- Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018 (14 gennaio 2018)
Messaggio del Santo Padre
Testo in lingua francese
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Testo in lingua tedesca
Testo in lingua spagnola
Testo in lingua portoghese
Testo in lingua polacca
Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018, che si celebrerà il prossimo 14 gennaio, sul tema Accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati:
Messaggio del Santo Padre
Accogliere, proteggere, promuovere e integrare
i migranti e i rifugiati
Cari fratelli e sorelle!
«Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19,34).
Durante i miei primi anni di pontificato ho ripetutamente espresso speciale preoccupazione per la triste situazione di tanti migranti e rifugiati che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dai disastri naturali e dalla povertà. Si tratta indubbiamente di un “segno dei tempi” che ho cercato di leggere, invocando la luce dello Spirito Santo sin dalla mia visita a Lampedusa l’8 luglio 2013. Nell’istituire il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ho voluto che una sezione speciale, posta ad tempus sotto la mia diretta guida, esprimesse la sollecitudine della Chiesa verso i migranti, gli sfollati, i rifugiati e le vittime della tratta.
Ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasione di incontro con Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto o rifiutato di ogni epoca (cfr Mt 25,35.43). Il Signore affida all’amore materno della Chiesa ogni essere umano costretto a lasciare la propria patria alla ricerca di un futuro migliore.[1] Tale sollecitudine deve esprimersi concretamente in ogni tappa dell’esperienza migratoria: dalla partenza al viaggio, dall’arrivo al ritorno. E’ una grande responsabilità che la Chiesa intende condividere con tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà, i quali sono chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee con generosità, alacrità, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie possibilità.
Al riguardo, desidero riaffermare che «la nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondati sui principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare».[2]
Considerando lo scenario attuale, accogliere significa innanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione. In tal senso, è desiderabile un impegno concreto affinché sia incrementata e semplificata la concessione di visti umanitari e per il ricongiungimento familiare. Allo stesso tempo, auspico che un numero maggiore di paesi adottino programmi di sponsorship privata e comunitaria e aprano corridoi umanitari per i rifugiati più vulnerabili. Sarebbe opportuno, inoltre, prevedere visti temporanei speciali per le persone che scappano dai conflitti nei paesi confinanti. Non sono una idonea soluzione le espulsioni collettive e arbitrarie di migranti e rifugiati, soprattutto quando esse vengono eseguite verso paesi che non possono garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali.[3] Torno a sottolineare l’importanza di offrire a migranti e rifugiati una prima sistemazione adeguata e decorosa. «I programmi di accoglienza diffusa, già avviati in diverse località, sembrano invece facilitare l’incontro personale, permettere una migliore qualità dei servizi e offrire maggiori garanzie di successo».[4] Il principio della centralità della persona umana, fermamente affermato dal mio amato predecessore Benedetto XVI,[5] ci obbliga ad anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale. Di conseguenza, è necessario formare adeguatamente il personale preposto ai controlli di frontiera. Le condizioni di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, postulano che vengano loro garantiti la sicurezza personale e l’accesso ai servizi di base. In nome della dignità fondamentale di ogni persona, occorre sforzarsi di preferire soluzioni alternative alla detenzione per coloro che entrano nel territorio nazionale senza essere autorizzati.[6]
Il secondo verbo, proteggere, si declina in tutta una serie di azioni in difesa dei diritti e della dignità dei migranti e dei rifugiati, indipendentemente dal loro status migratorio.[7] Tale protezione comincia in patria e consiste nell’offerta di informazioni certe e certificate prima della partenza e nella loro salvaguardia dalle pratiche di reclutamento illegale.[8] Essa andrebbe continuata, per quanto possibile, in terra d’immigrazione, assicurando ai migranti un’adeguata assistenza consolare, il diritto di conservare sempre con sé i documenti di identità personale, un equo accesso alla giustizia, la possibilità di aprire conti bancari personali e la garanzia di una minima sussistenza vitale. Se opportunamente riconosciute e valorizzate, le capacità e le competenze dei migranti, richiedenti asilo e rifugiati, rappresentano una vera risorsa per le comunità che li accolgono.[9] Per questo auspico che, nel rispetto della loro dignità, vengano loro concessi la libertà di movimento nel paese d’accoglienza, la possibilità di lavorare e l’accesso ai mezzi di telecomunicazione. Per coloro che decidono di tornare in patria, sottolineo l’opportunità di sviluppare programmi di reintegrazione lavorativa e sociale. La Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo offre una base giuridica universale per la protezione dei minori migranti. Ad essi occorre evitare ogni forma di detenzione in ragione del loro status migratorio, mentre va assicurato l’accesso regolare all’istruzione primaria e secondaria. Parimenti è necessario garantire la permanenza regolare al compimento della maggiore età e la possibilità di continuare degli studi. Per i minori non accompagnati o separati dalla loro famiglia è importante prevedere programmi di custodia temporanea o affidamento.[10] Nel rispetto del diritto universale ad una nazionalità, questa va riconosciuta e opportunamente certificata a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita. La apolidia in cui talvolta vengono a trovarsi migranti e rifugiati può essere facilmente evitata attraverso «una legislazione sulla cittadinanza conforme ai principi fondamentali del diritto internazionale».[11] Lo status migratorio non dovrebbe limitare l’accesso all’assistenza sanitaria nazionale e ai sistemi pensionistici, come pure al trasferimento dei loro contributi nel caso di rimpatrio.
Promuovere vuol dire essenzialmente adoperarsi affinché tutti i migranti e i rifugiati così come le comunità che li accolgono siano messi in condizione di realizzarsi come persone in tutte le dimensioni che compongono l’umanità voluta dal Creatore.[12] Tra queste dimensioni va riconosciuto il giusto valore alla dimensione religiosa, garantendo a tutti gli stranieri presenti sul territorio la libertà di professione e pratica religiosa. Molti migranti e rifugiati hanno competenze che vanno adeguatamente certificate e valorizzate. Siccome «il lavoro umano per sua natura è destinato ad unire i popoli»,[13] incoraggio a prodigarsi affinché venga promosso l’inserimento socio-lavorativo dei migranti e rifugiati, garantendo a tutti – compresi i richiedenti asilo – la possibilità di lavorare, percorsi formativi linguistici e di cittadinanza attiva e un’informazione adeguata nelle loro lingue originali. Nel caso di minori migranti, il loro coinvolgimento in attività lavorative richiede di essere regolamentato in modo da prevenire abusi e minacce alla loro normale crescita. Nel 2006 Benedetto XVI sottolineava come nel contesto migratorio la famiglia sia «luogo e risorsa della cultura della vita e fattore di integrazione di valori».[14] La sua integrità va sempre promossa, favorendo il ricongiungimento familiare – con l’inclusione di nonni, fratelli e nipoti –, senza mai farlo dipendere da requisiti economici. Nei confronti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati in situazioni di disabilità, vanno assicurate maggiori attenzioni e supporti. Pur considerando encomiabili gli sforzi fin qui profusi da molti paesi in termini di cooperazione internazionale e assistenza umanitaria, auspico che nella distribuzione di tali aiuti si considerino i bisogni (ad esempio l’assistenza medica e sociale e l’educazione) dei paesi in via di sviluppo che ricevono ingenti flussi di rifugiati e migranti e, parimenti, si includano tra i destinatari le comunità locali in situazione di deprivazione materiale e vulnerabilità.[15]
L’ultimo verbo, integrare, si pone sul piano delle opportunità di arricchimento interculturale generate dalla presenza di migranti e rifugiati. L’integrazione non è «un’assimilazione, che induce a sopprimere o a dimenticare la propria identità culturale. Il contatto con l’altro porta piuttosto a scoprirne il “segreto”, ad aprirsi a lui per accoglierne gli aspetti validi e contribuire così ad una maggior conoscenza reciproca. È un processo prolungato che mira a formare società e culture, rendendole sempre più riflesso dei multiformi doni di Dio agli uomini».[16] Tale processo può essere accelerato attraverso l’offerta di cittadinanza slegata da requisiti economici e linguistici e di percorsi di regolarizzazione straordinaria per migranti che possano vantare una lunga permanenza nel paese. Insisto ancora sulla necessità di favorire in ogni modo la cultura dell’incontro, moltiplicando le opportunità di scambio interculturale, documentando e diffondendo le buone pratiche di integrazione e sviluppando programmi tesi a preparare le comunità locali ai processi integrativi. Mi preme sottolineare il caso speciale degli stranieri costretti ad abbandonare il paese di immigrazione a causa di crisi umanitarie. Queste persone richiedono che venga loro assicurata un’assistenza adeguata per il rimpatrio e programmi di reintegrazione lavorativa in patria.
In conformità con la sua tradizione pastorale, la Chiesa è disponibile ad impegnarsi in prima persona per realizzare tutte le iniziative sopra proposte, ma per ottenere i risultati sperati è indispensabile il contributo della comunità politica e della società civile, ciascuno secondo le responsabilità proprie.
Durante il Vertice delle Nazioni Unite, celebrato a New York il 19 settembre 2016, i leader mondiali hanno chiaramente espresso la loro volontà di prodigarsi a favore dei migranti e dei rifugiati per salvare le loro vite e proteggere i loro diritti, condividendo tale responsabilità a livello globale. A tal fine, gli Stati si sono impegnati a redigere ed approvare entro la fine del 2018 due patti globali (Global Compacts), uno dedicato ai rifugiati e uno riguardante i migranti.
Cari fratelli e sorelle, alla luce di questi processi avviati, i prossimi mesi rappresentano un’opportunità privilegiata per presentare e sostenere le azioni concrete nelle quali ho voluto declinare i quattro verbi. Vi invito, quindi, ad approfittare di ogni occasione per condividere questo messaggio con tutti gli attori politici e sociali che sono coinvolti – o interessati a partecipare – al processo che porterà all’approvazione dei due patti globali.
Oggi, 15 agosto, celebriamo la solennità dell’Assunzione di Maria Santissima in Cielo. La Madre di Dio sperimentò su di sé la durezza dell’esilio (cfr Mt 2,13-15), accompagnò amorosamente l’itineranza del Figlio fino al Calvario e ora ne condivide eternamente la gloria. Alla sua materna intercessione affidiamo le speranze di tutti i migranti e i rifugiati del mondo e gli aneliti delle comunità che li accolgono, affinché, in conformità al sommo comandamento divino, impariamo tutti ad amare l’altro, lo straniero, come noi stessi.
Dal Vaticano, 15 agosto 2017
Solennità dell’Assunzione della B.V. Maria
FRANCESCO
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[1] Cfr Pio XII, Cost. Ap. Exsul Familia, Tit. I, I.
[2] Discorso ai partecipanti al Forum Internazionale “Migrazioni e pace”, 21 febbraio 2017
3] Cfr Intervento dell’Osservatore permanente della Santa Sede alla 103ª Sessione del Consiglio dell’OIM, 26 novembre 2013.
[4] Discorso ai partecipanti al Forum Internazionale “Migrazioni e pace”
5] Cfr Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate, 47.
[6] Cfr Intervento dell’Osservatore Permanente della Santa Sede alla XX Sessione del Consiglio dei Diritti Umani, 22 giugno 2012.
[7] Cfr Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate, 62.
[8] Cfr Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, Istr. Erga migrantes caritas Christi, 6.
[9] Cfr Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al VI Congresso Mondiale per la pastorale dei Migranti e dei Rifugiati, 9 novembre 2009.
[10] Cfr Id., Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato (2010); Osservatore Permanente della Santa Sede, Intervento alla XXVI Sessione Ordinaria del Consiglio per i Diritti dell’Uomo sui diritti umani dei migranti, 13 giugno 2014.
[11] Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e gli Itineranti e Pontificio Consiglio Cor Unum, Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzosamente sradicate, 2013, 70.
[12] Cfr Paolo VI, Lett. Enc. Populorum progressio, 14.
