Accoglienza Ufficiale presso la Sakhir Air Base di Awali e Visita di cortesia a Sua Maestà il Re del Bahrein presso il Sakhir Royal Palace
Cerimonia di Benvenuto e Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico nel cortile del Sakhir Royal Palace
Accoglienza Ufficiale presso la Sakhir Air Base di Awali e Visita di cortesia a Sua Maestà il Re del Bahrein presso il Sakhir Royal Palace
Al Suo arrivo alla Sakhir Air Base di Awali il Santo Padre Francesco è stato accolto dal Re del Bahrein, Sua Maestà Hamad bin Isa bin Salman Al Khalifa, dal Principe ereditario e Primo Ministro, da altri tre figli del Re e da una nipote. Alcuni bambini in abito tradizionale hanno sparso petali di rose mentre il Papa e i Reali hanno attraversato la Guardia d’Onore, salutato le rispettive Delegazioni e raggiunto la Royal Hall dove si è svolto un breve incontro privato.
Al termine il Papa e i Reali del Bahrein hanno salutato il Grande Imam di al-Azhar, Ahmad Muhammad Al-Tayyeb. Quindi il Santo Padre si è trasferito in auto al Sakhir Royal Palace per la visita di cortesia a Sua Maestà il Re del Bahrein.
Al Suo arrivo Papa Francesco è stato accolto da Sua Maestà il Re, dal Principe ereditario e Primo Ministro, da altri tre figli e da una nipote. Quindi si sono recati insieme nella Sala Verde. Dopo la foto ufficiale e lo scambio dei doni, ha avuto luogo l’incontro privato, al quale hanno partecipato anche il Cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin; il Sostituto della Segreteria di Stato, S.E. Mons. Edgar Peña Parra; il Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, S.E. Mons. Paul Richard Gallagher; il Nunzio Apostolico, S.E. Mons. Eugene Martin Nugent; e il Segretario della Nunziatura Apostolica.
Al termine i Reali hanno accompagnato il Santo Padre nel cortile del Palazzo Reale per la cerimonia di benvenuto e l’incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico.
[01694-IT.01]
Cerimonia di Benvenuto e Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico nel cortile del Sakhir Royal Palace
Testo in lingua italiana
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Al termine della visita di cortesia a Sua Maestà il Re del Bahrein, nel cortile del Sakhir Royal Palace ha avuto luogo la Cerimonia di benvenuto. Dopo l’esecuzione degli inni e la Guardia d’Onore, il Santo Padre Francesco ha incontrato le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico.
Dopo il discorso di Sua Maestà il Re del Bahrein, il Papa ha pronunciato il Suo discorso. Al termine, dopo essersi congedato dai Reali, il Santo Padre si è trasferito in auto alla Residenza papale dove ha cenato in privato.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha pronunciato nel corso dell’incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico:
Discorso del Santo Padre
Maestà,
Altezze Reali,
illustri Membri del Governo e del Corpo Diplomatico,
distinte Autorità religiose e civili,
Signore e Signori,
As-salamu alaikum!
Ringrazio di cuore Sua Maestà per il gentile invito a visitare il Regno del Bahrein, per la calorosa e generosa accoglienza e per le parole di benvenuto che mi ha rivolto. Saluto cordialmente ciascuno di voi. Desidero indirizzare un pensiero amichevole e affettuoso a quanti abitano questo Paese: ad ogni credente, ad ogni persona e ad ogni famiglia, che la Costituzione del Bahrein definisce «pietra angolare della società». A tutti esprimo la mia gioia per essere tra voi.
Qui, dove le acque del mare circondano le sabbie del deserto e imponenti grattacieli affiancano i tradizionali mercati orientali, realtà lontane s’incontrano: antichità e modernità convergono, storia e progresso si fondono; soprattutto, genti di varie provenienze formano un originale mosaico di vita. Preparandomi a questo viaggio, sono venuto a conoscenza di un “emblema di vitalità” che caratterizza il Paese. Mi riferisco al cosiddetto “albero della vita” (Shajarat-al-Hayat), al quale vorrei ispirarmi per condividere alcuni pensieri. Si tratta di una maestosa acacia, che sopravvive da secoli in un’area desertica, dove le piogge sono molto scarse. Sembra impossibile che un albero tanto longevo resista e prosperi in tali condizioni. Secondo molti, il segreto sta nelle radici, che si estendono per decine di metri sotto il suolo, attingendo a depositi sotterranei d’acqua.
Le radici, dunque: il Regno del Bahrein è impegnato nella ricerca e nella valorizzazione del suo passato, il quale racconta di una terra estremamente antica, alla quale, già millenni fa, le genti accorrevano, attirate dalla sua bellezza, data in particolare dalle abbondanti sorgenti di acque dolci che le diedero la fama di essere paradisiaca: l’antico regno di Dilmun era detto “terra dei vivi”. Risalendo le vaste radici del tempo – ben 4.500 anni di ininterrotta presenza umana – emerge come la posizione geografica, la propensione e le capacità commerciali della gente, nonché certe vicende storiche, abbiano dato al Bahrein l’opportunità di plasmarsi quale crocevia di mutuo arricchimento tra i popoli. Un aspetto, dunque, risalta da questa terra: essa è sempre stata luogo di incontro tra popolazioni diverse.
Ecco l’acqua vitale alla quale ancora oggi attingono le radici del Bahrein, la cui più grande ricchezza risplende nella sua varietà etnica e culturale, nella convivenza pacifica e nella tradizionale accoglienza della popolazione. Una diversità non omologante, ma includente, rappresenta il tesoro di ogni Paese veramente evoluto. E su queste isole si ammira una società composita, multietnica e multireligiosa, capace di superare il pericolo dell’isolamento. È tanto importante nel nostro tempo, in cui il ripiegamento esclusivo su sé stessi e sui propri interessi impedisce di cogliere l’importanza irrinunciabile dell’insieme. Invece, i molti gruppi nazionali, etnici e religiosi qui coesistenti testimoniano che si può e si deve convivere nel nostro mondo, diventato da decenni un villaggio globale nel quale, data per scontata la globalizzazione, è ancora per molti versi sconosciuto “lo spirito del villaggio”: l’ospitalità, la ricerca dell’altro, la fraternità. Al contrario, assistiamo con preoccupazione alla crescita, su larga scala, dell’indifferenza e del sospetto reciproco, al dilatarsi di rivalità e contrapposizioni che si speravano superate, a populismi, estremismi e imperialismi che mettono a repentaglio la sicurezza di tutti. Nonostante il progresso e tante conquiste civili e scientifiche, la distanza culturale tra le varie parti del mondo aumenta, e alle benefiche opportunità di incontro si antepongono scellerati atteggiamenti di scontro.
Pensiamo invece all’albero della vita – il vostro simbolo – e negli aridi deserti della convivenza umana distribuiamo l’acqua della fraternità: non lasciamo evaporare la possibilità dell’incontro tra civiltà, religioni e culture, non permettiamo che secchino le radici dell’umano! Lavoriamo insieme, lavoriamo per l’insieme, per la speranza! Sono qui, nella terra dell’albero della vita, come seminatore di pace, per vivere giorni di incontro, per partecipare a un Forum di dialogo tra Oriente e Occidente per la pacifica convivenza umana. Ringrazio da ora i compagni di viaggio, in modo speciale i Rappresentanti religiosi. Questi giorni segnano una tappa preziosa nel percorso di amicizia intensificatosi negli ultimi anni con vari capi religiosi islamici: un cammino fraterno che, sotto lo sguardo del Cielo, vuole favorire la pace in Terra.
A tale proposito, esprimo apprezzamento per le conferenze internazionali e per le opportunità d’incontro che questo Regno organizza e favorisce, mettendo specialmente a tema il rispetto, la tolleranza e la libertà religiosa. Sono temi essenziali, riconosciuti dalla Costituzione del Paese, la quale stabilisce che «non vi deve essere alcuna discriminazione in base al sesso, alla provenienza, alla lingua, alla religione o al credo» (art. 18), che «la libertà di coscienza è assoluta» e che «lo Stato tutela l’inviolabilità del culto» (art. 22). Sono, soprattutto, impegni da tradurre costantemente in pratica, perché la libertà religiosa diventi piena e non si limiti alla libertà di culto; perché uguale dignità e pari opportunità siano concretamente riconosciute ad ogni gruppo e ad ogni persona; perché non vi siano discriminazioni e i diritti umani fondamentali non vengano violati, ma promossi. Penso anzitutto al diritto alla vita, alla necessità di garantirlo sempre, anche nei riguardi di chi viene punito, la cui esistenza non può essere eliminata.
Ritorniamo all’albero della vita. I molti rami di diverse dimensioni che lo caratterizzano col tempo hanno dato vita a folte chiome, accrescendone l’altezza e l’ampiezza. In questo Paese è stato proprio il contributo di tante persone di popoli differenti a consentire un notevole sviluppo produttivo. Ciò è stato reso possibile dall’immigrazione, di cui il Regno del Bahrein vanta uno dei tassi più elevati al mondo: circa la metà della popolazione residente è straniera e lavora in modo cospicuo per lo sviluppo di un Paese nel quale, pur avendo lasciato la propria patria, si sente a casa. Non si può però dimenticare che nei nostri tempi c’è ancora troppa mancanza di lavoro, e troppo lavoro disumanizzante: ciò non comporta solo gravi rischi di instabilità sociale, ma rappresenta un attentato alla dignità umana. Il lavoro, infatti, non è solo necessario per guadagnarsi da vivere, è un diritto indispensabile per sviluppare integralmente sé stessi e per plasmare una società a misura d’uomo.
Da questo Paese, attraente per le opportunità lavorative che offre, vorrei richiamare l’emergenza della crisi lavorativa mondiale: spesso il lavoro, prezioso come il pane, manca; sovente, è pane avvelenato, perché schiavizza. In entrambi i casi al centro non c’è più l’uomo, che da fine sacro e inviolabile del lavoro viene ridotto a mezzo per produrre denaro. Siano perciò ovunque garantite condizioni lavorative sicure e degne dell’uomo, che non impediscano, ma favoriscano la vita culturale e spirituale; che promuovano la coesione sociale, a vantaggio della vita comune e dello sviluppo stesso dei Paesi (cfr Gaudium et spes, 9.27.60.67).
Il Bahrein vanta preziose acquisizioni in tal senso: penso, ad esempio, alla prima scuola femminile sorta nel Golfo e all’abolizione della schiavitù. Sia faro nel promuovere in tutta l’area diritti e condizioni eque e sempre migliori per i lavoratori, le donne e i giovani, garantendo in pari tempo rispetto e attenzione per quanti si sentono più ai margini della società, come gli emigrati e i detenuti: lo sviluppo vero, umano, integrale si misura soprattutto dall’attenzione nei loro riguardi.
L’albero della vita, che si erge solitario nel paesaggio desertico, mi richiama ancora due ambiti decisivi per tutti e che interpellano anzitutto chi, governando, detiene la responsabilità di servire il bene comune. In primo luogo la questione ambientale: quanti alberi vengono abbattuti, quanti ecosistemi devastati, quanti mari inquinati dall’insaziabile avidità dell’uomo, che poi gli si ritorce contro! Non stanchiamoci di adoperarci per questa drammatica urgenza, ponendo in essere scelte concrete e lungimiranti, intraprese pensando alle giovani generazioni, prima che sia troppo tardi e si comprometta il loro futuro! La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP27), che avrà luogo in Egitto tra pochi giorni, sia un passo in avanti in tal senso!
