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Messaggio del Santo Padre e Benedizione “Urbi et Orbi” nella Solennità del Natale, 25.12.2023


Messaggio natalizio del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 12 di oggi, Solennità del Natale del Signore, dalla Loggia Centrale della Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco, prima di impartire la Benedizione “Urbi et Orbi”, ha rivolto il tradizionale Messaggio natalizio ai fedeli presenti in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltavano attraverso la radio, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione.

Questo il testo del Messaggio del Santo Padre per il Natale 2023:

Messaggio natalizio del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buon Natale!

Lo sguardo e il cuore dei cristiani di tutto il mondo sono rivolti a Betlemme; lì, dove in questi giorni regnano dolore e silenzio, è risuonato l’annuncio atteso da secoli: «È nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). Sono le parole dell’angelo nel cielo di Betlemme e sono rivolte anche a noi. Ci riempie di fiducia e di speranza sapere che il Signore è nato per noi; che la Parola eterna del Padre, il Dio infinito, ha fissato la sua dimora tra noi. Si è fatto carne, è venuto «ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14): ecco la notizia che cambia il corso della storia!

Quello di Betlemme è l’annuncio di «una grande gioia» (Lc 2,10). Quale gioia? Non la felicità passeggera del mondo, non l’allegria del divertimento, ma una gioia “grande” perché ci fa “grandi”. Oggi, infatti, noi esseri umani, con i nostri limiti, abbracciamo la certezza di una speranza inaudita, quella di essere nati per il Cielo. Sì, Gesù nostro fratello è venuto a fare del Padre, suo il Padre nostro: fragile Bimbo, ci rivela la tenerezza di Dio; e molto di più: Lui, l’Unigenito del Padre, ci dà il «potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). Ecco la gioia che consola il cuore, rinnova la speranza e dona la pace: è la gioia dello Spirito Santo, la gioia di essere figli amati.

Fratelli e sorelle, oggi a Betlemme tra le tenebre della terra si è accesa questa fiamma inestinguibile, oggi sulle oscurità del mondo prevale la luce di Dio, «che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Fratelli e sorelle, rallegriamoci di questa grazia! Gioisci tu, che hai smarrito fiducia e certezze, perché non sei solo, non sei sola: Cristo è nato per te! Gioisci tu, che hai deposto la speranza, perché Dio ti tende la mano: non ti punta il dito contro, ma ti offre la sua manina di Bimbo per liberarti dalle paure, sollevarti dalle fatiche e mostrarti che ai suoi occhi vali come nient’altro. Gioisci tu, che nel cuore non trovi la pace, perché per te si è compiuta l’antica profezia di Isaia: «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio […] e il suo nome sarà: […] Principe della pace» (9,5)». La Scrittura rivela che la sua pace, il suo regno «non avrà fine» (9,6).

Nella Scrittura, al Principe della pace si oppone «il principe di questo mondo» (Gv 12,31) che, seminando morte, agisce contro il Signore, «amante della vita» (Sap 11,26). Lo vediamo in azione a Betlemme quando, dopo la nascita del Salvatore, avviene la strage degli innocenti. Quante stragi di innocenti nel mondo: nel grembo materno, nelle rotte dei disperati in cerca di speranza, nelle vite di tanti bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra. Sono i piccoli Gesù di oggi, questi bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra, dalle guerre.

Allora dire “sì” al Principe della pace significa dire “no” alla guerra, e questo con coraggio: dire “no” alla guerra, a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Questo è la guerra: viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Ma per dire “no” alla guerra bisogna dire “no” alle armi. Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi? Oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti! La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre.

Isaia, che profetizzava il Principe della pace, ha scritto di un giorno in cui «una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione»; di un giorno in cui gli uomini «non impareranno più l’arte della guerra», ma «spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci» (2,4). Con l’aiuto di Dio, diamoci da fare perché quel giorno si avvicini!

Si avvicini in Israele e Palestina, dove la guerra scuote la vita di quelle popolazioni. Le abbraccio tutte, in particolare le comunità cristiane di Gaza, la parrocchia di Gaza, e dell’intera Terra Santa. Porto nel cuore il dolore per le vittime dell’esecrabile attacco del 7 ottobre scorso e rinnovo un pressante appello per la liberazione di quanti sono ancora tenuti in ostaggio. Supplico che cessino le operazioni militari, con il loro spaventoso seguito di vittime civili innocenti, e che si ponga rimedio alla disperata situazione umanitaria aprendo all’arrivo degli aiuti. Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le Parti, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale. Fratelli e sorelle, preghiamo per la pace in Palestina e in Israele.

Il mio pensiero va poi alla popolazione della martoriata Siria, come pure a quella dello Yemen ancora in sofferenza. Penso al caro popolo libanese e prego perché possa ritrovare presto stabilità politica e sociale.

Con gli occhi fissi sul Bambino Gesù imploro la pace per l’Ucraina. Rinnoviamo la nostra vicinanza spirituale e umana al suo martoriato popolo, perché attraverso il sostegno di ciascuno di noi senta la concretezza dell’amore di Dio.

Si avvicini il giorno della pace definitiva tra Armenia e Azerbaigian. La favoriscano la prosecuzione delle iniziative umanitarie, il ritorno degli sfollati nelle loro case in legalità e sicurezza, e il mutuo rispetto delle tradizioni religiose e dei luoghi di culto di ogni comunità.

Non dimentichiamo le tensioni e i conflitti che sconvolgono la regione del Sahel, il Corno d’Africa, il Sudan, come anche il Camerun, la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan.

Si avvicini il giorno in cui si rinsalderanno i vincoli fraterni nella penisola coreana, aprendo percorsi di dialogo e riconciliazione che possano creare le condizioni per una pace duratura.

Il Figlio di Dio, fattosi umile Bambino, ispiri le autorità politiche e tutte le persone di buona volontà del continente americano, affinché si trovino soluzioni idonee a superare i dissidi sociali e politici, per lottare contro le forme di povertà che offendono la dignità delle persone, per appianare le disuguaglianze e per affrontare il doloroso fenomeno delle migrazioni.

Dal presepe, il Bambino ci chiede di essere voce di chi non ha voce: voce degli innocenti, morti per mancanza di acqua e di pane; voce di quanti non riescono a trovare un lavoro o l’hanno perso; voce di quanti sono obbligati a fuggire dalla propria patria in cerca di un avvenire migliore, rischiando la vita in viaggi estenuanti e in balia di trafficanti senza scrupoli.

Fratelli e sorelle, si avvicina il tempo di grazia e di speranza del Giubileo, che inizierà tra un anno. Questo periodo di preparazione sia occasione per convertire il cuore; per dire “no” alla guerra e “sì” alla pace; per rispondere con gioia all’invito del Signore che ci chiama, come ancora profetizzò Isaia, «a portare il lieto annuncio ai miseri, / a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, / a proclamare la libertà degli schiavi, / la scarcerazione dei prigionieri» (Is 61,1).

Queste parole si sono compiute in Gesù (cfr Lc 4,18), nato oggi a Betlemme. Accogliamolo, apriamo il cuore a Lui, il Salvatore! Apriamo il cuore a Lui, il Salvatore, che è il Principe della pace!

[01992-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chers frères et sœurs, joyeux Noël !

Le regard et le cœur des chrétiens du monde entier sont tournés vers Bethléem ; là où règnent aujourd’hui la douleur et le silence, a retenti l’annonce attendue depuis des siècles : « vous est né un Sauveur qui est le Christ, le Seigneur » (Lc 2, 11). Ce sont les paroles de l’ange dans le ciel de Bethléem et elles nous sont également adressées. Elles nous remplissent de confiance et d’espérance de savoir que le Seigneur est né pour nous ; que la Parole éternelle du Père, le Dieu infini, a fixé sa demeure parmi nous. Il s’est fait chair, il est venu « habiter parmi nous » (Jn 1, 14) : voilà la nouvelle qui change le cours de l’histoire !

L’annonce de Bethléem est celle d’une « grande joie » (Lc 2, 10). Quelle joie ? Pas le bonheur passager du monde, pas la joie du plaisir, mais une joie “grande” parce qu’elle nous rend “grands”. Aujourd’hui, en effet, nous les êtres humains, avec nos limites, nous embrassons la certitude d’une espérance inouïe, celle d’être nés pour le Ciel. Oui, Jésus notre frère est venu faire de son Père notre Père : Enfant fragile, il nous révèle la tendresse de Dieu ; et bien plus encore : Lui, le Fils unique du Père, nous donne le « pouvoir de devenir enfants de Dieu » (Jn 1, 12). Voilà la joie qui console le cœur, qui renouvelle l’espérance et qui donne la paix : c’est la joie de l’Esprit Saint, la joie d’être des enfants aimés.

