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Messaggio del Santo Padre Francesco per la Celebrazione della Giornata Mondiale di Preghiera per la cura del Creato (1° settembre 2022), 21.07.2022


Messaggio del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Francesco in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per la cura del Creato (1° settembre 2022):

Messaggio del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle!

“Ascolta la voce del creato” è il tema e l’invito del Tempo del Creato di quest’anno. Il periodo ecumenico inizia il 1° settembre con la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato e si conclude il 4 ottobre con la festa di San Francesco. È un momento speciale per tutti i cristiani per pregare e prendersi cura insieme della nostra casa comune. Originariamente ispirato dal Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, questo tempo è un’opportunità per coltivare la nostra “conversione ecologica”, una conversione incoraggiata da San Giovanni Paolo II come risposta alla “catastrofe ecologica” preannunciata da San Paolo VI già nel 1970[1].

Se impariamo ad ascoltarla, notiamo nella voce del creato una sorta di dissonanza. Da un lato, è un dolce canto che loda il nostro amato Creatore; dall’altro, è un grido amaro che si lamenta dei nostri maltrattamenti umani.

Il dolce canto del creato ci invita a praticare una «spiritualità ecologica» (Lett. enc. Laudato si’, 216), attenta alla presenza di Dio nel mondo naturale. È un invito a fondare la nostra spiritualità sull’«amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale» (ibid., 220). Per i discepoli di Cristo, in particolare, tale luminosa esperienza rafforza la consapevolezza che «tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3). In questo Tempo del Creato, riprendiamo a pregare nella grande cattedrale del creato, godendo del «grandioso coro cosmico»[2] di innumerevoli creature che cantano le lodi a Dio. Uniamoci a San Francesco d’Assisi nel cantare: “Sii lodato, mio Signore, con tutte le tue creature” (cfr Cantico di frate sole). Uniamoci al Salmista nel cantare: «Ogni vivente dia lode al Signore!» (Sal 150,6).

Purtroppo, quella dolce canzone è accompagnata da un grido amaro. O meglio, da un coro di grida amare. Per prima, è la sorella madre terra che grida. In balia dei nostri eccessi consumistici, essa geme e ci implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione. Poi, sono le diverse creature a gridare. Alla mercé di un «antropocentrismo dispotico» (Laudato si’, 68), agli antipodi della centralità di Cristo nell’opera della creazione, innumerevoli specie si stanno estinguendo, cessando per sempre i loro inni di lode a Dio. Ma sono anche i più poveri tra noi a gridare. Esposti alla crisi climatica, i poveri soffrono più fortemente l’impatto di siccità, inondazioni, uragani e ondate di caldo che continuano a diventare sempre più intensi e frequenti. Ancora, gridano i nostri fratelli e sorelle di popoli nativi. A causa di interessi economici predatori, i loro territori ancestrali vengono invasi e devastati da ogni parte, lanciando «un grido che sale al cielo» (Esort. Ap. postsin. Querida Amazonia, 9). Infine, gridano i nostri figli. Minacciati da un miope egoismo, gli adolescenti chiedono ansiosi a noi adulti di fare tutto il possibile per prevenire o almeno limitare il collasso degli ecosistemi del nostro pianeta.

Ascoltando queste grida amare, dobbiamo pentirci e modificare gli stili di vita e i sistemi dannosi. Sin dall’inizio, l’appello evangelico «Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino!» (Mt 3,2), invitando a un nuovo rapporto con Dio, implica anche un rapporto diverso con gli altri e con il creato. Lo stato di degrado della nostra casa comune merita la stessa attenzione di altre sfide globali quali le gravi crisi sanitarie e i conflitti bellici. «Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana» (Laudato si’, 217).

Come persone di fede, ci sentiamo ulteriormente responsabili di agire, nei comportamenti quotidiani, in consonanza con tale esigenza di conversione. Ma essa non è solo individuale: «La conversione ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una conversione comunitaria» (ibid., 219). In questa prospettiva, anche la comunità delle nazioni è chiamata a impegnarsi, specialmente negli incontri delle Nazioni Unite dedicati alla questione ambientale, con spirito di massima cooperazione.

Il vertice COP27 sul clima, che si terrà in Egitto a novembre 2022, rappresenta la prossima opportunità per favorire tutti insieme una efficace attuazione dell’Accordo di Parigi. È anche per questo motivo che ho recentemente disposto che la Santa Sede, a nome e per conto dello Stato della Città del Vaticano, aderisca alla Convenzione-Quadro dell’ONU sui Cambiamenti Climatici e all’Accordo di Parigi, con l’auspicio che l’umanità del XXI secolo «possa essere ricordata per aver assunto con generosità le proprie gravi responsabilità» (ibid., 165). Raggiungere l’obiettivo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C è alquanto impegnativo e richiede la responsabile collaborazione tra tutte le nazioni a presentare piani climatici, o Contributi Determinati a livello Nazionale, più ambiziosi, per ridurre a zero le emissioni nette di gas serra il più urgentemente possibile. Si tratta di “convertire” i modelli di consumo e di produzione, nonché gli stili di vita, in una direzione più rispettosa nei confronti del creato e dello sviluppo umano integrale di tutti i popoli presenti e futuri, uno sviluppo fondato sulla responsabilità, sulla prudenza/precauzione, sulla solidarietà e sull’attenzione ai poveri e alle generazioni future. Alla base di tutto dev’esserci l’alleanza tra l’essere umano e l’ambiente che, per noi credenti, è specchio dell’«amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino»[3]. La transizione operata da questa conversione non può trascurare le esigenze della giustizia, specialmente per i lavoratori maggiormente colpiti dall’impatto del cambiamento climatico.

A sua volta, il vertice COP15 sulla biodiversità, che si terrà in Canada a dicembre, offrirà alla buona volontà dei governi l’importante opportunità di adottare un nuovo accordo multilaterale per fermare la distruzione degli ecosistemi e l’estinzione delle specie. Secondo l’antica saggezza dei Giubilei, abbiamo bisogno di «ricordare, tornare, riposare e ripristinare»[4]. Per fermare l’ulteriore collasso della “rete della vita” – la biodiversità – che Dio ci ha donato, preghiamo e invitiamo le nazioni ad accordarsi su quattro principi chiave: 1. costruire una chiara base etica per la trasformazione di cui abbiamo bisogno al fine di salvare la biodiversità; 2. lottare contro la perdita di biodiversità, sostenerne la conservazione e il recupero e soddisfare i bisogni delle persone in modo sostenibile; 3. promuovere la solidarietà globale, alla luce del fatto che la biodiversità è un bene comune globale che richiede un impegno condiviso; 4. mettere al centro le persone in situazioni di vulnerabilità, comprese quelle più colpite dalla perdita di biodiversità, come le popolazioni indigene, gli anziani e i giovani.

Lo ripeto: «Voglio chiedere, in nome di Dio, alle grandi compagnie estrattive – minerarie, petrolifere, forestali, immobiliari, agroalimentari – di smettere di distruggere i boschi, le aree umide e le montagne, di smettere d’inquinare i fiumi e i mari, di smettere d’intossicare i popoli e gli alimenti»[5].

Non si può non riconoscere l’esistenza di un «debito ecologico» (Laudato si’, 51) delle nazioni economicamente più ricche, che hanno inquinato di più negli ultimi due secoli; esso richiede loro di compiere passi più ambiziosi sia alla COP27 che alla COP15. Ciò comporta, oltre a un’azione determinata all’interno dei loro confini, di mantenere le loro promesse di sostegno finanziario e tecnico per le nazioni economicamente più povere, che stanno già subendo il peso maggiore della crisi climatica. Inoltre, sarebbe opportuno pensare urgentemente anche a un ulteriore sostegno finanziario per la conservazione della biodiversità. Anche i Paesi economicamente meno ricchi hanno responsabilità significative ma “diversificate” (cfr ibid., 52); i ritardi degli altri non possono mai giustificare la propria inazione. È necessario agire, tutti, con decisione. Stiamo raggiungendo “un punto di rottura” (cfr ibid., 61).

Durante questo Tempo del Creato, preghiamo affinché i vertici COP27 e COP15 possano unire la famiglia umana (cfr ibid., 13) per affrontare decisamente la doppia crisi del clima e della riduzione della biodiversità. Ricordando l’esortazione di San Paolo a rallegrarsi con chi gioisce e a piangere con chi piange (cfr Rm 12,15), piangiamo con il grido amaro del creato, ascoltiamolo e rispondiamo con i fatti, perché noi e le generazioni future possiamo ancora gioire con il dolce canto di vita e di speranza delle creature.

Roma, San Giovanni in Laterano, 16 luglio 2022, Memoria della B.V. Maria del Monte Carmelo.

FRANCESCO

________________

[1] Cfr Discorso alla F.A.O., 16 novembre 1970.
[2] S. Giovanni Paolo II, Udienza Generale, 10 luglio 2002.
[3] Discorso all’Incontro “Fede e Scienza verso la COP26”, 4 ottobre 2021.
[4] Messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, 1° settembre 2020.
[5] Videomessaggio ai movimenti popolari, 16 ottobre 2021.

[01107-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

MESSAGE DE SA SAINTETÉ
LE PAPE FRANÇOIS
POUR LA CÉLÉBRATION DE LA JOURNÉE MONDIALE DE PRIÈRE
POUR LA SAUVEGARDE DE LA CRÉATION

1er septembre 2022

Chers frères et sœurs !

“Écoutez la voix de la Création” est le thème et l’invitation du Temps de la Création de cette année. La période œcuménique commence le 1er septembre avec la Journée Mondiale de Prière pour la Sauvegarde de la Création et se termine le 4 octobre avec la fête de saint François. C’est un moment privilégié pour tous les chrétiens, pour prier et prendre soin ensemble de notre maison commune. Inspirée à l’origine par le Patriarcat Œcuménique de Constantinople, ce temps est l’occasion de cultiver notre “conversion écologique”, une conversion encouragée par saint Jean-Paul II en réponse à la “catastrophe écologique” annoncée d’avance par saint Paul VI déjà en 1970.[1]

Si nous apprenons à l’écouter, nous remarquons une sorte de dissonance dans la voix de la création. D’un côté, elle est un chant doux qui loue notre Créateur bien-aimé ; de l’autre, elle est un cri amer qui déplore nos mauvais traitements humains.

