Intervento dell’Em.mo Card. Pietro Parolin
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Riportiamo di seguito l’Intervento che l’Em.mo Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha pronunciato ieri pomeriggio al Dialogo promosso dalla COMECE: (Re)Thinking Europe. Un contributo cristiano al futuro del progetto europeo, in corso dal 27 al 29 ottobre, nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano:
Intervento dell’Em.mo Card. Pietro Parolin
Eminenze, Eccellenze,
Distinte Autorità e illustri Ospiti,
Signore e Signori,
Vi do il benvenuto e Vi ringrazio per essere intervenuti numerosi a questo Dialogo sull’Europa, organizzato dalla Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea (COMECE) in collaborazione con la Segreteria di Stato.
Saluto in modo speciale S.E. il Cardinale Reinhard Marx, Presidente della COMECE. Un particolare ringraziamento rivolgo al Sig. Frans Timmermans, Primo Vicepresidente della Commissione Europea, e all’On. Mairead McGuinness, Vicepresidente del Parlamento Europeo per la loro adesione che è oltremodo significativa. Nei rispettivi ambiti – la Commissione e il Parlamento – sono infatti entrambi gli interlocutori privilegiati per gli Episcopati europei del «dialogo aperto, trasparente e regolare» che l’Unione Europea mantiene con le Chiese[1].
Fin dall’inizio del suo Pontificato, Papa Francesco ha mostrato grande attenzione per le sorti dell’Europa, percependone la ricchezza storica e culturale, come pure le potenzialità e le difficoltà in un mondo globalizzato e in continuo e repentino mutamento. Nel corso di questi anni, possiamo dire che è nato un dialogo costante fra il Santo Padre e l’Europa, che è stato contraddistinto da diverse tappe, a partire dalle memorabili visite di Strasburgo, al Parlamento Europeo e al Consiglio d’Europa, fino a giungere all’Udienza concessa ai Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea, il 24 marzo scorso, e all’incontro che si terrà domani pomeriggio.
L’esito del referendum britannico dell’anno passato e le spinte disgregatrici che attraversano il continente hanno indotto il Santo Padre a considerare l’urgenza di favorire una riflessione ancora più ampia e attenta sull’Europa intera e sulla direzione che essa – anche al di là dei confini dell’Unione Europea – intende intraprendere. La Santa Sede, che ha guardato fin dal principio con interesse e rispetto il progetto di integrazione europea, ha ritenuto opportuno associarsi all’iniziativa promossa dalla COMECE, prendendo parte a questo dialogo fra le comunità ecclesiali e i membri della società civile. Essa vi partecipa in spirito di servizio all’Europa, perché non è indifferente alle sue problematiche e al suo destino ed è sempre desiderosa di offrire il proprio contributo per il bene dei popoli del continente.
Nella terza parte dell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, intitolata: Il bene comune e la pace sociale[2], Papa Francesco enuncia quattro principi «che orientano specificamente lo sviluppo della convivenza sociale e la costruzione di un popolo in cui le differenze si armonizzino all’interno di un progetto comune»[3]. Essi ben si applicano a questo momento di dialogo, che deve mirare soprattutto ad identificare gli interrogativi fondamentali che l’Europa deve porsi per affrontare le sfide dell’avvenire.
