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Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco nel Regno del Bahrein (3-6 novembre 2022) – Incontro con i giovani presso la Scuola del Sacro Cuore, 05.11.2022


Incontro con i giovani presso la Scuola del Sacro Cuore

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Nel pomeriggio, nella residenza in cui è ospitato, il Santo Padre Francesco ha ricevuto la visita del Re del Bahrein, Sua Maestà Hamad bin Isa bin Salman Al Khalifa. Nel corso dell’incontro il Papa ha avuto modo di ringraziare Sua Maestà per la calorosa accoglienza riservatagli dal Paese.

Al termine della visita Papa Francesco ha lasciato la Residenza papale e si è trasferito alla Scuola del Sacro Cuore dove, alle ore 17.00 (15.00 ora di Roma), ha avuto luogo l’incontro con i giovani.

Al Suo arrivo il Papa è stato accolto all’ingresso della scuola dalla Direttrice, Suor Roselyn Thomas, A.C., da due docenti e da alcuni studenti che gli hanno offerto un omaggio floreale. Quindi si è recato nella palestra della scuola dove ha incontrato circa 800 giovani. Dopo il canto d’ingresso, le parole di benvenuto della Direttrice della Scuola del Sacro Cuore e l’esecuzione di un ballo tradizionale, uno studente musulmano e una studentessa cattolica hanno portato la loro testimonianza. Successivamente, dopo un canto e la testimonianza di una giovane cattolica della Parrocchia del Sacro Cuore, Papa Francesco ha pronunciato il Suo discorso.

Successivamente, dopo la lettura dei messaggi per la pace, la recita del Padre Nostro, la benedizione e il canto finale, il Santo Padre ha firmato il Libro d’Onore e, dopo essersi congedato, è rientrato in auto alla Residenza papale.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro con i giovani:

Discorso del Santo Padre

Cari amici, fratelli e sorelle, buongiorno!

Vi ringrazio di essere qui, da tante nazioni diverse e con tanto entusiasmo! Vorrei ringraziare Suor Rosalyn per le parole di benvenuto che mi ha rivolto e per l’impegno con il quale, insieme a tanti altri, porta avanti questa Scuola del Sacro Cuore.

E sono contento di aver visto nel Regno del Bahrein un luogo di incontro e di dialogo tra culture e credo diversi. E ora, guardando a voi, che non siete della stessa religione e non avete paura di stare insieme, penso che senza di voi questa convivenza delle differenze non sarebbe possibile. E non avrebbe futuro! Nella pasta del mondo, siete voi il lievito buono destinato a crescere, a superare tante barriere sociali e culturali e a promuovere germogli di fraternità e di novità. Siete voi giovani che, come inquieti viaggiatori aperti all’inedito, non temete di confrontarvi, di dialogare, di “fare rumore” e di mescolarvi con gli altri, diventando la base di una società amica e solidale. E questo, cari amici, è fondamentale nei contesti complessi e plurali in cui viviamo: far cadere certi steccati per inaugurare un mondo più a misura d’uomo, più fraterno, anche se ciò significa affrontare numerose sfide. Su questo, prendendo spunto dalle vostre testimonianze e dai vostri interrogativi, vorrei rivolgervi tre piccoli inviti, non tanto per insegnarvi qualcosa, quanto per incoraggiarvi.

Il primo invito: abbracciare la cultura della cura. Suor Rosalyn ha usato questa espressione: “cultura della cura”. Prendersi cura significa sviluppare un atteggiamento interiore di empatia, uno sguardo attento che ci porta fuori da noi stessi, una presenza gentile che vince l’indifferenza e ci spinge a interessarci degli altri. Questa è la svolta, l’inizio della novità, l’antidoto contro un mondo chiuso che, impregnato di individualismo, divora i suoi figli; contro un mondo imprigionato dalla tristezza, che genera indifferenza e solitudine. Mi permetto di dirvi: quanto male fa lo spirito di tristezza, quanto male! Perché se non impariamo a prenderci cura di ciò che ci sta attorno – degli altri, della città, della società, del creato – finiamo per trascorrere la vita come chi corre, si affanna, fa tante cose, ma, alla fine, rimane triste e solo perché non ha mai gustato fino in fondo la gioia dell’amicizia e della gratuità. E non ha dato al mondo quel tocco unico di bellezza che solo lui, o lei, e nessun altro poteva dare. Da cristiano, penso a Gesù e vedo che il suo agire è sempre stato animato dalla cura. Ha curato le relazioni con tutti coloro che incontrava nelle case, nelle città e lungo il cammino: ha guardato negli occhi le persone, ha prestato orecchio alle loro richieste di aiuto, si è fatto vicino e ha toccato con mano le loro ferite. Voi, guardate le persone negli occhi? Gesù è entrato nella storia a dirci che l’Altissimo ha cura di noi; a ricordarci che stare dalla parte di Dio vuol dire prendersi cura di qualcuno e di qualcosa, specialmente dei più bisognosi.

Amici, quanto è bello diventare cultori della cura, artisti delle relazioni! Ma ciò richiede, come tutto nella vita, un allenamento costante. E allora non dimenticatevi di avere anzitutto cura di voi stessi: non tanto dell’esterno, ma dell’interno, della parte più nascosta e preziosa di voi. Qual è? La vostra anima, il vostro cuore! E come si fa a curare il cuore? Provate ad ascoltarlo in silenzio, a ritagliare spazi per stare a contatto con la vostra interiorità, per sentire il dono che siete, per accogliere la vostra esistenza e non farvela sfuggire di mano. Non vi accada di essere “turisti della vita”, che la guardano solo all’esterno, superficialmente. E nel silenzio, seguendo il ritmo del vostro cuore, parlate a Dio, raccontategli di voi stessi, e anche di coloro che incontrate ogni giorno e che Lui vi dona come compagni di viaggio. Portategli i volti, le situazioni liete e dolorose, perché non c’è preghiera senza relazioni, così come non c’è gioia senza amore.

E l’amore – voi lo sapete – non è una telenovela o un film romantico: amare è avere a cuore l’altro, prendersi cura dell’altro, offrire il proprio tempo e i propri doni a chi ne ha bisogno, rischiare per fare della vita un dono che genera ulteriore vita. Rischiare! Amici, per favore, non dimenticatevi mai una cosa: siete tutti – nessuno escluso – un tesoro, un tesoro unico e prezioso. Dunque, non tenete la vita in cassaforte, pensando che sia meglio risparmiarsi e che il momento di spenderla non sia ancora venuto! Molti di voi sono qui di passaggio, per motivi lavorativi e spesso per un tempo determinato. Se però viviamo con la mentalità del turista, non cogliamo il momento presente e rischiamo di buttare via pezzi interi di vita! Che bello, invece, lasciare adesso una traccia buona nel cammino, prendendosi cura della comunità, dei compagni di classe, dei colleghi di lavoro, del creato… Ci fa bene chiedercelo: io, che traccia sto lasciando ora, qui dove vivo, nel luogo dove la Provvidenza mi ha messo?

Questo è il primo invito, la cultura della cura; se la abbracciamo, contribuiamo a far crescere il seme della fraternità. Ed ecco il secondo invito che vorrei rivolgervi: seminare fraternità. Mi è piaciuto quello che hai detto tu, Abdulla: “Bisogna essere campioni non solo nei campi da gioco, ma nella vita!”. Campioni fuori dal campo. È vero, siate campioni di fraternità, fuori dal campo! Questa è la sfida di oggi per vincere domani, la sfida delle nostre società, sempre più globalizzate e multiculturali. Vedete, tutti gli strumenti e la tecnologia che la modernità ci offre non bastano a rendere il mondo pacifico e fraterno. Lo stiamo vedendo: i venti di guerra, infatti, non si placano con il progresso tecnico. Constatiamo con tristezza che in molte regioni le tensioni e le minacce aumentano, e a volte divampano nei conflitti. Ma ciò spesso accade perché non si lavora sul cuore, perché si lasciano dilatare le distanze nei riguardi degli altri, e così le differenze etniche, culturali, religiose e di altro genere diventano problemi e paure che isolano anziché opportunità per crescere insieme. E quando sembrano più forti della fraternità che ci lega, si rischia lo scontro.

A voi giovani, che siete più diretti e più capaci nel generare contatti e amicizie, superando i pregiudizi e gli steccati ideologici, vorrei dire: siate seminatori di fraternità e sarete raccoglitori di futuro, perché il mondo avrà futuro solo nella fraternità! È un invito che trovo al cuore della mia fede. «Chi infatti – dice la Bibbia – non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello» (1 Gv 4,20-21). Sì, Gesù chiede di non slegare mai l’amore per Dio da quello per il prossimo, facendoci noi stessi prossimi di tutti (cfr Lc 10,29-37). Di tutti, non solo di chi ci sta simpatico. Vivere da fratelli e sorelle è la vocazione universale affidata a ogni creatura. E voi giovani – soprattutto voi –, davanti alla tendenza dominante di restare indifferenti e mostrarsi insofferenti agli altri, addirittura di avallare guerre e conflitti, siete chiamati a «reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole» (Fratelli tutti, 6). Le parole non bastano: c’è bisogno di gesti concreti portati avanti nel quotidiano.

Poniamoci anche qui alcune domande: io sono aperto agli altri? Sono amico o amica di qualche persona che non rientra nel mio giro di interessi, che ha credo e usanze diversi da me? Cerco l’incontro o resto sulle mie? La strada è quella che in poche parole ci ha detto Nevin: “creare buone relazioni”, con tutti. In voi giovani è vivo il desiderio di viaggiare, conoscere nuove terre, superare i confini dei soliti posti. Vorrei dirvi: sappiate viaggiare anche dentro di voi, allargare le frontiere interiori, perché cadano i pregiudizi sugli altri, si restringa lo spazio della diffidenza, si abbattano i recinti della paura, germogli l’amicizia fraterna! Anche qui, lasciatevi aiutare dalla preghiera, che allarga il cuore e, aprendoci all’incontro con Dio, ci aiuta a vedere in chi incontriamo un fratello e una sorella. A questo proposito, sono belle le parole di un profeta che dice: «Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l’uno contro l’altro?» (Ml 2,10). Società come questa, con una notevole ricchezza di credo, tradizioni e lingue diverse, possono diventare “palestre di fraternità”. Qui siamo alle porte del grande e multiforme continente asiatico, che un teologo ha definito «un continente di lingue» (A. Pieris, in Teologia in Asia, Brescia 2006, 5): sappiate armonizzarle nell’unica lingua, la lingua dell’amore, da veri campioni di fraternità!

Ancora un terzo invito vorrei farvi: riguarda la sfida di fare delle scelte nella vita. Lo sapete bene, dall’esperienza di ogni giorno: non esiste una vita senza sfide da affrontare. E sempre, di fronte a una sfida, come davanti a un bivio, bisogna scegliere, mettersi in gioco, rischiare, decidere. Ma questo richiede una buona strategia: non si può improvvisare, vivendo solo di istinto o solo all’istante! E come si fa a prepararsi, ad allenare la capacità di scegliere, la creatività, il coraggio, la tenacia? Come affinare lo sguardo interiore, imparare a giudicare le situazioni, a cogliere l’essenziale? Si tratta di crescere nell’arte di orientarsi nelle scelte, di prendere le giuste direzioni. Per questo, il terzo invito è fare delle scelte nella vita, scelte giuste.

Tutto questo mi è venuto in mente ripensando alle domande di Merina. Sono interrogativi che esprimono proprio il bisogno di capire la direzione da prendere nella vita – è coraggiosa, lei, per come ha detto le cose! E posso dirvi la mia esperienza: ero un adolescente come voi, come tutti, e la mia vita era la vita normale di un ragazzo. L’adolescenza – lo sappiamo – è un cammino, è una fase di crescita, un periodo in cui ci affacciamo alla vita nei suoi aspetti a volte contraddittori, affrontando per la prima volta certe sfide. Ebbene, il mio consiglio qual è? Andare avanti senza paura, e mai da soli! Due cose: andare avanti senza paura e mai da soli. Dio non vi lascia soli ma, per darvi una mano, attende che gliela chiediate. Egli ci accompagna e ci guida. Non con prodigi e miracoli, ma parlando delicatamente attraverso i nostri pensieri e i nostri sentimenti; e anche mediante i nostri professori, i nostri amici, i nostri genitori, e tutte le persone che vogliono aiutarci.

Bisogna allora imparare a distinguere la sua voce, la voce di Dio che ci parla. E come impariamo questo? Come ci dicevi tu, Merina: attraverso la preghiera silenziosa, il dialogo intimo con Lui, custodendo nel cuore quello che ci fa bene e ci dà pace. La pace è un segno della presenza di Dio. Questa luce di Dio illumina il labirinto di pensieri, emozioni e sentimenti in cui spesso ci muoviamo. Il Signore desidera rischiarare la vostra intelligenza, i vostri pensieri più intimi, le aspirazioni che portate nel cuore, i giudizi che maturano dentro di voi. Vuole aiutarvi a distinguere ciò che è essenziale da ciò che è superfluo, ciò che è buono da ciò che fa male a voi e ad altri, ciò che è giusto da ciò che genera ingiustizia e disordine. A Dio nulla è estraneo di quanto accade in noi, nulla, ma spesso siamo noi a estraniarci da Lui, a non affidargli le persone e le situazioni, a chiuderci nel timore e nella vergogna. No, nutriamo nella preghiera la certezza consolante che il Signore veglia su di noi, che non prende sonno ma ci guarda e ci custodisce sempre.

Amici, giovani, l’avventura delle scelte non va portata avanti da soli. Permettetemi perciò di dirvi un’ultima cosa: cercate sempre, prima dei suggerimenti in internet, dei buoni consiglieri nella vita, persone sagge e affidabili che possano orientarvi, aiutarvi. Prima questo. Penso ai genitori e agli insegnanti, ma anche agli anziani, ai nonni, e a un bravo accompagnatore spirituale. Ognuno di noi ha bisogno di essere accompagnato nella strada della vita! Ripeto quello che vi ho detto: mai soli! Abbiamo bisogno di essere accompagnati nella strada della vita.

Cari giovani, abbiamo bisogno di voi, della vostra creatività, dei vostri sogni e del vostro coraggio, della vostra simpatia e dei vostri sorrisi, della vostra gioia contagiosa e anche di quel pizzico di follia che voi sapete portare in ogni situazione, e che aiuta a uscire dal torpore delle abitudini e degli schemi ripetitivi in cui a volte incaselliamo la vita. Da Papa voglio dirvi: la Chiesa è con voi e ha tanto bisogno di voi, di ciascuno di voi, per ringiovanire, esplorare nuovi sentieri, sperimentare nuovi linguaggi, diventare più gioiosa e ospitale. Non perdete mai il coraggio di sognare e di vivere in grande! Fate vostra la cultura della cura e diffondetela; diventate campioni di fraternità; affrontate le sfide della vita lasciandovi orientare dalla creatività fedele di Dio e da buoni consiglieri. E da ultimo, ricordatevi di me nelle vostre preghiere. Io farò altrettanto per voi, portandovi nel cuore. Grazie!

