirve. Me atrevería a decir que no es cristiano. Por eso es necesario obtener del perdón de Dios la fuerza del amor, obtener ese mismo Espíritu que descendió sobre María.

Porque, si queremos que el mundo cambie, primero debe cambiar nuestro corazón. Para que esto suceda, dejemos hoy que la Virgen nos tome de la mano. Contemplemos su Corazón inmaculado, donde Dios se reclinó, el único Corazón de criatura humana sin sombras. Ella es la «llena de gracia» (v. 28) y, por tanto, vacía de pecado; en ella no hay rastro del mal y por eso Dios pudo iniciar con ella una nueva historia de salvación y de paz. Fue allí donde la historia dio un giro. Dios cambió la historia llamando a la puerta del Corazón de María.

Y hoy también nosotros, renovados por el perdón, llamemos a la puerta de ese Corazón. En unión con los obispos y los fieles del mundo, deseo solemnemente llevar al Corazón inmaculado de María todo lo que estamos viviendo; renovar a ella la consagración de la Iglesia y de la humanidad entera y consagrarle, de modo particular, el pueblo ucraniano y el pueblo ruso, que con afecto filial la veneran como Madre. No se trata de una fórmula mágica, no, no es eso; sino que se trata de un acto espiritual. Es el gesto de la plena confianza de los hijos que, en la tribulación de esta guerra cruel y esta guerra insensata que amenaza al mundo, recurren a la Madre. Como los niños, cuando están asustados, que van con su madre a llorar, a buscar protección. Acudamos a la Madre, depositando en su Corazón el miedo y el dolor, y entregándonos totalmente a ella. Es colocar en ese Corazón limpio, inmaculado, donde Dios se refleja, los bienes preciosos de la fraternidad y de la paz, todo lo que tenemos y todo lo que somos, para que sea ella, la Madre que nos ha dado el Señor, la que nos proteja y nos cuide.

Los labios de María pronunciaron la frase más bella que el ángel pudiera llevar a Dios: «Que se haga en mí lo que tú dices» (v. 38). La aceptación de María no es pasiva ni resignada, sino el vivo deseo de adherir a Dios, que tiene «planes de paz y no de desgracia» (Jr 29,11). Es la participación más íntima en su proyecto de paz para el mundo. Nos consagramos a María para entrar en este plan, para ponernos a la plena disposición de los proyectos de Dios. La Madre de Dios, después de haber pronunciado el sí, afrontó un largo y tortuoso viaje hacia una región montañosa para visitar a su prima encinta (cf. Lc 1,39). Fue deprisa. A mí me gusta imaginar a la Virgen siempre así, apresurándose. La Virgen que se apresura para ayudarnos, para protegernos. Que Ella tome hoy nuestro camino en sus manos; que lo guíe, a través de los senderos escarpados y fatigosos de la fraternidad y el diálogo, lo guíe por el camino de la paz.

[00448-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

No Evangelho da Solenidade de hoje, o Anjo Gabriel toma a palavra por três vezes para se dirigir à Virgem Maria.

A primeira vez, quando A saúda com estas palavras: «Alegra-Te, ó cheia de graça: o Senhor está contigo» (Lc 1, 28). O motivo para rejubilar, o motivo da alegria, é desvendado em poucas palavras: o Senhor está contigo. Irmão, irmã, hoje podes ouvir estas palavras dirigidas a ti, dirigidas a cada um de nós; podes fazê-las tuas sempre que te abeiras do perdão de Deus, porque nessa ocasião te diz o Senhor: «Eu estou contigo». Muitas vezes pensamos que a Confissão consiste em ir de cabeça inclinada ao encontro de Deus. Mas voltar para o Senhor não é primariamente obra nossa; é Ele que nos vem visitar, cumular da sua graça, alegrar com o seu júbilo. Confessar-se é dar ao Pai a alegria de nos levantar de novo. No centro daquilo que vamos viver, não estão os nossos pecados; estarão, mas não estão no centro. O seu perdão: este é o centro. Tentemos imaginar se, no centro do Sacramento, estivessem os nossos pecados: então dependeria quase tudo de nós, do nosso arrependimento, dos nossos esforços, do nosso empenhamento. Mas não, no centro está Ele, que nos liberta e põe de pé.

Restituamos à graça o primado e peçamos o dom de compreender que a Reconciliação consiste antes de tudo, não num passo nosso para Deus, mas no seu abraço que nos envolve, deslumbra, comove. É o Senhor que entra em nossa casa, como na de Maria em Nazaré, e traz um deslumbramento e uma alegria antes desconhecidos: a alegria do perdão. Como primeiro plano foquemos a perspetiva em Deus: voltaremos a gostar da Confissão. Precisamos dela, porque cada renascimento interior, cada viragem espiritual começa daqui, do perdão de Deus. Não negligenciemos a Reconciliação, mas voltemos a descobri-la como o Sacramento da alegria. Sim, o Sacramento da alegria, onde o mal que nos faz envergonhar se torna ocasião para experimentar o abraço caloroso do Pai, a força suave de Jesus que nos cura, a «ternura materna» do Espírito Santo. Aqui está o coração da Confissão.