Frères et sœurs, aujourd’hui à Bethléem, dans les ténèbres de la terre, s’est allumée cette flamme inextinguible, aujourd’hui sur les ténèbres du monde prévaut la lumière de Dieu, « qui éclaire tout homme » (Jn 1, 9). Frères et sœurs, réjouissons-nous de cette grâce ! Réjouis-toi, toi qui as perdu confiance et certitudes, car tu n’es pas seul : le Christ est né pour toi ! Réjouis-toi, toi qui as perdu l’espérance, parce que Dieu te tend la main : il ne te pointe pas du doigt, mais il t’offre sa petite main d’Enfant pour te libérer de tes peurs, te relever de tes peines et te montrer qu’à ses yeux tu as plus de valeur que tout. Réjouis-toi, toi qui ne trouves pas la paix dans ton cœur, car pour toi s’est accomplie l’antique prophétie d’Isaïe : « Un enfant nous est né, un fils nous a été donné [...] son nom est proclamé: [...] Prince-de-la-Paix » (9,5). L’Écriture révèle que sa paix, son règne « sera sans fin » (9, 6).

Dans l’Écriture, le Prince de la paix s’oppose au « prince de ce monde » (Jn 12, 31) qui, en semant la mort, agit contre le Seigneur, « qui aime les vivants » (Sg 11, 26). Nous le voyons à l’œuvre à Bethléem lorsque le massacre des innocents a lieu après la naissance du Sauveur. Combien de massacres d’innocents dans le monde : dans le sein maternel, sur les routes des désespérés en quête d’espérance, dans les vies de tant d’enfants dont l’enfance est dévastée par la guerre. Ce sont les petits Jésus d’aujourd’hui, ces enfants dont l’enfance est dévastée par la guerre, par les guerres.

Alors dire “oui” au Prince de la paix signifie dire “non” à la guerre, et cela avec courage : dire “non” à la guerre, à toute guerre, à la logique même de la guerre, voyage sans but, défaite sans vainqueurs, folie sans excuses. C’est la guerre : voyage sans but, défaite sans vainqueurs, folie sans excuses. Mais pour dire “non” à la guerre, il faut dire “non” aux armes. Car si l’homme, dont le cœur est instable et blessé, a en sa possession des instruments de mort, tôt ou tard, il les utilisera. Et comment peut-on parler de paix si la production, la vente et le commerce des armes augmentent ? Aujourd’hui, comme au temps d’Hérode, les complots du mal, qui s’opposent à la lumière divine, se meuvent dans l’ombre de l’hypocrisie et de la dissimulation : combien de massacres armés ont lieu dans un silence assourdissant, à l’insu de tant de personnes ! Les personnes, qui ne veulent pas d’armes mais de pain, qui peinent à aller de l’avant et qui demandent la paix, ignorent combien d’argent public est destiné aux armements. Et pourtant ils devraient le savoir ! Que l’on en parle, que l’on en écrive, pour que l’on sache les intérêts et les gains qui tirent les ficelles des guerres.

Isaïe, qui prophétisait le Prince de la paix, a écrit à propos d’un jour où « jamais nation contre nation ne lèvera l’épée » ; d’un jour où les hommes « n’apprendront plus la guerre », mais « de leurs épées, ils forgeront des socs, et de leurs lances, des faucilles » (2, 4). Avec l’aide de Dieu, faisons en sorte que ce jour approche !

Qu’il s’approche en Israël et en Palestine, où la guerre secoue la vie de ces populations. Je les embrasse toutes, en particulier les communautés chrétiennes de Gaza et de toute la Terre Sainte. Je porte dans mon cœur la douleur pour les victimes de l’odieuse attaque du 7 octobre dernier et je renouvelle un appel pressant pour la libération de ceux qui sont encore retenus en otage. Je demande que cessent les opérations militaires, avec leur effroyable suite de victimes civiles innocentes, et que l’on remédie à la situation humanitaire désespérée en ouvrant à l’arrivée de l’aide humanitaire. Que l’on ne continue pas à alimenter la violence et la haine, mais que l’on commence à résoudre la question palestinienne, à travers un dialogue sincère et persévérant entre les Parties, soutenu par une forte volonté politique et par l’appui de la communauté internationale.

Ma pensée va ensuite à la population de la Syrie meurtrie, ainsi qu’à celle du Yémen encore en souffrance. Je pense au cher peuple libanais et je prie pour qu’il retrouve rapidement la stabilité politique et sociale.

Les yeux fixés sur l’Enfant Jésus, j’implore la paix pour l’Ukraine. Renouvelons notre proximité spirituelle et humaine à son peuple meurtri, afin qu’à travers le soutien de chacun de nous, il sente la réalité de l’amour de Dieu.

Que s’approche le jour d’une paix définitive entre l’Arménie et l’Azerbaïdjan. Que la poursuite des initiatives humanitaires, le retour des personnes déplacées chez elles en toute légalité et sécurité, et le respect mutuel des traditions religieuses et des lieux de culte de chaque communauté la favorisent.

N’oublions pas les tensions et les conflits qui secouent la région du Sahel, la Corne de l’Afrique, le Soudan, ainsi que le Cameroun, la République Démocratique du Congo et le Soudan du Sud.

Que s’approche le jour où se renforceront les liens fraternels dans la péninsule coréenne, ouvrant des parcours de dialogue et de réconciliation qui puissent créer les conditions d’une paix durable.

Que le Fils de Dieu, qui s’est fait humble Enfant, inspire les autorités politiques et toutes les personnes de bonne volonté du continent américain, afin que soient trouvées des solutions aptes à surmonter les dissensions sociales et politiques, pour lutter contre les formes de pauvreté qui offensent la dignité des personnes, pour aplanir les inégalités et pour affronter le douloureux phénomène des migrations.

De la crèche, l’Enfant nous demande d’être la voix de ceux qui n’ont pas de voix : voix des innocents, morts par manque d’eau et de pain ; voix de ceux qui ne parviennent pas à trouver un travail ou l’ont perdu ; voix de ceux qui sont obligés de fuir leur patrie à la recherche d’un avenir meilleur, risquant leur vie dans des voyages exténuants et à la merci de trafiquants sans scrupules.

Frères et sœurs, le temps de grâce et d’espérance du Jubilé, qui commencera dans un an, approche. Que cette période de préparation soit une occasion pour convertir le cœur ; pour dire “non” à la guerre et “oui” à la paix ; pour répondre avec joie à l’invitation du Seigneur qui nous appelle, comme prophétisa encore Isaïe, « annoncer la bonne nouvelle aux humbles, / guérir ceux qui ont le cœur brisé, / proclamer aux captifs leur délivrance, / aux prisonniers leur libération » (Is 61, 1).

Ces paroles se sont accomplies en Jésus (cf. Lc 4, 18), né aujourd’hui à Bethléem. Accueillons-le, ouvrons-Lui notre cœur, lui le Sauveur ! ouvrons-Lui notre cœur, lui le Sauveur, qui est le Prince de la paix !

[01992-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters, Merry Christmas!

The eyes and the hearts of Christians throughout the world turn to Bethlehem; in these days, it is a place of sorrow and silence, yet it was there that the long-awaited message was first proclaimed: “To you is born this day in the city of David a Saviour, who is Christ the Lord” (Lk 2:11). Those words spoken by the angel in the heavens above Bethlehem are also spoken to us. We are full of hope and trust as we realize that the Lord has been born for us; that the eternal Word of the Father, the infinite God, has made his home among us. He became flesh; he came “to dwell among us” (Jn 1:14). This is the good news that changed the course of history!

The message of Bethlehem is indeed “good news of great joy” (Lk 2:10). What kind of joy? Not the passing happiness of this world, not the glee of entertainment but a joy that is “great” because it makes us great. For today, all of us, with all our shortcomings, embrace the sure promise of an unprecedented gift: the hope of being born for heaven. Yes, Jesus our brother has come to make his Father our Father; a small child, he reveals to us the tender love of God, and much more. He, the Only-Begotten Son of the Father, gives us “power to become children of God” (Jn 1:12). This is the joy that consoles hearts, renews hope and bestows peace. It is the joy of the Holy Spirit: the joy born of being God’s beloved sons and daughters.

