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Santa Messa in occasione della VI Giornata Mondiale dei Poveri, 13.11.2022


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 10.00 di questa mattina, XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, il Santo Padre Francesco ha presieduto nella Basilica Vaticana la Santa Messa in occasione della VI Giornata Mondiale dei Poveri, che si celebra oggi sul tema “Gesù Cristo si è fatto povero per voi” (Cfr 2 Cor 8,9).

Al termine della Santa Messa, il Santo Padre ha partecipato, in Aula Paolo VI, al pasto festivo offerto a circa 1.300 poveri.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione del Vangelo:

Omelia del Santo Padre

Mentre alcuni parlano della bellezza esteriore del tempio e ammirano le sue pietre, Gesù risveglia l’attenzione circa gli eventi travagliati e drammatici che segnano la storia umana. Infatti, mentre il tempio costruito dalle mani dell’uomo passerà, come passano tutte le cose di questo mondo, è importante saper discernere il tempo che viviamo, per rimanere discepoli del Vangelo anche in mezzo agli sconvolgimenti della storia.

E, per indicarci il modo di discernere, il Signore ci offre due esortazioni: non lasciatevi ingannare e rendete testimonianza.

La prima cosa che Gesù dice ai suoi ascoltatori, preoccupati di “quando” e di “come” avverranno i fatti spaventosi di cui parla, è: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro!» (Lc 21,8). E aggiunge: «Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate» (v. 9). E questo nel momento attuale ci viene bene. Da quale inganno, dunque, vuole liberarci Gesù? Dalla tentazione di leggere i fatti più drammatici in modo superstizioso o catastrofico, come se fossimo ormai vicini alla fine del mondo e non valesse la pena di impegnarci più in nulla di buono. Se pensiamo in questo modo, ci lasciamo guidare dalla paura, e magari poi cerchiamo risposte con morbosa curiosità nelle fandonie di maghi o oroscopi, che non mancano mai – e oggi tanti cristiani vanno a visitare i maghi, cercano l’oroscopo come se fosse la voce di Dio –; o, ancora, ci affidiamo a fantasiose teorie propinate da qualche “messia” dell’ultim’ora, in genere sempre disfattisti e complottisti – anche la psicologia del complotto è cattiva, ci fa male –. Qui non c’è lo Spirito del Signore: né nell’andare a cercare i “guru” né in questo spirito di complotto; lì non c’è il Signore. Gesù ci avverte: “Non lasciatevi ingannare”, non lasciatevi abbagliare da curiosità credulone, non affrontate gli eventi mossi dalla paura, ma imparate piuttosto a leggere gli avvenimenti con gli occhi della fede, certi che stando vicini a Dio «nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto» (v. 18).

Se la storia umana è costellata di eventi drammatici, situazioni di dolore, guerre, rivoluzioni e calamità, è altrettanto vero – dice Gesù – che tutto questo non è la fine (cfr v. 9); non è un buon motivo per lasciarsi paralizzare dalla paura o cedere al disfattismo di chi pensa che ormai sia tutto perduto e sia inutile impegnarsi nella vita. Il discepolo del Signore non si lascia atrofizzare dalla rassegnazione, non cede allo scoraggiamento nemmeno nelle situazioni più difficili, perché il suo Dio è il Dio della risurrezione e della speranza, che sempre risolleva: con Lui sempre si può rialzare lo sguardo, ricominciare e ripartire. Il cristiano, allora, davanti alla prova – qualsiasi prova, culturale, storica o personale – si interroga: “Che cosa ci sta dicendo il Signore attraverso questo momento di crisi?”. Anch’io faccio questa domanda oggi: che cosa ci sta dicendo il Signore, davanti a questa terza guerra mondiale? Che cosa ci sta dicendo il Signore? E, mentre accadono fatti di male che generano povertà e sofferenza, il cristiano si chiede: “Che cosa, concretamente, io posso fare di bene?”. Non fuggire, farsi la domanda: cosa mi dice il Signore e cosa posso fare io di bene?

Non a caso, la seconda esortazione di Gesù, dopo “non lasciatevi ingannare”, è in positivo. Egli dice: «Avrete allora occasione di dare testimonianza» (v. 13). Occasione di dare testimonianza. Vorrei sottolineare questa bella parola: occasione. Significa avere l’opportunità di fare qualcosa di buono a partire dalle circostanze della vita, anche quando non sono ideali. È una bella arte tipicamente cristiana: non restare vittime di quanto accade – il cristiano non è vittima e la psicologia del vittimismo è cattiva, ci fa male –, ma cogliere l’opportunità che si nasconde in tutto ciò che ci capita, il bene che è possibile, quel poco di bene che sia possibile fare, e costruire anche a partire da situazioni negative. Ogni crisi è una possibilità e offre occasioni di crescita. Perché ogni crisi è aperta alla presenza di Dio, alla presenza dell’umanità. Ma cosa ci fa il cattivo spirito? Vuole che noi trasformiamo la crisi in conflitto, e il conflitto è sempre chiuso, senza orizzonte e senza via di uscita. No. Viviamo la crisi come persone umane, come cristiani, non trasformandola in conflitto, perché ogni crisi è una possibilità e offre occasione di crescita. Ce ne accorgiamo se rileggiamo la nostra vicenda personale: nella vita, spesso, i passi in avanti più importanti si fanno proprio all’interno di alcune crisi, di situazioni di prova, di perdita di controllo, di insicurezza. E, allora, comprendiamo l’invito che Gesù fa oggi direttamente a me, a te, a ciascuno di noi: mentre vedi attorno a te fatti sconvolgenti, mentre si sollevano guerre e conflitti, mentre accadono terremoti, carestie e pestilenze, tu che cosa fai, io che cosa faccio? Ti distrai per non pensarci? Ti diverti per non farti coinvolgere? Prendi la strada della mondanità, di non prendere in mano, non prendere a cuore queste situazioni drammatiche? Ti giri dall’altra parte per non vedere? Ti adegui, remissivo e rassegnato, a quello che capita? Oppure queste situazioni diventano occasioni per testimoniare il Vangelo? Oggi ognuno di noi deve interrogarsi, davanti a tante calamità, davanti a questa terza guerra mondiale così crudele, davanti alla fame di tanti bambini, di tanta gente: io posso sprecare, sprecare i soldi, sprecare la mia vita, sprecare il senso della mia vita, senza prendere coraggio e andare avanti?

Fratelli e sorelle, in questa Giornata Mondiale dei Poveri la Parola di Gesù è un monito forte a rompere quella sordità interiore che tutti noi abbiamo e che ci impedisce di ascoltare il grido di dolore soffocato dei più deboli. Anche oggi viviamo in società ferite e assistiamo, proprio come ci ha detto il Vangelo, a scenari di violenza – basta pensare alle crudeltà che sta soffrendo il popolo ucraino –, di ingiustizia e di persecuzione; in più, dobbiamo affrontare la crisi generata dai cambiamenti climatici e dalla pandemia, che ha lasciato dietro di sé una scia di malesseri non soltanto fisici, ma anche psicologici, economici e sociali. Anche oggi, fratelli e sorelle, vediamo sollevarsi popolo contro popolo e assistiamo angosciati al veemente allargamento dei conflitti, alla sciagura della guerra, che provoca la morte di tanti innocenti e moltiplica il veleno dell’odio. Anche oggi, molto più di ieri, tanti fratelli e sorelle, provati e sconfortati, migrano in cerca di speranza, e tante persone vivono nella precarietà per la mancanza di occupazione o per condizioni lavorative ingiuste e indegne. E anche oggi, fratelli e sorelle, i poveri sono le vittime più penalizzate di ogni crisi. Ma, se il nostro cuore è ovattato e indifferente, non riusciamo a sentire il loro flebile grido di dolore, a piangere con loro e per loro, a vedere quanta solitudine e angoscia si nascondono anche negli angoli dimenticati delle nostre città. Bisogna andare agli angoli delle città, questi angoli nascosti, oscuri: lì si vede tanta miseria e tanto dolore e tanta povertà scartata.

Facciamo nostro l’invito forte e chiaro del Vangelo a non lasciarci ingannare. Non diamo ascolto ai profeti di sventura; non facciamoci incantare dalle sirene del populismo, che strumentalizza i bisogni del popolo proponendo soluzioni troppo facili e sbrigative. Non seguiamo i falsi “messia” che, in nome del guadagno, proclamano ricette utili solo ad accrescere la ricchezza di pochi, condannando i poveri all’emarginazione. Al contrario, rendiamo testimonianza: accendiamo luci di speranza in mezzo alle oscurità; cogliamo, nelle situazioni drammatiche, occasioni per testimoniare il Vangelo della gioia e costruire un mondo fraterno, almeno un po’ più fraterno; impegniamoci con coraggio per la giustizia, la legalità e la pace, stando sempre a fianco dei più deboli. Non scappiamo per difenderci dalla storia, ma lottiamo per dare a questa storia che noi stiamo vivendo un volto diverso.

E dove trovare la forza per tutto questo? Nel Signore. Nella fiducia in Dio, che è Padre, che veglia su di noi. Se gli apriamo il cuore, accrescerà in noi la capacità di amare. Questa è la strada: crescere nell’amore. Gesù, infatti, dopo aver parlato di scenari di violenza e di terrore, conclude dicendo: «Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto» (v. 18). Ma cosa significa? Che Lui è con noi, Lui è il nostro custode, Lui cammina con noi. Io ho questa fede? Tu hai questa fede che il Signore cammina con te? Questo dobbiamo ripeterci sempre, specialmente nei momenti più dolorosi: Dio è Padre ed è al mio fianco, mi conosce e mi ama, veglia su di me, non prende sonno, ha cura di me e con Lui neanche un capello del mio capo andrà perduto. E io come rispondo a questo? Guardando i fratelli e le sorelle che sono nel bisogno, guardando questa cultura dello scarto che scarta i poveri, che scarta le persone con meno possibilità, che scarta i vecchi, che scarta i nascituri… Guardando tutto questo, cosa sento io di dover fare come cristiano in questo momento?

Amati da Lui, decidiamoci ad amare i figli più scartati. Il Signore è lì. C’è una vecchia tradizione, anche qui nei paesini dell’Italia, ancora qualcuno la mantiene: alla cena di Natale, lasciare un posto vuoto per il Signore che sicuramente busserà alla porta nella persona di un povero che ha bisogno. E il tuo cuore, ha sempre un posto libero per quella gente? Il mio cuore, ha un posto libero per quella gente? O siamo tanto indaffarati con gli amici, gli eventi sociali, gli obblighi? Mai abbiamo un posto libero per quella gente. Prendiamoci cura dei poveri, nei quali c’è Cristo, che per noi si è fatto povero (cfr 2 Cor 8,9). Lui si identifica con il povero. Sentiamoci chiamati in causa perché neanche un capello del loro capo vada perduto. Non possiamo restare, come quelli di cui parla il Vangelo, ad ammirare le belle pietre del tempio, senza riconoscere il vero tempio di Dio, l’essere umano, l’uomo e la donna, specialmente il povero, nel cui volto, nella cui storia, nelle cui ferite c’è Gesù. L’ha detto Lui. Non dimentichiamolo mai.

[01766-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Alors que certains parlent de la beauté extérieure du Temple et admirent ses pierres, Jésus éveille l’attention sur les événements troublés et dramatiques qui marquent l’histoire humaine. En effet, alors que le Temple construit par la main de l’homme passera, comme passent toutes les choses de ce monde, il est important de savoir discerner le temps que nous vivons, pour rester disciples de l’Evangile même au milieu des bouleversements de l’histoire.

