Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua inglese
Questa mattina il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza, nel Palazzo Apostolico Vaticano, i partecipanti al XXVII Congresso mondiale di UNIAPAC, in corso in Vaticano, presso l’Aula Nuova del Sinodo, dal 20 al 22 ottobre 2022, sul tema: Il coraggio di cambiare - Creare una nuova economia per il bene comune.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro:
Discorso del Santo Padre
Cari leader e partecipanti al 27° Congresso Mondiale dell’UNIAPAC!
Prima di tutto chiedo scusa per il ritardo. Grazie per la vostra pazienza di aspettarmi! Oggi gli appuntamenti si sono allungati più del previsto e mi scuso di questo.
Vi saluto e vi do il benvenuto a questo importante incontro per riflettere e rafforzare il vostro impegno nella vostra nobile vocazione di imprenditori (cfr Enc. Laudato si’, 129). Non dobbiamo mai dimenticare che tutte le nostre capacità, incluso il successo negli affari, sono doni di Dio e «dovrebbero essere orientate chiaramente allo sviluppo degli altri e alla eliminazione della povertà, specialmente attraverso la creazione di opportunità di lavoro diversificate» (Enc. Fratelli tutti, 123). Il cambiamento richiede sempre coraggio. Ma il vero coraggio ci richiede domanda anche di saper riconoscere la grazia divina nella nostra vita. Così scrive il salmista: «Spera nel Signore, sii forte, / si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore» (Salmo 27,14).
Prego affinché, durante questi giorni insieme, e soprattutto quando tornerete alle vostre case e ai vostri luoghi di lavoro, rimaniate sempre consapevoli della grazia e della sapienza di Dio nelle vostre vite, e affinché gli permettiate di guidare e dirigere le vostre relazioni nel mondo degli affari e con quanti lavorano per voi. «Siamo chiamati ad essere creativi nel fare il bene, […] usando i beni di questo mondo – non solo quelli materiali, ma tutti i doni che abbiamo ricevuto dal Signore – non per arricchire noi stessi, ma per generare amore fraterno e amicizia sociale» (Angelus, 18 settembre 2022). Generare amicizia sociale.
Il tema del vostro Congresso pone una grande sfida a voi e a molti altri attori del mondo imprenditoriale: Creare una nuova economia per il bene comune. Non c’è dubbio che il nostro mondo abbia urgente bisogno di «una economia diversa, quella che fa vivere e non uccide, include e non esclude, umanizza e non disumanizza, si prende cura del creato e non lo depreda»[1]. Nel proseguire la riflessione su una nuova economia, ma soprattutto nel cominciare a metterla in pratica, si tratta di tenere presente che l’attività economica «deve avere come soggetti tutti gli uomini e tutti i popoli. Tutti hanno il diritto di partecipare alla vita economica e il dovere di contribuire, secondo le proprie capacità, al progresso del proprio Paese e dell’intera famiglia umana […]: è dovere di solidarietà e di giustizia, ma è anche la via migliore per far progredire l’intera umanità». [2]
Pertanto, qualsiasi “nuova economia per il bene comune” dev’essere inclusiva. Troppo spesso lo slogan “non lasciare indietro nessuno” viene pronunciato senza alcuna intenzione di offrire il sacrificio e lo sforzo per trasformare veramente queste parole in realtà. Nella sua Enciclica Populorum progressio, San Paolo VI scriveva: «Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, dev’essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo» (n. 14). Nell’compimento della vostra professione, voi, dirigenti d’azienda e imprenditori, siete chiamati a fungere da lievito per garantire che lo sviluppo raggiunga tutte le persone, ma soprattutto quelle più emarginate, e più bisognose, affinché l’economia possa contribuire sempre a una crescita umana integrale. A questo proposito, non dimentichiamo l’importante contributo offerto dal settore informale durante la pandemia da COVID-19 ancora in corso. Durante il lockdown per la maggior parte della società, i lavoratori informali hanno assicurato la fornitura e la consegna dei beni necessari per la vita quotidiana e la cura dei nostri cari più fragili, e hanno mantenuto le attività economiche di base, nonostante l’interruzione di molte attività formali.