E então, queridos irmãos e irmãs, aproximemo-nos para receber o perdão. Vós, irmãos que administrais o perdão de Deus, sede aqueles que oferecem a quem se aproxima de vós a alegria deste anúncio: Alegra-te, o Senhor está contigo. Sem qualquer rigidez, por favor, sem criar obstáculos nem incómodos; portas abertas à misericórdia! De forma especial na Confissão, somos chamados a personificar o Bom Pastor que toma as suas ovelhas nos braços e as acaricia; somos chamados a ser canais de graça que derramam, na aridez do coração, a água viva da misericórdia do Pai. Se um sacerdote não tem este comportamento, se não tem estes sentimentos no coração, é melhor que não vá confessar.

A segunda vez que o Anjo fala a Maria, perturbada com a saudação recebida, é para Lhe dizer: «Não temas» (Lc 1, 30). A primeira: «O Senhor está contigo»; a segunda palavra: «Não temas». Na Sagrada Escritura, quando Deus aparece, gosta de dirigir estas duas palavras a quem O acolhe: não temas. Di-las a Abraão (cf. Gn 15, 1), repete-as a Isaac (cf. Gn 26, 24), a Jacob (cf. Gn 46,3) e a muitos outros até chegarmos a José (cf. Mt 1, 20) e a Maria: não temas, não temas. Deste modo transmite-nos uma mensagem clara e reconfortante: sempre que a vida se abre a Deus, o medo deixa de poder ter-nos como reféns. Pois o medo mantém-nos reféns. Tu, irmã, irmão, se os teus pecados te assustam, se o teu passado te preocupa, se as tuas feridas não cicatrizam, se as quedas constantes te desmoralizam e cresce a sensação de teres perdido a esperança, por favor não temas. Deus conhece as tuas fraquezas e é maior que as tuas falhas. Deus é maior do que os nossos pecados: é muito maior! Só te pede uma coisa: as tuas fragilidades, as tuas misérias, não as guardes dentro de ti; leva-as a Ele, entrega-as a Ele e, de motivo de desolação, tornar-se-ão oportunidade de ressurreição. Não temas! O Senhor pede-nos os nossos pecados. Vem-me ao pensamento a história daquele monge do deserto, que tinha dado tudo a Deus, tudo, e levava uma vida de jejum, de penitência, de oração. Mas o Senhor pedia-lhe mais. «Senhor, dei-Vos tudo – diz o monge – que falta?». «Dá-me os teus pecados». O mesmo nos pede o Senhor. Não temas!

A Virgem Maria acompanha-nos: Ela mesma deixou a sua perturbação em Deus. O anúncio do Anjo dava-Lhe razões sérias para não temer. Propunha-Lhe algo de inimaginável, que estava para além das suas forças e, sozinha, não poderia levá-lo para diante: haveria muitas dificuldades, problemas com a lei mosaica, com José, com as pessoas da sua terra e do seu povo. Todas estas são dificuldades: não temas!

Mas Maria não levanta objeções. Basta-Lhe aquele não temas, basta-Lhe a garantia de Deus. Agarra-Se a Ele, como queremos nós fazer esta noite. Porque muitas vezes fazemos o contrário: partimos das nossas certezas e, só quando as perdemos, é que vamos ter com Deus. Nossa Senhora ensina-nos o contrário: partir de Deus, com a confiança de que, assim, tudo o mais nos será dado (cf. Mt 6, 33). Convida-nos a ir à fonte, ir ao Senhor, que é o remédio radical contra o medo e os perigos da existência. No-lo recorda uma bela frase, gravada num confessionário aqui no Vaticano, que se dirige a Deus com estas palavras: «Afastar-se de Vós é cair, voltar a Vós é ressuscitar, permanecer em Vós é existir» (cf. Santo Agostinho, Soliloquium I, 3).

Nestes dias, notícias e imagens de morte continuam a entrar pelas nossas casas dentro, enquanto as bombas destroem as casas de muitos dos nossos irmãos e irmãs ucranianos inermes. A guerra brutal, que se abateu sobre tantos e que a todos faz sofrer, provoca em cada um medo e consternação. Notamos dentro de nós uma sensação de impotência e inadequação. Precisamos de ouvir dizer-nos: «não temas». Mas não bastam as garantias humanas, é necessária a presença de Deus, a certeza do perdão divino, o único que apaga o mal, desativa o rancor, restitui a paz ao coração. Voltemos a Deus, voltemos ao seu perdão.

