Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Kazakhstan - Accoglienza ufficiale all’Aeroporto di Nur-Sultan, Cerimonia di benvenuto presso il Palazzo Presidenziale, Visita di cortesia al Presidente della Repubblica del Kazakhstan e Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico presso la Qazaq Concert Hall, 13.09.2022


Accoglienza ufficiale all’Aeroporto di Nur-Sultan

Cerimonia di benvenuto presso il Palazzo Presidenziale

Visita di cortesia al Presidente della Repubblica del Kazakhstan presso il Palazzo Presidenziale

Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico presso la Qazaq Concert Hall

Accoglienza ufficiale all’Aeroporto di Nur-Sultan

Al suo arrivo all’Aeroporto Internazionale di Nur-Sultan intorno alle ore 17.20 (13.20 circa ora di Roma), il Santo Padre Francesco è stato accolto dal Presidente della Repubblica del Kazakhstan, S.E. il Sig. Kassym-Jomart K. Tokayev. Due giovani in abito tradizionale gli hanno offerto dei fiori. Quindi, dopo la presentazione delle Delegazioni e la Guardia d’Onore, il Presidente della Repubblica ha accompagnato il Santo Padre nella Sala Vip dell’Aeroporto dove ha avuto luogo un breve incontro.

Al termine Papa Francesco si è trasferito in auto al Palazzo Presidenziale Ak Orda per la Cerimonia di Benvenuto in Kazakhstan.

[01370-IT.01]

Cerimonia di benvenuto presso il Palazzo Presidenziale Ak Orda

Alle ore 18.30 (14.30 ora di Roma), ha avuto luogo la Cerimonia di benvenuto presso il Palazzo Presidenziale Ak Orda.

Al Suo arrivo, il Santo Padre è stato accolto nel cortile del Palazzo dal Presidente della Repubblica del Kazakhstan, S.E. il Sig. Kassym-Jomart K. Tokayev. Quindi, dopo la Guardia d’Onore, l’esecuzione degli inni e la presentazione delle rispettive Delegazioni, il Papa e il Presidente della Repubblica hanno raggiunto l’East Hall del Palazzo per l’incontro privato.

[01374-IT.01]

Visita di cortesia al Presidente della Repubblica del Kazakhstan presso il Palazzo Presidenziale

Alle ore 18.45 (14.45 ora di Roma) ha avuto luogo la visita di cortesia al Presidente della Repubblica del Kazakhstan, S.E. il Sig. Kassym-Jomart K. Tokayev.

Dopo la foto ufficiale, ha avuto luogo l’incontro privato. Al termine, lasciato il Palazzo Presidenziale, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto alla Qazaq Concert Hall per l’incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico.

[01371-IT.01]

Incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico presso la Qazaq Concert Hall

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Traduzione in lingua russa

Alle ore 19.30 (15.30 ora di Roma), il Santo Padre Francesco ha incontrato le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico presso l’Auditorium della Qazaq Concert Hall.

Dopo il saluto del Presidente della Repubblica del Kazakhstan, S.E. il Sig. Kassym-Jomart K. Tokayev, Papa Francesco ha pronunciato il Suo discorso.

Al termine dell’incontro, dopo essersi congedato dal Presidente della Repubblica, il Santo Padre si è trasferito in auto alla Nunziatura Apostolica del Kazakhstan.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha pronunciato nel corso dell’incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico:

Discorso del Santo Padre

Signor Presidente della Repubblica,
distinti Membri del Governo e del Corpo diplomatico,
illustri Autorità religiose e civili,
insigni Rappresentanti della società civile e del mondo della cultura,
Signore e Signori!

Vi saluto cordialmente, grato al Signor Presidente per le parole che mi ha rivolto. Sono onorato di essere qui con voi, in questa terra tanto estesa quanto antica, nella quale vengo come pellegrino di pace, in cerca di dialogo e di unità. Il nostro mondo ne ha urgente bisogno, ha bisogno di ritrovare armonia. Armonia che in questo Paese può essere ben raffigurata da uno strumento musicale tradizionale e caratteristico, di cui sono venuto a conoscenza: la dombra. Essa costituisce un emblema culturale e uno dei simboli più importanti del Kazakhstan, tanto che recentemente le è stata dedicata una giornata specifica. Vorrei assumere proprio la dombra come elemento attorno al quale articolare quanto desidero condividere con voi.

Preparandomi a questo viaggio sono venuto a sapere che alcune versioni della dombra erano già suonate in epoca medioevale e che essa, lungo i secoli, ha accompagnato i racconti musicati di saghe e opere poetiche, collegando il passato al presente. Simbolo di continuità nella diversità, ritma dunque la memoria del Paese, e richiama così all’importanza, di fronte ai rapidi cambiamenti economici e sociali in corso, di non trascurare i legami con la vita di chi ci ha preceduto, anche attraverso quelle tradizioni che permettono di fare tesoro del passato e di valorizzare quanto si è ereditato. Penso, ad esempio, alla bella usanza qui diffusa di cuocere, il venerdì mattina, sette pani in onore degli antenati.

La memoria del Kazakhstan, che Papa Giovanni Paolo II, qui pellegrino, definì «Terra di martiri e di credenti, Terra di deportati e di eroi, Terra di pensatori e di artisti» (Discorso durante la cerimonia di benvenuto, 22.9.2001), reca impressa una gloriosa storia di cultura, umanità e sofferenza. Come non ricordare, in particolare, i campi di prigionia e le deportazioni di massa che hanno visto nelle città e nelle sconfinate steppe di queste regioni l’oppressione di tante popolazioni? Ma i kazaki non si sono lasciati imprigionare da questi soprusi: dalla memoria della reclusione è fiorita la cura per l’inclusione. In questa terra, percorsa fin dall’antichità da grandi spostamenti di popoli, il ricordo della sofferenza e delle prove sperimentate sia un bagaglio indispensabile per incamminarsi verso l’avvenire mettendo al primo posto la dignità dell’uomo, di ogni uomo, e di ogni gruppo etnico, sociale, religioso.

Ritorniamo alla dombra: essa viene suonata pizzicando le sue due corde. Anche il Kazakhstan è caratterizzato dalla capacità di procedere creando armonia tra “due corde parallele”: temperature tanto rigide in inverno quanto elevate in estate; tradizione e progresso, ben simboleggiate dall’incontro di città storiche con altre moderne, come questa capitale. Soprattutto, risuonano nel Paese le note di due anime, quella asiatica e quella europea, che ne fanno una permanente «missione di collegamento tra due continenti» (Id., Discorso ai giovani, 23.9.2001); «un ponte fra l’Europa e l’Asia», un «anello di congiunzione tra Oriente e Occidente» (Id., Discorso nella cerimonia di congedo, 25.9.2001). Le corde della dombra risuonano abitualmente insieme ad altri strumenti ad arco tipici di questi luoghi: l’armonia matura e cresce nell’insieme, nella coralità che rende armoniosa la vita sociale. «La fonte del successo è l’unità», recita un bel proverbio locale. Se ciò vale ovunque, qui in modo particolare: i circa centocinquanta gruppi etnici e le più di ottanta lingue presenti nel Paese, con storie, tradizioni culturali e religiose variegate, compongono una sinfonia straordinaria e fanno del Kazakhstan un laboratorio multi-etnico, multi-culturale e multi-religioso unico, rivelandone la peculiare vocazione, quella di essere Paese dell’incontro.

Sono qui per sottolineare l’importanza e l’urgenza di tale aspetto, al quale sono chiamate a contribuire in modo particolare le religioni; perciò avrò l’onore di prendere parte al settimo Congresso dei Leader delle Religioni mondiali e tradizionali. Opportunamente la Costituzione del Kazakhstan, nel definirlo laico, prevede la libertà di religione e di credo. Una laicità sana, che riconosca il ruolo prezioso e insostituibile della religione e contrasti l’estremismo che la corrode, rappresenta una condizione essenziale per il trattamento equo di ogni cittadino, oltre che per favorire il senso di appartenenza al Paese da parte di tutte le sue componenti etniche, linguistiche, culturali e religiose. Le religioni, infatti, mentre svolgono il ruolo insostituibile di ricercare e testimoniare l’Assoluto, necessitano della libertà di esprimersi. E dunque la libertà religiosa costituisce l’alveo migliore per la convivenza civile.

È un bisogno inscritto nel nome di questo popolo, nella parola “kazako”, che evoca proprio il camminare libero e indipendente. La tutela della libertà, aspirazione scritta nel cuore di ogni uomo, unica condizione perché l’incontro tra le persone e i gruppi sia reale e non artificiale, si traduce nella società civile principalmente attraverso il riconoscimento dei diritti, accompagnati dai doveri. Vorrei esprimere apprezzamento, da questo punto di vista, per l’affermazione del valore della vita umana attraverso l’abolizione della pena di morte, in nome del diritto alla speranza per ciascun essere umano. Accanto a ciò, è importante garantire le libertà di pensiero, di coscienza e di espressione, per dare spazio al ruolo unico e paritario che ognuno riveste per l’insieme.

Anche in questo può esserci di stimolo la dombra. Essa è principalmente uno strumento musicale popolare e, in quanto tale, comunica la bellezza di custodire il genio e la vivacità di un popolo. Ciò è affidato anzitutto alle autorità civili, prime responsabili nella promozione del bene comune, e si attua in modo speciale attraverso il sostegno alla democrazia, che costituisce la forma più adatta perché il potere si traduca in servizio a favore dell’intero popolo e non soltanto di pochi. So che è stato avviato, soprattutto negli ultimi mesi, un processo di democratizzazione volto a rafforzare le competenze del Parlamento e delle Autorità locali e, più in generale, una maggiore distribuzione del potere. Si tratta di un tragitto meritorio e impegnativo, certamente non breve, che richiede di proseguire verso la meta senza volgersi indietro. Infatti, la fiducia in chi governa aumenta quando le promesse non risultano strumentali, ma vengono effettivamente attuate.

Ovunque occorre che la democrazia e la modernizzazione non siano relegati a proclami, ma confluiscano in un concreto servizio al popolo: una buona politica fatta di ascolto della gente e di risposte ai suoi legittimi bisogni, di costante coinvolgimento della società civile e delle organizzazioni non governative e umanitarie, di particolare attenzione nei riguardi dei lavoratori, dei giovani e delle fasce più deboli. E anche – ogni Paese al mondo ne ha bisogno – di misure di contrasto alla corruzione. Questo stile politico realmente democratico è la risposta più efficace a possibili estremismi, personalismi, populismi, che minacciano la stabilità e il benessere dei popoli. Penso anche alla necessità di una certa sicurezza economica, che qui all’inizio dell’anno è stata invocata in regioni dove, nonostante le risorse energetiche siano cospicue, si avvertono varie difficoltà. È una sfida che riguarda non solo il Kazakhstan, ma il mondo intero, il cui sviluppo integrale è tenuto in ostaggio da un’ingiustizia diffusa, per cui le risorse risultano distribuite in modo ineguale. Ed è compito dello Stato, ma anche del settore privato, trattare tutte le componenti della popolazione con giustizia e parità di diritti e doveri, e promuovere lo sviluppo economico non in ragione dei guadagni di pochi, ma della dignità di ciascun lavoratore.

Ritorniamo per l’ultima volta alla dombra – diranno che questo Papa è musicista –. Essa accomuna il Kazakhstan a diversi Paesi dell’area circostante e contribuisce a diffonderne la cultura nel mondo. Auspico che, similmente, il nome di questo grande Paese continui a essere sinonimo di armonia e di pace. Il Kazakhstan si configura quale crocevia di rilevanti snodi geopolitici: esso, dunque, riveste un ruolo fondamentale nell’attenuare le conflittualità. Qui Giovanni Paolo II venne a seminare speranza subito dopo i tragici attentati del 2001. Io vi giungo nel corso della folle e tragica guerra originata dall’invasione dell’Ucraina, mentre altri scontri e minacce di conflitti mettono a repentaglio i nostri tempi. Vengo per amplificare il grido di tanti che implorano la pace, via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato. E la pace è questo: una via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato.

È dunque sempre più pressante la necessità di allargare l’impegno diplomatico a favore del dialogo e dell’incontro, perché il problema di qualcuno è oggi problema di tutti, e chi al mondo detiene più potere ha più responsabilità nei riguardi degli altri, specialmente dei Paesi messi maggiormente in crisi da logiche conflittuali. A questo si dovrebbe guardare, non solo agli interessi che ricadono a proprio vantaggio. È l’ora di evitare l’accentuarsi di rivalità e il rafforzamento di blocchi contrapposti. Abbiamo bisogno di leader che, a livello internazionale, permettano ai popoli di comprendersi e dialogare, e generino un nuovo “spirito di Helsinki”, la volontà di rafforzare il multilateralismo, di costruire un mondo più stabile e pacifico pensando alle nuove generazioni. E per fare questo occorre comprensione, pazienza e dialogo con tutti. Ripeto, con tutti.

Proprio pensando all’impegno globale per la pace, esprimo vivo apprezzamento per la rinuncia agli armamenti nucleari che questo Paese ha intrapreso con decisione; così come per lo sviluppo di politiche energetiche e ambientali incentrate sulla decarbonizzazione e sull’investimento in fonti pulite, che l’Esposizione internazionale di cinque anni fa ha messo in risalto. Insieme all’attenzione per il dialogo interreligioso, sono semi concreti di speranza piantati nel comune terreno dell’umanità, che sta a noi coltivare per le generazioni a venire; per i giovani, ai cui desideri occorre guardare per intraprendere le scelte di oggi e di domani. La Santa Sede vi è vicina in questo percorso: subito dopo l’indipendenza del Paese, trent’anni fa, sono state allacciate relazioni diplomatiche e sono lieto di visitare il Paese nell’imminenza di questo anniversario. Assicuro che i cattolici, presenti in Asia centrale fin da tempi antichi, desiderano continuare a testimoniare lo spirito di apertura e rispettoso dialogo che distingue questa terra. E lo fanno senza spirito di proselitismo.