In effetti, «siamo chiamati a dare priorità alla nostra risposta ai lavoratori che si trovano ai margini del mercato del lavoro, [...] i lavoratori poco qualificati, i lavoratori a giornata, quelli del settore informale, i lavoratori migranti e rifugiati, quanti svolgono quello che si è soliti denominare “il lavoro delle tre dimensioni”: pericoloso, sporco e degradante, e l’elenco potrebbe andare avanti».[3]
Accantoniamo anche l’idea che l’inclusione dei poveri e degli emarginati possa essere soddisfatta dai nostri sforzi per fornire assistenza finanziaria e materiale. Come è scritto nella Laudato si’, «aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte alle emergenze. Il vero obiettivo dovrebbe essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro» (n. 128). Difatti, la porta alla dignità di un uomo è il lavoro. Non basta portare il pane a casa, è necessario guadagnare il pane che io porto a casa.
Il lavoro dev’essere inteso e rispettato come un processo che va ben oltre lo scambio commerciale tra datore di lavoro e dipendente. È innanzitutto e soprattutto «parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale» (ibid.). Il lavoro «è un’espressione del nostro essere creati a immagine e somiglianza di Dio, il lavoratore (cfr Gen 2,3). […] Siamo chiamati al lavoro fin dalla nostra creazione»,[4] imitando Dio che è il primo lavoratore.
Tale lavoro dovrebbe essere ben integrato in una economia di cura. «La cura può essere intesa come prendersi cura delle persone e della natura, offrendo prodotti e servizi per la crescita del bene comune. Un’economia che ha cura del lavoro, creando opportunità di impiego che non sfruttano il lavoratore attraverso condizioni di lavoro degradanti e orari estenuanti».[5] Qui non ci riferiamo solo al lavoro legato all’assistenza. «La cura va oltre, deve essere una dimensione di ogni lavoro. Un lavoro che non si prende cura, che distrugge la creazione, che mette in pericolo la sopravvivenza delle generazioni future, non è rispettoso della dignità dei lavoratori e non si può considerare dignitoso. Al contrario, un lavoro che si prende cura contribuisce al ripristino della piena dignità umana, contribuirà ad assicurare un futuro sostenibile alle generazioni future. E in questa dimensione della cura rientrano, in primo luogo, i lavoratori».[6]
Per concludere, desidero condividere con voi la “buona notizia” che recentemente, nella città di Assisi, dove San Francesco e i primi frati abbracciarono la povertà e proposero una nuova economia radicale ai leader economici della loro epoca, mille giovani economisti e imprenditori hanno ragionato sulla creazione di una nuova economia e hanno scritto e firmato un Patto per migliorare riformare il sistema economico globale al fine di migliorare la vita di tutte le persone. Vorrei condividere con voi oggi alcuni dei punti principali, per due motivi: primo, perché troppo spesso i giovani vengono esclusi; secondo, perché la creatività e il pensiero “nuovo” spesso vengono dai giovani; e noi, persone più avanti con gli anni, dobbiamo avere il coraggio di fermarci e ascoltarli. Come i giovani devono ascoltare gli anziani, noi tutti dobbiamo ascoltare i giovani. Per una nuova economia del bene comune, questi giovani hanno proposto una “economia del Vangelo”, che, tra le altre cose, comprende:
· un’economia di pace e non di guerra – pensiamo a quanto si spende nella fabbricazione delle armi;
· un’economia che si prende cura del creato e non lo depreda – pensiamo alle deforestazioni;
· un’economia a servizio della persona, della famiglia e della vita, rispettosa di ogni donna, uomo, bambino, anziano e soprattutto dei più fragili e vulnerabili;
· un’economia dove la cura sostituisce lo scarto e l’indifferenza;
· un’economia che non lascia indietro nessuno, per costruire una società in cui le pietre scartate dalla mentalità dominante diventano pietre angolari;
· un’economia che riconosce e tutela il lavoro dignitoso e sicuro per tutti;
· un’economia in cui la finanza sia amica e alleata dell'economia reale e del lavoro, e non contro di loro[7] – perché la finanza ha il pericolo di rendere “liquida” l’economia, anzi “gassosa”; e procedendo con questa liquidità e gassosità finisce come la catena di sant’Antonio!
