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Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la VI Giornata Mondiale dei Poveri, 14.06.2022


Alle ore 11.30 di questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la VI Giornata Mondiale dei Poveri, che sarà celebrata domenica 13 novembre 2022, sul tema “Gesù Cristo si è fatto povero per voi” (Cfr 2 Cor 8,9).

Sono intervenuti: S.E. Mons. Rino Fisichella, Arcivescovo titolare di Voghenza, e Mons. Graham Bell.

Riportiamo di seguito l’intervento di S.E. Mons. Rino Fisichella:

Intervento di S.E. Mons. Rino Fisichella

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua spagnola

Testo in lingua italiana

“Quanti poveri genera l’insensatezza della guerra!” (n. 2). È in questo grido, probabilmente, che si può racchiudere il Messaggio di Papa Francesco per la VI Giornata Mondiale dei Poveri, che quest’anno ricorrerà il 13 novembre. Lo sguardo di chi prende tra le mani questo testo si fissa necessariamente sulle tristi vicende che si stanno sperimentando in questi mesi e che terranno ancora intere popolazioni sotto il ricatto della paura e della guerra nelle prossime settimane. A nessuno sfugge l’appello che ogni giorno il Papa fa sentire al mondo perché si prenda coscienza delle conseguenze che la guerra produce. Ci sono quelle più immediate che creano milioni di profughi e “deportazione di migliaia di persone, soprattutto bambini e bambine” (n. 2) che vengono sradicate dalla loro terra, dalla cultura con le sue tradizioni, e dalla stessa lingua per imporre loro una identità estranea frutto del calcolo e del sopruso. In poche righe viene incontro una descrizione di violenza e dolore che non possono lasciare tranquilli: “Sono milioni le donne, i bambini, gli anziani costretti a sfidare il pericolo delle bombe pur di mettersi in salvo… ogni giorno convivono con la paura e la mancanza di cibo, acqua, cure mediche e soprattutto gli affetti” (n. 2).

Ci sono comunque le conseguenze che derivano dal prolungarsi delle guerre che creano forti disagi e sofferenze anche nelle popolazioni che vivono limitrofe e che per la dipendenza delle risorse a livello globale subiscono gli inevitabili disagi e sacrifici. Al Messaggio non sfugge questa condizione che viene descritta con precisione: “Più si protrae il conflitto, più si aggravano le sue conseguenze. I popoli che accolgono fanno sempre più fatica a dare continuità al soccorso; le famiglie e le comunità iniziano a sentire il peso di una situazione che va oltre l’emergenza. È questo il momento di non cedere e di rinnovare la motivazione iniziale. Ciò che abbiamo iniziato ha bisogno di essere portato a compimento con la stessa responsabilità” (n. 4).

Papa Francesco con il suo stile a cui non manca la parresia, cioè il parlare chiaro senza fare sconti a nessuno, entra direttamente nel cuore della problematica: “Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche e si mette in pratica la fede attraverso il coinvolgimento diretto, che non può essere delegato a nessuno” (n. 7). Il suo pensiero si sviluppa in tre passaggi che permettono di delineare un sentiero di impegno fattivo e di solidarietà responsabile. Il primo è quello di rifiutare ogni forma di “rilassatezza che porta ad assumere comportamenti non coerenti, qual è l’indifferenza nei confronti dei poveri” (n. 7). È un tema che ritorna spesso nel magistero del Papa perché è una condizione culturale frutto di un esasperato secolarismo che rinchiude le persone all’interno di una muraglia cinese senza più senso di responsabilità sociale, con l’illusione di vivere un’esistenza felice ma di fatto effimera e senza fondamento. Papa Francesco parla del “sonno dell’indifferenza” da cui è necessario svegliarsi proprio attraverso l’impegno nella carità: “Chi è indifferente vede tutto uguale, come di notte, e non s’interessa di chi gli sta vicino. Quando orbitiamo solo attorno a noi stessi e ai nostri bisogni, indifferenti a quelli degli altri, la notte scende nel cuore. Il cuore diventa oscuro. Presto si comincia a lamentarsi di tutto, poi ci si sente vittime di tutti e infine si fanno complotti su tutto. Lamentele, senso di vittima e complotti. È una catena. Oggi questa notte sembra calata su tanti, che reclamano per sé e si disinteressano degli altri. Come ridestarci da questo sonno dell’indifferenza? Con la vigilanza della carità… La carità è il cuore pulsante del cristiano: come non si può vivere senza battito, così non si può essere cristiani senza carità. A qualcuno sembra che provare compassione, aiutare, servire sia cosa da perdenti! In realtà è l’unica cosa vincente, perché è già proiettata al futuro, al giorno del Signore, quando tutto passerà e rimarrà solo l’amore” (Omelia 29 novembre 2020).