God be with you! Allah ma’akum! [Dio sia con voi]

[01691-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chers amis, frères et sœurs, bonjour!

Je vous remercie d’être ici, de nations différentes et avec tant d’enthousiasme! Je voudrais remercier Sœur Rosalyn pour les mots de bienvenue qu’elle m’a adressés et pour l’engagement avec lequel, avec beaucoup d’autres, elle dirige cette École du Sacré-Cœur.

Et je suis content d’avoir vu au Royaume du Bahreïn un lieu de rencontre et de dialogue entre cultures et croyances diverses. Et maintenant, en vous regardant, vous qui n’êtes pas de la même religion et qui n’avez pas peur d’être ensemble, je pense que, sans vous, cette coexistence des différences ne serait pas possible. Et elle n’aurait pas d’avenir! Dans la pâte du monde, vous êtes le bon levain destiné à grandir, à surmonter nombre de barrières sociales et culturelles et à promouvoir des germes de fraternité et de nouveauté. C’est vous les jeunes qui, comme des voyageurs inquiets, ouverts à l’inédit, ne craignez pas de vous confronter, de dialoguer, de “faire du bruit” et de vous mêler aux autres, devenant la base d’une société amie et solidaire. Et cela, chers amis, est fondamental dans les contextes complexes et pluralistes dans lesquels nous vivons: faire tomber certaines barrières pour inaugurer un monde à dimension plus humaine, plus fraternel, même si cela signifie affronter de nombreux défis. Sur ce point, à partir de vos témoignages et de vos interrogations, je voudrais vous adresser trois petites invitations, non pas tant pour vous enseigner quelque chose, que pour vous encourager.

La première invitation: embrasser la culture du soin. Sœur Rosalyn a utilisé cette expression: “culture du soin”. Prendre soin c’est développer une attitude intérieure d’empathie, un regard attentif qui nous fait sortir de nous-mêmes, une présence aimable qui vainc l’indifférence et nous pousse à nous intéresser aux autres. Voilà le tournant, le début de la nouveauté, l’antidote contre un monde fermé qui, imprégné d’individualisme, dévore ses enfants; contre un monde emprisonné par la tristesse qui engendre l’indifférence et la solitude. Je me permets de vous dire: que de mal fait l’esprit de tristesse, que de mal! Car si nous n’apprenons pas à prendre soin de ce qui nous entoure – des autres, de la ville, de la société, de la création – nous finissons par passer notre vie comme ceux qui courent, se fatiguent, font beaucoup de choses, mais, à la fin, restent tristes et seuls parce qu’ils n’ont jamais goûté à fond la joie de l’amitié et de la gratuité. Et ils n’ont pas donné au monde cette touche unique de beauté qu’eux seuls, et personne d’autre, ne pouvaient donner. En tant que chrétien, je pense à Jésus et je vois que son action a toujours été animée par le soin. Il a soigné les relations avec tous ceux qu’il rencontrait dans les maisons, dans les villes et le long du chemin: il a regardé dans les yeux les personnes, il a prêté l’oreille à leurs demandes d’aide, il s’est fait proche et a touché de ses mains leurs blessures. Vous, est-ce que vous regardez les personnes dans les yeux? Jésus est entré dans l’histoire pour nous dire que le Très-Haut prend soin de nous; pour nous rappeler que se tenir du côté de Dieu c’est prendre soin de quelqu’un et de quelque chose, spécialement des plus nécessiteux.

Chers amis, comme il est beau de devenir amateurs du soin, artistes des relations! Mais cela réclame, comme tout dans la vie, un entraînement constant. Et donc n’oubliez pas d’abord d’avoir soin de vous-mêmes: pas tant de l’extérieur, mais de l’intérieur, de la partie la plus cachée et précieuse de vous. Laquelle? Votre âme, votre cœur! Et comment fait-on pour soigner le cœur? Essayez de l’écouter en silence, de définir des espaces pour être en contact avec votre intériorité, pour sentir le don que vous êtes, pour accueillir votre existence et ne pas la laisser devenir incontrôlable. Ne soyez jamais des “touristes de la vie” qui ne la regardent qu’à l’extérieur, superficiellement. Et, dans le silence, en suivant le rythme de votre cœur, parlez à Dieu. Parlez-lui de vous-mêmes, et aussi de ceux que vous rencontrez chaque jour et qu’Il vous donne comme compagnons de voyage. Portez-lui les visages, les situations heureuses et douloureuses car il n’y a pas de prière sans relations, de même qu’il n’y a pas de joie sans amour.

Et l’amour – vous le savez – n’est pas un feuilleton télévisé ni un film romantique: aimer c’est avoir à cœur l’autre, prendre soin de l’autre, offrir son temps et ses dons à ceux qui en ont besoin, risquer pour faire de la vie un don qui engendre une vie de plus. Risquer! Chers amis, s’il vous plaît, n’oubliez jamais une chose: vous êtes tous – sans exception – un trésor, un trésor unique et précieux. Donc, ne gardez pas votre vie dans un coffre-fort en pensant qu’il vaut mieux s’épargner et que le moment de la dépenser n’est pas encore venu! Beaucoup d’entre vous sont ici de passage, pour des raisons professionnelles et souvent pour un temps déterminé. Cependant, si nous vivons avec la mentalité du touriste, nous ne saisissons pas le moment présent et nous risquons de jeter des morceaux entiers de vie! Qu’il est beau, au contraire, de laisser maintenant une bonne trace sur le chemin, en prenant soin de la communauté, des camarades de classe, des collègues de travail, de la création... Il nous est bon de nous demander: quelle trace suis-je en train de laisser maintenant, ici où je vis, dans le lieu où la Providence m’a mis?

C’est la première invitation, la culture du soin; si nous l’embrassons, nous contribuons à faire grandir la semence de la fraternité. Et voici la deuxième invitation que je voudrais vous adresser: semer la fraternité. J’ai aimé ce que tu as dit, Abdulla : “Il faut être des champions non seulement sur les terrains de jeu, mais dans la vie!” Des champions hors des terrains de jeu. C’est vrai, soyez des champions de fraternité! hors des terrains de jeu! C’est le défi d’aujourd’hui pour gagner demain, le défi de nos sociétés, toujours plus globalisées et multiculturelles. Vous voyez, tous les outils et la technologie que la modernité nous offre ne suffisent pas à rendre le monde pacifique et fraternel.

Nous le voyons bien: les vents de guerre ne s’apaisent pas avec le progrès technique. Nous constatons avec tristesse que, dans de nombreuses régions, les tensions et les menaces augmentent, et parfois même s’embrasent dans les conflits. Mais cela arrive souvent parce qu’on ne travaille pas sur le cœur, parce qu’on laisse les distances se creuser avec les autres, et ainsi les différences ethniques, culturelles, religieuses et autres deviennent des problèmes et des peurs qui isolent, plutôt que des opportunités pour grandir ensemble. Et quand elles semblent plus fortes que la fraternité qui nous lie, on risque l’affrontement.

À vous, les jeunes, qui êtes plus directs et plus capables de créer des contacts et des amitiés, en dépassant les préjugés et les barrières idéologiques, je voudrais dire: soyez des semeurs de fraternité et vous serez des récolteurs d’avenir, car le monde n’aura d’avenir que dans la fraternité! C’est une invitation que je trouve au cœur de ma foi. «En effet – dit la Bible – celui qui n’aime pas son frère, qu’il voit, est incapable d’aimer Dieu, qu’il ne voit pas. Et voici le commandement que nous tenons de lui: celui qui aime Dieu, qu’il aime aussi son frère» (1 Jn 4, 20-21). Oui, Jésus demande de ne jamais séparer l’amour pour Dieu de l’amour pour le prochain, en nous faisant nous-mêmes proches de tous (Lc 10, 29-37). De tous, pas seulement de ceux qui nous plaisent. Vivre en frères et sœurs est la vocation universelle confiée à toute créature. Et vous les jeunes – surtout vous –, devant la tendance dominante à rester indifférents et à se montrer impatients envers les autres, voire à cautionner des guerres et des conflits, vous êtes appelés à «réagir par un nouveau rêve de fraternité et d’amitié sociale qui ne se cantonne pas aux mots» (Fratelli tutti, n. 6). Les mots ne suffisent pas: il faut des gestes concrets réalisés au quotidien.

Posons-nous ici aussi quelques questions: suis-je ouvert aux autres? Suis-je l’ami d’une personne qui ne fait pas partie de mon cercle d’intérêt, qui a une foi et des coutumes différentes des miennes? Est-ce que je cherche la rencontre ou est-ce que je reste sur celles que j’ai ? La voie, c’est celle que nous a dite, en quelques mots, Nevin: “Créer de bonnes relations”, avec tous. En vous, les jeunes, le désir de voyager, de connaître de nouvelles terres, de dépasser les frontières des lieux habituels est vif. Je voudrais vous dire: sachez voyager aussi en vous, élargir les frontières intérieures pour que tombent les préjugés sur les autres, pour que se rétrécisse l’espace de la méfiance, pour que s’abattent les barrières de la peur, pour que germe l’amitié fraternelle! Là aussi, laissez-vous aider par la prière qui élargit le cœur et qui, en nous ouvrant à la rencontre avec Dieu, nous aide à voir en qui nous rencontrons un frère et une sœur. À cet égard, elles sont belles les paroles d’un prophète qui dit: «N’est-ce pas un seul Dieu qui nous a créés? Pourquoi nous trahir les uns les autres?» (Ml 2, 10). Des sociétés comme celle-ci, avec une richesse considérable de croyances, de traditions et de langues différentes, peuvent devenir des “gymnases de fraternité”. Nous sommes ici aux portes du grand et multiforme continent asiatique qu’un théologien a défini comme «un continent de langues» (A. Pieris, in Teologia in Asia, Brescia 2006, p. 5): sachez les harmoniser dans l’unique langue, la langue de l’amour, en véritables champions de fraternité!

Je voudrais vous faire encore une troisième invitation: elle concerne le défi de faire des choix dans la vie. Vous le savez bien par l’expérience de chaque jour: il n’y a pas de vie sans défis à affronter. Et toujours, face à un défi, comme devant un carrefour, il faut choisir, s’impliquer, risquer, décider. Mais cela nécessite une bonne stratégie. On ne peut pas improviser en vivant seulement de l’instinct ou seulement dans l’instant présent! Et comment faut-il faire pour se préparer, pour entraîner sa capacité à choisir, sa créativité, son courage, sa ténacité? Comment affiner le regard intérieur, apprendre à juger les situations, à saisir l’essentiel? Il s’agit de grandir dans l’art de s’orienter dans les choix, de prendre les bonnes directions. C’est pourquoi la troisième invitation est faire de choix dans la vie, des choix justes.

Tout cela m’est venu à l’esprit en repensant aux questions de Merina. Ce sont des questions qui expriment justement le besoin de comprendre la direction à prendre dans la vie – elle est courageuse, elle, de la façon dont elle a dit les choses! Et je peux vous dire mon expérience: j’étais un adolescent comme vous, comme tout le monde, et ma vie était la vie normale d’un garçon. L’adolescence – nous le savons – est un chemin, c’est une phase de croissance, une période où nous entrons dans la vie sous ses aspects parfois contradictoires, en affrontant pour la première fois certains défis. Eh bien, mon conseil quel est-il? Avancer sans peur, et jamais seuls! Deux choses: avancer sans peur, et jamais seuls.Dieu ne vous laisse pas seuls mais, pour vous donner un coup de main, il attend que vous le lui demandiez. Il nous accompagne et nous guide. Non pas par des prodiges et des miracles, mais en parlant délicatement à travers nos pensées et nos sentiments, et aussi par l’intermédiaire de nos professeurs, de nos amis, de nos parents, et de toutes les personnes qui veulent nous aider.

Il faut alors apprendre à distinguer sa voix, la voix de Dieu qui nous parle. Et comment apprenons-nous cela? Comme tu nous le disais, Merina: par la prière silencieuse, le dialogue intime avec Lui, en gardant dans notre cœur ce qui nous fait du bien et qui nous donne la paix. La paix est un signe de la présence de Dieu. Cette lumière de Dieu éclaire le labyrinthe de pensées, d’émotions et de sentiments dans lequel nous nous déplaçons souvent. Le Seigneur désire éclairer votre intelligence, vos pensées les plus intimes, les aspirations que vous portez dans votre cœur, les jugements qui mûrissent en vous. Il veut vous aider à distinguer ce qui est essentiel de ce qui est superflu, ce qui est bon de ce qui fait mal, à vous et aux autres, ce qui est juste de ce qui crée injustice et désordre. Rien n’est étranger à Dieu de ce qui se passe en nous, rien, mais souvent c’est nous qui nous éloignons de Lui, qui ne Lui confions pas les personnes et les situations, qui nous enfermons dans la crainte et la honte. Non, nourrissons dans la prière la certitude réconfortante que le Seigneur veille sur nous, qu’il ne s’endort pas mais nous regarde et nous garde toujours.

Chers amis, chers jeunes, l’aventure des choix ne se fait pas tout seul. Permettez-moi donc de vous dire une dernière chose: cherchez toujours, avant des suggestions sur internet, de bons conseillers dans la vie, des personnes sages et fiables qui puissent vous orienter, vous aider. D’abord cela. Je pense aux parents et aux enseignants, mais aussi aux personnes âgées, aux grands-parents et à un bon accompagnateur spirituel. Chacun de nous a besoin d’être accompagné sur le chemin de la vie! Je répète ce que je vous ai dit: jamais seuls! Nous avons besoin d’être accompagnés sur les routes de la vie.

Chers jeunes, nous avons besoin de vous, de votre créativité, de vos rêves et de votre courage, de votre sympathie et de vos sourires, de votre joie contagieuse et aussi de cette pincée de folie que vous savez porter en toute situation, et qui aide à sortir de la torpeur des habitudes et des schémas répétitifs dans lesquels nous enfermons parfois la vie. Comme Pape, je veux vous dire: l’Église est avec vous et a beaucoup besoin de vous, de chacun de vous, pour rajeunir, explorer de nouveaux sentiers, expérimenter de nouveaux langages, devenir plus joyeuse et hospitalière. Ne perdez jamais le courage de rêver et de vivre en grand! Faites vôtre la culture du soin et répandez-la; devenez des champions de fraternité; affrontez les défis de la vie en vous laissant guider par la créativité fidèle de Dieu et par de bons conseillers. Et enfin, rappelez-vous de moi dans vos prières. Je ferai de même pour vous, en vous portant dans le cœur. Merci!

God be with you! Allah ma’akum! [Dieu soit avec vou

[01691-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear friends, brothers and sisters, good evening!

Thank you for being here, from so many different countries and with such great enthusiasm!  I would like to thank Sister Rosalyn for her words of welcome and for the commitment with which, together with many others, she oversees the administration of Sacred Heart School.