Brothers and sisters, today in Bethlehem, amid the deep shadows covering the land, an undying flame has been lighted. Today the world’s darkness has been overcome by the light of God, which “enlightens every man and woman” (Jn 1:9). Brothers and sisters, let us exult in this gift of grace! Rejoice, you who have lost confidence in your certitudes, for you are not alone: Christ is born for you! Rejoice, you who have abandoned all hope, for God offers you his outstretched hand; he does not point a finger at you, but offers you his little baby hand, in order to set you free from your fears, to relieve you of your burdens and to show you that, in his eyes, you are more valuable than anything else. Rejoice, you who find no peace of heart, for the ancient prophecy of Isaiah has been fulfilled for your sake: “a child has been born for us, a son given to us, and he is named… Prince of Peace” (9:6). Scripture reveals that his peace, his kingdom, “will have no end” (9:7).

In the Scriptures, the Prince of Peace is opposed by the “Prince of this world” (Jn 12:31), who, by sowing the seeds of death, plots against the Lord, “the lover of life” (cf. Wis 11:26). We see this played out in Bethlehem, where the birth of the Saviour is followed by the slaughter of the innocents. How many innocents are being slaughtered in our world! In their mothers’ wombs, in odysseys undertaken in desperation and in search of hope, in the lives of all those little ones whose childhood has been devastated by war. They are the little Jesuses of today, these little ones whose childhood has been devastated by war.

To say “yes” to the Prince of Peace, then, means saying “no” to war, to every war and to do so with courage, to the very mindset of war, an aimless voyage, a defeat without victors, an inexcusable folly. This is what war is: an aimless voyage, a defeat without victors, an inexcusable folly. To say “no” to war means saying “no” to weaponry. The human heart is weak and impulsive; if we find instruments of death in our hands, sooner or later we will use them. And how can we even speak of peace, when arms production, sales and trade are on the rise? Today, as at the time of Herod, the evil that opposes God’s light hatches its plots in the shadows of hypocrisy and concealment. How much violence and killing takes place amid deafening silence, unbeknownst to many! People, who desire not weapons but bread, who struggle to make ends meet and desire only peace, have no idea how many public funds are being spent on arms. Yet that is something they ought to know! It should be talked about and written about, so as to bring to light the interests and the profits that move the puppet-strings of war.

Isaiah, who prophesied the Prince of Peace, looked forward to a day when “nation shall not lift up sword against nation”, a day when men “will not learn war any more”, but instead “beat their swords into ploughshares, and their spears into pruning hooks” (2:4). With God’s help, let us make every effort to work for the coming of that day!

May it come in Israel and Palestine, where war is devastating the lives of those peoples. I embrace them all, particularly the Christian communities of Gaza, the parish of Gaza, and the entire Holy Land. My heart grieves for the victims of the abominable attack of 7 October last, and I reiterate my urgent appeal for the liberation of those still being held hostage. I plead for an end to the military operations with their appalling harvest of innocent civilian victims, and call for a solution to the desperate humanitarian situation by an opening to the provision of humanitarian aid. May there be an end to the fueling of violence and hatred. And may the Palestinian question come to be resolved through sincere and persevering dialogue between the parties, sustained by strong political will and the support of the international community. Brothers and sisters, let us pray for peace in Palestine and in Israel.

My thoughts turn likewise to the people of war-torn Syria, and to those of long-suffering Yemen. I think too of the beloved Lebanese people, and I pray that political and social stability will soon be attained.

Contemplating the Baby Jesus, I implore peace for Ukraine. Let us renew our spiritual and human closeness to its embattled people, so that through the support of each of us, they may feel the concrete reality of God’s love.

May the day of definitive peace between Armenia and Azerbaijan draw near. May it be advanced by the pursuit of humanitarian initiatives, by the return of refugees to their homes in legality and security, and by reciprocal respect for religious traditions and the places of worship of each community.

Let us not forget the tensions and conflicts that trouble the region of the Sahel, the Horn of Africa and Sudan, as well as Cameroon, the Democratic Republic of the Congo and South Sudan.

May the day draw near when fraternal bonds will be consolidated on the Korean peninsula by undertaking processes of dialogue and reconciliation capable of creating the conditions for lasting peace.

May the Son of God, who became a lowly Child, inspire political authorities and all persons of good will in the Americas to devise suitable ways to resolve social and political conflicts, to combat forms of poverty that offend the dignity of persons, to reduce inequality and to address the troubling phenomenon of migration movements.

From the manger, the Child Jesus asks us to be the voice of those who have no voice. The voice of the innocent children who have died for lack of bread and water; the voice of those who cannot find work or who have lost their jobs; the voice of those forced to flee their lands in search of a better future, risking their lives in grueling journeys and prey to unscrupulous traffickers.

Brothers and sisters, we are approaching the season of grace and hope that is the Jubilee, due to begin a year from now. May this time of preparation for the Holy Year be an opportunity for the conversion of hearts, for the rejection of war and the embrace of peace, and for joyfully responding to the Lord’s call, in the words of Isaiah’s prophecy, “to bring good news to the oppressed, to bind up the brokenhearted, to proclaim liberty to the captives, and release to the prisoners” (61:1).

Those words were fulfilled in Jesus (cf. Lk 4:18), who is born today in Bethlehem. Let us welcome him! Let us open our hearts to him, who is the Saviour, the Prince of Peace!

[01992-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern, gesegnete Weihnachten!

Die Augen und Herzen der Christen in aller Welt sind auf Betlehem gerichtet. Dort, wo in diesen Tagen Schmerz und Stille herrschen, ist die seit Jahrhunderten erwartete Botschaft erklungen: »Heute ist euch […] der Retter geboren; er ist der Christus, der Herr« (Lk 2,11). Das sind die Worte des Engels am Himmel von Betlehem, und sie sind auch an uns gerichtet. Es erfüllt uns mit Zuversicht und Hoffnung, zu wissen, dass der Herr für uns geboren ist; dass das ewige Wort des Vaters, der unendliche Gott, mitten unter uns Wohnung genommen hat. Er ist Fleisch geworden, er ist gekommen »und hat unter uns gewohnt« (Joh 1,14): Dies ist die Nachricht, die den Lauf der Geschichte verändert!

Die Botschaft von Betlehem ist »eine große Freude« (Lk 2,10). Was für eine Freude? Nicht die flüchtige Freude der Welt, nicht die Fröhlichkeit der Vergnügungen, sondern eine „große“ Freude, weil sie uns „groß“ macht. Denn heute empfangen wir Menschen mit all unseren Grenzen die Gewissheit einer unerhörten Hoffnung, nämlich jene, für den Himmel geboren zu sein. Ja, Jesus, unser Bruder, ist gekommen, um seinen Vater zu unserem Vater zu machen. Als zartes kleines Kind offenbart er uns die Zärtlichkeit Gottes. Und noch viel mehr: Er, der einzige Sohn des Vaters, gibt uns die »Macht, Kinder Gottes zu werden« (Joh 1,12). Dies ist die Freude, die das Herz tröstet, die Hoffnung erneuert und den Frieden schenkt. Es ist die Freude des Heiligen Geistes, die Freude, geliebte Kinder zu sein.

Brüder und Schwestern, heute ist in Betlehem, mitten im Dunkel der Welt, diese unauslöschliche Flamme entzündet worden, heute obsiegt das Licht Gottes, »das jeden Menschen erleuchtet« (Joh 1,9) über die Dunkelheit der Welt. Brüder und Schwestern, freuen wir uns über diese Gnade! Freu dich, auch wenn du Vertrauen und Gewissheiten verloren hast, denn du bist nicht allein. Christus ist für dich geboren! Freu dich, auch wenn du die Hoffnung aufgegeben hast, denn Gott streckt seine Hand nach dir aus. Er zeigt nicht mit dem Finger auf dich, sondern streckt dir seine kleine Babyhand entgegen, um dich von deinen Ängsten zu befreien, dich in deinen Mühen zu ermutigen und dir zu zeigen, dass du in seinen Augen wertvoller bist als alles andere. Freu dich, auch wenn du im Herzen keinen Frieden findest, denn für dich hat sich die alte Prophezeiung des Jesaja erfüllt: »Ein Kind wurde uns geboren, ein Sohn wurde uns geschenkt. […] Man rief seinen Namen aus: […] Fürst des Friedens« (9,5). Die Schrift offenbart, dass sein Friede, sein Reich »ohne Ende« sein wird (9,6).

In der Heiligen Schrift wird dem Fürst des Friedens »der Herrscher dieser Welt« (Joh 12,31) gegenübergestellt, der wider den Herrn, den »Freund des Lebens« (Weish 11,26), handelt, indem er Tod sät. Wir sehen ihn in Betlehem am Werk, als dort nach der Geburt des Erlösers ein Massaker unter Unschuldigen stattfindet. Wie viele Massaker an Unschuldigen es in der Welt gibt: im Mutterleib; auf den Routen der Verzweifelten, die auf der Suche nach Hoffnung sind; im Leben so vieler Kinder, deren Kindheit vom Krieg zerstört wird. Sie sind die Jesuskinder von heute, diese Kinder, deren Kindheit vom Krieg, von den Kriegen zerstört ist.