In questa prospettiva il nostro congregarsi deve tener presente che il tempo è superiore allo spazio. Ci ritroviamo oggi per dare vita a un processo piuttosto «che [a] ottenere risultati immediati che producano una rendita politica facile, rapida ed effimera, ma che non costruiscono la pienezza umana»[4]. Siamo qui con la convinzione che l’unità prevale sul conflitto. Ce ne hanno dato una dimostrazione eloquente proprio i Padri fondatori del progetto europeo, allorché compresero che mettere in comune le risorse e lavorare insieme era il vero rimedio all’insorgere di nuovi sanguinosi conflitti come quelli che avevano lacerato la prima metà del XX secolo. Nelle nostre conversazioni non vogliamo dimenticare che la realtà è superiore all’idea, poiché «l’idea staccata dalla realtà origina idealismi e nominalismi inefficaci, che al massimo classificano o definiscono, ma non coinvolgono. Ciò che coinvolge è la realtà illuminata dal ragionamento»[5]. Occorre perciò che non perdiamo mai di vista la realtà, che è fatta anzitutto dei volti concreti delle donne e degli uomini che abitano il nostro continente, ciascuno con le sue potenzialità e le sue sofferenze, poiché è fin troppo evidente il diffuso malessere che serpeggia nel nostro tempo dinanzi a modelli astratti calati dall’alto. Infine, non dimentichiamo che il tutto è superiore alla parte «ed è anche più della loro semplice somma»[6]. L’integrazione che è andata via via costituendosi è qualcosa di più grande della semplice sommatoria di lingue e di culture. In questo senso, ritengo che sia di vitale importanza trattenere un’affermazione centrale del pensiero del Papa sull’Europa: «I Padri fondatori ci ricordano che l’Europa non è un insieme di regole da osservare, non un prontuario di protocolli e procedure da seguire. Essa è una vita, un modo di concepire l’uomo a partire dalla sua dignità trascendente e inalienabile»[7].
Ho richiamato questi quattro principi cari a Papa Francesco, ritenendo utile offrire un’indicazione di metodo per il lavoro di questi giorni. Il nostro dialogo perderebbe infatti pregnanza se non partisse dal vissuto quotidiano delle persone e se non puntasse ad avere uno sguardo lungimirante sul futuro, in grado di indicare un percorso prospettico, più che di identificare soluzioni immediate a problemi contingenti. D’altra parte è proprio questa la prospettiva dei tre dibattiti che seguiranno nel pomeriggio e che prendono spunto dal discorso che il Santo Padre ha pronunciato in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno. In quell’occasione il Papa invitava ad accettare «la sfida di “aggiornare” l’idea di Europa. Un’Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare»[8].
Nell’approccio alla discussione può essere opportuno tenere presente alcuni interrogativi che emergono nei discorsi del Papa e che sintetizzano le sue preoccupazioni nell’attuale contesto, a partire dalle varie crisi che attraversano l’Europa: da quella economica che ha contraddistinto l’ultimo decennio, fino alla drammatica questione migratoria; dai conflitti che lacerano non solo la Regione del Mediterraneo ma che coinvolgono anche parti del continente, all’avanzare dei populismi e al ritorno dei nazionalismi; dalla disoccupazione e dal disagio giovanile ai problemi ambientali.
Nel porsi dinanzi a queste sfide, l’Europa ha dato «un’impressione generale di stanchezza e di invecchiamento»[9]. «Qual è allora l’ermeneutica, la chiave interpretativa con la quale possiamo leggere le difficoltà del presente e trovare risposte per il futuro?»[10] Come recuperare la memoria per ridare speranza al futuro?[11] E qual è la «speranza per l’Europa di oggi e di domani?»[12]
Al cuore di questi interrogativi vi è il tema di come recuperare l’idea di un’Europa che riporti al centro la persona, con il suo fermento di fraternità e la sua volontà di verità e di giustizia[13]. Ciò pone pure una questione generale sulla dignità dell’uomo, per la quale Papa Francesco propone altre domande. «Quale dignità esiste quando manca la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero o di professare senza costrizione la propria fede religiosa? Quale dignità è possibile senza una cornice giuridica chiara, che limiti il dominio della forza e faccia prevalere la legge sulla tirannia del potere? Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere e, peggio ancora, che non ha il lavoro che lo unge di dignità?»[14].