In secondo luogo, l’albero della vita, con le sue radici che dal sottosuolo comunicano l’acqua vitale al tronco, e da questo ai rami e quindi alle foglie, che donano ossigeno alle creature, mi fa pensare alla vocazione dell’uomo, di ogni uomo che sta sulla terra: far prosperare la vita. Ma oggi assistiamo, ogni giorno di più, ad azioni e minacce di morte. Penso, in particolare, alla realtà mostruosa e insensata della guerra, che ovunque semina distruzione e sradica speranza. Nella guerra emerge il lato peggiore dell’uomo: egoismo, violenza e menzogna. Sì, perché la guerra, ogni guerra, rappresenta anche la morte della verità. Rifiutiamo la logica delle armi e invertiamo la rotta, tramutando le ingenti spese militari in investimenti per combattere la fame, la mancanza di cure sanitarie e di istruzione. Ho nel cuore il dolore per tante situazioni di conflitto. Guardando alla Penisola arabica, i cui Paesi desidero salutare con cordialità e rispetto, rivolgo un pensiero speciale e accorato allo Yemen, martoriato da una guerra dimenticata che, come ogni guerra, non porta a nessuna vittoria, ma solo a cocenti sconfitte per tutti. Porto nella preghiera soprattutto i civili, i bambini, gli anziani, i malati e imploro: tacciano le armi, tacciano le armi, tacciano le armi! Impegniamoci ovunque e davvero per la pace!
La Dichiarazione del Regno del Bahrein riconosce, a tale proposito, che la fede religiosa è «una benedizione per tutto il genere umano», il fondamento «per la pace nel mondo». Sono qui da credente, da cristiano, da uomo e pellegrino di pace, perché oggi come mai siamo chiamati, dappertutto, a impegnarci seriamente per la pace. Maestà, Altezze Reali, Autorità, Amici, faccio dunque mio e condivido con voi, quale auspicio per questi desiderati giorni di visita nel Regno del Bahrein, un bel passaggio della stessa Dichiarazione: «Ci impegniamo a lavorare per un mondo dove le persone dal credo sincero si uniscono tra di loro per ripudiare ciò che ci divide ed avvicinare invece ciò che ci unisce». Sia così, con la benedizione dell’Altissimo! Shukran! [grazie!]
[01686-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Majesté,
Altesses Royales,
illustres Membres, du Gouvernement et du Corps Diplomatique,
distinguées Autorités religieuses et civiles,
Mesdames et Messieurs,
As-salamu alaikum!
Je remercie de tout cœur Votre Majesté pour l’aimable invitation à visiter le Royaume du Bahreïn, pour l’accueil chaleureux et généreux et pour les mots de bienvenue que vous m’avez adressés. Je salue cordialement chacun de vous. Je désire adresser une pensée amicale et affectueuse à ceux qui habitent ce pays: à chaque croyant, à chaque personne et à chaque famille, que la Constitution du Bahreïn définit «pierre angulaire de la société». J’exprime à tous ma joie d’être parmi vous.
Ici, où les eaux de la mer entourent les sables du désert et où d’imposants gratte-ciel côtoient les marchés traditionnels orientaux, des réalités lointaines se rencontrent: antiquités et modernité se rejoignent, histoire et progrès se mélangent; Surtout, des gens de diverses origines forment une originale mosaïque de vie. En me préparant à ce voyage, j’ai découvert un “emblème de vitalité” qui caractérise le pays. Je fais référence à ce qu’on appelle “arbre de vie” (Shajarat al-Hayah), auquel je voudrais m’inspirer pour partager quelques réflexions. Il s’agit d’un acacia majestueux qui survit depuis des siècles dans une zone désertique où les pluies sont très rares. Il semble impossible qu’un arbre résiste aussi longtemps et prospère dans de telles conditions. Selon beaucoup, le secret réside dans les racines, qui s’étendent sur des dizaines de mètres sous le sol, puisant dans des dépôts souterrains d’eau.
Les racines: le Royaume du Bahreïn est engagé dans la recherche et la valorisation de son passé, qui parle d’une terre extrêmement ancienne, vers laquelle, il y a des millénaires déjà, les gens accouraient, attirés par sa beauté, en particulier, les sources abondantes d’eau douce qui lui donnèrent la réputation d’être paradisiaque: l’ancien royaume de Dilmun était appelé la “terre des vivants”. En remontant les vastes racines du temps – environ 4.500 ans de présence humaine ininterrompue – il apparaît comment la position géographique, la propension et les capacités commerciales des personnes, sans oublier certains événements historiques, ont donné au Bahreïn l’opportunité de devenir un carrefour d’enrichissement mutuel entre les peuples. Un aspect ressort donc de cette terre: elle a toujours été un lieu de rencontre entre des populations différentes.
Voilà l’eau vitale à laquelle puisent encore aujourd’hui les racines du Bahreïn, dont la plus grande richesse resplendit dans sa variété ethnique et culturelle, dans la coexistence pacifique et dans le traditionnel sens de l’accueil de la population. Une diversité non uniformisée, mais inclusive, représente le trésor de tout pays vraiment développé. Et sur ces îles, on admire une société composite, multi-ethnique et multi-religieuse, capable de surmonter le danger de l’isolement. C’est très important à notre époque, où le repli exclusif sur soi-même et sur ses propres intérêts empêche de saisir l’importance indispensable de l’ensemble. En revanche, les nombreux groupes nationaux, ethniques et religieux qui coexistent ici témoignent que l’on peut et doit cohabiter dans notre monde, devenu depuis des décennies un village global dans lequel, la mondialisation étant considérée comme acquise, “l’esprit de village” est encore méconnu à bien des égards: l’hospitalité, la recherche de l’autre, la fraternité. Au contraire, nous assistons avec préoccupation à la croissance, à grande échelle, de l’indifférence et de la suspicion réciproque, à l’extension de rivalités et d’oppositions que l’on espérait dépassées, à des populismes, des extrémismes et des impérialismes qui mettent en danger la sécurité de tous. Malgré le progrès et les nombreuses réalisations civiles et scientifiques, la distance culturelle entre les différentes parties du monde augmente, et des attitudes odieuses d’affrontement prennent le pas sur les opportunités bénéfiques de rencontre.
Pensons au contraire à l’arbre de vie – votre symbole – et dans les déserts arides de la coexistence humaine, distribuons l’eau de la fraternité: ne laissons pas s’évaporer la possibilité de la rencontre entre les civilisations, les religions et les cultures, ne permettons pas que les racines de l’humain se dessèchent! Travaillons ensemble, travaillons pour tout, pour l’espérance! je suis ici, sur la terre de l’arbre de vie, comme semeur de paix, pour vivre des jours de rencontre, pour participer à un Forum de dialogue entre l’Orient et l’Occident pour la coexistence humaine pacifique. Je remercie à présent mes compagnons de voyage, en particulier les Représentants religieux. Ces jours marquent une étape précieuse sur le chemin d’amitié qui s’est intensifié ces dernières années avec différents chefs religieux islamiques: un chemin fraternel qui, sous le regard du Ciel, veut favoriser la paix sur la Terre.
À ce propos, j’exprime ma satisfaction pour les conférences internationales et pour les occasions de rencontre que ce Royaume organise et favorise, en mettant spécialement l’accent sur le respect, la tolérance et la liberté religieuse. Ce sont des thèmes essentiels, reconnus par la Constitution du pays, qui stipule que «il n’y a aucune discrimination sur la base du sexe, de l’origine, de la langue, de la religion ou des opinions» (art. 18), que «la liberté de conscience est absolue» et que «l’État garantit l’inviolabilité des lieux de culte» (art. 22). Il s’agit avant tout d’engagements qui doivent être constamment mis en pratique afin que la liberté religieuse soit totale et non limitée à la liberté de culte; afin que l’égale dignité et l’égalité des chances soient concrètement reconnues à chaque groupe et à chaque personne; afin qu’il n’y ait pas de discrimination et que les droits humains fondamentaux ne soient pas violés, mais promus. Je pense avant tout au droit à la vie, à la nécessité de toujours le garantir, même envers ceux qui sont punis, dont l'existence ne peut être éliminée.
Revenons à l’arbre de vie. Les nombreuses branches de différentes dimensions qui le caractérisent ont donné naissance au fil du temps à des feuillages denses, en en augmentant la hauteur et la largeur. Dans ce pays, c’est précisément la contribution de tant de personnes de peuples différents qui a permis un remarquable développement productif. Cela a été rendu possible par l’immigration, dont le Royaume du Bahreïn vante l’un des taux les plus élevés au monde: environ la moitié de la population résidente est étrangère et travaille d’une manière visible pour le développement d’un pays dans lequel, bien qu’ayant quitté sa patrie, elle se sent chez elle. On ne peut pourtant pas oublier qu’à notre époque, il y a encore trop de manque de travail et trop de travail déshumanisant: cela comporte non seulement de graves risques d’instabilité sociale, mais représente aussi une atteinte à la dignité humaine. En effet, le travail n’est pas seulement nécessaire pour gagner sa vie, c’est un droit indispensable pour se développer intégralement et pour façonner une société à mesure d’homme.
De ce pays, attrayant pour les opportunités de travail qu’il offre, je voudrais rappeler l’urgence de la crise mondiale du travail: souvent le travail, précieux comme le pain, manque; souvent, c’est du pain empoisonné, parce qu’il asservit. Dans les deux cas, ce n’est plus l’homme qui, de fin sacrée et inviolable du travail, est au centre, il est réduit à un moyen pour produire de l’argent. Que soient donc partout garanties des conditions de travail sûres et dignes de l’homme n’empêchant pas, mais favorisant la vie culturelle et spirituelle; qu’elles promeuvent la cohésion sociale, au bénéfice de la vie commune et du développement même des pays (cf. Gaudium et spes, nn. 9.27.60.67).
Le Bahreïn possède de précieuses acquisitions à cet égard: je pense, par exemple, à la première école féminine née dans le Golfe et à l’abolition de l’esclavage. Qu’il soit un phare dans la promotion dans toute la région des droits et des conditions équitables et meilleures pour les travailleurs, les femmes et les jeunes, en garantissant en même temps respect et attention à ceux qui se sentent les plus en marge de la société, comme les émigrés et les détenus: le développement vrai, humain, intégral se mesure avant tout à l’attention qui leur est portée.
L’arbre de vie, qui se dresse solitaire dans le paysage désertique, me rappelle encore deux domaines décisifs pour tous et qui interpellent avant tout ceux qui, en gouvernant, détiennent la responsabilité de servir le bien commun. Premièrement, la question environnementale: combien d’arbres sont abattus, combien d’écosystèmes sont dévastés, combien de mers sont polluées par l’insatiable avidité de l’homme, qui se retourne ensuite contre lui! Ne nous lassons pas d’œuvrer en faveur de cette urgence dramatique, en posant des choix concrets et clairvoyants entrepris en pensant aux jeunes générations, avant qu’il ne soit trop tard et que leur avenir ne soit compromis! Que la Conférence des Nations Unies sur les changements climatiques (COP27), qui aura lieu en Égypte dans quelques jours, soit une avancée dans ce sens!
Deuxièmement, l’arbre de vie, avec ses racines qui, du sous-sol, communiquent l’eau vitale au tronc, et de là aux branches et donc aux feuilles donnant de l’oxygène aux créatures, me fait penser à la vocation de l’homme, de tout homme qui est sur la terre: faire prospérer la vie. Mais aujourd’hui, nous assistons, chaque jour davantage, à des actions et à des menaces de mort. Je pense en particulier à la réalité monstrueuse et insensée de la guerre, qui sème partout la destruction et arrache l’espérance. Dans la guerre surgit le pire côté de l’homme: égoïsme, violence et mensonge. Oui, parce que la guerre, toute guerre, représente aussi la mort de la vérité. Rejetons la logique des armes et inversons la tendance, en transformant les dépenses militaires massives en investissements pour lutter contre la faim, le manque de soins de santé et d’éducation. J’ai dans le cœur la douleur devant tant de situations de conflit. En regardant la Péninsule arabique, ces pays que je voudrais saluer avec cordialité et respect, j’adresse une pensée spéciale et sincère au Yémen, martyrisé par une guerre oubliée qui, comme toute guerre, ne conduit à aucune victoire, mais seulement à de cuisantes défaites pour tous. Je porte dans la prière surtout les civils, les enfants, les personnes âgées, les malades et j’implore: faisons taire les armes, faisons taire les armes, faisons taire les armes! Engageons-nous partout et vraiment pour la paix!