[13] Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimus annus, 27.
[14] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2007.
[15] Cfr Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e gli Itineranti e Pontificio Consiglio Cor Unum, Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzosamente sradicate, 2013, 30-31.
[16] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2005, 24 novembre 2004.
[01169-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Testo in lingua francese
Accueillir, protéger, promouvoir et intégrer
les migrants et les réfugiés
Chers frères et sœurs,
«L’immigré qui réside avec vous sera parmi vous comme un compatriote, et tu l’aimeras comme toi-même, car vous-mêmes avez été immigrés au pays d’Égypte. Je suis le Seigneur votre Dieu» (Lv 19, 34).
Durant les premières années de mon pontificat, j’ai exprimé à maintes reprises une préoccupation spéciale concernant la triste situation de nombreux migrants et réfugiés qui fuient les guerres, les persécutions, les catastrophes naturelles et la pauvreté. Il s’agit sans doute d’un ‘‘signe des temps’’ que j’ai essayé de lire, en invoquant la lumière de l’Esprit Saint depuis ma visite à Lampedusa le 8 juillet 2013. En créant le nouveau Dicastère pour le Service du Développement humain intégral, j’ai voulu qu’une section spéciale, placée ad tempus sous mon autorité directe, exprime la sollicitude de l’Église envers les migrants, les personnes déplacées, les réfugiés et les victimes de la traite.
Tout immigré qui frappe à notre porte est une occasion de rencontre avec Jésus Christ, qui s’identifie à l’étranger de toute époque accueilli ou rejeté (cf. Mt 25, 35.43). Le Seigneur confie à l’amour maternel de l’Église tout être humain contraint à quitter sa propre patrie à la recherche d’un avenir meilleur (Cf. Pie XII, Constitution apostolique Exsul familia, Titulus Primus, I, 1er août 1952). Cette sollicitude doit s’exprimer concrètement à chaque étape de l’expérience migratoire: depuis le départ jusqu’au voyage, depuis l’arrivée jusqu’au retour. C’est une grande responsabilité que l’Église entend partager avec tous les croyants ainsi qu’avec tous les hommes et femmes de bonne volonté, qui sont appelés à répondre aux nombreux défis posés par les migrations contemporaines, avec générosité, rapidité, sagesse et clairvoyance, chacun selon ses propres possibilités.
À ce sujet, nous souhaitons réaffirmer que «notre réponse commune pourrait s’articuler autour de quatre verbes fondés sur les principes de la doctrine de l’Église : accueillir, protéger, promouvoir et intégrer» (Discours aux participants au Forum International ‘‘Migrations et paix’’, 21 février 2017).
En considérant la situation actuelle, accueillir signifie avant tout offrir aux migrants et aux réfugiés de plus grandes possibilités d’entrée sûre et légale dans les pays de destination. En ce sens, un engagement concret est souhaitable afin que soit étendu et simplifié l’octroi de visas humanitaires et pour le regroupement familial. En même temps, je souhaite qu’un plus grand nombre de pays adoptent des programmes de patronage privé et communautaire et ouvrent des corridors humanitaires pour les réfugiés les plus vulnérables. En outre, il serait opportun de prévoir des visas temporaires spéciaux pour les personnes qui fuient les conflits dans les pays voisins. Les expulsions collectives et arbitraires de migrants et de réfugiés ne constituent pas une solution adéquate, surtout lorsqu’elles sont exécutées vers des pays qui ne peuvent pas garantir le respect de la dignité et des droits fondamentaux (Cf. Intervention du Représentant permanent du Saint-Siège à la 103ème Session du Conseil de l’OIM, 26 novembre 2013). J’en viens encore à souligner l’importance d’offrir aux migrants et aux réfugiés un premier accueil approprié et digne. «Les programmes d’accueil diffus, déjà lancés dans différentes localités, semblent au contraire faciliter la rencontre personnelle, permettre une meilleure qualité des services et offrir de plus grandes garanties de succès» (Discours aux participants au Forum International ‘‘Migrations et paix’’, 21 février 2017). Le principe de la centralité de la personne humaine, fermement affirmé par mon bien-aimé prédécesseur Benoît XVI (Cf. Lettre encyclique Caritas in veritate, n. 47), nous oblige à toujours faire passer la sécurité personnelle avant la sécurité nationale. Par conséquent, il est nécessaire de former adéquatement le personnel préposé aux contrôles de frontière. Les conditions des migrants, des demandeurs d’asile et des réfugiés, postulent que leur soient garantis la sécurité personnelle et l’accès aux services élémentaires. Au nom de la dignité fondamentale de chaque personne, il faut s’efforcer de préférer des solutions alternatives à la détention pour ceux qui entrent sur le territoire national sans autorisation (Cf. Intervention du Représentant permanent du Saint-Siège à la 20ème Session du Conseil des droits humains, 22 juin 2012).
Le deuxième verbe, protéger, se décline en toute une série d’actions pour la défense des droits et de la dignité des migrants ainsi que des réfugiés, indépendamment de leur statut migratoire (Cf. Benoît XVI, Lettre encyclique Caritas in veritate, n. 62). Cette protection commence dans le pays d’origine et consiste dans la mise à disposition d’informations sûres et certifiées avant le départ et dans la prévention contre les pratiques de recrutement illégal (Cf. Conseil Pontifical pour la Pastorale des Migrants et des Itinérants, Instruction Erga migrantes caritas Christi, n. 6). Elle devrait se poursuivre, dans la mesure du possible, dans le pays d’immigration, en assurant aux migrants une assistance consulaire adéquate, le droit de garder toujours avec soi les documents d’identité personnels, un accès équitable à la justice, la possibilité d’ouvrir des comptes bancaires personnels et la garantie d’une subsistance minimum vitale. Si elles sont reconnues et valorisées de manière appropriée, les capacités et les compétences des migrants, des demandeurs d’asile et des réfugiés, représentent une vraie ressource pour les communautés qui les accueillent (Cf. Benoît XVI, Discours aux participants au 6ème Congrès mondial pour la pastorale des migrants et des réfugiés, 9 novembre 2009). C’est pourquoi, je souhaite que, dans le respect de leur dignité, leur soient accordés la liberté de mouvement dans le pays d’accueil, la possibilité de travailler et l’accès aux moyens de télécommunication. Pour ceux qui décident de retourner dans leur pays, je souligne l’opportunité de développer des programmes de réintégration professionnelle et sociale. La Convention internationale sur les droits de l’enfant offre une base juridique universelle pour la protection des mineurs migrants. Il faut leur éviter toute forme de détention en raison de leur status migratoire, tandis qu’on doit leur assurer l’accès régulier à l’instruction primaire et secondaire. De même, quand ils atteignent l’âge de la majorité il est nécessaire de leur garantir une permanence régulière et la possibilité de continuer des études. Pour les mineurs non accompagnés ou séparés de leur famille, il est important de prévoir des programmes de garde temporaire ou de placement (Cf. Benoît XVI, Message pour la Journée mondiale du migrant et du réfugié, 2010, et S. Tomasi, Intervention du Représentant permanent du Saint-Siège à la 26ème Session ordinaire du Conseil pour les Droits de l’Homme sur les droits humains des migrants,13 juin 2014). Dans le respect du droit universel à une nationalité, celle-ci doit être reconnue et opportunément assurée à tous les enfants à la naissance. L’apatridie dans laquelle se trouvent parfois des migrants et des réfugiés peut être facilement évitée à travers «une législation sur la citoyenneté conforme aux principes fondamentaux du droit international» (Conseil Pontifical pour la Pastorale des Migrants et des Itinérants et Conseil Pontifical Cor Unum, Accueillir le Christ dans les réfugiés et dans les personnes déracinées de force, 2013, n. 70). Le status migratoire ne devrait pas limiter l’accès à l’assistance sanitaire nationale et aux systèmes de pension, ni le transfert de leurs contributions en cas de rapatriement.
Promouvoir veut dire essentiellement œuvrer afin que tous les migrants et les réfugiés ainsi que les communautés qui les accueillent soient mis en condition de se réaliser en tant que personnes dans toutes les dimensions qui composent l’humanité voulue par le Créateur (Cf. Paul VI, Lettre encyclique Populorum progressio, n. 14). Parmi ces dimensions, il faut reconnaître à la dimension religieuse sa juste valeur, en garantissant à tous les étrangers présents sur le territoire la liberté de profession et de pratique religieuse. Beaucoup de migrants et de réfugiés ont des compétences qui doivent être adéquatement certifiées et valorisées. Puisque «le travail humain est par nature destiné à unir les peuples » (Jean-Paul II, Lettre encyclique Centesimus annus, n. 27), j’encourage à œuvrer afin que soit promue l’insertion socio-professionnelle des migrants et des réfugiés, garantissant à tous – y compris aux demandeurs d’asile – la possibilité de travailler, des parcours de formation linguistique et de citoyenneté active ainsi qu’une information appropriée dans leurs langues d’origine. Dans le cas des mineurs migrants, leur implication dans des activités productives doit être règlementée de manière à prévenir des abus et des menaces à leur croissance normale. En 2006, Benoît XVI soulignait comment, dans le contexte de migration, la famille est «lieu et ressource de la culture de la vie et facteur d’intégration des valeurs » (Benoît XVI, Message pour la Journée mondiale du migrant et du réfugié, 2007). Son intégrité doit être toujours promue, en favorisant le regroupement familial – y compris des grands-parents, des frères et sœurs et des petits-enfants – sans jamais le soumettre à des capacités économiques. Une plus grande attention et un plus grand soutien doivent être portés aux migrants, aux demandeurs d’asile et aux réfugiés en situation de handicap. Tout en considérant louables les efforts déployés jusqu’ici par de nombreux pays en termes de coopération internationale et d’assistance humanitaire, je souhaite que dans la distribution de ces aides, soient pris en compte les besoins (par exemple l’assistance médicale et sociale ainsi que l’éducation) des pays en développement qui reçoivent d’importants flux de réfugiés et de migrants et, également, qu’on inclue parmi les destinataires les communautés locales en situation de pénurie matérielle et de vulnérabilité (Conseil Pontifical pour la Pastorale des Migrants et des Itinérants et Conseil Pontifical Cor Unum, Accueillir le Christ dans les réfugiés et dans les personnes déracinées de force, 2013, nn. 30-31).
Le dernier verbe, intégrer, se place sur le plan des opportunités d’enrichissement interculturel général du fait de la présence de migrants et de réfugiés. L’intégration n’est pas «une assimilation, qui conduit à supprimer ou à oublier sa propre identité culturelle. Le contact avec l'autre amène plutôt à en découvrir le ‘‘secret’’, à s'ouvrir à lui pour en accueillir les aspects valables et contribuer ainsi à une plus grande connaissance de chacun. Il s'agit d'un processus de longue haleine qui vise à former des sociétés et des cultures, en les rendant toujours davantage un reflet des dons multiformes de Dieu aux hommes » (Jean-Paul II, Message pour la Journée mondiale du migrant et du réfugié (2005), 24 novembre 2004). Ce processus peut être accéléré à travers l’offre de citoyenneté dissociée des capacités économiques et linguistiques et l’offre de parcours de régularisation extraordinaire pour des migrants qui peuvent faire valoir une longue présence dans le pays. J’insiste encore sur la nécessité de favoriser, dans tous les cas, la culture de la rencontre, en multipliant les opportunités d’échange interculturel, en documentant et en diffusant les ‘‘bonnes pratiques’’ d’intégration et en développant des programmes visant à préparer les communautés locales aux processus d’intégration. Je dois souligner le cas spécial des étrangers forcés à quitter le pays d’immigration à cause de crises humanitaires. Ces personnes demandent que leur soient assurés une assistance adéquate pour le rapatriement et des programmes de réintégration professionnelle dans leur pays d’origine.