Le doux chant de la création nous invite à pratiquer une « spiritualité écologique » (Lett. enc. Laudato si’, n. 216), attentive à la présence de Dieu dans le monde naturel. C’est une invitation à fonder notre spiritualité sur « la conscience amoureuse de ne pas être déconnecté des autres créatures, de former avec les autres êtres de l’univers une belle communion universelle » (ibid., n. 220). Pour les disciples du Christ, en particulier, cette expérience lumineuse renforce la conscience que « c’est par lui que tout est venu à l’existence, et rien de ce qui s’est fait ne s’est fait sans lui » (Jn 1, 3). En ce Temps de la Création, reprenons la prière dans la grande cathédrale de la création, en profitant du « chœur cosmique grandiose »[2] des innombrables créatures qui chantent les louanges de Dieu. Joignons-nous à saint François d’Assise pour chanter : « Loué sois-tu, mon Seigneur, avec toutes tes créatures » (cf. Cantique de frère soleil). Joignons-nous au Psalmiste pour chanter : « Que tout être vivant chante louange au Seigneur ! » (Ps 150, 6).

Malheureusement, cette douce chanson est accompagnée d’un cri amer. Ou plutôt, par un chœur de cris amers. D’abord, c'est la sœur mère terre qui crie. À la merci de nos excès de consommation, elle gémit et nous supplie d’arrêter nos abus et sa destruction. Ensuite, ce sont les différentes créatures qui crient. À la merci d’un « anthropocentrisme despotique » (Laudato si’, n. 68), aux antipodes de la centralité du Christ dans l’œuvre de la création, d’innombrables espèces sont en voie de disparition, cessant à jamais leurs hymnes de louange à Dieu. Mais ce sont aussi les plus pauvres d’entre nous qui crient. Exposés à la crise climatique, les pauvres subissent le plus durement l’impact des sécheresses, des inondations, des ouragans et des vagues de chaleur qui continuent à devenir plus intenses et plus fréquents. Encore une fois, nos frères et sœurs des peuples autochtones crient. En raison d’intérêts économiques prédateurs, leurs territoires ancestraux sont envahis et dévastés de toutes parts, provoquant « une clameur vers le ciel » (Exhort. ap. postsyn. Querida Amazonia, n. 9). Enfin, nos enfants crient. Menacés par un égoïsme à courte vue, les adolescents nous demandent avec anxiété, à nous adultes, de faire tout notre possible pour empêcher ou du moins limiter l’effondrement des écosystèmes de notre planète.

En entendant ces cris amers, nous devons nous repentir et changer les modes de vie et les systèmes nuisibles. Dès le début, l’appel évangélique « Convertissez-vous, car le royaume des Cieux est tout proche ! » (Mt 3, 2), qui invite à une nouvelle relation avec Dieu, implique aussi une relation différente avec les autres et avec la création. L’état de dégradation de notre maison commune mérite la même attention que d’autres défis mondiaux tels que les graves crises sanitaires et les conflits armés. « Vivre la vocation de protecteurs de l’œuvre de Dieu est une part essentielle d’une existence vertueuse ; cela n’est pas quelque chose d’optionnel ni un aspect secondaire dans l’expérience chrétienne » (Laudato si’, n. 217).

En tant que personnes de foi, nous nous sentons également responsables d’agir, dans nos comportements quotidiens, en accord avec cette demande de conversion. Mais elle n’est pas seulement individuelle : « La conversion écologique requise pour créer un dynamisme de changement durable est aussi une conversion communautaire » (ibid., n. 219). Dans cette perspective, la communauté des nations est également appelée à s’engager, notamment dans les réunions des Nations Unies consacrées à la question environnementale, dans un esprit de coopération maximale.

Le sommet COP27 sur le climat, qui se tiendra en Égypte en novembre 2022, représente la prochaine occasion de promouvoir ensemble une mise en œuvre efficace de l’Accord de Paris. C’est également pour cette raison que j’ai récemment demandé que le Saint-Siège, au nom et pour le compte de l’État de la Cité du Vatican, adhère à la Convention-Cadre de l’ONU sur les Changements Climatiques et à l’Accord de Paris, dans l’espoir que l’humanité du 21ème siècle « pourra rester dans les mémoires pour avoir assumé avec générosité ses graves responsabilités » (ibid., n. 165). La réalisation de l’objectif de Paris, qui consiste à limiter l’augmentation de la température à 1,5°C, est un véritable défi et requiert la coopération responsable de toutes les nations qui doivent soumettre des plans climatiques ou des contributions déterminées au niveau national, plus ambitieux, pour réduire le plus rapidement possible à zéro les émissions nettes de gaz à effet de serre. Il s’agit de « convertir » les modèles de consommation et de production, ainsi que les modes de vie, dans une direction plus respectueuse de la création et du développement humain intégral de tous les peuples présents et futurs, un développement fondé sur la responsabilité, la prudence/précaution, la solidarité, l’attention aux pauvres et aux générations futures. À la base de tout doit se trouver l’alliance entre l’être humain et l’environnement qui, pour nous croyants, est le miroir de « l’amour créateur de Dieu, de qui nous venons et vers qui nous allons ».[3] La transition opérée par cette conversion ne peut négliger les exigences de la justice, en particulier pour les travailleurs les plus touchés par l’impact du changement climatique.

À son tour, le sommet de la COP15 sur la biodiversité, qui se tiendra au Canada en décembre, offrira à la bonne volonté des gouvernements l’occasion importante d’adopter un nouvel accord multilatéral pour arrêter la destruction des écosystèmes et l’extinction des espèces. Selon l’antique sagesse des Jubilés, nous avons besoin de « nous souvenir, revenir, nous reposer, réparer ».[4] Pour arrêter l’effondrement futur du “réseau de la vie” – la biodiversité – que Dieu nous a donné, nous prions et invitons les nations à s’accorder sur quatre principes clés : 1. construire une base éthique claire pour la transformation dont nous avons besoin pour sauver la biodiversité ; 2. lutter contre la perte de biodiversité, soutenir sa conservation et son rétablissement et répondre aux besoins des personnes de manière durable ; 3. promouvoir la solidarité mondiale, compte tenu du fait que la biodiversité est un bien commun mondial qui nécessite un engagement partagé ; 4. mettre au centre des personnes en situation de vulnérabilité, y compris les plus touchées par la perte de biodiversité ; comme les populations autochtones, les personnes âgées et les jeunes.

Je le répète : « Je veux demander, au nom de Dieu, aux grandes entreprises d’extraction – minières, pétrolières – forestières, immobilières et agroalimentaires d’arrêter de détruire les forêts, les zones humides et les montagnes, d’arrêter de polluer les rivières et les mers, d’arrêter d’intoxiquer les gens et les aliments ».[5]

On ne peut pas ignorer l’existence d’une « dette écologique » (Laudato si’, n. 51) des nations économiquement plus riches, qui ont le plus pollué au cours des deux derniers siècles ; il leur revient de faire des pas plus ambitieux tant à la COP27 qu’à la COP15. Cela implique, en plus d’une action déterminée à l’intérieur de leurs frontières, de tenir leurs promesses de soutien financier et technique aux nations économiquement plus pauvres, qui subissent déjà le lourd fardeau de la crise climatique. En outre, il serait également opportun de réfléchir urgemment à un soutien financier supplémentaire pour la conservation de la biodiversité. Les pays économiquement moins riches ont aussi des responsabilités significatives mais « diversifiées » (cf. ibid., n. 52) ; les retards des autres ne peuvent jamais justifier leur inaction. Il faut agir, tous, avec détermination. Nous parvenons à « un point de rupture » (cf. ibid., n. 61).

Au cours de ce Temps de la Création, prions pour que les sommets COP27 et COP15 puissent unir la famille humaine (cf. ibid., n. 13) afin d’affronter résolument la double crise du climat et de la diminution de la biodiversité. En rappelant l’exhortation de saint Paul à se réjouir avec ceux qui se réjouissent et à pleurer avec ceux qui pleurent (cf. Rm 12, 15), pleurons avec le cri amer de la création, écoutons-la et répondons par nos actes, afin que nous et les générations futures, nous puissions encore nous réjouir au doux chant de vie et d’espérance des créatures.

Rome, Saint-Jean-de-Latran, le 16 juillet 2022, Mémoire de la Bienheureuse Vierge Marie du Mont Carmel.

FRANÇOIS

_______________________

[1] Cf. Discours à la F.A.O., 16 novembre 1970.
[2] S. JEAN-PAUL II, Audience générale, 10 juillet 2002.
[3] Discours à la Rencontre “Foi et Science vers la COP 26”, 4 octobre 2021.
[4] Message pour la Journée Mondiale de Prière pour la Sauvegarde de la Création, 1er septembre 2020.
[5] Message Vidéo aux Mouvements Populaires, 16 octobre 2021.

[01107-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

MESSAGE OF HIS HOLINESS
POPE FRANCIS
FOR THE CELEBRATION OF THE WORLD DAY OF PRAYER
FOR THE CARE OF CREATION

1 SEPTEMBER 2022

Dear brothers and sisters!

“Listen to the voice of creation” is the theme and invitation of this year’s Season of Creation. The ecumenical phase begins on 1 September with the World Day of Prayer for the Care of Creation, and concludes on 4 October with the feast of Saint Francis. It is a special time for all Christians to pray and work together to care for our common home. Originally inspired by the Ecumenical Patriarchate of Constantinople, this Season is an opportunity to cultivate our “ecological conversion”, a conversion encouraged by Saint John Paul II as a response to the “ecological catastrophe” predicted by Saint Paul VI back in 1970.[1]

If we learn how to listen, we can hear in the voice of creation a kind of dissonance. On the one hand, we can hear a sweet song in praise of our beloved Creator; on the other, an anguished plea, lamenting our mistreatment of this our common home.

The sweet song of creation invites us to practise an “ecological spirituality” (Laudato Si’, 216), attentive to God’s presence in the natural world. It is a summons to base our spirituality on the “loving awareness that we are not disconnected from the rest of creatures, but joined in a splendid universal communion” (ibid., 220). For the followers of Christ in particular, this luminous experience reinforces our awareness that “all things came into being through him, and without him not one thing came into being” (Jn 1:3). In this Season of Creation, we pray once more in the great cathedral of creation, and revel in the “grandiose cosmic choir”[2] made up of countless creatures, all singing the praises of God. Let us join Saint Francis of Assisi in singing: “Praise be to you, my Lord, for all your creatures” (cf. Canticle of Brother Sun). Let us join the psalmist in singing, “Let everything that breathes praise the Lord!” (Ps 150:6).

