Lettura della Dichiarazione Finale e conclusione del “VII Congress of Leaders of World and Traditional Religions”, presso il Palazzo dell’Indipendenza
Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua araba
Traduzione in lingua russa
Questo pomeriggio, il Santo Padre Francesco, dopo aver salutato il Personale e i Benefattori, lascia la Nunziatura Apostolica di Nur-Sultan e si è trasferisce in auto al Palazzo dell’Indipendenza dove alle ore 15.00 (11.00 ora di Roma), nella Sala delle Conferenze, ha avuto luogo la Lettura della Dichiarazione Finale e la conclusione del “VII Congress of Leaders of World and Traditional Religions”.
Il Papa ha pronunciato il Suo discorso e, dopo il discorso di chiusura del Congresso del Presidente della Repubblica del Kazakhstan, S.E. il Sig. Kassym-Jomart K. Tokayev, ha salutato individualmente i Leader religiosi. Quindi si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale di Nur-Sultan per la cerimonia di congedo dal Kazakhstan.
Pubblichiamo di seguito il discorso che Papa Francesco ha pronunciato a conclusione del Congresso:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle!
Abbiamo camminato insieme. Grazie per esser venuti da diverse parti del mondo, portando qui la ricchezza dei vostri credo e delle vostre culture. Grazie per aver vissuto intensamente questi giorni di condivisione, lavoro e impegno nel segno del dialogo, ancora più preziosi in un periodo tanto difficile, su cui grava, oltre alla pandemia, l’insensata follia della guerra. Ci sono troppi odi e divisioni, troppa mancanza di dialogo e comprensione dell’altro: questo, nel mondo globalizzato, è ancora più pericoloso e scandaloso. Non possiamo andare avanti collegati e separati, connessi e lacerati da troppe disuguaglianze. Grazie, dunque, per gli sforzi tesi alla pace e all’unità. Grazie alle Autorità del luogo, che ci hanno ospitato, preparando e allestendo con grande cura questo Congresso, e alla popolazione del Kazakhstan, amichevole e coraggiosa, capace di abbracciare le altre culture preservando la sua nobile storia e le sue preziose tradizioni. Kiop raqmet! Bolshoe spasibo! Thank you very much!
La mia visita, che volge ormai alla conclusione, ha come motto Messaggeri di pace e di unità. È al plurale, perché il cammino è comune. E questo settimo Congresso, che l’Altissimo ci ha dato la grazia di vivere, ha segnato una tappa importante. Fin dalla sua nascita nel 2003, l’evento ha avuto come modello la Giornata di Preghiera per la pace nel mondo convocata nel 2002 da Giovanni Paolo II ad Assisi, per riaffermare il contributo positivo delle tradizioni religiose al dialogo e alla concordia tra i popoli. Dopo quanto accaduto l’11 settembre 2001, era necessario reagire, e reagire insieme, al clima incendiario a cui la violenza terroristica voleva incitare e che rischiava di fare della religione un fattore di conflitto. Ma il terrorismo di matrice pseudo-religiosa, l’estremismo, il radicalismo, il nazionalismo ammantato di sacralità fomentano ancora timori e preoccupazioni nei riguardi della religione. Così in questi giorni è stato provvidenziale ritrovarci e riaffermarne l’essenza vera e irrinunciabile.
In proposito, la Dichiarazione del nostro Congresso afferma che l’estremismo, il radicalismo, il terrorismo e ogni altro incentivo all’odio, all’ostilità, alla violenza e alla guerra, qualsiasi motivazione od obiettivo si pongano, non hanno nulla a che fare con l’autentico spirito religioso e devono essere respinti nei termini più decisi possibili (cfr n. 5): condannati, senza “se” e senza “ma”. Inoltre, in base al fatto che l’Onnipotente ha creato tutte le persone uguali, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa, etnica o sociale, abbiamo convenuto nell’affermare che il mutuo rispetto e la comprensione devono essere considerati essenziali e imprescindibili nell’insegnamento religioso (cfr n. 13).
Il Kazakhstan, nel cuore del grande e decisivo continente asiatico, è stato il luogo naturale per incontrarci. La sua bandiera ci ha rammentato la necessità di custodire un sano rapporto tra politica e religione. Infatti, se l’aquila dorata, presente nel vessillo, ricorda l’autorità terrena, richiamando imperi antichi, lo sfondo blu evoca il colore del cielo, la trascendenza. C’è dunque un legame sano tra politica e trascendenza, una sana coesistenza che tenga distinti gli ambiti. Distinzione, non confusione né separazione. “No” alla confusione, per il bene dell’essere umano, che ha bisogno, come l’aquila, di un cielo libero per volare, di uno spazio libero e aperto all’infinito che non sia limitato dal potere terreno. Una trascendenza che, d’altro canto, non deve cedere alla tentazione di trasformarsi in potere, altrimenti il cielo precipiterebbe sulla terra, l’oltre divino verrebbe imprigionato nell’oggi terreno, l’amore per il prossimo in scelte di parte. “No” alla confusione, dunque. Ma “no” anche alla separazione tra politica e trascendenza, in quanto le più alte aspirazioni umane non possono venire escluse dalla vita pubblica e relegate al solo ambito privato. Perciò, sia sempre e ovunque tutelato chi desidera esprimere in modo legittimo il proprio credo. Quante persone, invece, ancora oggi sono perseguitate e discriminate per la loro fede! Abbiamo chiesto con forza ai governi e alle organizzazioni internazionali competenti di assistere i gruppi religiosi e le comunità etniche che hanno subito violazioni dei loro diritti umani e delle loro libertà fondamentali, e violenze da parte di estremisti e terroristi, anche come conseguenze di guerre e conflitti militari (cfr n. 6). Occorre soprattutto impegnarsi perché la libertà religiosa non sia un concetto astratto, ma un diritto concreto. Difendiamo per tutti il diritto alla religione, alla speranza, alla bellezza: al Cielo. Perché non solo il Kazakhstan, come proclama il suo inno, è un «dorato sole nel cielo», ma ogni essere umano: ciascun uomo e donna, nella sua irripetibile unicità, se a contatto con il divino, può irradiare una luce particolare sulla terra.
Perciò la Chiesa cattolica, che non si stanca di annunciare la dignità inviolabile di ogni persona, creata “a immagine di Dio” (cfr Gen 1,26), crede anche nell’unità della famiglia umana. Crede che «tutti i popoli costituiscono una sola comunità, hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra» (Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Nostra aetate, 1). Per questo, sin dagli inizi di questo Congresso, la Santa Sede, specialmente attraverso il Dicastero per il Dialogo Interreligioso, vi ha partecipato attivamente. E vuole continuare così: la via del dialogo interreligioso è una via comune di pace e per la pace, e come tale è necessaria e senza ritorno. Il dialogo interreligioso non è più solo un’opportunità, è un servizio urgente e insostituibile all’umanità, a lode e gloria del Creatore di tutti.
Fratelli, sorelle, pensando a questo cammino comune, mi domando: qual è il nostro punto di convergenza? Giovanni Paolo II – che ventun anni fa in questo stesso mese visitò il Kazakhstan – aveva affermato che «tutte le vie della Chiesa conducono all’uomo» e che l’uomo è «la via della Chiesa» (Lett. enc. Redemptor hominis, 14). Vorrei dire oggi che l’uomo è anche la via di tutte le religioni. Sì, l’essere umano concreto, indebolito dalla pandemia, prostrato dalla guerra, ferito dall’indifferenza! L’uomo, creatura fragile e meravigliosa, che «senza il Creatore svanisce» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 36) e senza gli altri non sussiste! Si guardi al bene dell’essere umano più che agli obiettivi strategici ed economici, agli interessi nazionali, energetici e militari, prima di prendere decisioni importanti. Per compiere scelte che siano davvero grandi si guardi ai bambini, ai giovani e al loro futuro, agli anziani e alla loro saggezza, alla gente comune e ai suoi bisogni reali. E noi leviamo la voce per gridare che la persona umana non si riduce a ciò che produce e guadagna; che va accolta e mai scartata; che la famiglia, in lingua kazaka “nido dell’anima e dell’amore”, è l’alveo naturale e insostituibile da proteggere e promuovere perché crescano e maturino gli uomini e le donne di domani.
Per tutti gli esseri umani le grandi sapienze e religioni sono chiamate a testimoniare l’esistenza di un patrimonio spirituale e morale comune, che si fonda su due cardini: la trascendenza e la fratellanza. La trascendenza, l’Oltre, l’adorazione. È bello che ogni giorno milioni e milioni di uomini e di donne, di varie età, culture e condizioni sociali, si riuniscono in preghiera in innumerevoli luoghi di culto. È la forza nascosta che fa andare avanti il mondo. E poi la fratellanza, l’altro, la prossimità: perché non può professare vera adesione al Creatore chi non ama le sue creature. Questo è l’animo che pervade la Dichiarazione del nostro Congresso, di cui, in conclusione, vorrei sottolineare tre parole.
La prima è la sintesi di tutto, l’espressione di un grido accorato, il sogno e la meta del nostro cammino: la pace! Beybitşilik, mir, peace! La pace è urgente perché qualsiasi conflitto militare o focolaio di tensione e di scontro oggi non può che avere un nefasto “effetto domino” e compromette seriamente il sistema di relazioni internazionali (cfr n. 4). Ma la pace «non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze avverse; non è effetto di una dispotica dominazione», ma è «opera della giustizia» (Gaudium et spes, 78). Scaturisce dunque dalla fraternità, cresce attraverso la lotta all’ingiustizia e alle disuguaglianze, si costruisce tendendo la mano agli altri. Noi, che crediamo nel Creatore di tutti, dobbiamo essere in prima linea nel diffondere la convivenza pacifica. La dobbiamo testimoniare, predicare, implorare. Perciò la Dichiarazione esorta i leader mondiali ad arrestare ovunque conflitti e spargimenti di sangue, e ad abbandonare retoriche aggressive e distruttive (cfr n. 7). Vi preghiamo, in nome di Dio e per il bene dell’umanità: impegnatevi per la pace, non per gli armamenti! Solo servendo la pace il vostro nome rimarrà grande nella storia.
Se manca la pace è perché mancano attenzione, tenerezza, capacità di generare vita. E dunque essa va ricercata coinvolgendo maggiormente – seconda parola – la donna. Perché la donna dà cura e vita al mondo: è via verso la pace. Abbiamo perciò sostenuto la necessità di proteggerne la dignità, e di migliorarne lo status sociale in quanto membro di pari diritto della famiglia e della società (cfr n. 23). Alle donne vanno anche affidati ruoli e responsabilità maggiori. Quante scelte di morte sarebbero evitate se proprio le donne fossero al centro delle decisioni! Impegniamoci perché siano più rispettate, riconosciute e coinvolte.
Infine, la terza parola: i giovani. Sono loro i messaggeri di pace e di unità di oggi e di domani. Sono loro che, più di altri, invocano la pace e il rispetto per la casa comune del creato. Invece, le logiche di dominio e di sfruttamento, l’accaparramento delle risorse, i nazionalismi, le guerre e le zone di influenza disegnano un mondo vecchio, che i giovani rifiutano, un mondo chiuso ai loro sogni e alle loro speranze. Così pure religiosità rigide e soffocanti non appartengono al futuro, ma al passato. Pensando alle nuove generazioni, qui si è affermata l’importanza dell’istruzione, che rafforza la reciproca accoglienza e la convivenza rispettosa tra religioni e culture (cfr n. 21). Diamo in mano ai giovani opportunità di istruzione, non armi di distruzione! E ascoltiamoli, senza paura di lasciarci interrogare da loro. Soprattutto, costruiamo un mondo pensando a loro!
Fratelli, sorelle, la popolazione del Kazakhstan, aperta al domani e testimone di tante sofferenze passate, con le sue straordinarie multireligiosità e multiculturalità ci offre un esempio di futuro. Ci invita a edificarlo senza dimenticare la trascendenza e la fratellanza, l’adorazione dell’Altissimo e l’accoglienza dell’altro. Andiamo avanti così, camminando insieme in terra come figli del Cielo, tessitori di speranza e artigiani di concordia, messaggeri di pace e di unità!