En conformité avec sa tradition pastorale, l’Église est disponible pour s’engager en première ligne en vue de réaliser toutes les initiatives proposées plus haut; mais pour obtenir les résultats espérés, la contribution de la communauté politique et de la société civile, chacun selon ses responsabilités propres, est indispensable.
Durant le Sommet des Nations Unies, célébré à New York le 19 septembre 2016, les dirigeants du monde ont clairement exprimé leur volonté d’œuvrer en faveur des migrants et des réfugiés pour sauver leurs vies et protéger leurs droits, en partageant ces responsabilités au niveau global. À cet effet, les États se sont engagés à rédiger et à approuver avant la fin de l’année 2018 deux accords globaux (Global Compacts), l’un consacré aux réfugiés et l’autre concernant les migrants.
Chers frères et sœurs, à la lumière de ces processus engagés, les prochains mois représentent une opportunité privilégiée pour présenter et soumettre les actions concrètes dans lesquelles j’ai voulu décliner les quatre verbes. Je vous invite, donc, à profiter de chaque occasion pour partager ce message avec tous les acteurs politiques et sociaux qui sont impliqués – ou intéressés à participer – au processus qui conduira à l’approbation des quatre accords globaux.
Aujourd’hui, 15 août, nous célébrons la solennité de l’Assomption de la très Sainte Vierge Marie au Ciel. La Mère de Dieu a fait elle-même l’expérience de la dureté de l’exil (cf. Mt 2, 13-15); elle a suivi avec amour l’itinéraire de son Fils jusqu’au Calvaire et maintenant elle partage éternellement sa gloire. Confions à sa maternelle intercession les espérances de tous les migrants et réfugiés du monde et les aspirations des communautés qui les accueillent, afin que, selon le plus grand commandement de Dieu, nous apprenions tous à aimer l’autre, l’étranger, comme nous-mêmes.
Vatican, le 15 août 2017
Solennité de l’Assomption de la B.V. Marie
FRANÇOIS
[01169-FR.01] [Texte original: Italien]
Testo in lingua inglese
Welcoming, protecting, promoting and integrating
migrants and refugees
Dear brothers and sisters!
“You shall treat the stranger who sojourns with you as the native among you, and you shall love him as yourself, for you were strangers in the land of Egypt: I am the Lord your God” (Leviticus 19:34).
Throughout the first years of my pontificate, I have repeatedly expressed my particular concern for the lamentable situation of many migrants and refugees fleeing from war, persecution, natural disasters and poverty. This situation is undoubtedly a “sign of the times” which I have tried to interpret, with the help of the Holy Spirit, ever since my visit to Lampedusa on 8 July 2013. When I instituted the new Dicastery for Promoting Integral Human Development, I wanted a particular section – under my personal direction for the time being – to express the Church’s concern for migrants, displaced people, refugees and victims of human trafficking.
Every stranger who knocks at our door is an opportunity for an encounter with Jesus Christ, who identifies with the welcomed and rejected strangers of every age (Matthew 25:35-43). The Lord entrusts to the Church’s motherly love every person forced to leave their homeland in search of a better future.[1] This solidarity must be concretely expressed at every stage of the migratory experience – from departure through journey to arrival and return. This is a great responsibility, which the Church intends to share with all believers and men and women of good will, who are called to respond to the many challenges of contemporary migration with generosity, promptness, wisdom and foresight, each according to their own abilities.
In this regard, I wish to reaffirm that “our shared response may be articulated by four verbs: to welcome, to protect, to promote and to integrate”.[2]
Considering the current situation, welcoming means, above all, offering broader options for migrants and refugees to enter destination countries safely and legally. This calls for a concrete commitment to increase and simplify the process for granting humanitarian visas and for reunifying families. At the same time, I hope that a greater number of countries will adopt private and community sponsorship programmes, and open humanitarian corridors for particularly vulnerable refugees. Furthermore, special temporary visas should be granted to people fleeing conflicts in neighbouring countries. Collective and arbitrary expulsions of migrants and refugees are not suitable solutions, particularly where people are returned to countries which cannot guarantee respect for human dignity and fundamental rights.[3] Once again, I want to emphasise the importance of offering migrants and refugees adequate and dignified initial accommodation. “More widespread programmes of welcome, already initiated in different places, seem to favour a personal encounter and allow for greater quality of service and increased guarantees of success”.[4] The principle of the centrality of the human person, firmly stated by my beloved Predecessor, Benedict XVI,[5] obliges us to always prioritise personal safety over national security. It is necessary, therefore, to ensure that agents in charge of border control are properly trained. The situation of migrants, asylum seekers and refugees requires that they be guaranteed personal safety and access to basic services. For the sake of the fundamental dignity of every human person, we must strive to find alternative solutions to detention for those who enter a country without authorisation.[6]
The second verb – protecting – may be understood as a series of steps intended to defend the rights and dignity of migrants and refugees, independent of their legal status.[7] Such protection begins in the country of origin, and consists in offering reliable and verified information before departure, and in providing safety from illegal recruitment practices.[8] This must be ongoing, as far as possible, in the country of migration, guaranteeing them adequate consular assistance, the right to personally retain their documents of identification at all times, fair access to justice, the possibility of opening a personal bank account, and a minimum sufficient to live on. When duly recognised and valued, the potential and skills of migrants, asylum seekers and refugees are a true resource for the communities that welcome them.[9] This is why I hope that, in countries of arrival, migrants may be offered freedom of movement, work opportunities, and access to means of communication, out of respect for their dignity. For those who decide to return to their homeland, I want to emphasise the need to develop social and professional reintegration programmes. The International Convention on the Rights of the Child provides a universal legal basis for the protection of underage migrants. They must be spared any form of detention related to migratory status, and must be guaranteed regular access to primary and secondary education. Equally, when they come of age they must be guaranteed the right to remain and to enjoy the possibility of continuing their studies. Temporary custody or foster programmes should be provided for unaccompanied minors and minors separated from their families.[10] The universal right to a nationality should be recognised and duly certified for all children at birth. The statelessness which migrants and refugees sometimes fall into can easily be avoided with the adoption of “nationality legislation that is in conformity with the fundamental principles of international law”.[11] Migratory status should not limit access to national healthcare and pension plans, nor affect the transfer of their contributions if repatriated.
Promoting essentially means a determined effort to ensure that all migrants and refugees – as well as the communities which welcome them – are empowered to achieve their potential as human beings, in all the dimensions which constitute the humanity intended by the Creator.[12] Among these, we must recognize the true value of the religious dimension, ensuring to all foreigners in any country the freedom of religious belief and practice. Many migrants and refugees have abilities which must be appropriately recognised and valued. Since “work, by its nature, is meant to unite peoples”,[13] I encourage a determined effort to promote the social and professional inclusion of migrants and refugees, guaranteeing for all – including those seeking asylum – the possibility of employment, language instruction and active citizenship, together with sufficient information provided in their mother tongue. In the case of underage migrants, their involvement in labour must be regulated to prevent exploitation and risks to their normal growth and development. In 2006, Benedict XVI highlighted how, in the context of migration, the family is “a place and resource of the culture of life and a factor for the integration of values”.[14] The family’s integrity must always be promoted, supporting family reunifications – including grandparents, grandchildren and siblings – independent of financial requirements. Migrants, asylum seekers and refugees with disabilities must be granted greater assistance and support. While I recognize the praiseworthy efforts, thus far, of many countries, in terms of international cooperation and humanitarian aid, I hope that the offering of this assistance will take into account the needs (such as medical and social assistance, as well as education) of developing countries which receive a significant influx of migrants and refugees. I also hope that local communities which are vulnerable and facing material hardship, will be included among aid beneficiaries.[15]
The final verb – integrating – concerns the opportunities for intercultural enrichment brought about by the presence of migrants and refugees. Integration is not “an assimilation that leads migrants to suppress or to forget their own cultural identity. Rather, contact with others leads to discovering their ‘secret’, to being open to them in order to welcome their valid aspects and thus contribute to knowing each one better. This is a lengthy process that aims to shape societies and cultures, making them more and more a reflection of the multi-faceted gifts of God to human beings”.[16] This process can be accelerated by granting citizenship free of financial or linguistic requirements, and by offering the possibility of special legalisation to migrants who can claim a long period of residence in the country of arrival. I reiterate the need to foster a culture of encounter in every way possible – by increasing opportunities for intercultural exchange, documenting and disseminating best practices of integration, and developing programmes to prepare local communities for integration processes. I wish to stress the special case of people forced to abandon their country of arrival due to a humanitarian crisis. These people must be ensured adequate assistance for repatriation and effective reintegration programmes in their home countries.
In line with her pastoral tradition, the Church is ready to commit herself to realising all the initiatives proposed above. Yet in order to achieve the desired outcome, the contribution of political communities and civil societies is indispensable, each according to their own responsibilities.
At the United Nations Summit held in New York on 29 September 2016, world leaders clearly expressed their desire to take decisive action in support of migrants and refugees to save their lives and protect their rights, sharing this responsibility on a global level. To this end, the states committed themselves to drafting and approving, before the end of 2018, two Global Compacts, one for refugees and the other for migrants.
Dear brothers and sisters, in light of these processes currently underway, the coming months offer a unique opportunity to advocate and support the concrete actions which I have described with four verbs. I invite you, therefore, to use every occasion to share this message with all political and social actors involved (or who seek to be involved) in the process which will lead to the approval of the two Global Compacts.
Today, 15 August, we celebrate the Feast of the Assumption of Mary. The Holy Mother of God herself experienced the hardship of exile (Matthew 2:13-15), lovingly accompanied her Son’s journey to Calvary, and now shares eternally his glory. To her maternal intercession we entrust the hopes of all the world’s migrants and refugees and the aspirations of the communities which welcome them, so that, responding to the Lord’s supreme commandment, we may all learn to love the other, the stranger, as ourselves.
Vatican City, 15 August 2017
Solemnity of the Assumption of the B.V. Mary
FRANCIS
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[1] Cf. Pius XII, Apostolic Constitution Exsul Familia, Titulus Primus, I.
[2] Address to Participants in the International Forum on “Migration and Peace”, 21 February 2017.
[3] Cf. Statement of the Permanent Observer of the Holy See to the 103rd Session of the Council of the IOM, 26 November 2013.
[4] Address to Participants in the International Forum on “Migration and Peace”, 21 February 2017.
[5] Cf. Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in Veritate, 47.
[6] Cf. Statement of the Permanent Observer of the Holy See to the 20th Session of the UN Human Rights Council, 22 June 2012.
[7] Cf. Benedict XVI, Encyclical Letter Caritas in Veritate, 62.
[8] Cf. Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People, Instruction Erga Migrantes Caritas Christi, 6.
[9] Cf. Benedict XVI, Address to the Participants in the 6th World Congress for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People, 9 November 2009.
[10] Cf. Benedict XVI, Message for the World Day of Migrants and Refugees (2010) and Statement of the Permanent Observer of the Holy See to the 26th Ordinary Session of the Human Rights Council on the Human Rights of Migrants, 13 June 2014.
[11] Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People and Pontifical Council Cor Unum, Welcoming Christ in Refugees and Forcibly Displaced Persons, 2013, 70.
[12] Cf. Paul VI, Encyclical Letter Populorum Progressio, 14.
[13] John Paul II, Encyclical Letter Centesimus Annus, 27.
[14] Benedict XVI, Message for the World Day of Migrants and Refugees (2007).
[15] Cf. Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People and Pontifical Council Cor Unum, Welcoming Christ in Refugees and Forcibly Displaced Persons, 2013, 30-31.
[16] John Paul II, Message for the World Day of Migrants and Refugees (2005).
[01169-EN.01] [Original text: Italian]
Testo in lingua tedesca
Die Migranten und Flüchtlinge aufnehmen, beschützen,
fördern und integrieren
Liebe Brüder und Schwestern!