Il secondo passaggio è quello di assumere la solidarietà come forma di impegno sociale e cristiano: “La solidarietà, in effetti, è proprio questo: condividere il poco che abbiamo con quanti non hanno nulla, perché nessuno soffra. Più cresce il senso della comunità e della comunione come stile di vita e maggiormente si sviluppa la solidarietà… Come membri della società civile, manteniamo vivo il richiamo ai valori di libertà, responsabilità, fratellanza e solidarietà. E come cristiani, ritroviamo sempre nella carità, nella fede e nella speranza il fondamento del nostro essere e del nostro agire” (n. 5). L’analisi di Papa Francesco in questo orizzonte non è priva di riferimenti concreti. In questi decenni infatti molti Paesi, attraverso leggi che hanno incentivato politiche familiari e sostenuto progetti sociali, hanno realizzato delle vere conquiste economiche che hanno portato a una “crescita significativa per tante famiglie che hanno raggiunto uno stato di vita sicuro” (n. 5). È giunto il momento, quindi, della condivisione di questo “patrimonio di sicurezza e stabilità” (n. 5), perché nessuno abbia a trovarsi nell’indigenza e nella miseria. Una partecipazione responsabile che abbandona le varie forme di assistenzialismo troppo facile da perseguire e senza vera efficacia per la dignità delle persone (cfr. n. 7), per assumere un comportamento che si fa forte della “attenzione sincera e generosa che permette di avvicinarsi a un povero come a un fratello che tende la mano perché io mi riscuota dal torpore in cui sono caduto” (n. 7). Ciò richiede una vigilanza capace di considerare il giusto valore del denaro. Un accenno importante questo perché Papa Francesco si dimostra profondo conoscitore del cuore umano quando annota: “il problema non è il denaro in sé, perché esso fa parte della vita quotidiana delle persone e dei rapporti sociali. Ciò su cui dobbiamo riflettere è, piuttosto, il valore che il denaro possiede per noi: non può diventare un assoluto, come se fosse lo scopo principale. Un simile attaccamento impedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguardo, impedendo di vedere le esigenze degli altri. Nulla di più nocivo potrebbe accadere a un cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera e fallimentare” (n. 7).

Il terzo passaggio diventa propositivo con l’immagine che guiderà i credenti nella VI Giornata Mondiale dei Poveri. È la citazione dalla seconda Lettera di Paolo ai cristiani di Corinto: “Gesù Cristo si è fatto povero per voi” (2Cor 8,9). Il contesto della Lettera dell’apostolo è quello della raccolta di fondi per sostenere i poveri della comunità di Gerusalemme. I Corinti che avevano aderito immediatamente con entusiasmo a questa iniziativa con il protrarsi del tempo si stancano e diventano meno generosi. Una condizione che si ripete nel corso del tempo e che manifesta più l’emotività con cui si reagisce davanti alla povertà che non la responsabilità di una scelta che si rende tangibile in un impegno che non conosce sosta né fatica. La testimonianza dei cristiani, quindi, ha bisogno di essere sostenuta dall’esempio che Gesù stesso ha donato: “la vera ricchezza non consiste nell’accumulare «tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano» (Mt 6,19), ma piuttosto nell’amore vicendevole che ci fa portare i pesi gli uni degli altri così che nessuno sia abbandonato o escluso” (n. 8).

È necessario farsi forti dell’esperienza vissuta in questi ultimi due anni che ha permesso a tutti, nessuno escluso, di sperimentare una forma di povertà come la debolezza, il senso del limite, la paura, la mancanza di affetti e tanto altro, per acquisire qualcosa di realmente essenziale per la vita: “non siamo al mondo per sopravvivere, ma perché a tutti sia consentita una vita degna e felice. Il messaggio di Gesù ci mostra la via e ci fa scoprire che c’è una povertà che umilia e uccide, e c’è un’altra povertà, la sua, che libera e rende sereni” (n. 8). La prima si riconosce immediatamente perché è dinanzi ai nostri occhi nelle forme più disparate; è la “miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita. È la miseria che, mentre costringe nella condizione di indigenza estrema, intacca anche la dimensione spirituale, che, anche se spesso è trascurata, non per questo non esiste o non conta. Quando l’unica legge diventa il calcolo del guadagno a fine giornata, allora non si hanno più freni ad adottare la logica dello sfruttamento delle persone: gli altri sono solo dei mezzi. Non esistono più giusto salario, giusto orario lavorativo, e si creano nuove forme di schiavitù, subite da persone che non hanno alternativa e devono accettare questa velenosa ingiustizia pur di racimolare il minimo per il sostentamento” (n. 8). La seconda, al contrario, è quella che appare paradossale e spesso impensabile da perseguire per il nostro contemporaneo e, tuttavia, è quella che libera perché “si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorra e puntare sull’essenziale. In effetti, si può facilmente riscontrare quel senso di insoddisfazione che molti sperimentano, perché sentono che manca loro qualcosa di importante e ne vanno alla ricerca come erranti senza meta. Desiderosi di trovare ciò che possa appagarli, hanno bisogno di essere indirizzati verso i piccoli, i deboli, i poveri per comprendere finalmente quello di cui avevano veramente necessità. Incontrare i poveri permette di mettere fine a tante ansie e paure inconsistenti, per approdare a ciò che veramente conta nella vita e che nessuno può rubarci: l’amore vero e gratuito. I poveri, in realtà, prima di essere oggetto della nostra elemosina, sono soggetti che aiutano a liberarci dai lacci dell’inquietudine e della superficialità” (n. 8).