Tragically, that sweet song is accompanied by a cry of anguish. Or even better: a chorus of cries of anguish. In the first place, it is our sister, mother earth, who cries out. Prey to our consumerist excesses, she weeps and implores us to put an end to our abuses and to her destruction. Then too, there are all those different creatures who cry out. At the mercy of a “tyrannical anthropocentrism” (Laudato si’, 68), completely at odds with Christ’s centrality in the work of creation, countless species are dying out and their hymns of praise silenced. There are also the poorest among us who are crying out. Exposed to the climate crisis, the poor feel even more gravely the impact of the drought, flooding, hurricanes and heat waves that are becoming ever more intense and frequent. Likewise, our brothers and sisters of the native peoples are crying out. As a result of predatory economic interests, their ancestral lands are being invaded and devastated on all sides, “provoking a cry that rises up to heaven” (Querida Amazonia, 9). Finally, there is the plea of our children. Feeling menaced by shortsighted and selfish actions, today’s young people are crying out, anxiously asking us adults to do everything possible to prevent, or at least limit, the collapse of our planet’s ecosystems.

Listening to these anguished cries, we must repent and modify our lifestyles and destructive systems. From its very first pages, the Gospel calls us to “repent, because the kingdom of heaven has come near” (Mt 3:2); it summons us to a new relationship with God, and also entails a different relationship with others and with creation. The present state of decay of our common home merits the same attention as other global challenges such as grave health crises and wars. “Living our vocation to be protectors of God’s handiwork is essential to a life of virtue; it is not an optional or a secondary aspect of our Christian experience” (Laudato si’, 217).

As persons of faith, we feel ourselves even more responsible for acting each day in accordance with the summons to conversion. Nor is that summons simply individual: “the ecological conversion needed to bring about lasting change is also a community conversion” (ibid., 219). In this regard, commitment and action, in a spirit of maximum cooperation, is likewise demanded of the community of nations, especially in the meetings of the United Nations devoted to the environmental question.

The COP27 conference on climate change, to be held in Egypt in November 2022 represents the next opportunity for all to join in promoting the effective implementation of the Paris Agreement. For this reason too, I recently authorized the Holy See, in the name of and on behalf of the Vatican City State, to accede to the UN Framework Convention on Climate Change and the Paris Agreement, in the hope that the humanity of the 21st century “will be remembered for having generously shouldered its grave responsibilities” (ibid., 65). The effort to achieve the Paris goal of limiting temperature increase to 1.5°C is quite demanding; it calls for responsible cooperation between all nations in presenting climate plans or more ambitious nationally determined contributions in order to reduce to zero, as quickly as possible, net greenhouse gas emissions. This means “converting” models of consumption and production, as well as lifestyles, in a way more respectful of creation and the integral human development of all peoples, present and future, a development grounded in responsibility, prudence/precaution, solidarity, concern for the poor and for future generations. Underlying all this, there is need for a covenant between human beings and the environment, which, for us believers, is a mirror reflecting “the creative love of God, from whom we come and towards whom we are journeying”.[3] The transition brought about by this conversion cannot neglect the demands of justice, especially for those workers who are most affected by the impact of climate change.

For its part, the COP15 summit on biodiversity, to be held in Canada in December, will offer to the goodwill of governments a significant opportunity to adopt a new multilateral agreement to halt the destruction of ecosystems and the extinction of species. According to the ancient wisdom of the Jubilee, we need to “remember, return, rest and restore”.[4] In order to halt the further collapse of biodiversity, our God-given “network of life”, let us pray and urge nations to reach agreement on four key principles: 1. to construct a clear ethical basis for the changes needed to save biodiversity; 2. to combat the loss of biodiversity, to support conservation and cooperation, and to satisfy people’s needs in a sustainable way; 3. to promote global solidarity in light of the fact that biodiversity is a global common good demanding a shared commitment; and 4. to give priority to people in situations of vulnerability, including those most affected by the loss of biodiversity, such as indigenous peoples, the elderly and the young.

Let me repeat: “In the name of God, I ask the great extractive industries – mining, oil, forestry, real estate, agribusiness – to stop destroying forests, wetlands, and mountains, to stop polluting rivers and seas, to stop poisoning food and people”.[5]

How can we fail to acknowledge the existence of an “ecological debt” (Laudato si’, 51) incurred by the economically richer countries, who have polluted most in the last two centuries; this demands that they take more ambitious steps at COP27 and at COP15. In addition to determined action within their borders, this means keeping their promises of financial and technical support for the economically poorer nations, which are already experiencing most of the burden of the climate crisis. It would also be fitting to give urgent consideration to further financial support for the conservation of biodiversity. Even the economically less wealthy countries have significant albeit “diversified” responsibilities (cf. ibid., 52) in this regard; delay on the part of others can never justify our own failure to act. It is necessary for all of us to act decisively. For we are reaching “a breaking point” (cf. ibid., 61).

During this Season of Creation, let us pray that COP27 and COP15 can serve to unite the human family (cf. ibid., 13) in effectively confronting the double crisis of climate change and the reduction of biodiversity. Mindful of the exhortation of Saint Paul to rejoice with those who rejoice and to weep with those who weep (cf. Rom 12:15), let us weep with the anguished plea of creation. Let us hear that plea and respond to it with deeds, so that we and future generations can continue to rejoice in creation’s sweet song of life and hope.

Rome, Saint John Lateran, 16 July 2022, Memorial of Our Lady of Mount Carmel

FRANCIS

___________________

[1] Address to F.A.O., 16 November 1970.
[2] SAINT JOHN PAUL II, General Audience, 10 July 2002.
[3] Address to the Meeting “Faith and Science towards COP26”, 4 October 2021.
[4] Message for the World Day of Prayer for the Care of Creation, 1 September 2020.
[5] Video Message to Popular Movements, 16 October 2021.

[01107-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

BOTSCHAFT VON
PAPST FRANZISKUS
ZUM WELTGEBETSTAG FÜR DIE BEWAHRUNG DER SCHÖPFUNG

1. September 2022

Liebe Brüder und Schwestern,

„Höre auf die Stimme der Schöpfung“, so heißt das Thema und die Einladung zur diesjährigen Zeit der Schöpfung. Die ökumenische Zeitspanne beginnt am 1. September mit dem Weltgebetstag für die Bewahrung der Schöpfung und endet am 4. Oktober mit dem Fest des heiligen Franziskus. Es ist eine besondere Zeit für alle Christen, um gemeinsam zu beten und für unser gemeinsames Haus Sorge zu tragen. Ursprünglich vom Ökumenischen Patriarchat von Konstantinopel inspiriert, ist diese Zeit eine Gelegenheit, unsere „ökologische Umkehr“ zu kultivieren, eine Umkehr, die vom heiligen Johannes Paul II. als Antwort auf die vom heiligen Paul VI. bereits 1970 vorausgesagte „ökologische Katastrophe“[1] gefördert wurde.

Wenn wir lernen, auf sie zu hören, bemerken wir eine Art Dissonanz in der Stimme der Schöpfung. Auf der einen Seite ist es ein süßes Lied, das unseren geliebten Schöpfer preist, auf der anderen Seite ist es ein bitterer Aufschrei, der unsere menschliche Misshandlung beklagt.

Der süße Gesang der Schöpfung lädt uns ein, eine »ökologische Spiritualität« (Enzyklika Laudato si', 216) zu praktizieren, die auf die Anwesenheit Gottes in der Natur achtet. Es ist eine Einladung, unsere Spiritualität auf das »liebevolle Bewusstsein [zu gründen], nicht von den anderen Geschöpfen getrennt zu sein, sondern mit den anderen Wesen des Universums eine wertvolle allumfassende Gemeinschaft zu bilden« (ebd., 220). Insbesondere für die Jünger Christi verstärkt eine solche erhellende Erfahrung das Bewusstsein, dass »alles […] durch das Wort geworden [ist] und ohne es wurde nichts, was geworden ist« (Joh 1,3). In dieser Zeit der Schöpfung sollten wir das Gebet in der großen Kathedrale der Schöpfung wieder aufnehmen und uns an dem »großartigen kosmischen Chor«[2] der unzähligen Geschöpfe erfreuen, die Gott loben. Schließen wir uns dem heiligen Franziskus von Assisi an und singen wir: »Gelobt seist Du, mein Herr, mit allen Deinen Geschöpfen« (vgl. Sonnengesang). Singen wir gemeinsam mit dem Psalmisten: »Alles, was atmet, lobe den Herrn!« (Ps 150,6).

Leider wird dieses süße Lied von einem bitteren Aufschrei begleitet. Oder besser gesagt, durch einen Chor von bitteren Schreien. Zunächst ist es Schwester, Mutter Erde, die schreit. Unseren Konsumexzessen ausgeliefert, stöhnt sie und fleht uns an, unseren Missbrauch und ihre Zerstörung zu beenden. Dann sind es die verschiedenen Geschöpfe, die aufschreien. Ausgeliefert an einen »despotischen Anthropozentrismus« (Laudato si', 68), diametral entgegengesetzt zur Zentralität Christi im Schöpfungswerk, sterben unzählige Arten aus und hören für immer auf, Gott zu preisen. Aber es sind auch die Ärmsten unter uns, die aufschreien. Die Armen, die der Klimakrise ausgesetzt sind, leiden am stärksten unter den Auswirkungen von Dürren, Überschwemmungen, Wirbelstürmen und Hitzewellen, die immer intensiver und häufiger werden. Und weiterhin schreien unsere Brüder und Schwestern der indigenen Völker auf. Wegen räuberischer Wirtschaftsinteressen werden ihre angestammten Gebiete von allen Seiten angegriffen und verwüstet, und sie stimmen »eine himmelschreiende Klage« an (Nachsynodales Apostolisches Schreiben Querida Amazonia, 9). Schließlich schreien unsere Kinder auf. Bedroht durch kurzsichtigen Egoismus, fordern die Jugendlichen uns Erwachsene angsterfüllt auf, alles zu tun, um den Zusammenbruch der Ökosysteme unseres Planeten zu verhindern oder zumindest zu begrenzen.