Zum Fürst des Friedens „Ja“ zu sagen, bedeutet also, „Nein“ zum Krieg zu sagen, und dies mit Mut: „Nein“ zum Krieg, zu jedem Krieg, zur Logik des Krieges selbst, der eine Reise ohne Ziel, eine Niederlage ohne Sieger und ein Wahnsinn ist, für den es keine Entschuldigung gibt. Dies ist der Krieg: eine Reise ohne Ziel, eine Niederlage ohne Sieger, ein Wahnsinn, für den es keine Entschuldigung gibt. Um aber „Nein“ zum Krieg zu sagen, muss man „Nein“ zu den Waffen sagen. Denn wenn der Mensch, dessen Herz unstet und verwundet ist, Werkzeuge des Todes in Händen hält, wird er sie früher oder später einsetzen. Und wie kann man von Frieden sprechen, wenn Produktion, Verkauf und Handel von Waffen zunehmen? Wie zur Zeit des Herodes, bewegen sich heute die Machenschaften des Bösen, die sich dem göttlichen Licht widersetzen, im Schatten der Heuchelei und des Heimlichen: Wie viele bewaffnete Massaker ereignen sich in ohrenbetäubender Stille, ohne dass viele davon erfahren! Die Menschen, die keine Waffen, sondern Brot haben wollen, die sich abmühen, um über die Runden zu kommen und um Frieden bitten, wissen nicht, wie viel öffentliches Geld für Rüstung ausgegeben wird. Doch sie sollten es wissen! Darüber soll man sprechen, darüber soll man schreiben, damit die Interessen und Gewinne bekannt werden, die die Drahtzieher der Kriege sind.

Jesaja, der den Fürst des Friedens prophezeite, hat einen Tag beschrieben, an dem »sie […] nicht das Schwert [erheben], Nation gegen Nation«; einen Tag, an dem die Menschen »nicht mehr den Krieg [erlernen]«, sondern »ihre Schwerter zu Pflugscharen umschmieden und ihre Lanzen zu Winzermessern« (2,4). Arbeiten wir mit Gottes Hilfe darauf hin, dass dieser Tag bald kommt!

Er komme bald in Israel und Palästina, wo der Krieg das Leben dieser Völker erschüttert. Ich umarme sie alle, insbesondere die christlichen Gemeinschaften in Gaza, die Pfarrei von Gaza, und im gesamten Heiligen Land. Ich trauere im Herzen um die Opfer des verabscheuungswürdigen Angriffs vom 7. Oktober und erneuere meinen dringenden Appell für die Freilassung derjenigen, die noch immer als Geiseln festgehalten werden. Ich flehe darum, dass die Militäroperationen mit ihren entsetzlichen Folgen unschuldiger ziviler Opfer eingestellt werden und dass man etwas gegen die verzweifelte humanitäre Situation unternimmt, indem man das Eintreffen der Hilfslieferungen ermöglicht. Man schüre nicht weiter Gewalt und Hass, sondern führe die palästinensische Frage zu einer Lösung, und zwar durch einen aufrichtigen und beharrlichen Dialog zwischen den Parteien, der von einem starken politischen Willen getragen wird und von der Unterstützung der internationalen Gemeinschaft. Brüder und Schwestern, beten wir für den Frieden in Palästina und in Israel.

Meine Gedanken gehen sodann zur Bevölkerung im geplagten Syrien und zu jener im Jemen, die weiterhin leidet. Ich denke an das teure libanesische Volk und bete, dass es bald wieder zu politischer und sozialer Stabilität finden möge.

Mit fest auf das Jesuskind gerichtetem Blick flehe ich um Frieden für die Ukraine. Wir bekunden erneut unsere geistliche und menschliche Nähe zu ihrem gepeinigten Volk, damit es durch die Unterstützung eines jeden von uns die Konkretheit der Liebe Gottes spüre.

Möge bald der Tag kommen, an dem es einen endgültigen Frieden zwischen Armenien und Aserbaidschan geben wird. Man fördere die Fortsetzung der humanitären Initiativen, die rechtmäßige und sichere Rückkehr der Vertriebenen in ihre Häuser sowie den gegenseitigen Respekt für die religiösen Traditionen und die Kultstätten einer jeder Gemeinschaft.

Vergessen wir nicht die Spannungen und Konflikte, die die Sahelzone, das Horn von Afrika, den Sudan wie auch Kamerun, die Demokratische Republik Kongo und den Südsudan erschüttern.

Es komme der Tag, an dem sich die geschwisterlichen Bande auf der koreanischen Halbinsel festigen, indem Wege des Dialogs und der Versöhnung eröffnet werden, die die Bedingungen für einen dauerhaften Frieden schaffen können.

Der Sohn Gottes, der ein demütiges Kind wurde, möge die politischen Entscheidungsträger und alle Menschen guten Willens auf dem amerikanischen Kontinent inspirieren, geeignete Lösungen zu finden, um die sozialen und politischen Konflikte zu überwinden, um jene Formen der Armut zu bekämpfen, die die Würde der Menschen verletzen, um die Ungleichheiten zu verringern und um das schmerzhafte Phänomen der Migration anzugehen.

Von der Krippe aus bittet uns das Kind, die Stimme derer zu sein, die keine Stimme haben: die Stimme der Unschuldigen, die aus Mangel an Wasser und Brot gestorben sind; die Stimme jener, die keine Arbeit finden oder sie verloren haben; die Stimme derer, die gezwungen sind, auf der Suche nach einer besseren Zukunft aus ihrer Heimat zu fliehen und dabei ihr Leben auf zermürbenden Reisen riskieren und skrupellosen Menschenhändlern ausgeliefert sind.

Brüder und Schwestern, die Zeit der Gnade und der Hoffnung des Heiligen Jahres, das in einem Jahr beginnen wird, rückt näher. Nehmen wir diese Zeit der Vorbereitung zum Anlass, um unsere Herzen zu bekehren; um „Nein“ zum Krieg und „Ja“ zum Frieden zu sagen; um mit Freude auf die Einladung des Herrn zu antworten, der uns ruft, wie Jesaja prophezeite, »den Armen frohe Botschaft zu bringen, […] die zu heilen, die gebrochenen Herzens sind, […] den Gefangenen Freilassung auszurufen und den Gefesselten Befreiung« (Jes 61,1).

Diese Worte haben sich in Jesus erfüllt (vgl. Lk 4,18), der heute zu Betlehem geboren ist. Nehmen wir ihn auf, öffnen wir unser Herz für ihn, den Retter! Öffnen wir unser Herz für ihn, den Retter, der der Fürst des Friedens ist!

[01992-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas: ¡Feliz Navidad!

La mirada y el corazón de los cristianos de todo el mundo se dirigen hacia Belén. Allí, donde en estos días reinan dolor y silencio, resonó el anuncio esperado durante siglos: «Les ha nacido un Salvador, que es el Mesías, el Señor» (Lc 2,11). Estas fueron las palabras del ángel en el cielo de Belén y hoy se dirigen también a nosotros. Nos llena de confianza y esperanza saber que el Señor nació por nosotros; que la Palabra eterna del Padre, el Dios infinito, puso su morada entre nosotros; que se hizo carne, vino «y habitó entre nosotros» (Jn 1,14). ¡Esta es la noticia que cambia el curso de la historia!

El anuncio de Belén es «una gran alegría» (Lc 2,10). ¿Qué alegría? No es la felicidad pasajera del mundo, ni la alegría de la diversión, sino una “gran” alegría, porque nos hace “grandes”. Hoy, en efecto, nosotros seres humanos, con nuestros límites, abrazamos la certeza de una esperanza inaudita, la de haber nacido para el cielo. Sí, Jesús nuestro hermano vino a hacer que su Padre sea nuestro Padre. Siendo un Niño frágil, nos revela la ternura de Dios; y mucho más: Él, el Unigénito del Padre, nos da el «poder de llegar a ser hijos de Dios» (Jn 1,12). Esta es la alegría que consuela el corazón, que renueva la esperanza y da la paz; es la alegría del Espíritu Santo, la alegría de ser hijos amados.