Che questa scelta sia possibile e reale, Papa Francesco lo mostra con l’esempio di san Charles de Foucauld “un uomo che, nato ricco, rinunciò a tutto per seguire Gesù e diventare con Lui povero e fratello di tutti” (n. 10). Un uomo dei nostri giorni che umanamente non ha visto i frutti che la sua santità ha portato e, tuttavia, è passato alla storia per la sua scelta di essere povero. È da queste pagine, pertanto, che si snoderà l’impegno delle Chiese locali per la celebrazione della VI Giornata Mondiale dei Poveri che ogni anno diventa sempre più radicata nel cuore dei cristiani di tutto il mondo con iniziative tra le più svariate, frutto della carità creativa che anima e suscita l’impegno della fede.

Papa Francesco attraverso l’impegno del Dicastero per l’evangelizzazione nella sezione che per competenza ha la responsabilità di questa Giornata Mondiale, vivrà questo momento con la tradizionale Celebrazione Eucaristica di Domenica 13 novembre e le diverse iniziative che nel corso della settimana precedente raggiungeranno le varie forme di povertà della sua Diocesi di Roma. Lo scorso anno, sono state raggiunte 5000 famiglie a cui è giunto un kit di medicinali da banco per far fronte alla pandemia e alle varie patologie di stagione, offerto da Angelini Pharma S.p.A., Procter & Gamble e Regia Congressi. Inoltre sono stati distribuiti tonnellate di viveri (generi alimentari di prima necessità come olio, sale, zucchero, passata di pomodoro, caffè, latte, riso,… ) ottenuti per la generosità della Famiglia Fedeli dei Supermercati Elite e della famiglia Ferro della pasta La Molisana. Altrettanta solidarietà è stata espressa da Unipol Sai che ha permesso di pagare le bollette di acqua, luce, gas, assicurazioni e affitti a 500 famiglie che la disoccupazione e varie contingenze hanno reso impedite di corrispondere con il rischio di condizioni di vita disumane. Insomma, questo e tanto altro è stato reso possibile, come ci auguriamo continuerà ad esserlo, perché tante persone hanno raccolto l’invito alla generosità così come agli inizi della nostra storia l’apostolo aveva rivolto ai primi cristiani non per farne un comando piuttosto per rendere tutti maggiormente sensibili alle esigenze di fratelli e sorelle che vivono nel disagio e nella povertà.

[00939-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

«Combien de pauvres engendrent l’absurdité de la guerre!» (n. 2). C’est probablement dans ce cri que l’on peut comprendre le Message du Pape François pour la VIe Journée mondiale des pauvres, qui aura lieu cette année le 13 novembre. Le regard de celui qui prend ce texte entre les mains perçoit nécessairement les tristes événements qui se vivent ces derniers mois et qui tiendront encore des populations entières sous le chantage de la peur et de la guerre dans les prochaines semaines. Personne n’échappe à l’appel que chaque jour le Pape fait entendre au monde pour qu’il prenne conscience des conséquences que produit la guerre. Il y a celles plus immédiates qui créent des millions de réfugiés et «déportation de milliers de personnes, surtout des garçons et des filles» (n. 2) qui sont déracinées de leur terre, de la culture avec ses traditions, et de la même langue pour leur imposer une identité étrangère issues du calcul et de l’abus. En quelques lignes, il y a une description de la violence et de la douleur qui ne peuvent pas laisser les gens tranquilles: «Des millions de femmes, d’enfants, de personnes âgées sont contraintes de défier le danger des bombes pour se mettre en sécurité (...) chaque jour, ils vivent avec la peur et le manque de nourriture, d’eau, de soins médicaux et surtout les personnes atteintes» (n. 2).