Oggi, ci sono centinaia, migliaia, milioni e forse miliardi di giovani che lottano per accedere ai sistemi economici formali, o anche solo per avere accesso al loro primo lavoro retribuito dove mettere in pratica le conoscenze accademiche, le competenze acquisite, l’energia e l’entusiasmo. Vorrei incoraggiare voi, dirigenti d’azienda e imprenditori maturi e di successo, a considerare una nuova alleanza con i giovani che hanno creato e si sono impegnati in questo Patto. È vero che i giovani sempre ti portano dei problemi, ma hanno il fiuto di far vedere la vera strada. Per camminare con loro, insegnare loro e imparare da loro; e, insieme, dare forma a “una nuova economia per il bene comune”.
Grazie di quello che fate, grazie per essere qui. Benedico questo cammino che voi farete, che state facendo, e benedico ciascuno di voi e le vostre famiglie. E anche voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!
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[1] Messaggio ai partecipanti ad “Economy of Francesco”, 1° maggio 2019.
[2] Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 333.
[3] Videomessaggio in occasione del 109° Incontro della Conferenza dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), 17 giugno 2021.
[4] Messaggio ai partecipanti alla 108.ma sessione dell’International Labour Conference, 10-21 giugno 2019.
[5] Videomessaggio per la 7.ma giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, 8 febbraio 2021.
[6] Messaggio ai partecipanti alla 109.ma sessione dell’International Labour Conference, 17 giugno 2021.
[7] Patto per l’economia dei partecipanti a Economy of Francesco, Assisi, 24 settembre 2022.
[01613-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua inglese
Dear leaders and participants in the 27th UNIAPAC World Congress!
First, I apologize for my lateness. Thank you for your patience in waiting for me. Today we had more meetings than were planned, and I am sorry about that.
I offer you a warm welcome as you meet for this important session to reflect on and strengthen your commitment to your noble vocation as business leaders (cf. Laudato Si’, 129). May we never forget that all our abilities, including success in business, are gifts from God and “should always be clearly directed to the development of others and to eliminating poverty, especially through the creation of diversified work opportunities” (Fratelli Tutti, 123). Change always requires courage. Yet true courage also includes acknowledging the presence of God’s grace in our lives. In the words of the Psalmist: “Wait for the Lord, take courage; be stouthearted, wait for the Lord” [Psalm 27:14].
I pray that in these days together, but also when you return to your homes and to your places of business, you always be constantly aware of God’s grace and wisdom at work in your lives, and allow him to guide and direct your interactions within the business world and with those whom you employ. “We are called to be creative in doing good … using the goods of this world – not only material goods, but all of the gifts we have received from the Lord – not to enrich ourselves, but to generate fraternal love and social fellowship” (Angelus, 18 September 2022). To generate social friendship.
The theme of your Congress also poses a significant challenge for yourselves and for many others in the business world: that of creating a new economy for the common good. There can be no doubt that our world urgently needs “a different kind of economy: one that brings life not death, one that is inclusive and not exclusive, humane and not dehumanizing, one that cares for the environment and does not despoil it”.[1] As you continue to consider a new economy, and, more importantly, work to achieve it, never forget that economic activity “must be directed to all men and to all peoples. Everyone has the right to participate in economic life and the duty to contribute, each according to his or her own capacity, to the progress of his or her own country and to that of the entire human family… This is a duty in solidarity and justice, but it is also the best way to bring economic progress to all of humanity”.[2]
Any “new economy for the common good” will therefore have to be inclusive. Too often, the slogan “leave no one behind” is repeated without any intention of making the effort and sacrifice to make those words a reality. In his Encyclical Populorum Progressio, Saint Paul VI observed that development “cannot be restricted to economic growth alone. To be authentic, it must be well-rounded; it must foster the development of each man and of the whole man (No. 14). In your professional lives as business leaders and entrepreneurs, you are called to act as a leaven, ensuring that development reaches all people, but most importantly the most marginalized and those in greatest need, so that the economy will always contribute to an integral human development. In this regard, let us not overlook the important contribution made by the informal sector during the ongoing COVID-19 pandemic. During the lockdown, for most of society it was informal workers who assured the supply and delivery of goods needed for daily living and the care of the most vulnerable, and maintained basic economic activities despite the disruption experienced in many formal business activities.