I am happy to have seen in the Kingdom of Bahrain a place of encounter and dialogue between different cultures and beliefs.  As I look out at you, who are not all of the same religion and are not afraid of being together, I think that without you this coexistence of differences would not be possible.  And it would have no future!  In the dough of the world, you are the good leaven destined to rise, to break down many social and cultural barriers and to foster the growth of fraternity and innovation.  You are young people who, as restless travellers open to the unexpected, are not afraid to exchange ideas with one another, to dialogue, to “make some noise” and mingle among yourselves; and so you become the basis of a society marked by friendship and solidarity.  This, dear friends, is something essential in the complex and varied situations in which we live: to tear down certain barriers in order to bring about a world that is people-oriented and more fraternal, even if this involves facing a number of challenges.   In this regard, taking a cue from your testimonies and your questions, I would like to offer you three small invitations, not so much as a teacher, but as someone concerned to support and encourage you.

My first invitation: to embrace the culture of care.  Sister Rosalyn used that expression: “culture of care”.  To care means to develop an inner attitude of empathy, an attentive gaze that takes us out of ourselves, a gentle presence that overcomes our lack of concern and makes us take an interest in other people.  This is the turning point, the start of something new, the antidote to a world closed in on itself and, rife with individualism, a world that devours its children.  A world imprisoned by a kind of sadness that gives rise to indifference and solitude.  Let me say this to you: how badly the spirit of sadness hurts, how badly!  If we do not learn to take care of our surroundings – other people, our cities, our society, the environment – we will end up spending our lives like those people who are constantly in a hurry, running around, doing many things at once, but in the end are sad because they have never really known the joy of friendship and generosity.  Nor have they given the world that unique dab of beauty that they alone, and no one else, were capable of giving.  As a Christian, I think of Jesus and I see that everything he did was inspired by care for others.  He was concerned about relating to all whom he met, in their homes, in the towns and along the wayside.  He looked people in the eye, listened to their pleas for help, drew near to them and touched their wounds.  Do you look people in the eye?  Jesus entered into our human history in order to tell us that the Most High cares for us.  To remind us that being on God’s side involves caring for someone and something, especially for those who are in greatest need.

Dear friends, how beautiful it is to care for others, to build relationships!   Yet, like everything in life, this calls for constant training.  So do not forget, first of all, to care for yourself: not so much outside as inside, in the deepest and most precious part of yourselves.  What part is that?  It is your soul, your heart!  And how can you care for the heart?  By trying to be silent and listen to it.  Try to make time to keep in touch with what is going on inside you, to appreciate the gift that you are, to take hold of your life and not let it slip through your fingers.   Do not be “tourists of life”, who only see it from the outside, who only see the surface of things.  In silence, following the rhythm of your heart, talk to God.  Tell him about yourself and the people you meet each day, those he has given you as companions on your journey.  Bring him their faces, their joys and sorrows, for there is no prayer without relationships, just as there is no joy without love.

And love – as you already know – is not a soap opera or a romantic film: to love is to take another person to heart, to care for others, to offer one’s time and gifts to those in need, to take risks and make life a gift that generates even greater life.  Take risks!  My friends, please, never forget one thing: you are all – without exception – a treasure, a unique and precious treasure.  So, do not lock your life in a safe, thinking that it is better to save that treasure, that the time to spend it has not yet come!  Many of you are passing through here because of work, often for a particular period of time.  Yet if we live with that tourist mentality, we miss the present moment and risk throwing away whole pieces of our life!  How beautiful it is, on the other hand, to make a positive mark on our journey even now, by caring for our community, our classmates, our co-workers, and for the world around us...  We do well, then, to ask ourselves: what mark am I leaving now, here where I live, in this place where Providence has brought me?

This, then, is my first invitation, to embrace the culture of care.  If we embrace it, we will help make the seed of fraternity grow.  And this is my second invitation: to spread fraternity.  I liked what you said Abdulla: “You have to be a champion not only on the playing field, but in life!”  Champions off the playing field.  That is true, so strive to be champions of fraternity, off the playing field!  This is the challenge of today that will make us winners tomorrow, the challenge faced by our increasingly globalized and multicultural societies.  For you see, the devices and technology that modernity offers us are not enough to make our world peaceful and fraternal.  We are witnessing this: the winds of war do not stop blowing with technological progress.  We are seeing with sorrow that in many regions, tensions and threats are increasing and, at times, are breaking out in conflicts.  Often enough, this happens because we do not work on the heart; we allow distances between ourselves and others to increase and, as a result, ethnic, cultural, religious and other differences become problems and fears that isolate rather than opportunities to grow together.  And when those differences seem more powerful than the fraternity that keeps us together, we risk confrontation and conflict.

To you, young people, who are more straightforward and more capable of making contacts and building friendships, overcoming prejudices and ideological barriers, I would like to say this: continue to sow the seeds of fraternity, and you will be builders of the future, because only in fraternity will our world have a future!  This invitation is one that I find at the heart of my faith.  Indeed, the Bible says, “Those who do not love a brother or sister whom they have seen, cannot love God whom they have not seen.  The commandment we have from him is this, that those who love God must love their brothers and sisters also” (1 Jn 4:20-21).  Yes, Jesus tells us never to separate the love of God from love of neighbour, and to become neighbours to everyone (cf. Lk 10:29-37).  Everyone, not just the people we like.  To live as brothers and sisters is the universal vocation entrusted to every creature.  You young people – you more than anyone else – in the face of the prevailing tendency to remain indifferent and intolerant of others, even supporting wars and conflicts, are called to “respond with a new vision of fraternity and social friendship that will not remain at the level of words” (Fratelli Tutti, 6).  Words are not enough: there is need for concrete gestures carried out on a daily basis.

Here too, we can ask ourselves a few questions.  Am I open to others?  Am I friends with someone who does not share all my interests, or has different beliefs and customs from mine?  Do I try to meet others, or do I stick to the people I know?  The key, in a few words, is in what Nevin told us: to “create good relationships” with everyone.  You young people are eager to travel and learn about new lands, to go beyond your usual surroundings.  I would say this: learn how to travel within yourselves as well, to expand your inner borders, so that prejudices against others can vanish, margins of distrust can narrow, fences of fear can be torn down, and fraternity and friendship can blossom!  Let yourselves be helped by prayer, for prayer opens the heart, enabling us to encounter God and to see a brother or sister in everyone we meet.  How beautiful, then, are the words of the prophet who said: “Has not one God created us?  Why then are we faithless to one another?” (Mal 2:10).  Societies like this, which are remarkably rich in various creeds, traditions and languages, can become “training grounds for fraternity.”  We are standing at the gates of the great and multiform continent of Asia, which one theologian has called “a continent of many tongues” (A. PIERIS, Teologia in Asia, Brescia, 2006, 5).  Learn how to blend those tongues in the one language of love, as true champions of fraternity!

I would also like to offer you yet a third invitation: accept the challenge of making decisions in life.  You know from everyday experience there is no such thing as a life without challenges.  Just as when you come to a fork in the road you have to choose, so, when faced with a challenge, you always have to put yourself on the line, take risks and make a decision.  This requires good planning.  You cannot improvise, living by instinct or always acting on the spur of the moment!  So how do you prepare, how do you develop your decision-making ability, your creativity, your courage and your tenacity?  How do you sharpen your inner gaze, learn to judge situations, and grasp what is important?  It requires learning how to weigh your options and take the right direction.  This is why the third invitation is to make decisions in life, right decisions.

All of this came to mind as I thought back to Merina’s questions.  They were really about the need to understand what direction to take in life.  She is brave, for the way she said things!  I can speak from my own experience: I too was an adolescent like yourselves, like everyone else, and my life was that of a normal young person.  As we know, adolescence is a process, that period in our growth when we begin to face the complexity of life and confront certain challenges for the first time.  Well, my advice is to press forward without fear, but never go it alone!  Two things: press forward without fear and never alone!  God never leaves you alone; he waits for you to ask him to give you a hand.  He accompanies and guides us, not by powerful signs and miracles, but by speaking gently through our thoughts and feelings; and also through our teachers, friends, parents and everyone who wants to help us.

It is important, then, to learn how to distinguish his voice, God’s voice that speaks to us.  And how do we learn to do this?  As you told us, Merina: through silent prayer and intimate dialogue with him, treasuring in our hearts what helps us and gives us peace.  God’s light illumines the maze of thoughts, emotions and feelings in which we often find ourselves.  The Lord wants to enlighten your understanding, your innermost thoughts, the aspirations in your heart, and the judgements that are taking shape within you.  He wants to help you distinguish what is essential from what is superfluous, what is good from what is harmful to you and to others, what is just from what leads to injustice and disorder.  Nothing we experience is foreign to God, nothing.  Often we are the ones who turn away from him; we fail to turn people and situations over to him, and instead turn in on ourselves in fear and shame.  Let us cultivate in prayer the consoling certainty that the Lord watches over us, that he does not grow tired, but constantly watches out for us and keeps us safe.

Dear young friends, making decisions is not something we do alone.  So let me say one last thing to you.  Before you go to the Internet for advice, always seek out good counselors in life, wise and reliable people who can guide and help you.  Do this first.  I am thinking of parents and teachers, but also of the elderly, your grandparents, and a good spiritual guide.  Each of us needs to be accompanied on the road of life!  I will say again what I told you: never alone!  We need to be accompanied on the road of life.

Dear young people, we need you.  We need your creativity, your dreams and your courage, your charm and your smiles, your contagious joy and that touch of craziness that you can bring to every situation, which helps to break us out of our stale habits and ways of looking at things.  As Pope, I want to tell you: the Church is with you and needs each one of you very much, so that we can be renewed, explore new paths, experiment with new languages, and become more joyful and hospitable.  Never lose the courage to dream big and to live life to the full!  Adopt the culture of care and spread it.  Become champions of fraternity.  Face life’s challenges by letting yourselves be guided by God’s faithful creativity and by good counsellors.  And lastly, remember me in your prayers.  I will do the same for you, carrying you in my heart.  Thank you!

God be with you!  Allah ma’akum

[01691-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Freunde, Brüder und Schwestern, guten Tag!

Danke, dass ihr hier seid, aus so vielen verschiedenen Nationen und mit so viel Begeisterung! Ich möchte Schwester Rosalyn für die Grußworte danken und für das Engagement, mit dem sie zusammen mit vielen anderen diese Herz-Jesu-Schule führt.

Und ich freue mich, dass ich im Königreich Bahrain einen Ort der Begegnung und des Dialogs zwischen verschiedenen Kulturen und Glaubensbekenntnissen gesehen habe. Und wenn ich jetzt euch ansehe, die ihr nicht der gleichen Religion angehört und keine Angst vor dem Zusammensein habt, denke ich, dass ohne euch dieses Zusammenleben der Unterschiede nicht möglich wäre. Und es hätte keine Zukunft! Im Teig dieser Welt seid ihr der gute Sauerteig, der dazu bestimmt ist, zu wachsen, viele soziale und kulturelle Schranken zu überwinden und Keime der Geschwisterlichkeit und des Neuen zu fördern. Ihr jungen Menschen habt, wie rastlose Reisende, die offen für das Unerwartete sind, keine Angst davor zu debattieren, einen Dialog zu führen, „Krach zu machen“ und euch unter die anderen zu mischen, um so zur Basis einer freundschaftlichen und solidarischen Gesellschaft zu werden. Und dies, liebe Freunde, ist grundlegend in den komplexen und pluralen Kontexten, in denen wir leben: bestimmte Zäune einzureißen, um eine Welt zu schaffen, die mehr dem Menschen entspricht und geschwisterlicher ist, auch wenn dies bedeutet, sich zahlreichen Herausforderungen zu stellen. Diesbezüglich möchte ich, ausgehend von euren Zeugnissen und Fragen, drei kleine Einladungen an euch aussprechen, nicht so sehr, um euch etwas zu lehren, sondern um euch zu ermutigen.

Die erste Einladung: sich die Kultur der Fürsorge zu eigen machen. Schwester Rosalyn benutzte diesen Ausdruck: „Kultur der Fürsorge“. Für etwas sorgen bedeutet, eine innere Haltung des Mitfühlens zu entwickeln, einen aufmerksamen Blick, der uns aus uns selbst herausführt, eine freundliche Präsenz, die die Gleichgültigkeit überwindet und uns dazu bringt, uns für andere zu interessieren. Das ist der Wendepunkt, der Beginn des Neuen, das Gegengift gegen eine verschlossene Welt, die, getränkt im Individualismus, ihre Kinder verschlingt; gegen eine von der Traurigkeit gefangene Welt, die Gleichgültigkeit und Einsamkeit erzeugt. Ich kann euch sagen, wie sehr der Geist der Traurigkeit schmerzt, wie sehr er schmerzt! Denn wenn wir nicht lernen, für das zu sorgen, was um uns herum ist – um die anderen, um die Stadt, um die Gesellschaft, um die Schöpfung –, enden wir damit, unser Leben wie diejenigen zu verbringen, die rennen, sich abmühen, viele Dinge tun, am Ende aber traurig und einsam bleiben, weil sie die Freude der Freundschaft und des Unentgeltlichen nie voll verkostet haben. Und sie haben der Welt nicht diese einzigartige Berührung des Schönen gegeben, die nur er oder sie und niemand sonst geben konnte. Als Christ denke ich an Jesus und sehe, dass sein Handeln immer von der Fürsorge geleitet war. Er hat Beziehungen zu all denen gepflegt, die er in den Häusern, in den Städten und entlang des Weges getroffen hat. Er hat den Menschen in die Augen gesehen, er hat ihnen zugehört, wenn sie um Hilfe baten, er ist ihnen nahe gekommen und hat ihre Wunden mit der Hand berührt. Ihr, seht ihr den Menschen in die Augen? Jesus ist in die Geschichte eingetreten, um uns zu sagen, dass der Allerhöchste für uns sorgt; um uns daran zu erinnern, dass auf Gottes Seite zu stehen bedeutet, jeden Tag für jemanden und für etwas zu sorgen, besonders für die Ärmsten.

Freunde, wie wunderbar ist es, sich mit Hingabe um andere zu kümmern, Beziehungs-Künstler zu werden! Aber das erfordert, wie alles im Leben, beständiges Training. Vergesst also nicht, euch zunächst um euch selbst zu sorgen: nicht so sehr um das Äußere, sondern um das Innere, um den verborgensten und wertvollsten Teil von euch. Welcher ist das? Eure Seele, euer Herz! Und wie sorgt man für das Herz? Versucht, in Stille auf es zu hören, Raum zu schaffen, um mit eurem Inneren in Kontakt zu bleiben, um das Geschenk zu spüren, das ihr seid, um euer Leben anzunehmen und es nicht aus euren Händen gleiten zu lassen. Es soll euch nicht passieren, dass ihr „Touristen des Lebens“ seid, die es nur von außen, oberflächlich betrachten. Und in der Stille, dem Rhythmus eures Herzens folgend, sprecht zu Gott. Erzählt ihm von euch selbst und auch von denen, denen ihr täglich begegnet und die er euch als Weggefährten schenkt. Bringt ihm die Gesichter, die glücklichen und die schmerzhaften Situationen, denn es gibt kein Gebet ohne Beziehungen, genauso wie es keine Freude ohne Liebe gibt.