»Der Fremde, der sich bei euch aufhält, soll euch wie ein Einheimischer gelten und du sollst ihn lieben wie dich selbst; denn ihr seid selbst Fremde in Ägypten gewesen. Ich bin der Herr, euer Gott« (Lev 19,34).
Während der ersten Jahre meines Pontifikats habe ich wiederholt meiner besonderen Sorge um die traurige Situation so vieler Migranten und Flüchtlinge Ausdruck verliehen, die von Kriegen, Verfolgungen, Naturkatastrophen und der Armut fliehen. Es handelt sich ohne Zweifel um ein „Zeichen der Zeit“, das ich zu entziffern versucht habe, wofür ich seit meinem Besuch in Lampedusa am 8. Juli 2013 das Licht des Heiligen Geistes erfleht habe. Bei der Errichtung des neuen Dikasteriums für den Dienst zugunsten der ganzheitlichen Entwicklung des Menschen wollte ich, dass eine besondere Abteilung, die zeitweise meiner unmittelbaren Leitung unterstellt sein sollte, die Fürsorge der Kirche für die Migranten, die Evakuierten, die Flüchtlinge und die Opfer des Menschenhandels zum Ausdruck bringe.
Jeder Fremde, der an unsere Tür klopft, gibt uns eine Gelegenheit zur Begegnung mit Jesus Christus, der sich mit dem aufgenommenen oder abgelehnten Gast jeder Zeitepoche identifiziert (vgl. Mt 25,35.43). Der Herr vertraut der mütterlichen Liebe der Kirche jeden Menschen an, der gezwungen ist, die eigene Heimat auf der Suche nach einer besseren Zukunft zu verlassen[1]. Diese Fürsorge muss konkreten Ausdruck in jedem Abschnitt der Erfahrung der Flüchtlinge finden: von der Abfahrt bis zur Reise, von der Ankunft bis zur Rückkehr. Es ist eine große Verantwortung, die die Kirche mit allen Glaubenden und Menschen guten Willens teilen möchte, die gerufen sind, auf die zahlreichen durch die gegenwärtigen Flüchtlingsbewegungen hervorgerufenen Herausforderungen mit Großzügigkeit, Engagement, Klugheit und Weitblick zu antworten, jeder freilich gemäß den eigenen Möglichkeiten.
Diesbezüglich möchte ich erneut bekräftigen, dass man unsere gemeinsame Antwort in vier Verben gemäß den Grundsätzen der Lehre der Kirche aufgliedern könnte: aufnehmen, schützen, fördern und integrieren[2].
Wenn wir das gegenwärtige Szenario betrachten, so bedeutet aufnehmen vor allem, den Migranten und Flüchtlingen breitere Möglichkeiten für eine sichere und legale Einreise in die Zielländer anzubieten. In diesem Sinn ist ein konkretes Bemühen wünschenswert, damit die Gewährung von Visa zu humanitären Zwecken und zur Wiedervereinigung von Familien vermehrt und vereinfacht wird. Zugleich erhoffe ich mir, dass eine größere Anzahl von Ländern Programme privater und gemeinschaftlicher Patenschaften einrichten und humanitäre Korridore für die am meisten gefährdeten Flüchtlinge eröffnen. Es wäre darüber hinaus angebracht, zeitlich befristete Sondervisa für Personen vorzusehen, die von den Konflikten in den angrenzenden Ländern fliehen. Die kollektiven und willkürlichen Ausweisungen von Migranten und Flüchtlingen sind keine geeignete Lösung, vor allem, wenn diese in Länder geschehen, die die Achtung der Würde und der Grundrechte nicht gewährleisten können[3]. Ich möchte nochmals unterstreichen, wie wichtig es ist, den Migranten und Flüchtlingen eine erste angemessene und anständige Unterbringung anzubieten. „Projekte mit einer Verteilung der aufzunehmenden Migranten, die an verschiedenen Orten bereits begonnen wurden, scheinen dagegen die persönliche Begegnung zu erleichtern, eine bessere Qualität der Dienstleistungen zu ermöglichen und größere Erfolgschancen zu gewährleisten“ [4]. Der Grundsatz der zentralen Stellung der menschlichen Person, der von meinem geschätzten Vorgänger Benedikt XVI. mit Festigkeit bekräftigt wurde[5], verpflichtet uns dazu, die Sicherheit der Personen stets der Sicherheit des Landes voranzustellen. Folglich ist es notwendig, das für die Grenzkontrollen verantwortliche Personal entsprechend auszubilden. Die Lage der Migranten, der Asylbewerber und der Flüchtlinge erfordert, dass ihnen die persönliche Sicherheit und der Zugang zu den Grunddienstleistungen gewährleistet werden. Im Rückgriff auf die grundlegende Würde jeder Person sind Bemühungen notwendig, um alternative Lösungen zur Verwahrung für diejenigen vorzuziehen, die das Landesgebiet ohne Genehmigung betreten[6].
Das zweite Verb, beschützen, artikuliert sich in einer ganzen Reihe von Maßnahmen zur Verteidigung der Rechte und der Würde der Migranten und der Flüchtlinge unabhängig von ihrem Migrantenstatus[7]. Dieser Schutz beginnt in der Heimat und besteht im Angebot von sicheren und bescheinigten Informationen vor der Abreise und in der Bewahrung vor Praktiken illegaler Anwerbung[8]. Dies müsste, sofern möglich, am Ort der Einwanderung fortgeführt werden, indem man den Migranten eine angemessene konsularische Betreuung sichert, das Recht, die Ausweispapiere immer mit sich zu führen, einen gebührenden Zugang zur Justiz, die Möglichkeit zur Eröffnung von persönlichen Bankkonten und die Gewährleistung einer Mindestlebensversorgung. Wenn die Fähigkeiten der Migranten, Asylbewerber und Flüchtlinge entsprechend erkannt und genutzt werden, so stellen sie eine echte Ressource für die Gemeinschaften, die sie aufnehmen, dar[9]. Deshalb erhoffe ich mir, dass ihnen, in Achtung ihrer Würde, Bewegungsfreiheit im Aufnahmeland, Möglichkeit zur Arbeit und der Zugang zu den Mitteln der Telekommunikation gewährt wird. Für diejenigen, die entscheiden, in die Heimat zurückzukehren, halte ich es für angemessen, Reintegrationsprojekte in die Arbeitswelt und die Gesellschaft zu entwickeln. Das internationale Abkommen zu den Kinderrechten bietet eine rechtliche allgemeine Grundlage für den Schutz der minderjährigen Migranten. Es muss ihnen jede Form der Verwahrung aufgrund ihres Migrantenstatus erspart werden, während der reguläre Zugang zur Primar- und Sekundarbildung gesichert werden muss. Desgleichen ist die Gewährleistung eines geregelten Aufenthaltes mit Erreichen der Volljährigkeit und der Möglichkeit zu einer weiteren Ausbildung notwendig. Für die Minderjährigen, die ohne Begleitung oder von ihrer Familie getrennt sind, ist es wichtig, Programme zur zeitlichen Obhut oder der Betreuung durch eine Pflegefamilie zu entwerfen[10]. In Achtung des allgemeinen Rechtes auf eine Nationalität muss diese allen Kindern zum Augenblick ihrer Geburt zuerkannt und entsprechend bescheinigt werden. Die Staatenlosigkeit, in der sich Migranten und Flüchtlinge zuweilen wiederfinden, kann leicht durch eine Gesetzgebung „in Konformität mit den grundlegenden Prinzipien des internationalen Rechts“ [11] vermieden werden. Der Migrantenstatus sollte den Zugang zur nationalen Gesundheitsversorgung und den Rentensystemen wie auch die Rücküberweisung ihrer Beiträge im Falle einer Rückkehr in die Heimat nicht begrenzen.
Fördern heißt im Wesentlichen sich dafür einzusetzen, dass alle Migranten und Flüchtlinge wie auch die sie aufnehmenden Gemeinschaften in die Lage versetzt werden, sich als Personen in allen Dimensionen, die das Menschsein ausmacht, wie es der Schöpfer gewollt hat [12], zu verwirklichen. Unter diesen Dimensionen muss der religiösen Dimension der richtige Stellenwert zuerkannt werden, wobei allen sich im Staatsgebiet aufhaltenden Ausländern, die Bekenntnis- und Religionsfreiheit gewährleistet wird. Viele Migranten und Flüchtlinge weisen Qualifikationen auf, die angemessen bescheinigt und geschätzt werden sollen. Da „die menschliche Arbeit von Natur aus dazu bestimmt ist, die Völker zu verbinden“ [13], ermutige ich dazu, darauf hinzuarbeiten, dass die Eingliederung der Migranten und Flüchtlinge in die Gesellschaft und die Arbeitswelt vorangetrieben werden, indem allen – einschließlich der Asylbewerber – die Möglichkeit zur Arbeit, zu Sprachkursen, zu aktiver Bürgerschaft und einer angebrachten Information in ihren Herkunftssprachen gewährleistet wird. Im Fall von minderjährigen Migranten muss ihre Einbeziehung in die Arbeit so geregelt werden, dass Missbräuchen und Bedrohungen für ihr normales Wachstum vorgebeugt wird. Im Jahr 2006 hat Benedikt XVI. hervorgehoben, wie im im Bereich der Migration die Familie ein „Ort und eine Ressource der Kultur des Lebens und Intergrations- und Wertefaktor ist.“ [14] Ihre Integrität soll stets durch die Begünstigung der Wiedervereinigung der Familien – einschließlich der Großeltern, Geschwister und Enkel - gefördert werden, und sie soll niemals wirtschaftlichen Erfordernissen unterworfen werden. Migranten, Asylbewerbern und Flüchtlingen mit Behinderungen sollen größere Aufmerksamkeit und Unterstützung zugesichert werden. Auch wenn die bisher von vielen Ländern angestellten Bemühungen hinsichtlich einer internationalen Zusammenarbeit und humanitären Assistenz als durchaus lobenswert erscheinen, erhoffe ich mir, dass in der Verteilung jener Hilfen die Bedürfnisse (z.B. medizinische und soziale Versorgung und Bildung) der Entwicklungsländer berücksichtigt werden, die riesige Flüchtlings- und Migrantenströme aufnehmen, und dass gleichermaßen die örtlichen Gemeinschaften, die sich in Situationen materiellen Mangels und Verwundbarkeit befinden[15], diese Hilfsleistungen empfangen.
Das letzte Verb, integrieren, liegt auf der Ebene der Möglichkeit interkultureller Bereicherung, die sich durch die Anwesenheit von Migranten und Flüchtlingen ergibt. Die Integration ist nicht eine Angleichung, „die dazu beiträgt, die eigene kulturelle Identität zu unterdrücken oder zu vergessen. Der Kontakt mit dem andern führt vielmehr dazu, sein »Geheimnis« zu entdecken, sich ihm zu öffnen, um seine wertvollen Seiten anzunehmen und so eine bessere gegenseitige Kenntnis zu erlangen. Das ist ein langer Prozess, der darauf abzielt, die Gesellschaft und die Kulturen zu formen, sodass sie immer mehr der Widerschein der vielfältigen Gaben werden, die Gott den Menschen geschenkt hat.“ [16] Ein solcher Prozess kann durch die Möglichkeit einer Staatsbürgerschaft, die von wirtschaftlichen und sprachlichen Erfordernissen losgelöst ist, und durch Wege zu einer außerordentlichen gesetzlichen Regelung für Migranten, die einen Aufenthalt über einen langen Zeitraum im Land aufweisen können, beschleunigt werden. Ich beharre nochmals auf der Notwendigkeit, die Kultur der Begegnung in jeder Weise zu begünstigen, indem man die Möglichkeiten zum interkulturellen Austausch vermehrt, die „guten Erfahrungen“ der Integration dokumentiert und verbreitet und man Programme entwirft, um die lokalen Gemeinschaften auf die Integrationsprozesse vorzubereiten. Mir liegt daran, den besonderen Fall der Ausländer hervorzuheben, die aufgrund von humanitären Krisen gezwungen sind, das Einwanderungsland zu verlassen. Es ist erforderlich, dass diesen Personen eine angemessene Unterstützung für die Heimkehr und Programme zur Wiedereingliederung in die Arbeitswelt im Heimatland zugesichert werden.