Hermanos y hermanas, en medio de las tinieblas de la tierra, hoy en Belén se ha encendido una llama inextinguible; en medio de la oscuridad del mundo, hoy prevalece la luz de Dios, que «ilumina a todo hombre» (Jn 1,9). ¡Hermanos y hermanas, alegrémonos por esta gracia! Alégrate tú, que has perdido la confianza y las certezas, porque no estás solo, no estás sola: ¡Cristo ha nacido por ti! Alégrate tú, que has abandonado la esperanza, porque Dios te tiende su mano; no te señala con el dedo, sino que te ofrece su manito de Niño para liberarte de tus miedos, para aliviarte de tus fatigas y mostrarte que a sus ojos eres valioso como ningún otro. Alégrate tú, que en el corazón no encuentras la paz, porque se ha cumplido la antigua profecía de Isaías: «Un niño nos ha nacido, un hijo nos ha sido dado […] y se le da por nombre: […] Príncipe de la paz» (9,5). La Escritura revela que su paz, su reino no tendrán fin (cf. 9,6).

En la Escritura, al Príncipe de la paz se le opone «el Príncipe de este mundo» (Jn 12,31) que, sembrando muerte, actúa en contra del Señor, «que ama la vida» (Sb 11,26). Lo vemos obrar en Belén cuando, después del nacimiento del Salvador, sucede la matanza de los inocentes. Cuántas matanzas de inocentes en el mundo: en el vientre materno, en las rutas de los desesperados que buscan esperanza, en las vidas de tantos niños cuya infancia está devastada por la guerra. Estos niños cuya infancia ha sido devastada por la guerra, por las guerras, son los pequeños Jesús de hoy.

Entonces, decir “sí” al Príncipe de la paz significa decir “no” a la guerra, y esto con valentía, decir “no” a la guerra, a toda guerra, a la misma lógica de la guerra, un viaje sin meta, una derrota sin vencedores, una locura sin excusas. Esto es la guerra, un viaje sin meta, una derrota sin vencedores, una locura sin excusas. Pero para decir “no” a la guerra es necesario decir “no” a las armas. Porque si el hombre, cuyo corazón es inestable y está herido, encuentra instrumentos de muerte entre sus manos, antes o después los usará. ¿Y cómo se puede hablar de paz si la producción, la venta y el comercio de armas aumentan? Hoy, como en el tiempo de Herodes, las intrigas del mal, que se oponen a la luz divina, se mueven a la sombra de la hipocresía y del ocultamiento. ¡Cuántas masacres debidas a las armas ocurren en un silencio ensordecedor, a escondidas de todos! La gente, que no quiere armas sino pan, que le cuesta seguir adelante y pide paz, ignora cuántos fondos públicos se destinan a los armamentos. ¡Y, sin embargo, deberían saberlo! Que se hable sobre esto, que se escriba sobre esto, para que se conozcan los intereses y los beneficios que mueven los hilos de las guerras.

Isaías, que profetizaba al Príncipe de la paz, escribió acerca de un día en el que «no levantará la espada una nación contra otra»; de un día en el que los hombres «no se adiestrarán más para la guerra», sino que «con sus espadas forjarán arados y podaderas con sus lanzas» (2,4). Con la ayuda de Dios, pongámonos manos a la obra para que ese día llegue.

Que llegue en Israel y Palestina, donde la guerra sacude la vida de esas poblaciones; abrazo a ambas, en particular a las comunidades cristianas de Gaza —la parroquia de Gaza— y de toda Tierra Santa. Llevo en el corazón el dolor por las víctimas del execrable ataque del pasado 7 de octubre y renuevo un llamamiento apremiante para la liberación de quienes aún están retenidos como rehenes. Suplico que cesen las operaciones militares, con sus dramáticas consecuencias de víctimas civiles inocentes, y que se remedie la desesperada situación humanitaria permitiendo la llegada de ayuda. Que no se siga alimentando la violencia y el odio, sino que se encuentre una solución a la cuestión palestina, por medio de un diálogo sincero y perseverante entre las partes, sostenido por una fuerte voluntad política y el apoyo de la comunidad internacional. Hermanos y hermanas, recemos por la paz en Palestina y en Israel.

Mi pensamiento se dirige además a la población de la martirizada Siria, como también a la de Yemen, que sigue sufriendo. Pienso en el querido pueblo libanés y ruego para que pueda recuperar pronto la estabilidad política y social.

Con los ojos fijos en el Niño Jesús imploro la paz para Ucrania. Renovemos nuestra cercanía espiritual y humana a su martirizado pueblo, para que a través del sostén de cada uno de nosotros sienta el amor de Dios en lo concreto.

Que llegue el día de la paz definitiva entre Armenia y Azerbaiyán. Que la favorezcan la prosecución de las iniciativas humanitarias, el regreso de los desplazados a sus hogares de manera legal y segura, y el respeto mutuo de las tradiciones religiosas y de los lugares de culto de cada comunidad.

No olvidemos las tensiones y los conflictos que perturban a las regiones del Sahel, el Cuerno de África y Sudán, como también a Camerún, la República Democrática del Congo y Sudán del Sur.

Que llegue el día en el que se consoliden los vínculos fraternos en la península coreana, abriendo vías de diálogo y reconciliación que puedan crear las condiciones para una paz duradera.

El Hijo de Dios, que se hizo un Niño humilde, inspire a las autoridades políticas y a todas las personas de buena voluntad del continente americano, para hallar soluciones idóneas que lleven a superar las disensiones sociales y políticas, a luchar contra las formas de pobreza que ofenden la dignidad de las personas, a resolver las desigualdades y a afrontar el doloroso fenómeno de las migraciones.

Desde el pesebre, el Niño nos pide que seamos voz de los que no tienen voz: voz de los inocentes, muertos por falta de agua y de pan; voz de los que no logran encontrar trabajo o lo han perdido; voz de los que se ven obligados a huir de la propia patria en busca de un futuro mejor, arriesgando la vida en viajes extenuantes y a merced de traficantes sin escrúpulos.

Hermanos y hermanas, se acerca el tiempo de gracia y esperanza del Jubileo, que comenzará dentro de un año. Que este periodo de preparación sea ocasión para convertir el corazón; para decir “no” a la guerra y “sí” a la paz; para responder con alegría a la invitación del Señor que nos llama, como había profetizado Isaías, «a llevar la buena noticia a los pobres, / a vendar los corazones heridos, / a proclamar la liberación a los cautivos / y la libertad a los prisioneros» (Is 61,1).

Estas palabras se cumplieron en Jesús (cf. Lc 4,18), nacido hoy en Belén. Acojámoslo, abrámosle el corazón a Él, el Salvador. Abrámosle el corazón a Él, el Salvador, que es el Príncipe de la paz.

[01992-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs, feliz Natal!

O olhar e o coração dos cristãos de todo o mundo estão voltados para Belém; lá, onde nestes dias reinam a dor e o silêncio, ressoou o anúncio esperado há séculos: «Nasceu-vos um Salvador, que é o Messias Senhor» (Lc 2, 11). Trata-se das palavras do anjo no céu de Belém, que são dirigidas também a nós. Enche-nos de confiança e esperança saber que o Senhor nasceu para nós; que a Palavra eterna do Pai, o Deus infinito, fixou a sua morada entre nós. Fez-Se carne, veio «habitar connosco» (Jo 1, 14): esta é a notícia que muda o curso da história!

O anúncio de Belém é o anúncio duma «grande alegria» (Lc 2, 10). Qual alegria? Não a felicidade passageira do mundo, nem a alegria da diversão, mas uma alegria «grande» porque nos faz «grandes». De facto hoje nós, seres humanos, com as nossas limitações, abraçamos a certeza duma esperança inaudita: a esperança de termos nascido para o Céu. Sim, Jesus nosso irmão veio fazer do Seu Pai o nosso Pai: Menino frágil, revela-nos a ternura de Deus e muito mais… Ele, o Unigénito do Pai, dá aos homens o «poder de se tornarem filhos de Deus» (Jo 1, 12). Eis a alegria que consola o coração, renova a esperança e dá a paz: é a alegria do Espírito Santo, a alegria de ser filhos amados.

Irmãos e irmãs, hoje em Belém, por entre as trevas da terra, acendeu-se esta chama inextinguível; hoje, sobre as trevas do mundo, prevalece a luz de Deus, que «a todo o homem ilumina» (Jo 1, 9). Irmãos e irmãs, alegremo-nos por esta graça! Alegra-te, tu que te vês falho de confiança e de certezas, porque não estás sozinho, não estás sozinha: Cristo nasceu para ti! Alegra-te, tu que perdeste a esperança, porque Deus te estende a mão: não aponta o dedo contra ti, mas oferece-te a sua mãozinha de Menino para te libertar dos medos, aliviar-te das canseiras e mostrar-te que, aos olhos d’Ele, vales mais do que qualquer outra coisa. Alegra-te, tu que tens a paz no coração, porque se cumpriu para ti a antiga profecia de Isaías: «Um menino nasceu para nós, um filho nos foi dado (…) e o seu nome é: (…) Príncipe da paz» (9, 5). A Sagrada Escritura revela que a sua paz, o seu reino «não terá fim» (9, 6).