[01369-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Chers frères et sœurs!
Nous avons cheminé ensemble. Merci d'être venus de différentes parties du monde, apportant ici la richesse de vos croyances et de vos cultures. Merci d'avoir vécu intensément ces jours de partage, de travail et d'engagement au nom du dialogue, encore plus précieux en une période si difficile, sur laquelle pèse, en plus de la pandémie, la folie insensée de la guerre. Il y a trop de haines et de divisions, trop d'absence de dialogue et de compréhension de l'autre: dans le monde globalisé, cela est encore plus dangereux et scandaleux. Nous ne pouvons pas continuer à être connectés et séparés, connectés et déchirés par trop d'inégalités. Merci donc pour les efforts visant à la paix et à l'unité. Merci aux Autorités locales, qui nous ont accueillis, en préparant et en organisant ce Congrès avec grand soin, mais aussi à la population amicale et courageuse du Kazakhstan, capable d'embrasser d'autres cultures tout en préservant sa noble histoire et ses précieuses traditions. Kiop raqmet! Bolshoe spasibo! Thank you very much!
Ma visite, qui touche maintenant à sa fin, a pour mot d’ordre Messagers de paix et d’unité. Ce mot d’ordre est au pluriel, car le chemin est commun. Et ce septième Congrès, que le Très-Haut nous a donné la grâce de vivre, a marqué une étape importante. Depuis sa création en 2003, l’évènement a pour modèle la Journée de prière pour la paix dans le monde convoquée en 2002 par Jean-Paul II à Assise, pour réaffirmer la contribution positive des traditions religieuses au dialogue et à la concorde entre les peuples. Après ce qui s'est passé le 11 septembre 2001, il était nécessaire de réagir, et de réagir ensemble, au climat incendiaire auquel la violence terroriste voulait inciter et qui risquait de faire de la religion un facteur de conflit. Mais le terrorisme pseudo-religieux, l'extrémisme, le radicalisme, le nationalisme masqué de sacralité suscitent encore des craintes et des inquiétudes à propos de la religion. Ainsi, il a été providentiel ces jours-ci de nous retrouver et d’en réaffirmer sa véritable et indispensable essence.
À ce propos, la Déclaration de notre Congrès affirme que l'extrémisme, le radicalisme, le terrorisme et toute autre incitation à la haine, à l'hostilité, à la violence et à la guerre, quelle que soit la motivation ou l'objectif qu'ils se fixent, n'ont rien à voir avec l'esprit religieux authentique et doivent être rejetés dans les termes les plus décisifs possibles (cf. n. 5): condamnés, sans «si» et sans «mais». De plus, partant du fait que le Tout-Puissant a créé tous les hommes égaux, quelle que soit leur appartenance religieuse, ethnique ou sociale, nous avons convenu que le respect et la compréhension mutuels doivent être considérés comme essentiels et indispensables dans l'enseignement religieux (cf. n. 13).
Le Kazakhstan, au cœur du grand et décisif continent asiatique, était le lieu naturel pour nous rencontrer. Son drapeau nous a rappelé la nécessité de maintenir une relation saine entre la politique et la religion. En effet, si l'aigle royal, présent sur la bannière, rappelle l'autorité terrestre, en rappelant les empires antiques, le fond bleu évoque la couleur du ciel, la transcendance. Il y a donc un lien sain entre la politique et la transcendance, une coexistence saine qui maintient les sphères distinctes. Distinction, et non confusion ou séparation. «Non» à la confusion, pour le bien de l'être humain, qui a besoin, comme l'aigle, d'un ciel libre pour voler, un espace libre et ouvert à l'infini qui ne soit pas limité par le pouvoir terrestre. Une transcendance qui, en revanche, ne doit pas céder à la tentation de se transformer en pouvoir, sinon le ciel tomberait sur terre, l'au-delà divin serait emprisonné dans l'aujourd'hui terrestre, l'amour du prochain dans des choix partisans. «Non» à la confusion, donc. Mais «non » également à la séparation entre politique et transcendance, car les plus hautes aspirations humaines ne peuvent être exclues de la vie publique et reléguées à la seule sphère privée. Par conséquent, que ceux qui souhaitent exprimer légitimement leur croyance soient toujours et partout protégés. Combien de personnes, pourtant, sont encore persécutées et discriminées pour leur foi! Nous avons demandé avec insistance aux gouvernements et aux organisations internationales compétentes à venir en aide aux groupes religieux et aux communautés ethniques qui ont subi des violations de leurs droits humains et de leurs libertés fondamentales, ainsi que des violences commises par des extrémistes et des terroristes, notamment à la suite de guerres et de conflits militaires (cf. n. 6). Il faut surtout s’engager pour que la liberté religieuse ne soit pas un concept abstrait, mais un droit concret. Défendons pour tous le droit à la religion, à l'espérance, à la beauté: au Ciel. Car non seulement le Kazakhstan, comme le proclame son hymne, est un «Ciel de soleil d'or», mais tout être humain: chaque homme et chaque femme, dans son irremplaçable unicité, s'il est en contact avec le divin, peut irradier une lumière particulière sur la terre.
C'est pourquoi l'Église catholique, qui ne se lasse pas de proclamer la dignité inviolable de toute personne, créée «à l'image de Dieu» (cf. Gn 1, 26), croit aussi à l'unité de la famille humaine. Elle estime que «tous les peuples forment, en effet, une seule communauté; ils ont une seule origine, puisque Dieu a fait habiter tout le genre humain sur toute la face de la terre» (Conc. Ecum. Vat. II, Déclaration Nostra aetate, n. 1). C'est pourquoi, depuis le début de ce Congrès, le Saint-Siège y a activement participé, notamment à travers le Dicastère pour le Dialogue Interreligieux. Et il veut continuer ainsi: la voie du dialogue interreligieux est une voie commune de paix et pour la paix et, comme telle, elle est nécessaire et sans retour. Le dialogue interreligieux n'est plus seulement une chance, c'est un service urgent et irremplaçable rendu à l'humanité, à la louange et à la gloire du Créateur de tous.
Frères et sœurs, en pensant à ce cheminement commun, je me demande: quel est notre point de convergence? Jean-Paul II – qui a visité le Kazakhstan il y a vingt et un ans en ce même mois – a affirmé que «toutes les routes de l'Église conduisent à l'homme» et que l'homme est «la route de l'Église» (Lett. enc. Redemptor hominis, n. 14). Je voudrais dire aujourd'hui que l'homme est aussi la voie de toutes les religions. Oui, l'être humain concret, affaibli par la pandémie, terrassé par la guerre, blessé par l'indifférence! L'homme, créature fragile et merveilleuse, qui « s'évanouit sans Créateur » (Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes, n. 36) et qui n'existe pas sans les autres! Il faut penser au bien de l'être humain plus qu’aux objectifs stratégiques et économiques, aux intérêts nationaux, énergétiques et militaires, avant de prendre des décisions importantes. Pour faire des choix vraiment grands, il faut penser aux enfants, aux jeunes et à leur avenir, aux personnes âgées et à leur sagesse, aux gens ordinaires et à leurs vrais besoins. Et nous élevons la voix pour crier que la personne humaine ne se réduit pas à ce qu'elle produit ou gagne; qu’elle doit être acceptée et jamais rejetée; que la famille, en langue kazakh «nid d'âme et d'amour», est le berceau naturel et irremplaçable à protéger et à promouvoir pour que les hommes et les femmes de demain grandissent et mûrissent.
Pour tous les êtres humains, les grandes sagesses et religions sont appelées à témoigner de l'existence d'un patrimoine spirituel et moral commun, fondé sur deux piliers: la transcendance et la fraternité. La transcendance, l’Au-delà, l’adoration. Il est beau que chaque jour des millions et des millions d'hommes et de femmes, d'âges, de cultures et de conditions sociales divers, se rassemblent en prière dans d'innombrables lieux de culte. C'est la force cachée qui fait avancer le monde. Et puis la fraternité, l'autre, la proximité: car il ne peut professer une véritable adhésion au Créateur celui qui n'aime pas ses créatures. C'est l'esprit qui imprègne la Déclaration de notre Congrès, dont je voudrais, pour conclure, souligner trois mots.
Le premier est la synthèse de tout, l'expression d'un cri du cœur, le rêve et le but de notre voyage: la paix! Beybitşilik, mir, peace! La paix est urgente car tout conflit militaire ou foyer de tension et d'affrontement aujourd'hui ne peut avoir qu'un «effet domino» néfaste et compromet gravement le système des relations internationales (cf. n.4). Mais la paix «n’est pas une pure absence de guerre et elle ne se borne pas seulement à assurer l’équilibre de forces adverses; elle ne provient pas non plus d’une domination despotique», mais elle est «œuvre de justice» (Gaudium et spes, n. 78). Elle naît donc de la fraternité, elle grandit dans la lutte contre l'injustice et les inégalités, elle se construit dans l'ouverture aux autres. Nous, qui croyons au Créateur de tous, devons être à l'avant-garde de la propagation de la coexistence pacifique. Nous devons la témoigner, la prêcher, l’implorer. C'est pourquoi la Déclaration exhorte les dirigeants du monde à mettre fin partout aux conflits et aux effusions de sang et à abandonner les rhétoriques agressives et destructrices (cf. n. 7). Nous vous prions, au nom de Dieu et pour le bien de l'humanité: engagez-vous pour la paix, non pour les armements! Ce n'est qu'en servant la paix que votre nom restera grand dans l'histoire.
Si la paix fait défaut, c'est parce que l’attention, la tendresse et la capacité à donner la vie font défaut. Celle-ci doit donc être recherchée en impliquant davantage – le deuxième mot – la femme. Parce que la femme donne le soin et la vie au monde: elle est le chemin de la paix. Nous avons donc soutenu la nécessité de protéger leur dignité et d'améliorer leur statut social en tant que membre à part entière de la famille et de la société (cf. n. 23). Les femmes doivent également se voir confier des rôles et des responsabilités plus importants. Combien de choix de mort seraient évités si les femmes étaient au centre des décisions! Travaillons afin qu’elles soient plus respectées, reconnues et impliquées.
Enfin, le troisième mot: les jeunes. Ils sont les messagers de paix et d’unité d'aujourd'hui et de demain. Ce sont eux qui, plus que d'autres, invoquent la paix et le respect de la maison commune de la création. Par contre, les logiques de domination et d'exploitation, l'accaparement des ressources, les nationalismes, les guerres et les zones d'influence dessinent un monde ancien, que les jeunes rejettent, un monde fermé à leurs rêves et à leurs espoirs. De même, les religiosités rigides et étouffantes n'appartiennent pas à l’avenir, mais au passé. En pensant aux nouvelles générations, on a affirmé ici l'importance de l'instruction qui renforce l'acceptation mutuelle et la coexistence respectueuse entre les religions et les cultures (cf. n. 21). Donnons aux jeunes des opportunités d’instruction, et non des armes de destruction! Et écoutons-les, sans crainte de nous laisser interroger par eux. Par-dessus tout, construisons un monde en pensant à eux!
Frères, sœurs, le peuple du Kazakhstan, ouvert sur demain et témoin de tant de souffrances passées, avec son extraordinaire caractère multi-religieux et multiculturel, nous offre un exemple pour l'avenir. Il nous invite à le construire sans oublier la transcendance et la fraternité, l'adoration du Très-Haut et l'accueil de l'autre. Continuons ainsi, marchant ensemble sur la terre en enfants du Ciel, tisseurs d'espérance et artisans d'harmonie, messagers de paix et d'unité!
[01369-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Dear brothers and sisters!