E, pela terceira vez, o Anjo retoma a palavra, para dizer a Nossa Senhora: «O Espírito Santo virá sobre Ti» (Lc 1, 35). «O Senhor está contigo»; «Não temas» e agora a terceira palavra: «o Espírito Santo virá sobre Ti». É assim que Deus intervém na história: dando o seu próprio Espírito. Porque nas coisas que contam, não bastam as nossas forças. Por nós sozinhos somos incapazes de resolver as contradições da história ou mesmo as do nosso coração. Precisamos da força sapiente e suave de Deus, que é o Espírito Santo. Precisamos do Espírito de amor, que dissolve o ódio, apaga o rancor, extingue a ganância, desperta-nos da indiferença. Aquele Espírito que nos dá harmonia, porque Ele é harmonia. Precisamos do amor de Deus, porque o nosso amor é precário e insuficiente. Pedimos tantas coisas ao Senhor, mas muitas vezes esquecemo-nos de Lhe pedir o que é mais importante e que Ele nos deseja dar: o Espírito Santo, isto é, a força para amar. Com efeito, sem amor, o que é que havemos de oferecer ao mundo? Alguém disse que um cristão sem amor é como uma agulha que não cose: pica, fere, mas se não cose, se não tece, se não conjunge, é inútil. Eu ousaria dizer: não é cristão. Por isso há necessidade de beber do perdão de Deus a força do amor, beber o mesmo Espírito que desceu sobre Maria.

Pois, se quisermos que mude o mundo, tem de mudar primeiro o nosso coração. Para o conseguirmos, deixemos hoje que Nossa Senhora nos leve pela mão. Olhemos para o seu Imaculado Coração, onde Deus descansou, para o único Coração de criatura humana sem sombras. Ela é «cheia de graça» (Lc 1, 28) e, portanto, vazia de pecado: n’Ela não há vestígios de mal e, assim, com Ela Deus pôde iniciar uma história nova de salvação e de paz. Naquele ponto, a história deu uma viragem. Deus mudou a história, batendo à porta do Coração de Maria.

E hoje também nós, renovados pelo perdão de Deus, batemos à porta daquele Coração. Em união com os Bispos e os fiéis do mundo inteiro, desejo solenemente levar ao Imaculado Coração de Maria tudo o que estamos a viver: renovar-Lhe a consagração da Igreja e da humanidade inteira e consagrar-Lhe de modo particular o povo ucraniano e o povo russo, que, com afeto filial, A veneram como Mãe. Não se trata duma fórmula mágica; não é isto! Trata-se dum ato espiritual. É o gesto da entrega plena dos filhos que, na tribulação desta guerra cruel, desta guerra insensata que ameaça o mundo, recorrem à Mãe. Como as crianças que, quando estão assustadas, vão ter com a mãe a chorar, à procura de proteção, recorremos à Mãe, lançando no seu Coração medo e sofrimento, entregando-nos nós mesmos a Ela. É colocar naquele Coração límpido, incontaminado, onde Deus Se espelha, os bens preciosos da fraternidade e da paz, tudo quanto temos e somos, para que seja Ela – a Mãe que o Senhor nos deu – a proteger-nos e guardar-nos.

Dos lábios de Maria brotou a frase mais bela que o Anjo pudesse referir a Deus: «Faça-se em Mim segundo a tua palavra» (Lc 1, 38). Esta aceitação por parte de Nossa Senhora não é uma aceitação passiva nem resignada, mas o desejo vivo de aderir a Deus, que tem «desígnios de paz e não de desgraça» (Jr 29, 11). É a participação mais íntima no seu plano de paz para o mundo. Consagramo-nos a Maria para entrar neste plano, para nos colocarmos à inteira disposição dos desígnios de Deus. A Mãe de Deus, depois de ter dito o seu sim, empreendeu uma longa viagem subindo até uma região montanhosa para visitar a prima grávida (cf. Lc 1, 39). Foi apressadamente. Gosto de pensar em Nossa Senhora com pressa, sempre assim, Nossa Senhora que Se apressa para nos ajudar, para nos guardar. Hoje que Ela tome pela mão o nosso caminho e o guie, através das veredas íngremes e cansativas da fraternidade e do diálogo, o guie pela senda da paz.

[00448-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

W Ewangelii dzisiejszej uroczystości Anioł Gabriel trzykrotnie zabiera głos i zwraca się do Maryi Dziewicy.

Za pierwszym razem pozdrawiając Ją mówi: „Raduj się, łaski pełna, Pan z Tobą” (Łk 1, 28). Motyw, aby się radować, powód do radości, objawia się w kilku słowach: Pan z Tobą. Bracie, siostro, dziś możesz usłyszeć te słowa skierowane do ciebie, do każdego z nas. Możesz uczynić je swoimi za każdym razem, gdy zbliżasz się do Bożego przebaczenia, ponieważ tam Pan mówi do ciebie: „Ja jestem z tobą”. Zbyt często nam się wydaje, że spowiedź polega na tym, że idziemy do Boga z pochyloną głową. Ale przede wszystkim to nie my wracamy do Pana. To On przychodzi, aby nas nawiedzić, napełnić swoją łaską, ucieszyć nas swoją radością. Spowiadanie się to dawanie Ojcu radości z tego, że może nas podnieść. W centrum tego, co przeżyjemy, nie są nasze grzechy, tam będą, lecz nie są w centrum; Jego przebaczenie: to jest centrum Spróbujmy sobie wyobrazić, gdyby w centrum tego sakramentu były nasze grzechy: niemal wszystko zależałoby wówczas wyłącznie od nas, od naszej skruchy, od naszych wysiłków, od naszego zaangażowania. Natomiast tak nie jest - w centrum jest On, który nas uwalnia i stawia na nogi.