Signor Presidente, cari amici, vi ringrazio per l’accoglienza che mi avete riservato e che rivela il vostro ben noto senso di ospitalità, nonché per l’opportunità di trascorrere questi giorni di dialogo fraterno insieme ai leader di molte religioni. L’Altissimo benedica la vocazione di pace e unità del Kazakhstan, Paese dell’incontro. A voi, che avete la responsabilità prioritaria del bene comune, e ad ogni suo abitante, esprimo la mia gioia di essere qui e la volontà di accompagnare con la preghiera e la vicinanza ogni sforzo per un futuro prospero e armonioso di questo grande Paese. Raqmét! [grazie!] Dio benedica il Kazakhstan!

[01365-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Monsieur le Président de la République,
distingués Membres du Gouvernement et du Corps diplomatique,
illustres Autorités religieuses et civiles,
insignes Représentants de la société civile et du monde de la culture,
Mesdames et Messieurs !

Je vous salue cordialement et je remercie Monsieur le Président pour les paroles qu’il m’a adressées. Je suis honoré d’être ici avec vous, sur cette terre aussi vaste qu’ancienne, où je viens comme pèlerin de paix, en recherche de dialogue et d’unité. Notre monde en a un besoin urgent, il a besoin de retrouver l’harmonie. Harmonie qui dans ce pays est bien représentée par un instrument de musique traditionnel et caractéristique dont j’ai entendu parler : la dombra. Elle constitue un emblème culturel et l’un des symboles les plus importants du Kazakhstan, si bien qu’une journée spécifique lui a été consacrée récemment. Je voudrais prendre la dombra comme l’élément autour duquel j’articulerai ce que je désire partager avec vous.

En me préparant à ce voyage j’ai appris que la dombra était déjà jouée à l’époque médiévale et que, au fil des siècles, elle a accompagné les récits musicaux de sagas et d’œuvres poétiques, en unissant le passé au présent. Symbole de continuité dans la diversité, elle rythme donc la mémoire du pays, et elle rappelle ainsi l’importance, face aux rapides changements économiques et sociaux en cours, de ne pas négliger les liens avec la vie de ceux qui nous ont précédés, même à travers ces traditions qui permettent de tirer profit du passé et de valoriser ce dont on a hérité. Je pense, par exemple, à la belle coutume répandue ici de préparer, le vendredi matin, sept pains en honneur des ancêtres.

La mémoire du Kazakhstan, que le Pape Jean-Paul II, venu ici en pèlerin, a défini comme « terre de martyrs et de croyants, terre de déportés et de héros, terre de penseurs et d’artistes » (Discours à l’occasion de la cérémonie de bienvenue, 22.9.2001), porte une glorieuse histoire de culture, d’humanité et de souffrance. Comment ne pas se rappeler, en particulier, les camps d’emprisonnement et les déportations de masse qui ont vu dans les villes et dans les steppes infinies de ces régions l’oppression de tant de populations ? Mais les kazakhes ne se sont pas laissés emprisonner par ces exactions : le soin pour l’inclusion a fleuri de la mémoire de la réclusion. Que sur cette terre, parcourue depuis l’antiquité par de grands déplacements de peuples, le souvenir de la souffrance et des épreuves vécues soit un bagage indispensable pour s’acheminer vers l’avenir en mettant au premier plan la dignité de l’homme, de tout homme et de tout groupe ethnique, social, religieux.

Revenons à la dombra : elle est jouée en pinçant ses deux cordes. Le Kazakhstan est aussi caractérisé par la capacité d’avancer en créant une harmonie entre “deux cordes parallèles” : des températures aussi basses en hiver qu’élevées en été ; tradition et progrès, symbolisés par la rencontre de villes historiques avec d’autres modernes, comme cette capitale. Surtout, résonnent dans le pays les notes de deux âmes, l’asiatique et l’européenne, qui en font une permanente « mission de pont entre deux continents » (Id., Discours aux jeunes, 23.9.2001) ; « un pont entre l’Europe et l’Asie », un « anneau de conjonction entre l’Orient et l’Occident » (Id., Discours lors de la cérémonie de départ, 25.9.2001). Les cordes de la dombra résonnent d’habitude avec d’autres instruments à cordes typiques de ces lieux : l’harmonie mûrit et grandit dans l’ensemble, dans la choralité qui rend harmonieuse la vie sociale. « La source du succès, c’est l’unité », dit un beau proverbe local. Si cela vaut partout, ici en particulier : les quelques cent cinquante groupes ethniques et les plus de quatre-vingts langues présentes dans le pays, avec des histoires, des traditions culturelles et religieuses variées, composent une symphonie extraordinaire et font du Kazakhstan un laboratoire multi-ethnique, multiculturel et multi-religieux unique, en révélant sa vocation particulière, celle d’être un pays de la rencontre.

Je suis ici pour souligner l’importance et l’urgence de cet aspect, auquel les religions sont particulièrement appelées à contribuer ; c’est pourquoi j’aurai l’honneur de prendre part au septième Congrès des Leaders des Religions mondiales et traditionnelles. La Constitution du Kazakhstan, en le définissant de laïc, prévoit judicieusement la liberté de religion et de croyance. Une laïcité saine, qui reconnaisse le rôle précieux et irremplaçable de la religion et s’oppose à l’extrémisme qui la corrode, est une condition essentielle pour traiter équitablement chaque citoyen, ainsi que pour favoriser le sentiment d’appartenance au pays de la part de toutes ses composantes ethniques, linguistiques, culturelles et religieuses. En effet, comme elles jouent le rôle irremplaçable de rechercher et de témoigner de l’Absolu, les religions ont besoin de la liberté de s’exprimer. Et donc, la liberté religieuse constitue le meilleur berceau de la coexistence civile.

C’est un besoin inscrit dans le nom de ce peuple, dans le mot “kazakh”, qui évoque justement la marche libre et indépendante. La préservation de la liberté, aspiration écrite dans le cœur de tout homme, seule condition pour que la rencontre entre les personnes et les groupes soit réelle et non artificielle, se traduit dans la société civile principalement par la reconnaissance des droits, accompagnés des devoirs. Je voudrais saluer, de ce point de vue, l’affirmation de la valeur de la vie humaine à travers l’abolition de la peine de mort, au nom du droit à l’espérance pour chaque être humain. À côté de cela, il est important de garantir les libertés de pensée, de conscience et d’expression, pour donner de la place au rôle unique et égal que chacun joue pour l’ensemble.

Là aussi, la dombra peut nous stimuler. Elle est principalement un instrument musical et populaire et, en tant que telle, elle communique la beauté de conserver le génie et la vivacité d’un peuple. Ceci est confié avant tout aux autorités civiles, premières responsables de la promotion du bien commun, et cela se réalise de manière particulière par le soutien à la démocratie, qui constitue la forme la plus appropriée pour que le pouvoir se traduise en service en faveur du peuple tout entier et pas seulement de quelques-uns. Je sais qu’en particulier ces derniers un mois processus de démocratisation visant à renforcer les compétences du Parlement et des autorités locales et, plus généralement, une meilleure répartition du pouvoir, a été engagé. Il s’agit d’un itinéraire méritoire et exigeant, assurément long, qui nécessite de persévérer vers le but sans revenir en arrière. En effet, la confiance dans les gouvernants augmente lorsque les promesses ne sont pas instrumentalisées, mais sont effectivement mises en œuvre.

Partout, il faut que la démocratie et la modernisation ne soient pas réduites à des proclamations, mais qu’elles convergent vers un service concret du peuple : une bonne politique faite d’écoute des personnes et de réponses à leurs besoins légitimes, d’une implication constante de la société civile et des organisations non gouvernementales et humanitaires, d’une attention particulière à l’égard des travailleurs, des jeunes et des groupes les plus faibles. Et aussi – chaque pays du monde en a besoin – de mesures de lutte contre la corruption. Ce style politique réellement démocratique est la réponse la plus efficace à d’éventuels extrémismes, personnalismes et populismes, qui menacent la stabilité et le bien-être des peuples. Je pense aussi à la nécessité d’une certaine sécurité économique, qui au début de l’année, a été invoquée ici dans des régions où, malgré des ressources énergétiques importantes, on éprouve diverses difficultés. C’est un défi qui ne concerne pas seulement le Kazakhstan, mais le monde entier, dont le développement intégral est pris en otage par une injustice généralisée, de sorte que les ressources sont inégalement distribuées. Et il appartient à l’État, mais aussi au secteur privé, de traiter toutes les composantes de la population avec justice et égalité de droits et de devoirs, et de promouvoir le développement économique non pas en raison des gains d’un petit nombre, mais de la dignité de chaque travailleur.

Revenons pour la dernière fois à la dombra – on dira que ce Pape est musicien –. Elle rapproche le Kazakhstan à différents pays de la région environnante et contribue à répandre la culture dans le monde. De même, je souhaite que le nom de ce grand pays continue à être synonyme d’harmonie et de paix. Le Kazakhstan se présente comme un carrefour d’importants nœuds géopolitiques : il joue donc un rôle fondamental dans l’atténuation des conflits. Ici Jean-Paul II est venu semer l’espérance immédiatement après les tragiques attentats de 2001. Je viens au cours de la folle et tragique guerre causée par l’invasion de l’Ukraine, tandis que d’autres affrontements et menaces de conflits menacent notre époque. Je viens amplifier le cri de tant de personnes qui implorent la paix, voie de développement essentielle pour notre monde globalisé. Et c’est cela la paix : une voie de développement essentielle pour notre monde globalisé.

Il est donc de plus en plus urgent d’élargir l’engagement diplomatique en faveur du dialogue et de la rencontre, car le problème d’un seul est aujourd’hui le problème de tous, et celui qui détient le plus de pouvoir au monde a plus de responsabilités à l’égard des autres, spécialement des pays les plus en crise à cause des logiques conflictuelles. C’est à cela qu’il faut penser, et pas seulement aux intérêts qui profitent à chacun. Il est temps d’éviter d’accentuer les rivalités et de renforcer les blocs opposés. Nous avons besoin de leaders qui, au niveau international, permettent aux peuples de se comprendre et de dialoguer, et engendrent un nouvel “esprit d’Helsinki”, la volonté de renforcer le multilatéralisme, de construire un monde plus stable et pacifique en pensant aux nouvelles générations. Et pour ce faire, il faut de la compréhension, de la patience et du dialogue avec tous. Je le répète, avec tous.

C’est en pensant à l’engagement global pour la paix que j’apprécie vivement le renoncement aux armes nucléaires que ce pays a entrepris avec détermination ; de même que pour le développement de politiques énergétiques et environnementales axées sur la décarbonisation et l’investissement dans des sources propres, que l’Exposition internationale d’il y a cinq ans a mis en évidence. Avec l’attention pour le dialogue interreligieux, ce sont des semences concrètes d’espérance plantées dans le terrain commun de l’humanité, qu’il nous appartient de cultiver pour les générations futures ; pour les jeunes, aux désirs desquels il faut se référer pour entreprendre les choix d’aujourd’hui et de demain. Le Saint-Siège vous est proche dans ce parcours : immédiatement après l’indépendance du pays, il y a trente ans, des relations diplomatiques ont été établies et je suis heureux de visiter le pays à l’approche de cet anniversaire. Je puis assurer que les catholiques, présents en Asie centrale depuis les temps anciens, désirent continuer à témoigner de l’esprit d’ouverture et de dialogue respectueux qui distingue cette terre. Et ils le font sans esprit de prosélytisme.

Monsieur le Président, chers amis, je vous remercie pour l’accueil que vous m’avez réservé et qui révèle votre sens bien connu de l’hospitalité, ainsi que pour l’occasion de passer ces journées de dialogue fraternel avec les leaders de nombreuses religions. Que le Très Haut bénisse la vocation de paix et d’unité du Kazakhstan, pays de la rencontre. À vous, qui avez la responsabilité prioritaire du bien commun, et à chacun de ses habitants, j’exprime ma joie d’être ici et la volonté d’accompagner par la prière et la proximité tout effort pour un avenir prospère et harmonieux de ce grand pays. Raqmét ! [merci !] Que Dieu bénisse le Kazakhstan !

[01365-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Mr President of the Republic,
Honourable Members of Government and the Diplomatic Corps,
Distinguished Religious and Civil Authorities,
Representatives of Civil Society and the World of Culture,
Ladies and Gentlemen!

I offer you a cordial greeting and I thank the President for his kind words. I am honoured to be here with you, in this land as vast as it is ancient. I have come here as a pilgrim of peace, seeking dialogue and unity. Our world urgently needs peace: it needs to recover harmony. A harmony that, here in this country, can be illustrated by what I have learned is one of its traditional musical instruments: the dombra. The dombra is a hallmark of your culture and one of the most important symbols of Kazakhstan, so much so that a specific day was recently set aside to honour it. I would like to use the dombra as a starting-point for what I wish to share with you today.

In preparing for this journey, I also learned that some versions of the dombra were already in use during the Middle Ages and that, down the centuries, it accompanied the recitation of sagas and poetry, linking the past to the present. As a symbol of continuity in diversity, its rhythm accompanies your country’s memory; it thus serves as a reminder of how important it is, amid today’s rapid economic and social changes, not to neglect the bonds that connect us to the lives of those who have gone before us. I think particularly of those traditions that enable us to cherish the past and to value the rich inheritance we have received. Here I think, for example, of your fine popular tradition of cooking on Friday mornings seven loaves in honour of your ancestors.

The memory of your country, which Pope John Paul II, as a pilgrim to Kazakhstan, defined as a “land of martyrs and of believers, land of deportees and of heroes, land of intellectuals and artists” (Address at Welcome Ceremony, 22 September 2001), embraces a glorious history of culture, humanity and suffering. How can we fail to recall in particular the prison camps and the mass deportations that witnessed, in the cities and in the boundless steppes of these regions, the oppression of so many peoples? Yet Kazakhs did not let themselves remain prisoners of these injustices: the memory of your seclusion led to a deep concern for inclusion. In this land, traversed from ancient times by great displacements of peoples, may the memory of the sufferings and trials you endured be an indispensable part of your journey towards the future, inspiring you to give absolute priority to human dignity, the dignity of every man and woman, and of every ethnic, social and religious group.