We have travelled this road together, and I thank you for coming from so many different parts of the world and for bringing with you the richness of your beliefs and cultures. Thank you for having taken part so intensely in these days of work, commitment and sharing in the service of dialogue. This is more valuable than ever in challenging times like our own, when the problems of the pandemic have been compounded by the utter folly of war. There are altogether too many cases of hatred and division, too little dialogue and effort to understand others. In our globalized world, this is all the more dangerous and scandalous. Our human family cannot advance if simultaneously united and divided, interconnected and torn apart by massive inequality. Thank you, then, for these efforts to build peace and unity. Our thanks go likewise to the local authorities, who hosted us and organized this Congress with great care, and to the hospitable and courageous people of Kazakhstan, capable of embracing other cultures while at the same time preserving their own noble history and precious traditions. Kiop raqmet! Bolshoe spasibo! Thank you very much!
The motto of my Visit, now drawing to an end, has been “Messengers of Peace and Unity”. It is deliberately in the plural, for all of us are on a common journey. This Seventh Congress, in which we have taken part by the grace of the Almighty, has marked an important step on this shared itinerary. Since its inception in 2003, this event has taken as its model the Day of Prayer for Peace in the World, convened in 2002 in Assisi by John Paul II in order to reaffirm the positive contribution made by the religious traditions to dialogue and to harmony between peoples. After the events of 11 September 2001, it was necessary to respond collectively to the incendiary atmosphere that terrorist violence sought to incite, and which threatened to turn religion into a grounds for conflict. Pseudo-religious terrorism, extremism, radicalism and nationalism, dressed up in religious garb, nonetheless continue to foment fears and concerns about religion. In these days, then, it proved providential that we could come together once more, in order to reaffirm the authentic and inalienable essence of religion.
In this regard, the Declaration of this Seventh Congress states that extremism, radicalism, terrorism and all other incentives to hatred, hostility, violence and war, whatever their motivations or goals, have nothing to do with the authentic spirit of religion and must be rejected in the most decisive terms possible (cf. No. 5). Furthermore, since the Almighty has created all people equal, regardless of their religious, ethnic or social origin, we are agreed that mutual respect and understanding should be considered essential and indispensable in religious teaching (cf. No. 13).
Kazakhstan, at the heart of the great and pivotal continent of Asia, was the natural place for us to meet. Its flag reminded us of the need to maintain a healthy relationship between politics and religion. Indeed, if the golden eagle displayed on that flag speaks of earthly authority and ancient empires, the blue background evokes the colour of the sky and thus transcendence. There is thus a healthy connection between politics and transcendence, a sound form of coexistence that keeps their spheres distinct. Distinct, but not confused or separate. Let us say “no” to their confusion, for the sake of all people, who need, like the eagle, a free sky in which to fly, a free space open to the infinite and not straitened by earthly power. Transcendence, for its part, must not yield to the temptation to turn into power, lest heaven fall to earth, the eternal “beyond” be chained to an earthly present, and love of neighbour become prey to partisan decisions. “No”, then, to confusion between politics and transcendence, but “no” also to their separation, for the highest human aspirations cannot be excluded from public life and relegated solely to the private sphere. Consequently, those who legitimately desire to voice their beliefs must be protected, always and everywhere. Yet how many people are even now persecuted and discriminated against on account of their faith! We have insistently appealed to governments and relevant international organizations to provide assistance to religious groups and ethnic communities whose human rights and fundamental freedoms have been violated, or subjected to violence by extremists and terrorists, also as a result of wars and military conflicts (cf. No. 6). Above all, we must ensure that religious freedom will never be a mere abstraction but a concrete right. We defend everyone’s right to religion, to hope, to beauty: to Heaven. Kazakhstan is, in the words of its national anthem, a “sky of golden sun”, and the same is true of each human being. In their absolute uniqueness, if they are in contact with the divine, every man and woman can radiate a special light in our world.
For this reason, the Catholic Church, which tirelessly proclaims the inviolable dignity of each person, created “in the image of God” (cf. Gen 1:26), also believes in the unity of the human family. The Church believes that all “humanity forms but one community. This is so because all stem from the one stock that God created to people the entire earth, and because all share a common destiny, namely God. His providence, evident goodness and saving designs extend to all mankind” (SECOND VATICAN COUNCIL, Declaration Nostra Aetate, 1). Hence, from the outset of this Congress, the Holy See, particularly through its Dicastery for Interreligious Dialogue, has taken an active part in it. It wishes to continue to do so, for the path of interreligious dialogue is a shared path to peace and for peace; as such, it is necessary and irrevocable. Interreligious dialogue is no longer merely something expedient: it is an urgent-needed and incomparable service to humanity, to the praise and glory of the Creator of all.
Brothers and sisters, in thinking of this shared path, I asked myself: What is our point of convergence? Pope John Paul II, who visited Kazakhstan twenty-one years ago this very month, stated that “for the Church all ways lead to man” and that man is “the way for the Church” (Redemptor Hominis, 14). I would like to say that today man is also the way for all the religions. Yes, man, men and women, concrete human beings, weakened by the pandemic, worn out by war, wounded by indifference! Human beings, frail and marvelous creatures, who, “once God is forgotten, are left in darkness” (SECOND VATICAN COUNCIL, Pastoral Constitution Gaudium et Spes, 36) and apart from others cannot survive! The good of humanity should be taken into consideration ahead of strategic and economic objectives, national, energy and military interests, and in advance of crucial decisions. To make decisions that are truly great, we should look to children, to young people and their future, to the elderly and their wisdom, to ordinary people and their genuine needs. We have spoken out and insisted that the human person cannot be reduced to what he or she produces and earns; that human beings must be accepted and never discarded; that the family, a word that in the Kazakh language means “nest of soul and love”, is the natural and irreplaceable reality that must be protected and promoted, so that tomorrow’s men and women may grow and mature.
For all human beings, the great religious and wisdom traditions are called to testify to the existence of a shared spiritual and moral patrimony, based on two principles: transcendence and fraternity. Transcendence, the Beyond, worship. It is impressive that each day millions and millions of men and women, of different ages, cultures and social conditions, join together in prayer in countless places of worship. This is the hidden force that makes our world move forward. And then fraternity, the other, proximity. For one cannot profess genuine fidelity to the Creator without showing love for his creatures. This is the spirit that pervades the Declaration of our Congress. In concluding, I would like to emphasize three words that it contains.
The first word is a synthesis of everything, the expression of a heartfelt plea, the dream and the goal of our journey: peace! Beybitşilik, mir, peace! Peace is urgently needed, because in our day every military conflict or hotspot of tension and confrontation will necessarily have a baneful “domino effect” and seriously compromise the system of international relations (cf. No. 4). Peace, on the other hand, “is more than the absence of war: it cannot be reduced to the maintenance of the balance of power between opposing forces nor does it arise out of despotic dominion but it is appropriately called ‘the effect of righteousness’” (Gaudium et Spes, 78). Peace is born of fraternity; it grows through the struggle against injustice and inequality; it is built by holding out a hand to others. We, who believe in the Creator of all, must be on the front lines in promoting the growth of peaceful coexistence. We must bear witness to peace, preach peace, implore peace. The Declaration thus exhorts world leaders to put an end to conflicts and bloodshed everywhere, and to abandon aggressive and destructive rhetoric (cf. No. 7). We plead with you, in the name of God and for the good of humanity: work for peace, not weapons! Only by serving the cause of peace, will you make a name for yourselves in the annals of history.
If peace is lacking, it is because care, tender love, the ability to generate life are lacking. Our quest of peace must thus increasingly involve – and here is the second word – women. Because women bestow care and life upon the world: they are themselves a path towards peace. For this reason, we have endorsed the need to defend their dignity and to improve their social status as equal members of the family and of society (cf. No. 23). Women must also be entrusted with greater positions and responsibilities. How many calamitous decisions might have been avoided, had woman been directly involved in decision-making! We commit ourselves to ensuring that women are increasingly respected, acknowledged and involved!
Lastly, the third word: the young. Young people are messengers of peace and unity, in the present and in the future. It is they who, more than anyone else, call for peace and respect for the common home of creation. The ingrained attitudes of domination and exploitation, the hoarding of resources, nationalism, war and carving out spheres of influence shape an older world, which the young reject: a world that has no room for their hopes and dreams. In the same way, harsh and repressive forms of religion belong not to the future but to the past. Mindful of future generations, we have stressed the importance of education, which strengthens mutual acceptance and respectful coexistence among different religions and cultures (cf. No. 21). Let us put into the hands of the young opportunities for education, not weapons of destruction! And let us listen to them, without being afraid to be challenged by their questions. Above all, let us build a world with them in mind!
Brothers and sisters, the people of Kazakhstan, open to tomorrow yet mindful of yesterday’s sufferings, point us, by their extraordinary wealth of religions and cultures, towards the future. They encourage us to create that future without forgetting transcendence and fraternity, worship of the Most High and acceptance of our brothers and sisters. Let us press ahead on this path, walking together on earth as children of heaven, weavers of hope and artisans of concord, heralds of peace and unity!
[01369-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Liebe Brüder und Schwestern!
Wir waren gemeinsam unterwegs. Danke, dass ihr aus verschiedenen Teilen der Welt gekommen seid und den Reichtum eurer Glaubensbekenntnisse und eurer Kulturen hierher gebracht habt. Danke, dass ihr diese Tage des Austauschs, der Arbeit und des Engagements im Zeichen des Dialogs zu einem intensiven Erlebnis gemacht habt. Diese sind umso wertvoller in einer so schwierigen Zeit, auf der außer der Pandemie auch noch der sinnlose Wahnsinn des Krieges lastet. Es gibt zu viel Hass und Spaltung, zu viel Mangel an Dialog und Verständnis für den Anderen: Dies ist in der globalisierten Welt noch viel gefährlicher und anstößiger. Wir können nicht so weitermachen, gleichzeitig verbunden und getrennt, vernetzt und zerrissen durch zu viel Ungleichheit. Deshalb danke ich euch für eure Bemühungen um Frieden und Einheit. Danke an die hiesigen Behörden, die uns beherbergt und diesen Kongress mit großer Sorgfalt vorbereitet und durchgeführt haben, und an die freundliche und mutige Bevölkerung Kasachstans, die in der Lage ist, die anderen Kulturen zu umarmen und gleichzeitig ihre edle Geschichte und ihre kostbaren Traditionen zu bewahren. Kiop raqmet! Bolshoe spasibo! Thank you very much!
Mein Besuch, der sich nun dem Ende zuneigt, steht unter dem Motto Boten des Friedens und der Einheit. Es steht im Plural, weil der Weg ein gemeinsamer ist. Und dieser siebte Kongress, den zu erleben der Allerhöchste uns die Gnade geschenkt hat, hat eine wichtige Etappe markiert. Seit seiner Einführung im Jahr 2003 hat dieses Ereignis den Gebetstag für den Weltfrieden zum Vorbild gehabt, der 2002 von Johannes Paul II. in Assisi einberufen worden war, um den positiven Beitrag der religiösen Traditionen zum Dialog und zur Eintracht zwischen den Völkern zu bekräftigen. Nach den Ereignissen des 11. September 2001 war es notwendig, zu reagieren und gemeinsam auf das brandgefährliche Klima zu reagieren, zu dem die terroristische Gewalt anstiften wollte und das das Risiko barg, aus der Religion einen Konfliktfaktor zu machen. Aber Terrorismus mit pseudoreligiösem Charakter, Extremismus, Radikalismus und Nationalismus unter dem Deckmantel der Heiligkeit führen weiter zu Ängsten und Bedenken gegenüber der Religion. Deshalb war es gut, in diesen Tagen zusammenzukommen und die wahre und unverzichtbare Essenz der Religion neu zu bekräftigen.
In diesem Zusammenhang bekräftigt die Erklärung unseres Kongresses, dass Extremismus, Radikalismus, Terrorismus und jede andere Aufstachelung zu Hass, Feindseligkeit, Gewalt und Krieg, unabhängig von ihrer Motivation oder ihrem Ziel, nichts mit einem authentischen religiösen Geist zu tun haben und auf das Schärfste abgelehnt werden müssen (vgl. Nr. 5): verurteilt, ohne „wenn“ und „aber“. Ausgehend von der Tatsache, dass der Allmächtige alle Menschen gleich geschaffen hat, unabhängig von ihrer religiösen, ethnischen oder sozialen Zugehörigkeit, haben wir beschlossen zu bekräftigen, dass gegenseitiger Respekt und gegenseitiges Verständnis in der religiösen Lehre als wesentlich und unverzichtbar angesehen werden müssen (vgl. Nr. 13).