Il y a cependant les conséquences qui dérivent de la prolongation des guerres qui créent de graves difficultés et souffrances même chez les populations qui vivent limitrophes et qui, en raison de la dépendance des ressources au niveau mondial, subissent les inévitables difficultés et sacrifices. Le Message n’échappe pas à cette condition qui est décrite avec précision: «Plus le conflit se prolonge, plus ses conséquences s’aggravent. Les peuples qu’ils accueillent ont de plus en plus de mal à assurer la continuité du secours; les familles et les communautés commencent à ressentir le poids d’une situation qui va au-delà de l’urgence. Il est temps de ne pas céder et de renouveler la motivation initiale. Ce que nous avons commencé doit être accompli avec la même responsabilité» (n. 4).

Le pape François, avec son style auquel il ne manque pas la parresia, c’est-à-dire de parler clairement sans ménager personne, entre directement au cœur de la problématique: «Face aux pauvres, on ne fait pas de rhétorique, mais on se retrousse les manches et on met en pratique la foi à travers l’implication directe, qui ne peut être déléguée à personne» (n. 7). Sa pensée se développe en trois étapes qui permettent de tracer un chemin d’engagement concret et de solidarité responsable. Le premier est de refuser toute forme de «relâchement qui conduit à des comportements incohérents, comme l’indifférence envers les pauvres» (n. 7). C’est un thème qui revient souvent dans le magistère du Pape parce que c’est une condition culturelle fruit d’un sécularisme exaspéré qui enferme les personnes à l’intérieur d’une muraille chinoise excluant le sens des responsabilités sociales, avec l’illusion de vivre une existence heureuse, mais de fait éphémère et sans fondement.

Le Pape François parle du «sommeil de l’indifférence» dont il est nécessaire de se réveiller précisément à travers l’engagement dans la charité: «Celui qui est indifférent voit tout pareil, comme la nuit, et ne s’intéresse pas à ceux qui lui sont proches. Quand nous orbitons seulement autour de nous-mêmes et de nos besoins, indifférents à ceux des autres, la nuit tombe dans le cœur.

Le cœur devient obscur. Bientôt, vous commencez à vous plaindre de tout, puis vous vous sentez victime de tous et enfin vous faites des complots sur tout. Plaintes, sentiment de victime et conspiration. C’est une chaîne. Aujourd’hui, cette nuit semble retomber sur beaucoup de gens, qui réclament pour eux-mêmes et se désintéressent des autres. Comment nous réveiller de ce sommeil de l’indifférence? Avec la vigilance de la charité (...). La charité est le cœur battant du chrétien: de même qu’on ne peut pas vivre sans battement, de même on ne peut pas être chrétien sans charité. Quelqu’un a l’air de ressentir de la compassion, d’aider, de servir comme des perdants ! En réalité, c’est la seule chose gagnante, car elle est déjà projetée vers l’avenir, au jour du Seigneur, lorsque tout passera et que seul l’amour restera» (Homélie du 29 novembre 2020).

Le deuxième passage est celui d’assumer la solidarité comme forme d’engagement social et chrétien: «La solidarité, en effet, c’est précisément cela: partager le peu que nous avons avec ceux qui n’ont rien, pour que personne ne souffre. Plus croît le sens de la communauté et de la communion comme style de vie et plus se développe la solidarité (...). En tant que membres de la société civile, nous maintenons vivant l’appel aux valeurs de liberté, de responsabilité, de fraternité et de solidarité. Et comme chrétiens, nous retrouvons toujours dans la charité, dans la foi et dans l’espérance le fondement de notre être et de notre agir» (n. 5). L’analyse du Pape François dans cet horizon n’est pas sans références concrètes. En effet, au cours de ces décennies, de nombreux pays, à travers des lois qui ont encouragé des politiques familiales et soutenu des projets sociaux, ont réalisé de véritables acquis économiques qui ont conduit à une «croissance significative pour de nombreuses familles qui ont atteint un état de vie sûr» (n. 5). Le moment est donc venu de partager ce «patrimoine de sécurité et de stabilité» (n. 5), afin que personne ne se trouve dans l’indigence et la misère. Une participation responsable qui abandonne les diverses formes d'assistance trop facile à poursuivre et sans véritable efficacité pour la dignité des personnes (cf. n. 7), pour assumer un comportement qui devient fort de l’«attention sincère et généreuse qui permet de s’approcher d’un pauvre comme d’un frère qui tend la main pour que je me libère de la torpeur dans laquelle je suis tombé» (n. 7). Cela exige une vigilance capable de considérer la juste valeur de l’argent. Cela est important parce que le Pape François se montre un profond connaisseur du cœur humain quand il note: «le problème n’est pas l’argent en soi, parce qu’il fait partie de la vie quotidienne des personnes et des rapports sociaux. Ce sur quoi nous devons réfléchir, c’est plutôt la valeur que l’argent possède pour nous: il ne peut pas devenir un absolu, comme si c’était le but principal. Un tel attachement empêche de regarder avec réalisme la vie de tous les jours et obscurcit le regard, en empêchant de voir les exigences des autres. Rien de plus nocif ne pourrait arriver à un chrétien et à une communauté que d’être éblouis par l’idole de la richesse, qui finit par s’enchaîner à une vision de la vie éphémère et défaillante» (n. 7).