Und die Liebe – ihr wisst das – ist keine Seifenoper oder ein romantischer Film: Zu lieben bedeutet, den Anderen im Herzen zu tragen, für den Anderen zu sorgen, die eigene Zeit und die eigenen Gaben denen zu schenken, die sie benötigen, etwas zu riskieren, um das Leben zu einem Geschenk zu machen, das weiteres Leben hervorbringt. Etwas riskieren! Freunde, vergesst eines bitte nie: Ihr seid alle – niemand ausgenommen – ein Schatz, ein einzigartiger und kostbarer Schatz. Bewahrt euer Leben also nicht in einem Tresor auf und denkt nicht, dass es besser ist, sich aufzusparen und dass der Moment der Hingabe noch nicht gekommen ist! Viele von euch sind nur vorübergehend hier, aus beruflichen Gründen und oft nur für eine begrenzte Zeit. Wenn wir jedoch mit der Mentalität des Touristen leben, lassen wir den gegenwärtigen Augenblick verstreichen und riskieren, ganze Teile des Lebens wegzuwerfen! Wie schön ist es hingegen, jetzt auf dem Weg eine gute Spur zu hinterlassen, indem wir uns um die Gemeinschaft, die Klassenkameraden, die Arbeitskollegen, die Schöpfung kümmern... Es tut uns gut, uns zu fragen: Welche Spur hinterlasse ich jetzt, hier, wo ich lebe, an dem Ort, an den mich die Vorsehung gestellt hat?

Dies ist die erste Einladung, die Kultur der Fürsorge; wenn wir sie uns zu eigen machen, helfen wir, den Samen der Geschwisterlichkeit wachsen zu lassen. Und hier ist die zweite Einladung, die ich an euch richten möchte: Geschwisterlichkeit säen. Mir hat gefallen, was du, Abdulla, gesagt hast: „Nicht nur auf dem Spielfeld ein Champion sein, sondern auch im Leben!“ Champions außerhalb des Spielfeldes. Es ist wahr, seid Champions der Geschwisterlichkeit, außerhalb des Spielfeldes! Das ist die Herausforderung von heute, um morgen zu gewinnen, die Herausforderung unserer zunehmend globalisierten und multikulturellen Gesellschaften. Ihr seht, all die Instrumente und Technologien, die uns die Moderne bietet, genügen nicht, um die Welt friedlich und geschwisterlich werden zu lassen. Das erleben wir gerade: Die Stürme des Krieges beruhigen sich eben nicht durch den technischen Fortschritt. Wir stellen mit Bedauern fest, dass die Spannungen und die Bedrohungen in vielen Regionen zunehmen und sich manchmal zu Konflikten auswachsen. Aber das passiert oft, weil man nicht an seinem Herzen arbeitet, weil man zulässt, dass sich die Entfernungen zu anderen vergrößern, und so die Unterschiede ethnischer, kultureller, religiöser und sonstiger Art zu Problemen und Ängsten werden, die isolieren, statt Möglichkeiten um gemeinsam zu wachsen. Und wenn sie stärker zu sein scheinen als die Geschwisterlichkeit, die uns verbindet, riskiert man den Konflikt.

Euch jungen Menschen, die ihr direkter seid und leichter Kontakte und Freundschaften knüpft, indem ihr Vorurteile und ideologische Zäune überwindet, möchte ich sagen: Seid Säleute der Geschwisterlichkeit und ihr werdet Erntearbeiter des Zukünftigen sein, denn die Welt wird nur in Geschwisterlichkeit Zukunft haben! Das ist eine Einladung aus der Mitte meines Glaubens. »Denn wer«, sagt die Bibel, »seinen Bruder nicht liebt, den er sieht, kann Gott nicht lieben, den er nicht sieht. Und dieses Gebot haben wir von ihm: Wer Gott liebt, soll auch seinen Bruder lieben.« (1 Joh 4,20-21). Ja, Jesus bittet darum, dass wir die Liebe zu Gott niemals von der Liebe zu unserem Nächsten trennen und dass wir uns selbst zum Nächsten aller machen (vgl. Lk 10,29-37). Von allen, nicht nur von denen, die uns sympathisch sind. Als Brüder und Schwestern zu leben ist die universale Berufung, die jedem Geschöpf anvertraut ist. Und ihr jungen Menschen – vor allem ihr – seid angesichts der vorherrschenden Neigung anderen gegenüber gleichgültig und unduldsam zu sein, ja sogar Kriege und Konflikte zu befürworten, aufgerufen, »darauf mit einem neuen Traum der Geschwisterlichkeit und der sozialen Freundschaft zu antworten, der sich nicht auf Worte beschränkt« (Fratelli tutti, 6). Worte genügen nicht. Es bedarf konkreter Gesten, die im Alltag geübt werden.

Stellen wir uns auch hier einige Fragen: Bin ich offen für andere? Bin ich mit jemandem befreundet, der nicht in meinen Interessenkreis passt, der ein anderes Glaubensbekenntnis und andere Gewohnheiten hat als ich? Suche ich nach Begegnungen oder bleibe ich bei meinen Dingen? Weiterführend ist nur der Weg, den uns Nevin in wenigen Worten erklärt hat: „Gute Beziehungen aufbauen“, zu allen. In euch jungen Menschen ist der Wunsch wach zu reisen, neue Länder kennenzulernen und über die Grenzen der gewohnten Orte hinauszugehen. Ich möchte euch sagen: Lernt auch in eurem Inneren zu reisen, die inneren Grenzen zu weiten, damit die Vorurteile über andere fallen, sich der Raum des Misstrauens verkleinert, die Zäune der Angst niedergerissen werden und geschwisterliche Freundschaft aufkeimt! Lasst euch auch dabei vom Gebet helfen, das das Herz weitet und uns – indem es uns für die Begegnung mit Gott öffnet – zu sehen hilft, in wem wir einem Bruder und einer Schwester begegnen. In diesem Zusammenhang sind die Worte eines Propheten schön, der sagt: »Hat nicht der eine Gott uns erschaffen? Warum handeln wir dann treulos, einer gegen den andern?« (Mal 2,10). Gesellschaften wie diese, mit einem bemerkenswerten Reichtum an verschiedenen Glaubensbekenntnissen, Traditionen und Sprachen, können zu „Fitnessstudios der Geschwisterlichkeit“ werden. Wir stehen hier vor den Toren des großen und vielgestaltigen asiatischen Kontinents, den ein Theologe als »Kontinent der Sprachen« bezeichnet hat (A. PIERIS, in Teologia in Asia, Brescia 2006, 5): Ich wünsche euch, dass ihr lernt, die vielen Sprachen in der einen Sprache, der Sprache der Liebe, zu harmonisieren, als wahre Champions der Geschwisterlichkeit!

Ich möchte euch noch eine dritte Einladung aussprechen: Sie betrifft die Herausforderung, im Leben Entscheidungen zu treffen. Ihr wisst es gut, aus der alltäglichen Erfahrung: Es gibt kein Leben ohne Herausforderungen, denen man sich stellen muss. Und immer, wenn man vor einer Herausforderung steht, wie an einer Weggabelung, muss man wählen, sich einbringen, etwas riskieren, entscheiden. Aber das erfordert eine gute Strategie: Man kann nicht improvisieren, indem man nur nach dem Instinkt oder nur im Augenblick lebt! Und wie macht man das, sich vorzubereiten, die Entscheidungsfähigkeit zu trainieren, die Kreativität, den Mut, die Durchhaltekraft? Wie kann man lernen, den inneren Blick zu schärfen, Situationen zu beurteilen und das Wesentliche zu erfassen? Es geht darum, in der Fertigkeit zu wachsen, sich beim Entscheiden zu orientieren und die richtige Richtung einzuschlagen. Deshalb lautet die dritte Einladung, im Leben Entscheidungen zu treffen, und zwar richtige Entscheidungen.

All das kam mir in den Sinn, als ich über Merinas Fragen nachdachte. Es sind Fragen, die genau das Bedürfnis ausdrücken, die Richtung zu verstehen, die man im Leben einschlagen soll – sie ist mutig, so wie sie die Dinge gesagt hat! Und ich kann euch meine Erfahrung erzählen: Ich war ein Jugendlicher wie ihr, wie jeder, und mein Leben war das normale Leben eines jungen Menschen. Die Jugend – das wissen wir – ist ein Weg, eine Phase des Wachstums, eine Zeit, in der wir dem Leben mit seinen manchmal widersprüchlichen Aspekten begegnen und uns zum ersten Mal bestimmten Herausforderungen stellen. Nun, was ist mein Rat? Ohne Angst weitergehen, und niemals allein! Zwei Dinge: Ohne Angst weitergehen und niemals allein. Gott lässt euch nicht allein, bevor er euch aber die Hand reicht, wartet er darauf, dass ihr ihn darum bittet. Er begleitet uns und führt uns. Nicht mit Wundern, sondern indem er sanft durch unsere Gedanken und Gefühle zu uns spricht; und auch durch unsere Lehrer, unsere Freunde, unsere Eltern und alle Menschen, die uns helfen wollen.

Man muss also lernen, seine Stimme zu unterscheiden, die Stimme Gottes, der zu uns spricht. Und wie lernen wir dies? Wie du es uns gesagt hast, Merina: durch das stille Gebet, durch die vertraute Zwiesprache mit ihm und indem wir in unserem Herzen bewahren, was uns guttut und uns Frieden gibt. Der Frieden ist ein Zeichen der Gegenwart Gottes. Dieses Licht Gottes erhellt das Labyrinth der Gedanken, Emotionen und Empfindungen, in dem wir uns oft bewegen. Der Herr möchte eure Intelligenz, eure innersten Gedanken, die Wünsche, die ihr in eurem Herzen tragt, die Urteile, die in euch reifen, erhellen. Er will euch helfen, das Wesentliche vom Überflüssigen zu unterscheiden, das Gute von dem, was euch und anderen schadet, das Gerechte von dem, was Ungerechtigkeit und Unordnung erzeugt. Nichts ist Gott fremd von dem, was in uns geschieht, nichts, aber oft sind wir es, die sich von ihm entfremden, die ihm Personen und Situationen nicht anvertrauen, die sich in Angst und Scham verschließen. Nein, lasst uns im Gebet die tröstende Gewissheit nähren, dass der Herr über uns wacht, dass er nicht einschläft, sondern uns immer ansieht und beschützt.

Liebe Freunde, liebe junge Menschen, das Abenteuer der Entscheidungen sollte nicht allein bestritten werden. Lasst mich euch deshalb noch eine letzte Sache sagen: Sucht euch immer, noch vor den Ratschlägen im Internet, gute Ratgeber im Leben, weise und vertrauenswürdige Personen, die euch Orientierung und Hilfestellung geben können. Dies zuerst. Ich denke dabei an die Eltern und die Lehrer, aber auch an die älteren Menschen, an die Großeltern und an einen guten geistlichen Begleiter. Ein jeder von uns braucht eine Begleitung auf dem Weg des Lebens! Ich wiederhole, was ich euch gesagt habe: Niemals allein! Wir brauchen auf dem Weg des Lebens Begleitung.

Liebe Jugendliche, wir brauchen euch, eure Kreativität, eure Träume und euren Mut, eure Sympathie und euer Lächeln, eure ansteckende Freude und auch jene Prise Verrücktheit, die ihr in jede Situation einzubringen wisst und die hilft, aus der Eintönigkeit der Gewohnheiten und der sich wiederholenden Muster auszubrechen, in die wir das Leben manchmal stecken. Als Papst möchte ich euch sagen: Die Kirche ist bei euch und braucht euch sehr, jeden Einzelnen von euch, um sich zu verjüngen, um neue Wege zu erkunden, um neue Sprachen auszuprobieren, um fröhlicher und gastfreundlicher zu werden. Verliert nie den Mut groß zu träumen und zu leben! Macht euch die Kultur der Fürsorge zu eigen und verbreitet sie; werdet Champions der Geschwisterlichkeit; stellt euch den Herausforderungen des Lebens, indem ihr euch von Gottes treuer Kreativität sowie guten Ratgebern leiten lasst. Und zu guter Letzt: Denkt in euren Gebeten an mich. Ich werde für euch das Gleiche tun und euch in meinem Herzen tragen. Danke!

God be with you! Allah ma’akum! [Gott sei mit euch!]

[01691-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos amigos, hermanos y hermanas, ¡buenos días!

Les agradezco que estén aquí, de muchas naciones y con tanto entusiasmo. Quisiera agradecer a Sor Rosalyn sus palabras de bienvenida y la dedicación con la que, junto con muchos otros, dirige este Colegio del Sagrado Corazón.

Y me alegro de haber visto en el Reino de Baréin un lugar de encuentro y diálogo entre diferentes culturas y credos. Y en este momento, mirándolos a ustedes, que no son de la misma religión y no tienen miedo de estar juntos, pienso que sin ustedes esta convivencia de las diferencias no sería posible. ¡Y no tendría futuro! En la masa del mundo, ustedes son la buena levadura destinada a crecer, a superar tantas barreras sociales y culturales, y a promover gérmenes de fraternidad y novedad. Jóvenes, ustedes son los que, como viajeros inquietos y abiertos a lo inédito, no tienen miedo de enfrentarse, dialogar, “hacer ruido” y mezclarse con los demás, convirtiéndose en la base de una sociedad amiga y solidaria. Y esto, queridos amigos, es fundamental en los contextos complejos y plurales en los que vivimos; derribar algunas barreras para inaugurar un mundo más conforme al hombre, más fraternal, aun cuando esto suponga enfrentar muchos retos. A este respecto, tomando como referencia sus testimonios y sus preguntas, me gustaría dirigirles tres pequeñas invitaciones, no tanto para enseñarles algo sino para animarlos.

La primera invitación es a abrazar la cultura del cuidado. Sor Rosalyn utilizó esta expresión: “cultura del cuidado”. Hacerse cargo, cuidar, significa desarrollar una actitud interior de empatía, una mirada atenta que nos lleva a salir de nosotros mismos, una presencia amable que supera la indiferencia y nos impulsa a interesarnos por los demás. Este es el punto de inflexión, el comienzo de la novedad, el antídoto contra un mundo cerrado que, impregnado de individualismo, devora a sus hijos; contra un mundo prisionero de la tristeza, que genera indiferencia y soledad. Me permito decirles, ¡cuánto daño hace el espíritu de tristeza! Porque si no aprendemos a hacernos cargo de lo que nos rodea —de los demás, de la ciudad, de la sociedad, de la creación— terminamos pasando la vida como los que corren, se afanan, hacen muchas cosas, pero, al final, se quedan tristes y solos porque nunca han experimentado en profundidad la alegría de la amistad y de la gratuidad. Y no le han dado al mundo aquel toque único de belleza que sólo él, o ella, y nadie más podría darle. Como cristiano, pienso en Jesús y veo que sus acciones estuvieron siempre animadas por el cuidado. Cuidó las relaciones con todos los que encontraba en las casas, en los pueblos y en los caminos. Miraba a la gente a los ojos, escuchaba sus peticiones de ayuda, se acercaba y tocaba sus heridas. Ustedes, ¿miran a la gente a los ojos? Jesús entró en la historia para decirnos que el Altísimo cuida de nosotros; para recordarnos que estar del lado de Dios significa hacerse cargo de alguien y de algo, especialmente de los más necesitados.