La Déclaration du Royaume de Bahreïn reconnaît, à ce sujet, que la foi religieuse est «une bénédiction pour tout le genre humain», le fondement «pour la paix dans le monde». Je suis ici en croyant, en chrétien, en homme et pèlerin de paix, car aujourd’hui comme jamais nous sommes appelés, partout, à nous engager sérieusement pour la paix. Majesté, Altesses Royales, Autorités, amis, je fais donc mien ce vœu pour ces jours désirés de visite dans le Royaume du Bahreïn et je partage avec vous un beau passage de cette même Déclaration: «Nous nous engageons à travailler pour un monde où les personnes à la foi sincère s’unissent entre eux pour rejeter ce qui les divise et rapprocher au contraire ce qui les unit». Ainsi soit-il, avec la bénédiction du Très Haut! Shukran! [merci!]
[01686-FR.02] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Your Majesty, Your Royal Highnesses,
Honourable Members of the Government and the Diplomatic Corps,
Distinguished Religious and Civil Authorities,
Ladies and Gentlemen,
As-salamu alaikum!
I express my deep gratitude to His Majesty for his invitation to visit the Kingdom of Bahrain, his warm and gracious welcome and his kind words. I greet you all most cordially. I would like to address a word of friendship and affection to everyone living in this country: to each believer and individual and to the members of every family, which the Constitution of Bahrain defines as “the basis of society”. To all I express my joy to be in your midst.
Here, where the waters of the sea surround the sands of the desert, and imposing skyscrapers rise beside traditional Oriental markets, very different realities come together: ancient and modern converge; tradition and progress mix; and above all, people from various backgrounds create a distinctive mosaic of life. In preparing for my visit, I learned about one outstanding “emblem of vitality” in this country, which is the “Tree of Life” (Shajarat-al-Hayat). I would like to take it as my inspiration for sharing a few thoughts with you. The tree itself is a majestic acacia that has survived for centuries in a desert area with very little rainfall. It seems impossible that a tree of this age has been able to live and flourish in these conditions. According to many people, the secret is to be found in its roots, which extend for dozens of meters beneath the ground, drawing from subterranean deposits of water.
Roots, then. The Kingdom of Bahrain is committed to remembering and cherishing its past, which tells of an extremely ancient land, to which thousands of years ago peoples came, drawn by its beauty, due especially to the abundant springs of fresh water that gave it the reputation of being a paradise. The ancient kingdom of Dilmun was thus called “the land of the living”. As we ascend from those vast roots – which spread over more than 4,500 years of uninterrupted human presence – we see how Bahrain’s geographical position, the talents and commercial abilities of its people, together with historical events, have enabled it to take shape as a crossroads of mutual enrichment between peoples. One thing stands out in the history of this land: it has always been a place of encounter between different peoples.
This is in fact the life-giving water from which, today too, Bahrain’s roots continue to be nourished. The country’s greatest riches shine forth in its ethnic and cultural diversity, and in the peaceful co-existence and the traditional hospitality of its people. Diversity that is not bland, but inclusive, is the wealth of every truly developed country. On these islands, we can admire a composite, multiethnic and multi-religious society, capable of overcoming the risk of isolation. This is so important in our time, when the tendency to turn in exclusively on ourselves and on our particular interests prevents an appreciation of the essential importance of the greater whole. The numerous national, ethnic and religious groups that coexist in Bahrain testify that we can and must live together in our world, which in these decades has become a global village. Indeed, although globalization has taken root, in many ways we still lack “the spirit of a village”, as shown by hospitality, concern for others and a sense of fraternity. Instead, we are witnessing with deep concern the massive spread of indifference and mutual distrust, the burgeoning of rivalries and conflicts that we had hoped were a thing of the past, and forms of populism, extremism and imperialism that jeopardize the security of all. In spite of progress and so many forms of social and scientific achievements, the cultural disparity between various parts of the world is growing, and destructive attitudes of conflict are preferred to beneficial opportunities for fruitful encounter.
Let us think instead of the Tree of Life, your symbol, and to the parched deserts of human coexistence let us bring the water of fraternity. May we never allow opportunities for encounter between civilizations, religions and cultures to evaporate, or the roots of our humanity to become desiccated and lifeless! Let us work together! Let us work in the service of togetherness and hope! I am here, in this land of the Tree of Life, as a sower of peace, in order to experience these days of encounter and to take part in a Forum of dialogue between East and West for the sake of peaceful human coexistence. I thank even now my travelling companions, especially the representatives of the religions. These days mark a precious stage in the journey of friendship that has intensified in recent years with various Islamic religious leaders, a fraternal journey that, beneath the gaze of heaven, seeks to foster peace on earth.
In this regard, I express my appreciation for the International Conferences and the possibilities for encounter that this Kingdom organizes and promotes, stressing in particular the themes of respect, tolerance and religious freedom. These are fundamental themes, recognized by the country’s Constitution, which lays down that “there shall be no discrimination… on the basis of sex, origin, language, religion or creed” (Art. 18), that “freedom of conscience is absolute”, and that “the state guarantees the inviolability of worship” (Art. 22). These are, above all, commitments that need constantly to be put into practice, so that religious freedom will be complete and not limited to freedom of worship; that equal dignity and equal opportunities will be concretely recognized for each group and for every individual; that no forms of discrimination exist and that fundamental human rights are not violated but promoted. I think in the first place of the right to life, of the need to guarantee that right always, including for those being punished, whose lives should not be taken.
Let us return to the Tree of Life. In the course of time, its many branches of varying size have produced abundant foliage, thus increasing the tree’s height and breadth. In this country, it was the contribution made by so many individuals from different peoples that enabled a remarkable increase in productivity. This was made possible by immigration. The Kingdom of Bahrain vaunts one of the highest levels of immigration in the world: about half of the resident population are foreigners, working in an evident way for the development of a country in which, despite leaving their native countries behind, they feel at home. At the same time, we must acknowledge that in our world unemployment levels remain all too high, and much labour is in fact dehumanizing. This does not only entail a grave risk of social instability, but constitutes a threat to human dignity. For labour is not only necessary for earning a livelihood: it is a right, indispensable for integral self-development and the shaping of a truly humane society.
From this country, which is so attractive for the employment opportunities that it provides, I would like to call attention once more to the global labour crisis. Labour is as precious as bread; like bread, it is often lacking, and often too, it is a bread that is poisoned, since it enslaves. In both cases, what is central are no longer men and women who, rather than being the sacred and inviolable end and goal of work, are reduced instead to a mere means of producing wealth. Let us guarantee that working conditions everywhere are safe and dignified, that they foster rather than hinder people’s cultural and spiritual growth; and that they serve to advance social cohesion, to the benefit of common life and the development of each country (cf. Gaudium et Spes, 9, 27, 60, 67).
Bahrain can be proud of its significant contributions in this regard: I think, for example, of the first school for women established in the Gulf and the abolition of slavery. May it be a beacon through the region for the promotion of equal rights and improved conditions for workers, women and young people, while at the same time ensuring respect and concern for all those who feel most at the margins of society, such as immigrants and prisoners. For an authentic, humane and integral development is measured above all by the concern shown to them.
The Tree of Life, rising up from the desert landscape, also makes me think of two critical areas for everyone, but challenge above all those who, in governing, are responsible for serving the common good. First, the question of the environment. How many trees are cut down, how many ecosystems are devastated, how many seas are polluted by our insatiable human greed, which then comes back to bite us! Let us work tirelessly in confronting this dramatic emergency and enact concrete and farsighted decisions inspired by concern for coming generations, before it is too late and their future is compromised! May the United Nations Climate Change Conference (COP27), to take place in Egypt a few days from now, mark a step forward in this regard!
Second, the Tree of Life, whose roots that, deep in the subsoil, furnish vital water to the trunk, and from the trunk to the branches and then the leaves that give oxygen to creatures, makes me think of our human vocation, the vocation of each man and woman on earth, to make life flourish. Yet today we increasingly witness lethal actions and threats. I think especially of the monstrous and senseless reality of war, which everywhere sows destruction and crushes hope. War brings out the worst in man: selfishness, violence and dishonesty. For war, every war, brings in its wake the death of truth. Let us reject the logic of weapons and change course, diverting enormous military expenditures to investments in combating hunger and the lack of healthcare and education. I grieve deeply for all these situations of conflict. Surveying the Arab Peninsula, whose countries I greet with sincere respect, my thoughts turn in a particular and heartfelt way to Yemen, torn by a forgotten war that, like every war, issues not in victory but only in bitter defeat for everyone. I especially keep in my prayers the civilians, the children, the elderly and the sick. And I beg: Let there be an end to the clash of weapons! Let there be an end to the clash of weapons! Let there be an end to the clash of weapons! Let us be committed, everywhere and concretely, to building peace!
The Kingdom of Bahrain Declaration acknowledges in this regard that, “religious faith is a blessing to all mankind and the foundation for peace in the world”. I am here today as a believer, as a Christian, as a man and as a pilgrim of peace, because today, more than ever, we are called, everywhere, to commit ourselves seriously to peacemaking. Your Majesty, Your Royal Highnesses, distinguished authorities and friends, I thus make my own and share with you, as my hope and prayer for these greatly-desired days of my visit in the Kingdom of Bahrain, a fine passage of the same Declaration. It reads: “We commit to working for a world where people of sincere belief join together to reject that which divides us and concentrate instead on celebrating and expanding on that which unites us”. So may it be, with the blessing of the Most High! Shukran! [Thank you!]
[01686-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Majestät,
Königliche Hoheiten,
hochverehrte Mitglieder des Parlaments, der Regierung und des diplomatischen Korps,
sehr geehrte religiöse und zivile Autoritäten,
meine Damen und Herren,
As-salamu alaikum!
Ich danke Ihrer Majestät von Herzen für die freundliche Einladung, das Königreich Bahrain zu besuchen, für die herzliche und großzügige Begrüßung und für die Worte des Willkommens, die Sie mir zugedacht haben. Ich grüße jeden von Ihnen herzlich. Ich möchte mich freundschaftlich und herzlich an alle wenden, die in diesem Land leben: an jeden Gläubigen, jeden Menschen und jede Familie, die die bahrainische Verfassung als „Eckpfeiler der Gesellschaft“ bezeichnet. Ich drücke Ihnen allen meine Freude darüber aus, unter Ihnen zu sein.
Hier, wo das Wasser des Meeres den Wüstensand umgibt und mächtige Wolkenkratzer traditionelle orientalische Märkte flankieren, treffen entfernte Welten aufeinander: Antikes und Modernes kommen zusammen, Geschichte und Fortschritt verschmelzen; vor allem aber bilden Menschen unterschiedlicher Herkunft ein originelles Lebensmosaik. Bei den Vorbereitungen für diese Reise habe ich ein „Sinnbild der Vitalität“ kennengelernt, das dieses Land charakterisiert. Ich spreche von dem so genannten „Baum des Lebens“ (Shajarat-al-Hayat), von dem ich mich inspirieren lassen möchte, um einige Gedanken mit Ihnen zu teilen. Es handelt sich um einen majestätischen Akazienbaum, der seit Jahrhunderten in einem Wüstengebiet überlebt, wo es kaum regnet. Es scheint unmöglich, dass ein so langlebiger Baum unter solchen Bedingungen überleben und gedeihen kann. Viele meinen, das Geheimnis liege in den Wurzeln, die sich Dutzende von Metern unter dem Erdboden erstrecken und von unterirdischen Wasservorkommen zehren.
Die Wurzeln also: Das Königreich Bahrain setzt sich für die Erforschung und Erschließung seiner Vergangenheit ein, die von einem sehr alten Land erzählt, in das schon vor Tausenden von Jahren Völker strömten, angezogen von seiner Schönheit, die insbesondere von den reichlich vorhandenen Süßwasserquellen herrührt, die ihm den Ruf einbrachten ein Paradies zu sein: Das antike Königreich Dilmun wurde das „Land der Lebenden“ genannt. Wenn wir die Wurzeln der Zeit zurückverfolgen – seit immerhin 4.500 Jahren leben dort ununterbrochen Menschen – wird deutlich, wie die geografische Lage Bahrains, die kaufmännische Neigung und Begabung seiner Bewohner sowie bestimmte historische Ereignisse Bahrain die Möglichkeit gegeben haben, sich zu einem Knotenpunkt der gegenseitigen Bereicherung zwischen den Völkern zu entwickeln. Ein Aspekt dieses Landes tritt also besonders hervor: Es war immer ein Ort der Begegnung zwischen verschiedenen Völkern.