Particolarmente viva nel cuore del Papa sono il problema del lavoro e il tema dei giovani e delle prospettive per il loro avvenire. «Come evitare di perdere i nostri giovani, che finiscono per andarsene altrove in cerca di ideali e senso di appartenenza perché […] non sappiamo offrire loro opportunità e valori?»[15]. A sua volta tale interrogativo apre ad altre domande fondamentali che Papa Francesco pone in modo molto diretto: « Quale cultura propone l’Europa oggi?»[16] Dov’è quella tensione ideale che ha animato e reso grande la sua storia? Dov’è il suo spirito di intraprendenza curiosa e la sete di verità, che aveva comunicato al mondo con passione?[17]
Non mi dilungherò oltre su questi interrogativi, poiché sarà l’On. Pat Cox a definire propriamente il tema del nostro dialogo al termine di questa cerimonia d’apertura. Desideravo tuttavia proporre degli stimoli per una discussione che auspico vivace e profonda nello stesso tempo. D’altronde, ognuno in quest’aula è chiamato a fare la sua parte, secondo le responsabilità che gli sono proprie, per edificare il bene comune, e favorire la pace e la concordia. Il progetto europeo è indubbiamente un’opera umana. E come tale ha i suoi limiti ed è perfettibile. Proprio per questo merita la nostra attenzione e considerazione. Come cristiani desideriamo dare il nostro contributo, animati e sostenuti dalla fede: spinti dal desiderio di ricercare la città di Dio, non vogliamo dimenticare l’importanza di costruire e consolidare la comunità degli uomini[18].
Grazie.
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[1] Cfr. Art. 17 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europa.
[2] Francesco, Esortazione apostolica: “Evangelii Gaudium”, 217-237.
[3] Ibid., 221.
[4] Ibid., 224.
[5] Ibid., 232.
[6] Ibid., 235.
[7] Francesco, Discorso ai Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea, 24 marzo 2017.
[8] Francesco, Discorso in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno, 6 maggio 2016.
[9] Francesco, Discorso al Parlamento Europeo, Strasburgo, 25 novembre 2014.
[10] Discorso ai Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea, cit.
[11] Cfr. Ibid.
[12] Ibid.
[13] Cfr. Ibid. e A. De Gasperi, La nostra patria Europa. Discorso alla Conferenza Parlamentare Europea, 21 aprile 1954.
[14] Discorso al Parlamento Europeo, cit.
[15] Discorso in occasione del conferimento del Premio Carlo Magno, cit.
[16] Discorso ai Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea, cit.
[17] Cfr. Francesco, Discorso al Consiglio d’Europa, Strasburgo, 25 novembre 2014.
[18] Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale “Gaudium et spes” sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, n. 42
[01626-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Éminences, Excellences,
Distinguées Autorités et illustres hôtes,
Mesdames et Messieurs,
Je vous souhaite la bienvenue et je vous remercie d’être nombreux à intervenir lors de ce Dialogue sur l’Europe organisé par la Commission des Épiscopats de la Communauté Européenne (COMECE) en collaboration avec la Secrétairerie d’État.
Je salue spécialement Son Éminence le Cardinal Reinhard Marx, Président de la COMECE. J’adresse des remerciements particuliers à M. Frans Timmermans, Premier Vice-Président de la Commission Européenne, et à l’Honorable Mairead McGuinness, Vice-Président du Parlement Européen pour leur adhésion qui est très significative. Pour les Épiscopats européens, la Commission et le Parlement, dans leurs domaines respectifs, sont, en effet, tous deux les interlocuteurs privilégiés du «dialogue ouvert, transparent et régulier» (Art. 17 du Traité sur le fonctionnement de l’Union Européenne) que l’Union Européenne entretient avec les Églises.
Dès le début de son pontificat, le Pape François a montré une grande attention pour le sort de l’Europe, en percevant sa richesse historique et culturelle, ainsi que ses potentialités et ses difficultés dans un monde globalisé et en mutation permanente et rapide. Au cours de ces années, nous pouvons dire qu’est né, entre le Saint-Père et l’Europe, un dialogue constant qui a été caractérisé par diverses étapes, depuis les visites mémorables de Strasbourg, au Parlement Européen et au Conseil de l’Europe, jusqu’à l’Audience accordée aux Chefs d’État et de Gouvernement de l’Union Européenne, le 24 mars dernier, et à la rencontre qui aura lieu demain après-midi.