Kasachstan, im Herzen des großen und maßgeblichen asiatischen Kontinents, war der natürliche Ort für unser Treffen. Seine Fahne hat uns an die Notwendigkeit erinnert, eine gesunde Beziehung zwischen Politik und Religion zu bewahren. Während der goldene Adler auf dem Banner an die irdische Autorität erinnert und auf alte Reiche hinweist, evoziert der blaue Hintergrund die Farbe des Himmels, die Transzendenz. Es gibt also eine gesunde Verbindung zwischen Politik und Transzendenz, eine gesunde Koexistenz, die die beiden Bereiche unterscheidet. Unterscheidung – weder Vermischung noch Trennung. „Nein“ zur Vermischung, um das Wohl des Menschen willen, der wie der Adler einen freien Himmel zum Fliegen braucht, einen freien und für die Unendlichkeit offenen Raum, der nicht durch irdische Macht begrenzt ist. Eine Transzendenz, die andererseits nicht der Versuchung erliegen darf, sich in Macht zu verwandeln, sonst würde der Himmel auf die Erde stürzen, das göttliche Jenseits wäre im irdischen Heute gefangen, die Nächstenliebe in parteiischen Entscheidungen. „Nein“ also zur Vermischung. Aber ebenso „Nein“ zur Trennung von Politik und Transzendenz, denn die höchsten menschlichen Bestrebungen dürfen nicht aus dem öffentlichen Leben ausgeschlossen und in die Privatsphäre verbannt werden. Deshalb möge jeder und jede, die ihren Glauben rechtmäßig zum Ausdruck bringen möchten, immer und überall geschützt sein. Wie viele Menschen werden aber auch heute noch wegen ihres Glaubens verfolgt und diskriminiert! Wir haben die Regierungen und die zuständigen internationalen Organisationen nachdrücklich aufgefordert, den religiösen Gruppen und ethnischen Gemeinschaften beizustehen, die Verletzungen ihrer Menschenrechte und Grundfreiheiten sowie Gewalt durch Extremisten und Terroristen erlitten haben, auch als Folge von Kriegen und militärischen Konflikten (siehe Nr. 6). Vor allem müssen wir uns dafür einsetzen, dass Religionsfreiheit kein abstraktes Konzept ist, sondern ein konkretes Recht. Lasst uns für alle das Recht auf Religion, auf Hoffnung, auf Schönheit verteidigen: auf den Himmel. Denn nicht nur Kasachstan ist, wie seine Hymne kundtut, eine »goldene Sonne am Himmel«, sondern jeder Mensch: Jeder Mann und jede Frau kann, wenn er oder sie mit dem Göttlichen in Berührung ist, in unwiederholbarer Einzigartigkeit ein besonderes Licht auf die Erde ausstrahlen.
Deshalb glaubt die katholische Kirche, die nicht müde wird, die unantastbare Würde eines jeden Menschen zu verkünden, der „nach dem Bild Gottes“ (vgl. Gen 1,26) geschaffen ist, auch an die Einheit der Menschheitsfamilie. Sie glaubt: »Alle Völker sind ja eine einzige Gemeinschaft, sie haben denselben Ursprung, da Gott das ganze Menschengeschlecht auf dem gesamten Erdkreis wohnen ließ« (Zweites Vatikanisches Konzil, Erklärung Nostra aetate, 1). Deshalb hat sich der Heilige Stuhl von den Anfängen dieses Kongresses an, insbesondere durch das Dikasterium für den interreligiösen Dialog, aktiv daran beteiligt. Und so möchte er auch weiter verfahren: Der Weg des interreligiösen Dialogs ist ein gemeinsamer Weg des Friedens und für den Frieden, und als solcher ist er notwendig und unumkehrbar. Der interreligiöse Dialog ist nicht mehr bloß eine Möglichkeit, er ist ein dringender und unersetzlicher Dienst an der Menschheit, zum Lob und zur Ehre des Schöpfers aller.
Brüder und Schwestern, wenn ich über diesen gemeinsamen Weg nachdenke, frage ich mich: Was ist unser Schnittpunkt? Johannes Paul II. – der vor einundzwanzig Jahren in diesem selben Monat Kasachstan besuchte – hatte gesagt: »Alle Wege der Kirche führen zum Menschen« und der »Mensch ist der Weg der Kirche« (Enzyklika Redemptor hominis, 14). Ich möchte heute sagen, dass der Mensch auch der Weg aller Religionen ist. Ja, der konkrete Mensch, geschwächt durch die Pandemie, niedergeworfen durch den Krieg, verwundet durch Gleichgültigkeit! Der Mensch, ein zerbrechliches und wunderbares Geschöpf, »sinkt ohne den Schöpfer ins Nichts« (Zweites Vatikanisches Konzil, Pastoralkonstitution Gaudium et spes, 36) und ohne die anderen kann er nicht bestehen! Bevor wir wichtige Entscheidungen treffen, sollten wir mehr auf das Wohl des Menschen achten als auf strategische und wirtschaftliche Ziele, auf nationale, energetische und militärische Interessen. Um zu wirklich großartigen Entscheidungen zu gelangen, sollten wir auf die Kinder, auf die junge Menschen und auf ihre Zukunft, auf die älteren Menschen und ihre Weisheit, auf die ganz normalen Menschen und ihre wirklichen Bedürfnisse schauen. Und wir erheben unsere Stimme, um laut rufen, dass die menschliche Person mehr ist als das, was sie produziert und verdient; dass sie aufzunehmen und niemals wegzuwerfen ist; dass die Familie, in der kasachischen Sprache „Nest der Seele und der Liebe“, die natürliche und unersetzliche Grundlage ist, die es zu schützen und zu fördern gilt, damit die Männer und Frauen von morgen wachsen und reifen.
Die großen Weisheiten und Religionen sind dazu aufgerufen, für alle Menschen das Bestehen eines gemeinsamen geistlichen und moralischen Erbes zu bezeugen, das auf zwei Eckpfeilern beruht: der Transzendenz und der Geschwisterlichkeit. Transzendenz, das Jenseits, die Anbetung. Es ist schön, dass sich jeden Tag Millionen und Abermillionen von Männern und Frauen verschiedenen Alters, verschiedener Kulturen und sozialer Verhältnisse an unzähligen Kultorten zum Gebet versammeln. Das ist die verborgene Kraft, die die Welt in Bewegung hält. Und dann die Geschwisterlichkeit, die Mitmenschen, die Nähe: Denn niemand kann wahre Verbundenheit mit dem Schöpfer bekennen, wenn er dessen Geschöpfe nicht liebt. Dies ist der Geist, der die Erklärung unseres Kongresses durchwirkt, aus der ich zum Schluss drei Worte hervorheben möchte.
Das erste ist die Zusammenfassung von allem, der Ausdruck eines von Herzen kommenden Schreis, der Traum und das Ziel unseres Weges: Frieden! Beybitşilik, mir, peace! Frieden ist dringend notwendig, denn jeglicher militärische Konflikt oder jeglicher Herd der Spannung und der Konfrontation kann heute nur einen schädlichen „Dominoeffekt“ haben und gefährdet das System der internationalen Beziehungen ernsthaft (vgl. Nr. 4). Aber der »Friede besteht nicht darin, dass kein Krieg ist; er lässt sich auch nicht bloß durch das Gleichgewicht entgegengesetzter Kräfte sichern; er entspringt ferner nicht dem Machtgebot eines Starken«, sondern ist »Werk der Gerechtigkeit« (Gaudium et spes, 78). Er entspringt also der Geschwisterlichkeit, wächst durch den Kampf gegen Ungerechtigkeit und Ungleichheit und wird aufgebaut, indem man den anderen die Hand reicht. Wir, die wir an den Schöpfer aller glauben, müssen uns bei der Verbreitung des friedlichen Zusammenlebens besonders hervortun. Wir müssen es bezeugen, predigen und erflehen. Deshalb fordert die Erklärung die Staats- und Regierungschefs der Welt auf, Konflikte und Blutvergießen überall zum Stillstand zu bringen und aggressive und zerstörerische Rhetorik aufzugeben (vgl. Nr. 7). Wir bitten euch im Namen Gottes und zum Wohle der Menschheit: Setzt euch für den Frieden ein, nicht für die Rüstung! Nur wenn ihr dem Frieden dient, wird euer Name in der Geschichte groß bleiben.
Wenn es an Frieden mangelt, liegt das daran, dass es an Aufmerksamkeit und Zärtlichkeit fehlt, an der Fähigkeit, Leben hervorzubringen. Und so muss er gesucht werden, indem – das zweite Wort – die Frau mehr einbezogen wird. Denn die Frau gibt der Welt Fürsorge und Leben: Sie ist Weg zum Frieden. Deshalb haben wir die Notwendigkeit betont, ihre Würde zu schützen und ihren sozialen Status zu verbessern, da sie ein gleichberechtigtes Mitglied der Familie und der Gesellschaft ist (vgl. Nr. 23). Außerdem müssen Frauen mehr Aufgaben und größere Verantwortlichkeiten anvertraut werden. Wie viele Entscheidungen des Todes würden vermieden, wenn eben gerade Frauen im Zentrum der Entscheidungen stünden! Lasst uns dafür sorgen, dass sie mehr respektiert, anerkannt und einbezogen werden.
Schließlich das dritte Wort: die jungen Menschen. Sie sind die Boten des Friedens und der Einheit von heute und von morgen. Sie sind es, die mehr als andere zum Frieden und zur Achtung vor dem gemeinsamen Haus der Schöpfung aufrufen. Stattdessen zeichnen die Logik von Herrschaft und Ausbeutung, der Aufkauf von Ressourcen, Nationalismen, Kriege und Einflusszonen eine alte Welt, die junge Menschen ablehnen, eine Welt, die ihren Träumen und Hoffnungen verschlossen ist. Ebenso gehören starre und erstickende Arten von Religiosität nicht der Zukunft, sondern der Vergangenheit an. Mit Blick auf die neuen Generationen wurde hier die Bedeutung von Bildung bekräftigt, die die gegenseitige Akzeptanz und das respektvolle Zusammenleben der Religionen und Kulturen stärkt (vgl. Nr. 21). Geben wir den jungen Menschen Bildungschancen an die Hand, nicht Waffen der Zerstörung! Und lasst uns ihnen zuhören, ohne Angst, uns von ihnen befragen zu lassen. Vor allem aber lasst uns eine Welt errichten und dabei an sie denken!
Brüder, Schwestern, die Bevölkerung von Kasachstan, die offen für die Zukunft ist und Zeugin vieler vergangener Leiden, bietet uns mit ihrer außergewöhnlichen Multireligiosität und Multikulturalität ein Beispiel für die Zukunft. Sie lädt uns ein, eine Zukunft zu errichten, ohne dabei die Transzendenz und die Geschwisterlichkeit, die Anbetung des Allerhöchsten und die Annahme des Anderen zu vergessen. Lasst uns auf diese Weise voranschreiten und gemeinsam als Kinder des Himmels auf der Erde unterwegs sein, als Weber der Hoffnung und Handwerker der Eintracht, als Boten des Friedens und der Einheit!