Amigos, ¡qué maravilloso es convertirse en especialistas del cuidado y artistas de las relaciones! Pero esto requiere, como todo en la vida, un entrenamiento constante. Así que no se olviden de cuidarse primero a ustedes mismos, no tanto del exterior, sino del interior, la parte más oculta y preciosa de ustedes. ¿Cuál es? El alma, el corazón. ¿Y cómo se hace para cuidar el corazón? Traten de escucharlo en silencio, de encontrar espacios para estar en contacto con su interioridad, para sentir el regalo que son, para acoger su propia existencia y no dejar que se les escape de las manos. Que no les suceda ser “turistas de la vida”, que sólo la miran desde fuera, superficialmente. Y, en silencio, siguiendo el ritmo de vuestro corazón, hablen con Dios. Háblenle de ustedes mismos, y también de aquellos que encuentran cada día y que Él les da como compañeros de viaje. Llévenle los rostros, las situaciones felices y dolorosas, porque no hay oración sin relaciones, como tampoco hay alegría sin amor.

Y el amor —ustedes lo saben— no es una telenovela o una película romántica. Amar es preocuparse por el otro, cuidarlo, ofrecer el propio tiempo y los propios dones a quien lo necesita, arriesgarse para hacer de la vida un regalo que genera ulterior vida. Amigos, por favor, no se olviden nunca de una cosa: todos ustedes —sin excluir a nadie— son un tesoro, un tesoro único y valioso. Por eso, no encierren su vida en una caja fuerte, pensando que es mejor no hacer ningún esfuerzo porque no ha llegado aún el momento de gastarla. Muchos de ustedes están aquí de paso, por razones de trabajo y a menudo por un tiempo determinado. Pero si vivimos con la mentalidad del turista, no aprovechamos el momento presente y nos arriesgamos a desperdiciar trozos enteros de vida. Qué hermoso es, en cambio, dejar ahora una buena huella en el camino, preocupándonos por la comunidad, por los compañeros de clase, por los colegas de trabajo, por la creación. Nos hace bien preguntárnoslo, ¿qué huella estoy dejando ahora, aquí donde vivo, en el lugar donde la Providencia me ha puesto?

Esta es la primera invitación, la cultura del cuidado; si la hacemos nuestra, contribuimos a que crezca la semilla de la fraternidad. Y esta es la segunda invitación que quisiera hacerles: sembrar fraternidad. Me gustó lo que dijiste Abdulla: “Es necesario ser campeones no sólo en el campo de juego, sino en la vida”. Campeones fuera del campo. Es verdad, ¡sean campeones de fraternidad, fuera del campo! Este es el desafío de hoy para el triunfo de mañana, el desafío de nuestras sociedades cada vez más globalizadas y multiculturales. Miren, todos los instrumentos y la tecnología que la modernidad nos da no bastan para que el mundo sea pacífico y fraterno. Lo estamos viendo, en efecto, los vientos de guerra no se aplacan con el progreso técnico. Constatamos con tristeza que en muchas regiones las tensiones y las amenazas aumentan, y a veces los conflictos estallan. Pero esto a menudo sucede porque no se trabaja el propio corazón, porque se permite que en las relaciones con los demás las distancias se agranden, y de este mismo modo las diferencias étnicas, culturales, religiosas y de otro tipo se convierten en problemas y temores que aíslan, y no en oportunidades para crecer juntos. Y cuando parecen ser más fuertes que la fraternidad que nos une, se corre el riesgo del enfrentamiento.

A ustedes jóvenes, que son más directos y capaces de establecer contactos y amistades, superando los prejuicios y las barreras ideológicas, quiero decirles: sean sembradores de fraternidad y serán cosechadores de futuro, porque el mundo sólo tendrá futuro en la fraternidad. Es una invitación que encuentro en el centro de mi fe. Dice la Biblia: «¿Cómo puede amar a Dios, a quien no ve, el que no ama a su hermano, a quien ve? Este es el mandamiento que hemos recibido de él: el que ama a Dios debe también amar a su hermano» (1 Jn 4,20-21). Sí, Jesús nos pide que no desvinculemos nunca el amor a Dios del amor al prójimo, haciéndonos nosotros mismos prójimos de todos (cf. Lc 10,29-37). De todos, no sólo de quien me resulta simpático. Vivir como hermanos y hermanas es la vocación universal confiada a toda criatura. Y ustedes, jóvenes —sobre todo ustedes—, frente a la tendencia dominante de permanecer indiferentes y mostrarse intolerantes con los demás, hasta el punto de avalar guerras y conflictos, están llamados a «reaccionar con un nuevo sueño de fraternidad y de amistad social que no se quede en las palabras» (Fratelli tutti, 6). Las palabras no son suficientes, se necesitan gestos concretos realizados en lo cotidiano.

Hagámonos algunas preguntas también aquí: ¿Soy abierto a los demás? ¿Soy amigo o amiga de alguna persona que no forma parte de mi grupo de intereses, que tiene creencias y costumbres diferentes de las mías? ¿Busco el encuentro o me quedo en lo mío? El camino es el que nos ha señalado Nevin con pocas palabras: “crear buenas relaciones”, con todos. En ustedes, jóvenes, está vivo el deseo de viajar, de conocer nuevas tierras, de superar los límites de los lugares habituales. Quisiera decirles: aprendan a viajar también dentro de ustedes mismos, amplíen las fronteras interiores, para que se desplomen los prejuicios sobre los demás, se reduzca el espacio de la desconfianza, se derriben los muros del miedo, florezca la amistad fraterna. También en esto déjense ayudar por la oración, que ensancha el corazón y que, abriéndonos al encuentro con Dios, nos ayuda a ver en quién encontramos a un hermano y una hermana. A este respecto, son hermosas las palabras de un profeta que dice: «¿No nos ha creado un solo Dios? ¿Por qué nos traicionamos unos a otros?» (Ml 2,10). Sociedades como esta, con una notable riqueza de fe, tradiciones y lenguas diversas, pueden convertirse en “escuelas de fraternidad”. Aquí estamos a las puertas del gran y multiforme continente asiático, al que un teólogo definió como «un continente de lenguas» (A. Pieris, en Teologia in Asia, Brescia 2006, 5); ¡sepan armonizarlas en la única lengua, la lengua del amor, como verdaderos campeones de fraternidad!

Quisiera hacerles además una tercera invitación. Se refiere al desafío de tomar decisiones en la vida. Ustedes lo saben bien, por la experiencia de cada día, no existe una vida sin desafíos que afrontar. Y siempre, frente a un desafío, como ante una encrucijada, es necesario elegir, involucrarse, arriesgarse, decidir. Pero esto requiere una buena estrategia, no se puede improvisar viviendo sólo por instinto y al instante. ¿Y cómo se hace para prepararse, para entrenar la capacidad de decidir, la creatividad, la valentía, la perseverancia? ¿Cómo afinar la mirada interior, aprender a juzgar las situaciones, a captar lo esencial? Se trata de crecer en el arte de orientarse en las decisiones, de tomar la dirección correcta. Por eso, la tercera invitación es hacer elecciones en la vida, elecciones justas.

Todo esto me vino a la mente pensando en las preguntas de Merina. Son interrogantes que expresan justamente la necesidad de descubrir la dirección que hay que tomar en la vida. —Por cómo dijo las cosas, ella muestra ser muy valiente— Y puedo compartirles mi experiencia: era un adolescente como ustedes, como todos, y mi vida era la vida normal de un joven. La adolescencia —lo sabemos— es un camino, es una etapa de crecimiento, un periodo en el que nos asomamos a la vida en sus aspectos a veces contradictorios, afrontando ciertos desafíos por primera vez. Y bien, ¿cuál es mi consejo?: ¡sigan adelante sin miedo, y nunca solos! Dos cosas, sigan adelante sin miedo y nunca solos. Dios nunca los deja solos, pero, para darles una mano, espera que se la pidan. Él nos acompaña y nos guía. No con prodigios y milagros, sino hablando delicadamente por medio de nuestros pensamientos y de nuestros sentimientos; y también a través de nuestros profesores, nuestros amigos, nuestros padres y todas las personas que quieren ayudarnos.

Es necesario, entonces, aprender a distinguir su voz. La voz de Dios que nos habla. ¿Cómo aprendemos esto? Como nos decías tú, Merina, por medio de la oración silenciosa, el diálogo íntimo con Él, conservando en el corazón lo que nos hace bien y nos da paz. La paz es un signo de la presencia de Dios. Esta luz de Dios ilumina el laberinto de pensamientos, emociones y sentimientos en el que a menudo nos movemos. El Señor desea iluminar sus inteligencias, sus sentimientos más íntimos, las aspiraciones que tienen en el corazón, las opiniones que maduran dentro de ustedes. Quiere ayudarlos a distinguir lo que es esencial de lo que es superficial, lo que es bueno de lo que es malo para ustedes y para los demás, lo que es justo de lo que genera injusticia y desorden. Nada de lo que nos sucede le es ajeno a Dios, nada, pero con frecuencia somos nosotros los que nos alejamos de Él, no le confiamos las personas y las situaciones, nos cerramos en el miedo y la vergüenza. No, alimentemos en la oración la certeza consoladora de que el Señor vela sobre nosotros, que no duerme, sino que nos cuida siempre.

Amigos, jóvenes, la aventura de las decisiones no la realizamos solos. Por eso, permítanme decirles una última cosa: busquen siempre, antes que las opiniones de internet, buenos consejeros en la vida, personas sabias y de confianza que puedan orientarlos, ayudarlos. Pienso en los padres y en los maestros, pero también en los ancianos, en los abuelos, y en un buen acompañante espiritual. ¡Cada uno de nosotros necesita ser acompañado en el camino de la vida! Repito lo que les he dicho, ¡nunca solos! Necesitamos ser acompañados en el camino de la vida.

Queridos jóvenes, los necesitamos, necesitamos su creatividad, sus sueños y su valentía, su simpatía y sus sonrisas, su alegría contagiosa y también esa pizca de locura que ustedes saben llevar a cada situación, y que ayuda a salir del sopor de la rutina y de los esquemas repetitivos en los que a veces encasillamos la vida. Como Papa quiero decirles: la Iglesia está con ustedes y los necesita, a cada uno de ustedes, para rejuvenecer, explorar nuevos senderos, experimentar nuevos lenguajes, volverse más alegre y acogedora. ¡No pierdan nunca la valentía de soñar y de vivir en grande! Aprópiense de la cultura del cuidado y difúndanla; sean campeones de fraternidad; afronten los desafíos de la vida dejándose orientar por la creatividad fiel de Dios y por buenos consejeros. Y, por último, acuérdense de mí en sus oraciones. Yo haré lo mismo por ustedes; los llevo en el corazón. ¡Gracias!

God be with you! Allah ma’akum[Que Dios esté con ustedes]

[01691-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Queridos amigos, irmãos e irmãs, bom dia!

Agradeço por vos encontrardes aqui, vindos de tantas nações diferentes e com tanto entusiasmo! Quero agradecer à Irmã Rosalyn as palavras de boas-vindas que me dirigiu e o empenho com que dinamiza, juntamente com muitos outros, esta Escola do Sagrado Coração.

E fiquei contente por ter visto, no Reino do Bahrein, um país de encontro e diálogo entre diferentes culturas e credos. E agora tendo-vos diante dos olhos – vós, que não sois da mesma religião e não tendes medo de estar juntos –, penso que uma tal convivência das diferenças não seria possível sem vós; nem teria futuro! Na massa do mundo, vós sois o fermento bom destinado a levedá-la, superando tantas barreiras sociais e culturais e multiplicando rebentos de fraternidade e de novidade. Como se fôsseis inquietos viajantes abertos ao inédito, vós, jovens, não temeis confrontar-vos, dialogar, «fazer barulho» e misturar-vos com os outros, tornando-vos a base duma sociedade amiga e solidária. E isto, queridos amigos, é fundamental nos contextos complexos e plurais em que vivemos: derrubar determinadas barreiras a fim de se inaugurar um mundo que seja mais à medida do homem, mais fraterno, ainda que isso signifique enfrentar numerosos desafios. A propósito disto e tirando partido dos vossos testemunhos e perguntas, quero fazer-vos três convites simples, não tanto para vos ensinar qualquer coisa mas sobretudo para vos encorajar.

O primeiro convite: abraçar a cultura do cuidado. A irmã Rosalyn usou esta expressão: «cultura do cuidado». Cuidar significa desenvolver uma atitude interior de empatia, um olhar atento que nos leva para fora de nós mesmos, uma presença gentil que vence a indiferença e nos impele a interessar-nos pelos outros. Este é o ponto de viragem, o início da novidade, o antídoto contra um mundo fechado que, impregnado de individualismo, devora os seus filhos; contra um mundo enclausurado pela tristeza, que gera indiferença e solidão. Deixai que vos diga: Como faz mal faz o espírito de tristeza! Tanto mal! Com efeito, se não aprendermos a cuidar daquilo que está ao nosso redor – dos outros, da cidade, da sociedade, da criação –, acabamos por transcorrer a vida como quem corre, se afadiga, faz muitas coisas, mas, no final, permanece triste e pelo simples motivo que nunca saboreou profundamente a alegria da amizade e da gratuidade, nem deu ao mundo aquele toque único de beleza que só ele ou ela, e mais ninguém, poderia dar. Como cristão, penso em Jesus e vejo que a sua ação sempre esteve animada pelo cuidado. Cuidou as relações com quantos encontrava nas casas, nas cidades e pelo caminho: fixou as pessoas nos olhos, prestou atenção aos seus pedidos de ajuda, aproximou-se e tocou com a mão as suas feridas. Vós, fixais as pessoas nos olhos? Jesus entrou na história dizendo-nos que o Altíssimo cuida de nós; lembrando-nos que, estar da parte de Deus, significa cuidar de alguém e dalguma coisa, especialmente dos mais necessitados.

Amigos, como é bom tornar-se cultores do cuidado, artistas das relações! Mas isto, como tudo na vida, requer um treino constante. Então não vos esqueçais de cuidar primariamente de vós mesmos: não tanto do exterior, como sobretudo do interior, da vossa parte mais escondida e preciosa. Qual é? A vossa alma, o vosso coração! E como se faz para cuidar do coração? Tentai escutá-lo em silêncio, criar espaços para estar em contacto com a vossa interioridade, para sentir o dom que sois, para acolher a vossa existência e não a deixar fugir de mão. Não vos aconteça ser «turistas da vida», que a olham apenas de fora, superficialmente. Mas, no silêncio, seguindo o ritmo do vosso coração, falai com Deus. Falai-Lhe de vós mesmos e também daqueles que encontrais diariamente e que Ele vos dá como companheiros de viagem. Levai à sua presença os rostos, as situações felizes e dolorosas, porque não há oração sem relações, tal como não há alegria sem amor.