Et, pour nous indiquer la manière de discerner, le Seigneur nous offre deux exhortations: ne vous laissez pas égarer et témoignez.

La première chose que Jésus dit à ses auditeurs, préoccupés par le "quand" et le "comment" se produiront les faits effrayants dont il parle, est: « Prenez garde de ne pas vous laisser égarer, car beaucoup viendront sous mon nom, et diront: “C’est moi”, ou encore: “Le moment est tout proche.” Ne marchez pas derrière eux » (Lc 21, 8). Et il ajoute: «Quand vous entendrez parler de guerres et de désordres, ne soyez pas terrifiés » (v.9). Et c’est ce qui nous arrive en ce moment. De quelle tromperie Jésus veut-il donc nous libérer ? De la tentation de lire les faits les plus dramatiques de manière superstitieuse ou catastrophique, comme si nous étions désormais proches de la fin du monde et qu’il ne valait plus la peine de nous engager dans rien de bon. Lorsque nous pensons de cette façon, nous nous laissons guider par la peur, et peut-être nous cherchons des réponses, avec une curiosité maladive, dans les sornettes des mages ou des horoscopes, qui ne manquent jamais - et aujourd’hui beaucoup de chrétiens vont voir les mages, regardent l’horoscope comme si c’était la voix de Dieu - ou, encore, nous faisons confiance à des théories fantaisistes avancées par quelque "messie" de la dernière heure, en général toujours défaitiste et complotiste. La psychologie du complot est mauvaise, elle fait du mal. L’Esprit du Seigneur ne se trouve pas là: ni dans le fait d’aller chercher un gourou, ni dans cet esprit du complot, le Seigneur n’est pas là. Jésus nous avertit: «Ne vous laissez pas égarer», ne vous laissez pas éblouir par une curiosité crédule, n’affrontez pas les événements en étant mus par la peur, mais apprenez plutôt à lire les événements avec les yeux de la foi, certains qu’en restant proches de Dieu « pas un cheveu de votre tête ne sera perdu» (v.18).

Si l’histoire humaine est constellée d’événements dramatiques, de situations douloureuses, de guerres, de révolutions et de calamités, il est tout aussi vrai - dit Jésus- que tout cela n’est pas la fin (cf. 9). Ce n’est pas une raison pour se laisser paralyser par la peur ou céder au défaitisme de ceux qui pensent que tout est perdu désormais, et qu’il est inutile de s’engager dans la vie. Le disciple du Seigneur ne se laisse pas atrophier par la résignation, il ne cède pas au découragement même dans les situations les plus difficiles parce que son Dieu est le Dieu de la résurrection et de l’espérance, qui relève toujours: avec Lui on peut toujours lever le regard, recommencer et repartir. Le chrétien s’interroge alors devant l’épreuve, quelque soit l’épreuve, culturelle, historique, personnelle: "Que nous dit le Seigneur à travers ce moment de crise?" Moi aussi je pose cette question aujourd’hui: qu’est-ce que nous dit le Seigneur par cette troisième guerre mondiale? Qu’est-ce que nous dit le Seigneur? Et, alors que se produisent des évènements mauvais qui engendrent pauvreté et souffrance, Le chrétien se demande: "Qu’est-ce que, concrètement, je peux faire de bien ?" Ne pas fuir, se poser la question, qu’est-ce que me dit le Seigneur, qu’est-ce que je peux faire de bien?

Ce n’est pas par hasard que la deuxième exhortation de Jésus qui suit «ne vous laissez pas égarer», est en positif. Il dit: « Cela vous amènera à rendre témoignage » (v. 13). Occasion de rendre témoignage. Je voudrais souligner ce beau mot: occasion. Il signifie avoir la possibilité de faire quelque chose de bien à partir des circonstances de la vie, même quand elles ne sont pas idéales. C’est un bel art typiquement chrétien: ne pas rester victimes de ce qui arrive, - le chrétien n’est pas victime et la psychologie de la victimisation est mauvaise, elle fait du mal - mais saisir l’opportunité qui se cache dans tout ce qui nous arrive, le bien qu’il est possible – ce peu de bien qu’il est possible de faire -, et construire également à partir de situations négatives. Toute crise est une opportunité et offre des occasions de croissance. Parce que toute crise est ouverte à la présence de Dieu, à la présence de l’humanité. Mais que nous fait l’esprit mauvais? Il veut que nous transformions la crise en conflit, et le conflit est toujours fermé, sans horizon et sans issue. Non. Vivons la crise en tant que personnes humaines, en tant que chrétiens, ne la transformons pas en conflit car toute crise est une possibilité et offre une occasion de croissance. Nous nous en apercevons lorsque nous relisons notre histoire personnelle: dans la vie, souvent, les pas en avant les plus importants se font précisément à l’intérieur de certaines crises, de situations d’épreuve, de perte de contrôle, d’insécurité. Et alors, nous comprenons l’invitation que Jésus adresse aujourd’hui directement à moi, à toi, à chacun de nous: pendant que tu vois autour de toi des faits bouleversants, pendant que se soulèvent guerres et conflits, pendant que se produisent tremblements de terre, famines et pestes, toi, qu’est-ce que tu fais? Moi, qu’est-ce que je fais? Tu te distrais pour ne pas y penser? Tu t’amuses pour ne pas t’impliquer? Tu prends la route de la mondanité, celle de ne pas prendre en main, de ne pas prendre à cœur ces situations dramatiques? Tu te détournes pour ne pas voir? Tu t’adaptes, soumis et résigné, à ce qui arrive ? Ou ces situations deviennent-elles des occasions pour témoigner de l’Évangile ? Aujourd’hui chacun de nous doit s’interroger devant tant de calamités, devant cette troisième guerre mondiale si cruelle, devant la faim de tant d’enfants, de tant de personnes: est-ce que je peux gaspiller, gaspiller de l’argent, gaspiller ma vie, gaspiller le sens de ma vie sans prendre le courage et avancer?

Frères et sœurs, en cette Journée Mondiale des Pauvres, la Parole de Jésus est un avertissement fort à rompre cette surdité intérieure que nous avons tous et qui nous empêche d’écouter le cri de douleur étouffé des plus faibles. Aujourd’hui encore, nous vivons dans des sociétés blessées et nous assistons, comme nous l’a dit l’Évangile, à des scènes de violence, - il suffit de penser à la cruauté dont souffre le peuple ukrainien - d’injustice et de persécution. De plus, nous devons faire face à la crise engendrée par le changement climatique et la pandémie qui a laissé derrière elle un sillage de malaises non seulement physiques, mais aussi psychologiques, économiques et sociaux. Aujourd’hui encore, frères et sœurs, nous voyons se soulever des peuples contre des peuples et nous assistons angoissés à l’élargissement véhément des conflits, au malheur de la guerre qui provoque la mort de tant d’innocents et multiplie le venin de la haine. Aujourd’hui encore, beaucoup plus qu’hier, de nombreux frères et sœurs, éprouvés et découragés, migrent en quête d’espérance, et beaucoup de personnes vivent dans la précarité en raison du manque de travail ou de conditions de travail injustes et indignes. Et aujourd’hui encore, les pauvres sont les victimes les plus pénalisées de toutes les crises. Mais, si notre cœur est étouffé et indifférent, nous ne pouvons pas entendre leur faible cri de douleur, pleurer avec eux et pour eux, voir combien de solitude et d’angoisse se cachent même dans les recoins oubliés de nos villes. Il est nécessaire d’aller aux recoins des villes, ces recoins cachés et sombres: là, on voit beaucoup de misères et beaucoup de souffrances, et beaucoup de pauvretés rejetées.

Faisons nôtre l’invitation forte et claire de l’Evangile à ne pas nous laisser tromper. N’écoutons pas les prophètes de malheur; ne nous laissons pas enchanter par les sirènes du populisme qui instrumentalise les besoins du peuple en proposant des solutions trop faciles et hâtives. Ne suivons pas les faux "messies" qui, au nom du gain, proclament des recettes qui ne font qu’accroître la richesse de quelques-uns, condamnant les pauvres à la marginalisation. Au contraire, rendons témoignage: allumons des lumières d’espérance au milieu des ténèbres; saisissons, dans les situations dramatiques, des occasions pour témoigner de l’Evangile de la joie et construire un monde fraternel, au moins un peu plus fraternel; engageons-nous avec courage pour la justice, la légalité et la paix, en étant toujours aux côtés des plus faibles. Ne fuyons pas pour nous défendre de l’histoire, mais luttons pour donner à cette histoire que nous sommes en train de vivre un visage différent.

Et où trouver la force pour tout cela ? Dans le Seigneur. Dans la confiance en Dieu qui est Père et qui veille sur nous. Si nous lui ouvrons notre cœur, il augmentera en nous la capacité d’aimer. Voilà la voie: grandir en amour. Jésus, en effet, après avoir parlé de scénarios de violence et de terreur, conclut en disant: « Pas un cheveu de votre tête ne sera perdu » (v. 18). Mais qu’est-ce que cela veut dire? Qu’Il est avec nous, Il est notre gardien, Il marche avec nous. Est-ce que j’ai cette foi? As-tu cette foi que le Seigneur marche avec toi? Cela, nous devons toujours nous le répéter, spécialement dans les moments les plus douloureux: Dieu est Père et il est à mes côtés, il me connaît et il m’aime, il veille sur moi, il dort pas, il prend soin de moi et, avec Lui, pas un seul cheveu de ma tête ne sera perdu. Et comment est-ce que je réponds à cela? En regardant les frères et sœurs qui sont dans le besoin, en regardant cette culture du rebut qui écarte les pauvres, qui écarte les personnes qui ont moins de possibilités, qui écarte les personnes âgées, qui écarte les enfants à naître… En regardant tout cela, qu’est-ce que je sens devoir faire comme chrétien à ce moment?

Bien-aimés par Lui, décidons-nous à aimer les enfants les plus rejetés. Le Seigneur est là. Il existe une vielle tradition, même dans les petits villages de l’Italie quelques personnes la maintiennent: au dîner de Noël, laisser une place libre pour le Seigneur qui frappera certainement à la porte en la personne d’un pauvre dans le besoin. Est-ce que ton cœur a toujours une place de libre pour ces personnes? Est-ce que mon cœur a toujours une place de libre pour ces personnes? Ou bien sommes-nous tellement occupés avec les amis, les événements sociaux, les obligations? N’avons-nous jamais une place de libre pour ces personnes? Prenons soin des pauvres en qui se trouve le Christ qui, pour nous, s’est fait pauvre (cf 2 Co 8, 9). Il s’identifie avec le pauvre. Sentons-nous interpellés pour qu’aucun cheveu de leur tête ne soit perdu. Nous ne pouvons pas rester, comme ceux dont parle l’Evangile, à admirer les belles pierres du Temple sans reconnaître le vrai Temple de Dieu, l’être humain, homme et femme, spécialement le pauvre, dans le visage duquel, dans l’histoire duquel, dans les blessures duquel se trouve Jésus. C’est Lui qui l’a dit. Ne l’oublions jamais.

[01766-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

While some were speaking of the outward beauty of the Temple and admiring its stones, Jesus draws attention to the troubled and dramatic events that mark human history. The Temple built by human hands will pass away, like everything else in this world, but it is important to be able to discern the times in which we live, in order to remain disciples of the Gospel even amid the upheavals of history.