Le troisième passage devient constructif avec l’image qui guidera les croyants dans la VIe Journée mondiale des pauvres. C’est la citation de la deuxième Lettre de Paul aux chrétiens de Corinthe: «Jésus-Christ s’est fait pauvre pour vous» (2 Co 8, 9). Le contexte de la Lettre de l’apôtre est celui de la collecte de fonds pour soutenir les pauvres de la communauté de Jérusalem. Les Corinthiens qui avaient adhéré immédiatement avec enthousiasme à cette initiative au fil du temps se fatiguent et deviennent moins généreux. Une condition qui se répète au fil du temps et qui manifeste davantage l’émotivité avec laquelle on réagit face à la pauvreté que la responsabilité d’un choix qui se rend tangible dans un engagement qui ne connaît ni arrêt ni effort. Le témoignage des chrétiens doit donc être soutenu par l’exemple que Jésus lui-même a donné: «La vraie richesse ne consiste pas à accumuler «des trésors sur la terre, où les mites et la rouille consument et où les voleurs entrent et volent» (Mt 6, 19), mais plutôt dans l’amour mutuel qui nous fait porter les fardeaux les uns des autres afin que personne ne soit abandonné ou exclu» (n. 8).

Il est nécessaire de se faire fort de l’expérience vécue ces deux dernières années qui a permis à tous, sans exception, de faire l’expérience d’une forme de pauvreté comme la faiblesse, le sens des limites, la peur, le manque d’affection et bien plus encore, pour acquérir quelque chose de vraiment essentiel à la vie: «nous ne sommes pas dans le monde pour survivre, mais pour que tout le monde puisse avoir une vie digne et heureuse. Le message de Jésus nous montre le chemin et nous fait découvrir qu’il y a une pauvreté qui humilie et tue, et il y a une autre pauvreté, la sienne, qui libère et rend sereins» (n. 8). La première se reconnaît immédiatement parce qu’elle est devant nos yeux sous les formes les plus disparates; elle est la «misère, fille de l’injustice, de l’exploitation, de la violence et de la distribution injuste des ressources. C’est la pauvreté désespérée, privée d’avenir, parce qu’elle est imposée par la culture du rebut qui ne donne pas de perspectives ni d’issues. C’est la misère qui, tout en contraignant dans la condition d’extrême pauvreté, affecte également la dimension spirituelle, qui, même si elle est souvent négligée, n’existe pas pour autant ou ne compte pas. Quand la seule loi devient le calcul du gain à la fin de la journée, alors on n’a plus de freins à adopter la logique de l’exploitation des personnes: les autres ne sont que des moyens. Il n’y a plus juste salaire, juste temps de travail, et de nouvelles formes d’esclavage se créent, subies par des personnes qui n’ont pas d’alternative et doivent accepter cette injustice toxique pour obtenir le minimum pour la subsistance» (n. 8). La seconde, au contraire, est celle qui apparaît paradoxale et souvent impensable à poursuivre pour notre contemporain et, cependant, c’est celle qui libère parce qu’elle «se présente devant nous comme un choix responsable pour se décharger du lest et miser sur l’essentiel. En fait, vous pouvez facilement rencontrer ce sentiment d’insatisfaction que beaucoup éprouvent, parce qu’ils sentent qu’il leur manque quelque chose d’important et ils vont à la recherche comme des errants sans but. Désireux de trouver ce qui peut les satisfaire, ils ont besoin d’être dirigés vers les petits, les faibles, les pauvres pour comprendre enfin ce dont ils avaient vraiment besoin. Rencontrer les pauvres permet de mettre fin à tant d’angoisses et de peurs inconsistantes, pour aboutir à ce qui compte vraiment dans la vie et que personne ne peut nous voler: l’amour vrai et gratuit. Les pauvres, en réalité, avant d’être l’objet de notre aumône, sont des sujets qui aident à nous libérer des liens de l’inquiétude et de la superficialité» (n. 8).