Oddajmy prymat łasce i prośmy o dar zrozumienia, że Pojednanie nie jest przede wszystkim naszym krokiem ku Bogu, lecz Jego objęciem, które nas ogarnia, zadziwia, wzrusza. To Pan, który - jak w Nazarecie z Maryją - wkracza do naszego domu i przynosi zdumienie i radość, wcześniej nieznane: radość przebaczenia. Postawmy na pierwszym planie perspektywę Bożą: wtedy na nowo polubimy spowiedź. Potrzebujemy jej, ponieważ każde wewnętrzne odrodzenie, każdy duchowy przełom zaczyna się właśnie stąd, od Bożego przebaczenia. Nie zaniedbujmy pojednania, ale odkryjmy je na nowo jako sakrament radości. Tak, sakrament radości, gdzie zło, które nas zawstydza, staje się okazją do doświadczenia serdecznego uścisku Ojca, słodkiej siły Jezusa, który nas uzdrawia, „matczynej czułości” Ducha Świętego.

A zatem, drodzy bracia i siostry, idziemy naprzód, by otrzymać przebaczenie. Wy, bracia, którzy udzielacie Bożego przebaczenia, bądźcie tymi, którzy ofiarują przystępującym radość płynącą z tej wieści: Raduj się, Pan z Tobą. Żadnego rygoryzmu, proszę, żadnych przeszkód, żadnego zażenowania; drzwi otwarte na miłosierdzie! Szczególnie w spowiedzi jesteśmy wezwani do uosabiania Dobrego Pasterza, który bierze swoje owce na ramiona i obdarza je czułością; jesteśmy wezwani, by być kanałami łaski, które wlewają w oschłość serca żywą wodę miłosierdzia Ojca. Jeśli ksiądz nie ma takiego nastawienia, jeśli nie ma tych uczuć w sercu, lepiej niech nie idzie spowiadać.

Po raz drugi Anioł mówi do Maryi. Zaniepokojonej otrzymanym pozdrowieniem, głosi: „Nie bój się” (w. 30). Pierwsze: „Pan z Tobą”; drugie słowo „Nie bój się”. W Piśmie Świętym, kiedy Bóg przedstawia się tym, którzy Go przyjmują, lubi wypowiadać te dwa słowa: nie bój się. Mówi je do Abrahama (por. Rdz 15, 1), powtarza Izaakowi (por. Rdz 26, 24), Jakubowi (por. Rdz 46, 3) i tak dalej, aż po Józefa (por. Mt 1, 20) i po Maryję: nie bój się, nie bój się. W ten sposób przekazuje nam wyraźne i pocieszające przesłanie: gdy życie otwiera się na Boga, strach nie może już trzymać nas jako zakładników. Ponieważ strach trzyma nas, jako zakładników. Ty siostro, bracie, jeśli twoje grzechy cię przerażają, jeśli twoja przeszłość cię niepokoi, jeśli twoje rany się nie goją, jeśli ciągłe upadki cię zniechęcają i wydaje ci się, że straciłeś nadzieję, proszę, nie bój się. Bóg zna twoje słabości i jest większy od twoich błędów. Bóg jest większy od naszych grzechów, jest o wiele bardziej większy! Prosi ciebie o jedno: nie trzymaj w sobie twoich słabości, twoich nieszczęść; zanieś je do Niego, złóż je w Nim, a zmienią się z powodów do rozpaczy w szansę na zmartwychwstanie. Nie bój się! Pan pyta nas o nasze grzechy. Przypomina mi się historia o mnichu na pustyni, który oddał wszystko Bogu, wszystko, i prowadził życie wypełnione postem, pokutą i modlitwą. Pan poprosił go o więcej. „Panie, dałem Ci wszystko” - mówi mnich – „czego brakuje?”. „Daj mi twoje grzechy”. Tak Pan prosi nas. Nie bój się.

Towarzyszy nam Dziewica Maryja: Ona sama zaniosła swój niepokój Bogu. Zwiastowanie Anioła dało jej poważne powody do obaw. Zaproponował Jej coś, co było dla Niej nie do pomyślenia, co przekraczało Jej siły i z czym nie mogłaby sobie sama poradzić: byłoby zbyt wiele trudności, problemów z prawem mojżeszowym, z Józefem, z ludźmi z Jej krainy i z Jej narodem. One wszystkie są trudnością: nie bój się.