To show us the path to such discernment, the Lord offers us two exhortations: beware that you are not led astray and bear witness.

The first thing that Jesus says to those listening to him, who are concerned about the “when” and the “how” of the terrifying events of which he speaks, is: “Beware that you are not led astray; for many will come in my name and say, ‘I am he!’ and ‘The time is near!’ Do not go after them” (Lk 21:8). He then adds: “When you hear of wars and insurrections, do not be terrified” (v. 9). This is consoling especially in the present time. But what does Jesus mean by not letting ourselves be led astray? He means avoiding the temptation to interpret dramatic events in a superstitious or catastrophic way, as if we are now close to the end of the world and it is useless to commit ourselves to doing good. If we think in this way, we let ourselves be guided by fear, and we may end up looking for answers with morbid curiosity in the ever-present chicanery of magic or horoscopes – today many Christians go visit magicians; they consult horoscopes as if they were the voice of God. Or again, we rely on some last-minute “messiah” who peddles wild theories, usually conspiratorial and full of doom and gloom – conspiratorial theories are bad, they cause us a lot of harm. The Spirit of the Lord is not to be found in such approaches: nor is he found by going to a “guru” or in the conspiratorial spirit; the Lord is not there. Jesus warns us: “Beware that you are not led astray”. Do not be gullible or fearful, but learn how to interpret events with the eyes of faith, certain that by remaining close to God “not a hair of your head will perish” (v. 18).

If human history is filled with dramatic events, situations of suffering, wars, revolutions and disasters, it is also true, Jesus tells us, that that is not the end of the world (cf. v. 9). It is not a good reason for letting ourselves be paralyzed by fear or for yielding to the defeatism of those who think that everything is lost and that it is useless to take an active part in life. A disciple of the Lord should not yield to resignation or give in to discouragement, even in the most difficult situations, for our God is the God of resurrection and hope, who always raises up: with him we can lift up our gaze and begin anew. Christians, then, in the face of trials – whatever cultural, historical or personal trial – ask: “What is the Lord saying to us through this moment of crisis?” – me too, I ask myself the same question today: What is the Lord saying to us, especially in the midst of this third world war? What is the Lord saying to us? And when evil events occur that give rise to poverty and suffering, the Christian asks: “What good can I concretely do?” Do not run away, ask yourself the question: What is the Lord saying to me and what good can I do?

It is not by chance that Jesus’ second exhortation, after “do not be led astray”, is positive. He says: “This will give you an opportunity to testify” (v. 13). An opportunity to testify. I want to emphasize this fine word: opportunity. It means having the chance to do something good, starting from our situation in life, even when it is not ideal. It is a skill typically Christian not to be a victim of everything that happens – a Christian is not a victim, and the psychology of victimhood is not good, it is harmful – but to seize the opportunity that lies hidden in everything that befalls us, the good – however small – that can come about even from negative situations. Every crisis is a possibility and offers opportunities for growth. Every crisis is an openness to the presence of God, openness to humanity. But what does the spirit of evil want us to do? He wants us to turn crisis into conflict, and conflict is always closed in, without a horizon; a dead-end. No. Let us experience a crisis like human persons, like Christians, let us not turn it into conflict, because every crisis is a possibility and offers opportunities for growth. We realize this if we think back on our own history: in life, often our most important steps forward were taken in the midst of certain crises, in situations of trial, loss of control or insecurity. Then we understand the words of encouragement that Jesus today speaks directly to me, to you, to each one of us: when you see troubling events all around you, while wars and conflicts are on the rise, while earthquakes, famines and plagues are happening, what are you to do; what do I do? Do you distract yourself in order not to think about it? Do you amuse yourself in order not to get involved? Do you turn away in order not to see? Do you take the road of worldliness, of not being proactive and of not taking care of these dramatic situations? Do you simply resign yourself to what is happening? Or do these situations become opportunities to bear witness to the Gospel? Each one of us should ask himself or herself: in the midst of these calamities, in the midst of this terrible third world war, in the midst of hunger affecting many people, especially children: can I spend my money, my life and its meaning without being courageous and moving forward?

Brothers and sisters, on this World Day of the Poor God’s word is a forceful admonition to break through that inner deafness, which we all suffer from, and which prevents us from hearing the stifled cry of pain of the frailest. Nowadays we too live in troubled societies and are witnesses, as the Gospel told us, to scenes of violence – we only have to think about the cruelty that the people of Ukraine are experiencing – injustice and persecution; in addition, we must face the crisis generated by climate change and the pandemic, which has left in its wake not only physical, but also psychological, economic and social maladies. Even now, brothers and sisters, we see peoples rising up against peoples and we witness with trepidation the vast expansion of conflicts and the calamity of war, which causes the death of so many innocent people and multiplies the poison of hatred. Today also, much more than in the past, many of our brothers and sisters, sorely tested and disheartened, migrate in search of hope, and many people experience insecurity due to the lack of employment or unjust and undignified working conditions. Today too, the poor pay the heaviest price in any crisis. Yet if our heart is deadened and indifferent, we cannot hear their faint cry of pain, we cannot cry with them and for them, we cannot see how much loneliness and anguish also lie hidden in the forgotten corners of our cities. We have to go the corners of the cities, for in these hidden and dark corners we see great misery and pain and abject poverty.

Let us take to heart the clear and unmistakable summons in the Gospel not to be led astray. Let us not listen to prophets of doom. Let us not be enchanted by the sirens of populism, which exploit people’s real needs by facile and hasty solutions. Let us not follow the false “messiahs” who, in the name of profit, proclaim recipes useful only for increasing the wealth of a few, while condemning the poor to the margins of society. Instead, let us bear witness. Let us light candles of hope in the midst of darkness. Amid dramatic situations, let us seize opportunities to bear witness to the Gospel of joy and to build a fraternal world, or at least a bit more fraternal. Let us commit ourselves courageously to justice, the rule of law and peace, and stand always at the side of the weakest. Let us not step back to protect ourselves from history, but strive to give this moment of history, which we are experiencing, a different face.

How do we find the strength for all this? In the Lord. By trusting in God our Father, who watches over us. If we open our hearts to him, he will strengthen within us the capacity to love. This is the way: to grow in love. Indeed, after describing scenarios of violence and terror, Jesus concludes by saying, “Not a hair of your head will perish” (v. 18). But what does this mean? It means that he is with us; he walks with us to guide us. Do I have this conviction? Are you convinced that the Lord walks with you? We should always repeat this to ourselves, especially at times of greatest trouble: God is a Father, and he is at my side. He knows and loves me; he does not sleep, but watches over me and cares for me. If I stay close to him, not a hair of my head will perish. And how do I respond to this? By looking at our brothers and sisters in need; by looking at the throw away culture that discards the poor and people with few possibilities; a culture that discards the old and unborn… by looking at all of them; as a Christian, what should I do in this moment?

Since he loves us, let us resolve to love him in the most abandoned of his children. The Lord is there. There is an old tradition, even in some Italian regions, and I am sure some people still follow it: leaving an empty chair for the Lord at the Christmas dinner, and believing that he will surely come knocking at the door in the person of a poor person in need. Does your heart have a space for such persons? Is there a place in my heart for such people? Or are we too busy attending to our friends, attending social events and other engagements which will never let us have a space for such people. Let us care for the poor, in whom we find Jesus, who became poor for our sake (cf. 2 Cor 8:9). He identifies with the poor. Let us feel challenged to care for them, lest even a hair of their head perish. Let us not be content, like the people in the Gospel, to admire the beautiful stones of the temple, while failing to recognize God’s true temple, our fellow men and women, especially the poor, in whose face, in whose history, in whose wounds, we encounter Jesus. He told us so. Let us never forget it.

[01766-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Während einige über die äußere Schönheit des Tempels sprechen und seine Steine bewundern, lenkt Jesus die Aufmerksamkeit auf die unruhigen und dramatischen Ereignisse, die die menschliche Geschichte prägen. Denn während der von Menschenhand erbaute Tempel vergehen wird, so wie alle Dinge dieser Welt vergehen, ist es wichtig, die Zeiten zu erkennen, in denen wir leben, um auch inmitten der Umwälzungen der Geschichte Jünger des Evangeliums zu bleiben.

Und um uns den Weg der Unterscheidung zu zeigen, gibt uns der Herr zwei Ermahnungen: Lasst euch nicht irreführen und legt Zeugnis ab.

Als Erstes sagt Jesus seinen Zuhörern, die sich Sorgen darüber machen, „wann“ und „wie“ die beängstigenden Ereignisse eintreten werden, von denen er spricht: »Gebt Acht, dass man euch nicht irreführt! Denn viele werden unter meinem Namen auftreten und sagen: Ich bin es! und: Die Zeit ist da. - Lauft ihnen nicht nach!« (Lk 21,8). Und er fügt hinzu: »Wenn ihr von Kriegen und Unruhen hört, lasst euch nicht erschrecken!« (V. 9). Und dies passt zum gegenwärtigen Zeitpunkt gut. Von welcher Irreführung will uns Jesus also befreien? Von der Versuchung, dramatische Ereignisse auf abergläubische oder pessimistische Weise zu deuten, als ob wir bereits dem Ende der Welt nahe wären und es sich nicht mehr lohnen würde, sich für irgendetwas Gutes einzusetzen. Wenn wir so denken, lassen wir uns von der Angst leiten und suchen dann vielleicht mit krankhafter Neugierde nach Antworten in dem, was Magier oder Horoskope auftischen, an denen es nie mangelt – und heutzutage suchen viele Christen Magier auf und schauen auf das Horoskop, als ob es die Stimme Gottes wäre; oder aber wir vertrauen fantastischen Theorien, die von irgendeinem „Messias“ der letzten Stunde aufgestellt werden und in der Regel immer defätistisch und verschwörungstheoretisch sind – auch die Verschwörungspsychologie ist schlecht, sie schadet uns. Hier ist der Geist des Herrn nicht zu finden: Weder im Aufsuchen von „Gurus“ noch in diesem Verschwörungsgeist; dort ist der Herr nicht. Jesus warnt uns: „Lasst euch nicht irreführen“, lasst euch nicht von leichtgläubiger Neugier blenden, begegnet den Ereignissen nicht mit Angst, sondern lernt vielmehr, sie mit den Augen des Glaubens sehen, in der Gewissheit, dass durch die Nähe zu Gott „euch nicht einmal ein Haar gekrümmt wird“ (vgl. V. 18).

Auch wenn die Geschichte der Menschheit mit dramatischen Ereignissen, schmerzhaften Situationen, Kriegen, Revolutionen und Katastrophen gespickt ist, so ist es doch ebenso wahr – sagt Jesus –, dass all dies nicht das Ende ist (vgl. V. 9); es ist kein guter Grund, sich von Angst lähmen zu lassen oder dem Defätismus derjenigen nachzugeben, die meinen, alles sei bereits verloren und es sei sinnlos, sich im Leben zu engagieren. Der Jünger des Herrn lässt sich nicht durch Resignation verdrießen, er lässt sich auch in den schwierigsten Situationen nicht entmutigen, denn sein Gott ist der Gott der Auferstehung und der Hoffnung, der immer wieder aufrichtet: Mit ihm kann man den Blick immer wieder nach oben richten, neu beginnen und erneut aufbrechen. Der Christ fragt sich also im Angesicht der Prüfung – jedweder Prüfung, sei sie kulturell, geschichtlich oder persönlich: „Was sagt uns der Herr durch diese Krisensituation?“. Auch ich stelle heute diese Frage: Was sagt uns der Herr angesichts dieses dritten Weltkrieges? Was sagt uns der Herr? Und wenn schlimme Ereignisse eintreten, die Armut und Leid verursachen, fragt sich der Christ: „Was kann ich konkret Gutes tun?“. Nicht flüchten, sondern sich fragen: Was sagt mir der Herr und was kann ich Gutes tun?