In light of all this, “we are called upon to prioritize our response to workers who find themselves on the margins of the labour market… low-skilled workers, day labourers, those who work in the informal sector, migrant and refugee workers, those who perform what are commonly referred to as ‘3D occupations’: dangerous, dirty and degrading, and the list could go on”.[3]
Let us also set aside the idea that the inclusion of the poor and marginalized can be achieved solely by our efforts to provide financial and material assistance. As I wrote in Laudato Si’, “helping the poor financially must always be a provisional solution in the face of pressing needs. The broader objective should always be to allow them a dignified life through work” (No. 128). Indeed, the door to the dignity of an individual is work. It is not enough to put bread on the table; it is more important to earn the bread we bring home.
Work must thus be understood and respected as a process that goes far beyond a commercial exchange between employer and employee. It is first and foremost “a part of the meaning of life on this earth, a path to growth, human development and personal fulfilment” (ibid.). Work “is an expression of our creation in the image and likeness of God, the worker (Gen. 2:3)… we are created with a vocation to work”,[4] in imitation of God, for he is the first “worker”.
Such work should be properly integrated in an economy ofcare. “Care can be understood as taking care of people and nature, offering products and services for the growth of the common good. An economy that cares for work, creating employment opportunities that do not exploit workers through degrading working conditions and grueling hours”.[5] Here we are not just referring to work associated with assistance. “Care goes further; it must be a dimension of all work. Work that does not show care, that destroys creation, that endangers the survival of future generations, is not respectful of the dignity of workers and cannot be considered decent. On the contrary, work that shows care and that contributes to the restoration of full human dignity, will help to ensure a sustainable future for future generations. And this dimension of care involves, first and foremost, the workers themselves”.[6]
In conclusion, I would like to share with you some “good news”. Recently, in Assisi, the town where Saint Francis and his first friars embraced poverty and proposed a radical new economy to the business leaders of their time, a thousand young economists and entrepreneurs reflected on shaping a new economy and subsequently drafted and signed a Covenant to reform the global economic system to better the lives of all people. I would like to share some of its major points with you today. I do this for two reasons: first, because too often young people are excluded; second, because creativity and new thinking often comes from the young – and we older people need to be courageous enough to stop and listen to them. Just as young people need to listen to the elderly, so we need to listen to young people. Here is what these young people proposed for a new economy for the common good, an “economy of the Gospel”, which entails:
· an economy of peace and not of war (Think about how much money is spent on the production of arms!);
· an economy that cares for creation and does not misuse it (Think about the many instances of deforestation!);
· an economy at the service of the human person, the family and life, respectful of every woman, man, and child, the elderly, and especially the most frail and vulnerable;
· an economy where care replaces rejection and indifference;
· an economy that leaves no one behind, in order to build a society in which the stones rejected by the dominant mentality become cornerstones;
· an economy that recognizes and protects secure and dignified work for everyone;
· an economy where finance is a friend and ally of the real economy and of labour, and not against them.[7] There is a danger that finance can render the economy “diluted” or, better, “effervescent”; and with such liquidity and “effervescence”, it will end up like the chain of Saint Anthony!
Today, there are hundreds, thousands, millions, and perhaps billions of young people who are struggling to have access to the formal economic systems or even to their first paid jobs, in the hope that they can apply their academic learning, acquired skills, energy and enthusiasm. I encourage you, as mature and successful business leaders and entrepreneurs, to consider a new alliance with the young people who developed and are committed to that Covenant. To walk with them, to teach them and to learn from them, as together you shape “a new economy for the common good”. It is true that young people always create problems, but they have a flair for pointing out the right road to take!
Thank you for all that you do, and for your presence here. I bless this process that you have undertaken and I bless each of you and your families. And I ask you too, please, to remember to pray for me. Thank you!
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[1] Message to participants of “Economy of Francesco”, 1 May 2019.
[2] Compendium of the Social Doctrine of the Church, #333.
[3] Video Message the occasion of the 109th Meeting of the Iinternational Labour Organization (ILO), 17 June 2021.
[4] Message to the participants at the 108th Session of the International Labour Conference, 10 to 21 June 2021, Geneva.
[5] Video Message on the occasion of the 7th International Day of Prayer and Reflection Against Human Trafficking, 08.02.2021.
[6] Video Message of Pope Francison the occasion of the 109th Meeting of the Iinternational Labour Organization (ILO), 17 June 2021.
[7] Pact for the Economy with the participants of “Economy of Francesco”, Assisi, 24.09.2022.
[01613-EN.02] [Original text: Italian]
[B0783-XX.02]