[01369-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Queridos hermanos y hermanas:
Hemos caminado juntos. Gracias por haber venido desde diferentes partes del mundo, trayendo la riqueza de sus credos y de sus culturas. Gracias por haber vivido intensamente estos días de intercambio, trabajo y compromiso con el signo del diálogo, que tienen un valor aún más precioso durante un período tan difícil, al que, además de la pandemia, se agrega el peso de la locura insensata de la guerra. Hay demasiado odio y divisiones, demasiada falta de diálogo y de comprensión del otro; esto, en el mundo globalizado, resulta aún más peligroso y escandaloso. No podemos salir adelante conectados y separados, vinculados y desgarrados por tanta desigualdad. Así pues, gracias por los esfuerzos realizados en favor de la paz y la unidad. Gracias a las autoridades del lugar, que nos han recibido, preparando y alistando con sumo cuidado este Congreso, y a la población de Kazajistán, amigable y valiente, capaz de abrazar otras culturas preservando su noble historia y sus valiosas tradiciones. Kiop raqmet! Bolshoe spasibo! Thank you very much!
Mi visita, que ya está llegando a su fin, tiene como lema Mensajeros de la paz y la unidad. Está en plural, porque el camino es común. Y este séptimo Congreso, que el Altísimo nos ha concedido la gracia de vivir, ha marcado una etapa importante. Desde su nacimiento en 2003, el evento ha tenido como modelo la Jornada de Oración por la paz en el mundo convocada en 2002 por Juan Pablo II en Asís, para reafirmar el aporte positivo de las tradiciones religiosas al diálogo y a la concordia entre los pueblos. Después de los sucesos del 11 de septiembre de 2001, era necesario reaccionar, y reaccionar juntos, ante el clima incendiario que la violencia terrorista quería provocar y que amenazaba con hacer de las religiones un factor de conflicto. Sin embargo, el terrorismo de matriz pseudorreligiosa, el extremismo, el radicalismo, el nacionalismo alimentado de sacralidad, fomentan todavía hoy temores y preocupaciones en relación a la religión. Por eso en estos días ha sido providencial reencontrarnos y reafirmar la esencia verdadera e irrenunciable de la misma.
A este respecto, la Declaración de nuestro Congreso afirma que el extremismo, el radicalismo, el terrorismo y cualquier otra incitación al odio, a la hostilidad, a la violencia y a la guerra, cualquier motivación u objetivo que se propongan, no tienen relación alguna con el auténtico espíritu religioso y han de ser rechazados con la más resuelta determinación (cf. n. 5); han de ser condenados, sin condiciones y sin “peros”. Además, en base al hecho de que el Omnipotente ha creado a todas las personas iguales, independientemente de su pertenencia religiosa, étnica o social, hemos acordado afirmar que el respeto mutuo y la comprensión deben ser considerados esenciales e imprescindibles en la enseñanza religiosa (cf. n. 13).
Kazajistán, en el corazón del gran y decisivo continente asiático, ha sido el lugar natural para encontrarnos. Su bandera nos ha recordado la necesidad de custodiar una sana relación entre política y religión. De hecho, así como el águila dorada, que se encuentra en el estandarte, nos recuerda la autoridad terrena, haciendo alusión a los imperios antiguos, el fondo azul evoca el color del cielo, la trascendencia. Por lo que hay un vínculo sano entre política y trascendencia, una sana coexistencia que conserve los ámbitos diferenciados. Distinción, no confusión ni separación. “No” a la confusión, por el bien del ser humano, que necesita, como el águila, un cielo libre para volar, un espacio libre y abierto al infinito que no esté limitado por el poder terreno. Por otro lado, una trascendencia que no debe ceder a la tentación de transformarse en poder, pues de otro modo el cielo caería sobre la tierra, el “más allá” divino quedaría atrapado en el hoy terreno, el amor al prójimo en elecciones partidistas. Por lo tanto, “no” a la confusión. Pero también “no” a la separación entre política y trascendencia, ya que las más altas aspiraciones humanas no pueden ser excluidas de la vida pública y relegadas al mero ámbito privado. Por eso, quien desee expresar de manera legítima su propio credo, que sea amparado siempre y en todo lugar. ¡Cuántas personas, en cambio, aún hoy son perseguidas y discriminadas por su fe! Hemos pedido con firmeza a los gobiernos y a las organizaciones internacionales competentes que apoyen a los grupos religiosos y a las comunidades étnicas que han sufrido violaciones a sus derechos humanos y a sus libertades fundamentales, y violencia por parte de extremistas y terroristas, también como consecuencia de guerras y conflictos militares (cf. n. 6). Sobre todo, es necesario comprometerse para que la libertad religiosa no sea un concepto abstracto, sino un derecho concreto. Defendamos para todos el derecho a la religión, a la esperanza, a la belleza, al cielo. Porque no sólo Kazajistán, como proclama su himno, es un «dorado sol en el cielo», sino también cada ser humano, cada hombre y cada mujer, en su singularidad irrepetible, si entra en relación con lo divino, puede irradiar una luz particular sobre la tierra.
Por eso la Iglesia católica, que no se cansa de anunciar la dignidad inviolable de cada persona, creada “a imagen de Dios” (cf. Gn 1,26), cree también en la unidad de la familia humana. Cree que «todos los pueblos forman una comunidad, tienen un mismo origen, puesto que Dios hizo habitar a todo el género humano sobre la faz de la tierra» (Conc. Ecum. Vat. II, Decl. Nostra aetate, 1). Por eso, desde que comenzamos estos Congresos, la Santa Sede, especialmente por medio del Dicasterio para el Diálogo Interreligioso, ha participado activamente. Y quiere seguir haciéndolo. El camino del diálogo interreligioso es un camino común de paz y por la paz, y como tal, es necesario y sin vuelta atrás. El diálogo interreligioso ya no es sólo una posibilidad, es un servicio urgente e insustituible para la humanidad, para alabanza y gloria del Creador de todos.
Hermanos, hermanas, al pensar en este camino común, me pregunto: ¿cuál es nuestro punto de convergencia? Juan Pablo II —que hace veintiún años visitó en este mismo mes Kazajistán— afirmó que «todos los caminos de la Iglesia conducen al hombre» y que el hombre es «el camino de la Iglesia» (Carta enc. Redemptor hominis, 14). Quisiera decir hoy que el hombre es también el camino de todas las religiones. Sí, el ser humano concreto, debilitado por la pandemia, postrado por la guerra, herido por la indiferencia. El hombre, creatura frágil y maravillosa, que «sin el Creador desaparece» (Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes, 36) y sin los demás no subsiste. Que se mire el bien del ser humano más que a los objetivos estratégicos y económicos, más que a los intereses nacionales, energéticos y militares, antes de tomar decisiones importantes. Para tomar decisiones que sean verdaderamente grandes, que se mire a los niños, a los jóvenes y a su futuro, a los ancianos y a su sabiduría, a la gente común y a sus necesidades reales. Y nosotros alzamos la voz para gritar que la persona humana no se reduce a lo que produce y obtiene, sino que debe ser acogida y nunca descartada; que la familia, que en lengua kazaja significa “nido del alma y del amor”, es el cauce natural e insustituible que ha de protegerse y promoverse para que crezcan y maduren los hombres y las mujeres del mañana.
Para todos los seres humanos, las grandes sabidurías y religiones están llamadas a dar testimonio de la existencia de un patrimonio espiritual y moral común, que se funda sobre dos pilares: la trascendencia y la fraternidad. La trascendencia, el “más allá”, la adoración. Es bonito que cada día millones y millones de hombres y de mujeres, de diferentes edades, culturas y condiciones sociales, se reúnen para orar en innumerables lugares de culto. Es la fuerza escondida que hace que el mundo avance. Y luego, la fraternidad, el otro, la proximidad, porque no puede profesar una verdadera adhesión al Creador quien no ama a sus creaturas. Este es el espíritu que impregna la Declaración de nuestro Congreso, del cual, en conclusión, quisiera destacar tres palabras.
La primera es la síntesis de todo, la expresión de un grito apremiante, el sueño y la meta de nuestro camino: ¡la paz! Beybitşilik, mir, peace! La paz es urgente porque cualquier conflicto militar o foco de tensión y de enfrentamiento hoy, no puede más que tener un nefasto “efecto dominó” y compromete seriamente el sistema de relaciones internacionales (cf. n. 4). Pero la paz «no es la mera ausencia de la guerra, ni se reduce al solo equilibrio de las fuerzas adversarias, ni surge de una hegemonía despótica, sino que con toda exactitud y propiedad se llama obra de la justicia» (Gaudium et spes, 78). Brota, pues, de la fraternidad, crece a través de la lucha contra la injusticia y la desigualdad, se construye tendiendo la mano a los demás. Nosotros, que creemos en el Creador de todos, debemos estar en primera línea para irradiar una convivencia pacífica. Debemos dar testimonio de ella, predicarla, implorarla. Por eso, la Declaración exhorta a los líderes mundiales a detener los conflictos y el derramamiento de sangre en todo lugar, y a abandonar retóricas agresivas y destructivas (cf. n. 7). Les rogamos, en nombre de Dios y por el bien de la humanidad: ¡comprométanse en favor de la paz, no en favor de las armas! Sólo sirviendo a la paz, el nombre de ustedes será grande en la historia.
Si falta la paz es porque falta el cuidado, la ternura, la capacidad de generar vida. Y, por lo tanto, hay que buscarla implicando mayormente —esta es la segunda palabra— a la mujer. Porque la mujer cuida y da vida al mundo, es camino hacia la paz. Por eso apoyamos la necesidad de proteger su dignidad, y de mejorar su estatus social como miembro de la familia y de la sociedad con los mismos derechos (cf. n. 23). También a las mujeres se les han de confiar roles y responsabilidades mayores. ¡Cuántas opciones que conllevan muerte se evitarían, si las mujeres estuvieran en el centro de las decisiones! Comprometámonos para que sean más respetadas, reconocidas e incluidas.
Finalmente, la tercera palabra: los jóvenes. Ellos son los mensajeros de la paz y la unidad de hoy y del mañana. Ellos son los que, más que otros, invocan la paz y el respeto por la casa común de la creación. En cambio, las lógicas de dominio y de explotación, el acaparamiento de los recursos, los nacionalismos, las guerras y las zonas de influencia trazan un mundo viejo, que los jóvenes rechazan, un mundo cerrado a sus sueños y a sus esperanzas. Así también, religiosidades rígidas y sofocantes no pertenecen al futuro, sino al pasado. Pensando en las nuevas generaciones, se ha afirmado aquí la importancia de la instrucción, que refuerza la acogida recíproca y la convivencia respetuosa entre las religiones y las culturas (cf. n. 21). En las manos de los jóvenes pongamos oportunidades de instrucción, no armas de destrucción. Y escuchémoslos, sin miedo a dejarnos interrogar por ellos. Sobre todo, construyamos un mundo pensando en ellos.
Hermanos, hermanas, la población de Kazajistán, abierta al mañana y testigo de tantos sufrimientos del pasado, con su extraordinaria multirreligiosidad y multiculturalidad nos ofrece un ejemplo de futuro. Nos invita a construirlo sin olvidar la trascendencia y la fraternidad, la adoración al Altísimo y la acogida a los demás. ¡Vayamos adelante así, caminando juntos en la tierra como hijos del Cielo, tejedores de esperanza y artesanos de concordia, mensajeros de la paz y la unidad!
[01369-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Amados Irmãos e irmãs!
Caminhamos juntos. Obrigado por terem vindo de diversas partes do mundo, trazendo aqui a riqueza das vossas crenças e das vossas culturas. Obrigado por terdes vivido intensamente estes dias de partilha, trabalho e empenho sob o signo do diálogo, ainda mais precioso neste período tão difícil sobre o qual grava, para além da pandemia, a loucura insensata da guerra. Há demasiados ódios e divisões, demasiada falta de diálogo e compreensão do outro: isto, no mundo globalizado, é ainda mais perigoso e escandaloso. Não podemos avançar assim, ora unidos ora separados, ora interligados ora dilacerados por demasiadas desigualdades. Obrigado, pois, pelos esforços que visam a paz e a unidade. Obrigado às Autoridades locais, que nos acolheram, preparando e organizando com grande cuidado este Congresso, e à população do Cazaquistão, amiga e corajosa, capaz de abraçar as outras culturas preservando a sua nobre história e as suas preciosas tradições. Kiop raqmet! Bolshoe spasibo! Thank you very much!