Dies ist das lebensspendende Wasser, aus dem die Wurzeln Bahrains noch heute schöpfen, dessen größter Reichtum in seiner ethnischen und kulturellen Vielfalt, dem friedlichen Zusammenleben und der traditionellen Gastfreundschaft seiner Bevölkerung liegt. Eine Vielfalt, die nicht vereinheitlichend, sondern inklusiv ist, ist der Schatz eines jeden wirklich entwickelten Landes. Und auf diesen Inseln bewundern wir eine vielfältige multiethnische und multireligiöse Gesellschaft, die in der Lage ist, die Gefahr der Isolation zu überwinden. Das ist so wichtig in unserer Zeit, in der eine exklusive Bezogenheit auf sich selbst und die eigenen Interessen verhindert, die unverzichtbare Bedeutung des Miteinanders zu begreifen. Stattdessen bezeugen die vielen nationalen, ethnischen und religiösen Gruppen, die hier koexistieren, dass man in unserer Welt zusammenleben kann und muss; in einer Welt, die seit Jahrzehnten zu einem globalen Dorf geworden ist, in dem – die Globalisierung als selbstverständlich vorausgesetzt – „die Gesinnung des Dorfes“ in vielerlei Hinsicht noch unbekannt ist: die Gastfreundschaft, die Suche nach dem anderen, Geschwisterlichkeit. Wir erleben im Gegenteil mit Besorgnis, dass Gleichgültigkeit und gegenseitiges Misstrauen in großem Umfang zunehmen, dass Rivalitäten und Gegensätze, die man überwunden zu haben hoffte, sich ausweiten und dass Populismus, Extremismus und Imperialismus die Sicherheit aller gefährden. Trotz des Fortschritts und vieler ziviler und wissenschaftlicher Errungenschaften nimmt die kulturelle Entfernung zwischen den verschiedenen Teilen der Welt zu, und den wohltuenden Möglichkeiten der Begegnung werden unheilvolle Haltungen der Konfrontation vorgezogen.
Lasst uns stattdessen an den Baum des Lebens, euer Wahrzeichen, denken und in den trockenen Wüsten des menschlichen Zusammenlebens das Wasser der Geschwisterlichkeit verteilen: Lassen wir nicht zu, dass die Möglichkeit von Begegnungen zwischen Zivilisationen, Religionen und Kulturen verdunstet, lassen wir nicht zu, dass die Wurzeln des Menschlichen verdorren! Lasst uns zusammenarbeiten, lasst uns für das Miteinander arbeiten, für die Hoffnung! Ich bin hier, im Land des Lebensbaumes, als Sämann des Friedens, um Tage der Begegnung zu erleben, um an einem Dialogforum zwischen dem Osten und dem Westen für ein friedliches menschliches Zusammenleben teilzunehmen. Ich danke jetzt schon meinen Weggefährten, insbesondere den Religionsvertretern. Diese Tage markieren eine wertvolle Etappe auf dem Weg der Freundschaft, der sich in den letzten Jahren mit verschiedenen islamischen Religionsführern intensiviert hat: es ist ein geschwisterlicher Weg, der unter dem Blick des Himmels dem Frieden auf der Erde dienen will.
In dieser Hinsicht drücke ich meine Wertschätzung für die internationalen Konferenzen und Begegnungsmöglichkeiten aus, die dieses Königreich organisiert und fördert, indem es insbesondere Respekt, Toleranz und Religionsfreiheit thematisiert. Dies sind wesentliche Themen, die von der Verfassung des Landes anerkannt werden, in der es heißt, dass »es keinerlei Diskriminierung aufgrund des Geschlechts, der Herkunft, der Sprache, der Religion oder der Weltanschauung geben darf« (Artikel 18), dass »die Gewissensfreiheit absolut ist« und dass »der Staat die Unverletzlichkeit der Religionsausübung schützt« (Artikel 22). Es handelt sich vor allem um Verpflichtungen, die beständig in die Praxis umzusetzen sind, damit die Religionsfreiheit umfassend wird und sich nicht auf die Freiheit der Religionsausübung beschränkt; damit gleiche Würde und gleiche Chancen für jede Gruppe und jeden Menschen konkret anerkannt werden; damit es keine Diskriminierung gibt und die grundlegenden Menschenrechte nicht verletzt, sondern befördert werden. Ich denke insbesondere an das Recht auf Leben, an die Notwendigkeit, es immer zu garantieren, auch im Hinblick auf diejenigen, die bestraft werden und deren Leben nicht beseitigt werden kann.
Kehren wir zum Baum des Lebens zurück. Im Laufe der Zeit haben die vielen unterschiedlich großen Äste ein dichtes Blätterdach gebildet und seine Höhe und Breite vergrößert. In diesem Land ist es gerade der Beitrag so vieler Menschen aus verschiedenen Völkern gewesen, der eine bemerkenswerte wirtschaftliche Entwicklung erlaubte. Dies ist durch die Einwanderung möglich geworden, bezüglich der das Königreich Bahrain eine der höchsten Quoten der Welt aufweist: Etwa die Hälfte der ansässigen Bevölkerung ist ausländischer Herkunft und arbeitet maßgeblich an der Entwicklung eines Landes, in dem sie sich, obwohl sie ihre Heimat verlassen haben, zu Hause fühlen. Es darf jedoch nicht vergessen werden, dass es in unserer Zeit immer noch zu viel Mangel an Arbeitsplätzen und zu viel entmenschlichende Arbeit gibt: Dies birgt nicht nur große Gefahren sozialer Instabilität, sondern stellt auch einen Angriff auf die Menschenwürde dar. Arbeit ist nämlich nicht nur notwendig, um sich den Lebensunterhalt zu verdienen, sondern sie ist ein Recht, das unabdingbar ist, um ich selbst voll entfalten und eine Gesellschaft nach menschlichen Maßstäben gestalten zu können.
Von diesem Land aus, das wegen seiner Beschäftigungsmöglichkeiten attraktiv ist, möchte ich an die weltweite Beschäftigungskrise erinnern: Oft fehlt es an Arbeit, die so kostbar ist wie Brot; oft ist sie vergiftetes Brot, weil sie versklavt. In beiden Fällen steht der Mensch nicht mehr im Mittelpunkt. Er wird vom unantastbaren und unverletzlichen Zweck der Arbeit auf ein Mittel zum Geldmachen reduziert. Deshalb müssen überall garantierte und menschenwürdige Arbeitsbedingungen gewährleistet werden, die das kulturelle und geistige Leben nicht behindern, sondern fördern; die den sozialen Zusammenhalt begünstigen, zugunsten des Zusammenlebens und der Entwicklung der Länder selbst (vgl. Gaudium et spes, 9.27.60.67).
Bahrain hat in dieser Hinsicht wertvolle Errungenschaften vorzuweisen: Ich denke zum Beispiel an die erste Mädchenschule, die am Golf gegründet wurde, und an die Abschaffung der Sklaverei. Möge Bahrein ein Leuchtturm sein, wenn es darum geht, faire und immer bessere Rechte und Bedingungen für Arbeitnehmer, Frauen und junge Menschen in der gesamten Region zu fördern und gleichzeitig Respekt und Aufmerksamkeit für diejenigen zu garantieren, die sich besonders am Rande der Gesellschaft fühlen, wie Migranten und Gefangene: eine wahre, menschliche und ganzheitliche Entwicklung lässt sich vor allem an der Aufmerksamkeit ihnen gegenüber ablesen.
Der Baum des Lebens, der sich einsam in der Wüstenlandschaft erhebt, erinnert mich noch an zwei Bereiche, die für alle entscheidend sind und die vor allem diejenigen angehen, die als Regierende die Verantwortung haben, dem Gemeinwohl zu dienen. Erstens die Umweltproblematik: Wie viele Bäume werden abgeholzt, wie viele Ökosysteme zerstört, wie viele Meere durch die unersättliche Gier des Menschen verschmutzt, was dann schließlich wieder auf ihn zurückfällt! Lasst uns nicht müde werden, uns in dieser dramatischen und dringlichen Angelegenheit einzusetzen, indem wir konkrete und weitsichtige Entscheidungen treffen, mit Blick auf die junge Generation, bevor es zu spät ist und ihre Zukunft beeinträchtigt wird! Möge die Klimakonferenz der Vereinten Nationen (COP27), die in wenigen Tagen in Ägypten stattfindet, ein Schritt vorwärts in dieser Hinsicht sein!
Des Weiteren erinnert mich der Baum des Lebens mit seinen Wurzeln, die das lebenswichtige Wasser aus dem Erdboden zum Stamm leiten, und von diesem zu den Zweigen und dann zu den Blättern, die den Lebewesen Sauerstoff geben, an die Berufung des Menschen, eines jeden Menschen auf der Erde: das Leben gedeihen zu lassen. Heute hingegen erleben wir, jeden Tag mehr, tödliche Handlungen und Bedrohungen. Ich denke dabei vor allem an die monströse und sinnlose Realität des Krieges, der überall Zerstörung sät und die Hoffnung entwurzelt. Im Krieg kommt die schlimmste Seite des Menschen zum Vorschein: Egoismus, Gewalt und Lüge. Ja, denn Krieg, jeder Krieg, bedeutet auch den Tod der Wahrheit. Wenden wir uns gegen die Logik der Waffen und schlagen wir die entgegengesetzte Richtung ein, indem wir die enormen Militärausgaben in Investitionen für die Bekämpfung von Hunger, mangelnder Gesundheitsversorgung und mangelnder Bildung umwandeln. Die vielen Konfliktsituationen schmerzen mich zutiefst. Mit Blick auf die Arabische Halbinsel, deren Länder ich mit Herzlichkeit und Respekt grüßen möchte, denke ich insbesondere betrübt an den Jemen, der von einem vergessenen Krieg gequält wird, der, wie jeder Krieg, zu keinem Sieg, sondern nur zu schmerzhaften Niederlagen für alle führt. Ich bete vor allem für die Zivilbevölkerung, die Kinder, die alten Menschen, die Kranken, und ich flehe: Mögen die Waffen schweigen, mögen die Waffen schweigen, mögen die Waffen schweigen! Setzen wir uns überall und wirklich für den Frieden ein!
Eine Erklärung des Königreichs Bahrain erkennt in diesem Zusammenhang an, dass der religiöse Glaube »ein Segen für die gesamte Menschheit« und die Grundlage »für den Frieden in der Welt« ist. Ich bin als Gläubiger hier, als Christ, als Mensch und Pilger des Friedens, weil wir heute wie nie zuvor überall aufgerufen sind, uns ernsthaft für den Frieden einzusetzen. Majestät, Königliche Hoheiten, Autoritäten, Freunde, ich mache mir daher eine schöne Passage aus eben dieser Erklärung zu eigen und teile sie mit Euch als Wunsch für diese ersehnten Besuchstage im Königreich Bahrain: »Wir verpflichten uns, für eine Welt einzutreten, in der sich die Menschen aufrichtigen Glaubens zusammenschließen, um dem Trennenden zu widersagen und stattdessen das zu suchen, was uns eint.« So sei es, mit dem Segen des Allerhöchsten! Shukran! [Danke!]
[01686-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Majestad,
Altezas Reales,
ilustres Miembros del Gobierno y del Cuerpo diplomático,
distinguidas autoridades religiosas y civiles,
señoras y señores,
As-salamu alaykum.
Agradezco de corazón a Su Majestad la amable invitación a visitar el Reino de Baréin, la calurosa y generosa acogida y las palabras de bienvenida que me ha dirigido. Saludo cordialmente a cada uno de ustedes. Deseo dirigir una palabra de amistad y afecto a quienes viven en este país; a cada creyente, a cada persona y a cada familia, que la Constitución de Baréin define «piedra angular de la sociedad». A todos les expreso mi alegría de estar con ustedes.