Na Bíblia, ao Príncipe da paz opõe-se o «príncipe deste mundo» (Jo 12, 31), que, semeando a morte, atua contra o Senhor, «amante da vida» (Sab 11, 26). Vemo-lo atuar em Belém, quando, depois do nascimento do Salvador, se verifica a matança dos inocentes. Quantas matanças de inocentes no mundo! No ventre materno, nas rotas dos desesperados à procura de esperança, nas vidas de muitas crianças cuja infância é devastada pela guerra. São os pequeninos Jesus de hoje, estas crianças cuja infância é devastada pela guerra, pelas guerras.

Deste modo dizer «sim» ao Príncipe da paz significa dizer «não» à guerra. E isto com coragem: dizer «não» à guerra, a toda a guerra, à própria lógica da guerra, que é viagem sem destino, derrota sem vencedores, loucura indesculpável. Isto é a guerra: viagem sem destino, derrota sem vencedores, loucura indesculpável. Mas, para dizer «não» à guerra, é preciso dizer «não» às armas. Com efeito, se o homem, cujo coração é instável e está ferido, encontrar instrumentos de morte nas mãos, mais cedo ou mais tarde usá-los-á. E como se pode falar de paz, se cresce a produção, a venda e o comércio das armas? Hoje, como no tempo de Herodes, as conspirações do mal, que se opõem à luz divina, movem-se à sombra da hipocrisia e do escondimento. Quantos massacres armados acontecem num silêncio ensurdecedor, ignorados de tantos! O povo, que não quer armas mas pão, que tem dificuldade em acudir às despesas quotidianas, ignora quanto dinheiro público é destinado a armamentos. E, contudo, devia sabê-lo! Fale-se disto, escreva-se sobre isto, para que se conheçam os interesses e os lucros que movem os cordelinhos das guerras.

Isaías, que profetizara o Príncipe da paz, deixou escrito que virá um dia em que «uma nação não levantará a espada contra outra»; um dia em que os homens «não se adestrarão mais para a guerra», mas «transformarão as suas espadas em relhas de arado, e as suas lanças em foices» (2, 4). Com a ajuda de Deus, esforcemo-nos para que se aproxime esse dia!

Aproxime-se em Israel e na Palestina, onde a guerra abala a vida daquelas populações. A todas abraço, em particular às comunidades cristãs de Gaza – à paróquia de Gaza – e de toda a Terra Santa. Trago no coração a dor pelas vítimas do execrável atentado de 7 de outubro passado, e renovo um premente apelo pela libertação de quantos se encontram ainda reféns. Suplico que cessem as operações militares, com o seu espaventoso rasto de vítimas civis inocentes, que se ponha remédio à desesperada situação humanitária, possibilitando a entrada das ajudas. Não se continue a alimentar violência e ódio, mas avance-se no sentido duma solução para a questão palestiniana, através dum diálogo sincero e perseverante entre as Partes, sustentado por uma forte vontade política e pelo apoio da comunidade internacional. Irmãos e irmãs, rezemos pela paz na Palestina e em Israel.

Depois o meu pensamento volta-se para a população da atribulada Síria, bem como para a do Iémen, mergulhada no sofrimento. Penso no amado povo libanês e rezo para que possa em breve encontrar estabilidade política e social.

Com os olhos fixos no Menino Jesus, imploro a paz para a Ucrânia. Renovemos a nossa proximidade espiritual e humana ao seu martirizado povo, para que, graças ao apoio de cada um de nós, possa sentir o amor concreto de Deus.

Aproxime-se o dia da paz definitiva entre a Arménia e o Azerbaijão. Seja ela favorecida através da prossecução das iniciativas humanitárias, o regresso dos deslocados às suas casas na legalidade e em segurança, e o respeito mútuo pelas tradições religiosas e locais de culto de cada comunidade.

Não esqueçamos as tensões e os conflitos que transtornam a região do Sahel, o Corno de África, o Sudão, bem como os Camarões, a República Democrática do Congo e o Sudão do Sul.

Aproxime-se o dia em que serão reforçados os laços fraternos na península coreana, abrindo percursos de diálogo e reconciliação que possam criar as condições para uma paz duradoura.

O Filho de Deus, feito humilde Menino, inspire as autoridades políticas e todas as pessoas de boa vontade do continente americano para se encontrarem soluções idóneas a fim de superar os dissídios sociais e políticos, lutar contra as formas de pobreza que ofendem a dignidade das pessoas, aplanar as desigualdades e enfrentar o doloroso fenómeno das migrações.

Reclinado no presépio, o Menino pede-nos para sermos voz de quem não tem voz: a voz dos inocentes, que morreram por falta de água e pão; voz de quantos não conseguem encontrar emprego ou que o perderam; voz de quem é constrangido a abandonar a sua terra natal à procura dum futuro melhor, arriscando a vida em viagens extenuantes e à mercê de traficantes sem escrúpulos.

Irmãos e irmãs, aproxima-se o tempo de graça e esperança do Jubileu, que vai começar dentro de um ano. Que este período de preparação seja ocasião para converter o coração; para dizer «não» à guerra e «sim» à paz; responder com alegria ao convite do Senhor que nos chama, como profetizou Isaías, «para levar a boa-nova aos pobres, para curar os desesperados, para anunciar a libertação aos exilados e a liberdade aos prisioneiros» (61, 1).

Estas palavras cumpriram-se em Jesus (cf. Lc 4, 18), hoje nascido em Belém. Acolhamo-Lo, abramos o coração a Ele, o Salvador! Abramos o coração a Ele, o Salvador, que é o Príncipe da paz!

[01992-PO.02] [Texto original: Italiano]

 

Traduzione in lingua polacca

Drodzy bracia i siostry, radosnych świąt Bożego Narodzenia!

Spojrzenie i serce chrześcijan całego świata zwrócone są ku Betlejem; tam, gdzie w tych dniach panują cierpienie i cisza, zabrzmiała wieść oczekiwana od wieków: „dziś narodził się wam Zbawiciel, którym jest Mesjasz, Pan” (Łk 2, 11). Są to słowa anioła na betlejemskim niebie, i są skierowane również do nas. Napełnia nas ufnością i nadzieją świadomość, że Pan narodził się dla nas, że odwieczne Słowo Ojca, nieskończony Bóg, zamieszkał pośród nas. Stał się ciałem, przyszedł by „zamieszkać wśród nas” (J 1, 14): to jest wiadomość, która zmienia bieg dziejów!

Zapowiedź z Betlejem jest obwieszczeniem „wielkiej radości” (Łk 2, 10). Jakiej radości? Nie przemijającej radości świata, nie wesołości rozrywki, lecz „wielkiej” radości, ponieważ czyni nas „wielkimi”. Dzisiaj, istotnie, my ludzie, z naszymi ograniczeniami, przyjmujemy pewność niesłychanej nadziei, że narodziliśmy się dla Nieba. Tak, Jezus, nasz brat, przyszedł, aby uczynić swojego Ojca naszym Ojcem: krucha Dziecina objawia nam czułość Boga, i o wiele więcej: On, Jednorodzony Syn Ojca, daje nam „moc, abyśmy się stali dziećmi Bożymi” (J 1, 12). Oto radość, która pociesza serce, odnawia nadzieję i daje pokój: jest to radość Ducha Świętego, radość bycia umiłowanymi dziećmi.

Bracia i siostry, dzisiaj w Betlejem, pośród ciemności ziemi, zapłonął ten niegasnący płomień, dziś, nad ciemnościami świata zwycięża światło Boga, „które oświeca każdego człowieka” (J 1, 9). Bracia i siostry, radujmy się tą łaską! Raduj się ty, który utraciłeś ufność i pewność, bo nie jesteś sam, nie jesteś sama: Chrystus narodził się dla ciebie! Raduj się ty, który straciłeś nadzieję, bo Bóg wyciąga do ciebie rękę: nie wytyka cię palcem, ale daje tobie swoją rączkę Dziecięcia, aby uwolnić ciebie od twoich lęków, podnieść z twoich znojów i pokazać ci, że w Jego oczach jesteś cenny, jak nic innego. Raduj się, ty, który nie znajdujesz pokoju w swym sercu, bo dla ciebie wypełniło się starożytne proroctwo Izajasza: „Dziecię nam się narodziło, Syn został nam dany, [...] Nazwano Go imieniem: [...] Książę Pokoju” (9, 5). Pismo Święte objawia, że Jego pokój, Jego królestwo „będzie bez granic” (9, 6).