Wenn wir diese bitteren Aufschreie hören, müssen wir Buße tun und schädliche Lebensweisen und Systeme ändern. Der Aufruf des Evangeliums »Kehrt um! Denn das Himmelreich ist nahe« (Mt 3,2), der zu einer neuen Beziehung zu Gott einlädt, bringt auch eine veränderte Beziehung zu den anderen und zur Schöpfung mit sich. Der Zustand der Zerstörung unseres gemeinsamen Hauses verdient die gleiche Aufmerksamkeit wie andere globale Herausforderungen wie schwere Gesundheitskrisen und kriegerische Konflikte. »Die Berufung, Beschützer des Werkes Gottes zu sein, praktisch umzusetzen gehört wesentlich zu einem tugendhaften Leben; sie ist nicht etwas Fakultatives, noch ein sekundärer Aspekt der christlichen Erfahrung« (Laudato si', 217).

Als gläubige Menschen fühlen wir uns noch mehr verpflichtet, in unserem täglichen Verhalten dieser Aufforderung zur Umkehr nachzukommen. Aber sie ist nicht nur individuell: »Die ökologische Umkehr, die gefordert ist, um eine Dynamik nachhaltiger Veränderung zu schaffen, ist auch eine gemeinschaftliche Umkehr« (ebd., 219). In dieser Hinsicht ist auch die Staatengemeinschaft aufgerufen, sich insbesondere bei den UN-Tagungen, die sich mit Umweltfragen befassen, im Geiste größtmöglicher Zusammenarbeit zu engagieren.

Der COP27-Klimagipfel, der im November 2022 in Ägypten stattfinden wird, stellt die nächste Gelegenheit dar, um gemeinsam eine wirksame Umsetzung des Pariser Abkommens zu fördern. Auch aus diesem Grund habe ich kürzlich veranlasst, dass der Heilige Stuhl im Namen und im Auftrag des Staates der Vatikanstadt dem UN-Rahmenübereinkommen über den Klimawandel und dem Pariser Abkommen beitritt, in der Hoffnung, dass die Menschheit des 21. Jahrhunderts »in die Erinnerung eingehen kann, weil sie großherzig ihre schwerwiegende Verantwortung auf sich genommen hat« (ebd., 165). Die Erreichung des Pariser Ziels, den Temperaturanstieg auf 1,5°C zu begrenzen, ist eine große Herausforderung und erfordert die verantwortungsvolle Zusammenarbeit aller Nationen, anspruchsvollere Klimapläne oder national festgelegte Beiträge vorzulegen, um die Netto-Treibhausgasemissionen so schnell wie möglich auf Null zu reduzieren. Es geht darum, die Konsum- und Produktionsmuster sowie die Lebensstile in Hinblick auf einen achtsameren Umgang mit der Schöpfung und der ganzheitlichen menschlichen Entwicklung aller gegenwärtigen und künftigen Völker „umzuwandeln“, eine Entwicklung, die auf Verantwortung, Umsicht/Vorsicht, Solidarität und Sorge um die Armen und künftigen Generationen beruht. Dem Ganzen muss der Bund zwischen dem Menschen und der Umwelt zugrunde liegen, der für uns Gläubige Spiegel »der Schöpferliebe Gottes sein soll – des Gottes, in dem wir unseren Ursprung haben und zu dem wir unterwegs sind«[3]. Der durch diese Umstellung herbeigeführte Wandel darf die Forderungen nach Gerechtigkeit nicht vernachlässigen, vor allem nicht für diejenigen, die von den Auswirkungen des Klimawandels am meisten betroffen sind.

Der COP15-Gipfel zur biologischen Vielfalt, der im Dezember in Kanada stattfindet, wird seinerseits den Regierungen die Gelegenheit bieten, ein neues multilaterales Abkommen zu schließen, um die Zerstörung der Ökosysteme und das Artensterben zu stoppen. Nach der alten Weisheit der Jubeljahre brauchen wir eine Zeit »des Erinnerns, der Umkehr, des Ruhens, der Wiederherstellung und der Freude«[4]. Um den weiteren Zusammenbruch des „Netzes des Lebens“ - der biologischen Vielfalt -, das Gott uns geschenkt hat, aufzuhalten, bitten wir und rufen die Nationen auf, sich auf vier Schlüsselprinzipien zu einigen: 1. eine klare ethische Grundlage für den Wandel schaffen, den wir brauchen, um die biologische Vielfalt zu retten; 2. den Verlust der biologischen Vielfalt bekämpfen, ihre Erhaltung und Wiederherstellung unterstützen und die Bedürfnisse der Menschen auf nachhaltige Weise erfüllen; 3. Förderung der weltweiten Solidarität angesichts der Tatsache, dass die biologische Vielfalt ein globales Allgemeingut ist, das ein gemeinsames Engagement erfordert; 4. Menschen in Situationen der Schwäche in den Mittelpunkt rücken, einschließlich derjenigen, die am stärksten vom Verlust der biologischen Vielfalt betroffen sind, wie indigene Völker, ältere Menschen und junge Menschen.

Ich wiederhole: »Ich möchte im Namen Gottes die großen Bergbau-, Erdöl-, Forst-, Immobilien- und Agrarunternehmen auffordern, mit der Zerstörung von Wäldern, Feuchtgebieten und Bergen, der Verschmutzung von Flüssen und Meeren und der Vergiftung von Menschen und Lebensmitteln aufzuhören«[5].

Man kann nicht umhin, die Existenz einer »ökologischen Schuld« (Laudato si', 51) der wirtschaftlich reicheren Nationen anzuerkennen, die in den letzten zwei Jahrhunderten am meisten verschmutzt haben; diese verlangt von ihnen, sowohl auf der COP27 als auch auf der COP15 anspruchsvollere Schritte zu unternehmen. Das bedeutet, dass sie nicht nur innerhalb ihrer eigenen Grenzen entschlossen handeln, sondern auch ihre Zusagen zur finanziellen und technischen Unterstützung der wirtschaftlich ärmeren Länder einhalten, die bereits die größte Last der Klimakrise tragen. Weitere finanzielle Unterstützung für die Erhaltung der biologischen Vielfalt sollte ebenfalls dringend erwogen werden. Auch die wirtschaftlich weniger wohlhabenden Länder haben eine erhebliche, aber „diversifizierte“ Verantwortung (vgl. ebd., 52); die Verspätungen der anderen können niemals die eigene Untätigkeit rechtfertigen. Wir müssen handeln, wir alle, und zwar mit Entschlossenheit. Wir gelangen gerade zu einem „Bruch“ (vgl. ebd., 61).

Lasst uns in dieser Zeit der Schöpfung dafür beten, dass die Gipfeltreffen COP27 und COP15 die Menschheitsfamilie vereinen (vgl. ebd., 13), um die doppelte Krise des Klimas und der Verringerung der biologischen Vielfalt entschlossen anzugehen. Erinnern wir uns an die Aufforderung des heiligen Paulus, uns mit denen zu freuen, die sich freuen, und mit denen zu weinen, die weinen (vgl. Röm 12,15), und weinen wir mit dem bitteren Aufschrei der Schöpfung, hören wir ihn an und antworten wir mit Taten, damit wir und künftige Generationen uns weiterhin mit dem süßen Lied der Geschöpfe vom Leben und von der Hoffnung freuen können.

Rom, St. Johannes im Lateran, 16. Juli 2022, Gedenktag der seligen Jungfrau Maria auf dem Berge Karmel.

FRANZISKUS

______________________

[1] Vgl. Ansprache an die F.A.O., 16. November 1970.
[2] Hl. Johannes Paul II., Generalaudienz, 10. Juli 2002.
[3] Ansprache an die Teilnehmer der Begegnung „Glaube und Wissenschaft: Auf dem Weg zu COP26”, 4. Oktober 2021.
[4] Botschaft zum Weltgebetstag für die Bewahrung der Schöpfung, 1. September 2020.
[5] Videobotschaft an die Volksbewegungen, 16. Oktober 2021.

[01107-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

MENSAJE DEL SANTO PADRE
FRANCISCO
PARA LA JORNADA MUNDIAL
DE ORACIÓN POR EL CUIDADO DE LA CREACIÓN

1 de septiembre de 2022

Queridos hermanos y hermanas:

“Escucha la voz de la creación” es el tema y la invitación del Tiempo de la Creación de este año. El período ecuménico comienza el 1 de septiembre con la Jornada Mundial de Oración por el Cuidado de la Creación, y termina el 4 de octubre con la fiesta de san Francisco. Es un momento especial para que todos los cristianos recemos y cuidemos juntos nuestra casa común. Inspirado originalmente por el Patriarcado ecuménico de Constantinopla, este tiempo es una oportunidad para cultivar nuestra “conversión ecológica”, una conversión alentada por san Juan Pablo II como respuesta a la “catástrofe ecológica” anunciada por san Pablo VI ya en 1970.[1]

Si aprendemos a escucharla, notamos una especie de disonancia en la voz de la creación. Por un lado, es un dulce canto que alaba a nuestro amado Creador; por otro, es un amargo grito que se queja de nuestro maltrato humano.

El dulce canto de la creación nos invita a practicar una «espiritualidad ecológica» (Carta enc. Laudato si’, 216), atenta a la presencia de Dios en el mundo natural. Es una invitación a basar nuestra espiritualidad en la «amorosa conciencia de no estar desconectados de las demás criaturas, de formar con los demás seres del universo una preciosa comunión universal» (ibíd., 220). Para los discípulos de Cristo, en particular, esa experiencia luminosa refuerza la conciencia de que «todas las cosas fueron hechas por medio de la Palabra y sin ella no se hizo nada de todo lo que existe» (Jn 1,3). En este Tiempo de la Creación, volvamos a rezar en la gran catedral de la creación, disfrutando del «grandioso coro cósmico»[2] de innumerables criaturas que cantan alabanzas a Dios. Unámonos en el canto a san Francisco de Asís: «Loado seas, mi Señor, con todas tus criaturas» (Cántico de las criaturas). Unámonos al canto del salmista: «Que todos los seres vivientes alaben al Señor» (Sal 150,6).