Aquí, donde las aguas del mar circundan las arenas del desierto e imponentes rascacielos flanquean los tradicionales mercados orientales, realidades lejanas se encuentran, antigüedad y modernidad convergen, historia y progreso se funden; sobre todo, gentes de diversas procedencias forman un original mosaico de vida. Cuando me preparaba para este viaje, supe de la existencia de un “emblema de vitalidad” que caracteriza al país. Me refiero al así llamado “árbol de la vida” (Shajarat-al-Hayat), en el que quisiera inspirarme para compartir algunos pensamientos. Se trata de una acacia majestuosa, que sobrevive desde siglos en una zona desértica, donde las lluvias son muy escasas. Parece imposible que un árbol tan longevo resista y prospere en tales condiciones. Según dicen, el secreto está en las raíces, que se extienden por decenas de metros bajo el suelo, alcanzando depósitos de agua subterráneos.
Por lo tanto, veamos las raíces. El Reino de Baréin está comprometido en investigar y valorar su pasado, que da cuenta de una tierra sumamente antigua, a la que, desde hace milenios, los pueblos acudían atraídos por su belleza, debida particularmente a la gran cantidad de fuentes de agua dulce que le dieron la fama de ser paradisíaca. El antiguo reino de Dilmun era llamado “tierra de los vivos”. Remontándonos a las vastas raíces del tiempo —unos 4.500 años de presencia humana ininterrumpida— se pone de manifiesto cómo la posición geográfica, la predisposición y las capacidades comerciales de la gente, además de determinados hechos históricos, hayan dado a Baréin la oportunidad de conformarse como una confluencia de enriquecimiento mutuo entre los pueblos. Un aspecto, por tanto, destaca de esta tierra: ha sido siempre lugar de encuentro entre poblaciones diversas.
Esta es el agua vital de la que todavía hoy se abrevan las raíces de Baréin, cuya mayor riqueza resplandece en su variedad étnica y cultural, en la convivencia pacífica y en la tradicional hospitalidad de la población. Una diversidad que no es uniformante, sino inclusiva, es la que representa el tesoro de todo país verdaderamente desarrollado. Y en estas islas se ve una sociedad heterogénea, multiétnica y multirreligiosa, capaz de superar el peligro del asilamiento. Esto es muy importante en nuestro tiempo, donde el repliegue exclusivo sobre sí mismo y sobre los propios intereses impide captar la importancia irrenunciable del conjunto. En cambio, los numerosos grupos nacionales, étnicos y religiosos que aquí coexisten testimonian que se puede y se debe convivir en nuestro mundo, convertido desde hace décadas en una aldea global en la que, a pesar de dar por sentada la globalización, es todavía desconocido en muchos sentidos “el espíritu de la aldea”: la hospitalidad, la búsqueda del otro, la fraternidad. Por el contrario, asistimos con preocupación al crecimiento, a gran escala, de la indiferencia y de la sospecha recíproca, a la expansión de rivalidades y contraposiciones que se pensaban superadas, a populismos, extremismos e imperialismos que ponen en peligro la seguridad de todos. No obstante el progreso y tantas conquistas civiles y científicas, la distancia cultural entre las diversas partes del mundo aumenta, y a las beneficiosas oportunidades de encuentro se anteponen feroces actitudes de enfrentamiento.
Pensemos en cambio en el árbol de la vida —vuestro símbolo— y en los áridos desiertos de la convivencia humana, y distribuyamos el agua de la fraternidad. No dejemos evaporar la posibilidad del encuentro entre civilizaciones, religiones y culturas, ¡no permitamos que se sequen las raíces de lo humano! ¡Trabajemos juntos, trabajemos por todos, por la esperanza! Estoy aquí, en la tierra del árbol de la vida, como sembrador de paz, para vivir días de encuentro, para participar en un Foro de diálogo entre Oriente y Occidente por la convivencia humana pacífica. Agradezco desde ya a los compañeros de viaje, de modo especial a los Representantes religiosos. Estos días marcan una etapa preciosa en el proceso de amistad que se ha intensificado en los últimos años con diversos jefes religiosos islámicos. Un camino fraterno que, bajo la mirada del cielo, quiere favorecer la paz en la tierra.
A este respecto, expreso mi aprecio por las conferencias internacionales y por las oportunidades de encuentro que este Reino organiza y favorece, centrándose especialmente en el tema del respeto, la tolerancia y la libertad religiosa. Son temas esenciales, reconocidos por la Constitución del país, que establece que «no debe haber ninguna discriminación en base al sexo, a la proveniencia, a la lengua, a la religión o al credo» (art. 18), que «la libertad de conciencia es absoluta» y que «el Estado tutela la inviolabilidad del culto» (art. 22). Son, sobre todo, compromisos que han de ser puestos en práctica constantemente, para que la libertad religiosa sea plena y no se limite a la libertad de culto; para que la misma dignidad y la igualdad de oportunidades sean reconocidas concretamente a cada grupo y a cada persona; para que no haya discriminaciones y los derechos humanos fundamentales no sean violados, sino promovidos. Pienso principalmente en el derecho a la vida, en la necesidad de garantizarlo siempre, también en relación a los que son castigados, cuya existencia no puede ser eliminada.
Volvamos al árbol de la vida. Las numerosas ramas de diversos tamaños que lo caracterizan, con el tiempo han generado un frondoso follaje, aumentando su altura y amplitud. En este país ha sido precisamente la contribución de muchas personas de pueblos diferentes lo que ha permitido un considerable desarrollo productivo. Eso ha sido posible gracias a la inmigración, de la que el Reino de Baréin ostenta una de las tasas más elevadas del mundo; cerca de la mitad de la población residente es extranjera y trabaja de modo notable por el desarrollo de un país en el que, aun habiendo dejado la propia patria, se siente en casa. Pero no se puede olvidar que en los tiempos actuales el trabajo aún es muy escaso, y hay demasiado trabajo deshumanizador. Eso no sólo conlleva graves riesgos de inestabilidad social, sino que representa un atentado a la dignidad humana. En efecto, el trabajo no sólo es necesario para ganarse la vida, es un derecho indispensable para desarrollarse integralmente a sí mismo y para formar una sociedad a la medida del hombre.
Desde este país, atractivo por las oportunidades laborales que ofrece, quisiera señalar la emergencia de la crisis laboral mundial. A menudo el trabajo, valioso como el pan, falta; frecuentemente es pan envenenado, porque esclaviza. En ambos casos, en el centro ya no está el hombre; que, de ser el fin sagrado e inviolable del trabajo, se reduce a un medio para producir dinero. Por lo tanto, que se garanticen en todas partes condiciones laborales seguras y dignas del hombre, que no impidan sino que favorezcan la vida cultural y espiritual; que promuevan la cohesión social, en favor de la vida común y del mismo desarrollo de los países (cf. Gaudium et spes, 9.27.60.67).
En ese sentido, Baréin cuenta con valiosas adquisiciones. Pienso, por ejemplo, en la primera escuela femenina que surgió en el Golfo y en la abolición de la esclavitud. Que este sea un faro que promueva, en toda la región, derechos y condiciones justas y cada vez mejores para los trabajadores, las mujeres y los jóvenes, garantizando al mismo tiempo respeto y atención para los que sufren mayor marginación en la sociedad, como los que han emigrado y los presos. El desarrollo verdadero, humano e integral se mide sobre todo por la atención hacia ellos.
El árbol de la vida, que se eleva solitario en el paisaje desértico, me evoca aún dos ámbitos decisivos para todos, y que interpelan especialmente a quien, gobernando, tiene la responsabilidad de servir al bien común. En primer lugar, la cuestión ambiental: cuántos árboles son derribados, cuántos ecosistemas devastados, cuántos mares contaminados por la insaciable avidez del hombre, que después se le vuelve en contra. No nos cansemos de trabajar por esta dramática emergencia, tomando decisiones concretas y con amplitud de miras, adoptadas pensando en las generaciones jóvenes, antes de que sea demasiado tarde y su futuro se comprometa. Que la Conferencia de las Naciones Unidas sobre el cambio climático (COP27), que se realizará en Egipto dentro de pocos días, sea un paso adelante en ese sentido.
En segundo lugar, el árbol de la vida, con sus raíces que desde el subsuelo comunican el agua vital al tronco, y desde este a las ramas y de ahí a las hojas que dan oxígeno a las criaturas, me hace pensar en la vocación del hombre, de todo hombre que está sobre la tierra: hacer prosperar la vida. Pero hoy asistimos, cada día más, a acciones y amenazas de muerte. Pienso, en particular, en la realidad monstruosa e insensata de la guerra, que siembra destrucción en todas partes y erradica la esperanza. En la guerra emerge el lado peor del hombre: el egoísmo, la violencia y la mentira. Sí, porque la guerra, toda guerra, representa también la muerte de la verdad. Rechacemos la lógica de las armas e invirtamos la ruta, convirtiendo los enormes gastos militares en inversiones para combatir el hambre, la falta de asistencia sanitaria y de instrucción. Tengo el corazón lleno de dolor por tantas situaciones de conflicto. Mirando a la Península arábiga, cuyos países deseo saludar con cordialidad y respeto, dirijo un pensamiento especial y apenado a Yemen, martirizado por una guerra olvidada que, como toda guerra, no conduce a ninguna victoria, sino sólo a amargas derrotas para todos. Recuerdo en la oración sobre todo a los civiles, a los niños, a los ancianos, a los enfermos, e imploro: ¡que callen las armas, que callen las armas, que callen las armas! ¡Comprometámonos en todas partes y realmente por la paz!
La Declaración del Reino de Baréin reconoce, a este propósito, que la fe religiosa es «una bendición para toda la humanidad», el fundamento «para la paz en el mundo». Estoy aquí como creyente, como cristiano, como hombre y peregrino de paz, porque hoy más que nunca estamos llamados, en todo el mundo, a comprometernos seriamente por la paz. Majestad, Altezas Reales, autoridades, amigos, hago mío y comparto con ustedes, a modo de deseo para estos esperados días de visita en el Reino de Baréin, un hermoso pasaje de la misma Declaración: «Nos comprometemos a trabajar para un mundo en el que la gente de buena fe se junte para rechazar lo que nos divide y se concentre en celebrar y expandir lo que nos une». Que así sea, con la bendición del Altísimo. Shukran [Gracias].
[01686-ES.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Majestade,
Altezas Reais,
Ilustres membros do Governo e do Corpo Diplomático,
Distintas Autoridades religiosas e civis,
Senhoras e Senhores,
As-salamu alaikum
De coração agradeço a Sua Majestade o amável convite para visitar o Reino do Bahrein, o caloroso e generoso acolhimento e as palavras de boas-vindas que me dirigiu. Saúdo cordialmente a cada um de vós. Desejo manifestar a minha calorosa estima a quantos vivem neste país: a cada crente, a cada pessoa e a cada família, que a Constituição do Bahrein define «pedra angular da sociedade». A todos expresso a minha alegria por me encontrar no vosso meio.
Aqui, onde as águas do mar circundam as areias do deserto e imponentes arranha-céus se erguem ao lado dos tradicionais mercados orientais, cruzam-se realidades muito diferentes: convergem antiguidade e modernidade, fundem-se história e progresso, e sobretudo pessoas da mais variada proveniência formam um original mosaico de vida. Ao preparar-me para esta viagem, tomei conhecimento dum «emblema de vitalidade» que carateriza o país; refiro-me à chamada «árvore da vida» (Shajarat-al-Hayat), à qual desejo inspirar-me ao partilhar convosco algumas ideias. Trata-se duma majestosa acácia, que, há séculos, sobrevive numa zona deserta, onde a chuva é muito escassa. Parece impossível que uma árvore tão longeva resista e prospere em tais condições. Na opinião de muitos, o segredo estaria nas raízes, que se estendem por dezenas de metros sob o solo, bebendo em depósitos subterrâneos de água.