Que ce choix soit possible et réel, le Pape François le montre par l’exemple de saint Charles de Foucauld «un homme qui, né riche, renonça à tout pour suivre Jésus et devenir avec lui pauvre et frère de tous» (n. 10). Un homme de nos jours qui humainement n’a pas vu les fruits que sa sainteté a portés et, cependant, est passé à l’histoire pour son choix d’être pauvre. C’est donc à partir de ces pages que se déroulera l’engagement des Églises locales pour la célébration de la VIe Journée mondiale des pauvres qui chaque année devient toujours plus enracinée dans le cœur des chrétiens du monde entier à travers des initiatives parmi les plus variées, fruit de la charité créative qui anime et suscite l’engagement de la foi.

Le Pape François à travers l’engagement du Dicastère pour l’évangélisation dans la section qui, par compétence, a la responsabilité de cette Journée mondiale, vivra ce moment avec la traditionnelle célébration eucharistique du dimanche 13 novembre et les différentes initiatives qui, au cours de la semaine précédente, atteindront les diverses formes de pauvreté de son diocèse de Rome. L’année dernière, 5000 familles ont reçu une trousse de médicaments en vente libre pour faire face à la pandémie et aux différentes pathologies saisonnières, offert par Angelini Pharma S.p.A., Procter & Gamble et Regia Congressi. En outre, des tonnes de vivres ont été distribuées (denrées alimentaires de première nécessité comme l’huile, du sel, du sucre, de la sauce tomate, du café, du lait, du riz, etc., obtenus grâce à la générosité de la Famille Fedeli des Supermarchés Élite et de la famille Ferro des pâtes alimentaires La Molisana. La même solidarité a été exprimée par Unipol Sai qui a permis de payer les factures d’eau, d’électricité, de gaz, d’assurances et de loyers à 500 familles que le chômage et diverses contingences ont empêchées de les placer dans des conditions de vie inhumaines. En somme, cela et bien d’autres choses ont été rendus possibles, et nous espérons qu’elles continueront à l’être, parce que tant de personnes ont reçu l’invitation à la générosité comme au début de notre histoire l’apôtre s’était adressé aux premiers chrétiens non pour en faire un commandement, mais pour les rendre plus sensibles aux exigences de leurs frères et sœurs qui vivent dans l’inconfort et dans la pauvreté.

[00939-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

"So many people are made poor by the senselessness of war!" (N.2). Without doubt, this cry embodies Pope Francis' Message for the sixth World Day of the Poor, which this year falls on November 13. The gaze of those who read this text is inevitably fixed on the sad events that have been unfolding in recent months and that will still hold entire populations under the shackles of fear and war in the coming weeks. No one can escape the Pope's daily appeal to the world to become aware of the consequences that war produces. There are the more immediate ones that create millions of refugees and "the deportation of thousands of people, especially boys and girls" (N. 2) who are uprooted from their land, their culture with its traditions, and their very language in order to impose on them a foreign identity that is the result of contrivance and oppression. In just a few lines we are met with a description of violence and pain that cannot leave us at peace: "There are millions of women, children, and the elderly who are forced to brace the danger of bombs in order to get to safety ... every day they live with fear and the lack of food, water, medical care, and above all, their loved ones" (No. 2).

But there are consequences that come from prolonged wars that also create great hardship and suffering among neighboring peoples who, because of global resource dependence, suffer inevitable hardship and sacrifice. The Message does not dispel this condition, which is described accurately: "The longer the conflict goes on, the more its consequences worsen. Those welcoming people are increasingly struggling to provide continuity of relief; families and communities are beginning to feel the weight of a situation that goes beyond an emergency. Now is the time not to give in but to renew the initial motivation. What we have started needs to be brought to completion with the same responsibility" (No. 4).

In his straight forward style, Pope Francis speaks frankly without giving concessions to anyone, going straight to the heart of the issue: "In the face of the poor, there is no rhetoric, but we roll up our sleeves and put faith into practice through direct involvement, which cannot be delegated to anyone" (No. 7). His thought is developed in three steps that make it possible to outline a path of proactive involvement and responsible solidarity. The first is to reject any form of "laxity that leads to incoherent behavior, such as indifference to the poor" (No. 7). It is a recurring theme in the Pope's magisterium because it is a cultural condition that is the result of extreme secularism that confines people inside a Chinese wall no longer with a sense of social responsibility, under the illusion of living a happy but actually a short-lived and groundless existence. Pope Francis speaks of the "slumber of indifference" from which it is imperative to wake up through a commitment to charity: "Those who are indifferent see everything the same, as if it were night, and are unconcerned about those all around them. When everything revolves around us and our needs, and we are indifferent to the needs of others, night descends in our hearts. Our hearts grow dark. We immediately begin to complain about everything and everyone; we start to feel victimized by everyone and end up brooding about everything. It is a vicious circle. Nowadays, that night seems to have fallen on so many people, who only demand things for themselves and are blind to the needs of others. How do we rouse ourselves from the slumber of indifference? With the watchfulness of charity... Charity is the beating heart of the Christian: Just as one cannot live without a heartbeat, so one cannot be a Christian without charity. Some people seem to think that being compassionate, helping and serving others is for losers! Yet these are the only things that win us the victory, since they are already aiming towards the future, the day of the Lord, when all else will pass away and love alone will remain" (Homily Nov. 29, 2020).