Desgraciadamente, esa dulce canción va acompañada de un amargo grito. O más bien, por un coro de clamores amargos. En primer lugar, es la hermana madre tierra la que clama. A merced de nuestros excesos consumistas, ella gime y nos suplica que detengamos nuestros abusos y su destrucción. Son, pues, todas las criaturas las que gritan. A merced de un «antropocentrismo despótico» (Carta enc. Laudato si’, 68), en las antípodas de la centralidad de Cristo en la obra de la creación, innumerables especies se extinguen, interrumpiendo para siempre sus himnos de alabanza a Dios. Pero también son los más pobres entre nosotros los que gritan. Expuestos a la crisis climática, los pobres son los que más sufren el impacto de las sequías, las inundaciones, los huracanes y las olas de calor, que siguen siendo cada vez más intensos y frecuentes. Además, gritan nuestros hermanos y hermanas de los pueblos nativos. Debido a los intereses económicos depredadores, sus territorios ancestrales están siendo invadidos y devastados por todas partes, lanzando «un clamor que grita al cielo» (Exhort. ap. postsin. Querida Amazonia, 9). También nuestros hijos gritan. Amenazados por un egoísmo miope, los adolescentes exigen con ansiedad que los adultos hagamos todo lo posible para evitar o al menos limitar el colapso de los ecosistemas de nuestro planeta.

Al escuchar estos gritos amargos, debemos arrepentirnos y cambiar los estilos de vida y los sistemas perjudiciales. Desde el principio, la llamada evangélica «Conviértanse, porque el Reino de los Cielos está cerca» (Mt 3,2), invitando a una nueva relación con Dios, implica también una relación diferente con los demás y con la creación. El estado de degradación de nuestra casa común merece la misma atención que otros retos globales como las graves crisis sanitarias y los conflictos bélicos. «Vivir la vocación de ser protectores de la obra de Dios es parte esencial de una existencia virtuosa, no consiste en algo opcional ni en un aspecto secundario de la experiencia cristiana» (Carta enc. Laudato si’, 217).

Como personas de fe, sentimos además la responsabilidad de actuar, en nuestro comportamiento diario, en consonancia con esta necesidad de conversión, que no es sólo individual: «La conversión ecológica que se requiere para crear un dinamismo de cambio duradero es también una conversión comunitaria» (ibíd., 219). En esta perspectiva, la comunidad de naciones también está llamada a comprometerse, con un espíritu de máxima cooperación, especialmente en las reuniones de las Naciones Unidas dedicadas a la cuestión medioambiental.

La cumbre COP27 sobre el clima, que se celebrará en Egipto en noviembre de 2022, representa la próxima oportunidad para impulsar juntos una aplicación efectiva del Acuerdo de París. Es también por esta razón que recientemente he dispuesto que la Santa Sede, en nombre y representación del Estado de la Ciudad del Vaticano, se adhiera a la Convención Marco de la ONU sobre el Cambio Climático y al Acuerdo de París, con la esperanza de que la humanidad del siglo XXI «pueda ser recordada por haber asumido con generosidad sus graves responsabilidades» (ibíd., 165). Alcanzar el objetivo de París de limitar el aumento de la temperatura a 1,5 °C es todo un reto y requiere la cooperación responsable de todas las naciones para presentar planes climáticos o contribuciones determinadas a nivel nacional, más ambiciosas, para reducir las emisiones netas de gases de efecto invernadero a cero con la mayor urgencia posible. Se trata de “convertir” los modelos de consumo y producción, así como los estilos de vida, en una dirección más respetuosa con la creación y con el desarrollo humano integral de todos los pueblos presentes y futuros; un desarrollo fundamentado en la responsabilidad, en la prudencia/precaución, en la solidaridad y la preocupación por los pobres y las generaciones futuras. En la base de todo debe estar la alianza entre el ser humano y el medioambiente que, para nosotros los creyentes, es un espejo del «amor creador de Dios, del cual procedemos y hacia el cual caminamos»[3]. La transición que supone esta conversión no puede dejar de lado las exigencias de la justicia, especialmente para los trabajadores más afectados por el impacto del cambio climático.

A su vez, la cumbre COP15 sobre la biodiversidad, que se celebrará en diciembre en Canadá, ofrecerá a la buena voluntad de los gobiernos una importante oportunidad para adoptar un nuevo acuerdo multilateral que detenga la destrucción de los ecosistemas y la extinción de las especies. Según la antigua sabiduría de los Jubileos, necesitamos «recordar, regresar, descansar, reparar»[4]. Para detener el ulterior colapso de la “red de vida” ―la biodiversidad― que Dios nos ha dado, recemos y hagamos un llamamiento a las naciones para que se pongan de acuerdo en cuatro principios clave: 1. construir una base ética clara para la transformación que necesitamos a fin de salvar la biodiversidad; 2. luchar contra la pérdida de biodiversidad, apoyar su conservación y recuperación, y satisfacer las necesidades de las personas de forma sostenible; 3. promover la solidaridad global, teniendo en cuenta que la biodiversidad es un bien común global que requiere un compromiso compartido; 4. poner en el centro a las personas en situación de vulnerabilidad, incluidas las más afectadas por la pérdida de biodiversidad, como los pueblos indígenas, las personas mayores y los jóvenes.

Lo repito: «Quiero pedirles en nombre de Dios a las grandes corporaciones extractivas —mineras, petroleras—, forestales, inmobiliarias, agro negocios, que dejen de destruir los bosques, humedales y montañas, dejen de contaminar los ríos y los mares, dejen de intoxicar los pueblos y los alimentos»[5].

No se puede dejar de reconocer la existencia de una «deuda ecológica» (Carta enc. Laudato si’, 51) de las naciones económicamente más ricas, que son las que más han contaminado en los dos últimos siglos; ello las obliga a tomar medidas más ambiciosas tanto en la COP27 como en la COP15. Esto implica, además de una acción decidida dentro de sus propias fronteras, mantener sus promesas de apoyo financiero y técnico a las naciones económicamente más pobres, que ya están soportando el peso de la crisis climática. Asimismo, debería considerarse urgentemente la posibilidad de conceder más ayudas financieras para la conservación de la biodiversidad. También los países menos ricos económicamente tienen responsabilidades significativas, pero “diversificadas” (cf. ibíd., 52); los retrasos de los demás nunca pueden justificar su propia inacción. Es necesario que actuemos, todos, con decisión. Estamos llegando a “un punto de quiebre” (cf. ibíd., 61).

En este Tiempo de la Creación, recemos para que las cumbres COP27 y COP15 puedan unir a la familia humana (cf. ibíd., 13) para abordar con decisión la doble crisis del clima y la reducción de la biodiversidad. Recordando la exhortación de san Pablo de alegrarse con los que se alegran y llorar con los que lloran (cf. Rm 12,15), lloremos con el amargo grito de la creación, escuchémoslo y respondamos con hechos, para que nosotros y las generaciones futuras podamos seguir alegrándonos con el dulce canto de vida y esperanza de las criaturas.

Roma, San Juan de Letrán, 16 de julio de 2022, Memoria de la Bienaventurada Virgen María del Monte Carmelo

FRANCISCO

_________________________

[1] Cf. Discurso a la F.A.O. (16 noviembre 1970).
[2] S. Juan Pablo II, Audiencia General (10 julio 2002).
[3] Discurso en el Encuentro “Fe y Ciencia: hacia la COP26” (4 octubre 2021).
[4] Mensaje para la Jornada Mundial de Oración por el Cuidado de la Creación (1 septiembre 2020).
[5] Videomensaje a los movimientos populares (16 octubre 2021).

[01107-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

MENSAGEM DE SUA SANTIDADE

PAPA FRANCISCO

PARA A CELEBRAÇÃO DO DIA MUNDIAL

DE ORAÇÃO PELO CUIDADO DA CRIAÇÃO

(1 de setembro de 2022)

Queridos irmãos e irmãs!

«Escuta a voz da criação» é o tema e o convite do «Tempo da Criação» deste ano. O período ecuménico começa no dia 1 de setembro com o Dia Mundial de Oração pelo Cuidado da Criação e termina a 4 de outubro com a festa de São Francisco. É um momento especial para todos os cristãos, a fim de orarmos e cuidarmos, juntos, da nossa casa comum. Inspiração originária do Patriarcado Ecuménico de Constantinopla, este «Tempo» é uma oportunidade para aperfeiçoarmos a nossa «conversão ecológica», uma conversão encorajada por São João Paulo II como resposta à «catástrofe ecológica» pressagiada por São Paulo VI já em 1970.[1]

Se se aprende a escutá-la, notamos uma espécie de dissonância na voz da criação. Por um lado, é um canto doce que louva o nosso amado Criador; por outro, é um grito amargo que se lamenta dos nossos maus-tratos humanos.

O canto doce da criação convida-nos a praticar uma «espiritualidade ecológica» (Francisco, Carta enc. Laudato si', 216), atenta à presença de Deus no mundo natural. É um convite a fundar a nossa espiritualidade na «consciência amorosa de não estar separado das outras criaturas, mas de formar com os outros seres do universo uma estupenda comunhão universal» (Ibid., 220). Particularmente para os discípulos de Cristo, esta experiência luminosa reforça a consciência de que «por Ele é que tudo começou a existir; e sem Ele nada veio à existência» (Jo 1, 3). Neste «Tempo da Criação», retomemos a oração na grande catedral da criação, gozando do «grandioso coro cósmico»[2] de inúmeras criaturas que cantam louvores a Deus. Unamo-nos a São Francisco de Assis cantando «louvado sejas, meu Senhor, com todas as tuas criaturas» (cf. Cântico do Irmão Sol). Unamo-nos ao Salmista cantando «todo o ser vivo louve o Senhor» (Sal 150, 6).

Esta canção doce, infelizmente, é acompanhada por um grito amargo. Ou melhor, por um coro de gritos amargos. Primeiro, é a irmã Madre Terra que grita. À mercê dos nossos excessos consumistas, geme implorando para pararmos com os nossos abusos e a sua destruição. Depois gritam as diversas criaturas. À mercê dum «antropocentrismo despótico» (Laudato si', 68), nos antípodas da centralidade de Cristo na obra da criação, estão a extinguir-se inúmeras espécies, cessando para sempre os seus hinos de louvor a Deus. Mas gritam também os mais pobres entre nós. Expostos à crise climática, sofrem mais severamente o impacto de secas, inundações, furacões e vagas de calor que se vão tornando cada vez mais intensas e frequentes. E gritam ainda os nossos irmãos e irmãs de povos indígenas. Por causa de predatórios interesses económicos, os seus territórios ancestrais são invadidos e devastados por todo o lado, lançando «um clamor que brada ao céu» (Francisco, Exort. ap. pós-sinodal Querida Amazonia, 9). Enfim gritam os nossos filhos. Ameaçados por um egoísmo míope, os adolescentes pedem-nos ansiosamente, a nós adultos, que façamos todo o possível para prevenir ou pelo menos limitar o colapso dos ecossistemas do nosso planeta.