A minha visita, que está agora a terminar, teve como lema Mensageiros de paz e de unidade. Está no plural, porque o caminho é comum. E este sétimo Congresso, que o Altíssimo nos deu a graça de viver, marcou uma etapa importante. Desde o seu nascimento em 2003, o evento teve como modelo o Dia de Oração pela paz no mundo, convocado no ano de 2002 por João Paulo II, em Assis, a fim de reafirmar a contribuição positiva das tradições religiosas para o diálogo e a concórdia entre os povos. Depois do que sucedeu a 11 de setembro de 2001, era necessário reagir, e reagir juntos, ao clima incendiário a que a violência terrorista queria incitar e que se arriscava a fazer da religião um fator de conflito. Entretanto o terrorismo de matriz pseudorreligiosa, o extremismo, o radicalismo, o nacionalismo amantado de sacralidade ainda fomentam medos e preocupações a respeito da religião. Assim foi providencial reencontrarmo-nos nestes dias e reafirmarmos a sua essência verdadeira e irrenunciável.
A propósito, a Declaração do nosso Congresso afirma que o extremismo, o radicalismo, o terrorismo e qualquer outro incentivo ao ódio, à hostilidade, à violência e à guerra – seja qual for a motivação ou objetivo que se proponham – nada têm a ver com o autêntico espírito religioso e devem ser rejeitados nos termos mais decididos que for possível (cf. n. 5); condenados, sem «se» nem «mas». Além disso, com base no facto de que o Omnipotente criou todas as pessoas iguais, independentemente da sua pertença religiosa, étnica ou social, concordamos em afirmar que o respeito mútuo e a compreensão devem ser considerados essenciais e imprescindíveis no ensinamento religioso (cf. n. 13).
O Cazaquistão, no coração deste grande e decisivo continente asiático, proporcionou-nos o local natural para nos encontrarmos. A sua bandeira lembrou-nos a necessidade de preservar uma saudável relação entre política e religião. De facto, se a águia dourada, presente no estandarte, evoca a autoridade terrena, lembrando antigos impérios, o fundo azul evoca a cor do céu, a transcendência. Há, portanto, uma ligação saudável entre política e transcendência, uma sã coexistência que mantém distintos os dois âmbitos. Distinção, não confusão nem separação. «Não» à confusão, para bem do ser humano que precisa, como a águia, dum céu livre para voar, dum espaço livre e aberto para o infinito que não seja limitado pelo poder terreno. Uma transcendência que entretanto não deve ceder à tentação de se transformar em poder; caso contrário, o céu precipitaria sobre a terra, o Além divino ficaria preso no hoje terrestre, e o amor ao próximo em escolhas de parte. Por isso, «não» à confusão; mas «não» também à separação entre política e transcendência, pois as mais altas aspirações humanas não podem ser excluídas da vida pública e relegadas para o âmbito meramente privado. Por isso, há de ser sempre e em toda parte tutelado quem deseja exprimir, de modo legítimo, o próprio credo. Contudo, ainda hoje quantas pessoas são perseguidas e discriminadas pela sua fé! Pedimos veementemente aos governos e às competentes organizações internacionais que assistam os grupos religiosos e as comunidades étnicas que sofreram violações dos seus direitos humanos e liberdades fundamentais, e violências da parte de extremistas e terroristas, inclusive em consequência de guerras e conflitos militares (cf. n. 6). É preciso sobretudo empenhar-se para que a liberdade religiosa seja, não um conceito abstrato, mas um direito concreto. Defendamos para todos o direito à religião, à esperança, à beleza… ao Céu. Pois não só o Cazaquistão – como proclama o seu hino – é um «sol dourado no céu», mas também cada ser humano: cada homem e mulher, na sua irrepetível unicidade, se estiver em contacto com o divino, é capaz de irradiar uma luz particular sobre a terra.
Por isso a Igreja Católica, que não se cansa de anunciar a dignidade inviolável de cada pessoa, criada «à imagem de Deus» (cf. Gn 1, 26), crê também na unidade da família humana. Crê que «os homens constituem todos uma só comunidade; todos têm a mesma origem, pois foi Deus quem fez habitar em toda a terra o inteiro género humano» (Conc. Ecum. Vat. II, Decl. Nostra aetate, 1). Por este motivo, desde o início do presente Congresso, a Santa Sé, especialmente através do Dicastério para o Diálogo Inter-religioso, participou ativamente nele. E quer continuar assim: o caminho do diálogo inter-religioso é um caminho comum de paz e para a paz, e, como tal, é necessário e sem retorno. O diálogo inter-religioso já não é apenas uma oportunidade, mas um serviço urgente e insubstituível à humanidade, para louvor e glória do Criador de todos.
Irmãos, irmãs, pensando neste caminho comum, pergunto-me: Qual é o nosso ponto de convergência? João Paulo II, que visitou o Cazaquistão há vinte e um anos, neste mesmo mês, tinha afirmado que «todos os caminhos da Igreja levam ao homem» e que o homem é «o caminho da Igreja» (Carta enc. Redemptor hominis, 14). Hoje quero afirmar que o homem é também o caminho de todas as religiões. Sim, o ser humano concreto, debilitado pela pandemia, prostrado pela guerra, ferido pela indiferença! O homem, criatura frágil e maravilhosa, que, «sem o Criador, se obscurece» (Conc. Ecum. Vat. II, Const. past Gaudium et spes, 36) e, sem os outros, não subsiste! Antes de tomar decisões importantes, olhe-se mais para o bem do ser humano do que para os objetivos estratégicos e económicos, para os interesses nacionais, energéticos e militares. Para se fazer escolhas que sejam verdadeiramente grandes, olhe-se para as crianças, os jovens e o seu futuro, para os idosos e a sua sabedoria, para a gente comum e as suas reais necessidades. E nós ergamos a voz para gritar que a pessoa humana não se reduz ao que produz e ganha; que deve ser acolhida e nunca descartada; que a família – em língua cazaque, «ninho da alma e do amor» – é o álveo natural e insubstituível que deve ser protegido e promovido para que cresçam e maturem os homens e as mulheres de amanhã.
As grandes sabedorias e religiões são chamadas a testemunhar, a todos os seres humanos, a existência dum património espiritual e moral comum, que assenta sobre dois pilares: a transcendência e a fraternidade. A transcendência, o Além, a adoração. É belo pensar que todos os dias milhões e milhões de homens e mulheres, de várias idades, culturas e condições sociais, se reúnem para rezar em inúmeros locais de culto. É a força escondida que faz avançar o mundo. E, depois, a fraternidade, o outro, a proximidade: pois não pode professar verdadeira adesão ao Criador quem não ama as suas criaturas. Este é o espírito que permeia a Declaração do nosso Congresso, da qual – para concluir – gostaria de destacar três palavras.
A primeira é a síntese de tudo, a expressão dum grito do coração, o sonho e a meta do nosso caminho: a paz! Beybitşilik, mir, peace! A paz é urgente, porque hoje qualquer conflito militar ou foco de tensão e confronto não pode deixar de provocar um nefasto «efeito dominó», comprometendo seriamente o sistema de relações internacionais (cf. n. 4). Mas a paz «não é ausência de guerra, nem se reduz ao estabelecimento do equilíbrio entre as forças adversas; nem resulta duma dominação despótica», mas é «obra da justiça» (Gaudium et spes, 78). Brota, pois, da fraternidade, cresce através da luta contra a injustiça e as desigualdades, constrói-se estendendo a mão aos outros. Nós, que cremos no Criador de todos, devemos estar na vanguarda da difusão da convivência pacífica. Devemo-la testemunhar, pregar, implorar. Por isso, a Declaração exorta os líderes mundiais a cessarem em todo o lado conflitos e derramamentos de sangue e a abandonarem retóricas agressivas e destrutivas (cf. n. 7). Pedimo-vos, em nome de Deus e para bem da humanidade: empenhai-vos pela paz, não pelos armamentos! Só servindo a paz é que permanecerá grande na história o vosso nome.
Se falta a paz, é porque falta atenção, ternura e capacidade de gerar vida. Consequentemente, aquela deve ser procurada envolvendo mais – e é a segunda palavra – a mulher. Porque a mulher presta cuidados e dá vida ao mundo: é caminho para a paz. Por isso defendemos a necessidade de proteger a sua dignidade e melhorar a sua condição social, enquanto membro de igual direito na família e na sociedade (cf. n. 23). Às mulheres, devem também ser confiadas funções e responsabilidades maiores. Quantas opções de morte seriam evitadas se estivessem precisamente as mulheres no centro das decisões! Empenhemo-nos para que sejam mais respeitadas, reconhecidas e envolvidas.
Finalmente, a terceira palavra: os jovens. São eles os mensageiros de paz e de unidade de hoje e de amanhã. São eles, mais do que quaisquer outros, que invocam a paz e o respeito pela casa comum da criação. Enquanto as lógicas de domínio e exploração, o açambarcamento de recursos, os nacionalismos, as guerras e as áreas de influência delineiam um mundo velho, os jovens rejeitam um mundo fechado aos seus sonhos e esperanças. E de igual modo se pode dizer que religiosidades rígidas e sufocantes não pertencem ao futuro, mas ao passado. A pensar nas novas gerações, afirmou-se aqui a importância da instrução, que reforça o recíproco acolhimento e a convivência respeitosa entre religiões e culturas (cf. n. 21). Na mão dos jovens coloquemos oportunidades de instrução, não armas de destruição! E escutemo-los, sem medo de nos deixar interpelar por eles. Sobretudo construamos um mundo a pensar neles!
Irmãos, irmãs, a população do Cazaquistão, aberta ao amanhã e testemunha de tantos sofrimentos passados, oferece-nos, com a sua multirreligiosidade e multiculturalidade extraordinária, um exemplo de futuro. Convida-nos a construí-lo sem esquecer a transcendência e a fraternidade, a adoração do Altíssimo e o acolhimento do outro. Avancemos assim, caminhando juntos na terra como filhos do Céu, tecedores de esperança e artesãos de concórdia, mensageiros de paz e de unidade!
[01369-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua araba
الزيارة الرسوليّة إلى كازاخستان
كلمة قداسة البابا فرنسيس
في اختتام المؤتمر السّابع لقادة الديانات العالميّة والتّقليديّة
في نور سلطان
الخميس 15 أيلول/سبتمبر 2022
أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء،
سِرْنا معًا. شكرًا لأنّكم أتيتم من أنحاء مختلفة من العالم، تَحمِلُون غنى معتقداتكم وثقافاتكم. شكرًا لأنّكم عشتم بصورة مكثفة هذه الأيام من المشاركة والعمل والالتزام باسم الحوار، والتي تزداد أهميّة في مثل هذه الفترة الصّعبة، التي تعاني، بالإضافة إلى الجائحة، من جنون حرب عشواء. هناك الكثير من الكراهية والانقسامات، ونقص كبير في الحوار وفهم الآخر: وهذا، في العالم المعولّم، أشدّ خطورة وهو شكٌّ وحجر عثرة كبير، لا يمكننا المضي قُدُمًا ونحن في الوقت نفسه مرتبطون ومنفصلون، ملتحمون وممزقون بسبب الكثير من عدم المساواة. لذلك شكرًا على جهودكم الهادفة إلى السّلام والوَحدة. شكرًا للسلطات المحلية التي استضافتنا وأعدّت ونظمّت هذا المؤتمر بعناية كبيرة، وشكرًا لشعب كازاخستان الصّديق والشّجاع والقادر على معانقة الثقافات الأخرى مع الحفاظ على تاريخه النبيل وتقاليده الثمينة. شكرًا جزيلًا.
