Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua inglese
Questo pomeriggio, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti al Convegno Internazionale “Sport for all. Cohesive, Accessible and Tailored to each person” - Summit internazionale di presentazione della Dichiarazione sullo sport, organizzato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, insieme al Dicastero per la Cultura e l’Educazione, in collaborazione con la Fondazione Giovanni Paolo II per lo Sport in Italia, in corso in Vaticano, presso l’Aula Nuova del Sinodo, dal 29 al 30 settembre 2022.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha rivolto ai presenti nel corso dell’Udienza:
Discorso del Santo Padre
Signori Cardinali,
gentili Signore e Signori!
Buon pomeriggio!
Sono lieto di incontrarvi e do il benvenuto a tutti voi, atleti, dirigenti sportivi e autorità che partecipate a questo Summit internazionale sullo sport. Saluto il Cardinale Kevin Farrell – ringraziandolo per le parole di introduzione – il Cardinale José Tolentino de Mendonça e il Cardinale Ravasi, che è un pioniere della cultura, anche la cultura sportiva.
Siete venuti da tante parti del mondo, in rappresentanza delle più varie organizzazioni sportive e di istituzioni civili e religiose. Vi anima una nobile motivazione: quella di impegnarvi per la promozione di uno sport che sia per tutti, che sia “coeso”, “accessibile” e “a misura di ogni persona”. Un grande impegno, senza dubbio, una sfida che nessuno è in grado di portare avanti da solo. Ma voi sapete bene che per raggiungere obiettivi alti, ardui e difficili – altius, citius, fortius – serve fare gioco di squadra, serve mettersi insieme, communiter. Altius, citius, fortius – communiter.
La Chiesa è vicina allo sport, perché crede nel gioco e nell’attività sportiva come luogo di incontro tra le persone, di formazione ai valori e di fraternità. Per questo lo sport è di casa nella Chiesa, specialmente nelle scuole e negli oratori o centri giovanili.
Quando lo sport viene praticato mettendo al centro le persone e valorizzando il piacere del giocare insieme, fa crescere in ciascuno un senso di partecipazione, di condivisione, fa sentire parte di un gruppo. Infatti mi piace ricordare agli atleti, anche ai professionisti, di non perdere il gusto del gioco e di saper vivere lo sport conservando sempre uno spirito “amatoriale”. Questo è importante. La dimensione del gioco è fondamentale, soprattutto per i più giovani: dà gioia, crea socialità e fa nascere amicizie, e nello stesso tempo è formativo. Grazie allo sport si possono stabilire relazioni forti e durature. Lo sport è un generatore di comunità.
Come le membra formano il corpo, così i giocatori formano una squadra e le persone formano una comunità. Lo sport può essere simbolo di unità per una società, un’esperienza di integrazione, un esempio di coesione e un messaggio di concordia e di pace. Oggi abbiamo tanto bisogno di una pedagogia di pace, di far crescere una cultura di pace, a partire dalle relazioni interpersonali quotidiane per arrivare a quelle tra i popoli e le nazioni. Se il mondo dello sport trasmette unità e coesione può diventare un alleato formidabile nel costruire la pace.
Vorrei rivolgere una parola in particolare a voi atleti, che siete un punto di riferimento per i più giovani. Nelle nostre società, purtroppo, è presente la cultura dello scarto, che tratta uomini e donne come prodotti, da usare e poi scartare. L’“usa e getta”, è comune, come cultura. Come sportivi voi potete aiutare a combattere questa cultura dello scarto, con senso di responsabilità educativa e sociale. Quante persone, che si trovavano in condizioni di marginalità, hanno superato i pericoli dell’isolamento e dell’esclusione proprio attraverso lo sport! Praticare uno sport può diventare una via di riscatto personale e sociale, una via per recuperare dignità!
Perciò lo sport va pensato e promosso nella logica della generatività, infatti, se ben impostato, contribuisce a generare personalità mature e riuscite, e costituisce una dimensione dell’educazione e della socialità. Al di fuori di questa logica, corre il rischio di cadere nella “macchina” del business, del profitto, di una spettacolarità consumistica, che produce “personaggi” la cui immagine può essere sfruttata. Ma questo non è più sport. Lo sport è un bene educativo, e un bene sociale e tale deve restare!
Per questo abbiamo la responsabilità di far sì che lo sport sia accessibile a tutti. Bisogna rimuovere quelle barriere fisiche, sociali, culturali ed economiche che precludono od ostacolano l’accesso allo sport. L’impegno è che tutti abbiano la possibilità di praticare sport, di coltivare – si potrebbe dire di “allenare” – i valori dello sport e di trasformarli in virtù.
Non basta però che lo sport sia accessibile. Insieme all’accessibilità dev’esserci l’accoglienza: è importante che io trovi la porta aperta, ma anche che ci sia qualcuno che mi accoglie. Qualcuno che tiene aperta a tutti la porta del cuore, e, di conseguenza, aiuta a superare pregiudizi, paure, a volte semplicemente l’ignoranza. Accogliere significa consentire a tutti, attraverso la pratica sportiva, di poter mettersi in gioco, di misurarsi con i propri limiti e di mettere a frutto le proprie potenzialità.