Es ist kein Zufall, dass die zweite Ermahnung Jesu, nach „Lasst euch nicht irreführen“, positiv formuliert ist. Er sagt: »Dann werdet ihr Zeugnis ablegen können« (V. 13). Es ist eine Gelegenheit, Zeugnis abzulegen. Ich möchte dieses schöne Wort betonen: Gelegenheit. Es bedeutet, die Möglichkeit zu haben, aus den Umständen des Lebens etwas Gutes zu machen, auch wenn sie nicht ideal sind. Das ist eine schöne, typisch christliche Kunst: nicht Opfer dessen zu bleiben, was passiert - der Christ ist nicht Opfer und die Psychologie der Opferrolle ist schlecht, sie schadet uns -, sondern die Chance zu ergreifen, die in allem verborgen ist, was uns widerfährt, das Gute, das möglich ist – das Wenige an Gutem, das zu tun möglich ist und selbst aus negativen Situationen heraus bewirkt werden kann. Jede Krise birgt eine Möglichkeit und bietet Gelegenheiten zum Wachstum. Denn jede Krise ist offen für die Gegenwart Gottes, für die Gegenwart der Menschlichkeit. Was aber flößt uns der böse Geist ein? Er will, dass wir die Krise in Konflikt verwandeln, und der Konflikt ist immer verschlossen, ohne Horizont und ohne Ausweg. Nein. Leben wir die Krise als menschliche Personen, als Christen und wandeln wir sie nicht in Konflikt um, denn jede Krise ist eine Chance und bietet Gelegenheit zum Wachstum. Das wird uns klar, wenn wir uns mit unserer persönlichen Geschichte beschäftigen: Oft machen wir die wichtigsten Fortschritte im Leben gerade in manchen Krisen, in Situationen der Prüfung, des Kontrollverlusts und der Unsicherheit. Und dann verstehen wir die Aufforderung, die Jesus heute direkt an mich, an dich, an jeden einzelnen von uns richtet: Was tust du, was tue ich, während du um dich herum bestürzende Ereignisse siehst, während Kriege und Konflikte aufkommen, während sich Erdbeben, Hungersnöte und Seuchen ereignen? Lenkst du dich ab, um nicht daran zu denken? Amüsierst du dich, um dich nicht zu sehr damit beschäftigen zu müssen? Schlägst du den Weg der Weltlichkeit ein, diese dramatischen Situationen nicht anzupacken, sie sich nicht zu Herzen zu nehmen? Schaust du weg, um nichts zu sehen? Passt du dich unterwürfig und resigniert dem an, was passiert? Oder werden diese Situationen zu Gelegenheiten, um das Evangelium zu bezeugen? Heute muss sich jeder von uns angesichts so vieler Bedrängnisse, angesichts dieses so grausamen dritten Weltkriegs, angesichts des Hungers so vieler Kinder, so vieler Menschen fragen: Kann ich verschwenderisch sein, das Geld verschwenden, mein Leben verschwenden, den Sinn meines Lebens verschwenden, ohne Mut zu fassen und weiterzugehen?

Brüder und Schwestern, an diesem Welttag der Armen ist das Wort Jesu eine deutliche Mahnung, jene innere Taubheit zu durchbrechen, die wir alle aufweisen und die uns daran hindert, den erstickten Schmerzensschrei der Schwächsten zu hören. Auch heute leben wir in verwundeten Gesellschaften und sind – es genügt, an die Grausamkeiten zu denken, die das ukrainische Volk erleidet - Zeugen von Gewalt, Ungerechtigkeit und Verfolgung, genau wie es uns das Evangelium berichtet hat. Darüber hinaus müssen wir uns der Krise stellen, die durch den Klimawandel und die Pandemie ausgelöst worden ist und eine Schneise nicht nur physischer, sondern auch psychologischer, wirtschaftlicher und sozialer Übel hinterlassen hat. Auch heute, Brüder und Schwestern, sehen wir, wie sich Völker gegeneinander erheben, und wir erleben angsterfüllt, wie sich Konflikte massiv ausweiten, wie das Unheil des Krieges den Tod so vieler unschuldiger Menschen verursacht und das Gift des Hasses verbreitet. Auch heute, noch viel mehr als gestern, wandern viele bedrängte und entmutigte Brüder und Schwestern auf der Suche nach Hoffnung aus, und viele Menschen leben in prekären Situationen, weil sie keine Arbeit haben oder weil sie unter ungerechten und unwürdigen Bedingungen arbeiten müssen. Und auch heute, Brüder und Schwestern, sind die Armen die von jeder Krise am stärksten betroffenen Opfer. Aber wenn unser Herz dumpf und gleichgültig ist, gelingt es uns nicht, ihren schwachen Schmerzensschrei zu hören, mit ihnen und um sie zu weinen, zu sehen, wie viel Einsamkeit und Angst sich auch in den vergessenen Winkeln unserer Städte verstecken. Man muss in die Winkel der Städte gehen, diese versteckten, dunklen Winkel: Dort sieht man viel Elend, viel Schmerz und ausgegrenzte Armut.

Machen wir uns die klare und deutliche Aufforderung des Evangeliums zu eigen, uns nicht irreführen zu lassen. Lasst uns nicht auf die Untergangspropheten hören; lassen wir uns nicht von den Sirenen des Populismus verführen, der die Bedürfnisse der Menschen instrumentalisiert und Lösungen vorschlägt, die zu einfach und oberflächlich sind. Lasst uns nicht den falschen „Messiassen“ nachlaufen, die im Namen des Profits Erfolgsrezepte verkünden, die nur dazu dienen, den Reichtum einiger weniger zu mehren während sie die Armen zur Marginalisierung verdammen. Im Gegenteil, lasst uns Zeugnis ablegen: Lasst uns inmitten der Dunkelheit Lichter der Hoffnung anzünden; nehmen wir in dramatischen Situationen die Gelegenheit wahr, das Evangelium der Freude zu bezeugen und eine geschwisterliche Welt, wenigstens eine etwas geschwisterlichere aufzubauen; lasst uns mutig für Gerechtigkeit, Gesetzlichkeit und Frieden eintreten und immer den Schwächsten zur Seite stehen. Lasst uns nicht weglaufen, um heil aus der Geschichte herauszukommen, sondern lasst uns kämpfen, um dieser Geschichte, die wir durchleben, ein anderes Gesicht zu geben.

Und wo finden wir die Kraft für all das? Im Herrn. Im Vertrauen auf Gott, der Vater ist, der über uns wacht. Wenn wir ihm unser Herz öffnen, wird er in uns die Fähigkeit zur Liebe wachsen lassen. Das ist der Weg: in der Liebe zu wachsen. Nachdem Jesus nämlich von Situationen der Gewalt und des Terrors gesprochen hat, schließt er mit den Worten: »Und doch wird euch kein Haar gekrümmt werden« (V. 18). Aber was bedeutet das? Dass er mit uns ist, dass er unser Hüter ist, dass er mit uns geht. Habe ich diesen Glauben? Hast du diesen Glauben, dass der Herr mit dir geht? Das müssen wir uns immer wieder sagen, besonders in den schmerzlichsten Momenten: Gott ist Vater und er ist an meiner Seite, er kennt mich und liebt mich, er wacht über mich, er wird nicht müde, er kümmert sich um mich und mit ihm wird mir kein Haar gekrümmt werden. Und wie antworte ich darauf? Indem ich auf die Brüder und Schwestern blicke, die in Not sind, indem ich auf diese Wegwerfkultur blicke, die die Armen ausgrenzt, die die weniger bemittelten Personen ausgrenzt, die die alten Menschen ausgrenzt, die die Ungeborenen ausgrenzt … Wenn ich auf all das schaue, was spüre ich, das ich in diesem Augenblick als Christ tun muss?

Entscheiden wir uns, als von ihm Geliebte, diejenigen Söhne und Töchter zu lieben, die besonders ausgegrenzt sind. Der Herr ist da. Es gibt eine alte Tradition, die auch hier in den kleinen Dörfern Italiens noch von einigen Menschen gepflegt wird: Beim Weihnachtsessen einen Platz frei zu lassen für den Herrn, der sicher in Gestalt eines Armen an die Tür klopfen wird und diesen braucht. Und dein Herz, hat es immer einen freien Platz für diese Menschen? Mein Herz, hat es einen freien Platz für diese Menschen? Oder sind wir so beschäftigt mit Freunden, gesellschaftlichen Ereignissen, Verpflichtungen? Wir haben nie einen freien Platz für diese Menschen. Sorgen wir für die Armen, in denen Christus gegenwärtig ist, der unseretwegen arm wurde (vgl. 2 Kor 8,9). Er identifiziert sich mit dem Armen. Fühlen wir uns dafür verantwortlich, dass ihnen kein Haar gekrümmt wird. Wir können nicht wie jene, von denen das Evangelium spricht, dabei verweilen, die schönen Steine des Tempels zu bewundern, ohne den wahren Tempel Gottes zu erkennen, den Menschen, den Mann und die Frau, vor allem den Armen, in dessen Gesicht, in dessen Geschichte, in dessen Wunden Jesus zu finden ist. Das hat er so gesagt. Vergessen wir es nie.

[01766-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Mientras algunos hablan de la belleza exterior del templo y admiran sus piedras, Jesús llama la atención sobre los eventos turbulentos y dramáticos que marcan la historia humana. En efecto, mientras el templo construido por las manos del hombre pasará, como pasan todas las cosas de este mundo, es importante saber discernir el tiempo en que vivimos, para seguir siendo discípulos del Evangelio incluso en medio a las dificultades de la historia.

Y, para indicarnos el modo de discernir, el Señor nos propone dos exhortaciones: no se dejen engañar y den testimonio.

Lo primero que Jesús les dice a sus oyentes, preocupados por “cuándo” y “cómo” ocurrirán los hechos espantosos de los que habla, es: «Tengan cuidado, no se dejen engañar, porque muchos se presentarán en mi Nombre, diciendo: “Soy yo”, y también: “El tiempo está cerca”. No los sigan» (Lc 21,8). Y añade: «Cuando oigan hablar de guerras y revoluciones no se alarmen» (v. 9). Y esto en el momento actual nos viene bien. ¿De qué engaño, pues, quiere liberarnos Jesús? De la tentación de leer los hechos más dramáticos de manera supersticiosa o catastrófica, como si ya estuviéramos cerca del fin del mundo y no valiera la pena seguir comprometiéndonos en cosas buenas. Si pensamos de esta manera, nos dejamos guiar por el miedo, y quizás luego buscamos respuestas con curiosidad morbosa en las fábulas de magos u horóscopos, que nunca faltan —y hoy muchos cristianos van a visitar a los magos, buscan el horóscopo como si fuese la voz de Dios—; o bien, confiamos en fantasiosas teorías propuestas por algún “mesías” de última hora, generalmente siempre derrotistas y conspirativas —también la psicología de la conspiración es mala, nos hace mal—. Aquí no está el Espíritu del Señor: ni en el ir en busca del “gurú” ni en este espíritu de la conspiración; ahí no está el Señor. Jesús nos advierte: “No se dejen engañar”, no se dejen deslumbrar por curiosidades ridículas, no afronten los acontecimientos movidos por el miedo, más bien apréndanlos a leerlos con los ojos de la fe, seguros de que estando cerca de Dios «Ni siquiera un cabello se les caerá de la cabeza» (v. 18).