In Übereinstimmung mit ihrer pastoralen Tradition ist die Kirche bereit, sich selbst für die Umsetzung all der oben vorgeschlagenen Initiativen einzusetzen, aber um die erhofften Ergebnisse zu erreichen, ist der Beitrag der politischen Gemeinschaft und der zivilen Gesellschaft unverzichtbar, jeder entsprechend der eigenen Verantwortung.
Während des Gipfels der Vereinten Nationen, der am 19. September 2016 in New York abgehalten wurde, haben die Verantwortungsträger der Welt klar ihren Willen zum Ausdruck gebracht, sich zugunsten der Migranten und der Flüchtlinge zu engagieren, um ihr Leben zu retten und ihre Rechte zu schützen, wobei diese Verantwortung auf weltweiter Ebene geteilt werden soll. Zu diesem Zweck haben sich die Staaten dazu verpflichtet, bis Ende 2018 zwei Global Compacts zu verfassen und zu billigen, einer, der sich den Flüchtlingen widmet, und der andere den Migranten.
Liebe Brüder und Schwestern, im Licht dieser angestoßenen Prozesse stellen die nächsten Monate eine günstige Gelegenheit dar, um die konkreten Aktionen, die ich in den vier Verben deklinieren wollte, vorzustellen und zu unterstützen. Ich lade euch somit ein, alle Möglichkeiten zu nutzen, um diese Botschaft mit allen politischen und gesellschaftliche Akteuren, die am Prozess beteiligt sind, der zur Billigung der zwei weltweiten Vereinbarungen führen wird, und allen, die an der Teilhabe daran interessiert sind, zu teilen.
Heute, am 15. August, feiern wir das Hochfest der Aufnahme Mariens in den Himmel. Die Gottesmutter erfuhr die Härte des Exils am eigenen Leib (vgl. Mt 2,13-15), sie begleitete liebevoll den Weg ihres Sohnes bis hin zum Kalvarienberg und ist auf ewig dessen Herrlichkeit teilhaftig. Ihrer mütterlichen Fürsprache vertrauen wir die Hoffnungen aller Migranten und Flüchtlinge der Welt und die Bemühungen der sie aufnehmenden Gemeinschaften an, auf dass wir alle lernen, in Übereinstimmung mit dem göttlichen Gebot den anderen, den Fremden zu lieben wie uns selbst.
Vatikanstadt, am 15. August 2017
Hochfest der leiblichen Aufnahme Mariens in den Himmel
FRANZISKUS
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[1] Cfr. Pius XII., Apostolische Konstitution Exsul Familia (1. August 1952). Titulus Primus, I.
[2] Vgl. Ansprache an die Teilnehmer des Internationalen Forums „Migration und Frieden“, 21. Februar 2017.
[3] Vgl. Beitrag des ständigen Beobachter des Heiligen Stuhls bei der 103. Sitzung des Rats der IOM, 26. November 2013.
[4] Ansprache an die Teilnehmer des Internationalen Forums „Migration und Frieden“.
[5] Vgl. Benedikt XVI., Enzyklika Caritas in veritate, 47.
[6] Vgl. Stellungnahme des Ständigen Beobachters des Heiligen Stuhls bei der 20. Sitzung des Menschenrechtsrates, 22. Juli 2012.
[7] Vgl. Benedikt XVI., Enzyklika Caritas in veritate, 62.
[8] Vgl. Päpstlicher Rat der Seelsorge für die Migranten und die Menschen unterwegs, Instruktion Erga migrantes caritas Christi, 6.
[9] Vgl. Benedikt XVI., Ansprache an die Teilnehmer des VI. Weltkongresses für die der Migranten- und Flüchtlingsseelsorge, 9. November 2009.
[10] Vgl. Benedikt XVI., Botschaft zum Welttag des Migranten und Flüchtlings (2010) und Stellungnahme des Ständigen Beobachters des Heiligen Stuhls bei der 26. ordentlichen Sitzung des Menschenrechtsrates über die Menschenrechte der Migranten, 13. Juni 2014.
[11] Päpstlicher Rat der Seelsorge für Migranten Menschen unterwegs und Päpstlicher Rat Cor Unum, In Flüchtlingen und gewaltsam Vertriebenen Christus erkennen, 2013, 70.
[12] Vgl. Paul VI., Enzyklika Populorum Progressio, 14.
[13] Johannes Paul II., Enzyklika Centesimus annus, 27.
[14] Benedikt XVI., Botschaft zum Welttag des Migranten und Flüchtlings (2007).
[15] Vgl. Päpstlicher Rat der Seelsorge für Migranten Menschen unterwegs und Päpstlicher Rat Cor Unum, In Flüchtlingen und gewaltsam Vertriebenen Christus erkennen, 2013, 30-31.
[16] Johannes Paul II., Botschaft zum Welttag des Migranten und Flüchtlings (2005), 24. November 2004.
[01169-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Testo in lingua spagnola
Acoger, proteger, promover e integrar
a los emigrantes y refugiados
Queridos hermanos y hermanas:
«El emigrante que reside entre vosotros será para vosotros como el indígena: lo amarás como a ti mismo, porque emigrantes fuisteis en Egipto. Yo soy el Señor vuestro Dios» (Lv 19,34).
Durante mis primeros años de pontificado he manifestado en repetidas ocasiones cuánto me preocupa la triste situación de tantos emigrantes y refugiados que huyen de las guerras, de las persecuciones, de los desastres naturales y de la pobreza. Se trata indudablemente de un «signo de los tiempos» que, desde mi visita a Lampedusa el 8 de julio de 2013, he intentado leer invocando la luz del Espíritu Santo. Cuando instituí el nuevo Dicasterio para el Servicio del Desarrollo Humano Integral, quise que una sección especial —dirigida temporalmente por mí— fuera como una expresión de la solicitud de la Iglesia hacia los emigrantes, los desplazados, los refugiados y las víctimas de la trata.
Cada forastero que llama a nuestra puerta es una ocasión de encuentro con Jesucristo, que se identifica con el extranjero acogido o rechazado en cualquier época de la historia (cf. Mt 25,35.43). A cada ser humano que se ve obligado a dejar su patria en busca de un futuro mejor, el Señor lo confía al amor maternal de la Iglesia.[1] Esta solicitud ha de concretarse en cada etapa de la experiencia migratoria: desde la salida y a lo largo del viaje, desde la llegada hasta el regreso. Es una gran responsabilidad que la Iglesia quiere compartir con todos los creyentes y con todos los hombres y mujeres de buena voluntad, que están llamados a responder con generosidad, diligencia, sabiduría y amplitud de miras —cada uno según sus posibilidades— a los numerosos desafíos planteados por las migraciones contemporáneas.
A este respecto, deseo reafirmar que «nuestra respuesta común se podría articular en torno a cuatro verbos: acoger, proteger, promover e integrar».[2]
Considerando el escenario actual, acoger significa, ante todo, ampliar las posibilidades para que los emigrantes y refugiados puedan entrar de modo seguro y legal en los países de destino. En ese sentido, sería deseable un compromiso concreto para incrementar y simplificar la concesión de visados por motivos humanitarios y por reunificación familiar. Al mismo tiempo, espero que un mayor número de países adopten programas de patrocinio privado y comunitario, y abran corredores humanitarios para los refugiados más vulnerables. Sería conveniente, además, prever visados temporales especiales para las personas que huyen de los conflictos hacia los países vecinos. Las expulsiones colectivas y arbitrarias de emigrantes y refugiados no son una solución idónea, sobre todo cuando se realizan hacia países que no pueden garantizar el respeto a la dignidad ni a los derechos fundamentales.[3] Vuelvo a subrayar la importancia de ofrecer a los emigrantes y refugiados un alojamiento adecuado y decoroso. «Los programas de acogida extendida, ya iniciados en diferentes lugares, parecen sin embargo facilitar el encuentro personal, permitir una mejor calidad de los servicios y ofrecer mayores garantías de éxito».[4] El principio de la centralidad de la persona humana, expresado con firmeza por mi amado predecesor Benedicto XVI,[5] nos obliga a anteponer siempre la seguridad personal a la nacional. Por tanto, es necesario formar adecuadamente al personal encargado de los controles de las fronteras. Las condiciones de los emigrantes, los solicitantes de asilo y los refugiados, requieren que se les garantice la seguridad personal y el acceso a los servicios básicos. En nombre de la dignidad fundamental de cada persona, es necesario esforzarse para preferir soluciones que sean alternativas a la detención de los que entran en el territorio nacional sin estar autorizados.[6]
El segundo verbo, proteger, se conjuga en toda una serie de acciones en defensa de los derechos y de la dignidad de los emigrantes y refugiados, independientemente de su estatus migratorio. [7] Esta protección comienza en su patria y consiste en dar informaciones veraces y ciertas antes de dejar el país, así como en la defensa ante las prácticas de reclutamiento ilegal. [8] En la medida de lo posible, debería continuar en el país de inmigración, asegurando a los emigrantes una adecuada asistencia consular, el derecho a tener siempre consigo los documentos personales de identidad, un acceso equitativo a la justicia, la posibilidad de abrir cuentas bancarias y la garantía de lo básico para la subsistencia vital. Si las capacidades y competencias de los emigrantes, los solicitantes de asilo y los refugiados son reconocidas y valoradas oportunamente, constituirán un verdadero recurso para las comunidades que los acogen. [9] Por tanto, espero que, en el respeto a su dignidad, les sea concedida la libertad de movimiento en los países de acogida, la posibilidad de trabajar y el acceso a los medios de telecomunicación. Para quienes deciden regresar a su patria, subrayo la conveniencia de desarrollar programas de reinserción laboral y social. La Convención internacional sobre los derechos del niño ofrece una base jurídica universal para la protección de los emigrantes menores de edad. Es preciso evitarles cualquier forma de detención en razón de su estatus migratorio y asegurarles el acceso regular a la educación primaria y secundaria. Igualmente es necesario garantizarles la permanencia regular al cumplir la mayoría de edad y la posibilidad de continuar sus estudios. En el caso de los menores no acompañados o separados de su familia es importante prever programas de custodia temporal o de acogida. [10] De acuerdo con el derecho universal a una nacionalidad, todos los niños y niñas la han de tener reconocida y certificada adecuadamente desde el momento del nacimiento. La apatridia en la que se encuentran a veces los emigrantes y refugiados puede evitarse fácilmente por medio de «leyes relativas a la nacionalidad conformes con los principios fundamentales del derecho internacional».[11] El estatus migratorio no debería limitar el acceso a la asistencia sanitaria nacional ni a los sistemas de pensiones, como tampoco a la transferencia de sus contribuciones en el caso de repatriación.