Maryja nie podniosła jednak żadnych zastrzeżeń. Wystarcza jej to nie bój się, wystarcza Jej zapewnienie Boga. Przylgnęła do Niego, tak jak my chcemy to uczynić tego wieczoru. Często bowiem postępujemy odwrotnie: zaczynamy od naszych pewników i dopiero gdy je tracimy, idziemy do Boga. Matka Boża uczy nas natomiast, abyśmy zaczynali od Boga, ufając, że w ten sposób wszystko inne będzie nam dane (por. Mt 6, 33). Zaprasza nas, by pójść do źródła, pójść do Pana, który jest radykalnym środkiem przeciwko lękowi i złu, jakie niesie życie. Przypomina o tym piękna sentencja umieszczona na konfesjonale tu, w Watykanie, która zwraca się do Boga w następujących słowach: „Oddalić się od Ciebie to upaść, do Ciebie powrócić to powstać, trwać w Tobie to żyć” (por. św. Augustyn, Soliloquium I, 3).

W tych dniach do naszych domów wciąż docierają wiadomości i obrazy śmierci, podczas gdy bomby niszczą domy tak wielu naszych bezbronnych braci i sióstr z Ukrainy. Okrutna wojna, która dotknęła jakże wielu i sprawia, że wszyscy cierpią, wywołuje u wszystkich strach i przerażenie. Mamy poczucie bezsilności i niewystarczalności. Trzeba, by nam powiedziano: „nie lękaj się”. Ale ludzkie uspokojenia nie wystarczają, potrzebujemy obecności Boga, pewności Bożego przebaczenia, jedynego, które usuwa zło, łagodzi urazę, przywraca pokój w sercu. Powróćmy do Boga, powróćmy do Jego przebaczenia.

Po raz trzeci Anioł znów zaczyna mówić. Teraz mówi do Matki Bożej: „Duch Święty zstąpi na Ciebie” (Łk 1, 35). „Pan z Tobą”; „Nie bój się”; i trzecie słowo: „Duch Święty zstąpi na Ciebie”. Oto, jak Bóg interweniuje w dziejach: dając swojego Ducha. Ponieważ w tym, co się liczy, nie wystarczają nasze własne siły. Sami nie jesteśmy w stanie rozwiązać sprzeczności historii ani sprzeczności naszych własnych serc. Potrzebujemy mądrej i łagodnej mocy Boga, którą jest Duch Święty. Potrzebujemy Ducha miłości, który rozprasza nienawiść, gasi urazę, wyplenia chciwość, budzi nas z obojętności. Ten Duch, który daje nam harmonię, ponieważ On jest harmonią. Potrzebujemy miłości Boga, ponieważ nasza miłość jest słaba i niewystarczająca. Prosimy Pana o wiele rzeczy, ale często zapominamy prosić Go o to, co najważniejsze i co On chce nam dać: Ducha Świętego, to znaczy moc, by miłować. Bo bez miłości, cóż zaoferujemy światu? Ktoś powiedział, że chrześcijanin bez miłości jest jak igła, która nie szyje: kłuje, rani, ale jeśli nie szyje, jeśli nie splata, jeśli nie jednoczy, jest bezużyteczny. Odważyłbym się powiedzieć: nie jest chrześcijaninem. Dlatego z Bożego przebaczenia musimy czerpać moc miłości, czerpać tego samego Ducha, który zstąpił na Maryję.

Dlatego, jeśli chcemy, aby świat się zmienił, to musi się zmienić przede wszystkim nasze serce. Aby tak się stało, pozwólmy się dziś wziąć za rękę Matce Bożej. Spójrzmy na Jej Niepokalane Serce, na którym spoczywał Bóg, na jedyne Serce istoty ludzkiej bez cienia. Ona jest „pełna łaski” (w. 28), a więc wolna od grzechu: w Niej nie ma śladu zła i dlatego z Nią Bóg mógł rozpocząć nową historię zbawienia i pokoju. Tam historia zmieniła swój bieg. Bóg zmienił historię, pukając do Serca Maryi.

I dzisiaj także my, odnowieni przebaczeniem, pukamy do tego Serca. W łączności z biskupami i wiernymi całego świata pragnę uroczyście zanieść do Niepokalanego Serca Maryi to wszystko, co przeżywamy: ponowić poświęcenie Jej Kościoła i całej ludzkości oraz poświęcić Jej w sposób szczególny naród ukraiński i rosyjski, które z synowską czułością czczą Ją jako swoją Matkę. Nie chodzi o formułę magiczną, nie, to nie to; lecz chodzi o akt duchowy. Jest to pełen zawierzenia gest dzieci, które w utrapieniu tej okrutnej wojny, tej bezsensownej wojny, zagrażającej światu, uciekają się do Matki. Podobnie jak dzieci, gdy są przestraszone, idą do matki, by płakać i szukać ochrony. Zwracamy się do naszej Matki, zanosząc do Jej Serca strach i ból, powierzając Jej samych siebie. Jest to złożenie w tym przejrzystym, nieskażonym Sercu, w którym odbija się Bóg, cennych dóbr braterstwa i pokoju, wszystkiego, co posiadamy i czym jesteśmy, aby Ona, Matka, którą dał nam Pan, broniła nas i strzegła.