Si la historia humana está llena de acontecimientos dramáticos, situaciones de dolor, guerras, revoluciones y calamidades, es igualmente cierto — dice Jesús — que todo esto no es el final (cf. v. 9); no es un buen motivo para dejarse paralizar por el miedo o ceder al derrotismo de quien piensa que todo está perdido y es inútil comprometerse en la vida. El discípulo del Señor no se deja atrofiar por la resignación, no cede al desaliento ni siquiera en las situaciones más difíciles, porque su Dios es el Dios de la resurrección y de la esperanza, que siempre reanima, con Él siempre se puede levantar la mirada, empezar de nuevo y volver a caminar. El cristiano, entonces, ante la prueba —cualquier prueba, cultural, histórica o personal—, se pregunta: “¿Qué nos está diciendo el Señor a través de este momento de crisis?”. También yo hago esta pregunta hoy: ¿Qué nos está diciendo el Señor, ante esta tercera guerra mundial? ¿Qué nos está diciendo el Señor? Y, mientras ocurren cosas malas que generan pobreza y sufrimiento, el cristiano se pregunta “¿Concretamente, que bien puedo hacer yo?”. No huir, hacerse la pregunta: ¿Qué me dice el Señor y qué bien puedo hacer yo?

No por casualidad, la segunda exhortación de Jesús, después de “no se dejen engañar”, está en positivo. Él dice «Esto les sucederá para que puedan dar testimonio de mí» (v. 13). Ocasión para dar testimonio. Quisiera subrayar esta hermosa palabra: ocasión, que significa tener la oportunidad de hacer algo bueno a partir de las circunstancias de la vida, incluso cuando no son ideales. Es un hermoso arte, típicamente cristiano; no quedarnos como víctimas de lo que sucede —el cristiano no es víctima y la psicología del victimismo es mala, nos hace mal—, sino aprovechar la oportunidad que se esconde en todo lo que nos acontece, el bien que es posible, lo poco de bueno que sea posible hacer, y construir también a partir de situaciones negativas. Cada crisis es una posibilidad y ofrece oportunidades de crecimiento. Porque cada crisis está abierta a la presencia de Dios, a la presencia de la humanidad. Pero, ¿qué nos hace el espíritu maligno? Quiere que trasformemos la crisis en conflicto, y el conflicto está siempre cerrado, sin horizonte y sin salida. No. Vivamos la crisis como personas humanas, como cristianos, no transformándola en conflicto, porque cada crisis es una posibilidad y ofrece oportunidades de crecimiento. Nos damos cuenta de ello si volvemos a leer nuestras historias personales. En la vida, a menudo, los pasos adelante más importantes se dan precisamente dentro de algunas crisis, de momentos de prueba, de pérdida de control, de inseguridad. Y, entonces, comprendemos la invitación que Jesús hace hoy directamente a mí, a ti, a cada uno de nosotros. Mientras ves a tu alrededor hechos desconcertantes, mientras se levantan guerras y conflictos, mientras ocurren terremotos, carestías y epidemias, ¿qué haces? ¿qué hago yo? ¿Te distraes para no pensar en ello? ¿Te diviertes para no involucrarte? ¿Tomas el camino de la mundanidad, de no hacerse cargo, de no tomar en serio estas situaciones dramáticas? ¿Miras hacia otro lado? ¿Te adaptas, sumiso y resignado, a lo que sucede? ¿O estas situaciones se convierten en ocasiones para testimoniar el Evangelio? Hoy cada uno de nosotros debe preguntarse, ante tantas calamidades, ante esta tercera guerra mundial tal cruel, ante el hambre de tantos niños, de tanta gente: ¿Puedo derrochar, malgastar el dinero, desperdiciar mi vida, perder el sentido de mi vida, sin armarme de valor y avanzar?

Hermanos y hermanas, en esta Jornada Mundial de los Pobres la Palabra de Jesús es una fuerte advertencia para romper esa sordera interior que todos nosotros tenemos y que nos impide escuchar el grito sofocado de dolor de los más débiles. También hoy vivimos en sociedades heridas y asistimos, precisamente como nos lo ha dicho el Evangelio, a escenarios de violencia —basta pensar en las crueldades que padece el pueblo ucraniano—, injusticia y persecución; además, debemos afrontar la crisis generada por el cambio climático y la pandemia, que ha dejado tras de sí un rastro de malestares no solo físicos, sino también psicológicos, económicos y sociales. También hoy, hermanos y hermanas, vemos levantarse pueblo contra pueblo y presenciamos angustiados la vehemente ampliación de los conflictos, la desgracia de la guerra, que provoca la muerte de tantos inocentes y multiplica el veneno del odio. También hoy, mucho más que ayer, muchos hermanos y hermanas, probados y desalentados, emigran en busca de esperanza, y muchas personas viven en la precariedad por la falta de empleo a causa de condiciones laborales injustas e indignas. Y también hoy, hermanos y hermanas, los pobres son las víctimas más penalizadas de cada crisis. Pero, si nuestro corazón permanece adormecido e insensible, no logramos escuchar su débil grito de dolor, llorar con ellos y por ellos, ver cuánta soledad y angustia se esconden también en los rincones más olvidados de nuestras ciudades. Es necesario ir a los rincones de la ciudad, esos rincones escondidos, oscuros; allí se ve mucha miseria, y mucho dolor, y mucha pobreza descartada.

Hagamos nuestra la invitación fuerte y clara del Evangelio a no dejarnos engañar. No escuchemos a los profetas de desventura; no nos dejemos seducir por los cantos de sirena del populismo, que instrumentaliza las necesidades del pueblo proponiendo soluciones demasiado fáciles y apresuradas. No sigamos a los falsos “mesías” que, en nombre de la ganancia, proclaman recetas útiles solo para aumentar la riqueza de unos pocos, condenando a los pobres a la marginación. Al contrario, demos testimonio, encendamos luces de esperanza en medio de la oscuridad; aprovechemos, en las situaciones dramáticas, las ocasiones para testimoniar el Evangelio de la alegría y construir un mundo fraterno, al menos un poco más fraterno; comprometámonos con valentía por la justicia, la legalidad y la paz, estando siempre del lado de los débiles. No escapemos para defendernos de la historia, sino que luchemos para darle a esta historia que nosotros estamos viviendo un rostro diferente.

¿Y dónde encontrar la fuerza para todo esto? En el Señor. En la confianza en Dios, que es Padre, que vela por nosotros. Si le abrimos nuestro corazón, aumentará en nosotros la capacidad de amar. Este es el camino: crecer en el amor. Jesús, en efecto, después de haber hablado de escenarios de violencia y de terror, concluye diciendo, «Ni siquiera un cabello se les caerá de la cabeza» (v. 18). ¿Pero qué significa? Que Él está con nosotros, Él es nuestro custodio, Él camina con nosotros. ¿Tengo esa fe? ¿Tú tienes esa fe de que el Señor camina contigo? Esto nos lo debemos repetir siempre, especialmente en los momentos más dolorosos: Dios es Padre y está a mi lado, me conoce y me ama, vela por mí, no duerme, cuida de mí y con Él ni siquiera un cabello de mi cabeza se perderá. ¿Y yo cómo respondo a esto? Mirando a los hermanos y a las hermanas que están en necesidad, mirando esta cultura del descarte que descarta a los pobres, que descarta a las personas con menos posibilidades, que descarta a los ancianos, che descarta a los que están por nacer… Mirando todo esto, ¿qué me siento llamado a hacer como cristiano en este momento?

Amados por Él, decidámonos a amar a los hijos más descartados. El Señor está allí. Hay una vieja tradición, también en los pueblecitos de Italia, en la cena de Navidad, dejar un puesto vacío para el Señor que ciertamente llamará a la puerta en la persona de un pobre que tiene necesidad. ¿Y tu corazón?, ¿tiene siempre un puesto libre para esta gente? ¿Mi corazón, tiene un puesto libre para esta gente? ¿O estamos demasiado ocupados con los amigos, con los eventos sociales, con las obligaciones para tener un puesto libre para esta gente? Cuidemos de los pobres, en quienes está Cristo, que se hizo pobre por nosotros (cf. 2 Co 8,9). Él se identifica con el pobre. Sintámonos comprometidos para que no se pierda ni un cabello de sus cabezas. No podemos quedarnos, como aquellos de los que habla el Evangelio, admirando las hermosas piedras del templo, sin reconocer el verdadero templo de Dios, que es el ser humano, el hombre y la mujer, especialmente el pobre, en cuyo rostro, en cuya historia, en cuyas heridas está Jesús. Él lo dijo. Nunca lo olvidemos.

[01766-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Enquanto alguns falam da beleza exterior do templo e admiram as suas pedras, Jesus desperta a atenção para os acontecimentos conturbados e dramáticos que marcam a história humana. De facto, enquanto o templo construído pelas mãos do homem passará, como passam todas as coisas deste mundo, é importante saber discernir o tempo que vivemos, para permanecer discípulos do Evangelho mesmo no meio das convulsões da história.

E, para nos indicar o modo de discernir, o Senhor oferece-nos duas exortações: não vos deixeis enganar e dai testemunho.

A primeira coisa que Jesus diz aos seus ouvintes, preocupados «quando» e «como» ocorrerão os eventos aterradores de que fala, é: «tende cuidado em não vos deixardes enganar, pois muitos virão em meu nome dizendo: “Sou eu”; e ainda: “O tempo está próximo”. Não os sigais» (Lc 21, 8). E acrescenta: «Quando ouvirdes falar de guerras e revoltas, não vos alarmeis» (21, 9). E isto vem mesmo a propósito no momento atual. Mas de que engano nos quer livrar Jesus? Da tentação de ler os factos mais dramáticos de modo supersticioso ou catastrófico, como se estivéssemos já perto do fim do mundo não valendo a pena empenhar-nos em algo de bom. Se assim pensarmos, deixamo-nos guiar pelo medo e depois vamos, com morbosa curiosidade, procurar talvez respostas nas parvoíces de magos ou horóscopos que nunca faltam – e hoje muitos cristãos vão consultar os magos, procuram o horóscopo como se fosse a voz de Deus –; ou então abandonamo-nos a teorias fantasiosas propostas por qualquer «messias» da última hora, geralmente sempre derrotistas e intrigantes – também a psicologia da intriga é ruim, faz-nos mal –. Aqui não está o Espírito do Senhor, nem no ir consultar os «gurus» nem neste espírito de intriga. Aqui não está lá o Senhor. Jesus adverte-nos: «Não vos deixeis enganar», não vos deixeis encandear por uma credulidade ingénua, nem enfrenteis os acontecimentos movidos pelo medo, mas aprendei a ler os factos com os olhos da fé, certos de que, estando perto de Deus, «não se perderá um só cabelo da vossa cabeça» (21, 18).