Promover quiere decir esencialmente trabajar con el fin de que a todos los emigrantes y refugiados, así como a las comunidades que los acogen, se les dé la posibilidad de realizarse como personas en todas las dimensiones que componen la humanidad querida por el Creador.[12] Entre estas, la dimensión religiosa ha de ser reconocida en su justo valor, garantizando a todos los extranjeros presentes en el territorio la libertad de profesar y practicar la propia fe. Muchos emigrantes y refugiados tienen cualificaciones que hay que certificar y valorar convenientemente. Así como «el trabajo humano está destinado por su naturaleza a unir a los pueblos»,[13] animo a esforzarse en la promoción de la inserción socio-laboral de los emigrantes y refugiados, garantizando a todos —incluidos los que solicitan asilo— la posibilidad de trabajar, cursos formativos lingüísticos y de ciudadanía activa, como también una información adecuada en sus propias lenguas. En el caso de los emigrantes menores de edad, su participación en actividades laborales ha de ser regulada de manera que se prevengan abusos y riesgos para su crecimiento normal. En el año 2006, Benedicto XVI subrayaba cómo la familia es, en el contexto migratorio, «lugar y recurso de la cultura de la vida y principio de integración de valores».[14] Hay que promover siempre su integridad, favoreciendo la reagrupación familiar —incluyendo los abuelos, hermanos y nietos—, sin someterla jamás a requisitos económicos. Respecto a emigrantes, solicitantes de asilo y refugiados con discapacidad hay que asegurarles mayores atenciones y ayudas. Considero digno de elogio los esfuerzos desplegados hasta ahora por muchos países en términos de cooperación internacional y de asistencia humanitaria. Con todo, espero que en la distribución de esas ayudas se tengan en cuenta las necesidades —por ejemplo: asistencia médica y social, como también educación— de los países en vías de desarrollo, que reciben importantes flujos de refugiados y emigrantes, y se incluyan de igual modo entre los beneficiarios de las mismas comunidades locales que sufren carestía material y vulnerabilidad.[15]
El último verbo, integrar, se pone en el plano de las oportunidades de enriquecimiento intercultural generadas por la presencia de los emigrantes y refugiados. La integración no es «una asimilación, que induce a suprimir o a olvidar la propia identidad cultural. El contacto con el otro lleva, más bien, a descubrir su “secreto”, a abrirse a él para aceptar sus aspectos válidos y contribuir así a un conocimiento mayor de cada uno. Es un proceso largo, encaminado a formar sociedades y culturas, haciendo que sean cada vez más reflejo de los multiformes dones de Dios a los hombres».[16] Este proceso puede acelerarse mediante el ofrecimiento de la ciudadanía, desligada de los requisitos económicos y lingüísticos, y de vías de regularización extraordinaria, a los emigrantes que puedan demostrar una larga permanencia en el país. Insisto una vez más en la necesidad de favorecer, en cualquier caso, la cultura del encuentro, multiplicando las oportunidades de intercambio cultural, demostrando y difundiendo las «buenas prácticas» de integración, y desarrollando programas que preparen a las comunidades locales para los procesos integrativos. Debo destacar el caso especial de los extranjeros obligados a abandonar el país de inmigración a causa de crisis humanitarias. Estas personas necesitan que se les garantice una asistencia adecuada para la repatriación y programas de reinserción laboral en su patria.
De acuerdo con su tradición pastoral, la Iglesia está dispuesta a comprometerse en primera persona para que se lleven a cabo todas las iniciativas que se han propuesto más arriba. Sin embargo, para obtener los resultados esperados es imprescindible la contribución de la comunidad política y de la sociedad civil —cada una según sus propias responsabilidades—.
Durante la Cumbre de las Naciones Unidas, celebrada en Nueva York el 19 de septiembre de 2016, los líderes mundiales han expresado claramente su voluntad de trabajar a favor de los emigrantes y refugiados para salvar sus vidas y proteger sus derechos, compartiendo esta responsabilidad a nivel global. A tal fin, los Estados se comprometieron a elaborar y aprobar antes de finales de 2018 dos pactos globales (Global Compacts), uno dedicado a los refugiados y otro a los emigrantes.
Queridos hermanos y hermanas, a la luz de estos procesos iniciados, los próximos meses representan una oportunidad privilegiada para presentar y apoyar las acciones específicas, que he querido concretar en estos cuatro verbos. Los invito, pues, a aprovechar cualquier oportunidad para compartir este mensaje con todos los agentes políticos y sociales que están implicados —o interesados en participar— en el proceso que conducirá a la aprobación de los dos pactos globales.
Hoy, 15 de agosto, celebramos la solemnidad de la Asunción de la Bienaventurada Virgen María al Cielo. La Madre de Dios experimentó en sí la dureza del exilio (cf. Mt 2,13-15), acompañó amorosamente al Hijo en su camino hasta el Calvario y ahora comparte eternamente su gloria. A su materna intercesión confiamos las esperanzas de todos los emigrantes y refugiados del mundo y los anhelos de las comunidades que los acogen, para que, de acuerdo con el supremo mandamiento divino, aprendamos todos a amar al otro, al extranjero, como a nosotros mismos.
Vaticano, 15 de agosto de 2017
Solemnidad de la Asunción de la Virgen María
FRANCISCO
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[1] Cf. Pío XII, Const. ap. Exsul Familia, Titulus Primus, I.
[2] Discurso a los participantes en el Foro Internacional «Migraciones y paz» (21 febrero 2017).
[3] Cf. Intervención del Observador Permanente de la Santa Sede en la 103 Sesión del Consejo de la Organización Internacional para las Migraciones (26 noviembre 2013).
[4] Discurso a los participantes en el Foro Internacional «Migraciones y paz» (21 febrero 2017).
[5] Cf. Benedicto XVI, Carta enc. Caritas in veritate, 47.
[6] Cf. Intervención del Observador Permanente de la Santa Sede en la 20 Sesión del Consejo de Derechos Humanos (22 junio 2012).
[7] Cf. Benedicto XVI, Carta enc. Caritas in veritate, 62.
[8] Cf. Pontificio Consejo para la Pastoral de los Emigrantes e Itinerantes, Instr. Erga migrantes caritas Christi, 6.
[9] Cf. Benedicto XVI, Discurso a los participantes en el Congreso Mundial sobre la Pastoral de los Emigrantes y los Refugiados (9 noviembre 2009).
[10] Cf. Benedicto XVI, Mensaje para la Jornada Mundial del Emigrante y del Refugiado 2010; Intervención del Observador Permanente de la Santa Sede en la 26 Sesión Ordinaria del Consejo de los Derechos Humanos. Los derechos humanos de los emigrantes (13 junio 2014).
[11] Pontificio Consejo para la Pastoral de los Emigrantes e Itinerantes y Pontificio Consejo Cor Unum, Acoger a Cristo en los refugiados y en los desplazados forzosos (2013), 70.
[12] Cf. Pablo VI, Carta enc. Populorum progressio, 14.
[13] Juan Pablo II, Carta enc. Centesimus annus, 27.
[14] Benedicto XVI, Mensaje para la Jornada Mundial del Emigrante y del Refugiado 2007.
[15] Pontificio Consejo para la Pastoral de los Emigrantes e Itinerantes y Pontificio Consejo Cor Unum, Acoger a Cristo en los refugiados y en los desplazados forzosos (2013), 30-31.
[16] Juan Pablo II, Mensaje para la Jornada Mundial del Emigrante y el Refugiado 2005.
[01169-ES.01] [Texto original: Italiano]
Testo in lingua portoghese
Acolher, proteger, promover e integrar
os migrantes e os refugiados
Queridos irmãos e irmãs!
«O estrangeiro que reside convosco será tratado como um dos vossos compatriotas e amá-lo-ás como a ti mesmo, porque foste estrangeiro na terra do Egito. Eu sou o Senhor, vosso Deus» (Lv 19, 34).
Repetidas vezes, durante estes meus primeiros anos de pontificado, expressei especial preocupação pela triste situação de tantos migrantes e refugiados que fogem das guerras, das perseguições, dos desastres naturais e da pobreza. Trata-se, sem dúvida, dum «sinal dos tempos» que, desde a minha visita a Lampedusa em 8 de julho de 2013, tenho procurado ler sob a luz do Espírito Santo. Quando instituí o novo Dicastério para o Serviço do Desenvolvimento Humano Integral, quis que houvesse nele uma Secção especial (colocada temporariamente sob a minha guia direta) que expressasse a solicitude da Igreja para com os migrantes, os desalojados, os refugiados e as vítimas de tráfico humano.
Cada forasteiro que bate à nossa porta é ocasião de encontro com Jesus Cristo, que Se identifica com o forasteiro acolhido ou rejeitado de cada época (cf. Mt 25, 35.43). O Senhor confia ao amor materno da Igreja cada ser humano forçado a deixar a sua pátria à procura dum futuro melhor. [1] Esta solicitude deve expressar-se, de maneira concreta, nas várias etapas da experiência migratória: desde a partida e a travessia até à chegada e ao regresso. Trata-se de uma grande responsabilidade que a Igreja deseja partilhar com todos os crentes e os homens e mulheres de boa vontade, que são chamados a dar resposta aos numerosos desafios colocados pelas migrações contemporâneas com generosidade, prontidão, sabedoria e clarividência, cada qual segundo as suas possibilidades.
A este respeito, desejo reafirmar que «a nossa resposta comum poderia articular-se à volta de quatro verbos fundados sobre os princípios da doutrina da Igreja: acolher, proteger, promover e integrar».[2]
Considerando o cenário atual, acolher significa, antes de tudo, oferecer a migrantes e refugiados possibilidades mais amplas de entrada segura e legal nos países de destino. Neste sentido, é desejável um empenho concreto para se incrementar e simplificar a concessão de vistos humanitários e para a reunificação familiar. Ao mesmo tempo, espero que um número maior de países adote programas de patrocínio privado e comunitário e abra corredores humanitários para os refugiados mais vulneráveis. Além disso seria conveniente prever vistos temporários especiais para as pessoas que, escapando dos conflitos, se refugiam nos países vizinhos. As expulsões coletivas e arbitrárias de migrantes e refugiados não constituem uma solução idónea, sobretudo quando são feitas para países que não podem garantir o respeito da dignidade e dos direitos fundamentais. [3] Volto a sublinhar a importância de oferecer a migrantes e refugiados um primeiro alojamento adequado e decente. «Os programas de acolhimento difundido, já iniciados em várias partes, parecem facilitar o encontro pessoal, permitir uma melhor qualidade dos serviços e oferecer maiores garantias de bom êxito».[4] O princípio da centralidade da pessoa humana, sustentado com firmeza pelo meu amado predecessor Bento XVI, [5] obriga-nos a antepor sempre a segurança pessoal à nacional. Em consequência, é necessário formar adequadamente o pessoal responsável pelos controlos de fronteira. A condição de migrantes, requerentes de asilo e refugiados exige que lhes sejam garantidos a segurança pessoal e o acesso aos serviços básicos. Em nome da dignidade fundamental de cada pessoa, esforcemo-nos por preferir outras alternativas à detenção para quantos entrem no território nacional sem estar autorizados. [6]
O segundo verbo, proteger, conjuga-se numa ampla série de ações em defesa dos direitos e da dignidade dos migrantes e refugiados, independentemente da sua situação migratória. [7] Esta proteção começa na própria pátria, consistindo na oferta de informações certas e verificadas antes da partida e na sua salvaguarda das práticas de recrutamento ilegal. [8] Tal proteção deveria continuar, na medida do possível, na terra de imigração, assegurando aos migrantes uma assistência consular adequada, o direito de manter sempre consigo os documentos de identidade pessoal, um acesso equitativo à justiça, a possibilidade de abrir contas bancárias pessoais e a garantia duma subsistência vital mínima. Se as capacidades e competências dos migrantes, requerentes de asilo e refugiados forem devidamente reconhecidas e valorizadas, constituem verdadeiramente uma mais-valia para as comunidades que os recebem. [9] Por isso, espero que, no respeito da sua dignidade, lhes seja concedida a liberdade de movimento no país de acolhimento, a possibilidade de trabalhar e o acesso aos meios de telecomunicação. Para as pessoas que decidam regressar ao seu país, sublinho a conveniência de desenvolver programas de reintegração laboral e social. A Convenção Internacional sobre os Direitos da Criança oferece uma base jurídica universal para a proteção dos menores migrantes. É necessário evitar-lhes qualquer forma de detenção por motivo da sua situação migratória, ao mesmo tempo que lhes deve ser assegurado o acesso regular à instrução primária e secundária. Da mesma forma, é preciso garantir-lhes a permanência regular ao chegarem à maioridade e a possibilidade de continuarem os seus estudos. Para os menores não acompanhados ou separados da sua família, é importante prever programas de custódia temporária ou acolhimento. [10]. No respeito pelo direito universal a uma nacionalidade, esta deve ser reconhecida e devidamente certificada a todos os meninos e meninas no momento do seu nascimento. A situação de apátrida, em que às vezes acabam por se encontrar migrantes e refugiados, pode ser facilmente evitada através duma «legislação sobre a cidadania que esteja em conformidade com os princípios fundamentais do direito internacional».[11] A situação migratória não deveria limitar o acesso aos sistemas de assistência sanitária nacional e de previdência social, nem à transferência das respetivas contribuições em caso de repatriamento.