To return to the dombra: it is played by plucking its two cords. Kazakhstan is known for its capacity to keep creating harmony between “two parallel strings”: temperatures that are as frigid in winter as they are torrid in summer; and between tradition and progress, as symbolized by the encounter between historic cities and modern cities like this capital. Above all, in this country we can hear the “notes” of two souls, Asiatic and European, which give it a permanent “mission of linking two continents” (ID., Address to Young People, 23 September 2001); of being “a bridge between Europe and Asia”, and “a junction between East and West” (ID., Departure Ceremony, 25 September 2001). The strings of the dombra are usually heard alongside other stringed instruments typical of these places: a reminder that harmony grows and matures in togetherness, in the choral unity that leads to a “symphonic” social life. A fine local proverb states that, “unity is the source of success”. If that is true everywhere, here it is true in a very particular way. The 550 ethnic groups and the over 80 languages present in the country, with their diverse histories and cultural and religious traditions, represent an extraordinary “concert”; they make Kazakhstan a unique multiethnic, multicultural and multi-religious laboratory and disclose its particular vocation, that of being a country of encounter.

I have come here to emphasize the importance and the urgency of this aspect of encounter, to which the religions are called especially to contribute. I will have the honour of taking part in the Seventh Congress of Leaders of World and Traditional Religions. Fittingly, the Constitution of Kazakhstan, in defining it as a secular state, provides for freedom of religion and belief. A healthy secularity, one that acknowledges the important and indispensable role of religion and resists the forms of extremism that disfigure it, represents an essential condition for the equal treatment of each citizen, while fostering a sense of loyalty to the country on the part of all its ethnic, linguistic, cultural and religious groups. Religions, while carrying out their irreplaceable role of seeking and witnessing to the Absolute, require freedom of self-expression. Religious freedom represents the best channel for civil coexistence.

This requirement is evoked by the very name of your people, for the word “Kazakh” refers to walking in freedom and independence. The defence of freedom, an aspiration inscribed in the heart of each person, the sole condition for an authentic encounter between individuals and groups, is expressed in civil society chiefly by the recognition of rights, accompanied by duties. In this regard, I wish to express appreciation for the affirmation of the value of human life embodied by the abolition of the death penalty in the name of each human being’s right to hope. Together with this, it is important to guarantee freedom of thought, conscience and speech, in order to enable each individual to play his or her unique and equal role in service to society as a whole.

Here too, the dombra can assist our reflection. It is for the most part a popular musical instrument and, as such, bespeaks the beauty of preserving the genius and spirit of a people. This is first the task of the civil authorities, who are primarily responsible for the advancement of the common good, and finds expression above all in support for democracy, which constitutes the most suitable form for translating power into service to the entire people and not simply to a few. I know that, especially in recent months, a process of democratization has been initiated, with the aim of strengthening the competences of the Parliament and of the local authorities and, more generally, a greater distribution of power. This is a meritorious and demanding process, and certainly not a short-term one, that requires persevering towards the goal without turning back. Indeed, trust in those who govern increases when promises are not simply a means to an end, but are effectively implemented.

Democracy and modernization everywhere must be more than fine words; they must be embodied in concrete service to people: a “good politics”, born of listening to people and responding to their legitimate needs, constant engagement with civil society and nongovernmental and humanitarian organizations, and particular concern for workers, young people and the more vulnerable sectors of society. Every country in the world likewise needs measures to combat corruption. This truly democratic political “style” is the most effective response to possible cases of extremism, personalism and populism that threaten the stability and welfare of peoples. I think too of the need for economic security, which here at the beginning of the year was called for in areas that, despite the presence of significant energy resources, are facing various difficulties. This is a challenge that concerns Kazakhstan but also the world as a whole, in which integral development is held hostage by widespread injustice, whereby resources are unequally distributed. It is the task of the State, but also of the private sector, to treat all groups in society with justice, with equality of rights and duties, and to promote economic development not on the basis of the profits of a few, but of the dignity of each worker.

Let us return to the dombra – they will say that this Pope is a musician! The dombra unites Kazakhstan to its neighbours in surrounding countries and helps to spread its culture in the world. I express my hope that the name of this great country may continue to be a synonym of harmony and peace. Kazakhstan represents a significant geopolitical crossroads, and so it has a fundamental role to play in lessening cases of conflict. Pope John Paul II came here to sow seeds of hope immediately after the tragic attacks of 2001. I am visiting you in the course of the senseless and tragic war that broke out with the invasion of Ukraine, even as other conflicts and threats of conflict continue to imperil our times. I have come to echo the plea of all those who cry out for peace, which is the essential path to development for our globalized world. And this is peace: a path of integral development for our globalized world.

The need to expand the efforts of diplomacy to promote dialogue and encounter thus becomes all the more pressing, since nowadays the problem of one is the problem of all, and those who hold greater power in the world have greater responsibility with regard to others, especially those countries most prone to unrest and conflict. This should be our concern, not merely our own individual interests. Now is the time to stop intensifying rivalries and reinforcing opposing blocs. We need leaders who, on the international level, can enable peoples to grow in mutual understanding and dialogue, and thus give birth to a new “spirit of Helsinki”, the determination to strengthen multilateralism, to build a more stable and peaceful world, with an eye to future generations. For this to happen, what is needed is understanding, patience and dialogue with all. I repeat: with all.

Thinking specifically of global commitment to peace, I express deep appreciation for this country’s decisive repudiation of nuclear weapons and its efforts to develop energy and environmental policies centred on decreased dependence on carbon fuel and on investment in clean sources of energy, the importance of which was emphasized by the International Exhibition held here five years ago. Together with a commitment to interreligious dialogue, these are concrete seeds of hope sown in the common soil of humanity; it is up to us to cultivate those seeds for the sake of coming generations, for the young, whose desires must be seriously considered as we make decisions affecting the present and the future. The Holy See is at your side in this pursuit: immediately after the country’s independence thirty years ago, diplomatic relations were established and now, as this anniversary approaches, I am happy to be able to visit this country. I assure you of the desire of Catholics, who have been present in central Asia from ancient times, to continue to testify to the spirit of openness and respectful dialogue that distinguishes this land. And they do so without a spirit of proselytism.

Mr President, dear friends, I thank you for your kind welcome, which demonstrates your celebrated sense of hospitality, as well as for the opportunity to spend these days in fraternal dialogue with the leaders of many religions. May the Most High bless the vocation of peace and unity proper to Kazakhstan, the country of encounter. To you who have primary responsibility for the common good, and to all the people of the nation, I express my joy at being here and my readiness to accompany with prayer and closeness every effort being made to ensure the prosperous and harmonious future of this great country. Raqmét [Thank you]! God bless Kazakhstan!

[01365-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Herr Staatspräsident,
hoch verehrte Mitglieder der Regierung und des diplomatischen Korps,
hoch geehrte religiöse und zivile Verantwortungsträger,
sehr geschätzte Vertreter der Zivilgesellschaft und des kulturellen Lebens,
meine Damen und Herren!

Ich grüße euch herzlich und danke dem Herrn Präsidenten für die Worte, die er an mich gerichtet hat. Es ist mir eine Ehre, hier bei euch zu sein, in diesem weiten Land mit seiner großen Geschichte, in das ich als Pilger des Friedens komme, auf der Suche nach Dialog und Einheit. Unsere Welt hat dies dringend nötig, sie muss wieder zu Harmonie finden. Einer Harmonie, die sich hierzulande gut anhand eines traditionellen und typischen Musikinstruments veranschaulichen lässt, von dem ich gehört habe: der Dombra. Sie ist ein kulturelles Wahrzeichen und eines der wichtigsten Symbole Kasachstans, sodass ihr kürzlich sogar ein besonderer Tag gewidmet worden ist. Eben von der Dombra ausgehend, möchte ich nun einige Gedanken formulieren, die ich gerne mit euch teilen will.

Bei der Vorbereitung der Reise erfuhr ich, dass einige Versionen der Dombra bereits im Mittelalter gespielt wurden und dass sie über die Jahrhunderte hinweg der musikalischen Begleitung von Sagen und poetischen Werken diente und so die Vergangenheit mit der Gegenwart verbindet. Als Symbol der Kontinuität in der Vielfalt verleiht sie dem Gedächtnis des Landes einen Rhythmus und erinnert uns auf diese Weise daran, wie wichtig es ist, angesichts des raschen wirtschaftlichen und sozialen Wandels die Verbindung zum Leben derer, die uns vorausgegangen sind, nicht zu vernachlässigen, auch durch jene Traditionen, die es uns ermöglichen, die Vergangenheit und das, was wir ererbt haben, in Ehren zu halten. Ich denke da zum Beispiel an den schönen, hier weit verbreiteten Brauch, am Freitagmorgen zu Ehren der Vorfahren sieben Brote zu backen.

Kasachstan, das Papst Johannes Paul II. bei seiner Pilgerreise hierher als »Land der Märtyrer und der Gläubigen, Land der Deportierten und Helden, Land der Denker und Künstler« bezeichnete (Rede während der Begrüßungszeremonie, 22.9.2001), birgt in seinem Gedächtnis eine ruhmreiche Geschichte von Kultur, Menschlichkeit und Leid. Wie könnte man sich nicht insbesondere an die Gefangenenlager und Massendeportationen erinnern, welche die Städte und unendlichen Steppen dieser Gegenden zu Schauplätzen der Unterdrückung vieler Volksgruppen machten? Doch die Kasachen haben sich von diesen Gewaltakten nicht einschüchtern lassen. Aus der Erinnerung an die Gefangenschaft ist ein Bemühen um Integration erwachsen. In diesem Land, das seit der Antike von großen Völkerwanderungen durchzogen wurde, möge die Erinnerung an die erlebten Leiden und Prüfungen zum unerlässlichen Rüstzeug für den Weg in die Zukunft werden, indem man die Würde des Menschen an die erste Stelle setzt – eines jeden Menschen und einer jeden ethnischen, sozialen und religiösen Gruppe.

Kehren wir zurück zur Dombra. Sie wird durch Zupfen ihrer beiden Saiten gespielt. Auch Kasachstan zeichnet sich durch die Fähigkeit aus, „zwei parallele Saiten“ in Einklang zu bringen: sehr kalte Temperaturen im Winter und sehr hohe im Sommer; Tradition und Fortschritt, wie das gut sichtbar wird am Nebeneinander von historischen und modernen Städten, wie dieser Hauptstadt. Vor allem aber klingen in diesem Land die Melodien zweier Seelen, der asiatischen und der europäischen, woraus sich die beständige Aufgabe ergibt, ein Verbindungsglied zwischen zwei Erdteilen zu sein (vgl. ders., Ansprache an die Jugendlichen, 23.9.2001); eine »Brücke zwischen Europa und Asien«, ein »Bindeglied zwischen Ost und West« (Ders., Ansprache bei der Abschiedszeremonie, 25.9.2001). Die Saiten der Dombra erklingen gewöhnlich zusammen mit anderen Streichinstrumenten, die für diese Orte typisch sind. Die Harmonie reift und wächst im Ensemble, in der Vielstimmigkeit, die das soziale Leben harmonisch macht. »Die Quelle des Erfolgs ist die Einigkeit«, sagt ein schönes einheimisches Sprichwort. Wenn dies auch überall gilt, hier ganz besonders. Die rund hundertfünfzig ethnischen Gruppen und die mehr als achtzig Sprachen, die es im Land gibt, mit ihren unterschiedlichen Geschichten, kulturellen und religiösen Traditionen fügen sich zu einer außergewöhnlichen Symphonie und machen Kasachstan zu einem einzigartigen multiethnischen, multikulturellen und multireligiösen Labor und offenbaren seine besondere Berufung, Land der Begegnung zu sein.

Ich bin hier, um die Wichtigkeit und Dringlichkeit dieses Aspekts zu unterstreichen, zu dem insbesondere die Religionen einen Beitrag leisten sollen; daher werde ich die Ehre haben, am siebten Kongress der Führer der Welt- und traditionellen Religionen teilzunehmen. Indem die Verfassung von Kasachstan das Land als weltanschaulich neutral definiert, sieht sie die Religions- und Glaubensfreiheit vor, ebenso wie die Freiheit, eine Religionszugehörigkeit abzulehnen und verbietet Zwangskonversion und Zwangsmitgliedschaft. Eine gesunde weltanschauliche Neutralität, die die wertvolle und unersetzliche Rolle der Religion anerkennt und dem Extremismus, der sie zerstört, entgegenwirkt, ist eine wesentliche Voraussetzung für die Gleichbehandlung aller Bürger sowie für die Förderung des Zugehörigkeitsgefühls zum Staat bei allen ethnischen, sprachlichen, kulturellen und religiösen Gruppen. Während die Religionen die unverzichtbare Aufgabe haben, das Absolute zu suchen und zu bezeugen, brauchen sie die Möglichkeit, sich frei zu äußern. Und so ist die Religionsfreiheit die beste Grundlage für ein gutes gesellschaftliches Zusammenleben.

Es ist ein Bedürfnis, das im Namen dieses Volkes, im Wort „Kasache“, eingeschrieben ist und an eben dieses freie und unabhängige Wandeln erinnert. Der Schutz der Freiheit, einer Sehnsucht, die im Herzen eines jeden Menschen verankert und die einzige Voraussetzung dafür ist, dass die Begegnung zwischen Menschen und Gruppen eine wirkliche und keine künstliche ist, wird in der Zivilgesellschaft vor allem durch die Anerkennung von Rechten, die mit Pflichten einhergehen, umgesetzt. In diesem Sinne möchte ich die Bejahung des Wertes des menschlichen Lebens würdigen, wie sie durch die Abschaffung der Todesstrafe zum Ausdruck kommt, im Namen des Rechts auf Hoffnung für einen jeden Menschen. Daneben ist es wichtig, die Gedanken-, Gewissens- und Meinungsfreiheit zu gewährleisten, um der einzigartigen und gleichberechtigten Rolle Raum zu geben, die ein jeder Mensch für das Ganze spielt.