Se é verdade que a história humana está constelada de eventos dramáticos, situações dolorosas, guerras, revoluções e calamidades, é igualmente verdade – diz Jesus – que tudo isto não é o fim (cf. 21, 9); não são um bom motivo para se deixar paralisar pelo medo ou ceder ao derrotismo de quem pensa que já está tudo perdido e é inútil empenhar-se na vida. O discípulo do Senhor não se deixa atrofiar pela abdicação, não cede ao desânimo nem mesmo nas situações mais difíceis, porque o seu Deus é o Deus da ressurreição e da esperança, que sempre levanta: com Ele sempre se pode levantar o olhar, voltar a começar e pôr-se a caminho. Assim, perante a provação – qualquer provação, seja ela cultural, histórica ou pessoal –, o cristão interroga-se: «O que é que me está a dizer o Senhor através deste momento de crise?» Também eu me coloco esta pergunta, hoje, perante esta terceira guerra mundial: O que é que nos está a dizer o Senhor? Que nos diz o Senhor? E, sempre que sucedem eventos maléficos que geram pobreza e sofrimento, o cristão pergunta-se: «O que é que posso, concretamente, fazer de bom?» Não deve fugir, mas interrogar-se: Que me diz o Senhor e que posso eu fazer de bom?

Não é por acaso que a segunda exortação de Jesus – depois desta: «não vos deixeis enganar» – seja positiva. Diz Ele: «Tereis ocasião de dar testemunho» (21, 13). Ocasião de dar testemunho. Quero sublinhar esta palavra esplêndida: ocasião. Significa ter a oportunidade de fazer algo de bom a partir das circunstâncias da vida, mesmo se estas não forem as ideais. É uma bela arte tipicamente cristã: não se deixar ficar vítima daquilo que sucede – o cristão não é vítima e a psicologia do «vitimismo» é má, faz-nos mal –, mas aproveitar a oportunidade que se esconde em tudo o que nos acontece, o bem que é possível (aquele pouco de bem que for possível fazer) e construir mesmo a partir de situações negativas. Cada crise é uma possibilidade e proporciona ocasiões de crescimento. Porque cada crise abre-se à presença de Deus, à presença da humanidade. Mas que faz o espírito mau? Quer que transformemos a crise em conflito; e o conflito é sempre fechado, sem horizonte nem via de saída. Assim não! Vivamos a crise como pessoas humanas, como cristãos, não a transformando em conflito, porque cada crise é uma possibilidade e proporciona ocasiões de crescimento. Apercebemo-nos disto, repassando a nossa história pessoal: com frequência, na vida, os passos em frente mais importantes foram dados precisamente no âmbito dalgumas crises, situações de prova, de perda de controle, de insegurança. Compreendemos, assim, o convite que Jesus faz hoje, diretamente, a mim, a ti, a cada um de nós: que fazes quando vês ao teu redor factos turbulentos, quando se levantam guerras e conflitos, quando sucedem terremotos, carestias e pestilências? Eu que faço? Tu que fazes? Procuras distrair-te para não pensares nisso? Divertes-te para não te envolveres? Segues a estrada da vida mundana, de não assumir nem tomar a peito estas situações dramáticas? Viras a cara para o outro lado para não ver? Adequas-te, submisso e resignado, ao que acontece? Ou tais situações tornam-se ocasião para testemunhares o Evangelho? Hoje cada um de nós deve questionar-se à vista de tantas calamidades, perante esta terceira guerra mundial tão cruel, frente à fome de tantas crianças, de tanta gente: Poderei eu desperdiçar, desperdiçar dinheiro, desperdiçar a minha vida, desperdiçar o sentido da minha vida, sem me encher de coragem para seguir em frente?

Irmãos e irmãs, neste Dia Mundial dos Pobres, a Palavra de Jesus é uma forte advertência para romper esta surdez interior que todos nós temos e que nos impede de ouvir o grito de sofrimento, sufocado, dos mais frágeis. Também hoje vivemos em sociedades feridas e assistimos, tal como nos disse o Evangelho, a cenários de violência (basta pensar nas crueldades que está a sofrer o povo ucraniano), injustiça e perseguição; mais, devemos enfrentar a crise gerada pelas alterações climáticas e pela pandemia, que deixou atrás dela um rasto de perturbações não apenas físicas, mas também psicológicas, económicas e sociais. Também hoje, irmãos e irmãs, vemos levantar-se povo contra povo e assistimos, angustiados, à frenética ampliação dos conflitos, à calamidade da guerra, que provoca a morte de tantos inocentes e multiplica o veneno do ódio. Também hoje, mais do que ontem, muitos irmãos e irmãs, provados e atribulados, emigram à procura duma esperança, e muitas pessoas vivem na precariedade pela falta de emprego ou por condições laborais injustas e indignas. E também hoje, irmãos e irmãs, as vítimas mais penalizadas de qualquer crise são os pobres. Mas, se o nosso coração estiver blindado e indiferente, não conseguiremos ouvir o seu flébil grito de dor, chorar com eles e por eles, ver quanta solidão e angústia se escondem mesmo nos cantos esquecidos das nossas cidades. É preciso ir aos cantos das cidades, aqueles ângulos escondidos, escuros: lá se vê tanta miséria, tanto sofrimento e tanta pobreza descartada.

Façamos nosso o convite forte e claro do Evangelho a não nos deixarmos enganar. Não demos ouvidos aos profetas da desgraça; não nos façamos encantar pelas sereias do populismo, que instrumentaliza as necessidades do povo, propondo soluções demasiado fáceis e precipitadas. Não sigamos os falsos «messias» que, em nome do lucro, proclamam receitas úteis apenas para aumentar a riqueza de poucos, condenando os pobres à marginalização. Ao contrário, demos testemunho: acendamos luzes de esperança no meio da escuridão; nas situações dramáticas, aproveitemos a ocasião para testemunhar o Evangelho da alegria e construir um mundo fraterno, pelo menos um pouco mais fraterno; empenhemo-nos corajosamente em prol da justiça, da legalidade e da paz, permanecendo sempre ao lado dos mais frágeis. Não fujamos para nos defender da história, mas lutemos para dar a esta história que estamos a viver um rosto diferente.

E onde havemos de encontrar a força para tudo isto? No Senhor. Na confiança em Deus, que é Pai e vela por nós. Se Lhe abrirmos o coração, Ele aumentará em nós a capacidade de amar. Este é o caminho: crescer no amor. De facto Jesus, depois de ter falado de cenários de violência e terror, conclui dizendo: «Não se perderá um só cabelo da vossa cabeça» (21, 18). Mas que significa isto? Que Ele está connosco, Ele é o nosso guardião, Ele caminha connosco. Tenho eu esta fé? Tu tens esta fé de que o Senhor caminha contigo? Devemos repetir sempre isto para nós mesmos, especialmente nos momentos mais dolorosos: Deus é Pai e está ao meu lado, conhece-me e ama-me, vela por mim, não dorme, cuida de mim e, com Ele, nem um só cabeleiro da minha cabeça se perderá. E eu, como respondo a isto? Ao ver os irmãos e as irmãs que passam necessidade, ao ver esta cultura do descarte que descarta os pobres, que descarta as pessoas com menos possibilidades, que descarta os idosos, que descarta os nascituros... Ao ver tudo isto, que sinto e que devo fazer como cristão neste momento?

Amados por Ele, decidamo-nos a amar os filhos mais descartados. Ali está o Senhor. Segundo uma antiga tradição (mesmo aqui, nas aldeias da Itália, ainda há alguém que a mantém), na ceia de Natal, deve-se deixar um lugar vazio para o Senhor, que certamente baterá à porta na pessoa dum pobre necessitado. E o teu coração, tem sempre um lugar livre para tais pessoas? O meu coração tem um lugar livre para tais pessoas? Ou estamos tão atarefados com os amigos, os eventos sociais, as obrigações, que nunca temos um lugar livre para tais pessoas? Cuidemos dos pobres, em quem está Cristo, que Se fez pobre por nós (cf. 2 Cor 8, 9). Ele identifica-Se com o pobre. Sintamo-nos interpelados para que nem um só cabeleiro da cabeça deles se perca. Não podemos ficar – como aqueles de quem fala o Evangelho – a admirar as belas pedras do templo, sem reconhecer o verdadeiro templo de Deus, o ser humano, o homem e a mulher, especialmente o pobre, em cujo rosto, em cuja história, em cujas feridas está Jesus. Foi Ele que o disse… Nunca o esqueçamos!

[01766-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Podczas gdy niektórzy mówią o zewnętrznym pięknie świątyni i podziwiają jej kamienie, Jezus zwraca uwagę na niespokojne i dramatyczne wydarzenia, które naznaczają dzieje ludzkości. Istotnie, świątynia zbudowana ludzkimi rękami przeminie, tak jak przemijają wszystkie rzeczy tego świata, ważna jest umiejętność rozeznawania czasu, w którym żyjemy, aby pozostać uczniami Ewangelii, także pośród wstrząsów historii.

Aby wskazać nam sposób rozeznania, Pan daje nam dwa napomnienia: nie dajcie się zwieść i dawajcie świadectwo.

Pierwsze, co Jezus mówi do swoich słuchaczy, zatroskanych o to, „kiedy” i „jak” będą zachodziły przerażające wydarzenia, o których mówi, to: „Strzeżcie się, żeby was nie zwiedziono. Wielu bowiem przyjdzie pod moim imieniem i będą mówić: «To ja jestem» oraz: «Nadszedł czas»” (Łk 21, 8). I dodaje: „nie trwóżcie się, gdy posłyszycie o wojnach i przewrotach” (w. 9). A to w chwili obecnej jest dla nas dobre. Od jakiego zatem zwodzenia Jezus chce nas uwolnić? Od pokusy odczytywania wydarzeń najbardziej dramatycznych w sposób przesądny lub katastroficzny, tak jakbyśmy zbliżali się do końca świata i nie warto byłoby już angażować się w nic dobrego. Jeśli myślimy w ten sposób, to pozwalamy, by kierował nami lęk, i być może wtedy z chorobliwą ciekawością szukamy odpowiedzi w bredniach magów lub w horoskopach, których nigdy nie brakuje – a dzisiaj wielu chrześcijan udaje się do magów, szukają horoskopu, tak jakby to był głos Boga. Albo też polegamy na wymyślnych teoriach głoszonych przez jakiegoś „mesjasza” z ostatniej chwili, zwykle zawsze defetystycznego i spiskowego. Również psychologia spisku jest zła, wyrządza nam szkodę. Nie ma tu Ducha Pańskiego, ani w poszukiwaniu „guru”, ani w tym duchu spiskowym; tam nie ma Pana. Jezus nas przestrzega: „Nie dajcie się zwieść”, nie dajcie się oślepić łatwowiernej ciekawości, nie stawiajcie czoła wydarzeniom, poruszeni lękiem, ale raczej uczcie się odczytywać wydarzenia oczami wiary, pewni, że stojąc blisko Boga „włos z głowy wam nie spadnie” (w. 18).

Jeśli historia ludzkości jest naznaczona dramatycznymi wydarzeniami, sytuacjami cierpienia, wojnami, rewolucjami i klęskami, to równie prawdziwe jest – mówi Jezus – że to wszystko nie jest końcem (por. w. 9). Nie jest to dobry motyw, aby dać się sparaliżować lękowi lub poddać się defetyzmowi tych osób, które uważają, że wszystko jest już stracone i nie ma sensu angażować się w życie. Uczeń Pana nie ulega osłabieniu przez rezygnację, nie poddaje się zniechęceniu nawet w najtrudniejszych sytuacjach, ponieważ jego Bóg jest Bogiem zmartwychwstania i nadziei, który zawsze podnosi: z Nim zawsze można spojrzeć w górę, zacząć od nowa, wyruszyć na nowo. Chrześcijanin zatem w obliczu próby – jakiejkolwiek próby, kulturowej, dziejowej czy osobistej – zadaje sobie pytanie: „Co mówi do nas Pan przez ten moment kryzysu?”. Ja również zadaję dziś to pytanie: co Pan mówi do nas w obliczu tej trzeciej wojny światowej? Co mówi do nas Pan? I choć mają miejsce złe wydarzenia, które rodzą ubóstwo i cierpienie, chrześcijanin stawia sobie pytanie: „Co, konkretnie, mogę uczynić dobrego?”. Nie uciekać, zadać sobie pytanie: co mówi do mnie Pan i co dobrego mogę uczynić?