Z ust Maryi popłynęło najpiękniejsze zdanie, jakie Anioł mógł zanieść Bogu: „Niech mi się stanie według słowa Twego” (w. 38). Akceptacja Maryi nie jest bierna czy zrezygnowana, lecz jest żywym pragnieniem przylgnięcia do Boga, który ma „zamiary pełne pokoju, a nie zguby” (Jr 29, 11). Jest to najściślejszy udział w Jego planie pokoju dla świata. Poświęcamy się Maryi, aby wejść w ten plan, aby w pełni oddać się do dyspozycji Bożych planów. Matka Boża, wypowiedziawszy swoje „tak”, udała się w długą podróż w góry, aby odwiedzić swoją brzemienną kuzynkę (por. Łk 1, 39). Poszła z pośpiechem. Lubię myśleć o Matce Bożej, która się spieszy, zawsze tak, o Matce Bożej, która spieszy nam z pomocą, aby nas chronić. Niech Ona weźmie dziś za rękę naszą drogę: niech ją prowadzi po stromych i żmudnych ścieżkach braterstwa i dialogu, niech ją prowadzi po drodze pokoju.

[00448-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس

في احتفال التّوبة

وفعل التّكريس لقلب مريم الطاهر

يوم الجمعة 25 آذار/مارس 2022

بازيليكا القدّيس بطرس

في إنجيلِ عيدِ اليوم، تكلّم الملاكُ جبرائيل ثلاثَ مرّاتٍ وخاطبَ مريمَ العذراء.

في المرّة الأولى، في تحيتها، قال: "افرَحي، أَيَّتُها المُمتَلِئَةُ نِعْمَةً، الرَّبُّ مَعَكِ" (لوقا 1، 28). سبب الفرح وسبب السّرور تجلّى في كلمات قليلة وهي: الرّبُّ معكِ. أيّها الأخ، وأيّتها الأخت، يمكنك أن تسمع اليوم هذه الكلمات موجّهة إليك، ولكلّ واحدٍ منا، ويمكنك أن تعتبرها موجهة إليك في كلّ مرّة تقترب فيها من مغفرة الله، لأنّ الرّبّ يسوع يقول لك هناك: ”أنا معك“. كثيرًا ما نفكّر أنّ سرّ الاعتراف هو ذهابنا إلى الله ورؤوسنا منحنية. لكن قبل كلّ شيء، لسنا نحن من نرجع إلى الرّبّ يسوع، بل هو الذي يأتي لزيارتنا، ويملأنا بنعمته ويفرّحنا بفرحه. أن نعترف، هذا يعني أن نمنح الآب الفرح في أن ينهضنا من جديد. ليست خطايانا هي المحور في وسط ما نعيشه، هي موجودة هناك، لكنّها ليست المحور، بل مغفرة الله لنا هي المحور. لنحاول أن نتخيّل لو كانت خطايانا هي المحور في سرّ الاعتراف: لكان كلّ شيء تقريبًا يعتمد علينا، وعلى توبتنا، وعلى جهودنا، وعلى التزاماتنا. بينما الأمر ليس كذلك، المحور هو الله الذي يحرّرنا ويوقفنا على أقدامنا.

لنُرجِع الأولويّة إلى النّعمة ولنطلب النعمة لنفهم أنّ المُصالحة ليست أوّلًا خطوة منا إلى الله، بل هي عناق الله لنا الذي يغمرنا ويدهشنا ويؤثّر فينا. هو الله الذي يدخل بيتنا ويحمل إلينا دهشةً وفرحًا، فرح المغفرة، لم نعرفهما من قبل، كما دخل بيت مريم في الناصرة. لنضع منظور الله في المقدّمة: وسنعود نحبّ الاعتراف. نحن بحاجة إلى هذا، لأنّ كلّ ولادة داخليّة جديدة، وكلّ نقطة تحوّل روحيّة تبدأ من هنا، من مغفرة الله. لا نتجاهل المصالحة، بل لِنُعِد اكتشافها على أنّها سرُّ الفرح. نعم، سرُّ الفرح، حيث الشّرّ الذي نخجل منه يصبح فرصة لأن نختبر عناق الأب المليء بالمودة، وقوّة يسوع اللطيفة التي تشفينا، و ”حنان الأم“ في الرّوح القدس. هذا هو قلب سرّ الاعتراف.

لهذا، أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، لنمض قُدُمًا لننال المغفرة. أنتم، أيّها الإخوة، الذين تمنحون مغفرة الله، كونوا أولئك الذين يقدّمون فرحة هذا الإعلان لمن يقترب منكم: افرح، الرّبّ معك. لا تَشدُّد، من فضلكم، ولا تضعوا عقبات، ولا إزعاجات، بل أبواب مفتوحة على الرّحمة! في سرّ الاعتراف خصوصًا، نحن مدعوّون لأن نجسّد الرّاعي الصّالح الذي يحمل خرافه بين ذراعيه ويلاطفها، ولأن نكون قنوات نعمة تسكب في القلوب الجافّة ماء رحمة الآب الحيّ. إذا لم يكن لدى الكاهن هذا السلوك، وإذا لم يكن لديه هذه المشاعر في قلبه، فمن الأفضل ألّا يذهب ليعرّف الناس.