Promover significa, essencialmente, empenhar-se por que todos os migrantes e refugiados, bem como as comunidades que os acolhem, tenham condições para se realizar como pessoas em todas as dimensões que compõem a humanidade querida pelo Criador. [12] Dentre tais dimensões, seja reconhecido o justo valor à dimensão religiosa, garantindo a todos os estrangeiros presentes no território a liberdade de profissão e prática da religião. Muitos migrantes e refugiados possuem competências que devem ser devidamente certificadas e avaliadas. Visto «o trabalho humano, pela sua natureza, estar destinado a unir os povos»,[13] encorajo a que se faça tudo o possível para se promover a integração socio-laboral dos migrantes e refugiados, garantindo a todos – incluindo os requerentes de asilo – a possibilidade de trabalhar, percursos de formação linguística e de cidadania ativa e uma informação adequada nas suas línguas originais. No caso de menores migrantes, o seu envolvimento em atividades laborais precisa de ser regulamentado de modo a que se evitem abusos e ameaças ao seu crescimento normal. Em 2006, Bento XVI sublinhava como a família, no contexto migratório, é «lugar e recurso da cultura da vida e fator de integração de valores».[14] A sua integridade deve ser sempre promovida, favorecendo a reunificação familiar – incluindo avós, irmãos e netos – sem nunca o fazer depender de requisitos económicos. No caso de migrantes, requerentes de asilo e refugiados portadores de deficiência, deve ser assegurada maior atenção e apoio. Embora considerando dignos de louvor os esforços feitos até agora por muitos países em termos de cooperação internacional e assistência humanitária, espero que, na distribuição das respetivas ajudas, se considerem as necessidades (como, por exemplo, de assistência médica e social e de educação) dos países em vias de desenvolvimento que acolhem fluxos enormes de refugiados e migrantes e de igual modo se incluam, entre os beneficiários, as comunidades locais em situação de privação material e vulnerabilidade. [15]
O último verbo, integrar, situa-se no plano das oportunidades de enriquecimento intercultural geradas pela presença de migrantes e refugiados. A integração não é «uma assimilação, que leva a suprimir ou a esquecer a própria identidade cultural. O contacto com o outro leva sobretudo a descobrir o seu “segredo”, a abrir-se para ele, a fim de acolher os seus aspetos válidos e contribuir assim para um maior conhecimento de cada um. Trata-se de um processo prolongado que tem em vista formar sociedades e culturas, tornando-as cada vez mais um reflexo das dádivas multiformes de Deus aos homens».[16] Este processo pode ser acelerado pela oferta de cidadania, independentemente de requisitos económicos e linguísticos, e por percursos de regularização extraordinária para migrantes que possuam uma longa permanência no país. Insisto mais uma vez na necessidade de favorecer em todos os sentidos a cultura do encontro, multiplicando as oportunidades de intercâmbio cultural, documentando e difundindo as «boas práticas» de integração e desenvolvendo programas tendentes a preparar as comunidades locais para os processos de integração. Tenho a peito sublinhar o caso especial dos estrangeiros forçados a deixar o país de imigração por causa de crises humanitárias. Estas pessoas necessitam que lhes seja assegurada uma assistência adequada para o repatriamento e programas de reintegração laboral na sua pátria.
De acordo com a sua tradição pastoral, a Igreja está disponível para se comprometer, em primeira pessoa, na realização de todas as iniciativas propostas acima, mas, para se obter os resultados esperados, é indispensável a contribuição da comunidade política e da sociedade civil, cada qual segundo as próprias responsabilidades.
Durante a Cimeira das Nações Unidas, realizada em Nova Iorque em 19 de setembro de 2016, os líderes mundiais expressaram claramente a vontade de se empenhar a favor dos migrantes e refugiados para salvar as suas vidas e proteger os seus direitos, compartilhando tal responsabilidade a nível global. Com este objetivo, os Estados comprometeram-se a redigir e aprovar até ao final de 2018 dois acordos globais (Global Compacts), um dedicado aos refugiados e outro referente aos migrantes.
Queridos irmãos e irmãs, à luz destes processos já iniciados, os próximos meses constituem uma oportunidade privilegiada para apresentar e apoiar as ações concretas nas quais quis conjugar os quatro verbos. Por isso, convido-vos a aproveitar as várias ocasiões possíveis para partilhar esta mensagem com todos os atores políticos e sociais envolvidos – ou interessados em participar – no processo que levará à aprovação dos dois acordos globais.
Neste dia 15 de agosto, celebramos a solenidade da Assunção de Maria Santíssima ao Céu. A Mãe de Deus experimentou pessoalmente a dureza do exílio (cf. Mt 2, 13-15), acompanhou amorosamente o caminho do Filho até ao Calvário e agora partilha eternamente da sua glória. À sua materna intercessão confiamos as esperanças de todos os migrantes e refugiados do mundo e as aspirações das comunidades que os acolhem, para que todos, no cumprimento do supremo mandamento divino, aprendamos a amar o outro, o estrangeiro, como a nós mesmos.
Vaticano, 15 de agosto de 2017
Solenidade da Assunção da Bem-aventurada Virgem Maria
FRANCISCO
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[1] Cf. Pio XII, Constituição apostólica Exsul familia, Titulus Primus, I.
[2] Francisco, Discurso aos participantes no Fórum Internacional «Migrações e Paz» (21 de fevereiro de 2017).
[3] Cf. Intervenção do Representante Permanente da Santa Sé na CIII Sessão do Conselho da OIM (26 de novembro de 2013).
[4] Francisco, Discurso aos participantes no Fórum Internacional «Migrações e Paz».
[5] Cf. Carta encíclica Caritas in veritate, 47.
[6] Cf. Intervenção do Observador Permanente da Santa Sé na XX Sessão do Conselho dos Direitos Humanos (22 de junho de 2012).
[7] Cf. Bento XVI, Carta encíclica Caritas in veritate, 62.
[8] Cf. Pontifício Conselho para a Pastoral dos Migrantes e dos Itinerantes, Instrução Erga migrantes caritas Christi, 6.
[9] Cf. Bento XVI, Discurso aos participantes no VI Congresso Mundial para a Pastoral dos Migrantes e dos Refugiados (9 de novembro de 2009).
[10] Cf. Bento XVI, Mensagem para o Dia Mundial do Migrante e Refugiado (2010); S. Tomasi, Intervenção na XXVI Sessão Extraordinária do Conselho para os Direitos do Homem sobre os direitos humanos dos migrantes (13 de junho de 2014).
[11] Pontifício Conselho para a Pastoral dos Migrantes e dos Itinerantes e Pontifício Conselho Cor Unum, Acolher Cristo nos refugiados e nas pessoas forçadamente desenraizadas (2013), 70.
[12] Cf. Paulo VI, Carta encíclica Populorum progressio, 14.
[13] João Paulo II, Carta encíclica Centesimus annus, 27.
[14] Mensagem para o Dia Mundial do Migrante e do Refugiado (2007).
[15] Cf Pontifício Conselho para a Pastoral dos Migrantes e dos Itinerantes e Pontifício Conselho Cor Unum, Acolher Cristo nos refugiados e nas pessoas forçadamente desenraizadas (2013), 30-31.
[16] João Paulo II, Mensagem para o Dia Mundial do Migrante e do Refugiado em 2005 (24 de novembro de 2004).
[01169-PO.01] [Texto original: Italiano]
Testo in lingua polacca
Przyjmować, chronić, promować i integrować
imigrantów i uchodźców
Drodzy Bracia i Siostry!
„Przybysza, osiadłego wśród was, będziecie uważać za tubylca. Będziesz go miłował jak siebie samego, bo i wy byliście przybyszami w ziemi egipskiej. Ja jestem Pan, Bóg wasz!” (Kpł 19,34).
W pierwszych latach mojego pontyfikatu wielokrotnie wyrażałem szczególny niepokój z powodu smutnej sytuacji wielu imigrantów i uchodźców uciekających od wojny, prześladowań, klęsk żywiołowych i ubóstwa. Jest to niewątpliwie „znak czasów”, który starałem się odczytać, prosząc o światło Ducha Świętego począwszy od mojej wizyty na Lampedusie 8 lipca 2013 roku. Ustanawiając nową Dykasterię ds. Integralnego Rozwoju Ludzkiego chciałem, aby szczególna sekcja, umieszczona tymczasowo pod moim bezpośrednim kierownictwem, wyrażała troskę Kościoła wobec imigrantów, osób przesiedlonych, uchodźców i ofiar handlu ludźmi.
Każdy cudzoziemiec, który puka do naszych drzwi, jest okazją do spotkania z Jezusem Chrystusem, utożsamiającym się z cudzoziemcem przyjętym lub odrzuconym każdej epoki (por. Mt 25,35.43). Pan powierza macierzyńskiej miłości Kościoła każdą osobę ludzką zmuszoną do opuszczenia swojej ojczyzny w poszukiwaniu lepszej przyszłości[1]. Troska taka musi być wyrażona w sposób konkretny na każdym etapie doświadczenia migracyjnego: od wyruszenia w drogę, od początku do końca. To wielka odpowiedzialność, którą Kościół pragnie dzielić ze wszystkimi wierzącymi oraz ludźmi dobrej woli, którzy są powołani do odpowiadania na wiele wyzwań stawianych przez współczesną migrację z wielkodusznością, skwapliwie, mądrze i dalekowzrocznie, każdy według swoich możliwości.
W tym kontekście pragnę potwierdzić, że „nasza wspólna odpowiedź mogłaby być osnuta na czterech czasownikach: przyjmować, chronić, promować i integrować” [2].
Biorąc pod uwagę obecny scenariusz, przyjęcie oznacza przede wszystkim zapewnienie imigrantom i uchodźcom szerszych możliwości bezpiecznego i legalnego wjazdu do krajów przeznaczenia. W związku z tym pożądany jest konkretny wysiłek, by zwiększyć i uprościć przyznawanie wiz humanitarnych oraz w celu łączenia rodzin. Jednocześnie chciałbym, aby znacznie więcej krajów przyjęło programy sponsorowania prywatnego i wspólnotowego, otwierając korytarze humanitarne dla najbardziej narażonych uchodźców. Stosowne byłoby między innymi zapewnienie specjalnych wiz tymczasowych dla osób uciekających przed konfliktami do krajów sąsiednich. Odpowiednim rozwiązaniem nie są kolektywne i arbitralne wydalenia imigrantów i uchodźców, szczególnie gdy są one dokonywane do krajów, które nie mogą im zagwarantować poszanowania godności i praw podstawowych[3]. Raz jeszcze podkreślam znaczenie zapewnienia imigrantom i uchodźcom odpowiedniego i godnego zakwaterowania. „Programy przyjmowania rozproszonego, już realizowane w różnych miejscowościach, zdają się natomiast ułatwiać spotkanie osobowe, umożliwiać lepszą jakość usług i dawać większe gwarancje sukcesu” [4]. Zasada centralnego miejsca osoby ludzkiej, mocno potwierdzona przez mojego umiłowanego poprzednika Benedykta XVI[5], zobowiązuje nas do przedkładania zawsze bezpieczeństwa osobistego ponad bezpieczeństwo narodowe. W związku z tym konieczne jest odpowiednie formowanie personelu odpowiedzialnego za kontrole graniczne. Sytuacja imigrantów, ubiegających się o azyl i uchodźców, wymaga, aby zapewniono im bezpieczeństwo osobiste i dostęp do usług podstawowych. W imię fundamentalnej godności każdej osoby należy podjąć wysiłki, by opowiadać się za środkami alternatywnymi wobec pozbawienia wolności osób, które bez pozwolenia wkraczają na terytorium państwa[6].