Auch in dieser Hinsicht kann uns die Dombra eine Anregung geben. Sie ist vor allem ein im Volk weit verbreitetes Instrument und kündet als solches von der Schönheit, den Geist und die Lebendigkeit eines Volkes zu bewahren. Diese Aufgabe obliegt in erster Linie den zivilen Behörden, die hauptverantwortlich für die Förderung des Gemeinwohls sind, und sie vollzieht sich in besonderer Weise in der Unterstützung der Demokratie, die die geeignetste Form ist, um die Macht in einen Dienst zum Wohle des gesamten Volkes und nicht nur einiger weniger zu verwandeln. Ich weiß, dass vor allem in den letzten Monaten ein Demokratisierungsprozess eingeleitet wurde, der auf eine Stärkung der Befugnisse des Parlaments und der lokalen Behörden und ganz allgemein auf eine größere Machtverteilung abzielt. Dies ist ein verdienstvoller und herausfordernder Weg, der sicherlich nicht kurz ist und verlangt, dass man weiter auf das Ziel zugeht, ohne sich umzudrehen. Tatsächlich steigt das Vertrauen in die Regierenden, wenn Versprechungen sich nicht als Mittel zum Zweck erweisen, sondern wahrhaftig umgesetzt werden.

Überall ist es nötig, dass sich Demokratie und Modernisierung nicht auf Ankündigungen beschränken, sondern in einen konkreten Dienst für die Bevölkerung münden: eine gute Politik, die den Menschen zuhört und auf ihre berechtigten Bedürfnisse antwortet, die die Zivilgesellschaft sowie Nichtregierungs- und humanitäre Organisationen kontinuierlich miteinbezieht, die eine besondere Aufmerksamkeit gegenüber Arbeitnehmern, Jugendlichen und den schwächsten Bevölkerungsschichten hat. Und auch – das braucht jedes Land der Welt – Maßnahmen gegen die Korruption. Dieser wahrhaft demokratische Politikstil ist die wirksamste Antwort auf möglichen Extremismus, Personenkult und Populismus, die die Stabilität und das Wohlergehen der Völker bedrohen. Ich denke dabei auch die Notwendigkeit einer gewissen wirtschaftlichen Sicherheit, die hier zu Beginn des Jahres in Gegenden gefordert wurde, in denen es trotz der reichlich vorhandenen Energieressourcen vielerlei Schwierigkeiten gibt. Diese Herausforderung betrifft nicht nur Kasachstan, sondern die ganze Welt, deren ganzheitliche Entwicklung durch eine weit verbreitete Ungerechtigkeit in Geiselhaft gehalten wird, weshalb die Ressourcen in ungleicher Weise verteilt sind. Und es ist die Aufgabe des Staates, aber auch der Privatwirtschaft, alle Bevölkerungsgruppen gerecht und mit gleichen Rechten und Pflichten zu behandeln und die wirtschaftliche Entwicklung nicht im Hinblick auf den Verdienst einiger weniger, sondern auf die Würde eines jeden Arbeitnehmers zu fördern.

Kehren wir ein letztes Mal zur Dombra zurück – die Leute werden sagen, dass dieser Papst ein Musiker ist. Sie verbindet Kasachstan mit verschiedenen umliegenden Ländern und trägt dazu bei, diese Kultur in der Welt zu verbreiten. Ich hoffe, dass in ähnlicher Weise auch der Name dieses großartigen Landes weiterhin ein Synonym für Harmonie und Frieden sein wird. Kasachstan ist ein Ort wichtiger geopolitischer Knotenpunkte. Es spielt daher eine entscheidende Rolle bei der Entschärfung von Konflikten. Unmittelbar nach den tragischen Anschlägen von 2001 kam Johannes Paul II. hierher, um Hoffnung zu säen. Ich komme hierher im Verlauf des wahnsinnigen und tragischen Krieges, der durch die Invasion der Ukraine ausgelöst worden ist, und während noch weitere Auseinandersetzungen und drohende Konflikte diese unsere Zeit gefährden. Ich komme, um den Schrei der Vielen zu verstärken, die um Frieden flehen, der für unsere globalisierte Welt ein wesentlicher Entwicklungsfaktor ist. Und eben dies ist der Frieden: ein wesentlicher Entwicklungsfaktor für unsere globalisierte Welt.

Die Notwendigkeit, das diplomatische Engagement zugunsten des Dialogs und der Begegnung zu erweitern, wird daher immer dringlicher, denn das Problem des einen ist heute das Problem aller, und wer in der Welt mehr Macht hat, trägt eine größere Verantwortung gegenüber den anderen, insbesondere gegenüber den Ländern, die am stärksten durch eine Logik des Konflikts erschüttert werden. Darauf sollte man achten und nicht nur auf die Interessen, die einem selbst zum Vorteil gereichen. Es ist an der Zeit, das Zuspitzen von Rivalitäten und das Verfestigen einander entgegengesetzter Blöcke zu vermeiden. Wir brauchen Führungspersönlichkeiten, die es den Völkern auf internationaler Ebene ermöglichen, einander zu verstehen und miteinander zu reden, und die einen neuen „Geist von Helsinki“ aufkommen lassen, den Willen, den Multilateralismus zu stärken, um mit Blick auf die kommenden Generationen eine stabilere und friedlichere Welt aufzubauen. Und um dies zu tun sind Verständnis, Geduld und Dialog mit allen nötig. Ich wiederhole: mit allen.

Gerade mit Blick auf das weltweite Bemühen um Frieden bringe ich meine tiefe Anerkennung für den Verzicht auf Atomwaffen zum Ausdruck, den dieses Land entschieden vollzogen hat, sowie für die Entwicklung einer Energie- und Umweltpolitik, die sich auf die Dekarbonisierung und Investitionen in saubere Energiequellen konzentriert, was die Weltausstellung vor fünf Jahren besonders herausgestellt hat. Zusammen mit der Aufmerksamkeit für den interreligiösen Dialog und die Toleranz sind dies konkrete Samen der Hoffnung, die in den gemeinsamen Boden der Menschheit gepflanzt wurden und die wir nun für die kommenden Generationen pflegen müssen; für die jungen Menschen, auf deren Wünsche wir bei den Entscheidungen von heute und morgen sehen müssen. Der Heilige Stuhl ist euch auf diesem Weg nahe: Unmittelbar nach der Unabhängigkeit des Landes, vor dreißig Jahren, wurden diplomatische Beziehungen aufgenommen, und ich freue mich, das Land kurz vor diesem Jubiläum zu besuchen. Ich versichere euch, dass die Katholiken, die seit alters her in Zentralasien präsent sind, weiterhin den Geist der Offenheit und des respektvollen Dialogs bezeugen wollen, der dieses Land auszeichnet. Und sie tun dies nicht in der Gesinnung des Proselytismus.

Herr Präsident, liebe Freunde, ich danke euch für den Empfang, den ihr mir bereitet habt und der von eurer weithin bekannten Gastfreundschaft zeugt, sowie für die Gelegenheit, diese Tage des geschwisterlichen Dialogs gemeinsam mit vielen führenden Religionsvertretern zu verbringen. Der Allmächtige segne die Berufung Kasachstans, dieses Landes der Begegnung, zu Frieden und Einheit. Euch, die ihr die vorrangige Verantwortung für das Gemeinwohl tragt, und jedem einzelnen seiner Bewohner gegenüber bringe ich meine Freude darüber zum Ausdruck, hier zu sein, sowie meinen Willen, alle Bemühungen um eine gedeihliche und harmonische Zukunft dieses großartigen Landes mit meinem Gebet und meiner Nähe zu begleiten. Raqmét! [Danke!] Gott segne Kasachstan!

[01365-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Señor Presidente de la República,
distinguidos miembros del Gobierno y del Cuerpo diplomático,
ilustres Autoridades religiosas y civiles,
insignes Representantes de la sociedad civil y del mundo de la cultura,
señoras y señores:

Los saludo cordialmente, agradecido por las palabras que me ha dirigido el señor Presidente. Estoy honrado de estar aquí con ustedes, en esta tierra tan extensa como antigua, a la que vengo como peregrino de paz, en busca de diálogo y unidad. Nuestro mundo lo necesita con urgencia, necesita volver a encontrar la armonía. Armonía que en este país puede estar bien representada por un instrumento musical tradicional y característico, del que me han hablado: el dombra. Este constituye un emblema cultural y uno de los símbolos más importantes de Kazajistán, tanto que recientemente se le dedicó una jornada específica. Quisiera asumir el dombra como elemento en torno al cual articular lo que deseo compartir con ustedes.

Preparándome para este viaje supe que algunos modelos del dombra ya se utilizaban en la época medieval y que éste, a lo largo de los siglos, acompañó con música los relatos de sagas y obras poéticas, uniendo el pasado y el presente. Símbolo de continuidad en la diversidad, acompasa por tanto la memoria del País, y evoca así la importancia, frente a los rápidos cambios económicos y sociales en curso, de no descuidar los vínculos con la vida de quienes nos han precedido, también por medio de esas tradiciones que permiten atesorar el pasado y valorar cuanto se ha recibido como herencia. Pienso, por ejemplo, en la hermosa costumbre aquí extendida de hornear, el viernes por la mañana, siete panes en honor de los antepasados.

La memoria de Kazajistán, que el Papa Juan Pablo II al venir aquí como peregrino definió «tierra de mártires y creyentes, tierra de deportados y héroes, tierra de pensadores y artistas» (Discurso durante la ceremonia de bienvenida, 22.9.2001), lleva impresa una gloriosa historia de cultura, humanidad y sufrimiento. ¿Cómo no recordar, en particular, los campos de prisioneros y las deportaciones en masa que han visto a tantas poblaciones oprimidas en las ciudades y en las vastas estepas de estas regiones? Pero los kazajos no se dejaron cautivar por esos atropellos; y de la memoria de la reclusión floreció la atención por la inclusión. Que, en esta tierra, transitada desde la antigüedad por grandes movimientos de pueblos, el recuerdo del sufrimiento y de las pruebas experimentadas sea un bagaje indispensable para encaminarse hacia el futuro poniendo en primer lugar la dignidad del hombre, de todo hombre, y de todo grupo étnico, social y religioso.

Volvamos al dombra. Este se utiliza tocando sus dos cuerdas. También Kazajistán está caracterizado por la capacidad de proceder creando armonía entre “dos cuerdas paralelas”, las temperaturas tan rigurosas en invierno como elevadas en verano; la tradición y el progreso, simbolizadas por el encuentro de ciudades históricas con otras modernas, como esta capital. Sobre todo, resuenan en el país las notas de dos almas, la asiática y la europea, que tienen una permanente «misión de conexión entre dos continentes» (Íd., Discurso a los jóvenes, 23.9.2001); «un puente entre Europa y Asia», un «eslabón de unión entre Oriente y Occidente» (Íd., Discurso en la ceremonia de despedida, 25.9.2001). Las cuerdas del dombra resuenan habitualmente junto a otros instrumentos de arco típicos de estos lugares. La armonía madura y crece en el conjunto, en la coralidad que hace armoniosa la vida social. «La fuente del éxito es la unidad», recita un hermoso proverbio local. Si eso vale en todas partes, aquí de modo particular. Alrededor de ciento cincuenta grupos étnicos y más de ochenta lenguas presentes en el país, con historias, tradiciones culturales y religiosas variadas, componen una sinfonía extraordinaria y hacen de Kazajistán un taller multiétnico, multicultural y multirreligioso único, revelando su vocación peculiar, la de ser país del encuentro.

Estoy aquí para subrayar la importancia y la urgencia de dicho aspecto, al que las religiones están llamadas a contribuir de modo particular; por eso tendré el honor de participar en el séptimo Congreso de Líderes de las Religiones mundiales y tradicionales. Oportunamente la Constitución de Kazajistán, al definirlo laico, prevé la libertad de religión y de credo. Una laicidad sana, que reconozca el rol valioso e insustituible de la religión y se contraponga el extremismo que la corroe, representa una condición esencial para el trato equitativo de cada ciudadano, además de favorecer el sentido de pertenencia al país por parte de todos sus elementos étnicos, lingüísticos, culturales y religiosos. Las religiones, en efecto, mientras desarrollan el rol insustituible de buscar y dar testimonio del Absoluto, necesitan la libertad de expresión. Y, por tanto, la libertad religiosa constituye el mejor cauce para la convivencia civil.

Se trata de una necesidad grabada en el nombre de este pueblo, en la palabra “kazajo”, que evoca precisamente el caminar libre e independiente. La tutela de la libertad, aspiración inscrita en el corazón de todo hombre, única condición para que el encuentro entre las personas y los grupos sea real y no artificial, se traduce en la sociedad civil principalmente por medio del reconocimiento de los derechos, acompañados de los deberes. Desde este punto de vista, quisiera expresar aprecio por la afirmación del valor de la vida humana mediante la abolición de la pena de muerte, en nombre del derecho de todo ser humano a la esperanza. Junto a eso, es importante garantizar la libertad de pensamiento, de conciencia y de expresión, para dar espacio al rol único y equitativo que cada uno ocupa en el conjunto.

También en esto el dombra puede sernos de estímulo, ya que es principalmente un instrumento musical popular y, en cuanto tal, comunica la belleza de conservar el genio y la vivacidad de un pueblo. Eso es lo que se confía en primer lugar a las autoridades civiles, primeras responsables en la promoción del bien común, y se realiza de modo especial en el apoyo a la democracia, que constituye la forma más adecuada para que el poder se traduzca en servicio a favor de todo el pueblo y no sólo de unos pocos. Sé que se ha comenzado, sobre todo en los últimos meses, un proceso de democratización dirigido a reforzar las competencias del Parlamento y de las Autoridades locales y, en términos más generales, una mayor distribución del poder. Se trata de un camino meritorio y exigente que, ciertamente, no es breve y que requiere proseguir hacia la meta sin volverse atrás. En efecto, la confianza en quien gobierna aumenta cuando las promesas no terminan siendo instrumentales, sino que se cumplen efectivamente.