شعار زيارتي التي تقترب الآن من نهايتها هو: ”رُسُلَ سلامٍ ووَحدة“، بصيغة الجمع، لأنّ المسيرة مشتركة. وهذا المؤتمر السّابع، الذي أنعم الله تعالَى علينا بأن نعيشه، كان مرحلة مهمّة. منذ انطلاقه في عام 2003، كان النموذجَ لهذا الحدث ”يومُ الصّلاة من أجل السّلام في العالم“ الذي عقده يوحنا بولس الثاني في أسيزي في سنة 2002، للتأكيد من جديد على مساهمة التّقاليد الدينيّة الإيجابيّة في الحوار والوئام بين الشّعوب. بعد ما حدث في 11 أيلول/سبتمبر 2001، كان من الضّروري الرّد، والرّد معًا، على الجو المحتد الذي أراد العنف الإرهابيّ أن يحرّض عليه والذي كان يوشك أن يجعل الدين عامل نزاع. لكن الإرهاب الدينيّ الزائف، والتطرّف، والراديكاليّة، والقوميّة المغطاة بطابع الدين ما زالت تثير المخاوف والقلق بسبب الدين. لذلك كان لقاؤنا في هذه الأيام هُدًى من العنايّة الإلهيّة، لنؤكّد من جديد جوهر الدين الحقيقي، الذي لا يمكن تبديله.
في هذا الصّدد، يؤكّد بيان مؤتمرنا أنّ التطرّف والراديكاليّة والإرهاب وأيّ دافع آخر إلى الكراهية والعداء والعنف والحرب، ومهما كانت دوافعها أو أهدافها، لا علاقة له بالرّوح الدينيّة الحقيقيّة ويجب أن تكون مرفوضة بأشدّ العبارات الحاسمة (راجع رقم 5)، من دون ”إذا“ و ”لكن“. بالإضافة إلى ذلك، واستنادًا إلى أنّ الله تعالَى خلق جميع الناس متساوين، بغض النظر عن انتماءاتهم الدينيّة أو العرقيّة أو الاجتماعيّة، فقد اتفقنا على أنّ الاحترام المتبادل والتّفاهم يجب أن يُعتبرا أمورًا جوهريّة ولا غنى عنهما في التّعليم الديني (راجع رقم 13).
كازاخستان، في قلب القارة الآسيويّة الكبيرة والحاسمة، كانت المكان الطبيعي لنلتقي. ذكَّرَنا عَلَمُها بالحاجة إلى أن نحافظ على علاقة سليمة بين السّياسة والدين. في الواقع، النسر الذهبي، الموجود في العَلَم، يذكّر بالسُّلطة الأرضيّة، ويذكّر بالإمبراطوريات القديمة، والخلفية الزرقاء تشير إلى لون السّماء، وإلى التّعالي فوق ما هو أرضي. وبالتالي، هناك إذن رباط سليم بين السّياسة والتّعالي فوق ما هو أرضي، وتواجد سليم بينهما يحافظ على التمييز بين المجالَين. تمييز، لا خلط ولا فصل. ”لا“ للخلط، من أجل خير الإنسان، الذي يحتاج، مثل النسر، إلى سماء حرّة ليطير فيها، وفضاء حرّ ومفتوح لا حدّ له ولا تقيّده السُّلطة الأرضيّة. التّعالي فوق ما هو أرضي من ناحية أخرى، يجب ألّا يستسلم للتجربة فيصير تسلُّطًا، وإلّا فإنّ السّماء تسقط على الأرض، وما هو من الإلهيات، يصبح سجينًا في الأرض اليوم، وتصير محبّة القريب اصطفافًا حِزبيًّا. إذن، ”لا“ للخلط. لكن أيضًا ”لا“ للفصل بين السّياسة والتّعالي فوق ما هو أرضي، لأنّه لا يمكن الفصل بين التطلعات البشريّة العليا وبين الحياة العامة، وحصرها في المجال الخاص فقط. لذلك يجب، دائمًا وفي كلّ مكان، حماية الذين يرغبون في التعبير بشكل شرعي عن معتقداتهم. لكن كم من الناس ما زالوا يتعرّضون اليوم للاضطهاد والتّمييز بسبب إيمانهم! لقد ناشدنا بشدّة الحكومات والمنظمّات الدوليّة ذات الصّلة بأن تساعد المجموعات الدينيّة والجماعات العرقيّة التي عانت من انتهاكات حقوق الإنسان والحريّات الأساسيّة والعنف من قبل المتطرفين والإرهابيين، بما في ذلك نتيجة الحروب والصّراعات العسكريّة (راجع رقم 6). وفوق كلّ شيء، من الضّروري أن نلتزم حتى لا تكون الحريّة الدينيّة مفهومًا تجريديًّا، بل حقًا عملِيًّا. لندافع عن حقّ كلّ فرد في الدين، والرّجاء، والجمال: لندافع عن حقّ كلّ فرد في السّماء. لأنّ كازاخستان، كما يُعلن نشيدها، ليست فقط "شمسًا ذهبيّة في السّماء"، بل هي كلّ إنسان: كلّ رجل وامرأة، في تفرده الذي لا يتكرّر، إذا كان على صلة مع الإلهي، يمكن أن يُرسِل نورًا خاصًّا على الأرض.
لذلك، فإنّ الكنيسة الكاثوليكيّة، التي لا تتعب ولا تكّل في إعلانها لكرامة كلّ إنسان التي لا يجوز الاعتداء عليها، والذي خُلِقَ ”على صورة الله“ (راجع تكوين 1، 26)، تؤمن أيضًا بوَحدة الأسرة البشريّة. وتؤمن أنّ "كلّ الشّعوب يؤلّفون جماعة واحدة ولها أصل واحد، لأنّ الله هو الذي أسكن الجنس البشريّ بأسره على وجه الأرض كلّها" (المجمع الفاتيكاني الثاني، البيانات، في عصرنا- Nostra aetate – في علاقة الكنيسة بالديانات غير المسيحية، 1). لهذا السبب، منذ بداية هذا المؤتمر، شارك الكرسيّ الرّسوليّ فيه بنشاط، ولا سيّما من خلال دائرة الحوار بين الأديان. وهو يريد أن يستمّر على هذا النحو: طريق الحوار بين الأديان هي طريق مشتركة للسّلام ومن أجل السّلام، وبالتالي فهو ضروريّ وبدون رجعة. لم يَعُدْ الحوار بين الأديان مجرّد فرصة، بل هو خدمة مُلِحَّة ولا بديل له للبشريّة، لمجد الله خالق الجميع وتسبيحه.
أيّها الإخوة والأخوات، عندما أفكّر في هذه المسيرة المشتركة، أتساءل: ما هي نقطة التقائِنا؟ يوحنّا بولس الثاني، الذي زار كازاخستان وفي هذا الشّهر نفسه، قبل إحدى وعشرين سنة، أكّد أنّ "كلّ طرق الكنيسة تؤدّي إلى الإنسان" وأنّ الإنسان هو "طريق الكنيسة" (الرّسالة البابويّة، فادي الإنسان، 14). أودّ أن أقول اليوم إنّ الإنسان هو أيضًا طريق كلّ الأديان. نعم، إنّ الإنسان الحقيقيّ، الذي أضعفته الجائحة، وأنهكته الحرب، وجرحته اللامبالاة! الإنسان، المخلوق الضّعيف والعجيب، الذي "يفنى بدون الخالق" (المجمع الفاتيكاني الثّاني، دستور رعائي، فرح ورجاء، 36) ولا وجود له من دون الآخرين! يجب أن ننظر إلى خير الإنسان أكثر مِن أن ننظر إلى الأهداف الاستراتيجيّة والاقتصاديّة، والمصالح الوطنيّة وأمور الطّاقة والشّؤون العسكريّة، وقبل أن نتّخذ قرارات مهمّة. لكي نتّخذ خيارات مهمّة حقًّا، علينا أن ننظر إلى الأطفال، وإلى الشّباب ومستقبلهم، وإلى كبار السّن وحكمتهم، وإلى عامة النّاس واحتياجاتهم الحقيقيّة. ونحن، لنرفع أصواتنا ولنصرخ: لا تحصروا الإنسان في ما يُنتِج وفي ما يَكسَب، ورحّبوا به دائما، ولا تهمِّشوه أبدًا، وأنّ العائلة، التي هي في اللغة الكازاك ”عشُّ النفس والحبّ“، هي الخليّة الطّبيعيّة التي لا بديل لها، يجب حمايتها وتعزيزها حتّى ينمو وينضج رجال ونساء الغدّ.
بالنّسبة لجميع البشر، طرق الحِكمة الكبرى، والأديان، مدعوّة للشهادة لوجود تراث روحيّ وأخلاقيّ مشترك، يقوم على مفصلَين أساسيَّين، هما: التّعالي فوق ما هو أرضي والأخوّة. التّعالي، وما هو بعد، والسّجود. جميل أن يجتمع كلّ يوم الملايين والملايين من الرّجال والنّساء، ومن مختلف الأعمار، والثّقافات، والحالات الاجتماعيّة، للصّلاة في أماكن للعبادة لا تُعَدّ ولا تُحصَى. إنّها القوّة الخفيّة التي تجعل العالم يتقدّم. ثمّ الأخوّة، والآخر، والقُرب: لأنّه لا يمكن أن يكون حقًّا مؤمنًا بالخالق، مَن لا يُحِبُ خليقته. هذه هي الرّوح التي تسود الإعلان الذي صدر عن مؤتمرنا، الذي أودّ في الختام أن أؤكّد على ثلاث كلمات فيه.
الكلمة الأولى هي خلاصة كلّ شيء، والتّعبير عن صرخة من القلب، وحلم وهدف مسيرتنا: السّلام! (Beybitşilik, mir, peace!). السّلام حاجة مُلِحَّة، لأنّ أيّ نزاع عسكريّ أو بؤرة توتّر ومواجهة اليوم، لا يمكن إلّا أن يكون له ”تأثير الدومينو“ الشّنيع، ويعرّض جدّيًّا نظام العلاقات الدوليّة للخطر (راجع رقم 4). لكن السّلام "ليس مجرّد غياب الحرب، كما أنّه لا يمكن أن يكون فقط تأمين التّوازن بين القوى المتخاصمة؛ ولا هو نتيجة سيطرة مستبدة"، لكنّه "عمل العدل" (المجمع الفاتيكاني الثّاني، دستور رعائي، فرح ورجاء، 78). فهو ينبع إذن من الأخوّة، وينمو بمقاومة الظلم وعدم المساواة، ويُبنى بالإمساك بيد الآخرين. نحن الذين نؤمن بخالق الكلّ، يجب أن نكون في الصّفوف الأولى لننشر العيش السّلمي معًا. علينا أن نشهد له، ونعظ به، ونلتمسه. لهذا، فإنّ الإعلان يناشد قادة العالم على وقف النّزاعات وإراقة الدّماء في كلّ مكان، والتخلّي عن الخطابات العدوانيّة والمدمّرة (راجع رقم 7). نرجوكم، باسم الله ومن أجل خير البشريّة: التزموا بالسّلام، لا بالتّسلُّح! فقط إن خدمتم السّلام، ستبقى أسماؤكم كبيرة في التّاريخ.
إنّ غاب السّلام، فلأن الانتباه والحنان غائبان، والقدرة على ولادة الحياة. لذلك، يجب البحث عن السّلام، وأن يشمل المرأة أيضًا وبصورة كبيرة – هذه هي الكلمة الثّانية، المرأة -. لأنّ المرأة توفّر للعالم العنايّة والحياة: إنّها طريق نحو السّلام. لهذا، أيّدنا ضرورة حماية كرامتها، وتحسين وضعها الاجتماعيّ، كونها عضوًا متساويًا في الحقوق، في العائلة والمجتمع (راجع رقم 23). يجب أن يُعهد إلى النساء أيضًا أدوار ومسؤوليّات كبرى. كم من خيارات الموت كان يمكن أن نتجنّبها لو كانت المرأة بالتّحديد في مركز القرارات! لنلتزم حتّى يزداد احترامهنّ وتقديرهنّ وإشراكهنّ في المسؤوليّة.