As raízes! O Reino do Bahrein empenha-se na pesquisa e valorização do seu passado, que fala duma terra extremamente antiga, para onde, já há milénios, acorriam os povos, atraídos pela sua beleza, resultante em particular das abundantes nascentes de água doce que lhe deram a fama de ser paradisíaca: o antigo reino de Dilmun denominava-se «terra dos vivos». Remontando no tempo até às suas raízes (conta 4500 anos de presença humana ininterrupta), resulta terem sido a posição geográfica, a propensão e a habilidade comercial do povo, bem como certas vicissitudes históricas que permitiram ao Bahrein moldar-se como encruzilhada de mútuo enriquecimento entre os povos. De facto, um aspeto sobressai nesta terra: sempre foi lugar de encontro entre populações diferentes.
Está aqui a água vital, aonde vão ainda hoje beber as raízes do Bahrein, cuja maior riqueza se vê na sua variedade étnica e cultural, na convivência pacífica e no tradicional acolhimento da população. Uma diversidade, não homogeneizadora, mas inclusiva constitui o tesouro de qualquer país verdadeiramente evoluído. E, nestas ilhas, pode-se admirar uma sociedade mista, multiétnica e multirreligiosa, que foi capaz de superar o perigo do isolamento. Isto é muito importante no nosso tempo, cujo excludente retraimento em si mesmo e nos próprios interesses impede de captar a irrenunciável importância do todo. Diversamente os numerosos grupos nacionais aqui coexistentes, étnicos e religiosos, testemunham que se pode e deve conviver no nosso mundo; este, já há decénios que se tornou uma aldeia global, mas, dando-se por suposta a globalização, ainda desconhece «o espírito da aldeia» em várias das suas vertentes: a hospitalidade, a solicitude pelo outro, a fraternidade. Pelo contrário, assistimos, preocupados, ao crescimento em larga escala da indiferença e mútua suspeita, à extensão de rivalidades e contraposições que se esperavam superadas, a populismos, extremismos e imperialismos que põem em perigo a segurança de todos. Não obstante o progresso e tantas conquistas civis e científicas, aumenta a distância cultural entre as várias partes do mundo e, às benéficas oportunidades de encontro, antepõem-se perversas atitudes de conflito.
Em vez disso, pensemos na árvore da vida – o vosso símbolo – e distribuamos, nos desertos áridos da convivência humana, a água da fraternidade: não deixemos evaporar-se a possibilidade do encontro entre civilizações, religiões e culturas, não permitamos que sequem as raízes do humano! Trabalhemos juntos, trabalhemos a bem do todo, em prol da esperança! Estou aqui, na terra da árvore da vida, como semeador de paz, para viver dias de encontro, participar num Fórum de diálogo entre Oriente e Ocidente em prol da coexistência humana pacífica. Desde já agradeço aos companheiros de viagem, especialmente aos Representantes religiosos. Estes dias marcam uma etapa preciosa no percurso de amizade que tem vindo a intensificar-se, nos últimos anos, com vários líderes religiosos islâmicos: um caminho fraterno que, sob o olhar do Céu, quer favorecer a paz na Terra.
A propósito, manifesto o meu apreço pelas conferências internacionais e as oportunidades de encontro que este Reino organiza e favorece, centrando-se especialmente na temática do respeito, da tolerância e da liberdade religiosa. São pontos essenciais, reconhecidos pela Constituição do país, onde se estabelece que «não deve haver discriminação alguma com base no sexo, na proveniência, na língua, na religião ou no credo» (art. 18), que «a liberdade de consciência é absoluta» e que «o Estado tutela a inviolabilidade do culto» (art. 22). Trata-se sobretudo de compromissos que hão de traduzir-se constantemente na prática, para que a liberdade religiosa se torne plena, não se limitando à liberdade de culto; para que igual dignidade e paridade de oportunidades sejam reconhecidas concretamente a todo o grupo e a toda a pessoa; para que não haja discriminações e os direitos humanos fundamentais não sejam violados, mas promovidos. Penso, antes de mais nada, no direito à vida, na necessidade de o garantir sempre, mesmo em relação a quem é punido, cuja existência não pode ser eliminada.
Voltemos à árvore da vida. Os múltiplos ramos de diferente tamanho que a caraterizam, com o passar do tempo, deram vida a espessas ramagens, fazendo crescer a sua altura e circunferência. Neste país, foi precisamente a contribuição de tantas pessoas de diferentes povos que consentiu um notável progresso produtivo. Isto tornou-se possível graças à imigração, que regista no Reino do Bahrein uma das taxas mais elevadas do mundo: cerca de metade da população residente é estrangeira e trabalha de forma significativa para o progresso dum país, onde – tendo deixado a própria pátria – se sente em casa. Todavia não se pode esquecer que, nos nossos dias, há ainda muita falta de trabalho e demasiado trabalho desumano: isto acarreta não só graves riscos de instabilidade social, mas representa um atentado à dignidade humana. De facto, o trabalho não é necessário apenas para se ganhar a vida, mas constitui também um direito indispensável para nos desenvolvermos integralmente a nós próprios e moldarmos uma sociedade à medida do homem.
A partir deste país, atraente pelas oportunidades laborais que oferece, quero lembrar a emergência da crise laboral mundial: muitas vezes falta o trabalho, precioso como o pão; frequentemente é pão envenenado, porque escraviza. Em ambos os casos, no centro já não está o homem, que, de fim sagrado e inviolável do trabalho, acaba reduzido a um meio para produzir dinheiro. Assim, por todo o lado, sejam garantidas condições laborais seguras e dignas do homem, que não impeçam, mas favoreçam a vida cultural e espiritual; que promovam a coesão social, em proveito da vida comum e do próprio progresso dos países (cf. Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes, 9.27.60.67).
O Bahrein pode gloriar-se de preciosas conquistas neste sentido: penso, por exemplo, na primeira escola feminina surgida no Golfo e na abolição da escravatura. Continue a ser farol na promoção em toda a área dos direitos e condições équas e cada vez melhores para os trabalhadores, as mulheres e os jovens, garantindo ao mesmo tempo respeito e solicitude por quantos se sentem mais à margem da sociedade, como os migrantes e os reclusos: o desenvolvimento verdadeiro, humano, integral mede-se sobretudo pela atenção que lhes é prestada.
A árvore da vida, que se ergue, solitária, na paisagem desértica, sugere-me ainda dois âmbitos decisivos para todos e que interpelam primariamente quem, governando, detém a responsabilidade de servir o bem comum. Em primeiro lugar, a questão ambiental: quantas árvores são derrubadas, quantos ecossistemas devastados, quantos mares poluídos pela ganância insaciável do homem, cuja conta se deve pagar depois! Não nos cansemos de trabalhar em prol desta dramática pendência, realizando opções concretas e previdentes, feitas a pensar nas gerações mais jovens, antes que seja demasiado tarde e se comprometa o seu futuro. Que a Conferência das Nações Unidas sobre as Alterações Climáticas (COP27), que terá lugar no Egito dentro de poucos dias, constitua um passo em frente no referido sentido!
Em segundo lugar, a árvore da vida com as suas raízes, que, do subsolo, comunicam a água vital ao tronco e, deste, aos ramos e sucessivamente às folhas, que dão oxigénio às criaturas, faz-me pensar na vocação do homem, de todo o homem que está na terra: fazer a vida prosperar. Entretanto assistimos hoje, e cada dia sempre mais, a ações e ameaças de morte. De modo particular estou a pensar na realidade monstruosa e insensata da guerra, que semeia por toda a parte destruição e erradica a esperança. Na guerra, aparece o lado pior do homem: egoísmo, violência e mentira. Sim, porque a guerra, qualquer guerra, constitui também a morte da verdade. Rejeitemos a lógica das armas e invertamos o rumo, transformando as enormes despesas militares em investimentos para combater a fome, a falta de cuidados sanitários e de instrução. Tenho no coração a tristeza por tantas situações de conflito. Olhando para a Península Arábica, cujos países desejo saudar com cordialidade e respeito, dirijo um pensamento especial e sentido ao Iémen, martirizado por uma guerra esquecida que, como qualquer guerra, não leva a nenhuma vitória, mas apenas a amargas derrotas para todos. Recordo na oração sobretudo os civis, as crianças, os idosos, os doentes, e imploro: calem-se as armas, calem-se as armas, calem-se as armas! Empenhemo-nos por toda parte e de verdade em prol da paz!
A respeito disto, a Declaração do Reino do Bahrein reconhece que a fé religiosa é «uma bênção para todo o género humano», o alicerce «para a paz no mundo». Estou aqui como crente, como cristão, como homem e peregrino da paz, porque hoje, mais do que nunca, somos chamados a empenhar-nos seriamente, por todo o lado, em prol da paz. Assim, Majestade, Altezas Reais, Autoridades, Amigos, faço meu e partilho convosco, como desejo para estes anelados dias de visita ao Reino do Bahrein, um belo trecho da própria Declaração: «Empenhamo-nos a trabalhar por um mundo, onde as pessoas de credo sincero se unam entre si para rejeitar aquilo que nos divide e, ao contrário, escolher aquilo que nos une». Assim seja, com a bênção do Altíssimo! Shukran [obrigado]!
[01686-PO.02] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Wasza Królewska Wysokość,
Wasze Królewskie Wysokości,
Czcigodni Członkowie Rządu i Korpusu Dyplomatycznego,
Dostojni Przedstawiciele władz religijnych i cywilnych,
Panie i Panowie,
As-salamu alaikum!
Dziękuję serdecznie Waszej Królewskiej Wysokości za uprzejme zaproszenie do złożenia wizyty w Królestwie Bahrajnu, za ciepłe i hojne przyjęcie oraz skierowane do mnie słowa powitania. Serdecznie pozdrawiam każdego z was. Pragnę skierować przyjazną i serdeczną myśl do wszystkich, którzy żyją w tym kraju: do każdego wierzącego, każdej osoby i każdej rodziny, którą konstytucja Bahrajnu określa jako „kamień węgielny społeczeństwa”. Wszystkim wyrażam radość, że jestem pośród Was.
Tutaj, gdzie wody morza otaczają piaski pustyni, a imponujące drapacze chmur sąsiadują z tradycyjnymi rynkami wschodnimi, spotykają się odległe rzeczywistości: zbiegają się starożytność i nowoczesność, łączą się ze sobą historia i postęp; nade wszystko ludzie o różnym pochodzeniu tworzą oryginalną mozaikę życia. Przygotowując się do tej podróży, uświadomiłem sobie „znamię witalności”, cechujący ten kraj. Mam na myśli tzw. drzewo życia (Shajarat-al-Hayat), z którego chciałbym zaczerpnąć inspirację, aby podzielić się pewnymi przemyśleniami. Jest to majestatyczne drzewo akacjowe, które przetrwało przez wieki na obszarze pustynnym, gdzie opady deszczu są bardzo skąpe. Wydaje się niemożliwe, aby tak długowieczne drzewo wytrzymało i rozwijało się w takich warunkach. Według wielu osób, sekret tkwi w korzeniach, które rozciągają się na dziesiątki metrów pod powierzchnią, czerpiąc wodę z podziemnych pokładów.
A zatem korzenie: Królestwo Bahrajnu stara się badać i doceniać swoją przeszłość, która mówi o niezwykle starożytnej krainie, do której już tysiące lat temu przybywali ludzie, przyciągani jej pięknem, a zwłaszcza obfitymi źródłami słodkiej wody, które nadawały jej opinię raju: starożytne królestwo Dilmun było nazywane „ziemią żyjących”. Cofając się do obszernych korzeni czasu – aż 4500 lat nieprzerwanej obecności człowieka – okazuje się, że położenie geograficzne, skłonności i umiejętności handlowe ludzi, a także pewne wydarzenia historyczne, dały Bahrajnowi możliwość ukształtowania się jako miejsce wzajemnego ubogacenia między narodami. Jeden aspekt wyróżnia więc tę ziemię: zawsze była miejscem spotkań różnych grup ludności.