Es necesario —en todas partes— que la democracia y la modernización no se queden sólo en palabras, sino que confluyan en un servicio concreto al pueblo: una buena política hecha de escucha de la gente y de respuestas a sus necesidades legítimas, de una constante implicación de la sociedad civil y de las organizaciones no gubernamentales y humanitarias, con una atención particular respecto a los trabajadores, los jóvenes y los sectores más débiles. Y también —todos los países del mundo lo necesitan— medidas para luchar contra la corrupción. Este estilo político realmente democrático es la respuesta más eficaz a posibles extremismos, personalismos y populismos, que amenazan la estabilidad y el bienestar de los pueblos. Pienso también en la necesidad de una cierta seguridad económica, que aquí al inicio del año ha sido pedida en regiones donde, no obstante los ingentes recursos energéticos, se advierten diversas dificultades. Es un desafío que atañe no sólo a Kazajistán, sino al mundo entero, cuyo desarrollo integral está secuestrado por una injusticia difundida, que provoca una distribución desigual de los recursos. Y es tarea del Estado, pero también del sector privado, tratar a todos los integrantes de la población con justicia y paridad de derechos y deberes, y promover el desarrollo económico no en razón de las ganancias de unos pocos, sino de la dignidad de cada trabajador.

Volvemos por última vez al dombra —dirán que este Papa es músico—. Este une a Kazajistán con diversos países de la región y contribuye a difundir la cultura en el mundo. Espero que, del mismo modo, el nombre de este gran país siga siendo sinónimo de armonía y de paz. Kazajistán se configura como encrucijada de importantes intersecciones geopolíticas; lo que le da, por tanto, un rol fundamental en la atenuación de los conflictos. Juan Pablo II vino aquí a sembrar esperanza, inmediatamente después de los trágicos atentados del 2001. Yo llego aquí mientras está en curso la insensata y trágica guerra originada por la invasión de Ucrania, mientras otros enfrentamientos y amenazas de conflictos ponen en peligro nuestra época. Vengo para amplificar el grito de tantos que imploran la paz, camino de desarrollo esencial para nuestro mundo globalizado. Y la paz es esto, una vía de desarrollo esencial para nuestro mundo globalizado.

Por lo tanto, es cada vez más apremiante la necesidad de extender el compromiso diplomático en favor del diálogo y del encuentro, porque el problema de algunos es hoy problema de todos, y quien ostenta más poder en el mundo tiene más responsabilidad respecto a los demás, especialmente a los países más expuestos a las crisis causadas por la lógica del conflicto. Esto es a lo que se debería mirar, no sólo a los intereses que redundan en beneficio propio. Es la hora de evitar la intensificación de rivalidades y el fortalecimiento de bloques contrapuestos. Necesitamos líderes que, a nivel internacional, permitan a los pueblos entenderse y dialogar, y generen un nuevo “espíritu de Helsinki”, la voluntad de reforzar el multilateralismo, de construir un mundo más estable y pacífico pensando en las nuevas generaciones. Y para hacer esto es necesario la comprensión, la paciencia y el diálogo con todos. Repito, con todos.

Pensando precisamente en el compromiso global por la paz, expreso mi gran estima por la renuncia a los armamentos nucleares que este país ha emprendido con decisión; así como por el desarrollo de políticas energéticas y ambientales centradas en la descarbonización y la inversión en fuentes renovables, que la Exposición internacional de cinco años atrás puso de relieve. Junto a la atención por el diálogo interreligioso, son semillas concretas de esperanza plantadas en el terreno común de la humanidad, que a nosotros nos corresponde cultivar para las generaciones venideras; para los jóvenes, cuyos deseos es necesario considerar para tomar las decisiones de hoy y de mañana. La Santa Sede está cerca de ustedes en este itinerario; inmediatamente después de la independencia del país, hace treinta años, se establecieron las relaciones diplomáticas, y estoy contento de visitar el país en la proximidad de este aniversario. Aseguro que los católicos, presentes en Asia central desde tiempos antiguos, desean seguir testimoniando el espíritu de apertura y diálogo respetuoso que distingue esta tierra. Y lo hacen sin espíritu de proselitismo.

Señor Presidente, queridos amigos, les agradezco la acogida que me han dispensado y que revela su bien conocido sentido de hospitalidad, además de tener la oportunidad de vivir estos días de diálogo fraterno junto a los líderes de muchas religiones. Que el Altísimo bendiga la vocación de paz y unidad de Kazajistán, país del encuentro. A ustedes, que tienen la responsabilidad prioritaria del bien común, y a cada uno de los habitantes de este país, les expreso mi alegría por estar aquí y la voluntad de acompañar con la oración y la cercanía todo esfuerzo por un futuro próspero y armonioso de este gran país. Raqmét! [¡Gracias!] ¡Que Dios bendiga Kazajistán!

[01365-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Senhor Presidente da República,
Distintos Membros do Governo e do Corpo Diplomático,
Ilustres Autoridades religiosas e civis,
Insignes Representantes da sociedade civil e do mundo da cultura,
Senhoras e Senhores!

Saúdo-vos cordialmente e agradeço ao Senhor Presidente as palavras que me dirigiu. Sinto-me honrado por estar aqui convosco, nesta terra tão extensa como antiga, aonde venho como peregrino de paz à procura de diálogo e de unidade. Disto, tem urgente necessidade o nosso mundo: precisa de voltar a encontrar harmonia. Esta, podemos vê-la bem representada num instrumento musical, tradicional e caraterístico deste país, que conheci: a dombra. Constitui um emblema cultural e um dos símbolos mais importantes do Cazaquistão, a ponto de lhe ter sido dedicado, recentemente, um dia específico. Gostaria precisamente de assumir a dombra como elemento à volta do qual articular quanto desejo partilhar convosco.

Ao preparar-me para esta viagem, vim a saber que algumas versões da dombra eram tocadas já na época medieval e que, ao longo dos séculos, acompanhou os contos musicais de sagas e obras poéticas, ligando o passado ao presente. Símbolo de continuidade na diversidade, marca a cadência da memória do país e, face às rápidas mudanças económicas e sociais em curso, recorda a importância de não se transcurar os laços com a vida de quem nos precedeu, inclusive através das tradições que permitem fazer tesouro do passado e valorizar tudo o que se herdou. Penso, por exemplo, no significativo e difuso costume de cozer, na manhã de sexta-feira, sete pães em honra dos antepassados.

A memória do Cazaquistão, que o Papa João Paulo II – aqui peregrino – definiu como «Terra de mártires e de crentes, Terra de deportados e de heróis, Terra de pensadores e artistas» (Discurso na Cerimónia de Boas-vindas, 22/IX/2001), traz impressa uma gloriosa história de cultura, humanidade e sofrimento. Como não lembrar, em particular, os campos de detenção e as deportações em massa que viram a opressão de tantas populações nas cidades e estepes infindas destas regiões? Mas os cazaques não se deixaram cair reféns destes abusos: da memória da reclusão floresceu o cuidado pela inclusão. Nesta terra, percorrida desde a antiguidade por grandes deslocamentos de povos, a recordação do sofrimento e das provações vividas seja uma bagagem indispensável para se encaminhar para o futuro, colocando em primeiro lugar a dignidade do homem, de cada homem e de cada grupo étnico, social, religioso.

Voltemos à dombra… É tocada dedilhando as suas duas cordas. Também o Cazaquistão se carateriza pela capacidade de avançar criando harmonia entre «duas cordas paralelas»: temperaturas tão rígidas no inverno como elevadas no verão; tradição e progresso, bem simbolizados pelo encontro de cidades históricas a par doutras modernas, como esta capital. E sobretudo ressoam, no país, as notas de duas almas, a asiática e a europeia, que fazem dele uma permanente «missão de ligação entre dois continentes» (João Paulo II, Discurso aos jovens, 23/IX/2001), «uma ponte entre a Europa e a Ásia», um «elo de união entre o Oriente e o Ocidente» (Idem, Discurso na cerimónia de despedida, 25/IX/2001). Habitualmente, as cordas da dombra são tocadas juntamente com outros instrumentos de arco típicos destes lugares: a harmonia matura e cresce no conjunto, no coro que torna harmoniosa a vida social. «A fonte do sucesso é a unidade»: reza um belo provérbio local. Se isto é válido em todo o lado, é-o de modo particular aqui: os cerca de cento e cinquenta grupos étnicos e as mais de oitenta línguas presentes no país, com histórias, tradições culturais e religiosas variegadas, compõem uma sinfonia extraordinária e fazem do Cazaquistão um laboratório multiétnico, multicultural e multirreligioso único, revelando a sua peculiar vocação que é a de ser país do encontro.

Estou aqui para sublinhar a importância e a urgência deste aspeto, para o qual são chamadas a contribuir de modo particular as religiões; por isso terei a honra de participar no sétimo Congresso dos Líderes das Religiões Mundiais e Tradicionais. Apropriadamente, a Constituição do Cazaquistão, ao defini-lo como um Estado laico, prevê a liberdade de religião e de crença. Uma laicidade sã, que reconheça o papel precioso e insubstituível da religião e contraste o extremismo que a corrói, representa uma condição essencial para o équo tratamento de todo o cidadão, além de favorecer o sentimento de pertença ao país por parte de todas as suas componentes étnicas, linguísticas, culturais e religiosas. Com efeito as religiões, enquanto desempenham o papel insubstituível de buscar e testemunhar o Absoluto, precisam da liberdade de se expressar. E assim a liberdade religiosa constitui o álveo melhor para a convivência civil.

Trata-se duma necessidade inscrita no nome deste povo: a palavra «cazaque» evoca precisamente o caminhar livre e independente. A tutela da liberdade, aspiração inscrita no coração de cada ser humano, única condição para que o encontro entre as pessoas e os grupos seja real e não artificial, traduz-se na sociedade civil principalmente através do reconhecimento dos direitos, acompanhados pelos deveres. Deste ponto de vista, quero manifestar apreço pela afirmação do valor da vida humana através da abolição da pena de morte, em nome do direito à esperança para todo e cada um dos seres humanos. A par disto, é importante garantir a liberdade de pensamento, consciência e expressão, para dar espaço ao papel único e paritário que cada um reveste para o conjunto.

Também nisto, pode servir-nos de estímulo a dombra. É principalmente um instrumento musical popular e, como tal, comunica a beleza de preservar o génio e a vivacidade dum povo. Isto está confiado em primeiro lugar às autoridades civis, primeiras responsáveis pela promoção do bem comum, e realiza-se de modo especial através do apoio à democracia, que constitui a forma mais adequada para que o poder se traduza em serviço a favor de todo o povo, e não só de alguns. Sei que foi lançado, sobretudo nos últimos meses, um processo de democratização tendente a reforçar as competências do Parlamento e das Autoridades locais e, de modo mais geral, uma maior distribuição do poder. Trata-se dum trajeto meritório e exigente, com certeza não breve, que exige prosseguir para a meta sem se voltar para trás. De facto, cresce a confiança em quem governa, quando as promessas resultam não instrumentais, mas efetivamente implementadas.

Por toda a parte é preciso que a democracia e a modernização não sejam relegadas a proclamações, mas confluam num serviço concreto ao povo: uma boa política feita de escuta do povo e de resposta às suas legítimas carências, de envolvimento constante da sociedade civil e das organizações não-governamentais e humanitárias, de particular atenção aos trabalhadores, jovens e às faixas mais débeis; e feita também de medidas (no mundo, todos os países precisam delas!) para combater a corrupção. Este estilo político realmente democrático é a resposta mais eficaz a possíveis extremismos, personalismos e populismos, que ameaçam a estabilidade e o bem-estar dos povos. Penso também na necessidade duma certa segurança económica, que foi invocada, ao início do ano, aqui em regiões onde, apesar dos consideráveis recursos energéticos, várias dificuldades se fazem sentir. É um desafio que diz respeito não só ao Cazaquistão, mas a todo o mundo, cujo desenvolvimento integral se vê refém duma generalizada injustiça, aparecendo distribuídos de forma desigual os recursos. E é missão do Estado, mas também do setor privado, tratar todas as componentes da população com justiça e igualdade de direitos e deveres, e promover o desenvolvimento económico, não com base no lucro de poucos, mas na dignidade de cada trabalhador.

Voltemos pela última vez à dombra (ainda vão dizer que este Papa é músico!)… A dombra associa o Cazaquistão a vários países da área circundante e contribui para difundir a sua cultura no mundo. Espero que, de forma análoga, continue o nome deste grande país a ser sinónimo de harmonia e de paz. O Cazaquistão configura-se como encruzilhada de relevantes nós geopolíticos, revestindo consequentemente um papel fundamental na mitigação da conflitualidade. Aqui veio João Paulo II semear esperança logo a seguir aos trágicos atentados de 2001. Por minha vez, chego cá no curso da louca e trágica guerra originada pela invasão da Ucrânia, enquanto outros confrontos e ameaças de conflito colocam em risco os nossos tempos. Venho para amplificar o clamor de tantos que imploram a paz, caminho de desenvolvimento essencial para o nosso mundo globalizado. E a paz é isto: um caminho de desenvolvimento essencial para o nosso mundo globalizado.

Assim é cada vez mais premente a necessidade de ampliar o empenho diplomático a favor do diálogo e do encontro, porque o problema de qualquer um é hoje problema de todos, e quem mais poder detém no mundo, maior responsabilidade tem para com os outros, especialmente com os países colocados em maior crise por lógicas conflituais. Era isto que se deveria ter em consideração, e não apenas os interesses finalizados a vantagem própria. É hora de evitar a acentuação de rivalidades e o reforço de blocos contrapostos. Precisamos de líderes que, a nível internacional, permitam aos povos compreenderem-se e dialogarem, e gerem um novo «espírito de Helsínquia», a vontade de reforçar o multilateralismo, de construir um mundo mais estável e pacífico pensando nas novas gerações. E, para fazer isto, é preciso compreensão, paciência e diálogo com todos. Repito: com todos.