L’issue du référendum britannique de l’année dernière et les poussées vers la désagrégation qui traversent le continent ont conduit le Saint-Père à examiner l’urgence de favoriser une réflexion encore plus ample et plus attentive sur l’Europe tout entière et sur la direction qu’elle entend prendre en son sein et également au-delà des frontières de l’Union Européenne. Le Saint-Siège, qui a observé dès le début avec intérêt et respect le projet d’intégration européenne, a jugé opportun de s’associer à l’initiative promue par la COMECE, en prenant part à ce dialogue entre les communautés ecclésiales et les membres de la société civile. Il y participe dans un esprit de service à l’Europe, car il n’est pas indifférent à ses problématiques et à son destin et il désire toujours offrir sa propre contribution au bien des peuples du continent.
Dans la troisième partie de l’Exhortation apostolique Evangelii gaudium, intitulée: Le Bien commun et la paix sociale (nn. 217-237), le Pape François énonce quatre principes « qui orientent spécifiquement le développement de la cohabitation sociale et la construction d’un peuple où les différences s’harmonisent dans un projet commun» (ibid. n. 221). Ces principes s’appliquent bien à ce moment de dialogue, qui doit viser surtout à identifier les questions fondamentales que l’Europe doit se poser pour affronter les défis de l’avenir.
Dans cette perspective, notre assemblée doit avoir présent à l’esprit que le temps est supérieur à l’espace. Nous nous retrouvons aujourd’hui pour donner vie à un processus plutôt que « [pour] obtenir des résultats immédiats qui produisent une rente politique facile, rapide et éphémère, mais qui ne construisent pas la plénitude humaine» (Ibid. n. 224). Nous sommes ici avec la conviction que l’unité prévaut sur le conflit. Précisément les Pères fondateurs du projet européen en ont donné une preuve éloquente, lorsqu’ils ont compris que mettre en commun les ressources et travailler ensemble étaient le vrai remède à l’apparition de nouveaux conflits sanglants comme ceux qui avaient déchiré la première moitié du 20ème siècle. Dans nos échanges, nous ne voulons pas oublier que la réalité est supérieure à l’idée, puisque «l’idée déconnectée de la réalité est à l’origine des idéalismes et des nominalismes inefficaces, qui, au mieux, classifient et définissent, mais n’impliquent pas. Ce qui implique, c’est la réalité éclairée par le raisonnement» (Ibid. n. 232). C’est pourquoi nous ne devrions jamais perdre de vue la réalité, qui est surtout faite des visages concrets des femmes et des hommes qui habitent notre continent, chacun avec ses potentialités et ses souffrances, car le malaise qui se répand dans notre temps face aux modèles abstraits provenant du haut n’est que trop évident. Enfin, n’oublions pas que le tout est supérieur à la partie «et est plus aussi que la simple somme de celles-ci» (Ibid. n. 235). L’intégration qui s’est progressivement constituée est quelque chose de plus grand qu’une simple somme de langues et de cultures. En ce sens, je considère qu’il est d’une importance vitale de retenir une affirmation centrale de la pensée du Pape sur l’Europe: « Les Pères fondateurs nous rappellent que l’Europe n’est pas un ensemble de règles à observer, elle n’est pas un recueil de protocoles et de procédures à suivre. Elle est une vie, une manière de concevoir l’homme à partir de sa dignité transcendante et inaliénable» (Discours aux Chefs d’État et de Gouvernement de l’Union Européenne, 24 mars 2017).
J’ai rappelé ces quatre principes chers au Pape François, en jugeant utile d’offrir une indication de méthode pour le travail de ces jours-ci. Notre dialogue perdrait, en effet, son sens s’il ne partait pas du vécu quotidien des personnes et s’il ne visait pas à porter un regard clairvoyant sur l’avenir, en mesure d’indiquer un parcours prospectif, plus que d’identifier des solutions immédiates à des problèmes contingents. D’autre part, c’est précisément cela la perspective des trois débats qui suivront cet après-midi et qui s’inspirent du discours que le Saint-Père a prononcé à l’occasion de la remise du Prix Charlemagne. À cette occasion, le Pape invitait à accepter «le défi d’‘‘actualiser’’ l’idée de l’Europe. Une Europe capable de donner naissance à un nouvel humanisme fondé sur trois capacités : la capacité d’intégrer, la capacité de dialoguer et la capacité de générer» (Discours à l’occasion de la remise du Prix Charlemagne, 6 mai 2016).