Escutando estes gritos amargos, devemo-nos arrepender e mudar os estilos de vida e os sistemas danosos. O apelo evangélico inicial – «convertei-vos, porque está próximo o Reino do Céu» (Mt 3, 2) –, ao convidar a uma nova relação com Deus, pede também uma relação diferente com os outros e com a criação. O estado de degrado da nossa casa comum merece a mesma atenção que outros desafios globais, como as graves crises sanitárias e os conflitos bélicos. «Viver a vocação de guardiões da obra de Deus não é algo de opcional nem um aspeto secundário da experiência cristã, mas parte essencial duma existência virtuosa» (Laudato si', 217).

Como pessoas de fé, sentimo-nos ainda mais responsáveis por adotar comportamentos diários em consonância com a referida exigência de conversão. Mas esta não é apenas individual: «a conversão ecológica, que se requer para criar um dinamismo de mudança duradoura, é também uma conversão comunitária» (Ibid., 219). Nesta perspetiva, a própria comunidade das nações é chamada a empenhar-se, com espírito de máxima cooperação, especialmente nos encontros das Nações Unidas dedicados à questão ambiental.

A cimeira COP27 sobre o clima, que se vai realizar no Egito em novembro de 2022, constitui a próxima oportunidade para promover, todos juntos, uma eficaz implementação do Acordo de Paris. Também por este motivo dispus recentemente que a Santa Sé, em nome e por conta do Estado da Cidade do Vaticano, adira à Convenção-Quadro da ONU sobre as Mudanças Climáticas e ao Acordo de Paris, com a esperança de que a humanidade do século XXI «possa ser lembrada por ter assumido com generosidade as suas graves responsabilidades» (Ibid., 165). Alcançar o objetivo de Paris de limitar o aumento da temperatura a 1,5°C é bastante árduo e requer uma colaboração responsável entre todas as nações para apresentar planos climáticos ou Contribuições Determinadas a nível nacional mais ambiciosos, para reduzir a zero, com a maior urgência possível, as emissões globais dos gases de efeito estufa. Trata-se de «converter» os modelos de consumo e produção, bem como os estilos de vida, numa direção mais respeitadora da criação e do progresso humano integral de todos os povos presentes e futuros, um progresso fundado na responsabilidade, na prudência/precaução, na solidariedade e atenção aos pobres e às gerações futuras. Na base de tudo, deve estar a aliança entre o ser humano e o meio ambiente que, para nós crentes, é «espelho do amor criador de Deus, de Quem provimos e para Quem estamos a caminho».[3] A transição realizada por esta conversão não pode negligenciar as exigências da justiça, especialmente para com os trabalhadores mais afetados pelo impacto das mudanças climáticas.

Por sua vez, a cimeira COP15 sobre a biodiversidade, que terá lugar no Canadá em dezembro, proporcionará à boa vontade dos Governos uma oportunidade importante para adotarem um novo acordo multilateral para deter a destruição dos ecossistemas e a extinção das espécies. Segundo a antiga sabedoria dos Jubileus, temos necessidade de «recordar, regressar, repousar e restaurar».[4] Para impedir um colapso ainda mais grave da «rede da vida» – biodiversidade – que Deus nos concedeu, rezemos e convidemos as nações a porem-se de acordo sobre quatro princípios-chave: 1º construir uma base ética clara para a transformação que precisamos a fim de salvar a biodiversidade; 2º lutar contra a perda de biodiversidade, apoiar a sua conservação e recuperação e satisfazer de forma sustentável as necessidades das pessoas; 3º promover a solidariedade global, tendo em vista que a biodiversidade é um bem comum global que requer um empenho compartilhado; 4º colocar no centro as pessoas em situações de vulnerabilidade, incluindo as mais afetadas pela perda de biodiversidade, como as populações indígenas, os idosos e os jovens.

Repito: «Quero pedir, em nome de Deus, às grandes empresas extrativas – mineiras, petrolíferas, florestais, imobiliárias, agro-alimentares – que deixem de destruir florestas, zonas húmidas e montanhas, que deixem de poluir rios e mares, que deixem de intoxicar as pessoas e os alimentos».[5]

É impossível não reconhecer a existência duma «dívida ecológica» (Laudato si', 51) das nações economicamente mais ricas, que poluíram mais nos últimos dois séculos; isso exige que elas realizem passos mais ambiciosos tanto na COP27 como na COP15. Além duma decidida ação dentro das suas fronteiras, inclui cumprir as suas promessas de apoio financeiro e técnico às nações economicamente mais pobres, que já sofrem o peso maior da crise climática. Além disso, seria oportuno pensar urgentemente também num maior apoio financeiro para a conservação da biodiversidade. Significativas, embora «diversificadas» (cf. ibid., 52), são também as responsabilidades dos países economicamente menos ricos; os atrasos dos outros não podem jamais justificar a inação de quem quer que seja. É necessário agirem todos, com decisão. Estamos a chegar a «um ponto de rutura» (cf. ibid., 61).

Durante este «Tempo da Criação», rezemos para que as cimeiras COP27 e COP15 possam unir a família humana (cf. ibid., 13) para enfrentar decididamente a dupla crise do clima e da redução da biodiversidade. Recordando a exortação de São Paulo para nos alegrar com os que se alegram e chorar com os que choram (cf. Rm 12, 15), choremos com o grito amargo da criação, escutemo-lo e respondamos com os factos para que nós e as gerações futuras possamos ainda alegrar-nos com o canto doce de vida e de esperança das criaturas.

Roma, São João de Latrão, na Memória de Nossa Senhora do Carmo, dia 16 de julho de 2022.

FRANCISCO

____________________

[1] Cf. Discurso à FAO, 16 de novembro de 1970.
[2] São João Paulo II, Audiência Geral, 10 de julho de 2002.
[3] Discurso no Encontro «Fé e Ciência, rumo à COP26», 4 de outubro de 2021.
[4] Francisco, Mensagem para o Dia Mundial de Oração pelo Cuidado da Criação, 1 de setembro de 2020.
[5] Vídeo-mensagem aos Movimentos Populares, 16 de outubro de 2021.

[01107-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

ORĘDZIE JEGO ŚWIĄTOBLIWOŚCI
PAPIEŻA FRANCISZKA
NA OBCHODY
ŚWIATOWEGO DNIA MODLITW
O OCHRONĘ ŚWIATA STWORZONEGO

1 września 2022 r.

Drodzy bracia i siostry!

„Wsłuchaj się w głos stworzenia” to temat i zachęta tegorocznego Czasu dla Stworzenia. Okres ekumeniczny rozpoczyna się 1 września Światowym Dniem Modlitw o Ochronę Świata Stworzonego, a kończy dnia 4 października świętem św. Franciszka. Jest to szczególny czas dla wszystkich chrześcijan, aby razem modlić się i troszczyć o nasz wspólny dom. Czas ten, zainspirowany pierwotnie przez Ekumeniczny Patriarchat Konstantynopola, jest okazją do pielęgnowania naszego „nawrócenia ekologicznego”, do którego zachęcał św. Jan Paweł II jako odpowiedzi na „katastrofę ekologiczną”, zapowiedzianą przez św. Pawła VI już w 1970 r.[1].

Jeśli uczymy się słuchać głosu stworzenia, to zauważamy w nim swoisty dysonans. Z jednej strony jest to słodka pieśń wychwalająca naszego umiłowanego Stwórcę, z drugiej zaś gorzki krzyk, który żali się przez nasze ludzkie złe traktowanie.

Słodka pieśń stworzenia zaprasza nas do praktykowania „duchowości ekologicznej” (Enc. Laudato si', 216), wrażliwej na obecność Boga w świecie przyrody. Jest to zachęta do oparcia naszej duchowości na „miłującej świadomości, że nie jesteśmy odłączeni od innych stworzeń, tworząc z innymi istotami wszechświata wspaniałą powszechną komunię” (tamże, 220). Szczególnie w uczniach Chrystusa, takie wspaniałe doświadczenie wzmacnia świadomość, że „wszystko przez Niego się stało, a bez Niego nic się nie stało, co się stało” (J 1, 3). W tym Czasie dla Stworzenia podejmijmy na nowo modlitwę w wielkiej katedrze stworzenia, ciesząc się „wzniosłym chórem kosmicznym”[2] niezliczonych stworzeń wyśpiewujących Bogu chwałę. Dołączmy do św. Franciszka z Asyżu w śpiewie: „Pochwalon bądź, o mój Panie, z wszystkimi Twymi stworzeniami” (Pieśń słoneczna). Dołączmy do psalmisty w śpiewie: „Wszystko, co żyje, niech chwali Pana!” (Ps 150, 6).

Niestety, tej słodkiej pieśni towarzyszy gorzkie wołanie. A raczej chór gorzkich okrzyków. Jako pierwsza woła nasza siostra matka Ziemia. Zdana na łaskę naszych konsumpcyjnych ekscesów, jęczy i błaga nas o zaprzestanie naszych nadużyć i jej niszczenia. Następnie wołają różne stworzenia. Zdane na łaskę „despotycznego antropocentryzmu” (Laudato si', 68), na antypodach centralnego miejsca Chrystusa w dziele stworzenia, wymierają niezliczone gatunki, na zawsze zaprzestając swoich hymnów pochwalnych ku czci Boga. Ale wołają także najubożsi spośród nas. Narażeni na kryzys klimatyczny, najdotkliwiej odczuwają oni skutki susz, powodzi, huraganów i fal upałów, które wciąż stają się coraz intensywniejsze i częstsze. Ponadto, wołanie wznoszą też nasi bracia i siostry z rdzennych narodów. Z powodu żarłocznych interesów ekonomicznych, terytoria ich przodków są najeżdżane i dewastowane ze wszystkich stron, wznosząc „protest wołający też do nieba” (Posynod. adhort. apost. Querida Amazonia, 9). Wreszcie wołają nasze dzieci. Młodzież zagrożona krótkowzrocznym egoizmem, z niepokojem prosi nas, dorosłych, abyśmy zrobili wszystko, co w naszej mocy, by zapobiec lub przynajmniej ograniczyć zapaść ekosystemów naszej planety.