E, como sabeis, o amor não é uma telenovela nem um filme romântico: amar é ter a peito o outro, cuidar do outro, oferecer o próprio tempo e os próprios dons a quem deles precisa, arriscar para fazer da vida um dom que gera nova vida. Arriscar! Amigos, por favor, nunca vos esqueçais duma coisa: sois todos – sem exceção – um tesouro, um tesouro único e precioso. Por isso, não mantenhais a vida num cofre, pensando que é melhor poupar-se e que o momento de a gastar ainda não chegou! Muitos de vós estão aqui de passagem, por motivos laborais e, frequentemente, por um prazo limitado. Mas, se vivermos com a mentalidade do turista, não agarramos o momento presente e corremos o risco de deitar fora pedaços inteiros de vida. Ao contrário, como é bom deixar agora um bom rasto no caminho, cuidando da comunidade, dos companheiros de escola, dos colegas de trabalho, da criação... A propósito, far-nos-á bem questionar-nos: Que rasto estou a deixar agora, aqui onde vivo, no lugar onde a Providência me colocou?

Este é o primeiro convite: a cultura do cuidado. Se a abraçarmos, contribuímos para fazer crescer a semente da fraternidade. E aqui está o segundo convite que vos quero dirigir: semear fraternidade. Gostei do que disseste tu, Abdulla: «É preciso ser-se campeão não só nos campos de jogo, mas também na vida». Campeão fora do campo. É verdade! Sede campeões de fraternidade, fora do campo. Este é o desafio de hoje para vencer amanhã, o desafio das nossas sociedades cada vez mais globalizadas e multiculturais. Vede! Todos os instrumentos e a tecnologia que a modernidade nos oferece, não bastam para tornar o mundo pacífico e fraterno. Temo-lo diante dos olhos: de facto, os ventos de guerra não se aplacam com o progresso técnico. Com tristeza constatamos que, em muitas regiões, as tensões e as ameaças aumentam e, por vezes, deflagram nos conflitos. Frequentemente, porém, isto acontece porque não se trabalha o coração, porque se deixam ampliar as distâncias em relação aos outros e, assim, as diferenças étnicas, culturais, religiosas e outras tornam-se problemas e temores que isolam, em vez de ser oportunidades para crescer juntos. E, quando se mostram mais fortes do que a fraternidade que nos une, corre-se o risco do conflito.

A vós, jovens, que sois mais diretos e mais capazes de gerar contactos e amizades, superando os preconceitos e as barreiras ideológicas, quero dizer: sede semeadores de fraternidade e recolhereis futuro, porque o mundo só terá futuro na fraternidade! É um convite que encontro no coração da minha fé. Como diz a Bíblia, «aquele que não ama o seu irmão, a quem vê, não pode amar a Deus, a quem não vê. E nós recebemos d’Ele este mandamento: quem ama a Deus, ame também o seu irmão» (1 Jo 4, 20-21). Sim! Jesus pede para nunca desligarmos o amor a Deus do amor ao próximo, fazendo-nos nós mesmos próximo de todos (cf. Lc 10, 29-37): de todos, e não só de quem nos é simpático. Viver como irmãos e irmãs é a vocação universal confiada a toda a criatura. E vós jovens – sobretudo vós –, face à tendência dominante de permanecer indiferentes e mostrar-se impaciente com os outros, até ao ponto de aprovar guerras e conflitos, sois chamados a «reagir com um novo sonho de fraternidade e amizade social que não se limite a palavras» (Francisco, Carta enc. Fratelli tutti, 6). As palavras não bastam; há necessidade de gestos concretos realizados no dia a dia.

Ponhamo-nos, aqui também, algumas perguntas: Estou aberto aos outros? Sou amigo ou amiga de qualquer pessoa que não faça parte do meu círculo de interesses, que tenha credo e costumes diferentes dos meus? Procuro o encontro, ou fico na minha? O caminho – assim no-lo disse Nevin, em poucas palavras – é «criar boas relações», com todos. Geralmente em vós, jovens, há um forte desejo de viajar, conhecer novas terras, ultrapassar os confins dos lugares habituais. Pois bem! Deixai que vos diga: sabei viajar também dentro de vós mesmos, alargar as fronteiras interiores, para que caiam os preconceitos sobre os outros, se restrinja o espaço da difidência, se desmoronem os recintos do medo, germine a amizade fraterna! Também aqui deixai-vos ajudar pela oração, que alarga o coração e, abrindo-nos ao encontro com Deus, ajuda-nos a ver, em quem encontramos, um irmão e uma irmã. A propósito, são belas estas palavras dum profeta: «Não foi o mesmo Deus que nos criou? Por que razão, pois, somos nós pérfidos uns para com os outros?» (Ml 2, 10). Sociedades como esta do Bahrein, com uma notável riqueza de credos, tradições e línguas diferentes, podem tornar-se «ginásios de fraternidade». Aqui estamos às portas do grande e multiforme continente asiático, que um teólogo definiu «um continente de línguas» (A. Pieris, Teologia na Ásia, Brescia 2006, 5): sabei harmonizá-las numa única língua, a língua do amor, como verdadeiros campeões de fraternidade!

Quero ainda fazer um terceiro convite, relacionado com o desafio de fazer opções na vida. Como bem sabeis pela experiência de cada dia, não existe uma vida sem desafios a enfrentar. E perante um desafio, como numa encruzilhada, sempre é preciso escolher, entrar em jogo, arriscar, decidir. Mas isto requer uma boa estratégia: não se pode improvisar, vivendo só por instinto ou circunscrito a cada instante! E como se faz para preparar-se, treinar a capacidade de escolher, a criatividade, a coragem, a tenacidade? Como aperfeiçoar o olhar interior, aprender a julgar as situações, a captar o essencial? Trata-se de crescer na arte de se orientar nas escolhas, de tomar as justas direções. Por isso, o terceiro convite é fazer opções na vida, opções certas.

Tudo isto me veio em mente, ao repassar as perguntas de Merina. São interrogativos que expressam precisamente a necessidade de compreender a direção que se deve tomar na vida. És uma jovem corajosa, pelo modo como disseste as coisas! E posso contar-vos a minha experiência: era um adolescente como vós, como todos, e a minha vida era a vida normal dum rapaz qualquer. Como sabemos, a adolescência é um caminho, uma fase de crescimento, um período em que assomamos à vida com os seus aspetos por vezes contraditórios, enfrentando pela primeira vez certos desafios. Pois bem! O meu conselho, qual é? Avançar sem medo, e nunca sozinhos! Duas coisas: avançar sem medo, e nunca sozinhos! Deus não vos deixa sozinhos, mas, para vos dar uma mão, espera que Lha peçais. Acompanha-nos e guia-nos, não com prodígios e milagres, mas falando delicadamente através dos nossos pensamentos e sentimentos e também por meio dos nossos professores, dos nossos amigos, dos nossos pais e de todas as pessoas que nos querem ajudar.

Por isso é preciso aprender a distinguir a sua voz, a voz de Deus que nos fala. E como aprendemos isto? Como nos dizias tu, Merina: através da oração silenciosa, do diálogo íntimo com Ele, guardando no coração aquilo que nos faz bem e dá paz. A paz é um sinal da presença de Deus. Esta luz de Deus ilumina o labirinto de pensamentos, emoções e sentimentos em que, muitas vezes, nos movemos. O Senhor deseja iluminar a vossa inteligência, os vossos pensamentos mais íntimos, as aspirações que trazeis no coração, os juízos que amadurecem dentro de vós. Quer-vos ajudar a distinguir o essencial daquilo que é supérfluo, aquilo que é bom daquilo que faz mal a vós e aos outros, aquilo que é justo daquilo que gera injustiça e desordem. A Deus, nada é alheio de quanto nos acontece, nada! Muitas vezes, porém, somos nós a alhear-nos d’Ele, não Lhe confiando as pessoas e as situações e fechando-nos no medo e na vergonha. Assim não! Alimentemos na oração a certeza consoladora de que o Senhor vela por nós, que não dorme, mas sempre nos vê e guarda.

Amigos, jovens, esta aventura das opções, não a devemos realizar sozinhos. Por isso deixai que vos diga uma última coisa: procurai sempre – antes das sugestões da Internet – bons conselheiros na vida, pessoas sábias e fiáveis que vos possam orientar, ajudar. Primeiro, isto! Penso nos pais e professores, mas também nos idosos, nos avós e num bom acompanhante espiritual. Cada um de nós precisa de ser acompanhado no caminho da vida! Repito o que vos disse: nunca sozinhos! Precisamos de ser acompanhados no caminho da vida.

Queridos jovens, precisamos de vós, da vossa criatividade, dos vossos sonhos e da vossa coragem, da vossa simpatia e dos vossos sorrisos, da vossa alegria contagiante e também daquele mínimo de turbulência que sabeis trazer a cada situação e que ajuda a sair do torpor de hábitos e esquemas repetitivos em que às vezes encaixilhamos a vida. Como Papa, quero dizer-vos: a Igreja está convosco e tem tanta necessidade de vós, de cada um de vós, para rejuvenescer, explorar novas sendas, experimentar novas linguagens, tornar-se mais jubilosa e hospitaleira. Nunca percais a coragem de sonhar e viver em medida grande! Fazei vossa a cultura do cuidado e espalhai-a; tornai-vos campeões de fraternidade; enfrentai os desafios da vida, deixando-vos orientar pela criatividade fiel de Deus e por bons conselheiros. E, em último lugar, recordai-vos de mim nas vossas orações. Eu farei o mesmo por vós, levando-vos no coração. Obrigado!

God be with you - Allah ma’akum – Deus esteja convosco!

[01691-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Drodzy przyjaciele, bracia i siostry, dzień dobry!

Dziękuję, że jesteście tutaj, z wielu różnych narodów i z wielkim entuzjazmem! Chciałbym podziękować siostrze Rosalyn za słowa powitania które skierowała do mnie i za zaangażowanie, z jakim, razem z wieloma innymi osobami, prowadzi tę szkołę Najświętszego Serca Jezusowego.

I cieszę się, że w Królestwie Bahrajnu zobaczyłem miejsce spotkania i dialogu między różnymi kulturami i wyznaniami religijnymi. A teraz, patrząc na was, którzy nie macie tej samej religii i nie boicie się przebywać razem, myślę, że bez was to współistnienie różnic nie byłoby możliwe. I nie miałoby przyszłości! W cieście świata to wy jesteście dobrym zaczynem, który ma wzrastać, przezwyciężać tak wiele barier społecznych i kulturowych oraz wspierać zalążki braterstwa i nowości. To wy, młodzi, niczym niespokojni wędrowcy otwarci na to, co niespotykane, nie boicie się konfrontacji, dialogu, „robienia zgiełku” i mieszania się z innymi, stając się podstawą społeczeństwa przyjaznego i solidarnego. I to, drodzy przyjaciele, w złożonych i licznych kontekstach, w których żyjemy, jest zasadnicze: obalić pewne bariery, aby zapoczątkować świat bardziej na miarę człowieka, bardziej braterski, nawet jeśli to oznacza stawienie czoła licznym wyzwaniom. W związku z tym, korzystając z waszych świadectw i waszych pytań, chciałbym skierować do was trzy małe zaproszenia, nie tyle po to, by was czegoś nauczyć, ile, by was zapytać.

Pierwsze zaproszenie: popierać kulturę troski. Siostra Rosalyn użyła takiego określenia: „kultura troski”. Opiekować się oznacza rozwijanie wewnętrznej postawy empatii, uważne patrzenie, które wyprowadza nas poza nas samych, życzliwą obecność, która przezwycięża obojętność i skłania nas do zainteresowania się innymi. To punkt zwrotny, początek nowości, środek zaradczy przeciwko zamkniętemu światu, który, nasycony indywidualizmem, pożera swoje dzieci; przeciwko światu uwięzionemu przez smutek, rodzący obojętność i samotność. Pozwalam sobie powiedzieć wam: jak wiele zła wyrządza duch smutku, jakże wiele! Jeśli bowiem nie nauczymy się troszczenia się o to, co nas otacza – o innych, o miasto, o społeczeństwo, o stworzenie – dojdziemy w końcu do tego, że życie upłynie nam jak temu, który biegnie, który się trudzi, który robi wiele rzeczy, ale w końcu pozostaje smutny i samotny, ponieważ nigdy w pełni nie zasmakował radości przyjaźni i bezinteresowności. I nie dał światu tego niepowtarzalnego dotyku piękna, który mógł dać tylko on lub ona, i nikt inny. Jako chrześcijanin myślę o Jezusie i widzę, że Jego działanie było zawsze ożywione troską. Dbał o relacje ze wszystkimi, których spotykał w domach, miastach i w drodze: patrzył ludziom w oczy, słuchał ich próśb o pomoc, stał się im bliski, i dotykał ręką ich ran. Czy patrzycie ludziom w oczy? Jezus wszedł do historii, aby powiedzieć nam, że Najwyższy troszczy się o nas; aby przypomnieć nam, że być po stronie Boga znaczy troszczyć się o kogoś i o coś każdego dnia, zwłaszcza o najbardziej potrzebujących.

Przyjaciele, jak jest cudownie stać się miłośnikami troski, mistrzami relacji! Ale to wymaga, jak wszystko w życiu, ciągłego treningu. Nie zapominajcie więc, by najpierw zadbać o siebie: nie tyle o to, co na zewnątrz, ale o to, co w środku, o tę najbardziej ukrytą i cenną część was samych. Co to jest? Wasza dusza, wasze serce! A jak się dba o serce? Spróbujcie posłuchać go w ciszy, znaleźć przestrzenie, aby mieć kontakt z waszym wnętrzem, by poczuć dar, jakim jesteście, aby przyjąć waszą egzystencję i nie pozwolić jej wymknąć się wam z rąk. Nie pozwólcie sobie na bycie „turystami życia”, którzy patrzą na nie tylko z zewnątrz, powierzchownie. I w milczeniu, idąc za rytmem waszego serca, rozmawiajcie z Bogiem. Opowiadajcie Mu o sobie, a także o tych, których spotykacie na co dzień i których On daje wam jako towarzyszy podróży. Zanieście Mu twarze, sytuacje radosne i bolesne, bo nie ma modlitwy bez relacji, tak jak nie ma radości bez miłości.