Pensando precisamente no empenho global pela paz, exprimo vivo apreço pela renúncia às armas nucleares empreendida com determinação por este país; bem como pelo desenvolvimento de políticas energéticas e ambientais centradas na descarbonização e no investimento em fontes limpas, que há cinco anos pôs em destaque a Exposição Internacional. Juntamente com a solicitude pelo diálogo inter-religioso, são sementes concretas de esperança plantadas no terreno comum da humanidade, que cabe a nós cultivar para as gerações vindouras; para os jovens, a cujos desejos é preciso olhar ao empreender as decisões de hoje e de amanhã. A Santa Sé está solidária convosco neste percurso: há trinta anos, logo depois da independência do país, foram estabelecidas relações diplomáticas e sinto-me feliz por visitar o país na iminência deste aniversário. Asseguro que os católicos, presentes na Ásia central desde tempos antigos, desejam continuar a testemunhar o espírito de abertura e diálogo respeitoso que carateriza esta terra. E fazem-no, sem espírito de proselitismo.

Senhor Presidente, queridos amigos, agradeço-vos o acolhimento que me reservastes e que revela o vosso conhecido sentido de hospitalidade, bem como a oportunidade de passar estes dias de diálogo fraterno juntamente com os líderes de muitas religiões. O Altíssimo abençoe a vocação de paz e unidade do Cazaquistão, país do encontro. A vós, que tendes a responsabilidade prioritária do bem comum, e a cada um dos seus habitantes, expresso a minha alegria por estar aqui e a vontade de acompanhar com a oração e a proximidade cada esforço para um futuro próspero e harmonioso deste grande país. Raqmét! [obrigado]. Deus abençoe o Cazaquistão!

[01365-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Panie Prezydencie Republiki,

Dostojni członkowie rządu i korpusu dyplomatycznego,

Szanowni przedstawiciele władz religijnych i cywilnych,

Znamienici przedstawiciele społeczeństwa obywatelskiego i świata kultury,

Panie i Panowie!

Serdecznie was pozdrawiam, wdzięczny Panu Prezydentowi za skierowane do mnie słowa. Jestem zaszczycony, będąc tutaj z wami, na tej równie rozległej, jak i starożytnej ziemi, do której przybywam jako pielgrzym pokoju, poszukujący dialogu i jedności. Nasz świat pilnie ich potrzebuje, potrzebuje odzyskania harmonii. Harmonii, którą w tym kraju można dobrze zilustrować za pomocą tradycyjnego i charakterystycznego instrumentu muzycznego, który miałem okazję poznać: dombra. Stanowi on godło kulturowe i jeden z najważniejszych symboli Kazachstanu do tego stopnia, że niedawno poświęcono mu specjalny dzień. Chciałbym wykorzystać właśnie dombrę jako element, przy pomocy którego można wyrazić to, czym chcę się z wami podzielić.

Przygotowując się do tej podróży, dowiedziałem się, że przy użyciu niektórych modeli dombry muzykowano już w średniowieczu, i że przez wieki towarzyszyła ona muzycznym narracjom sag i dzieł poetyckich, łącząc przeszłość z teraźniejszością. Będąc symbolem tego, co ciągłe w różnorodności, wyznacza rytm pamięci kraju, przypominając nam, jak ważne jest, by w obliczu zachodzących obecnie szybkich przemian gospodarczych i społecznych, nie zaniedbywać więzi łączących nas z życiem tych, którzy odeszli przed nami. Także za sprawą tych tradycji, które pozwalają doceniać przeszłość i szanować to, co odziedziczyliśmy. Myślę na przykład o rozpowszechnionym tu pięknym zwyczaju pieczenia w piątek rano siedmiu bochenków chleba na cześć przodków.

            Pamięć o Kazachstanie, który pielgrzymujący tu papież Jan Paweł II nazwał „ziemią męczenników i wierzących, ziemią zesłańców i bohaterów, ziemią myślicieli i artystów” (Przemówienie podczas ceremonii powitalnej, Astana (22.09.2001): LꞌOsservatore Romano, wyd. polskie, n. 11-12 (238)/2001, s. 15), niesie ze sobą chwalebną historię kultury, humanizmu i cierpienia. Jakże nie pamiętać w szczególności o łagrach i masowych deportacjach, kiedy to w miastach i na bezkresnych stepach tych regionów uciskano wiele grup ludności? Jednak Kazachowie nie stali się więźniami tych represji: z pamięci o uwięzieniu rozkwitła troska o integrację. Niech na tej ziemi, która od czasów starożytnych była świadkiem przemieszczania się ludów, pamięć o przeżytych cierpieniach i trudnych doświadczeniach będzie niezbędnym bagażem, do wyruszenia w przyszłość, stawiając na pierwszym miejscu godność człowieka: każdego człowieka i każdej grupy etnicznej, społecznej i religijnej.

Powróćmy do dombry: gra się na niej potrącając jej dwie struny. Podobnie Kazachstan charakteryzuje się umiejętnością rozwoju, dzięki tworzeniu harmonii pomiędzy „dwoma równoległymi strunami”: temperaturami równie surowymi w zimie, jak i wysokimi w lecie; między tradycją a postępem, dobrze symbolizowanymi przez spotkanie miast historycznych z nowoczesnymi, jak ta stolica. Przede wszystkim rozbrzmiewają w tym kraju nuty dwóch dusz, azjatyckiej i europejskiej, wskazując na jego stałą „misję pośredniczenia między dwoma kontynentami” (Tenże, Przemówienie do młodzieży (23.09.2001): LꞌOsservatore Romano, wyd. polskie, n. 11-12 (238)/2001, s. 20); „pomostem pomiędzy Europą a Azją”, „łącznikiem między Wschodem a Zachodem” (Tenże, Przemówienie podczas uroczystości pożegnalnej (25.09.2001): LꞌOsservatore Romano, wyd. polskie, n. 11-12 (238)/2001, s. 26). Dźwięk strun dombry wybrzmiewa zazwyczaj wspólnie z innymi instrumentami strunowymi typowymi dla tych miejsc: ich współbrzmienie dojrzewa i rośnie w zespole, w chórze, który nadaje harmonii życiu społecznemu. „Źródłem sukcesu jest jedność” – mówi piękne tutejsze przysłowie. I o ile sprawdza się ono wszędzie, to tutaj jest ono szczególnie prawdziwe: około sto pięćdziesiąt grup etnicznych i ponad osiemdziesiąt języków obecnych w kraju, ze swymi różnorodnymi historiami, tradycjami kulturowymi i religijnymi, tworzy niezwykłą symfonię i sprawia, że Kazachstan jest wyjątkowym wieloetnicznym, wielokulturowym i wieloreligijnym laboratorium ukazującym swoje szczególne powołanie – bycie krajem spotkania.

Jestem tutaj, aby podkreślić wagę i pilność tego aspektu, do którego współtworzenia wezwane są zwłaszcza religie. Dlatego też będę miał zaszczyt wziąć udział w siódmym Kongresie Przywódców Religii Światowych i Tradycyjnych. We właściwy sobie sposób konstytucja Kazachstanu, określając kraj jako świecki, zapewnia wolność wyznania i przekonań, a także wolność odrzucenia przynależności religijnej, zakazując konwersji i wymuszonego uczestniczenia. Zdrowa świeckość, która uznaje cenną i niezastąpioną rolę religii i przeciwdziała niszczącemu ją ekstremizmowi, jest podstawowym warunkiem sprawiedliwego traktowania każdego obywatela, a także wspierania poczucia przynależności do kraju przez wszystkie obecne w nim elementy etniczne, językowe, kulturowe i religijne. Bowiem religie, które odgrywają niezastąpioną rolę w poszukiwaniu i dawaniu świadectwa o Absolucie, potrzebują wolności, aby mogły się wyrażać. Dlatego też swoboda religijna jest najlepszym podłożem współżycia obywatelskiego.

Jest to potrzeba wpisana w nazwę tego narodu, w słowo „Kazach”, które wyraża właśnie owo podążanie wolne i niezależne. Ochrona wolności, dążenie zapisane w sercu każdego człowieka, jedyny warunek, aby spotkanie między osobami i grupami było prawdziwe, a nie sztuczne, przekłada się w społeczeństwie obywatelskim przede wszystkim na uznanie praw, którym towarzyszą obowiązki. Chciałbym z tego punktu widzenia wyrazić uznanie dla potwierdzenia wartości życia ludzkiego, co dokonało się poprzez zniesienie kary śmierci, w imię prawa do nadziei przysługującego każdemu człowiekowi. Oprócz tego ważne jest też zagwarantowanie wolności myśli, sumienia i wypowiedzi, aby stworzyć przestrzeń dla wyjątkowej i równoprawnej roli, jaką każda osoba odgrywa dla całości.

Również w tym zakresie dombra może być dla nas inspiracją. Jest to przede wszystkim instrument ludowy i jako taki przypomina nam o pięknie strzeżenia geniuszu i żywotności ludu. Zadanie to jest powierzone przede wszystkim władzom cywilnym, które jako pierwsze odpowiadają za promowanie dobra wspólnego. Dokonuje się to w szczególny sposób poprzez wspieranie demokracji, która jest najodpowiedniejszą formą, dla tego, by władza przekładała się na służbę dla dobra całego narodu, a nie tylko nielicznych. Wiem, że rozpoczęto tu proces demokratyzacji, zwłaszcza w ostatnich miesiącach, mający na celu wzmocnienie uprawnień parlamentu i władz lokalnych, oraz bardziej ogólnie, większy podział władzy. Jest to droga zasługująca na pochwałę i wymagająca, z pewnością nie krótka, wymagająca, aby podążać w kierunku celu, nie oglądając się za siebie. Rzeczywiście, zaufanie do rządzących wzrasta, gdy ich obietnice nie okazują się instrumentalne, lecz są realizowane rzeczywiście.

Nigdzie demokracja i modernizacja nie powinny ograniczać się jedynie do deklaracji, lecz powinny przekładać się na konkretną służbę ludziom: dobrą politykę polegającą na słuchaniu ludzi i odpowiadaniu na ich uzasadnione potrzeby, na stałym zaangażowaniu społeczeństwa obywatelskiego oraz organizacji pozarządowych i humanitarnych, na zwróceniu szczególnej uwagi na pracowników, młodzież i grupy najsłabsze. A także – czego potrzebuje każdy kraj na świecie – na zastosowaniu środków zwalczania korupcji. Ten prawdziwie demokratyczny styl polityczny jest najskuteczniejszą odpowiedzią na ewentualny ekstremizm, kult jednostki i populizm, zagrażające stabilności i dobrobytowi narodów. Myślę też o konieczności pewnego bezpieczeństwa ekonomicznego, na które powoływano się tutaj na początku roku w regionach, w których, pomimo tego, że zasoby energetyczne są obfite, występują różnorakie trudności. Jest to wyzwanie, które dotyczy nie tylko Kazachstanu, ale całego świata, w którym integralny rozwój jest zakładnikiem powszechnej niesprawiedliwości, polegającej na nierównym podziale zasobów. Tymczasem obowiązkiem państwa, ale także sektora prywatnego, jest traktowanie wszystkich grup ludności w sposób sprawiedliwy oraz z równymi prawami i obowiązkami, a także wspieranie rozwoju gospodarczego nie w oparciu o zyski nielicznych, lecz o godność każdego pracownika.

Wróćmy po raz ostatni do dombry (powiedzą, że ten papież jest muzykiem). Ona łączy Kazachstan z kilkoma innymi krajami regionu i przyczynia się do rozpowszechniania jego kultury na świecie. Mam nadzieję, że w podobny sposób także nazwa tego wielkiego kraju będzie nadal synonimem harmonii i pokoju. Kazachstan jest skrzyżowaniem ważnych węzłów geopolitycznych: dlatego odgrywa fundamentalną rolę w łagodzeniu konfliktów. To tutaj przybył Jan Paweł II, aby zasiać nadzieję, zaraz po tragicznych zamachach w 2001 roku. Ja zaś przybywam tutaj podczas szalonej i tragicznej wojny, która wynikła z inwazji na Ukrainę, i podczas gdy inne starcia i groźby konfliktów zagrażają naszym czasom. Przybywam, aby nagłośnić wołanie tak wielu osób, które błagają o pokój, będący konieczną drogą rozwoju dla naszego zglobalizowanego świata. A pokój jest tym: konieczną drogą rozwoju dla naszego zglobalizowanego świata.

Istnieje zatem coraz pilniejsza potrzeba poszerzenia zaangażowania dyplomatycznego na rzecz dialogu i spotkania, ponieważ problem kogoś pojedynczego jest dziś problemem wszystkich, a ci którzy posiadają w świecie większą władzę, obarczeni są większą odpowiedzialnością wobec innych, zwłaszcza wobec tych krajów, które są najbardziej dotknięte logiką konfliktu. Na to właśnie należy patrzeć, a nie tylko na interesy, które są korzystne dla nas samych. Nadeszła pora, aby uniknąć zaostrzenia rywalizacji i umacniania się przeciwstawnych bloków. Potrzebujemy przywódców, którzy na szczeblu międzynarodowym umożliwią narodom wzajemne zrozumienie i rozmowę oraz wytworzą nowego „ducha helsińskiego”, wolę umocnienia multilateralizmu, zbudowania bardziej stabilnego i pokojowego świata z myślą o nowych pokoleniach. A do tego potrzeba zrozumienia, cierpliwości i dialogu ze wszystkimi. Powtarzam: ze wszystkimi.