Słysząc te gorzkie wołania, musimy okazać skruchę i zmienić szkodliwe style życia i mechanizmy. Od samego początku ewangeliczne wezwanie: „Nawracajcie się, bo bliskie jest królestwo niebieskie” (Mt 3, 2), zapraszające do nowej relacji z Bogiem, zakłada również inną relację z drugimi ludźmi i ze stworzeniem. Stan degradacji naszego wspólnego domu zasługuje na taką samą uwagę jak inne globalne wyzwania, takie jak poważne kryzysy zdrowotne czy konflikty zbrojne. „Życie powołaniem, by być obrońcami dzieła Bożego, jest istotną częścią życia uczciwego, nie zaś czymś opcjonalnym, ani też drugorzędnym elementem doświadczenia chrześcijańskiego” (Laudato si', 217).

Jako ludzie wiary, czujemy się dodatkowo zobowiązani do działania poprzez nasze codzienne zachowania i w zgodzie z owym wymaganiem nawrócenia. Ale nie jest ono tylko indywidualne: „Nawrócenie ekologiczne, niezbędne do stworzenia dynamiki trwałej zmiany, jest także nawróceniem wspólnotowym” (tamże, 219). W tej perspektywie, do zaangażowania się wezwana jest również wspólnota narodów, zwłaszcza podczas spotkań Organizacji Narodów Zjednoczonych, poświęconych zagadnieniom środowiskowym, w duchu jak największej współpracy.

Szczyt klimatyczny COP27, który odbędzie się w Egipcie w listopadzie 2022 r., stanowi kolejną okazję do wspólnego wspierania skutecznej realizacji Porozumienia Paryskiego. Również z tego powodu wydałem niedawno polecenie, aby Stolica Apostolska, w imieniu i na rzecz Państwa Watykańskiego, przystąpiła do Ramowej Konwencji Narodów Zjednoczonych w sprawie zmian klimatu i Porozumienia Paryskiego, w nadziei, że ludzkość XXI wieku „zostanie zapamiętana z tego powodu, że wielkodusznie podjęła swoje poważne obowiązki” (tamże, 165). Osiągnięcie celu paryskiego, jakim jest ograniczenie wzrostu temperatury do 1,5°C, jest sporym wyzwaniem i wymaga odpowiedzialnej współpracy między wszystkimi narodami w celu przedstawienia ambitniejszych planów klimatycznych lub ustalonych wkładów na poziomie krajowym, aby jak najszybciej zredukować emisje gazów cieplarnianych netto do zera. Chodzi o „przestawienie” wzorców konsumpcji i produkcji, a także stylu życia, w kierunku bardziej szanującym stworzenie i integralny rozwój ludzki wszystkich narodów obecnych i przyszłych, rozwój oparty na odpowiedzialności, roztropności/przezorności, solidarności i trosce o ubogich i o przyszłe pokolenia. U podstaw tego wszystkiego musi być przymierze między człowiekiem a środowiskiem, które dla nas, wierzących, jest odzwierciedleniem „stwórczej miłości Boga, od którego pochodzimy i ku któremu zdążamy”[3].

Przemiana spowodowana tym przestawieniem nie może pomijać wymogów sprawiedliwości, zwłaszcza w odniesieniu do osób najbardziej dotkniętych skutkami zmian klimatycznych.

Z kolei, grudniowy szczyt COP15 poświęcony różnorodności biologicznej, który odbędzie się w grudniu, w Kanadzie, stworzy dla dobrej woli rządów ważną okazję do przyjęcia nowego wielostronnego porozumienia, aby powstrzymać niszczenie ekosystemów i wymieranie gatunków. Zgodnie ze starożytną mądrością lat jubileuszowych, musimy „przypominać, powracać, odpoczywać i naprawiać”[4]. Aby powstrzymać dalszy upadek „sieci życia” – bioróżnorodności – którą dał nam Bóg, modlimy się i wzywamy narody do uzgodnienia czterech kluczowych zasad: 1. zbudowania jasnej etycznej podstawy dla transformacji, której potrzebujemy, aby ocalić bioróżnorodność; 2. przeciwdziałania utracie bioróżnorodności, wspierania jej ochrony i odbudowy oraz zaspokajania potrzeb ludzi w sposób zrównoważony; 3. promowania globalnej solidarności, mając na uwadze fakt, że różnorodność biologiczna jest wspólnym dobrem ogólnoświatowym, które wymaga wspólnego zaangażowania; 4. skupienia się na osobach będących w trudnych sytuacjach, w tym osobach najbardziej dotkniętych utratą różnorodności biologicznej, takich jak ludność tubylcza, osoby starsze i młodzież.

Powtarzam: „Pragnę prosić, w imię Boga, wielkie firmy wydobywcze – górnicze, przemysłu ropy naftowej, leśnicze, nieruchomości, agrobiznesowe – o zaprzestanie niszczenia lasów, mokradeł i gór, o zaprzestanie zanieczyszczania rzek i mórz, o zaprzestanie zatruwania ludzi i środków spożywczych”[5].

Nie można nie uznać istnienia „długu ekologicznego” (Laudato si', 51) narodów bogatszych gospodarczo, które w ostatnich dwóch stuleciach najbardziej powodowały zanieczyszczenie; wymaga to od nich podjęcia ambitniejszych kroków zarówno podczas COP27, jak i COP15. Pociąga to za sobą, oprócz zdecydowanych działań w obrębie ich granic, dotrzymanie obietnic, dotyczących wsparcia finansowego i technicznego dla krajów uboższych gospodarczo, które już teraz ponoszą większy ciężar kryzysu klimatycznego.

Ponadto, należałoby również pilnie rozważać dalsze wsparcie finansowe dla zachowania różnorodności biologicznej. Kraje mniej zamożne gospodarczo również mają znaczące, ale „zróżnicowane” odpowiedzialności (por. tamże, 52); zwlekaniem innych nigdy nie można tłumaczyć własnej bezczynności. Musimy działać, wszyscy, zdecydowanie. Dochodzimy do „punktu przełomowego” (por. tamże, 61).

W tym Czasie dla Stworzenia módlmy się, aby szczyty COP27 i COP15 mogły zjednoczyć rodzinę ludzką (por. tamże, 13) dla zdecydowanego zmierzenia się z podwójnym kryzysem: związanym z klimatem i zmniejszeniem różnorodności biologicznej. Przypominając zachętę św. Pawła, aby radować się z tymi, którzy się radują i płakać z tymi, którzy płaczą (por. Rz 12, 15), płaczmy z gorzkim krzykiem stworzenia, słuchajmy go i odpowiadajmy czynami, abyśmy my i przyszłe pokolenia mogli nadal radować się słodkim śpiewem życia i nadziei stworzeń.

Rzym, u św. Jana na Lateranie, dnia 16 lipca 2022 roku, we wspomnienie Najświętszej Maryi Panny z Góry Karmel

FRANCISZEK

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[1] Por. Paweł VI, Przemówienie z okazji 25-lecia F.A.O. (16 listopada 1970): AAS 62 (1970), 833.
[2] JAN PAWEŁ II, Audiencja generalna (10 lipca 2002): L'Osservatore Romano, wyd. polskie, n. 10-11 (247)/2002, s. 47.
[3] Franciszek, Przemówienie do uczestników spotkania „Wiara i nauka: w kierunku COP26”(4 października 2021).
[4] Franciszek, Orędzie na Światowy Dzień Modlitw o Ochronę Świata Stworzonego (1 września 2020).
[5] Videomessaggio del Santo Padre Francesco in occasione del IV Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari, 16 ottobre 2021.

[01107-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

 

رسالة

قداسة البابا فرنسيس

في مناسبة الاحتفال باليوم العالمي للصّلاة من أجل العناية بالخليقة

(الأوّل من أيلول/سبتمبر 2022)

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء!

”أصغ إلى صوت الخليقة“ هذا هو موضوع ودعوة زمن الخليقة هذا العام. الزمن المسكونيّ يبدأ في الأوّل من أيلول/سبتمبر باليوم العالميّ للصّلاة من أجل العناية بالخليقة وينتهي في 4 تشرين الأوّل/أكتوبر بعيد القدّيس فرنسيس. إنّه زمن خاص لجميع المسيحيّين للصلاة والعناية ببيتنا المشترك معًا. هذا الزمن، المستلهم في الأصل من بطريركيّة القسطنطينيّة المسكونيّة، هو فرصة لتنمية ”توبتنا في ما يختص بالبيئة“، وهي توبة شجعها القدّيس يوحنا بولس الثاني جوابًا على ”الكارثة البيئيّة“ التي سبق ونبَّه لها من قبل القدّيس بولس السادس في عام 1970[1].

إن تعلّمنا الاصغاء إليها، سنلاحظ نوعًا من التنافر في صوت الخليقة. من ناحية، هو صوت غناء عذب يمدح خالقنا الحبيب، ومن ناحية أخرى، هو صوت صرخة مريرة تشكّو من سوء معاملتنا الإنسانيّة للبيئة.

غناء الخليقة العذب يدعونا إلى أن نمارس "روحانيّة إيكولوجيّة" (رسالة عامة بابويّة، كُنْ مُسَبَّحًا، 216)، متنبّهة لحضور الله في العالم الطبيعيّ. إنّها دعوة إلى تأسيس روحانياتنا على "الوعي المُحبّ بأنّنا لسنا منفصلين عن بقيّة الخلائق، بل نكوّن مع باقي الكائنات شركة كونيّة جميلة" (المرجع نفسه، 220). بالنسبة لتلاميذ المسيح، على وجه الخصّوص، فإنّ هذه الخبرة المنيرة تقوّي الوعي بأنّه "بِه كانَ كُلُّ شَيء وبِدونِه ما كانَ شَيءٌ مِمَّا كان" (يوحنّا 1، 3). في زمن الخليقة هذا، لنستأنف الصّلاة في كاتدرائيّة الخليقة الكبيرة، ونستمتع بـ "الجوقة الكونيّة العظيمة"[2] من مخلوقات لا حصر لها وهي تغنيّ أناشيد حمد لله. لننضّم إلى القدّيس فرنسيس الأسيزي في الترنيمة: "لك الحمد ربي على كلّ مخلوقاتك" (راجع نشيد الشمس أختنا). ولننضّم إلى المرنّم في الترنيمة: "كُلّ نَسَمَةٍ فلتسَبِّحِ الرَّبّ" (مزمور 150، 6).