Nieprzypadkowo drugie napomnienie Jezusa, po „strzeżcie się, żeby was nie zwiedziono”, jest sformułowane pozytywnie. Mówi: „Będzie to dla was sposobność do składania świadectwa” (w. 13). Sposobność do dawania świadectwa. Chciałbym podkreślić to piękne słowo: sposobność. Oznacza to możliwość uczynienia czegoś dobrego wychodząc od sytuacji życiowych, nawet jeśli nie są one idealne. Jest to piękna sztuka, typowo chrześcijańska: nie być ofiarą tego, co się dzieje. Chrześcijanin nie jest ofiarą, a psychologia użalania się nad sobą jest zła, wyrządza nam szkodę. Trzeba wykorzystać szansę, która kryje się we wszystkim, co nas spotyka: dobro, które można zbudować, odrobina dobra, które można uczynić, także wychodząc z sytuacji negatywnych. Każdy kryzys jest sposobnością i stwarza szanse na rozwój. Bo każdy kryzys jest otwarty na obecność Boga, na obecność człowieczeństwa. Ale co robi z nami zły duch? Chce, abyśmy kryzys zamienili w konflikt, a konflikt jest zawsze zamknięty, bez perspektywy i drogi wyjścia. Nie. Przeżywajmy kryzys jako istoty ludzkie, jako chrześcijanie, nie zamieniając go w konflikt, ponieważ każdy kryzys jest możliwością i daje szansę rozwoju. Zdajemy sobie z tego sprawę, jeśli ponownie odczytamy nasze historie osobiste: w życiu często najważniejsze kroki naprzód są podejmowane właśnie w pewnych kryzysach, sytuacjach próby, utraty kontroli, niepewności. I wtedy rozumiemy zaproszenie, które Jezus kieruje dziś bezpośrednio do mnie, do ciebie, do każdego z nas: gdy wokół siebie widzisz wydarzenia niepokojące, gdy wybuchają wojny i konflikty, gdy występują trzęsienia ziemi, głód i zarazy, co ty robisz, co ja robię? Czy szukasz rozrywki, aby o tym nie myśleć? Czy zabawiasz się, żeby się nie angażować? Czy obierasz drogę światowości, aby nie brać w ręce nie brać do serca tych dramatycznych sytuacji? Czy odwracasz się w inną stronę, żeby nie widzieć? Czy dostosowujesz się, uległy i zrezygnowany, do tego co się dzieje? Czy też sytuacje te stają się okazją do dawania świadectwa Ewangelii? Dzisiaj każdy z nas musi zadać sobie pytanie, w obliczu tak wielu nieszczęść, w obliczu tej trzeciej wojny światowej, tak okrutnej, w obliczu głodu tak wielu dzieci, tak wielu ludzi: czy mogę zmarnować, roztrwonić pieniądze, zmarnować swoje życie, stracić sens swojego życia, nie przyjmując postawy odwagi i podążania naprzód?

 

Bracia i siostry, w tym Światowym Dniu Ubogich słowo Jezusa jest mocną przestrogą, aby przełamać tę wewnętrzną głuchotę, którą mamy wszyscy i która nie pozwala nam usłyszeć stłumionego krzyku cierpienia najsłabszych. Również dzisiaj żyjemy w zranionych społeczeństwach i jesteśmy świadkami, tak jak nam powiedziała Ewangelia, scenariuszy przemocy, niesprawiedliwości i prześladowań – wystarczy pomyśleć o okrucieństwie, którego doświadcza naród ukraiński. Co więcej, musimy stawić czoła kryzysowi wywołanemu przez zmiany klimatyczne i pandemię, która pozostawiła po sobie ślad w postaci bolączek nie tylko fizycznych, ale także psychologicznych, ekonomicznych i społecznych. Również dzisiaj, bracia i siostry, widzimy, jak ludzie powstają przeciwko ludziom, i z udręką patrzymy, jak bardzo poszerzyły się konflikty, jak wojny powodują śmierć tak wielu niewinnych ludzi i pomnażają truciznę nienawiści. Także dziś, o wiele bardziej niż wczoraj, jakże wiele braci i sióstr, ciężko doświadczonych i zrozpaczonych, migruje w poszukiwaniu nadziei, a wiele osób żyje w niepewności z powodu braku zatrudnienia lub niesprawiedliwych i niegodnych warunków pracy. Bracia i siostry, także dzisiaj ubodzy są ofiarami, których najbardziej dotyka każdy kryzys. Ale jeśli nasze serce jest przytłumione i obojętne, to nie uda się nam usłyszeć ich słabego krzyku bólu, płakać z nimi i za nich, aby zobaczyć jak wiele samotności i udręki czai się także w zapomnianych zaułkach naszych miast. Trzeba udać się do zaułków miast, tych ukrytych, ciemnych zaułków: tam widać tyle nędzy i tyle bólu, i tyle odrzuconej biedy.

 

Uczyńmy naszą, mocną i klarowną zachętę Ewangelii, by nie dać się zwieść. Nie słuchajmy proroków zagłady; nie dajmy się oczarować syrenom populizmu, wykorzystującego ludzkie potrzeby, proponując zbyt łatwe i pospieszne rozwiązania. Nie podążajmy za fałszywymi „mesjaszami", którzy w imię zysku głoszą metody przydatne jedynie do powiększania bogactwa nielicznych, skazując ubogich na marginalizację. Przeciwnie, składajmy świadectwo: zapalajmy światła nadziei pośród ciemności; wykorzystujmy, w sytuacjach dramatycznych, okazje do dawania świadectwa Ewangelii radości i budowania świata bardziej braterskiego, przynajmniej trochę bardziej braterskiego; angażujmy się odważnie na rzecz sprawiedliwości, praworządności i pokoju, stając zawsze u boku najsłabszych. Nie uciekajmy, by bronić się przed historią, ale walczmy, by nadać tej historii, którą przeżywamy odmienne oblicze.

A gdzie znaleźć siłę na to wszystko? W Panu. W zaufaniu do Boga, który jest Ojcem, który czuwa nad nami. Jeśli otworzymy Mu serce, On zwiększy w nas zdolność do miłości. Oto droga: wzrastać w miłości. Jezus bowiem, po tym, jak mówił o scenariuszach przemocy i terroru, kończy słowami: „włos z głowy wam nie spadnie” (w. 18). Ale co to znaczy? Że On jest z nami, On jest naszym opiekunem, On idzie z nami. Czy ja mam taką wiarę? Czy masz tę wiarę, że Pan kroczy z tobą? Musimy sobie to zawsze powtarzać, zwłaszcza w najbardziej bolesnych chwilach: Bóg jest Ojcem i jest przy mnie, zna mnie i kocha mnie, czuwa nade mną, nie zasypia, troszczy się o mnie, a będąc z Nim, nie spadnie ani jeden włos z mojej głowy. A jak ja na to odpowiadam? Patrząc na braci i siostry, którzy są w potrzebie, patrząc na tę kulturę odrzucania, która odrzuca ubogich, która odrzuca ludzi z mniejszymi możliwościami, która odrzuca starych, która odrzuca nienarodzonych... Patrząc na to wszystko, co czuję, że muszę teraz zrobić jako chrześcijanin?

Umiłowani przez Niego, poświęćmy się miłowaniu dzieci najbardziej odrzuconych. Pan jest tam obecny. Jest taka stara tradycja, nawet tutaj, w małych wioskach we Włoszech, jeszcze niektórzy ją podtrzymują: podczas wieczerzy wigilijnej zostawia się puste miejsce dla Pana, który na pewno zapuka do drzwi w osobie ubogiego potrzebującego człowieka. A Twoje serce, czy zawsze ma wolne miejsce dla tych ludzi? Moje serce, czy ma wolne miejsce dla tych ludzi? A może jesteśmy tak zajęci przyjaciółmi, spotkaniami towarzyskimi, obowiązkami? Nigdy nie mamy wolnego miejsca dla tych ludzi. Zatroszczmy się o ubogich, w których obecny jest Chrystus, który dla nas stał się ubogim (por. 2 Kor 8, 9). On utożsamia się z ubogim. Poczujmy się wezwani, aby nie spadł im nawet włos z głowy. Nie możemy trwać, jak ci, o których mówi Ewangelia, podziwiając piękne kamienie świątyni, bez rozpoznania prawdziwej świątyni Boga, człowieka, mężczyzny i kobiety, zwłaszcza ubogiego, w którego obliczu, w którego historii, w którego ranach obecny jest Jezus. On to powiedział. Nigdy o tym nie zapominajmy.

[01766-PL.02] [Testo originale: Italiano]

 Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ

في مناسبة يوم الفقير العالمي

13 تشرين الثّاني/نوفمبر 2022

بازيليكا القدّيس بطرس

بينما كان البعض يتكلّم على جمال الهيكل الخارجي مُعجَبين بحجارته، يوجِّه يسوع الانتباه إلى الأحداث المؤلمة والمأساويّة التي تميّز تاريخ البشريّة. في الواقع، سيزول الهيكل المبني بأيدي الإنسان، كما يزول كلّ شيء في هذا العالم. فمن المهمّ أن نعرف أن نميّز الوقت الذي نعيش فيه، لكي نبقى تلاميذ للإنجيل، حتّى في وسط تقلّبات التاريخ.

ولكي يدلّنا على طريقة التّمييز، قدّم لنا الرّبّ يسوع إرشادَين اثنَين، هما: لا يُضِلَّكم أحد، وأدُّوا الشّهادة.

أوّل أمرٍ قاله يسوع لمستمعيه، وإلى القلقين ”متى“ و ”كيف“ ستقع الأحداث المُخيفة التي تكلّم عليها، هو هذا: "إِيَّاكُم أَن يُضِلَّكُم أَحَد! فسَوفَ يأتي كَثيرٌ مِنَ النَّاسِ مُنتَحِلينَ اسمي فيَقولون: أَنا هُو! قد حانَ الوَقْت! فلا تَتبَعوهم" (لوقا 21، 8). وأضاف: "وإِذا سَمِعتُم بِالحُروبِ والفِتَن فلا تَفزَعوا" (الآية 9). وهذا في الوقت الحاضر مفيد لنا. من أيّ ضلال، إذًا، أراد يسوع أن يحذِّرنا؟ من تجربة قراءتنا للوقائع المُفجعة جدًّا بطريقة خرافيّة أو كارثيّة، كما لو كنّا قريبين حقًّا من نهاية العالم، ولم يَعُد مُجديًا بَعْدُ أن نلتزم بأيّ عمل خير. إن فكّرنا بهذه الطّريقة، سنسمح للخوف بأن يقودنا، وربّما نبحث بعد ذلك، عن الإجابات بفضوليّة مَعتلة في أكاذيب السَّحَرة أو قُرَّاء الحظ، وهم كثيرون - واليوم العديد من المسيحيّين يذهبون لزيارة السَّحَرة، ليبحثوا عن برجهم كما لو كان صوت الله -؛ أو، مرّة أخرى، نتّكل على النّظريّات الخياليّة ”لمسيح“ ما، من الذين ظهروا في السّاعات الأخيرة، وهم عمومًا دائمًا انهزاميّون وينسبون كلّ شيء إلى مؤامرات خفية. هنا، لا يوجد روح الرّبّ يسوع. حذّرنا يسوع قائلًا: ”لا يُضلَّكم أحد“، ولا تنبهروا بالفضول السّاذج، ولا تواجهوا الأحداث بروح من الخوف، بل تعلّموا أن تقرؤوا الأحداث بعيون الإيمان، وواثقين أنّكم قريبون من الله و"لَن تُفقَدَ شَعْرَةٌ مِن رُؤُوسِكم" (الآية 18).