A miłość – wiecie o tym – to nie telenowela ani film romantyczny: kochać, to interesować się drugim człowiekiem, troszczyć się o niego, poświęcić swój czas i swoje zdolności potrzebującym, zaryzykować uczynienie z życia daru, który rodzi kolejne życie. Zaryzykować! Przyjaciele, proszę, nie zapominajcie nigdy o jednym: wszyscy – nie wykluczając nikogo – jesteście skarbem, jedynym i cennym skarbem. Nie trzymajcie więc swojego życia w sejfie, myśląc, że lepiej je oszczędzać, i że jeszcze nie nadszedł czas na jego wydanie! Wielu z was jest tu przejazdem, z powodu pracy i często na czas określony. Jeśli jednak żyjemy mentalnością turysty, nie chwytamy chwili obecnej i ryzykujemy zmarnowaniem całych fragmentów życia! Jakże pięknie jest natomiast zostawić teraz dobry ślad w drodze, troszcząc się o wspólnotę, o towarzyszy z klasy, o kolegów z pracy, o stworzenie... Warto postawić sobie pytania: jaki ślad zostawiam teraz, tutaj, gdzie żyję, w miejscu, w którym postawiła mnie Opatrzność?

To jest pierwsze zaproszenie, kultura troski; jeśli ją przyjmiemy, przyczynimy się do wzrostu ziarna braterstwa. A oto drugie zaproszenie, które chciałbym skierować do was: bądźcie siewcami braterstwa. Podobało mi się to, co powiedziałeś ty, Abdulla: „trzeba być mistrzami nie tylko na boisku, ale i w życiu!”. Mistrzami poza boiskiem. To prawda, bądźcie mistrzami braterstwa, poza boiskiem. To jest wyzwanie dnia dzisiejszego, aby wygrać jutro, wyzwanie naszych, coraz bardziej zglobalizowanych i wielokulturowych, społeczeństw. Zobaczcie, wszystkie narzędzia i technologie, które oferuje nam nowoczesność, nie wystarczają, by uczynić świat pokojowym i braterskim. To widzimy: bowiem wichry wojny nie cichną z postępem technicznym. Ze smutkiem odnotowujemy, że w wielu regionach wzrastają napięcia i zagrożenia, a niekiedy wybuchają w konfliktach. Ale często dzieje się tak dlatego, że ludzie nie pracują nad swoim sercem, ponieważ przyzwala się na poszerzanie dystansów w stosunku do innych, i w ten sposób różnice etniczne, kulturowe, religijne i innego rodzaju stają się problemami i lękami, które izolują, a nie szansą by wzrastać razem. I kiedy wydają się silniejsze od łączącego nas braterstwa, grozi nam kolizja.

Wam, młodym, którzy jesteście bardziej bezpośredni i bardziej zdolni do nawiązywania kontaktów i przyjaźni, przezwyciężając uprzedzenia i podziały ideologiczne, chciałbym powiedzieć: bądźcie siewcami braterstwa, a będziecie żniwiarzami przyszłości, ponieważ świat będzie miał przyszłość tylko w braterstwie! Jest to zaproszenie, które znajduję w sercu mojej wiary. „Jeśliby ktoś mówił: «Miłuję Boga», a brata swego nienawidził, jest kłamcą – mówi Biblia – albowiem kto nie miłuje brata swego, którego widzi, nie może miłować Boga, którego nie widzi. Takie zaś mamy od Niego przykazanie, aby ten, kto miłuje Boga, miłował też i brata swego” (1 J 4, 20-21). Tak, Jezus prosi, abyśmy nigdy nie oddzielali miłości do Boga od miłości bliźniego, stając się bliźnimi wszystkich (por. Łk 10, 29-37). Wszystkich, a nie tylko tych, którzy są nam sympatyczni. Żyć jako bracia i siostry, to powszechne powołanie powierzone każdemu stworzeniu. A wy młodzi – zwłaszcza wy – w obliczu dominującej tendencji do pozostawania obojętnym i okazywania nietolerancji innym, a nawet do popierania wojen i konfliktów, jesteście wezwani do „odpowiadania nowym marzeniem o braterstwie i przyjaźni społecznej, które nie ogranicza się jedynie do słów” (Enc. Fratelli tutti, 6). Słowa nie wystarczą: potrzebne są konkretne gesty praktykowane na co dzień.

Postawmy sobie tutaj również kilka pytań: czy jestem otwarty na innych? Czy jestem przyjacielem lub przyjaciółką jakiejś osoby, która nie mieści się w moim kręgu zainteresowań, która ma inne przekonania i obyczaje niż ja? Czy szukam spotkania, czy pozostaję przy swoim? Drogą jest to, o czym Nevin powiedział nam w kilku słowach: „tworzyć dobre relacje”, z wszystkimi. W was młodych jest żywe pragnienie podróżowania, poznawania nowych ziem, przekraczania granic zwykłych miejsc. Chciałbym wam powiedzieć: umiejcie podróżować także do waszego wnętrza, poszerzać granice wewnętrzne, aby upadały uprzedzenia wobec innych, zmniejszała się przestrzeń nieufności, rozpadały się bariery lęku, wschodziła braterska przyjaźń! Także w tym pozwólcie sobie pomóc modlitwą, która poszerza serce i, otwierając nas na spotkanie z Bogiem, pomaga nam dostrzec w tych, których spotykamy, brata i siostrę. W tym względzie piękne są słowa jednego z proroków: „Czyż nie mamy wszyscy jednego Ojca? Czyż nie stworzył nas jeden Bóg? Dlaczego oszukujemy jeden drugiego?” (Ml 2, 10). Społeczeństwo takie jak to, z widocznym bogactwem różnych wyznań religijnych, tradycji i języków, mogą stać się „szkołami braterstwa”. Jesteśmy tutaj u bram wielkiego i wielopostaciowego kontynentu azjatyckiego, który jeden z teologów nazwał „kontynentem języków” (A. Pieris, w: Teologia in Asia, Brescia 2006, 5): umiejcie je zharmonizować w jednym języku, języku miłości, jako prawdziwi mistrzowie braterstwa!

Jest jeszcze trzecie zaproszenie, które chciałbym skierować do was: dotyczy ono wyzwania, jakim jest dokonywanie wyborów w życiu. Dobrze to wiecie z doświadczenia każdego dnia: nie ma życia bez wyzwań, którym trzeba sprostać. I zawsze w obliczu jakiegoś wyzwania, tak jak w obliczu rozwidlenia dróg, trzeba wybrać, narazić się, zaryzykować, zdecydować. Ale to wymaga dobrej strategii: nie można improwizować, żyjąc tylko instynktem lub tylko pod wpływem chwili! A jak się przygotować, wytrenować zdolność wyboru, kreatywność, odwagę, upór? Jak wyostrzyć swój wewnętrzny wzrok, nauczyć się oceniać sytuacje, uchwycić to, co istotne? Chodzi o wzrastanie w sztuce dokonywania wyborów, obierania właściwych kierunków. Dlatego trzecim zaproszeniem jest dokonywanie w życiu wyborów, właściwych wyborów.

Wszystko to przyszło mi na myśl, gdy myślałem o pytaniach Meriny. Są to pytania, które wyrażają właśnie potrzebę zrozumienia kierunku, jaki należy obrać w życiu – jest odważna, ona, jak o tym opowiedziała! A ja mogę powiedzieć o moim doświadczeniu: byłem nastolatkiem tak jak wy, jak wszyscy, i moje życie było zwykłym życiem nastolatka. Okres dojrzewania – wiemy – to droga, to faza wzrostu, czas, w którym mierzymy się z życiem w jego aspektach niekiedy sprzecznych, po raz pierwszy stawiając czoła pewnym wyzwaniom. Cóż, jaka jest moja rada? Iść do przodu bez lęku, i nigdy samotnie! Dwie rzeczy: iść do przodu bez lęku i nigdy samotnie. Bóg nie zostawia was samych, ale aby podać wam rękę oczekuje, że Go o nią poprosicie. On nam towarzyszy i nas prowadzi. Nie za pomocą nadzwyczajności i cudów, ale, mówiąc delikatnie, poprzez nasze myśli i uczucia; a także poprzez naszych nauczycieli, przyjaciół, rodziców i wszystkich ludzi, którzy chcą nam pomóc.

Musimy więc nauczyć się odróżniać Jego głos, głos Boga, który do nas mówi. A jak się tego uczymy ? Jak nam mówiłaś, Merino: poprzez cichą modlitwę, przez wewnętrzny dialog z Nim, zachowując w sercu to, co jest dla nas dobre i daje nam pokój. Pokój jest znakiem obecności Boga. To Boże światło rozświetla labirynt myśli, emocji i uczuć, w którym często się poruszamy. Pan pragnie rozjaśnić waszą inteligencję, wasze najskrytsze myśli, aspiracje, które nosicie w sercu, osądy, które w was dojrzewają. Chce wam pomóc odróżniać to, co istotne, od tego, co zbędne, to, co dobre od tego, co szkodzi wam i innym, to, co sprawiedliwe, od tego, co rodzi niesprawiedliwość i nieład. Nic nie jest Bogu obce, nic, ale często, to my sami odsuwamy się od Niego, nie powierzamy Mu osób i sytuacji, zamykamy się w lęku i wstydzie. Nie, umacniajmy w modlitwie pocieszającą nas pewność, że Pan czuwa nad nami, że nie zasypia, ale zawsze patrzy na nas i nas strzeże.

Przyjaciele, młodzi, przygoda, jaką jest podejmowanie wyborów, nie powinna być realizowana w pojedynkę. Pozwólcie zatem, że powiem wam jeszcze jedno: zanim sięgniecie po sugestie w internecie, zawsze szukajcie najpierw dobrych doradców życiowych, mądrych i rzetelnych ludzi, którzy mogą ukierunkować was, pomóc wam. Najpierw to. Myślę o rodzicach i o nauczycielach, ale także o osobach starszych, dziadkach, o dobrym opiekunie duchowym. Każdy potrzebuje opieki na drodze życia! Powtarzam to, co wam powiedziałem: nigdy sami! Potrzebujemy osób towarzyszących nam na drodze życia.

Drodzy młodzi, potrzebujemy was, waszej kreatywności, waszych marzeń i waszej odwagi, waszej sympatii i waszych uśmiechów, waszej zaraźliwej radości, a także tej szczypty szaleństwa, którą umiecie wnieść do każdej sytuacji, a która pomaga wyrwać się z letargu przyzwyczajeń i powtarzających się schematów, w które czasem szufladkujemy życie. Jako Papież chcę wam powiedzieć: Kościół jest z wami i bardzo was potrzebuje, każdego z was, aby się odmłodzić, aby odkrywać nowe drogi, aby próbować nowych sposobów wyrażania myśli, aby stać się bardziej radosnym i gościnnym. Nigdy nie traćcie odwagi, by marzyć i żyć z rozmachem! przyswajajcie kulturę troski i rozszerzajcie ją; stawajcie się mistrzami braterstwa; stawiajcie czoła wyzwaniom życia, pozwalając, by prowadziła was wierna kreatywność Boga i dobrzy doradcy. A na koniec, pamiętajcie o mnie w waszych modlitwach. Będę czynił to samo za was, nosząc was w sercu. Dziękuję!

God be with you! Allah ma’akum! [Niech Bóg będzie z wami]

[01691-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى البحرين

كلمة قداسة البابا فرنسيس

في اللقاء مع الشّباب

في مدرسة القلب الأقدس - عوالي

السّبت 5 تشرين الثّاني/نوفمبر 2022

أيّها الأصدقاء، والإخوة والأخوات الأعزّاء، مساء الخير!

أشكركم على حضوركم هنا، وقد قدِمتم من بلدان عديدة ومختلفة ممتلئِين بحماس شدّيد. أودّ أن أشكر الرّاهبة روزالين على كلمات التّرحيب التي وجهّتها إليّ وعلى الالتزام الذي تقود به، مع كثيرين آخرين، مدرسة القلب الأقدس هذه.

وقد أَسعَدَنِي أنّني رأيت في مملكة البحرين مكان لقاء وحوار بين ثقافاتٍ ومعتقداتٍ مختلفة. والآن، وأنا أنظر إليكم، وأنتم لستم من ديانة واحدة، ولا تخافون أن تكونوا معًا، أفكّر أنّه من دونكم، هذا العيش معًا بين الاختلافات، لن يكون ممكنًا. ولن يكون له مستقبل! في عجينة العالم، أنتم الخميرة الجيّدة والمقدّر لها أن تنمو، وتتغلّب على الحواجز الاجتماعيّة والثقافيّة العديدة، وتعزّز براعم الأخوّة وكلّ ما هو جديد. أنتم أيّها الشّباب، مثل مسافرين قلقين ومنفتحين على ما هو غير مألوف، لا تخشوا أن تواجهوا بعضكم بعضًا، وأن تتحاوروا، و”تُحدِثوا ضجيجًا“ وتختلطوا بالآخرين، فتصبحوا الأساسَ لمجتمعٍ صديقٍ ومتضامن. وهذا، أيّها الأصدقاء الأعزّاء، أمرٌ أساسيّ في السّياقات المعقّدة والتعدّديّة التي نعيش فيها: علينا أن نُسقِطَ بعض الأسوار لكي نفتتح عالمًا فيه المزيد من الإنسانيّة والأخُوّة، حتّى لو كان هذا يعني أن نواجه تحدّيات عديدة. في هذا الموضوع، أستندُ على شهاداتكم وأسئلتكم، وأوجّه إليكم ثلاث دعوات صغيرة، لا لأعلّمكم شيئًا ما، بل لأشجّعكم.

الدّعوة الأولى: عانقوا ”ثقافة الرّعاية“. استخدمت الرّاهبة روزالين هذا التّعبير: ”ثقافة الرّعاية“. الرّعاية تعني أن نطوّر في داخلنا موقفًا من التّعاطف، ونظرة متنبّهة تخرجنا من أنفسنا، وحضورًا لطيفًا يتغلّب على اللامبالاة ويدفعنا إلى الاهتمام بالآخرين. هذه هي نقطة التحوّل، وبداية الجديد، والتّرياق لعالم مُغلق، ومليء بالانفراديّة، ويلتهم أبناءه، ولعالمٍ سجين الحزن، يولّد اللامبالاة والوِحدة. أسمح لنفسي أن أقول لكم: كم من الأذى يسبّب لنا روح الحزن، كم من الأذى! لأنّنا إن لم نتعلّم أن نعتني بالذين هم حولنا - الآخرين والمدينة والمجتمع والخليقة - ينتهي بنا الأمر إلى أن نقضي حياتنا مثل الذي يركض، ويلهث، ويفعل أمورًا كثيرة، لكن، في النّهاية يبقى حزينًا ووحيدًا، لأنّه لم يستمتع قطّ في أعماق نفسه بفرح الصّداقة والمجانيّة، ولم يُعطِ العالمَ تلك اللّمسة الفريدة من الجمال، التي لا يستطيع أحدٌ غيره، أو غيرها، أن يُعطيها. بكوني مسيحيًّا، أفكّر في يسوع، وأرى أنّ ”الرّعاية“ هي التي كانت توجّه كلّ أعماله. فاهتمّ بالعلاقات مع كلّ من التقى بهم في البيوت والمدن وعلى طول الطّريق: نظر إلى الناس في عيونهم، واستمع إلى طلباتهم للمساعدة، واقترب منهم ولمس جراحهم بيده. وأنتم، هل تنظرون إلى الأشخاص في عيونهم؟ دخل يسوع في التّاريخ ليقول لنا إنّ العليّ يعتني بنا، وليذكّرنا أنّ وقوفنا في جانب الله يعني أن نعتني بشخصٍ ما وبأمرٍ ما، وخاصّة بالمحتاجين وبأشدِّهم حاجة.