Oto życiodajna woda, z której wciąż czerpią korzenie Bahrajnu, którego największe bogactwo jaśnieje w różnorodności etnicznej i kulturowej, w pokojowym współistnieniu i tradycyjnej gościnności jego mieszkańców. Różnorodność, która nie ujednolica, lecz włącza, jest skarbem każdego prawdziwie rozwiniętego kraju. I na tych wyspach można podziwiać złożone, wieloetniczne i wieloreligijne społeczeństwo, zdolne przezwyciężyć niebezpieczeństwo izolacji. Jest to bardzo ważne w naszych czasach, w których wykluczające wycofanie się w głąb siebie i do własnych interesów, stanowi przeszkodę w zrozumieniu niezbywalnego znaczenia całości. Natomiast współistniejące tu liczne grupy narodowe, etniczne i religijne świadczą o tym, że można i trzeba współistnieć w naszym świecie, który od dziesięcioleci stał się globalną wioską, w której, przyjmując za pewnik globalizację, „duch wioski” jest wciąż pod wieloma względami nieznany: gościnność, poszukiwanie drugiego człowieka, braterstwo. Przeciwnie, z niepokojem obserwujemy wzrost, na dużą skalę, obojętności i wzajemnych podejrzeń, upowszechnianie się rywalizacji i przeciwieństw, które miały być przezwyciężone, populizmów, ekstremizmów i imperializmów, które zagrażają bezpieczeństwu wszystkich. Mimo postępu i wielu zdobyczy cywilnych i naukowych, dystans kulturowy między poszczególnymi częściami świata rośnie, a korzystne okazje do spotkań zastępowane są nikczemnymi postawami konfliktu.
Pomyślmy natomiast o drzewie życia – waszym symbolu – a na jałowych pustyniach ludzkiego współżycia rozprowadźmy wodę braterstwa: nie pozwólmy, aby wyparowała możliwość spotkań między cywilizacjami, religiami i kulturami, nie pozwólmy, aby wyschły korzenie ludzkości! Pracujmy razem, pracujmy na rzecz wspólnoty, na rzecz nadziei! Jestem tutaj, w krainie drzewa życia, jako siewca pokoju, aby przeżyć dni spotkania, aby uczestniczyć w Forum dialogu między Wschodem a Zachodem na rzecz pokojowego współistnienia ludzi. Już teraz dziękuję moim współtowarzyszom podróży, zwłaszcza przedstawicielom religii. Te dni wyznaczają cenny etap na drodze przyjaźni, zintensyfikowanej w ostatnich latach przez różnych islamskich przywódców religijnych: braterskiej drodze, która pod spojrzeniem Nieba pragnie sprzyjać pokojowi na ziemi.
W związku z tym, wyrażam uznanie dla międzynarodowych konferencji i możliwości spotkań, które to Królestwo organizuje i wspiera, szczególnie skupiając się na szacunku, tolerancji i wolności religijnej. Są to zasadnicze tematy, uznane w konstytucji tego kraju, która stanowi, że „nie może być żadnej dyskryminacji ze względu na płeć, pochodzenie, język, religię lub przekonania” (art. 18), że „wolność sumienia jest wartością absolutną” oraz że „państwo chroni nietykalność religii” (art. 22). Są to przede wszystkim zobowiązania, które należy stale przekładać na praktykę, aby wolność religijna stała się pełna i nie ograniczała się do wolności kultu; aby równa godność i równe szanse były konkretnie przyznawane każdej grupie i każdej osobie; aby nie było dyskryminacji, a podstawowe prawa człowieka nie były gwałcone, lecz promowane; myślę przede wszystkim o prawie do życia, o konieczności zagwarantowania go zawsze, także wobec osób, które zostały ukarane, których egzystencja nie może być wyeliminowana.
Powróćmy do drzewa życia. Liczne gałęzie o różnej wielkości, które go charakteryzują, z czasem dały życie gęstemu ulistnieniu, zwiększając jego wysokość i szerokość. To właśnie wkład tak wielu osób pochodzących z różnych narodów umożliwił w tym kraju niezwykły rozwój produkcji. Stało się to możliwe dzięki imigracji, której wskaźnik w Królestwie Bahrajnu jest jednym z najwyższych na świecie: około połowa mieszkańców to obcokrajowcy, którzy w widoczny sposób pracują na rzecz rozwoju kraju, w którym, choć opuścili swoją ojczyznę, czują się jak w domu. Nie można jednak zapominać, że w naszych czasach wciąż jest zbyt wiele bezrobocia i zbyt wiele niehumanitarnej pracy: to nie tylko pociąga za sobą poważne zagrożenie niestabilności społecznej, ale stanowi także zamach na ludzką godność. Praca jest bowiem nie tylko konieczna, by zarobić na życie, ale jest niezbędnym prawem, aby w pełni rozwijać siebie samych, i aby kształtować społeczeństwo na miarę człowieka.
Z tego kraju, atrakcyjnego ze względu na możliwości pracy, jakie stwarza, chciałbym ponownie przypomnieć o zagrożeniu światowym kryzysem pracy: często brakuje pracy, tak cennej jak chleb; często jest to chleb zatruty, bo zniewala. W obu przypadkach w centrum nie znajduje się już człowiek, który ze świętego i nienaruszalnego celu pracy zostaje sprowadzony do środka, aby wytwarzać pieniądze. Dlatego, niech będą wszędzie zagwarantowane bezpieczne i godne człowieka warunki pracy, które nie utrudniałyby, lecz sprzyjały życiu kulturalnemu i duchowemu; które krzewiłyby spójność społeczną, z korzyścią dla wspólnego życia i samego rozwoju krajów (por. Gaudium et spes, 9.27.60.67).
Bahrajn szczyci się cennymi zdobyczami w tym sensie: myślę, na przykład o pierwszej szkole dla dziewcząt, założonej w Zatoce Perskiej oraz o zniesieniu niewolnictwa. Niech będzie latarnią w promowaniu sprawiedliwych i coraz lepszych praw i warunków dla pracowników, kobiet i młodzieży w całym regionie, gwarantując jednocześnie szacunek i wrażliwość na tych, którzy czują się najbardziej usunięci na margines społeczeństwa, jak migranci i więźniowie: troską o nich mierzy się przede wszystkim rozwój prawdziwy, ludzki, integralny.
Drzewo życia, które stoi samotnie w pustynnym krajobrazie, przypomina mi ponownie o dwóch obszarach, które mają decydujące znaczenie dla wszystkich i które stawiają pytania przede wszystkim tym, którzy rządząc, są odpowiedzialni za służbę dobru wspólnemu. Po pierwsze, kwestia środowiska: ile drzew jest wycinanych, ile ekosystemów niszczonych, ile mórz zanieczyszczanych przez nienasyconą chciwość człowieka, która potem obraca się przeciwko niemu! Nie ustawajmy w działaniach na rzecz tej dramatycznie pilnej sprawy, dokonując konkretnych i dalekowzrocznych wyborów, podejmowanych z myślą o młodszych pokoleniach, zanim będzie za późno, a ich przyszłość zostanie zagrożona! Niech Konferencja Klimatyczna ONZ (COP27), która za kilka dni odbędzie się w Egipcie, będzie krokiem naprzód w tym zakresie!
Po drugie, drzewo życia, z jego korzeniami, które spod ziemi przekazują życiodajną wodę do pnia, a z niego do gałęzi, a następnie do liści, które dają tlen stworzeniom, każe mi myśleć o powołaniu człowieka, każdego człowieka na ziemi: aby sprzyjano życiu. Ale dziś jesteśmy świadkami, każdego dnia coraz bardziej, działań i zagrożeń śmierci. Myślę w szczególności o potwornej i bezsensownej rzeczywistości wojny, która wszędzie sieje zniszczenie i wykorzenia nadzieję. Podczas wojny ujawnia się najgorsza strona człowieka: egoizm, przemoc i kłamstwo. Tak, bo wojna, każda wojna, przedstawia także śmierć prawdy. Odrzućmy logikę broni i odwróćmy kurs, zamieniając ogromne wydatki na wojsko na inwestycje na walkę z: głodem, brakiem opieki zdrowotnej i edukacji. Mam w sercu ból z powodu tak wielu sytuacji konfliktowych. Patrząc na Półwysep Arabski, którego kraje pragnę serdecznie i z szacunkiem pozdrowić, szczególną i serdeczną myśl kieruję do Jemenu, dręczonego zapomnianą wojną, która jak każda wojna, nie prowadzi do zwycięstwa, a jedynie do najgorszej klęski wszystkich. Niosę w modlitwie przede wszystkim ludność cywilną, dzieci, osoby starsze i chorych, i błagam: niech umilknie broń, niech umilknie broń, niech umilknie broń! Dążmy wszędzie i prawdziwie do pokoju!
Deklaracja Królestwa Bahrajnu uznaje w tym względzie, że „wiara religijna jest „błogosławieństwem dla całego rodzaju ludzkiego”, jest fundamentem „dla pokoju na świecie”. Przybywam tu jako wierzący, jako chrześcijanin, jako człowiek i pielgrzym pokoju, ponieważ dziś, jak nigdy dotąd, jesteśmy wszędzie wzywani do poważnego zaangażowania na rzecz pokoju. Wasza Królewska Wysokość, Wasze Królewskie Wysokości, Przedstawiciele władz, Przyjaciele, czynię swoim i dzielę się z Wami, jako życzenia na te wytęsknione dni mojej wizyty w Królestwie Bahrajnu, pięknym fragmentem tej samej Deklaracji: „Zobowiązujemy się pracować dla świata, w którym osoby o szczerych przekonaniach, jednoczą się między sobą, aby odrzucić to, co nas dzieli, a przybliżyć natomiast to, co nas łączy”. Niech się tak stanie, z błogosławieństwem Najwyższego! Shukran! [dziękuję!]
[01686-PL.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
الزيارة الرسوليّة إلى البحرين
كلمة قداسة البابا فرنسيس
في اللقاء مع السُّلُطات وممثّلي المجتمع المدنيّ والسّلك الدبلوماسيّ
في عوالي
الخميس 3 تشرين الثّاني/نوفمبر 2022
صاحب الجلالة،
أصحاب السّمو الملكيّ،
أعضاء الحكومة والسّلك الدبلوماسيّ المحترمين،
السُّلطات الدينيّة والمدنيّة المحترمين،
سيداتي سادتي،
السَّلام عليكم!
أشكر جزيل الشّكر جلالة الملك على دعوته الكريمة لزيارة مملكة البحرين، وعلى ترحيبه الحارّ، وكلمات المودّة التي وجّهها إليّ. أحيّي بحرارة كلّ واحد منكم. وأودّ أن أوجّه فكرة مودة ومحبّة إلى الذين يعيشون في هذا البلد: إلى كلّ مؤمن، وكلّ فرد، وكلّ عائلة، العائلة التي يعرّفها دستور البحرين بأنّها "حجر الزاوية في المجتمع". لكم جميعًا أعبّر عن سروري لأكون بينكم.
هنا، حيث تُحيط مياه البحر برمال الصّحراء، وحيث ناطحات السّحاب المدهشة ترتفع إلى جانب الأسواق الشّرقيّة التّقليديّة، تلتقي حقائق متباعدة: يلتقي القديم والحداثة، ويندمج التاريخ والتّقدم. وهنا، أناس من أصول مختلفة تشكِّل فسيفساء حياة فريدة. عندما كنت أستعدُّ لهذه الزيارة، تعرّفت على ”شعار الحيويّة“ الذي يميّز البلد. أشير إلى ما يسمى بـ ”شجرة الحياة“، التي أَستلهمها لأشارككم بعض الأفكار. إنّها شجرة الأكاسيا الرائعة التي بقيت على قيد الحياة منذ قرون في منطقة صحراويّة، حيث تَندُر الأمطار، وحيث يبدو أنّه من المستحيل أن تقاوم هذه الشّجرة المعمّرة وتزدهر في مثل هذه الظروف. وفقًا للكثيرين، يكمن السّر في الجذور التي تمتدّ عشراتِ الأمتار في باطن الأرض، وترتوي من مستودعات مياه جوفيّة.