En abordant la discussion, il peut être opportun de garder à l’esprit certaines interrogations qui émergent dans les discours du Pape et qui synthétisent ses préoccupations dans le contexte actuel, à partir des diverses crises qui traversent l’Europe: depuis la crise économique qui a caractérisé la dernière décennie jusqu’à la dramatique question migratoire; depuis les conflits qui déchirent non seulement la Région de la Méditerranée mais qui impliquent aussi des parties du continent jusqu’à la progression des populismes et au retour des nationalismes; depuis le chômage et le malaise des jeunes jusqu’aux problèmes d’environnement.
En se mettant devant ces défis, l’Europe a donné «une impression générale de fatigue, de vieillissement» (Discours au Parlement Européen, Strasbourg, 25 novembre 2014). «Quelle est alors l’herméneutique, la clef d’interprétation avec laquelle nous pouvons lire les difficultés du présent et trouver des réponses pour l’avenir ? » (Discours aux Chefs d’État et de Gouvernement de l’Union Européenne, cité). Comment récupérer la mémoire pour redonner espérance à l’avenir (cf. Ibid.). Et quelle est l’«espérance pour l’Europe d’aujourd’hui et de demain ?» (Ibid.)?
Au cœur de ces interrogations il y a le thème de la modalité de récupération de l’idée d’une Europe qui ramène au centre la personne, avec son ferment de fraternité et sa volonté de vérité et de justice(cf. Ibid. A. de Gasperi, La nostra patria Europa. Discorso alla Conferenza Parlamentare Europea, 21 avril 1954). Cela pose aussi une question générale sur la dignité de l’homme, pour laquelle le Pape François propose d’autres interrogations: «Quelle dignité existe vraiment, quand manque la possibilité d’exprimer librement sa pensée ou de professer sans contrainte sa foi religieuse ? Quelle dignité est possible, sans un cadre juridique clair, qui limite le domaine de la force et qui fasse prévaloir la loi sur la tyrannie du pouvoir ? Quelle dignité pourra jamais avoir une personne qui n’a pas de nourriture ou le minimum nécessaire pour vivre et, pire encore, qui n’a pas le travail qui l’oint de dignité ? » (Discours au Parlement Européen, cité)
Le Pape a particulièrement à cœur le problème du travail ainsi que le thème des jeunes et des perspectives concernant leur avenir. «Comment éviter de perdre nos jeunes, qui finissent par aller ailleurs à la recherche d’idéaux et de sens d’appartenance parce que […] nous ne savons pas leur offrir des opportunités et des valeurs ?» (Discours à l’occasion de la remise du Prix Charlemagne, cité). À son tour, cette interrogation ouvre à d’autres questions fondamentales que le Pape François pose de façon très directe: «Quelle culture propose l’Europe aujourd’hui ?» (Discours aux Chefs d’État et de Gouvernement de l’Union Européenne, cité). Où se trouve cet élan idéal qui a animé et rendu grande son histoire? Où se trouvent son esprit d’entreprise marqué par la quête du savoir et la soif de vérité, qu’elle avait communiqués au monde avec passion?
Je ne vais pas m’étendre davantage sur ces interrogations, car il reviendra à l’Honorable Pat Cox de définir à proprement parler le thème de notre dialogue au terme de cette cérémonie d’ouverture. Je voulais cependant proposer des pistes pour une discussion que je souhaite à la fois animée et profonde. D’autre part, chacun dans cette salle est appelé à prendre sa part, selon les responsabilités qui sont les siennes, pour édifier le bien commun, et favoriser la paix et la concorde. Le projet européen est sans aucun doute une œuvre humaine. Et comme tel, il a ses limites et est perfectible. C’est précisément pourquoi il mérite notre attention et notre considération. En tant que chrétiens, nous souhaitons donner notre contribution, animés et soutenus par la foi: poussés par le désir de rechercher la cité de Dieu, nous ne voulons pas oublier l’importance de construire et de consolider la communauté des hommes (cf. Concile Œcuménique Vatican II, Constitution pastorale Gaudium et spes sur l’Église dans le monde, n. 42).