أيّها الأصدقاء، كم هو جميل أن نصبح محبّي رعاية، وفنّاني علاقات! لكن هذا يتطلّب، مثل كلّ شيء في الحياة، تدريبًا مستمرًّا. لذلك، لا تنسَوا أوّلًا أن تعتنوا بأنفسكم: ليس من الخارج فقط، بل من الداخل أيضًا، وفي الجزء الأشدّ خفاء فيكم والأعزّ عليكم. وما هو؟ نفسكم، وقلبكم! وكيف تعتني بالقلب؟ حاولوا أن تستمعوا إليه في صمت، وتخصّصوا مساحات لكي تبقوا على اتّصال مع داخلكم، ولكي تشعروا بالعطيّة التي هي أنتم، ولكي تقبلوا وجودكم ولا تدعوه يخرج عن سيطرتكم. لا يحدث لكم أن تكونوا ”سُوّاحًا في الحياة“، تنظرون إليها فقط من الخارج، وبسطحيّة. في صمت، وأنتم تتبعون إيقاع قلبكم، تكلّموا مع الله. أخبروه عن أنفسكم، وأيضًا عن الذين تلتقونهم كلّ يوم، والذين يرسلهم إليكم رُفَقَاءَ سَفَر. قدِّموا له الوجوه، والمواقف السّعيدة والمؤلمة، لأنّه لا توجد صلاة من دون علاقات، كما أنّه لا يوجد فرح من دون محبّة.

والمحبّة - كما تعلمون - ليست مسلسلًا تلفزيونيًّا أو فيلمًا رومانسيًّا: المحبّة هي أن تهتمّ بالآخر، وأن تعتني بالآخر، وأن تقدّم وقتك ومواهبك لمن هم في حاجة، وأن تخاطر فتجعل حياتك هبةً تَلِدُ حياة أخرى. أن تخاطر! أيّها الأصدقاء، من فضلكم، لا تنسَوا أبدًا هذا الأمر: أنتم كلّكم - دون استثناء - كنز، كنز فريد وثمين. لذلك، لا تضعوا حياتكم في خزنة، ولا تفكّروا أنّه من الأفضل أنّ توفّروا أنفسكم، وأنّ الوقت لم يَحِن بعد لكي تبذلوها! كثيرون منكم هم هنا عابرون، ولأسباب تتعلّق بالعمل، وغالبًا لفترة محدودة. لكن، إن عِشنا بعقليّة السّائح، لن ننتهز اللحظة الحاضرة ونوشك أن نلقي خارجًا قِسمًا كبيرًا من الحياة! بينما، كم هو جميلٌ الآن أن نترك أثرًا جيّدًا في المسيرة، فنعتني بالجماعة، وبزملاء الدّراسة، وبزملاء العمل، وبالخليقة... حسنٌ لنا أن نتساءل: ما الأثر الذي أتركه أنا الآن، هنا حيث أعيش، وفي المكان الذي فيه وضعتني العناية الإلهيّة؟

هذه هي الدّعوة الأولى، ثقافة الرّعاية، إن تبنّيناها، سنساهم في إنماء بذرة الأخوّة. وهذه هي الدّعوة الثّانية التي أودّ أن أوجهّها إليكم: ازرعوا الأخوّة. أعجبني ما قلُته أنت، عبدالله: "علينا أن نكون أبطالًا ليس فقط في الملاعب، بل في الحياة!". أبطالًا خارج الملعب. هذا صحيح، كونوا أبطالًا في الأخوّة، أبطالًا خارج الملعب! هذا هو تحدّي اليوم لكي نكسب الغد، وتحدّي مجتمعاتنا، التي تزداد فيها باستمرار العَولَمة وتعدّد الثّقافات. انظروا، كلّ الوسائل والتّكنولوجيا التي تقدّمها لنا الحداثة، ليست كافية لتجعل العالم يسوده السّلام والأخوّة. نحن نرى ذلك: رياح الحرب، في الواقع، لا تهدأ مع التقدّم التّقني. نرى بحزن أنّ التوتّرات والتّهديدات تتزايد في مناطق عديدة، وأحيانًا تندلع في الصّراعات. وهذا يحدث غالبًا لأنّنا لا نعمل لتطوير قلوبنا، ولأنّنا نترك المسافات تزداد بيننا وبين الآخرين، وبالتّالي، تصبح الاختلافات العرقيّة والثقافيّة والدينيّة وغيرها، مشاكل ومخاوف تعزلنا بعضنا عن بعض، بدلًا من أن تكون فرصة لكي ننمو معًا. عندما تبدو الاختلافات أقوى من الأخوّة التي تربطنا، يكون هناك خطر الصِّدام.

أنتم أيّها الشّباب، لكونكم صريحين وأكثر قدرة على إنشاء العلاقات والصّداقات، وعلى التغلُّب على الأحكام المسبقة والحواجز الأيديولوجيّة، أودّ أن أقول لكم: ازرعوا أنتم الأخوّة، وستحصدون أنتم المستقبل، لأنّ العالم سيكون له مستقبل فقط في الأخوّة! إنّها دعوة أجدها في قلب إيماني. يقول الكتاب المقدّس: "لأَنَّ الَّذي لا يُحِبُّ أَخاه وهو يَراه لا يَستَطيعُ أَن يُحِبَّ اللهَ وهو لا يَراه. إِلَيكُمُ الوَصِيَّةَ الَّتي أَخَذْناها عنه: مَن أَحَبَّ اللهَ فلْيُحِبَّ أَخاه أَيضًا" (1 يوحنّا 4، 20-21). نَعم، طَلَبَ يسوع منّا ألّا نفصل أبدًا محبّتنا لله عن محبّتنا للقريب، وأن نكون نحن قريبين للجميع (راجع لوقا 10، 29- 37). للجميع، وليس فقط لمن نحبّهم. أن نعيش إخوة وأخوات هي دعوة جامعة مُعطاة لكلّ مخلوق. وأنتم أيّها الشّباب - وخاصّة أنتم -، أمام هذا الميل العام للبقاء غير مبالين وغير متألّمين بآلام الآخرين، لدرجة التّحضير للحروب والصّراعات، أنتم مدعُوُّون إلى "الردّ بحلم جديد من الأخوّة والصّداقة الاجتماعيّة، لا يقتصر على الكلام" (رسالة بابويّة عامّة، كلّنا إخوة - Fratelli tutti، 6). الكلمات لا تكفي: نحن بحاجة إلى تحركات عمليّة نقوم بها يوميًّا.

لنطرح على أنفسنا هنا أيضًا بعض الأسئلة: هل أنا منفتح على الآخرين؟ وهل أنا صديق أو صديقة لشخص ما، ليس ضمن دائرة اهتماماتي، وإيمانه وعاداته مختلفة عنّي؟ هل أسعى إلى اللقاء، أم أبقى منعزلًا؟ الطّريق هو الذي أخبرنا به نيفين في بضع كلمات: ”أن ننشئ ”علاقات جيّدة“ مع الجميع. أيّها الشّباب، الرّغبة في السّفر حيّة فيكم، والتعرّف على أراضٍ جديدة، وتجاوز حدود الأماكن المعتادة. أودّ أن أقول لكم: اعرفوا أن تسافروا داخل أنفسكم أيضًا، ووسّعوا حدودكم الدّاخليّة، حتّى تسقُط أحكامكم المسبقة عن الآخرين، وتَضيق مساحة عدم الثّقة، وتُهدم أسوار الخوف، وتَنبُت الصّداقة الأخويّة! هنا أيضًا، دَعوا الصّلاة تساعدكم، فإنّها توسّع القلب، وتفتحنا على اللقاء مع الله، وتساعدنا لنرى في من نلتقي به، أخًا وأختًا. في هذا الصّدد، جميلة هي كلمات النّبيّ الذي قال: "أَلَيسَ إِلهٌ واحِدٌ خَلَقَنا؟ فلِمَ يَغدِرُ الواحِدُ بِأَخيه؟" (ملاخي 2، 10). إنّ مجتمعًا مثل هذا، مع غِنًى ملحوظٍ في المعتقدات والتّقاليد واللغات المختلفة، يمكن أن يصبح ”مكان تدريب“ على الأخوّة“. نحن هنا على أبواب قارّة آسيا الكبيرة والمتعدّدة الأشكال، التي عرّفها أحد اللاهوتيّين على أنّها ”قارّة لغات“ (ألويسيوس بييريس، في اللاهوت في آسيا، بريشّا 2006، 5): اعرفوا كيف تنسّقون فيها اللغة الوحيدة، لغة المحبّة، مثل أبطالٍ حقيقيّين للأخوّة!

والآن الدعوة الثّالثة: في تحدّي اتّخاذ الخيارات في الحياة. أنتم تعرفون ذلك جيّدًا، من الخبرة اليوميّة: لا توجد حياة من دون تحدّيات يجب مواجهتها. ودائمًا، أمام تحدٍّ ما، مثل وجودنا أمام مفترق طرق، علينا أن نختار، ونلتزم، ونخاطر، ونقرّر. لكن، هذا يتطلّب استراتيجيّة جيّدة: إذ لا يمكننا أن نَرتَجِل، ونعيش فقط بحسب الغريزة أو في اللحظة الحاليّة! وكيف نحضّر أنفسنا، ونمرّن قدرتنا على الاختيار والإبداع والشّجاعة والمثابرة؟ وكيف نَصقُلُ نظرتنا الدّاخليّة، ونتعلّم أن نَحكُمَ على المواقف، ونأخذ ما هو أساسيّ؟ إنّها مسألة نموٍّ في فن اختيار توجّهاتنا، واتّخاذ الاتّجاهات الصّحيحة. لهذا السّبب، الدعوة الثّالثة هي اتّخاذ الخيارات في الحياة، الخيارات الصّحيحة.

كلّ هذا خطر ببالي عندما فكّرت في أسئلة ميرينا. إنّها أسئلة تعبّر عن حاجتنا لنفهم الاتّجاه الذي يجب أن نأخذه في الحياة – إنّها شُجاعة في كيف قالت الأمور! ويمكنني أن أقول لكم خبرتي: كنت مراهقًا مثلكم، ومثل الجميع، وكانت حياتي حياةُ صبيّ عادي. المراهقة – نعلم ذلك - هي مسيرة، ومرحلة نموّ، وفترة فيها نواجه الحياة في جوانبها المتناقضة أحيانًا، ونواجه بعض التحدّيات لأوّل مرّة. حسنًا، ما هي نصيحتي؟ امضوا قُدُمًا من دون خوف، وليس بمفردكم أبدًا! نصيحتان: امضوا قُدُمًا من دون خوف، وليس بمفردكم أبدًا. الله لن يترككم وحدكم، ولكي يأخذ بيدكم، ينتظر منكم أن تطلبوا ذلك منه. هو يرافقنا ويرشدنا. ليس بالعجائب والمعجزات، بل يكلّمنا بلطف من خلال أفكارنا ومشاعرنا، وأيضًا من خلال معلّمينا، وأصدقائنا، ووالدِينا وكلّ الأشخاص الذيم يريدون أن يساعدونا.

يجب إذًا أن نتعلّم كيف نميِّز صوته، صوت الله الذي يكلّمنا. وكيف نتعلّم ذلك؟ كما قلتِ لنا، ميرينا: بالصّلاة الصّامتة، والحوار الشّخصي معه، وبحفظنا في قلبنا ما هو حسنٌ لنا، ويمنحنا السّلام. السّلام هو علامة على حضور الله. ينير نور الله متاهة الأفكار والعواطف والمشاعر التي فيها نتحرّك غالبًا. يرغب الرّبّ يسوع في أن ينير عقلكم، وأفكاركم الأكثر خصوصيّة، وتطلّعاتكم التي تحملونها في قلوبكم، والأحكام التي تنضج في داخلكم. يريد أن يساعدكم لتميّزوا بين ما هو أساسيّ وما هو غير ضروريّ، وبين ما هو جيّد وما يؤذيكم ويؤذي الآخرين، وبين ما هو صحيح وبين ما الذي يولّد الظّلم والاضطراب. لا شيء غريب على الله من كلّ ما يحدث فينا، لا شيء، لكنّنا غالبًا نحن نبتعد عنه، ولا نُوكل إليه الأشخاص والأوضاع، وننغلق على أنفسنا في الخوف والخجل. لا، لنُغَذِّ في الصّلاة اليقين المعزّي بأنّ الرّبّ يسوع يسهر علينا، وأنّه لا ينام، بل ينظر إلينا ويحرسنا دائمًا.

أيّها الأصدقاء الشّباب، لا يمكن أن نسير وحدنا في مغامرة الخيارات. لذلك، اسمحوا لِي أن أقول لكم أمرًا أخيرًا: ابحثوا دائمًا، قبل البحث في اقتراحات الإنترنت، عن مستشارين جيّدين في الحياة، وأشخاص حكماء وموثوقين، الذين يمكنهم توجيهكم ومساعدتكم. هذا أوّلًا. أفكّر في والديكم وفي معلّميكم، وأيضًا في كبار السّنّ والأجداد، والمرشد الرّوحي الجيّد. كلّ واحدٍ منّا بحاجة إلى مرشد يرافقه على طريق الحياة! أكرّر ما قلته لكم: ليس بمفردكم أبدًا! نحن بحاجة إلى المرافقة في طريق الحياة.

أيّها الشّباب الأعزّاء، نحن بحاجة إليكم، وإلى إبداعاتكم، وأحلامكم وشجاعتكم، ولطفكم وابتساماتكم، وفرحكم المُعدي، وأيضًا إلى ذلك القليل من الجنون الذي تعرفون كيف تُدخلونه في كلّ ظرف، والذي يساعد على الخروج من سُباتِ العادات والأنماط المتكرّرة التي فيها أحيانًا نؤطِّر حياتنا. بصفتي بابا أريد أن أقول لكم: الكنيسة معكم وهي بحاجة ماسّة إليكم، ولكلّ واحدٍ منكم، لكي تُعيد شبابها، وتستكشف مسارات جديدة، وتختبر لغات جديدة، وتزداد فرحًا وترحيبًا بالجميع. لا تفقدوا أبدًا الشّجاعة لأن تحلموا وتعيشوا كبارًا! تبنّوا ثقافة الرّعاية وانشروها، وصيروا أبطالًا في الأخوّة، وواجهوا تحدّيات الحياة، وضعوا أنفسكم في يد الله وإبداعاته الأمينة، واتخذوا المسشارين الجيّدين ليوجّهوكم. وأخيرًا، أذكروني في صلواتكم. وأنا سأصلّي من أجلكم، وسأحملكم في قلبي. شكرًا! الله مَعَكُم!

[01691-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0827-XX.02]