وأخيرًا الكلمة الثّالثة: الشّباب. هم رُسل السّلام والوَحدة، اليوم والغد. هم، أكثر من غيرهم، يطلبون السّلام واحترام بيت الخليقة المشترك. بدل ذلك، منطق الهيمنة والاستغلال، واستملاك الموارد، والقوميّات، والحروب ومناطق النّفوذ، كلّها علامات عالم قديم يرفضه الشّباب، وعالم مغلق دون أحلامهم وآمالهم. كذلك أيضًا، التدّين المتزمّت والخانق ليسا من المستقبل، بل من الماضي. بالتّفكير في الأجيال الجديدة، تمّ التّأكيد هنا على أهميّة التّعليم، الذي يعزّز القبول المتبادل والعيش معًا الذي يحترم الأديان والثّقافات (راجع رقم 21). لنضع بين أيدي الشّباب فرصة التّعليم، لا أسلحة الدّمار! ولنستمع إليهم، دون أن نخاف من أن يطرحوا علينا الأسئلة. وخصّوصًا، لنبنِ عالمًا ونحن نفكّر فيهم!
أيّها الإخوة والأخوات، إنّ شعب كازاخستان، المنفتح على الغدِ والشّاهد على آلام الماضي الكثيرة، ومع تعدّد الأديان وتعدّد الثقافات غير العادي فيه، يقدّم لنا مثالًا للمستقبل. إنّه يدعونا إلى بنائه، دون أن ننسى التّعالي فوق ما هو أرضي والأخوّة، والسّجود للعليّ وقبول الآخر. لنمضِ قُدُمًا هكذا، ولنسِر معًا على الأرض ونحن أبناء السّماء، ننسج الأمل ونصنع الوفاق، ونكون رسل السّلام والوَحدة!
[01369-AR.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua russa
ВЫСТУПЛЕНИЕ СВЯТЕЙШЕГО ОТЦА
Закрытие VII Съезда Лидеров Мировых и Традиционных Религий
Нур-Султан, 15 сентября 2022
Дорогие братья и сестры!
Вместе мы прошли этот путь. Спасибо, что приехали из разных частей света и привезли с собой богатство своей веры и культур. Спасибо, что живо проживали эти дни общения, труда и усилий во имя диалога, столь ценные в это сложное время, омраченное не только пандемией, но еще и бессмысленным безумием войны. Слишком много ненависти, разделений, и слишком мало диалога и понимания другого. В современном мире это еще более опасно и удручающе. Мы не сможем идти вперед, если так и останемся связанными и разделенными, скованными вопиющим неравенством. Поэтому благодарю вас за усилия к миру и единству. Благодарю местные Власти, которые радушно приняли нас, старательно подготовили и организовали этот Съезд, а также народ Казахстана, дружелюбный и храбрый, способный принимать другие культуры, сохраняя свою благородную историю и ценные традиции. Kiop raqmet! Большое спасибо! Thank you very much!
Девиз моего визита, который подходит к концу, Посланники мира и единства. Девиз звучит во множественном числе, так как путь у нас общий. Этот седьмой Съезд, который мы прожили милостью Божией, знаменует собой важный этап. С самого начала, в 2003 году, это событие проходило по примеру Дня Молитвы за мир в мире, который организовал в 2002 году Иоанн Павел II в Ассизи, чтобы еще раз заявить о позитивном вкладе различных религиозных традиций в диалог и согласие между народами. После того, что случилось 11 сентября 2001 года, необходимо было реагировать, и реагировать сообща, на напряженную обстановку, которую терроризм всячески накалял насильственными действиями, из-за чего религия могла предстать как фактор конфликта. К сожалению, псевдорелигиозный терроризм, экстремизм, радикализм, национализм, скрывающийся под покровом сакральности все еще вызывают страхи и опасения по отношению к религии.
В эти дни нам представилась прекрасная возможность собраться вместе и показать всем истинную и неотъемлемую суть религии.
Кстати, в Декларации нашего Съезда утверждается, что экстремизм, радикализм, терроризм и любое подстрекание к ненависти, вражде, насилию и войне, какие бы мотивы или цели не ставили перед собой, не имеют ничего общего с подлинным религиозным духом, и должны отвергаться самым решительными образом (см. № 5), осуждаться без каких-либо оговорок. Кроме того, исходя из того, что Всемогущий сотворил всех людей равными, независимо от их религиозной, этнической или социальной принадлежности, мы все согласны с утверждением, что в религиозном учении главным и непреложным следует считать взаимное уважение и понимание (см. № 13).
Казахстан, находясь в центре большого и стратегически важного азиатского континента – стал естественным местом для нашей встречи. Его государственный флаг символизирует необходимость сохранять здравый баланс между политикой и религией. Золотой орел на знамени олицетворяет земную власть, как память о древних империях, синий фон, навевает мысли о небесной синеве и символизирует трансцендентность. Существует гармоничная связь между политикой и трансцендентностью, здоровое сосуществование двух различных областей. Различие, а не смешение и не разделение. “Нет” смятению, ради блага человека, которому как орлу необходимо свободное небо для полета, свободное пространство, открытое бесконечному, не ограниченное земной властью. С другой стороны, трансцендентность не должна поддаваться искушению превратиться во власть, чтобы небо не упало на землю, и божественная вечность не оказалась в плену у земного «сегодня», а любовь к ближнему у предвзятого выбора. Поэтому - “Нет” смятению. Но также “Нет” и разделению между политикой и трансцендентностью, так как самые высокие человеческие устремления не могут быть исключены из общественной жизни и быть исключительно связанными с личной сферой. Поэтому того, кто желает законным образом исповедовать свою веру следует защищать всегда и всюду. Сколько людей еще сегодня подвергаются преследованиям и дискриминации из-за своей веры! Мы обратились к правительствам и компетентным международным организациями с настоятельной просьбой о поддержке религиозных групп и этнических общин, чьи человеческие права и основные свободы были нарушены, и которые подверглись насилию со стороны экстремистов и террористов, также в следствие военных действий и конфликтов (см. № 6). В первую очередь, следует приложить усилия, чтобы религиозная свобода была не только абстрактным понятием, но конкретным правом. Давайте защищать право всех и каждого на религию, надежду, красоту – на Небо. Ибо не только Казахстан, как поется в его гимне, «в небе золотое солнце», но каждая человеческая личность: каждый мужчина и каждая женщина обладает неповторимой уникальность и, если пребывает в общении с божественным, может освещать землю особым светом.
Поэтому католическая Церковь, неустанно провозглашающая нерушимое достоинство каждой личности, сотворенной «по образу Бога» (см. Быт 1, 26), также верит в единство человеческой семьи. Верит, что «все народы составляют одну общину, имеют одно начало, потому что Бог поселил весь род человеческий на лице земли» (Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Nostra aetate, 1). Поэтому с самого начала этого Съезда, Святой Престол, особенно через Дикастерий по межрелигиозному Диалогу, принимал в нем активное участие. И желает участвовать впредь. Путь межрелигиозного диалога – совместный путь мира и к миру, он крайне необходим, и мы не должны поворачивать назад. Межрелигиозный диалог – это уже не возможность, а срочное и незаменимое служение человечеству, во хвалу и славу Творца всех нас.
Братья и сестры, размышляя о нашем совместном пути, я спрашиваю себя: что нас объединяет? Иоанн Павел II, который двадцать один год назад в этом же месяце посетил Казахстан, сказал, что «все пути Церкви ведут к человеку», и что человек – это «путь Церкви» (Lett. enc. Redemptor hominis, 14). Хочу заявить сегодня, что человек – это еще и путь всех религий. Да, конкретный человек, переживший пандемию, терзаемый войной, страдающий от безразличия! Человек, немощное и чудесное творение, которое «пропадет без Творца» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 36), а без других не выживет! Когда принимаются важные решения, в первую очередь, следует смотреть не на стратегические и экономические цели, национальные, энергетические и военные интересы, а на благо человеческой личности. Для осуществления по-настоящему грандиозных решений следует смотреть на детей, молодежь и их будущее, на стариков и их мудрость, на простых людей и их конкретные нужды. Мы должны во весь голос кричать, что человеческая личность не сводится к производству и заработку, надо ее слушать, и не отбрасывать ее; что семья, по-казахски «гнездо души и любви» — это естественная и незаменимая среда, которую нужно защищать и поддерживать, чтобы смогли вырасти и повзрослеть люди завтрашнего дня.
Призвание великих учений и религий - свидетельствовать всему человечеству о существовании общего духовного и нравственного наследия, которое зиждется на двух опорах: трансцендентность и братство. Трансцендентность, Внеземное, поклонение. Это чудесно, что ежедневно в бесчисленных местах культа миллионы и миллионы мужчин и женщин, разного возраста, культур и социального положения, объединяются для молитвы. Это скрытая сила, которая движет миром. Затем братство, другой, близость: ибо не может исповедовать подлинную приверженность Творцу тот, кто не любит Его творений. Этим духом пронизана Декларация нашего Съезда, о которой я в завершение хотел бы сказать три слова.
Первое слово – синтез всего, выражающееся в горестном крике, мечте и цели нашего пути – мир! Beybitşilik, мир, peace! Мир – неотложная забота: потому что сегодня любой конфликт или очаг напряжения и противостояния может иметь эффект «домино» и серьезно навредить систему международных отношений. (см. №4). Но мир – это «не просто отсутствие войны, его нельзя свести к стабильному равновесию противоборствующих сил, и его не добиться деспотическим господством, это «дело справедливости» (Gaudium et spes, 78). Его источник – братство, мир устанавливается посредством борьбы против несправедливости и неравенства, созидается, когда люди протягивают друг другу руки. Мы, верующие в Творца всех людей, первыми должны защищать мирное сосуществование. Мы должна свидетельствовать, проповедовать, молить о мире. Поэтому в Декларации содержится призыв ко всем мировым лидерам повсеместно остановить конфликты и кровопролитие, и забыть об агрессивной и деструктивной риторике (см. №7). Пожалуйста, во имя Бога и ради блага человечества: позаботьтесь о мире, а не о вооружении! Ваши имена останутся великими в истории только если вы будете служить миру.
Не хватает мира из-за того, что не хватает внимания, человеческого тепла, способности рождать жизнь. Чтобы найти мир, нужно уделять больше значения - второе слово - Женщине. Потому что женщина заботиться о мире и приводит в мир жизнь – она путь к миру. Поэтому мы подчеркнули необходимость защиты достоинства женщины, улучшения ее социального статуса, потому что у нее равные с другими права в семье и обществе (см. № 23). У женщины должно быть больше ответственности и она должна играть большую роль. Если бы принятием многих решений руководили женщины, сколько смертных приговоров можно было бы избежать! Поэтому мы должны прилагать все усилия к тому, что их уважали, признавали и предоставляли участие во многих важных делах.
Наконец, третье слово – молодежь. Завтра и сегодня именно они являются вестниками мира и единства. В первую очередь, они молят о мире и уважении для общего дома всего творения. Молодежь отвергает логику господства и эксплуатации, захвата ресурсов, национализмы, войны и сферы влияния – все то, что относится к ветхому миру. Этому миру нет места в их мечтах и надеждах. Закоснелые и удушливые религии также принадлежит прошлому, а не будущему. Размышляя о новых поколениях, мы пришли к убеждению, что важным является образование, благодаря которому укрепляется взаимное понимание и уважительное сосуществование между религиями и культурами (см. № 21). Дадим молодежи возможность получать образование, а не оружие разрушения! И давайте будем их слушать, не боясь их вопросов. И главное – будем созидать мир, думая о них!
Братья, сестры, народ Казахстана, открытый завтрашнему дню и свидетель стольких страданий в прошлом, благодаря своей потрясающей многоконфессиональности и мультикультурности – это пример будущего. Этот пример побуждает нас строить будущее, не забывая о трансцендентности и братстве, поклонении Всевышнему и принятии другого. Давайте продолжать наш путь, шагая вместе по земле как братья Неба, творцы надежды и созидатели согласия, вестники мира и единства!
[01369-RU.01] [Testo originale: Italiano]
[B0683-XX.02]