The second step is to take on solidarity as a way of social and Christian commitment: "Solidarity, in essence, is just that: sharing the little we have with those who have nothing, so that no one suffers. The more the sense of community and fellowship grows as a way of life, the more the sense of solidarity develops... As members of civil society, we keep alive the call to the values of freedom, responsibility, fellowship and solidarity. And as Christians, we always find in charity, faith and hope the foundation of our being and acting" (No. 5). Pope Francis' analysis on this perspective is not without concrete references. Indeed, in recent decades many countries, through laws that have encouraged family policies and supported social projects, have achieved real economic breakthroughs that have led to "significant growth for so many families that have attained a secure state of life" (No. 5). So, the time has come for the sharing of this "patrimony of security and stability" (No. 5), so that no one has to find themselves in destitution and poverty. A responsible involvement that leaves behind the various forms of welfare that are too easy to pursue and without real effectiveness for people's dignity (cf. no. 7), in order to embrace a behavior that is empowered by the "sincere and generous attention that makes it possible to approach a poor person as a brother who stretches out his hand so that I may be roused from the stupor into which I have fallen" (No. 7). This requires a watchfulness capable of judging the true value of money. This is an important note because Pope Francis shows himself to have a deep understanding of the human heart when he notes, "the problem is not money itself, because it is part of people's daily lives and social relationships. Rather, what we need to reflect on is the value that money has for us: it cannot become an absolute, as if it were the main purpose. This type of attachment prevents us from looking realistically at everyday life and blurs our vision, preventing us from seeing the needs of others. Nothing more detrimental could happen to a Christian and a community than to be blinded by the idol of wealth, which eventually shackles one to an ephemeral and self-defeating view of life" (No. 7).

The third step becomes pro-active with the image that will orient believers in the sixth World Day of the Poor. This is the quotation from Paul's Second Letter to the Christians in Corinth: “Our Lord Jesus Christ, though he was rich, yet for your sakes he became poor” (2 Cor 8:9). The context of the apostle's letter is that of raising funds to support the poor in the Jerusalem community. The Corinthians had immediately joined this initiative with enthusiasm, but as time went on, they grew weary and became less generous. This is a situation that is repeated over time and that manifests more the emotion with which one reacts in the face of poverty than the responsibility of making a tangible choice to make a commitment that does not cease or tire. Christian witness, therefore, needs to be sustained by the example that Jesus himself gave: “true wealth does not consist in accumulating «treasures on earth, where moth and rust consume and where thieves break in and steal» (Mt 6:19), but rather in the mutual love that enables us to bear one another's burdens so that no one is abandoned or excluded" (No. 8).

It is essential to gain strength from the experience of the past two years that has enabled everyone, no one excluded, to experience a form of poverty such as weakness, a sense of limitation, fear, lack of affection, and so much more, in order to grasp something truly essential for life: "we are not in the world to survive, but so that everyone may be afforded a worthy and happy life. Jesus' message shows us the way and makes us discover that there is a poverty that humbles and kills, and there is another poverty, his own, that frees and gives us peace" (No. 8). The first is easily to recognize because we are faced with it in the most varied forms; it is "misery, the result of injustice, exploitation, violence and the unjust distribution of resources. It is desperate poverty, devoid of a future, because it is imposed by the throwaway culture that grants no future perspective or way out. It is misery that, while forcing one into the condition of extreme destitution, also erodes the spiritual dimension, which, although often neglected, does not mean it does not exist or does not count. When the only law becomes the calculation of profit at the end of the day, then there is no longer any restraint in adopting the rationale of exploiting people: others are just means. There are no longer just wages, just working hours, and new forms of slavery are created, suffered by people who have no alternative and have to accept this kind of injustice in order to scrape together the minimum for their survival" (No. 8). On the contrary, the second one is the most paradoxical and often unthinkable to pursue for our modern times, and yet, it is the one that is freeing because "it is placed before us as a responsible choice to lighten the burden and focus on the essential. Actually, one can easily detect that sense of dissatisfaction that many people experience because they feel that they are missing something important and go in search of it like aimless wanderers. Longing to find that which might fulfill them, they need to be directed to the lowly, the weak, the poor to finally understand what they really need. Encountering the poor enables them to put an end to so many groundless anxieties and fears, to finally land on what really matters in life and that no one can steal from them: true and gratuitous love. Before being the object of our almsgiving, the poor are actually those who help to free us from the bonds of restlessness and superficiality" (N. 8).