Właśnie mając na uwadze globalne zaangażowanie na rzecz pokoju, z zadowoleniem przyjmuję rezygnację z broni jądrowej, którą ten kraj zdecydowanie podjął, jak również rozwój polityki energetycznej i środowiskowej, skoncentrowanej na dekarbonizacji i inwestycjach w czyste źródła energii, co podkreślono podczas światowej wystawy pięć lat temu. Są one, wraz z uwagą poświęconą dialogowi międzyreligijnemu i tolerancji, konkretnymi ziarnami nadziei zasianymi we wspólnej glebie ludzkości, których pielęgnowanie dla przyszłych pokoleń należy do nas; dla młodych, których pragnienia musimy dostrzegać, dokonując wyborów dziś i jutro. Stolica Apostolska jest na tej drodze blisko was: zaraz po odzyskaniu przez ten kraj niepodległości, trzydzieści lat temu, zostały nawiązane stosunki dyplomatyczne i cieszę się, że mogę odwiedzić ten kraj w okresie bezpośrednio poprzedzającym tę rocznicę. Zapewniam was, że katolicy, obecni w Azji Środkowej od czasów starożytnych, pragną nadal dawać świadectwo duchowi otwartości i pełnego szacunku dialogu, który wyróżnia tę ziemię. I czynią to bez ducha prozelityzmu.

Panie Prezydencie, drodzy przyjaciele, dziękuję wam za zgotowane mi przyjęcie, które ukazuje wasz dobrze znany zmysł gościnności, oraz za możliwość spędzenia tu dni braterskiego dialogu razem z przywódcami wielu religii. Niech Najwyższy błogosławi powołaniu Kazachstanu do pokoju i jedności, krajowi spotkania. Wam, którzy ponosicie główną odpowiedzialność za dobro wspólne, i każdemu z jego mieszkańców, wyrażam radość z tego, że jestem tu obecny, i gotowość wspierania modlitwą i bliskością wszelkie wysiłki na rzecz pomyślnej i harmonijnej przyszłości tego wielkiego kraju. Raqmét! [Dziękuję!]. Niech Bóg błogosławi Kazachstan!

[01365-PL.02] [Testo originale: Italiano]

 Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى كازاخستان

كلمة قداسة البابا فرنسيس

في اللقاء مع السُّلُطات والمجتمع المدنيّ والسّلك الدبلوماسيّ

في نور سلطان

الثلاثاء 13 أيلول/سبتمبر 2022

السّيّد رئيس الجمهوريّة،

أعضاء الحكومة والسّلك الدبلوماسيّ المحترمين،

السّلطات الدينيّة والمدنيّة المحترمين،

ممثليّ المجتمع المدنيّ وعالم الثّقافة الكرام،

سيداتي سادتي،

أُحيّيكم تحية قلبيّة. وأشكّر السّيّد الرّئيس على الكلمات التي وجَّهها إليّ. يشرّفني أن أكون هنا معكم، في هذه الأرض العريقة بقدر ما هي شاسعة، والتي أتيت إليها حاجَّ سلام، ساعيًا إلى الحوار والوَحدة. عالمنا بحاجة ماسّة إلى هذا، بحاجة إلى أن يجد الانسجام. الانسجام الذي يمكن أن تكون رمزًا جيّدًا له، في هذا البلد، آلة موسيقيّة تقليديّة ومميّزة، تعرّفت عليها وهي: الدومبرا. إنّها شعار ثقافيّ وأحد أهمّ رموز كازاخستان، لدرجة أنّه خُصِّصَ لها مؤخرًا يوم خاص. أودّ أن أستعين بآلة الدومبرا لتكون العنصر، الذي أبني عليه ما أرغب في أن أشارككم فيه.

لما كنت أستعدّ لهذه الزّيارة، علمت أنّ بعض المقطوعات على آلة الدومبرا كانت تُعزَفُ في العصور الوسطى وأنّها، على مرّ القرون، رافقت الحكايات والملاحم الملَحَّنة والأعمال الشّعريّة، وقد ربطت الماضيّ بالحاضر. إنّها رمزٌ للاستمراريّة في التنوّع، وتَعزِف على إيقاع ذاكرة البلد، وتذكِّر وتنبِّه إلى أهميّة عدم إهمال الصّلة مع حياة الذين سبقونا، أمام التغيّرات الاقتصاديّة والاجتماعيّة السّريعة الحاليّة، وبالتّقاليد التي تسمح لنا بأن نقدّر الماضيّ ونقيّم ما ورثناه. أفكّر، على سبيل المثال، في العادة الجميلة المنتشرة هنا، وهي خَبْزُ سَبْعَةِ أرغفةٍ، في صباح يوم الجمعة، تكريمًا للأجداد.

البابا يوحنّا بولس الثّاني، الذي جاء هو أيضًا حاجًّا إلى هنا، عرَّف ذاكرة الكازاخستان بأنّها "أرض الشّهداء والمؤمنين، وأرض المَجلُوِّين والأبطال، وأرض المفكّرين والفنّانين" (كلمة البابا خلال الاستقبال الرّسمي، 22 أيلول/سبتمبر 2001). إنّها تحمل منطبعًا فيها تاريخًا مجيدًا من الثّقافة، والإنسانيّة والمعاناة. كيف لا نتذكّر، خاصّة، معسكرات الاعتقال وإجلاء الجماهير، التي شهدت في المدن وفي سُهوب الصّحراء التي لا حد لها في هذه المناطق، ظلم شعوبٍ كثيرة؟ لكن أهل الكازاخستان لم يسمحوا بأن يبقوا أسرَى هذه الانتهاكات: من ذكرى السّجون أزهرت العناية بالتّرحيب والاندماج. في هذه الأرض، التي عَبَرَها منذ العصور القديمة شعوب كثيرة مرتحلة، لتكن ذكرى المعاناة والمحن التي عرفتها، مخزونًا لا بدَّ منه للانطلاق نحو المستقبل، ولتُوضَع في المقام الأوّل كرامة الإنسان، كلِّ إنسان، وكلّ مجموعة عرقيّة، واجتماعيّة ودينيّة.

ولنعد إلى ”الدومبرا“. يتمّ العزف عليها بالضّرب على وَتَرَيْن فيها. تتميّز كازاخستان أيضًا بقدرتها على المضيّ قُدُمًا بخلق الانسجام بين ”وَتَرَيْن متوازيَين“ فيها، هما: مناخ بارد قاس في الشّتاء، وحرارة مرتفعة جدًّا في الصّيف، تقليد وتقدّم، يَرمُز إلى ذلك لقاء المدن التاريخيّة مع المدن الحديثة الأخرى، مثل هذه العاصمة. وفي هذا، يُسمَعُ عزفٌ يعبِّر عن روحَين، الآسيويّة والأوروبيّة، ويجعلان منها "رسالة تواصلٍ دائمة بين قارّتَين" (كلمة البابا إلى الشّباب، 23 أيلول/سبتمبر 2001)، و"جسرٍ بين أوروبا وآسيا"، و "حلقةِ ربط بين الشّرق والغرب" (كلمة البابا خلال مراسم الوداع، 25 أيلول/سبتمبر 2001). يتردّد صدى أوتار ”الدومبرا“ عادة مع آلات وتريّة أخرى خاصّة بهذه الأماكن، فينضج الانسجام وينمو في العزف الجماعيّ، في الجوقة التي تُكسِب الحياة الاجتماعيّة انسجامًا. مثلٌ محلّيّ جميل يقول: "مصدر النّجاح هو الوَحدة". إن كان هذا يصحّ في كلّ مكان، فإنّه يصح هنا بصورةٍ خاصّة: ما يقارب المائة وخمسين مجموعة عرقيّة وأكثر من ثمانين لغة موجودة في البلاد، ولكلّ واحد رواياته، وتقاليده الثقافيّة والدينيّة المتنوّعة، فتؤلّف سيمفونيّة غير عاديّة، وتجعل من كازاخستان مُختَبَرًا فريدًا متعدّد الأعراق، ومتعدّد الثّقافات ومتعدّد الأديان، فتظهر دعوتها الخاصّة، أن تكون بلد اللقاء.

أنا هنا لكي أؤكّد على أهميّة وضرورة هذا الجانب، والضّرورة المُلِحّة لمثل هذه المِيزة، التي تُدعَى الأديان بصورة خاصّة إلى المساهمة فيها. لذلك، سأتشرّف بأن أشارك في المؤتمر السّابع لقادة الديانات العالميّة والتّقليديّة. إنّ دستور كازاخستان، الذي يقول إنّه علمانيّ، يفترض حريّة الدين والمعتقد. هذه هي العلمانيّة السّليمة، التي تعترف بالدّور المهِمّ جدًّا للدّين والذي لا بديل له، وتعارض التطرّف الذي يقوّضه، تمثّل شرطًا أساسيًّا للمساواة في التعامل مع كلّ مواطن، فضلًا عن تعزيز الشّعور بالانتماء إلى الوطن من قِبَلِ جميع مكوّناته العرقيّة، واللغويّة، والثقافيّة والدينيّة. في الواقع، بينما تلعب الأديان دورًا لا بديل له في البحث عن المطلق والشهّادة له، فإنّها تحتاج إلى حريّة التّعبير عن نفسها. وبالتّالي، فإنّ الحريّة الدينيّة تشكّل أفضل قاعدة للعيش معًا.

إنّه احتياجٌ منقوش في اسم هذا الشّعب، في كلمة ”كازاخ“، التي تعني بالتّحديد السّير بحريّة واستقلاليّة. حماية الحريّة، التي هي طموح مكتوب في قلب كلّ إنسان، وهي الشّرط الوحيد لكي يكون اللقاء بين الأشخاص والجماعات حقيقيًّا لا مُصطنعًا، تُترجم في المجتمع المدنيّ، بالاعتراف بالحقوق، وترافقها الواجبات. أودّ أن أُعرب عن تقديري، من وجهة النّظر هذه، لتأكيد قيمة الحياة البشريّة هنا بإلغاء عقوبة الإعدام، باسم الحقّ في أملٍ جديد لكلّ إنسان. إلى جانب ذلك، من المهمّ ضمان حريّة الفكر، والضّمير والتّعبير، لفسح المجال للدّور الفريد والمتساوي الذي يقوم به كلّ واحدٍ من أجل الجميع.

في هذا أيضًا، يمكن أن تكون ”الدومبرا“ محفّزًا لنا. فهي في الأساس آلة موسيقيّة شعبيّة، وبهذه الصّفة، تنقل لنا جمال الحفاظ على عبقريّة الشّعب وحيويته. هذا الأمر موكول أوّلًا إلى السُّلطات المدنيّة، المسؤولة في المقام الأوّل عن تعزيز الخير العام، ويظهر ذلك خصّوصًا بدعم الديمقراطيّة، التي تقدِّم أفضلَ الطّرق لممارسة السّلطة فتكون خدمة للشّعب بأكمله، وليس للبعض فقط. أعلم أنّه تمّ، في الأشهر الأخيرة خصّوصًا، إطلاق عمليّة تعزيز للديمقراطيّة، تهدف إلى تقوية صلاحيّات البرلمان والسُّلطات المحليّة، وبشكل أعمّ، إلى توزيعٍ أكبر للسُّلطة. إنّها مسيرةٌ جديرة بالتّقدير وتتطلّب جهدًا، وبالتأكيد ليست قصيرة، وتتطلّب منّا أن نستمرّ في السّعي نحو الهدف، دون أن ننظر إلى الوراء. في الواقع، تزداد الثقة في الذين يحكمون، عندما لا تكون الوعود مجرّد وسائل، بل يتمّ تنفيذها فعليًّا.

من الضّروري، في كلّ مكان، ألّا تنحصر الديمقراطيّة والتّحديث في التّصريحات، بل تؤدي إلى خدمة عمليّة للشّعب. ما يصنع السّياسة الجيّدة هو الاستماع إلى النّاس والإستجابة لاحتياجاتهم المشروعة، والمشاركة المستمرّة للمجتمع المدني والمنظّمات غير الحكوميّة والإنسانيّة، والاهتمام الخاصّ بالعمّال، والشّباب والفئات الضّعيفة. وأيضًا، التّدابير المناسبة لمكافحة الفساد - كلّ بلد في العالم بحاجة إلى هذا الأمر -. هذا الأسلوب السّياسيّ والدّيمقراطيّ حقًّا، هو الرّدّ الأنسب على التطرّفات والشّخصنيّات والشّعبويّات المُحتملة، التي تهدّد استقرار ورفاهيّة الشّعوب. أفكّر أيضًا في الحاجة إلى بعض الأمن الاقتصاديّ، الذي تمّ تطبيقه هنا في بداية السّنة، وفي مناطق غنيّة بموارد الطّاقة، لكن الصّعوبات فيها كثيرة. إنّه تحدٍّ، ليس فقط في كازاخستان، بل في العالم بأسره، الذي أصبحت تنميته المتكاملة رهينة ظلم منتشر، ولهذا يتمّ توزيع الموارد بشكلٍ غير متساوٍ. ومن واجب الدّولة، والقطاع الخاصّ أيضًا، أن يتعاملوا مع جميع مكوّنات السكّان بعدالة ومساواة في الحقوق والواجبات، وتعزيز التّنمية الاقتصاديّة، لا على أساس مكاسب عدد قليل، بل على أساس كرامة كلّ عامل.

لِنَعُد إلى ”الدومبرا“ للمرّة الأخيرة – سيقولون إنّ هذا البابا موسيقيّ-. إنّها توحّد كازاخستان مع العديد من البلدان المجاورة، وتساهم في نشر ثقافتها في العالم. وبالمِثل، آمُل أن يظلّ اسم هذا البلد الكبير مرادفًا للانسجام والسّلام. يقف كازاخستان على مفترق طرق لمحاور جيوسياسيّة مهمّة، وبالتّالي، له دور أساسيّ في التّخفيف من حدّة النّزاعات. جاء يوحنّا بولس الثّاني إلى هنا ليزرع الرّجاء، مباشرة بعد الهجمات المأساويّة في سنة 2001. وأنا آتي إليكم في سياق الحرب المجنونة والمأساويّة التي نشأت عن غزو أوكرانيا، بينما تهدّد زمننا اشتباكات وتهديدات أخرى. جِئتُ لكي أعلّي وأُسمِع صرخة الكثيرين الذين يَنشُدون السّلام، الذي هو طريق التّنمية الأساسيّ لعالمنا المعولم. والسّلام هو هذا: طريق التّنمية الأساسيّ لعالمنا المعولم.