[01626-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Your Eminences, Your Excellencies,
Distinguished Authorities and Guests,
Ladies and Gentlemen,
I offer all of you a warm welcome and I thank you for being here in such numbers to participate in this Dialogue on Europe organized by the Commission of the Bishops’ Conferences of the European Community (COMECE), in cooperation with the Secretariat of State.
A particular word of welcome goes to Cardinal Reinhard Marx, President of COMECE. I especially thank Mr Frans Timmermans, First Vice-President of the European Commission, and the Honourable Mairead McGuinness, Vice-President of the European Parliament, for their much-appreciated participation. Both the Commission and the Parliament, each in its respective sphere, are privileged partners for the European Bishops in the “open, transparent and regular dialogue”,[1] which the European Union maintains with the Churches.
From the start of his papacy, Pope Francis has shown great interest in the future of Europe, recognizing its historical and cultural heritage, its potential and the challenges it faces in a globalized and rapidly changing world. In recent years, we have witnessed a constant dialogue between the Holy Father and Europe, beginning with his memorable visit to the European Parliament and the Council of Europe in Strasbourg. I think too of His Holiness’s Audience with the European Union Heads of State and Government on 24 March of this year, and the meeting that will take place tomorrow afternoon.
The outcome of the British referendum last year, and the tendency to fragmentation sweeping the continent, have led the Holy Father to consider the urgent need to promote a more wide-ranging and focused reflection on Europe as a whole and on its future direction, even beyond the confines of the European Union. The Holy See has regarded the project of European integration with interest and respect from the beginning, and has deemed it opportune to be associated with the initiative promoted by COMECE and to take part in this dialogue between the ecclesial communities and the members of civil society. Its participation in this meeting is prompted by a desire to serve Europe; the Holy See is not indifferent to the continent’s problems and future, and is always willing to offer its own contribution for the good of Europe’s peoples.
In the third part of his Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, entitled “The common good and peace in society”,[2] Pope Francis identified four principles “which can guide the development of life in society and the building of a people where differences are harmonized within a shared pursuit”.[3] These principles are certainly applicable to this moment of dialogue, which should attempt to identify, in the first place, the fundamental questions that Europe needs to ask in order to face the challenges of the future.
Along these lines, we should keep in mind that time is greater that space. We have gathered to initiate a process, not “to obtain… immediate results which yield easy, quick short-term political gains, but do not enhance human fullness”.[4] We have come here in the conviction that unity prevails over conflict. The founding fathers of the European project gave us an eloquent proof of this when they realized that the pooling of resources and cooperative effort were the true remedy against new deadly conflicts like those that marred the first half of the twentieth century. In our conversations, we do not want to forget that realities are more important than ideas, for “ideas disconnected from realities give rise to ineffectual forms of idealism and nominalism, capable at most of classifying and defining, but certainly not calling to action. What calls us to action are realities illuminated by reason”.[5] Consequently, we must never lose sight of reality, which is seen primarily in the actual faces of the men and women living on our continent, each with his or her own share of potential and pain. All too evident, in fact, is the growing malaise that pervades our age as a result of abstract models being imposed from on high. Finally, let us not forget that the whole is greater than the part, and is also “greater than the sum of [the] parts”.[6] The integration that has gradually been achieved is more than a lump sum of languages and cultures. In this sense, I consider it vitally important to recall one of the central tenets of the Pope’s thinking on Europe: “The founding fathers remind us that Europe is not a conglomeration of rules to obey, or a manual of protocols and procedures to follow. It is a way of life, a way of understanding man based on his transcendent and inalienable dignity”.[7]
I have mentioned these four principles dear to Pope Francis, because I think it useful to suggest a method for these days. Our dialogue would prove less effective if it failed to start from people’s daily life and to face the future with a vision capable of showing a way forward rather than simply devising immediate solutions to contingent problems. This, in fact, is precisely the starting point of the three discussions that will follow this afternoon, drawing on the Holy Father’s address at the conferral of the Charlemagne Prize. On that occasion, the Pope made an appeal to take up the “challenge of ‘updating’ the idea of Europe. A Europe capable of giving birth to a new humanism based on three capacities: the capacity to integrate, the capacity for dialogue and the capacity to generate”.[8]
In approaching the discussion, it might be helpful to keep in mind some questions raised by the Pope’s speech; they summarize his concerns in the current context, beginning with the various problems facing Europe. These problems include the economic crisis that has marked the last decade, the dramatic issue of migration, the conflicts rending not only the Mediterranean area but other parts of the continent as well, the advance of populism and the return of nationalism, unemployment, the concerns of the young and environmental issues.