W Piśmie Świętym, Książę Pokoju jest przeciwstawiony „władcy tego świata” (J 12, 31), który siejąc śmierć, działa przeciwko Panu, „miłośnikowi życia” (Mdr 11, 26). Widzimy go działającego w Betlejem, kiedy po narodzinach Zbawiciela dochodzi do rzezi niewiniątek. Ileż jest rzezi niewiniątek na świecie: w łonie matki, na szlakach ludzi zrozpaczonych w poszukiwaniu nadziei, w życiu wielu dzieci, których dzieciństwo zostało zrujnowane przez wojnę. Oni są małymi Jezusami dnia dzisiejszego, te dzieci, których dzieciństwo zostało zdewastowane przez wojnę, przez wojny.

Zatem, powiedzenie „tak” Księciu Pokoju oznacza powiedzenie „nie” wojnie, i to z odwagą: powiedzenie "nie" wojnie, wszelkiej wojnie, samej logice wojny, podróży bez celu, porażce bez zwycięzców, szaleństwu bez wymówek. To jest wojna: podróż bez celu, porażka bez zwycięzców, szaleństwo bez wymówek. Ale, aby powiedzieć „nie” wojnie, to trzeba powiedzieć „nie” broni. Jeśli bowiem człowiek, którego serce jest niestabilne i zranione, znajdzie w swoich rękach narzędzia śmierci, prędzej czy później ich użyje. A jak można mówić o pokoju, jeśli wzrasta produkcja, sprzedaż i handel bronią? Dziś, podobnie jak w czasach Heroda, intrygi zła, które sprzeciwiają się Bożemu światłu, poruszają się w cieniu hipokryzji i tajności: ileż rzezi zbrojnych odbywa się w głuchym milczeniu, bez wiedzy bardzo wielu! Ludzie, którzy nie chcą broni, lecz chleba, którzy trudzą się, aby o przetrwać i wzywają do pokoju, nie zdają sobie sprawy z tego, jak wiele pieniędzy publicznych wydaje się na zbrojenia. A przecież powinni o tym wiedzieć! Niech się o tym mówi, niech się o tym pisze, aby znane były interesy i zyski, które pociągają za sznurki wojen.

Izajasz, który prorokował o Księciu Pokoju, pisał o dniu, w którym „naród przeciw narodowi nie podniesie miecza”; o dniu, w którym ludzie „nie będą się więcej zaprawiać do wojny”, ale „swe miecze przekują na lemiesze, a swoje włócznie na sierpy” (2, 4). Z Bożą pomocą starajmy się, aby ten dzień się przybliżył!

Niech przybliży się on w Izraelu i Palestynie, gdzie wojna wstrząsa życiem ich mieszkańców. Obejmuję ich wszystkich, zwłaszcza chrześcijańskie wspólnoty Gazy, parafię w Gazie, i całej Ziemi Świętej. Noszę w sercu smutek z powodu ofiar haniebnego ataku z 7 października i ponawiam naglący apel o uwolnienie tych, którzy wciąż są przetrzymywani jako zakładnicy. Błagam o zakończenie operacji wojskowych, z ich przerażającymi następstwami w postaci niewinnych ofiar cywilnych, oraz o zaradzenie rozpaczliwej sytuacji humanitarnej poprzez otwarcie drzwi dla przybywającej pomocy. Niech nie będzie dalszego podsycania przemocy i nienawiści, ale niech zostanie wszczęte rozwiązanie kwestii palestyńskiej poprzez szczery i wytrwały dialog między stronami, poparty silną wolą polityczną i wsparciem wspólnoty międzynarodowej. Bracia i siostry, módlmy się o pokój w Palestynie i w Izraelu.

Moje myśli kieruję następnie do udręczonych mieszkańców Syrii, a także do stale cierpiącego Jemenu. Myślę o umiłowanym narodzie libańskim i modlę się, aby wkrótce odzyskał stabilność polityczną i społeczną.

Wpatrując się w Dzieciątko Jezus błagam o pokój dla Ukrainy. Odnówmy naszą duchową i ludzką bliskość z jej udręczonym narodem, aby dzięki wsparciu każdego z nas mógł odczuć konkretność Bożej miłości.

Niech się przybliży dzień ostatecznego pokoju między Armenią i Azerbejdżanem. Niech sprzyja temu kontynuacja inicjatyw humanitarnych, bezpieczny powrót przesiedleńców do ich domów w majestacie prawa, oraz wzajemny szacunek dla tradycji religijnych i miejsc kultu każdej wspólnoty.

Nie zapominajmy o napięciach i konfliktach wstrząsających regionem Sahelu, Rogiem Afryki, Sudanem, a także Kamerunem, Demokratyczną Republiką Konga i Sudanem Południowym.

Niech przybliży się dzień, w którym umocnione zostaną braterskie więzi na Półwyspie Koreańskim, otwierając drogi dialogu i pojednania, które mogłyby stworzyć warunki dla trwałego pokoju.

Niech Syn Boży, który stał się pokornym Dzieciątkiem, natchnie władze polityczne i wszystkich ludzi dobrej woli na kontynencie amerykańskim, aby znaleziono odpowiednie rozwiązania w celu przezwyciężenia sporów społecznych i politycznych; aby walczyć z formami ubóstwa, które uwłaczają godności osób, aby zniwelować nierówności i stawić czoła bolesnemu zjawisku migracji.

Ze żłóbka Dzieciątko prosi nas, abyśmy byli głosem pozbawionych głosu: głosem niewinnych, którzy umierają z braku wody i chleba; głosem tych, którzy nie mogą znaleźć pracy lub ją utracili; głosem tych, którzy są zmuszeni do ucieczki ze swej ojczyzny w poszukiwaniu lepszej przyszłości, ryzykując życie w wyczerpujących podróżach i pozostając na łasce pozbawionych skrupułów handlarzy ludźmi.

Bracia i siostry, zbliża się czas łaski i nadziei Jubileuszu, który rozpocznie się za rok. Niech ten okres przygotowań będzie okazją do nawrócenia naszych serc; do powiedzenia „nie” wojnie a „tak” pokojowi; do odpowiedzenia z radością na zaproszenie Pana, który wzywa nas, jak prorokował Izajasz, „by głosić dobrą nowinę ubogim, by opatrywać rany serc złamanych, by zapowiadać wyzwolenie jeńcom i więźniom swobodę” (Iz 61, 1).

Słowa te wypełniły się w Jezusie (por. Łk 4, 18), który narodził się dzisiaj w Betlejem. Przyjmijmy Go, otwórzmy serce dla Niego, Zbawiciela! Otwórzmy serce dla Niego, Zbawiciela, który jest Księciem Pokoju!

[01992-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

 

رسالة قداسة البابا فرنسيس

إلى مدينة روما والعالم

في مناسبة عيد الميلاد

الأحد 25 كانون الأوّل/ديسمبر 23

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، ميلاد مجيد!

عيون وقلوب المسيحيّين في جميع أنحاء العالم تتجّه اليوم إلى بيت لحم. وهناك، يسود الألم والصّمت في هذه الأيّام، فيما تتردّد البُشرى المنتظرة منذ الدّهور: "وُلِدَ لَكُمُ اليَومَ مُخَلِّصٌ، وهو المسيحُ الرَّبّ" (لوقا 2، 11). هذه كلمات الملاك في سماء بيت لحم، وهي موجّهة إلينا أيضًا. فإذا عرفنا أنّ الرّبّ يسوع وُلِدَ من أجلنا امتلأنا ثقة ورجاء، لأنّ كلمة الآب الأزلي، الإله اللامتناهي، جعل مَسكِنَهُ بيننا. صار جسدًا، وجاء "فسَكَنَ بَينَنا" (يوحنّا 1، 14): هذا هو النّبأ الذي غيّر مجرى التّاريخ!

النّبأ في بيت لحم هو نبأ "فَرَحٍ عَظِيم" (لوقا 2، 10). أيّ فرح؟ ليس سعادة العالم العابرة، ولا بهجة الأفراح الأرضيّة، بل هو فرح كبير لأنّه يجعلنا ”كبارًا“. في الواقع، اليوم، نحن البشر، مع محدوديّاتنا، نمتلك يقينًا ورجاءً لم نسمع به من قبل، وهو أنّنا وُلِدنا من أجل السّماء. نعم، جاء يسوع أخونا ليجعل أباه أبًا لنا: طفل ضعيف، كشف لنا حنان الله، وأكثر من ذلك بكثير: فهو، ابن الآب الوحيد، مَكَّنَنا "أَنْ نَصير أَبْناءَ الله" (يوحنّا 1، 12). هذا هو الفرح الذي يعزّي القلب، ويجدّد الرّجاء، ويعطي السّلام: إنّه فرح الرّوح القدس، والفرح لأن نكون أبناءً محبوبين.