لذلك، أصبحت الحاجة إلى توسيع نطاق الالتزام الدبّلوماسي لصالح الحوار واللقاء، ملحّة بشكل متزايد، لأنّ مشكلة الواحد هي اليوم مشكلة الجميع، والذين تزيد سلطتهم في العالم، تزيد مسؤوليّتهم تجاه الآخرين، وخاصّة البلدان التي تتعرّض أكثر من غيرها لحالة الصّراعات. يجب النظر ليس فقط إلى المصالح التي تعود علينا بالفائدة. حان الوقت لكي نتجنّب تفاقم المنافسة وتجنّب تقوية الكتل المتعارضة. نحن بحاجة إلى قادة، على المستوى الدولي، يسمحون للشّعوب بأن تفهم بعضها بعضًا وتتحاور، فيلدون ”روح هلسنكي“ جديدة، والإرادة لتعزيز التعدّديّة، وبناء عالم فيه المزيد من الاستقرار والسّلام، ويجب التفكير في الأجيال الجديدة. ولكي نفعل هذا الأمر، نحن بحاجة إلى تفاهم، وصبر وحوار مع الجميع. وأكرّر، مع الجميع.

وإذ أفكّر في الالتزام العالمي بالسّلام، أُعرب عن تقديري العميق لاتخاذ هذا البلد قرار التخلّي عن الأسلحة النوويّة. وكذلك تطوير سياسة الطّاقة والبيئة المركزة على إزالة الكربون والاستثمار في المصادر النّظيفة، التي أظهرها المعرض الدّولي قبل خمس سنوات. إلى جانب الاهتمام بالحوار بين الأديان، كلّ هذا بذار أملٍ عملية، تُلقَى في أرض الإنسانيّة المشتركة، التي علينا نحن أن نزرعها للأجيال القادمة، وللشّباب، الذين يجب النظر إلى رغباتهم، لكي نتّخذ خيارات اليوم والغد. الكرسيّ الرّسوليّ قريب منكم في هذه المسيرة، بعد استقلال البلاد مباشرة، قبل ثلاثين سنة، أقيمت العلاقات الدبلوماسيّة بيننا، ويسعدني أن أزور البلاد في الفترة التي تسبق هذه الذّكرى. أؤكّد أنّ الكاثوليك، الموجودين في آسيا الوسطى منذ العصور القديمة، يرغبون في الاستمرار في الشّهادة لروح الانفتاح والحوار المحترم اللذَين يميّزان هذه الأرض. وهم يفعلون ذلك بدون روح البحث عن أتباعٍ لنا.

السّيّد الرّئيس، أيّها الأصدقاء الأعزّاء، أشكركم على ترحيبكم بي، إنّه يُظهِر روح الضّيافة المعروف لديكم، وأشكركم أيضًا على الفرصة لقضاء هذه الأيّام من الحوار الأخويّ مع قادة أديان كثيرة. ليبارك الله العليّ دعوة السّلام والوَحدة في كازاخستان، بلد اللقاء. لكم، أنتم الذين تتحمّلون المسؤوليّة الأساسيّة عن الخير العام، وعن كلّ سكّانه، أعبّر عن فرحي في أن أكون هنا، وإرادتي في أن أرافق بالصّلاة وبقربي، كلّ جَهدٍ من أجل مستقبلٍ مزدهر ومتناغم في هذا البلد الكبير. Raqmét! [شكرًا!]

بارك الله كازاخستان!

[01365-AR.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua russa

Господин Президент Республики,
уважаемые Члены Правительства и представители дипломатического Корпуса,
уважаемые представители религиозных и гражданских властей,
уважаемые представители общественных и культурных организаций,
Дамы и Господа!

Сердечно Вас приветствую и благодарю Господина Президента за сказанные мне слова. Я очень рад быть с вами здесь, на этой земле, столь же большой, сколь и древней, на которую я прибыл как паломник мира, в поисках диалога и единства. Наш мир срочно в них нуждается, необходимо восстановить в нем гармонию. Гармония. Ее в этой стране прекрасно символизирует традиционный и типичный музыкальный инструмент, с которым я уже познакомился – домбра. Она представляет собой культурный символ Казахстана, а также является одним из его самых важных символов - столь важных, что недавно ей посвятили специальный день. Именно домбру я хотел бы выбрать в качестве элемента, вокруг которого будет строиться моя речь - то, чем я хочу с вами поделиться.

Готовясь к этой поездке, я узнал, что уже в средние века играли на некоторых видах домбры, рассказывая нараспев под ее аккомпанемент саги и поэмы, и связывая таким образом прошлое с настоящим. Символ преемственности в разнообразии, она является ритмом памяти всей страны, и указывает насколько важно, в связи с быстрыми экономическими и социальными изменениями, не забывать о связях с жизнью тех, кто нам предшествовал. В том числе посредством традиций, которые позволяют прошлому стать сокровищем и ценить то, что было унаследовано. На ум мне приходит распространенный здесь чудесный обычай – утром в пятницу печь семь хлебов, чтобы почтить предков.

В памяти Казахстана, который Папа Иоанн Павел II во время паломничества на этой земле, назвал «Землей мучеников и верующих, Землей депортированных и героев, Землей мыслителей и художников» (Выступление во время церемонии приветствия, 22.09.2001), запечатлена славная история культуры, человечности и страдания. Как не вспомнить, в частности, лагеря для заключенных и массовые депортации, угнетение стольких народов, свидетелями которых стали города и бескрайние степи этих земель? Но этот произвол не смог покорить казахский народ: память о заключении расцвела заботой о том, чтобы включать в свое общество других. На этой земле, видевшей с незапамятных времен грандиозные перемещения народов, память о пережитых страдании и испытаниях является необходимым багажом, чтобы идти навстречу будущему, ставя на первое место достоинство человека, каждого человека, и каждой этнической, социальной и религиозной группы.

Вернемся к домбре: на ней играют, защипывая две струны. Также и Казахстан характеризует способность двигаться вперед, создавая гармонию между «двумя параллельными струнами»: суровые морозы зимой, жаркое лето; традиция и прогресс, которые символизирует встреча старинных городов с новыми современными – как например, его столица. Но, в первую очередь, в этой стране звучат мелодии двух душ – азиатской и европейской, благодаря чему определяется ее непрестанная «миссия - соединять два континента» (Id., Выступление перед молодежью, 23.9.2001); «мост между Европой и Азией», «соединительное звено между Востоком и Западом» (Id., Выступление на церемонии прощания, 25.9.2001). Струны домбры как правило звучат вместе с другими струнными инструментами – типичными в этих местах: их звук сливается в единое целое, единый хор, образовывая и созидая гармонию, которая упорядочивает общественную жизнь. Местная поговорка гласит: «начало успеха – единство». Это безусловно важно везде, но здесь особенно: в стране насчитывается почти сто пятьдесят этнических групп и более восьмидесяти языков. Это народы с различными историями, культурными и религиозными традициями, которые все вместе образуют невероятную симфонию и делают Казахстан полиэтнической, мультикультурной и многоконфессиональной уникальной лабораторией, указывая на его особое призвание – быть Страной встречи.

Я здесь, чтобы подчеркнуть важность и срочность этого аспекта, в который особый вклад должны вносить религии. В связи с этим имею честь быть участником седьмого Съезда Лидеров мировых и традиционных религий. Кстати Конституция Казахстана, которая определяет эту страну как светское государство, гарантирует свободу религии и веры. Здравая светскость, которая признает ценную и незаменимую роль религии и противостоит экстремизму, который ее извращает, представляет собой главное условие для равенства каждого гражданина, а также способствует развитию чувства принадлежности к государству у каждого этнического, лингвистического, культурного и религиозного компонента. Религиям необходима свобода слова, потому что они играют незаменимую роль в поиске Абсолюта и свидетельстве о Нем. Поэтому религиозная свобода – лучшая среда для формирования гражданского общества.

Эта потребность вписана в название этого народа, в слово «казах», указывающее на свободу и независимость в передвижении. Защита свободы - желание, вписанное в сердце каждого человека, единственное условие, чтобы встреча между людьми и группами была настоящей, а не искусственной, передается гражданскому обществу главным образом через признание прав, сопровождаемых обязанностями. Мне хотелось бы, в связи с этим, высоко оценить отмену смертной казни, что является утверждением ценности человеческой жизни, во имя права на надежду для каждой человеческой личности. Вместе с тем важно гарантировать свободу мысли, совести, слова, чтобы у каждого была возможность играть в обществе уникальную роль наравне с другими.

И здесь домбра может служить для нас стимулом. Она, в первую очередь, народный музыкальный инструмент, благодаря прекрасному звучанию которого сохраняется дух и сила народа. То же самое поручено и гражданским властям. Они первыми несут ответственность за содействие общему благу, что особенно осуществляется поддержкой демократии, которая является наиболее подходящей формой общественного устройства, потому что власть осуществляется в служении на благо всего народа, а не только меньшинства. Я знаю, что начинается, особенно это заметно в последние месяцы, процесс демократизации, направленный на укрепление компетенций Парламента и местных Властей, а в целом, на большее распределение власти. Этот трудный и конечно долгий путь достоен похвалы. Его нужно пройти не оглядываясь назад. Доверие к власти укрепляется, если обещания делаются без корыстных намерений и эффективно исполняются.

В любой стране демократия и модернизация не должны ограничиваться призывами, а соединяться с конкретным служением народу. Хорошая политика состоит в том, чтобы слушать людей, отвечать на их законные требования, постоянно вовлекать в нее гражданское общество, неправительственные и гуманитарные организации, обращать особое внимание на рабочих, молодежь, наиболее бедные группы населения, а также – каждое государство в мире нуждается в этом – бороться с коррупцией. Такой по-настоящему демократический политический подход – наиболее эффективный ответ на возможный экстремизм, персонализм и популизм, которые угрожают стабильности и благосостоянию народов. Необходима также определенная экономическая стабильность: в некоторых регионах, несмотря на значительные ресурсы, сначала этого года наблюдаются различные трудности. Это вызов не только для Казахстана, но и для всего мира, общее развитие которого тормозит повсеместная несправедливость, потому что ресурсы в мире распределяются неравномерно. Задача государства, в том числе частного сектора, обращаться со всеми слоями населения справедливо и соблюдать равенство в правах и обязанностях, а также содействовать экономическому развитию не ради выгоды немногих, но ради достоинства каждого трудящегося.

В последний раз обратимся к домбре - Скажут, что этот Папа – музыкант -. Благодаря ей Казахстан и другие страны этого региона сближаются друг с другом, а также вносится вклад в распространении культуры в мире. Желаю, чтобы таким же образом название этой великой Страны постоянно было синонимом гармонии и мира. Казахстан представляет собой перекресток важных геополитических узлов, поэтому ему принадлежит основополагающая роль в урегулировании конфликтов. После трагических событий в 2001 Папа Иоанн Павел Второй сразу направился сюда, чтобы сеять надежду. Я нахожусь здесь во время безумной и трагической войны, которая началась с вторжения в Украину, и сколько еще конфликтов угрожает миру. Я здесь, чтобы услышали крик тех, кто молит о мире, который представляет собой единственный путь развития в нашем глобализированном мире. И мир заключается в следующем: это важнейший путь развития для нашего глобализированного мира.

Поэтому необходимость дипломатических усилий для содействия диалогу и встрече становится все острее, ибо сегодня проблема одного – это проблема всех, и у кого в мире больше власти, на том лежит больше ответственности по отношению к другим, особенно это касается стран, которые из-за неумения решать проблемы никаким другим способом кроме конфликта переживают кризис. Об этом следует заботиться, а не только о собственных интересах. Пора научиться не усугублять вражду и прекратить усиливать противостоящие друг другу блоки. Нам нужны лидеры, которые, на международном уровне, могли бы способствовать взаимопониманию и диалогу между народами, и возродить «Хельсинкский дух», стремление укреплять мультилатерализм, строить более стабильный и спокойный мир, заботясь о новых поколениях. Для этого необходимы понимание, терпение и диалог со всеми. Повторяю: со всеми.

Именно в виду всеобщей приверженности делу мира, высоко оцениваю решительный отказ Казахстана от ядерного оружия, равно как развитие энергетической и экологической политики, основанной на декарбонизации и инвестировании в чистые источники энергии, что особо было отмечено пять лет назад на Всемирной выставке. Наряду с заботой о межрелигиозном диалоге, это все семена надежды, посаженные в общую почву человечества, которые мы должны взращивать ради новых поколений, ради молодежи, желания которой нужно учитывать, чтобы делать выбор сегодня и завтра. Святой Престол поддерживает вас на этом пути. Сразу же после провозглашения государственной независимости, тридцать лет тому назад, были установлены дипломатические отношения, и я рад посетить Казахстан в преддверии этой годовщины. Уверяю, что католики, которые с давних времен присутствуют в Средней Азии, стремятся выказывать дух открытости и уважительного диалога, которым славится эта земля. И делают они это без духа прозелитизма.

Господин Президент, дорогие друзья, благодарю вас за радушный прием, который свидетельствует о вашем знаменитом гостеприимстве, равно как за возможность провести эти дни братского диалога вместе с лидерами разных религий. Всевышний пусть благословит призвание Казахстана - Страны встречи - к миру и единству. Вам, на ком лежит главная ответственность за общее благо, и каждому жителю этой страны, выражаю свою радость от того, что я нахожусь здесь и желание сопровождать молитвой и дружеской поддержкой каждое усилие к созиданию благополучного и стабильного будущего этой великой страны. Рахмет! [спасибо!] Да благословит Бог Казахстан!

[01365-RU.02] [Testo originale: Italiano]

[B0677-XX.02]