Così si promuove uno sport a misura di ciascuno e ogni persona può sviluppare i propri talenti, a partire dalla propria condizione, anche di fragilità o disabilità. È un’avventura che voi atleti conoscete bene, perché nessuno di voi è un superuomo o una superdonna: avete i vostri limiti e cercate di dare il meglio di voi stessi. Quest’avventura ha il profumo dell’ascesi, della ricerca di ciò che ci perfeziona e ci fa andare oltre. Alla radice di questa ricerca c’è, in fondo, la tensione verso quella bellezza e quella pienezza di vita che Dio sogna per ogni sua creatura.
E prima di concludere, vi incoraggio a impegnarvi affinché lo sport sia una casa per tutti, aperta e accogliente. In questa casa non si perda mai un’atmosfera familiare: che si possa trovare, anche nel mondo dello sport, dei fratelli e delle sorelle, degli amici e delle amiche. Vi sono vicino in questa missione, e la Chiesa vi sostiene nell’impegno educativo e sociale. Di cuore benedico voi e le vostre famiglie. E vi chiedo di pregare per me. Grazie!
[01487-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua inglese
Your Eminences,
Ladies and Gentlemen,
Good afternoon!
I am pleased that we have this opportunity to meet and I offer a warm welcome to all of you, athletes, managers and officials participating in the International Summit on Sport. I greet in particular Cardinal Kevin Farrell – whom I thank for his words of introduction – Cardinal José Tolentino de Mendonça, and Cardinal Ravasi, who is a pioneer of culture, even the culture of sport.
You have come from many parts of the world, representing various sports organizations as well as civil and religious institutions. You are inspired by a noble goal: promoting the notion of sport as something for everyone; sports that are “cohesive”, “accessible” and “fit for every person”. Without doubt, this is a weighty commitment, a challenge that no one is capable of carrying out alone. But you well know that in order to achieve lofty, arduous and difficult goals – altius, citius, fortius – it is necessary to play as a team, to work together, communiter.
The Church feels close to the world of sport, because she sees games and sporting activities as a place of personal encounter for people, a formation in virtue and fraternity. For this reason, sports find a home in the Church, especially in schools and parishes or youth centres.
A sense of participation, sharing and being part of a group is fostered when sports are played in such a way that the person is placed at the centre and the joy of playing together is valued. Indeed, I like to remind athletes, including professionals, not to lose the flavour of the game and “to live” their sport while always preserving the spirit of being an “amateur”. This is important. The reality of play is fundamental, especially for the very young: it gives joy, fosters sociability and engenders friendships, while also being formative. Thanks to sport we can establish strong and lasting relationships. Sports create community.
As the limbs form the body, so players form a team and people form a community. Sport can be a symbol of unity for a society, an experience of integration, an example of cohesion and a message of concord and peace. Today we are in great need of a pedagogy of peace, of developing a culture of peace, starting from everyday interpersonal relationships and culminating in those between peoples and nations. If the world of sport conveys unity and cohesion, it can become a formidable ally in building peace.
I would like to address a word in particular to you athletes, who are a model for younger people. Unfortunately, in our societies a throwaway culture treats men and women as products, to be used and then discarded. The “use and discard” culture is widespread. As athletes, you can help combat this throwaway culture, with a sense of educational and social responsibility. How many marginalized people have overcome the dangers of isolation and exclusion precisely through sports! Playing a sport can become a way of personal and social redemption, a way to recover dignity!
Sport, then, should be considered and promoted as a life-giving activity. In fact, if organized well, it contributes to the formation of mature and successful personalities, and thus becomes an important aspect of education and socialization. Outside this context, it runs the risk of degenerating into a “machine” of business, profit, and consumer-driven showmanship, which produces “celebrities” to be exploited. But this is no longer sport. Sport is an educational and social good and it must remain so!
For this reason, we have a responsibility to ensure that sports are accessible to all. We must remove those physical, social, cultural and economic barriers that prevent or hinder access to sports. We should be committed to giving everyone the opportunity to play sports, to cultivate – one could say to be “trained” in – the values of sport and transform them into virtues.
It is not enough for sports to be accessible. Together with accessibility there must be acceptance. It is important that we find an open door, but also find people there to welcome us, people who hold the door of their hearts open to everyone and, consequently, help to overcome prejudice, fear and, at times, just plain ignorance. To welcome means to give everyone the opportunity to challenge themselves by playing sports, to measure their limitations and put their potential to good use.
In this way, finding the right sport for each person becomes easier, and each person can develop their talents, starting from their own situation, including frailty or disability. This is an adventure which you athletes know well, because none of you is a superman or a superwoman. You have your limitations and you try to give the best of yourselves. This adventure implies asceticism, the search for what perfects us and what makes us go farther. After all, at the root of this quest is the yearning for that beauty and fullness of life that God dreams of for each of his creatures.
Before concluding, I encourage you to strive to make sport a home for everyone, something open and welcoming. In this home, never lose the family spirit, for in this way, we may find brothers, sisters and friends in the world of sport. I am close to you in this mission; the Church supports you in this educational and social commitment. I bless you and your families with all my heart. And I ask you to please pray for me. Thank you!
[01487-EN.02] [Original text: Italian]
[B0725-XX.02]