للأسف، ذلك النشيد العذب مصحوب بصرخة مريرة. أو بالأحرى بجوقة تصرخ صراخًا مريرًا. أوّلاً، إنّها أمنا وأختنا الأرض التي تصرخ. فهي رَهنُ تجاوزاتنا الاستهلاكيّة، وتئِنُّ وتتوّسل إلينا لنوقف إساءتنا وتدميرنا لها. ثمّ، المخلوقات المختلفة تصرخ، مُخضَعَةً "لمركزيّة أنثروبولوجية" مستبدَّة (رسالة عامة بابويّة، كُنْ مُسَبَّحًا، 68)، هي نقيض مركزيّة المسيح في عمل الخلق. فيموت عدد لا يُحصى من الأجناس، وتتوقّف إلى الأبد عن تسبيح لله. ويصرخ الفقراء بيننا أيضًا، أشدُّهم فقرًا. فهم يتعرَّضون لأزمة المناخ، ويعانون أشدّ المعاناة من آثار الجفاف والفيضانات والأعاصير وموجات الحرّ التي تزداد حدّة وتواترًا. مرة أخرى، إخوتنا وأخواتنا من الشّعوب الأصليّة يصرخون. بسبب المصالح الاقتصاديّة الأنانيّة، تمّ غزو أراضيّ أجدادهم وتدميرها من جميع الجهات، فأطلقوا "صرخة ترتفع إلى السّماء" (الإرشاد الرسوليّ ما بعد السينودس، الأمازون الحبيب، 9). أخيرًا، أبناؤنا يصرخون. بعد تهديد أنانيّة قصر النظر، المراهقون يطلبون بقلق منّا نحن البالغين أن نفعل كلّ ما هو ممكن لنمنع أو على الأقل للحدِّ من انهيار النظم البيئيّة في كوكبنا.

بالإصغاء إلى هذه الصّرخات المريرة، يجب أن نتوب ونغيّر أنماط حياتنا وأنظمتنا الضّارة. منذ البداية، كان النداء الإنجيليّ: "توبوا، قدِ اقتَربَ مَلكوتُ السَّموات" (متّى 3، 2)، وقد دعا إلى علاقة جديدة مع الله، تضمن أيضًا علاقة مختلفة مع الآخرين ومع الخليقة. إنّ الحالة المتدّهورة لبيتنا المشترك تستحق نفس الاهتمام الذي تحظى به التحديّات العالميّة الأخرى مثل الأزمات الصحيّة الحادة والصّراعات الحربيّة. "إن عيش دعوتنا كحراسٍ لعمل الله هو جزء أساسيّ من حياة فاضلة، وهذا الأمر ليس اختياريًّا ولا ثانويًّا في الخبرة المسيحيّة" (رسالة عامة بابويّة، كُنْ مُسَبَّحًا، 217).

بكوننا مؤمنين، نشعر بمزيد من المسؤوليّة لنعمل، في تصرفاتنا اليوميّة، بما يتَّفق مع هذه الحاجة إلى التوبة. لكن التوبة ليست أمرًا فرديًا فقط: "التوبة الإيكولوجيّة المطلوبة من أجل خلق ديناميّة تغيِير مستدام هي أيضًا توبة جماعيّة" (المرجع نفسه، 219). ومن هذا المنظور، فإنّ المجتمع الدوليّ مدعوٌ أيضًا إلى الالتزام، لا سيّما في اجتماعات الأمّم المتحدّة المخصَّصة لمسألة البيئة، وبأكبر قدر ممكن من روح التعاون.

قمّة (COP27) للمناخ، التي ستُعقد في مصر في تشرين الثاني/نوفمبر 2022، تمثّل الفرصة القادمة لتعزيز التنفيذ الفعّال معًا لاتفاق باريس. ولهذا السّبب أيضًا، طلبت أن يكون الكرسيّ الرّسوليّ، باسم ونيابة عن دولة حاضرة الفاتيكان، عضوًا في اتفاقيّة الأمّم المتحدّة-الإطار بشأن تغيّر المناخ وفي اتفاقيّة باريس، على أمل أنّ "تُذكَرَ إنسانيّة القرن الحادي والعشرين أنّها تحمّلت بكلّ ما يلزم مسؤولياتها الجسام" (المرجع نفسه، 165). يعدّ تحقيق هدف اتفاقيّة باريس المتمثّل في الحدّ من ارتفاع درجة الحرارة إلى 1.5 درجة مئويّة أمرًا صعبًا جدًّا ويتطلّب تعاونًا مسؤولًا بين جميع الدول لتقدّيم خطَط مناخيّة، أو مساهمات محدّدة على مستوى الدول، وأن تكون أكثر طموحًا لتقليل انبعاثات غازات الاحتباس الحراريّ إلى درجة صفر على وجه السّرعة قدر الإمكان. إنّها مسألة ”تغيِير“ نماذج الاستهلاك والإنتاج، وكذلك أنماط الحياة، في اتجاه يضمن مزيدًا من الاحترام للخليقة والتنميّة البشريّة المتكاملة لجميع الشّعوب الحاليّة والمستقبليّة، وهو تطوّر يقوم على المسؤوليّة والفطنة والحذر، وعلى التضامن والاهتمام بالفقراء وأجيال المستقبل. على أساس كلّ شيء يجب أن يكون العهد بين الإنسان والبيئة التي هي، لنا نحن المؤمنين، مرآة "حبِّ اللهِ الخالق، الذي منه أتيْنا وإليه نعود"[3]. التحوّل الذي أحدثه هذا التغيير لا يمكن أن يتجاهل مقتضيات العدل، خاصّة بالنسبة للعمال الذين تضرّروا أكثر من غيرهم من تغيّر المناخ.

وبدورها، قمة التنوّع البيولوجي (COP15)، التي ستُعقد في كندا في كانون الأوّل/ديسمبر، ستقدّم للنوايا الحسنة في الحكومات فرصة مهمّة لتبنّي اتفاقيّة جديدة متعدّدة الأطراف لوقف تدمير النظم البيئيّة وانقراض الأجناس. حسب الحكمة القديمة لليوبيل، نحتاج إلى "التذكّر والرجوع والراحة والإصلاح"[4]. لوقف المزيد من الانهيار لـ ”شبكة الحياة“ - التنوّع البيولوجيّ – الذي أعطانا إياه الله، نصلّي وندعو الدول إلى أن تتفق على أربعة مبادئ رئيسيّة: الأوّل: بناء أساس أخلاقيّ واضح للتحوّل الذي نحتاج إليه من أجل إنقاذ التنوّع البيولوجيّ. الثاني: مكافحة فقدان التنوّع البيولوجيّ، ودعم الحفاظ عليه واستعادته، وتلبيّة احتياجات الناس بطريقة مستدامة. الثالث: تعزيز التضامن العالميّ، في ضوء هذا الواقع أنّ التنوّع البيولوجيّ هو خير عالميّ مشترك يتطلّب التزامًا مشتركًا. الرابع: التركيز على الأشخاص الضعاف والمعرَّضين للضرّر أكثر من غيرهم، من فقدان التنوّع البيولوجيّ، مثل السّكان الأصليّين وكبار السّنّ والشّباب.

أكرّر ذلك: "أريد باسم الله أن أطلب من الشّركات الاستثماريّة الكبرى – شركات التعدين والنفط والغابات والعقارات والأغذيّة – أن توقف تدمير الغابات والأراضي الرطبة والجبال، وأن توقف تلويث الأنهار والبحار، وأن توقف تسميم الشّعوب والغذاء"[5].

لا يمكن ألّا نعترف بوجود "دَينٍ إيكولوجيّ" (رسالة عامة بابويّة، كُنْ مُسَبَّحًا، 51) على الدول الغنيّة في اقتصادها، التي سبّبت التلوث أكثر من غيرها في القرنَين الماضيَين. هذا الدَين الإيكولوجيّ يتطلّب منها أن تتخذ المزيد من الخطوات الطّموحة في كلّ من القمتَين COP27 وCOP15. وهذا يشمل، بالإضافة إلى الإجراءات الحازمة داخل حدودها، الوفاء بوعودها بتقديم الدّعم المالي والفنيّ للدول الأكثر فقرًا اقتصاديًا، التي بدأت تتحمّل العبء الأكبر من أزمة المناخ. بالإضافة إلى ذلك، ينبغي النظر على وجه السّرعة في المزيد من الدّعم الماليّ لحفظ التنوّع البيولوجيّ. حتى البلدان الأقل ثراءً اقتصاديًّا لديها مسؤوليات كبيرة ولو ”متفاوتة“ (راجع المرجع نفسه، 52). تقاعس الآخرين لا يمكن أن يكون سببًا لتقاعسنا عن العمل. يجب علينا جميعًا أن نقوم بعمل حاسم. نحن على وشك أن نصل إلى ”نقطة انهيار“ (راجع المرجع نفسه، 61).

خلال زمن الخليقة هذا، لنصلِّ من أجل أن توحّد القمتَان COP27 و COP15 الأسرّة البشريّة (راجع المرجع نفسه، 13) لمواجهة الأزمة المزدوجة، أزمة المناخ وأزمة تقليص التنوّع البيولوجيّ. لنتذكّر نصيحة القدّيس بولس بأن نفرح مع الفرحين ونبكي مع الباكين (راجع رومة 12، 15)، لنبكِ مع صرخة الخليقة المريرة، ولنصغِ إليها ولنستجِب بالأفعال، حتى نتمكّن نحن والأجيال القادمة من أن نفرح بنشيد الحياة العذب وبأمل المخلوقات.

صَدَرَت في روما، في بازيليكا القدّيس يوحنا في اللاتران، يوم 16 تموز/يوليو 2022، في تذكار الطوباويّة مريم العذراء سيّدة جبل الكرمل.

فرنسيس

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[1] راجع كلمة إلى منظمة الأغذية والزراعة، 16 تشرين الثاني/نوفمبر 1970.

[2] القدّيس يوحنا بولس الثاني، لقاء عام، 10 تموز/يوليو 2002.

[3] كلمة في لقاء الإيمان والعِلم: نحو المؤتمر السادس والعشرين للأطراف في الاتفاقية الإطارية بشأن التغيّر المناخي (COP26)، 4 تشرين الأوّل/أكتوبر 2021.

[4] رسالة في مناسبة اليوم العالمي للصّلاة من أجل العناية بالخليقة، 1 أيلول/سبتمبر 2020.

[5] رسالة إلى الحركات الشعبيّة، 16 تشرين الأوّل/أكتوبر 2021.

[01107-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0547-XX.02]