Drugi czasownik, chronić, wyraża się w całej serii działań w obronie praw i godności imigrantów i uchodźców, niezależnie od ich statusu migracyjnego[7]. Taka ochrona zaczyna się w ojczyźnie i polega na przedstawieniu pewnych i poświadczonych informacji przed wyjazdem oraz ich ochronie przed praktykami nielegalnej rekrutacji[8]. Powinna być ona kontynuowana, w miarę możliwości, w kraju imigracji, zapewniając imigrantom odpowiednią pomoc konsularną, prawo do zachowywania zawsze przy sobie swoich dokumentów tożsamości, równego dostępu do wymiaru sprawiedliwości, możliwość otwierania rachunków bankowych i gwarancję minimalnego realnego utrzymania. Zdolności i umiejętności imigrantów, osób ubiegających się o azyl i uchodźców, jeśli zostaną właściwie rozpoznane i docenione, stanowią prawdziwe bogactwo dla przyjmujących ich wspólnot[9]. Z tego względu chciałbym, aby szanując ich godność przyznawano im swobodę ruchów w kraju przyjmującym, możliwość pracy oraz dostęp do środków telekomunikacyjnych. Dla tych, którzy decydują się na powrót do ojczyzny, podkreślam stosowność rozwijania programów reintegracji zawodowej i społecznej. Międzynarodowa Konwencja Praw Dziecka stanowi uniwersalną podstawę prawną dla ochrony imigrujących niepełnoletnich. Należy unikać wobec nich jakiejkolwiek formy pozbawienia wolności z powodu ich statusu migracyjnego. Trzeba natomiast zapewnić im regularny dostęp do nauczania podstawowego i średniego. Podobnie, konieczne jest zapewnienie legalnego pobytu, aż do osiągnięcia pełnoletniości i możliwości kontynuowania nauki. Dla małoletnich pozbawionych opieki lub oddzielonych od rodziny ważne jest zapewnienie programów opieki tymczasowej lub opieki zastępczej[10]. Respektując powszechne prawo do obywatelstwa, powinno być ono uznane i odpowiednio poświadczone wszystkim chłopcom i dziewczętom w chwili urodzenia. Stanowi bezpaństwowości, w jakim znajdują się niekiedy imigranci i uchodźcy, można łatwo zapobiec poprzez „ustawodawstwo narodowe zgodne z podstawowymi zasadami prawa międzynarodowego” [11]. Status migracyjny nie powinien ograniczać dostępu do narodowych systemów opieki zdrowotnej i systemów emerytalnych, a także do przekazywania ich składek w przypadku repatriacji.
Promować to przede wszystkim starać się, aby wszyscy migranci i uchodźcy, jak i społeczności, które ich przyjmują, byli w stanie realizować się jako osoby we wszystkich wymiarach stanowiących człowieczeństwo według planu Stwórcy[12]. Pośród tych wymiarów należy uznać należne znaczenie wymiaru religijnego, zapewniając wszystkim cudzoziemcom obecnym na danym terytorium swobodę wyznawania i praktykowania religii. Wielu uchodźców i migrantów posiada umiejętności, które należy odpowiednio poświadczyć i docenić.
Ponieważ „ludzka praca ze swej natury powinna narody jednoczyć” [13], zachęcam do starań, by krzewiono integrację społeczną i zawodową migrantów i uchodźców, zapewniając wszystkim – w tym osobom ubiegającym się o azyl – możliwość pracy, kursów językowych i aktywności obywatelskiej a także odpowiedniej informacji w ich językach ojczystych. W przypadku migrantów niepełnoletnich, ich zaangażowanie w aktywność pracowniczą musi być regulowane, tak aby zapobiec wyzyskowi i zagrożeniom dla ich prawidłowego rozwoju. W 2006 roku, Benedykt XVI podkreślił, że w kontekście migracyjnym w rodzinie „zawiera się bogactwo kultury życia i przyczynia się ona do integracji wartości” [14]. Zawsze należy wspierać jej integrację, ułatwiając łączenie rodzin – w tym dziadków, rodzeństwa i wnuków – nigdy nie uzależniając tego od wymagań ekonomicznych. W odniesieniu do migrantów, uchodźców i azylantów w sytuacjach niepełnosprawności należy zapewnić większą uwagę i wsparcie. Uznając wprawdzie godne pochwały dotychczasowe wysiłki wielu krajów w zakresie współpracy międzynarodowej i pomocy humanitarnej, pragnę, by w rozdzielaniu takiej pomocy brano pod uwagę potrzeby (na przykład opieki medycznej i społecznej oraz edukacji) krajów rozwijających się, przyjmujących ogromne strumienie uchodźców i migrantów oraz aby do adresatów tej pomocy włączano podobnie społeczności lokalne znajdujące się w sytuacji niedostatku materialnego i słabości[15].
Ostatni czasownik, integrować, należy do poziomu szansy ubogacania międzykulturowego zrodzonego przez obecność imigrantów i uchodźców. Integracja nie jest „asymilacją, która prowadzi do zniszczenia albo wymazania z pamięci własnej tożsamości kulturowej. Kontakt z drugim człowiekiem pozwala raczej odkryć jego «sekret», otworzyć się na niego, aby przyjąć to, co jest w nim wartościowe, a w ten sposób przyczynić się do lepszego poznania każdego. Jest to proces długotrwały, którego celem jest takie kształtowanie społeczeństw i kultur, aby coraz bardziej stawały się odzwierciedleniem wielorakich darów, jakimi Bóg obdarza ludzi” [16]. Proces ten można przyspieszyć poprzez przyznanie obywatelstwa niezależnie od wymogów ekonomicznych i językowych oraz nadzwyczajnej procedury regulowania w przypadku imigrantów, którzy mogą poszczycić się długim pobytem w kraju. I znowu kładę nacisk na konieczność krzewienia w możliwie najlepszy sposób kultury spotkania, mnożąc możliwości wymiany międzykulturowej, dokumentując i upowszechniając dobre praktyki integracji i rozwijając programy mające na celu przygotowanie społeczności lokalnych do procesów integracyjnych. Chcę podkreślić szczególny przypadek cudzoziemców zmuszonych do opuszczenia kraju imigracji z powodu kryzysów humanitarnych. Osobom tym trzeba zapewnić odpowiednie wsparcie dla repatriacji i programy reintegracji pracowniczej w ojczyźnie.
Zgodnie ze swoją tradycją duszpasterską, Kościół jest gotów aktywnie zaangażować się w realizację wszystkich proponowanych powyżej inicjatyw, ale aby uzyskać pożądane rezultaty niezbędny jest wkład wspólnoty politycznej oraz społeczeństwa obywatelskiego, każde zgodnie z właściwą im odpowiedzialnością.
Podczas szczytu Organizacji Narodów Zjednoczonych, który odbył się w Nowym Jorku 19 września 2016 r., przywódcy światowi jasno wyrazili gotowość podejmowania wysiłków na rzecz migrantów i uchodźców, aby ocalić ich życie i chronić ich prawa, dzieląc tę odpowiedzialność na poziomie globalnym. W tym celu państwa członkowskie zobowiązały się do sporządzenia i zatwierdzenia do końca 2018 dwóch umów globalnych (Global Compacts), jednej poświęconej uchodźcom oraz drugiej dotyczącej migrantów.
Drodzy bracia i siostry, w świetle uruchomienia tych procesów najbliższe miesiące stanowią doskonałą okazję do zaprezentowania i wspierania konkretnych działań, w których chciałem omówić cztery czasowniki. Zachęcam was zatem do skorzystania z każdej okazji, aby podzielić się tym orędziem ze wszystkimi uczestnikami życia politycznego i społecznego, którzy są zaangażowani – albo zainteresowani uczestnictwem – w procesie prowadzącym do zatwierdzenia dwóch umów globalnych.
Dzisiaj, 15 sierpnia, obchodzimy uroczystość Wniebowzięcia Najświętszej Maryi Panny. Matka Boża doświadczyła na sobie trudów wygnania (por. Mt 2,13-15), z miłością towarzyszyła drodze Syna aż po Kalwarię, a teraz uczestniczy na wieki w Jego chwale. Jej macierzyńskiemu wstawiennictwu zawierzamy nadzieje wszystkich migrantów i uchodźców świata oraz pragnienia przyjmujących ich wspólnot, abyśmy wszyscy zgodnie z najważniejszym przykazaniem Bożym nauczyli się kochać bliźniego, obcego, jak siebie samego.
Watykan, 15 sierpnia 2017
Uroczystość Wniebowzięcia Najświętszej Maryi Panny
FRANCISZEK
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[1] Por. PIUS XII, Konst. Ap. Exsul Familia, Cz. I, I.
[2] Przemówienie do uczestników VI Międzynarodowego Forum „Migracje i pokój”, 21 lutego 2017, L’Osservatore Romano, wyd. polskie n. 3-4 (391)/2017, s. 20.
[3] Por. Intervento dell’Osservatore permanente della Santa Sede alla 103ª Sessione del Consiglio dell’OIM, 26 novembre 2013.
[4] Przemówienie do uczestników VI Międzynarodowego Forum „Migracje i pokój”: L'Osservatore Romano, wyd. polskie n. 3-4 (391)/2017, s. 21.
[5] Por. BENEDYKT XVI, Enc. Caritas in veritate, 47.
[6] Por. Intervento dell’Osservatore Permanente della Santa Sede alla XX Sessione del Consiglio dei Diritti Umani, 22 giugno 2012.
[7] Por. BENEDYKT XVI, Enc. Caritas in veritate, 62.
[8] Por. PAPIESKA RADA DS. DUSZPASTERSTWA MIGRANTÓW I PODRÓŻUJĄCYCH, Instr. Erga migrantes caritas Christi, 6.
[9] Por. BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti al VI Congresso Mondiale per la pastorale dei Migranti e dei Rifugiati, 9 novembre 2009
[10] Por. Tenże, Orędzie na Światowy Dzień Migranta i Uchodźcy (2010); OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE, Intervento alla XXVI Sessione Ordinaria del Consiglio per i Diritti dell’Uomo sui diritti umani dei migranti, 13 giugno 2014.
[11] PAPIESKA RADA DS. DUSZPASTERSTWA MIGRANTÓW I PODRÓŻUJĄCYCH I PAPIESKA RADA COR UNUM, Przyjęcie Chrystusa w uchodźcach i przymusowo przesiedlonych, 2013, 70.
[12] Por. PAWEŁ VI, Enc. Populorum progressio, 14.
[13] JAN PAWEŁ II, Enc. Centesimus annus, 27.
[14] BENEDYKT XVI, Orędzie na Światowy Dzień Migranta i Uchodźcy 2007; L’Osservatore Romano, wyd. polskie n. 1(289)/2007, s. 4.
[15] PAPIESKA RADA DS. DUSZPASTERSTWA MIGRANTÓW I PODRÓŻUJĄCYCH I PAPIESKA RADA COR UNUM, Przyjęcie Chrystusa w uchodźcach i przymusowo przesiedlonych, 2013, 30-31.
[16] JAN PAWEŁ II, Orędzie na Światowy Dzień Migranta i Uchodźcy 2005 r.; L’ Osservatore Romano, wyd. polskie n. 3(271)/2005, s. 7.
[01169-PL.01] [Testo originale: Italiano]
[B0527-XX.01]