أيّها الإخوة والأخوات، اليوم في بيت لحم، في وسط ظلمات الأرض، أُضيئَت هذه الشّعلة التي لا تنطفئ، اليوم انتصر على ظلام العالم نور الله "الَّذي يُنيرُ كُلَّ إِنْسان" (يوحنا 1، 9): فلنتهلّل بهذه النِّعمة! افرح، أنت الذي فقدت الثّقة واليقين، لأنّك لستَ وحدكَ، ولستِ وحدكِ: وُلِدَ المسيح من أجلك! افرح، أنت الذي فقدت الرّجاء، لأنّ الله يمدَّ يده إليك: لا يشيرُ إليك بإصبع الاتّهام، بل يقدّم لك يده، يدَ الطّفل الصّغير، ليحرّرك من المخاوف، وينتشلك من المتاعب، وليقول لك إنّك أغلى شيء في نظره. افرح، أنت الذي لا تجد السّلام في قلبك، لأنّه من أجلك تحقّقت نبوءة أشعيا القديمة: "قد وُلِدَ لَنا وَلَدٌ وأُعطِيَ لَنا ابنٌ […] ودُعِيَ اسمُه: […] رَئيسَ السَّلام" (9، 5). الكتاب المقدّس يبيّن أنّ سلامه "لا انقِضاءَ لَه" (9، 6).

في الكتاب المقدّس، رئيس السّلام يعارضه "سَيِّدُ هذا العالَمِ" (يوحنّا 12، 31) الذي يزرع الموت وينقض عمل الله "المُحِبِّ لِلحَياة" (الحكمة 11، 26). نراه يعمل في بيت لحم، عندما وقعت حادثة مذبحة الأطفال الأبرياء، بعد ولادة المخلّص. كم من مذابح أبرياء في العالم: الذين ما زالوا في أحشاء أمهاتهم، والمشتتين على الطّرقات يائسين يبحثون عن الأمل، والأطفال الكثيرين الذين تدمّر الحرب طفولتهم. إنّهم يسوع الصّغير اليوم.

لذلك، أن نقول ”نعم“ لرئيس السّلام، يعني أن نقول ”لا“ للحرب، ولكلّ حرب، ولمنطق الحرب نفسه، فهي رحلة من دون هدف، وهزيمة لا منتصر فيها، وجنون من دون أعذار. ولكي نقول ”لا“ للحرب، يجب أن نقول ”لا“ للأسلحة. لأنّ الإنسان الذي في قلبه اضطراب وجروح، إن وُجِدَت أدوات الموت بين يديه، سيستخدمها عاجلًا أم آجلًا. وكيف نتكلّم على السّلام إذا زاد إنتاج الأسلحة وبيعها والاتجار بها؟ اليوم، كما في زمن هيرودس، تتحرّك مؤامرات الشّرّ المعارضة للنّور الإلهي في ظلِّ الرّياء وفي الخِفيَة: كم من المجازر المسلّحة تحدث في صَمتٍ مُطبق، ودون علم الكثيرين! النّاس الذين لا يريدون الأسلحة بل الخبز، ويَجتهدون ويكِدُّون لكي يستمرّوا في الحياة وهم يطلبون السّلام، لا يعرفون كم من الأموال العامّة تخصّص للأسلحة. مع ذلك، يجب أن يعرفوا! يجب على الجميع أن يتكلّموا على هذا، يجب أن يكتبوا، حتّى يعرف النّاس المصالح والأرباح التي تحرّك خيوط الحروب.

أشعيا الذي تنبّأ عن رئيس السّلام، كتب عن يومٍ فيه "لا تَرفَعُ أُمَّةٌ على أُمَّةٍ سَيفًا"، وعن يومٍ فيه البشر "لا يَتَعَلَّمونَ الحَربَ بَعدَ ذلك"، بل "يَضرِبونَ سُيوفَهم سِكَكًا ورِماحَهم مَناجِل" (2، 4). لنعمل، بمعونة الله، حتّى يقترب ذلك اليوم!

ليقترب ذلك اليوم من إسرائيل وفلسطين، حيث تضرب الحرب حياة الشّعوب فيها. أعانقهم جميعًا، ولا سيّما الجماعات المسيحيّة في غزّة، رعيّة غزّة، وفي الأرض المقدّسة بأكملها. أحمل في قلبي الألم من أجل ضحايا الهجوم الآثم الذي وقع في 7 تشرين الأوّل/أكتوبر، وأجدّد ندائي المُلِحّ للإفراج عن الرّهائن الذين ما زالوا محتجزين. أناشد أن تتوقّف العمليّات العسكريّة، وتبعيّاتها المرعبة، بسقوطٍ للضّحايا المدنيّين الأبرياء، أطلب أن يتمّ معالجة الوضع الإنسانيّ اليائس من خلال السّماح بوصول المساعدات. أوقفوا تأجيج العنف والكراهية، وتوجّهوا إلى حلّ القضيّة الفلسطينيّة، من خلال حوارٍ صادقٍ ومستمرّ بين الطّرفين، تدعمه إرادة سياسيّة قويّة ومساندة المجتمع الدّوليّ. أيّها الإخوة والأخوات، لنصلِّ من أجل السّلام في فلسطين وإسرائيل.

يتوجّه فكري إلى أهل سورية المعذّبة، وأيضًا إلى أهل اليمن الذين ما زالوا في العذاب. أفكّر في الشّعب اللبناني العزيز، وأصلّي حتّى يجد قريبًا الاستقرار السّياسيّ والاجتماعيّ.

أثبِّت عينَيَّ في الطّفل يسوع وأطلب السّلام لأوكرانيا. لنجدّد قربنا الرّوحيّ والإنسانيّ من هذا الشّعب المعذّب، حتّى يشعر عمليًّا بمحبّة الله بدعم كلّ واحدٍ منّا.

ليقترب يوم السّلام النّهائيّ بين أرمينيا وأذربيجان. يساعد على ذلك استمرار المبادرات الإنسانيّة، وعودة النّازحين إلى بيوتهم بصورة قانونيّة وآمنة، والاحترام المتبادل للتّقاليد الدّينيّة وأماكن العبادة لكلّ جماعة.

لا ننسَ التّوتّرات والصّراعات التي تهزّ منطقة السّاحل والقرن الأفريقيّ والسّودان، وأيضًا الكاميرون وجمهوريّة الكونغو الدّيمقراطيّة وجنوب السّودان.

ليقترب اليوم الذي فيه تتوثَّق الرّوابط الأخويّة في شبه الجزيرة الكوريّة، بفتح مسارات حوار ومصالحة يمكنها أن تهيّئ الظّروف للسّلام الدّائم.

ليُلهم ابن الله، الذي صار طفلًا متواضعًا، السّلطات السّياسيّة وكلّ الأشخاص ذوي النّوايا الصّالحة في القارّة الأمريكيّة، حتّى يجدوا الحلول المناسبة لتجاوز الخلافات الاجتماعيّة والسّياسيّة، ومكافحة أشكال الفقر التي تسيء إلى كرامة الأشخاص، وإزالة الفروق بين النّاس بفرض المساواة الاجتماعيّة بين الجميع، ومواجهة ظاهرة الهجرة المؤلمة.

من مغارة الميلاد، يطلب منّا الطّفل أن نكون صوت من لا صوت لهم: صوت الأبرياء الذين ماتوا بسبب نقص الماء والخبز، وصوت الذين لا يستطيعون أن يجدوا عملًا أو خسروه، وصوت الذين اضطرّوا أن يهربوا من وطنهم بحثًا عن مستقبلٍ أفضل، ويخاطرون بحياتهم في رحلات مرهقة وتحت رحمة تجّار عديمي الضّمير.

أيّها الإخوة والأخوات، اقترب زمن النّعمة والرّجاء، زمن اليوبيل، الذي سيبدأ بعد سنة. لتكن فترة التّحضيرات فرصة لارتداد القلب، ليقول ”لا“ للحرب و ”نعم“ للسّلام، وليجيب بفرح على دعوة الله الذي يدعونا، كما تنبّأ أشعيا أيضًا، إلى "أن نُبَشِّرَ الفُقَراء، / ونَجبُرَ مُنكَسِري القُلوب، / ونُنادِيَ بِإِفْراجٍ عنِ المَسبِيِّين،/ وبِتَخلِيَةٍ لِلمَأسورين" (أشعيا 61، 1).

تحقّقت هذه الكلمات في يسوع (راجع لوقا 4، 18)، الذي وُلِدَ اليوم في بيت لحم. لنستقبله، ولنفتح قلبنا له، هو المخلّص. لنفتح قلبنا له، هو المخلص، ورئيس السّلا20م!

[01992-AR.02] [Testo originale: Italiano]

 

[B0913-XX.02]