إذن الجذور: مملكة البحرين التزمت البحثَ عن ماضيها وتعزيزه، الذي يروي قصة أرض في غاية القدم، تدفَّق عليها الناس منذ آلاف السنين، منجذبين بجمالها، الظّاهر خاصّة في ينابيعها الغزيرة بمياهها العذبة فاشتهرت وكأنّها الفردوس: وسُمّيَت مملكة دلمون القديمة بـ ”أرض الأحياء“. وإذا عُدنا بالتاريخ إلى الجذور البعيدة في الزمن - إلى أربعة آلاف وخمس مئة سنة من الوجود البشري المستمر - يظهر كيف أنّ الموقع الجغرافيّ والميول والمهارات التجاريّة للناس، بالإضافة إلى بعض الأحداث التاريخيّة، أعطت البحرين فرصة لتكوِّن نفسها على ملتقى طرق لإثراء متبادل بين الشّعوب. بهذا يظهر أحد أوجه هذه الأرض: كانت دائمًا مكانَ لقاء بين شعوب مختلفة.
هذا هو الماء الحيّ الذي ما زالت جذور البحرين تستمد منه الحياة اليوم، وأكبر غِنى هذا البلد يتألّق في تنوّع الأعراق والثّقافات فيه، وفي العيش معًا في سلام، وفي ترحاب السّكان التّقليدي. وفيه تنوُّع من غير تسوية ساحقة، ولا تذويب للاختلافات. هذا هو كنز كلّ بلد متطوّر حقًا. وفي هذه الجزر يُعجَب المشاهد بهذا المجتمع المركّب المتعدّد الأعراق ومتعدّد الأديان، القادر على أن يتغلّب على خطر العزل. هذا أمرٌ مهمّ جدًا في عصرنا، حيث الانطواء الحصري على الذات والمصالح الخاصّة يمنع من إدراك الأهميّة التي لا غِنى عنها ”للكلّ معًا“. عكس ذلك، هنا، الجماعات المتعددة القوميّة والعرقيّة والدينيّة التي تعيش معًا تشهد أنّه يمكننا ويجب علينا أن نعيش معًا في عالمنا، الذي أصبح منذ عشرات السّنين قرية عالميّة، حيث تُعتبر العولمة أمرًا مفروغًا منه، لكن ما زال، ولأسباب عديدة، ”روح القريّة“ غير معروف فيه، مثل الضّيافة، والبحث عن الآخر، والأخوّة. عكس ذلك، نشهد بقلق، وعلى نطاق واسع، ازدياد اللامبالاة والتّهم المتبادلة، وتوسّع الخصومات والصّراعات التي حَسِبنا يومًا أنّنا تغلّبنا عليها، والشّعبوية والتطرّف والإمبرياليّة التي تهدّد سلامة الجميع. على الرّغم من التّقدّم والإنجازات العديدة، المدنيّة والعلميّة، فإنّ المسافة الثقافيّة بين مختلف أنحاء العالم آخذة في الازدياد، وبدل فرص اللقاءات المفيدة، نجد مواقف مشينة من المواجهة.
بدلًا من ذلك، لنفكّر في شجرة الحياة – رمزكم - وفي الصّحاري القاحلة للعيش البشري معًا، لنوزع ماء الأخوّة: لا ندع إمكانيّة اللقاء بين الحضارات والأديان والثّقافات تتبخر، ولا نسمح أن تجفّ جذور البشريّة! لِنعمل معًا، ولْنعمل من أجل الكلّ معًا، ومن أجل الأمل! أنا هنا، في أرض شجرة الحياة، زارع سلام، لأعيش أيام اللقاء، ولأشارك في منتدى الحوار بين الشّرق والغرب من أجل عيش الناس معًا في سلام. أشكّر الآن رفاقي في السّفر وخاصّة ممثّلي الأديان. هذه الأيام تُمثّل مرحلة ثمينة في مسار الصّداقة الذي تكثّف في السّنوات الأخيرة مع مختلف القادة الدينيّين المسلمين: فهي مسيرة أخويّة تريد تعزيز السّلام على الأرض، تحت نظر السّماء.
وفي هذا الصّدد، أعرب عن تقديري للمؤتمرات الدوليّة ولفرص اللّقاء التي تنظمها هذه المملكة وتعززها، خاصّة مع التّركيز على الاحترام والتّسامح والحريّة الدينيّة. هذه مواضيع أساسيّة، أَقرّها دستور البلاد، الذي ينصّ على أنّه "يجب ألّا يكون هناك تمييز على أساس الجنس أو الأصل أو اللغة أو الدين أو المعتقد" (المادة 18)، وأنّ "حريّة الضّمير مطلقة" وأنّ "الدولة تحافظ على عدم المساس بالعبادة" (المادة 22). وفوق كلّ شيء، فهي التزامات يجب ترجمتها باستمرار إلى عمل، حتى تصبح الحريّة الدينيّة كاملة ولا تقتصر على حريّة العبادة؛ وحتى يتمّ الاعتراف، لكلّ جماعة ولكلّ شخص، بكرامة متساويّة، وفرص متكافئة؛ وحتى ولا يكون تمييز ولا تُنتَهَك حقوق الإنسان الأساسيّة، بل يتمّ تعزيزها. أفكّر قبل كلّ شيء في الحقّ على الحياة، وضرورة ضمانه دائمًا، حتى عند فرض العقوبات على البعض، حتى هؤلاء لا يمكن القضاء على حياتهم.
لِنَعُدْ إلى شجرة الحياة. فروع عديدة بأحجام مختلفة وتميّزها أنّها أدّت مع مرور الوقت إلى ظهور تشابك أوراق سميكة، مما زاد ارتفاعها واتساعها. في هذا البلد كانت مساهمة أشخاص كثيرين من شعوب مختلفة هي التي سمحت بتنمية إنتاجيّة ملحوظة. كان هذا ممكنًا بفضل الوافدين إلى البلد، وتفتخر مملكة البحرين فيها بأحد أعلى المعدلات في العالم: حوالي نصف السّكان المقيمين هم من الأغراب ويعملون بشكل واضح لتنمية بلد يشعرون فيه أنّه بيتهم، ولو أنّهم تركوا وطنهم. ومع ذلك، لا يمكن أن ننسى أنّه في عصرنا لا يزال هناك نقص كثير في العمل، وعمل لاإنسانيّ كثير: هذا لا ينطوي فقط على مخاطر جسيمة من حيث عدم الاستقرار الاجتماعيّ، بل يمثّل انتهاكًا لكرامة الإنسان. في الواقع، العمل ليس ضروريًا لكسب لقمة العيش فقط، بل هو حقّ لا غِنى عنه لتطوير الذات بشكل كامل ولتكوين مجتمع على قياس الإنسان.
من هذا البلد، الجذاب لفرص العمل التي يوفرها، أودّ أن أذكر حالة الطوارئ في أزمة العمل العالميّة: العمل، الثمين مثل الخبز، يَنقُص غالبًا. وفي كثير من الأحيان، هو خبز مسموم، لأنّ فيه عبوديّة. في كِلتا الحالتَين، لم يَعُدْ الإنسان هو المحور. الإنسان هو أصلًا هدف العمل المقدّس والذي لا تمس كرامته، فيُحوَّل إلى وسيلة لإنتاج المال. لذلك، يجب ضمان ظروف عمل آمنة ولائقة بالإنسان في كلّ مكان، لا تمنع بل تشجّع الحياة الثقافيّة والرّوحيّة، وتعزّز التماسك الاجتماعيّ، لصالح الحياة المشتركة وتنمية البلدان نفسها (راجع دستور رعائي، فرح ورجاء، 9. 27. 60. 67).
تَفتَخِر البحرين بمكتسبات ثمينة في هذا المجال: أفكّر، مثلًا، في أوّل مدرسة للبنات في الخليج وإلغاء الرّقّ. لتكن منارًا لتعزيز الحقوق في كلّ المنطقة، وظروف عادلة وأفضل للعمال والنساء والشّباب، وتَضمن في الوقت نفسه الاحترام والاهتمام للذين يشعرون بأنّهم على هامش المجتمع، مثل المهاجرين والمساجين: التنمية الحقيقيّة، البشريّة والمتكاملة، تقاس قبل كلّ شيء بالاهتمام بهؤلاء.
لا تزال شجرة الحياة، التي تقف وحيدة في مشهد الصّحراء، تذكّرني بمجالَين حاسمَين للجميع، ويخاطبان خصّوصًا الذين يحكمون ويتحملّون مسؤوليّة خدمة الخير العام. في المكان الأوّل، قضيّة البيئة: كم شجرة قُطعت، وكم من النظم البيئيّة التي دُمّرت، وكم من بحار تلوّثت بجشع الإنسان الذي لا يشبع، والذي يؤدّي بدوره إلى نتائج عكسيّة! لا نكِلّ من العمل من أجل هذه القضيّة الملحّة والمأساويّة، واتخاذ خيارات عمليّة وبعيدة النظر، يتمّ اتخاذها من أجل الأجيال الشّابة، قبل فوات الأوان وقبل أن يتعرّض مستقبلهم للخطر! مؤتمّر الأمّم المتّحدة للتغيّر المناخي (COP27)، الذي سيُعقد في مصر بعد أيام قليلة، ليكن خطوة إلى الأمام في هذا الاتجاه!
في المكان الثاني، شجرة الحياة، بجذورها التي تنقل المياه الحيويّة من باطن الأرض إلى الجذع، ومن الجذع إلى الأغصان، وبالتالي إلى الأوراق، التي تُعطي الأكسجين للخليقة، تجعلني أفكّر في دعوة الإنسان، في كلّ إنسان على الأرض: بأن يجعل الحياة تزدهر. لكنّنا نشهد اليوم، وكلّ يوم المزيد، من الأفعال والتّهديدات بالقتل. على وجه الخصّوص، أفكّر في واقع الحرب الوحشيّ الذي لا معنى له، والذي يزرع في كلّ مكان الدّمار ويقضي على الأمّل. في الحرب يظهر أسوأ جوانب الإنسان: الأنانيّة والعنف والأكاذيب. نَعم، لأنّ الحرب، كلّ حرب، تمثّل أيضًا موت الحقيقة. لِنرفض منطق السّلاح ولْنقلب المسار، ونحوّل الإنفاق العسكري الضّخم إلى استثمارات لمحاربة الجوع ونقص الرّعايّة الصّحيّة والتّعليم. في قلبي يوجد ألَم لحالات الصّراع العديدة. أَنظر إلى شبه الجزيرة العربيّة، وأودّ أن أحيّي بلدانها بحرارة واحترام، أتوجّه بتفكّير خاصّ وصادق إلى اليمن، المعذّب من حرب منسية، ومثل كلّ حرب، لا تؤدّي إلى أيّ نصر، بل فقط إلى هزائم مريرة للجميع. وبشكل خاصّ، أحمل بصلاتي المدنيّين والأطفال وكبار السّن والمرضى وأناشد: لِتسكت الأسلحة، لِتسكت الأسلحة، لِتسكت الأسلحة! ولْنلتزم في كلّ مكان وبصدق من أجل السّلام!
إعلان مملكة البحرين، في هذا الصّدد، يعترف بأنّ المعتقد الدينيّ هو "بركة للبشريّة جمعاء" وأساس "للسّلام في العالم". أنا هنا مؤمّن ومسيحيّ وإنسان وحاجُّ سلام، لأنّنا اليوم، أكثر من ذي قبل، مدعوّون في كلّ مكان إلى أن نلتزم بجديّة من أجل السّلام. صاحب الجلالة، وأصحاب السّمو الملكيّ، والسُّلطات، والأصدقاء، أوجّه كلمات فقرة في إعلان التّسامح لنفسي، وأشارككم بها، وهي ما ننشده من الزّيارة إلى مملكة البحرين. الفقرة الجميلة هي: "لنلتزم بالعمل من أجل عالم، يتَّحد فيه المؤمنون الصّادقون في معتقدهم، لرفض ما يفرّقنا وللتّركيز على ما يوحّدنا". ليكن كذلك ببركة الإله العليّ القدير. شكراً!
[01686-AR.02] [Testo originale: Italiano]
[B0819-XX.02]