تكلّم الملاك مع مريم مرّة ثانية، لما اضطربت من سلامه، فقال لها: "لا تَخافي" (الآية 30). الكلمة الأولى: ”الرَّبُّ مَعَكِ“، والثانية: ”لا تَخافي“. في الكتاب المقدّس، عندما يقدّم الله نفسه لمن يستقبله، يحبّ أن يقول هاتين الكلمتين: لا تخف. قالها لأبرام (راجع تكوين 15، 1)، وكرّرها لإسحاق (راجع تكوين 26، 24)، ويعقوب (راجع تكوين 46، 3) وهكذا دواليك، وأخيرًا قالها ليوسف (راجع متى 1، 20) ومريم: لا تخف. بهذه الطّريقة أرسل لنا رسالة واضحة ومعزّية، وهي: في كلّ مرّة تنفتح الحياة على الله، لا يمكن أن نبقى رهائن للخوف بعد الآن. لأنّ الخوف يريدنا أن نبقى رهائن له. أيّها الأخ، وأيّتها الأخت، إن كانت خطاياك تخيفك، وإن كان ماضيك يقلقك، وإن لم تلتئم جراحك، وإن كان سقوطك المستمر يحبطك ويبدو لك أنّك فقدت الأمل، من فضلك، لا تخف. الله يعرف ضعفك وهو أكبر من أخطائك. الله هو أكبر من خطايانا. يطلب منك شيئًا واحدًا وهو: ألّا تحتفظ بضعفك وبؤسك في داخلك، بل احملهما إليه، وضعهما أمامه. وإن كانت أسباب دمار فيك، ستصبح فرصًا للقيامة. لا تخف! الله يطلب منا خطايانا. أتذكّر قصة راهب الصحراء الذي أعطى الله كلّ شيء، وعاش حياة الصّوم والتّوبة والصّلاة. فسأله الله أكثر من ذلك. فقال الراهب: ”يا ربّ، أعطيتك كلّ شيء“، ”ماذا ينقص بعد؟“. فقال له الله: ”أعطني خطاياك“. هكذا يطلب منا الله. لا تخف.

مريم العذراء ترافقنا: ألقت هي نفسها قلقها على الله. إعلان الملاك كان سببًا جديّا للخوف. إذ اقترح عليها أمرًا لا يمكن تصوّره، يفوق قوّتها، وبمفردها لا تستطيع أن تقوم به: كانت أمامها صعوبات كثيرة، صعوبات مع الشّريعة الموسويّة، ومع يوسف، ومع الأشخاص في بلدتها وشعبها. كلّ هذه صعوبات: لا تخف.

ومع ذلك، مريم لم تعترض. اكتفت بكلمة "لا تخافي"، واكتفت بطمأنة الله لها. تشبّثت به، مثلما نريد أن نفعل نحن في هذا المساء. لأنّنا غالبًا نفعل العكس: نبدأ بالاتكال على أنفسنا، ثم عندما نشعر بالضياع، إذّاك فقط نذهب إلى الله. مريم العذراء تعلِّمنا أن نبدأ بالاتكال على الله، واثقين أنّ كلّ شيء بعد ذلك سيُزَادُ لنا (راجع متّى 6، 33). إنّها تدعونا إلى الذّهاب إلى الينبوع، إلى الرّبّ يسوع، الذي هو العلاج الجذري لكلّ خوف ولشرور الحياة. تُشير إلى ذلك عبارة جميلة، كُتبت فوق كرسي اعتراف هنا في الفاتيكان، وتتوجّه إلى لله بهذه الكلمات: "الابتعاد عنك هو سقوط، والعودة إليك قيامة، والبقاء فيك حياة". (راجع القدّيس أغسطينس،Soliloquium ، 1، 3).

في هذه الأيام، تستمرّ أخبار وصوَر الموت في الدخول إلى بيوتنا، بينما تدمّر القنابل بيوت الكثير من إخوتنا وأخواتنا الأوكرانيّين العُزَّل. الحرب الوحشيّة التي أطاحت بالكثيرين وتسببّت في معاناة الجميع، أثارت في كلّ واحدٍ الخوف والفزع. نشعر في داخلنا بإحساسِ العجزِ وعدم المقدرة. نحن بحاجة إلى أن نسمع من يقول لنا ”لا تخافوا“. لا تكفي الطمأنينة من الناس، نحن بحاجة إلى حضور الله، وإلى تأكيد المغفرة الإلهيّة، الوحيدة التي تَمحو الشّرّ، وتُهدّئ الحقد، وتُعيد السّلام إلى القلب. لِنَعُدْ إلى الله، ولْنَعُدْ إلى مغفرته.