In the face of these challenges, Europe has given “a general impression of weariness and ageing”.[9] “So what is the interpretative key for reading the difficulties of the present and finding answers for the future?”[10] How do we recover memory in order to give hope for the future?[11] What is our hope for the Europe of today and of tomorrow?[12]
Central to these questions is the issue of how to recover the idea of a Europe centred on the person, with his or her impulse to fraternity and yearning for truth and justice.[13] That in turn raises the more general issue of human dignity, which leads Pope Francis to ask further questions: “What kind of dignity is there without the possibility of freely expressing one’s thought or professing one’s religious faith? What dignity can there be without a clear juridical framework which limits the rule of force and enables the rule of law to prevail over the power of tyranny? What dignity can a person ever hope to find when he or she lacks food and the bare essentials for survival and, worse still, when they lack the work which confers dignity?”[14]
Particularly close to the Pope’s heart are the problem of employment and the issues associated with young people and their prospects for the future. “How can we avoid losing our young people, who end up going elsewhere in search of their dreams and a sense of belonging, because […] we do not know how to offer them opportunities and values?”[15] These questions raise other basic issues that Pope Francis addresses head on: “What kind of culture does Europe propose today?”[16] Where is that vigour, that idealism which inspired and ennobled its history? Where is its spirit of curiosity and enterprise, and the thirst for truth that it shared so passionately with the world?[17]
I will not go on at greater length about these questions, because the Honourable Pat Cox will rightly define the subject of our dialogue at the end of this opening ceremony. Still, I have sought to raise some points that can serve to prompt a discussion that I hope will prove both lively and profound. After all, everyone in this hall is called to do his or her part, in accordance with their own responsibilities, in building up the common good and in promoting peace and harmony. The European project is undoubtedly a human work. As such, it has its limitations and can always be perfected. Precisely for this reason, it deserves our careful consideration. As Christians, we want to make our contribution inspired and sustained by our faith. Driven by the desire to seek the city of God, we do not want to forget the importance of building and strengthening the community of man.[18]
Thank you.
__________
[1] Cf. Art. 17 of the Treaty on the Functioning of the European Union.
[2] FRANCIS, Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, 217-237.
[3] Ibid., 221.
[4] Ibid., 224.
[5] Ibid., 232.
[6] Ibid., 235.
[7] FRANCIS, Address to the Heads of State and Government of the European Union, 24 March 2017.
[8] ID., Address on the Conferral of the Charlemagne Prize, 6 May 2016.
[9] FRANCIS, Address to the European Parliament, Strasbourg, 25 November 2014.
[10] Address to the Heads of State and Government of the European Union, cit.
[11] Cf. ibid.
[12] Cf. ibid.
[13] Cf. ibid; also A. DE GASPERI,La nostra patria Europa.Discorso alla Conferenza Parlamentare Europea, 21 April 1954.
[14] Address to the European Parliament, cit.
[15] Address on the Conferral of the Charlemagne Prize, cit.
[16] Address to the Heads of State and Government of the European Union, cit.
[17] Cf. FRANCIS, Address to the Council of Europe, Strasbourg, 25 November 2014.
[18] Cf. SECOND VATICAN ECUMENICAL COUNCIL, Pastoral Constitution on the Church in the Modern World Gaudium et Spes, 42.
[01626-EN.01] [Original text: Italian]
[B0746-XX.01]