إن كان تاريخ البشريّة مُرَصَّعًا بالأحداثٍ المأساويّة، وحالات الألم، والحروب، والثّورات والكوارث، فهو صحيحٌ أيضًا - كما قال يسوع - أنّ كلّ هذه الأمور ليست النّهاية (راجع الآية 9)، وليست سبّبًا وجيهًا لأن ندع الخوف يشلُّنا أو يجعلنا نستسلم لانهزاميّة الذين يفكّرون أنّنا خسرنا كلّ شيء، وأنّه لا فائدة من أي التزام أو عمل. تلميذ الرّبّ يسوع لا يسمح للاستسلام بأن يشلّه، ولا يستسلم للإحباط، حتّى في أصعب المواقف، لأنّ إلهه هو إله القيامة والرّجاء، الذي ينهضه دائمًا من العثرات: معه يمكننا دائمًا أن نرفع نظرنا من جديد، وأن نبدأ وننطلق من جديد. لذلك، المسيحيّ أمام المحنة – أيّة محنة، ثقافيّة أو تاريخيّة أو شخصيّة - يسأل نفسه: ”ماذا يقول لنا الرّبّ يسوع من خلال لحظة الأزمة هذه؟“. وأنا أيضًا أطرح هذا السّؤال اليوم: ماذا يقول لنا الرّبّ يسوع أمام الحرب العالميّة الثالثة هذه؟ ماذا يقول لنا الرّبّ يسوع؟ وإذا وقعت أحداث صعبة تولّد الفقر والمعاناة، المسيحي يتساءل: ”عمليًّا، ما هو الخير الذي يمكنني أن أفعله؟“. لا تهرب، اسأل نفسك السّؤال: ماذا يقول لي الرّبّ يسوع وماذا أستطيع أن أصنع من خير؟

بعد أن أوصانا يسوع قائلًا: ”لا يُضِلَّكم أحد“، ليس صدفة أن يكون الإرشاد الثّاني إيجابيًّا. قال يسوع: "أَدُّوا الشَّهادَة" (الآية 13). الشّدائد مناسبة لكي تُؤَدُّوا الشَّهادَة. أودّ أن أؤكّد على هذه الكلمة الجميلة: مُناسبة. إنّها تعني وجود فرصة لعمل شيء جيّد، بدءًا من ظروف الحياة، حتّى عندما لا تكون مثاليّة. إنّه فنٌّ مسيحيّ نموذجيّ جميل: ألّا نبقى ضحايا لما يحدث - المسيحيّ ليس ضحية وسيكولوجية الإيذاء سيئة، إنّها تسيء لنا -، بل نغتنم الفرصة المخفيّة في كلّ ما يحدث لنا. في كلّ المواقف السلبيّة، هناك فرصة لخير يمكن أن نبنيه. كلّ أزمة هي إمكانيّة وتُقَدِّم مناسبات من أجل النّمو. يمكننا أن ندرك ذلك إن أعدنا قراءة قصّتنا الشّخصيّة: في الحياة، غالبًا، أهمّ الخطوات التي نتّخذها نحو الأمام، فإنّها تبدأ بالتّحديد داخل بعض الأزمات، ومواقف المحن، وفقدان السّيطرة، وانعدام الأمان. بذلك نفهم الدّعوة التي يوجّهها يسوع اليوم إليَّ مباشرةً، وإليك، وإلى كلّ واحدٍ منّا: بينما ترى من حولك أحداثًا مروّعة، وبينما تزداد الحروب والصّراعات، وبينما تحدث الزّلازل والمجاعات والأوبئة، أنت ماذا تفعل؟ هل تفكّر في أمورٍ أخرى حتّى لا تفكّر في الشّدة الراهنة؟ هل تجد ما تلهو به حتّى لا ترى الجد؟ هل تُدِر وجهك حتّى لا ترى؟ هل تتكيَّف وتخضع وتستسلم لما يحدث؟ أم تصبح هذه المواقف مناسبات لكي تشهد للإنجيل؟ اليوم يجب على كلّ واحد منّا أن يسأل نفسه: أمام المصائب العديدة، وأمام هذه الحرب العالمية الثالثة القاسيّة جدًّا، وأمام جوع الأطفال الكثيرين والناس الكثيرين، هل يمكنني أن أبذر وأهدر المال، وأضيّع حياتي، وأضيع معنى حياتي، دون أن أتحلّى بالشجاعة والمضيّ قدمًا؟

أيّها الإخوة والأخوات، في يوم الفقير العالمي هذا، تُعَدُّ كلمة يسوع بمثابة تحذير شديد لنا لِكَسْرِ ذلك الصَّمَم الدّاخلي الذي لدينا شيئًا منه والذي يمنعنا من سماع الصّرخة المخنوقة، صرخة أَلَمِ الأضعفين. إنّنا نعيش اليوم أيضًا في مجتمعات مجروحة، ونشهد، مثلما قال لنا الإنجيل بالتّحديد، مشاهد عنف – يكفي فقط أن نفكّر في القسوة التي يتألّم منها الشّعب الأوكراني -، وظلم واضطهاد، بالإضافة إلى ذلك، يجب أن نواجه الأزمة النّاتجة عن تغيّر المناخ وعن الجائحة، التي خلّفت وراءها آثارًا كثيرة من الاضطرابات، ليس فقط جسديّة، بل أيضًا نفسيّة واقتصاديّة واجتماعيّة. ونرى أيضًا شعبًا يقوم على شعبٍ، ونشهد بحزن اتّساع للصّراعات الشّديد، وكارثة الحرب، التي تسبّب موت الأبرياء الكثيرين وتضاعف سمّ الكراهية. اليوم أيضًا، وأكثر بكثير من الأمس، يهاجر الإخوة والأخوات الكثيرون، وهُم في مِحنة، وقد فقدوا العزيمة، للبحث عن الأمل. ويعيش أشخاص كثيرون في عدم الاستقرار، بسبب نقص فرص العمل أو بسبب ظروف العمل غير العادلة وغير اللائقة. واليوم أيضًا، أيّها الإخوة والأخوات، الفقراء هم الضّحايا الأكثر تضرّرًا من كلّ أزمة. وإن كانت قلوبنا مغلّفة وغير مبالية، لن نتمكّن من سماع صراخ ألمهم الصّامت، ولن نبكي معهم ومن أجلهم، ولن نرى كم من الوَحدة والحزن يختبئ في الزّوايا المنسيّة في مُدُنِنا. علينا أن نذهب إلى زوايا المدن، إلى هذه الزّوايا المنسيّة والمظلمة: هناك سنرى البؤس الكثير والألم الكثير والفقر الكثير.

لنسمع دعوة الإنجيل القويّة والواضحة لكي لا يضلّنا أحد. لا نستمع إلى أنبياء الشؤم، ولا ننجذب إلى من يفتننا بنداءات الشّعبويّة، التي تستغلّ احتياجات الشّعب وتقترح حلولًا سهلة وخادعة. لا نتبع ”المسحاء الكذبة“ الذين يعرضون علينا وصفات مفيدة فقط لزيادة ثروة القليلين، وتحكم على الفقراء بالتّهميش، باسم الرّبح. عكس ذلك، لنُؤَدِّ شهادتنا: لنشعل أنوار الرّجاء في وسط الظّلمة، ولننتهز المناسبات، في المواقف المأساويّة، لكي نشهد لإنجيل الفرح ونبني عالمًا أخوّيًا، على الأقل أكثر أخوّة، ولنلتزم بشجاعة من أجل العدالة والشّرعيّة والسّلام، ولنقف دائمًا بجانب الأضعفين. لا نهرب لكي ندافع عن أنفسنا من التّاريخ، بل لنكافح حتّى نعطي هذا التّاريخ الذي نعيشه وجهًا مختلفًا.

وأين نجد القوّة لهذا كلّه؟ في الرّبّ يسوع. في ثقتنا بالله، الذي هو أب ويسهر علينا. إن فتحنا له قلوبنا، سيزيد فينا قدرتنا على الحبّ. هذا هو الطريق: أن ننمو في الحبّ. يسوع، في الواقع، بعد أن تكلّم على مشاهد العنف والإرهاب، اختتم بقوله: "لَن تُفقَدَ شَعْرَةٌ مِن رُؤُوسِكم" (الآية 18). ولكن ماذا يعني ذلك؟ يعني أنّ يسوع معنا وهو حارسنا ويسير معنا. هل لدي هذا الإيمان؟ هل لديك هذا الإيمان بأنّ الرّبّ يسوع يسير معك؟ يجب أن نردّد هذه الجملة دائمًا، وخاصّة في اللّحظات الأكثر ألمًا: الله أب وهو بجانبي، ويعرفني ويحبّني، ويسهر عليّ، ولا ينام، ويعتني بِي، ومعه لَن أفقِدَ شعرة من رأسي. وكيف أجيب على هذا؟ عندما أنظر إلى الإخوة والأخوات المحتاجين، وعندما أنظر إلى ثقافة الإقصاء هذه التي تتجاهل الفقراء، وتتجاهل الأشخاص ذوي الإمكانات الأقل، وتتجاهل كبار السّن، وتتجاهل الأطفال الذين لم يولدوا بعد... عندما أنظر إلى كلّ هذا، ما الذي أشعر به لأعمله بكوني مسيحيّ في تلك اللحظة؟

هو يحبّنا، فلنقرّر أن نحبّ أبناءه، وأشدَّهم إهمالًا. الرّبّ يسوع موجود هناك. هناك تقليد قديم، حتّى هنا في قرى إيطاليا، لا يزال هناك من يحافظ عليه: في عشاء عيد الميلاد، يتمّ ترك مكانًا فارغًا للرّبّ يسوع الذي سيقرع الباب بالتأكيد من خلال شخص فقير محتاج. وهل في قلبك يوجد دائمًا مكانًا خاليًا لهؤلاء الناس؟ هل في قلبي يوجد مكانًا خاليًا لهؤلاء الناس؟ أم أنّنا مشغولون جدًا مع الأصدقاء والمناسبات الاجتماعيّة والالتزامات؟ لنعتنِ بالفقراء، ففي شخصهم المسيح نفسه، الذي من أجلنا صار فقيرًا (راجع 2 قورنتس 8، 9). فهو يتعاطف مع الفقراء. لنشعر بأنّنا مسؤولون، حتّى لا تُفقَد شعرة من رؤوسهم. لا يمكننا أن نبقى مثل الذين تكلّم عنهم الإنجيل، مفتونين بحجارة الهيكل الجميلة، من دون أن نتعرّف على هيكل الله الحقيقي، وهو الإنسان، ولا سيّما الفقير، الذي في وجهه، وفي قصته، وفي جراحه، يوجد يسوع. لقد قال ذلك هو. لا ننسَ ذلك أبدًا.

[01766-AR.02] [Testo originale: Italiano]

 

[B0848-XX.02]