كلَّم الملاك مريم العذراء مرّة ثالثة، قال لها: "إِنَّ الرُّوحَ القُدُسَ سيَنزِلُ علَيكِ" (لوقا 1، 35). الكلمة الأولى: ”الرَّبُّ مَعَكِ“، والثانية: ”لا تَخافي“، والثالثة: ”إِنَّ الرُّوحَ القُدُسَ سيَنزِلُ علَيكِ“. هكذا يتدخّل الله في التّاريخ: يَهَبُ روحه نفسه. لأنّ قوّتنا لا تكفي في الأمور الهامة. نحن وحدنا لا نستطيع أن نحلّ تناقضات التّاريخ ولا حتّى تناقضات قلوبنا. نحن بحاجة إلى قوّة الله الحكيمة والوديعة، التي هي الرّوح القدس. نحن بحاجة إلى روح المحبّة، الذي يذوّب الكراهية، ويطفئ الحقد، ويخمد الجشع، ويوقظنا من اللامبالاة. نحن بحاجة إلى ذلك الرّوح الذي يعطينا الانسجام، لأنّه انسجام. نحن بحاجة إلى محبّة الله، لأنّ محبّتنا غير مستقرّة وغير كافية. نطلب من الرّبّ يسوع أمورًا كثيرة، لكنّنا ننسى غالبًا أن نطلب منه ما هو أهمّ، وما يرغب هو في أن يعطينا إيّاه: الرّوح القدس، أي القوّة من أجل أن نحبّ. في الواقع، من دون محبّة، ماذا نقدّم للعالم؟ قال أحدُهم إنّ المسيحيّ من دون محبّة مثل إبرة لا تُخيِّط: بل هي تَنخز، وتجرح، لكن إن لم تخيِّط، وإن لم تنسج، وإن لم تُوحِّد الخيوط، فلا فائدة منها. أجرؤ على القول: إنّه ليس مسيحيًّا. لهذا نحن بحاجة لأن نستمد من مغفرة الله قوّة المحبّة، أي الرّوح القدس نفسه الذي نزل على مريم.

لأنّه، إذا أردنا أن يتغيّر العالم، يجب أن يتغيّر قلبنا أوّلاً. ولكي نفعل ذلك، لندع سيّدتنا مريم العذراء اليوم تأخذنا بيدنا. لننظر إلى قلبها الطّاهر، حيث وضع الله نفسه، القلب البشري الوحيد من دون شكّ. مريم هي "المُمتَلِئَةُ نِعْمَةً" (آية 28)، وبالتّالي هي خالية من الخطيئة: لا يوجد فيها أثر للشّرّ، لهذا استطاع الله أن يبدأ معها تاريخًا جديدًا، تاريخ خلاص وسلام. هناك، أخذ التّاريخ منعطفًا آخر. غيّر الله التّاريخ عندما قَرَعَ على قلب مريم.

واليوم نحن أيضًا، المتجدّدين بالمغفرة، لنقرع على هذا القلب. بالاتّحاد مع الأساقفة والمؤمنين في العالم، أرغب أن أحمل بوقار إلى قلب مريم الطّاهر كلّ ما نعيشه: أنّ أجدّد لها تكريس الكنيسة والبشريّة جمعاء وأن نكرّس لها، بشكلٍ خاصّ، الشّعب الأوكراني والشّعب الرّوسي، اللذين يكرّمانها بمشاعر بنويّة أُمًّا لهم. ليس الأمر وصفة سحريّة، لا، ليس هذا، بل بادرة روحيّة. هذه لفتة من الأبناء كلّها ثقة، في ضيقة هذه الحرب القاسية التي لا معنى لها، والتي تهدّد العالم، الأبناء يلجأون إلى الأمّ، ويلقون في قلبها الخوف والألم، ويسلّمون أنفسهم لها. إنّهم يضعون في هذا القلب الصّافي، الذي لا وصمة فيه، والذي يعكس وجه الله، خيرات الأخوّة والسّلام الثّمينة، وكلّ ما لنا وما نحن، حتّى تحمينا وتحرسنا هي، الأم التي أعطانا إيّاها الرّبّ يسوع.

تدفقت من شفتي مريم أجمل عبارة يمكن للملاك أن ينقلها إلى الله، وهي: "فَليَكُنْ لي بِحَسَبِ قَوْلِكَ" (آية 38). ليس قبول مريم العذراء قبولًا سلبيًّا أو مستسلمًا، بل رغبة حيّة في التمسك بالله، الذي لديه "أَفْكارُ سَلامٍ لا بَلْوى" (إرميا 29، 11). قبولها مشاركة أمينة في مشروع الله لسلام العالم. لنكرّس أنفسنا لمريم من أجل أن ندخل في هذا المخطط، ولنضع أنفسنا تحت التصرّف الكامل لمشاريع الله. بعد أن قالت والدة الإله نعم، قامت برحلة طويلة شاقّة مصَعِّدة في الجبال حتّى تزور نسيبتها الحامل (راجع 1، 39). ذهبت في عجلة من أمرها. يروق لي أن أتأمّل في مريم العذراء وهي في عجلة من أمرها، هكذا هي دائمًا، سيّدتنا مريم العذراء التي تسرع لمساعدتنا، ولحمايتنا. لتأخذ اليوم بيدنا في مسيرتنا: ولتَقُدْنا عبر طرق الأخوّة والحوار، الوعرة والصّعبة، على طريق السّلام.

[00448-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0213-XX.02]