Pope Francis shows that this choice is possible and real with the example of St. Charles de Foucauld "a man who, born rich, renounced everything to follow Jesus and become poor and a brother to all with Him " (No. 10). A man of our times who humanly did not see the fruits his holiness bore and yet went down in history for his choice to be poor. Therefore, it is from these pages that the commitment of the local churches will unfold for the celebration of the sixth World Day of the Poor, which every year becomes more and more rooted in the hearts of Christians all over the world with the most varied initiatives, fruit of the creative charity that animates and arouses the commitment of faith.

Through the efforts of the Dicastery for Evangelization in the section responsible for this World Day, Pope Francis will mark this occasion with the traditional Eucharistic Celebration on Sunday, November 13, as well as the various initiatives which throughout the previous week will reach out to the many forms of poverty in his Diocese of Rome. Last year, 5,000 families were reached who received an over-the-counter medicine kit to cope with the pandemic and various seasonal illnesses, offered by Angelini Pharma S.p.A., Procter & Gamble and Regia Congressi. Tons of food supplies (basic necessities such as oil, salt, sugar, tomato puree, coffee, milk, rice, ... ) were also distributed, obtained through the generosity of the Fedeli Family of Supermercati Elite and the Ferro family of La Molisana pasta. Similar solidarity was extended by Unipol Sai, which made it possible to pay water, electricity, gas, insurance and rent bills for 500 families, because unemployment and various circumstances had made it impossible to pay, putting them at risk of facing inhumane living conditions. All told, this and much more was made possible, and we hope it will continue to be so, as so many people took up the invitation to be generous, just as when early in our history the apostle addressed the first Christians not to make it a command but rather to make everyone more sensitive to the needs of brothers and sisters living in hardship and poverty.

[00939-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua spagnola

“¡Cuántos pobres genera la insensatez de la guerra!” (n. 2). Es en este grito, probablemente, que se puede englobar el Mensaje del Papa Francisco para la VI Jornada Mundial de los Pobres, que este año tendrá lugar el 13 de noviembre. La mirada de quienes toman este texto entre sus manos está necesariamente fija en los tristes acontecimientos que se están viviendo en los últimos meses y que aún mantendrán a poblaciones enteras bajo el chantaje del miedo y la guerra en las próximas semanas. A nadie escapa el llamamiento que cada día el Papa hace al mundo para que tome conciencia de las consecuencias que produce la guerra. Están los más inmediatos que crean millones de refugiados y “deportación de miles de personas, especialmente niños y niñas” (n. 2) que son desarraigados de su tierra, de la cultura con sus tradiciones, y de la propia lengua para imponerles una identidad extraña fruto del cálculo y el abuso. En pocas líneas se encuentra una descripción de violencia y dolor que no pueden dejarnos tranquilos: “Son millones las mujeres, los niños, los ancianos obligados a desafiar el peligro de las bombas con tal de ponerse a salvo… cada día conviven con el miedo y la falta de alimentos, agua, atención médica y sobre todo de afectos” (n. 2).

Están las consecuencias que se derivan de la prolongación de las guerras que crean grandes penurias y sufrimientos también en las poblaciones que viven cerca y que, por la dependencia de los recursos a nivel global, sufren inevitables dificultades y sacrificios. Al Mensaje no se le escapa a esta condición que se describe con precisión: “mientras más continúa el conflicto, más se agravan sus consecuencias. A los pueblos que acogen les resulta cada vez más difícil dar continuidad a la ayuda; las familias y las comunidades empiezan a sentir el peso de una situación que va más allá de la emergencia. Este es el momento de no ceder y de renovar la motivación inicial. Lo que hemos comenzado necesita ser llevado a cumplimiento con la misma responsabilidad.” (n. 4).

El Papa Francisco con su estilo, al que no le falta parresía, es decir, el hablar claro sin descontar a ninguno, entra directamente en el corazón del problema: “Frente a los pobres no se hace retórica, sino se ponen manos a la obra y se practica la fe involucrándose directamente, no puede ser delegado a nadie” (n. 7). Su pensamiento se desarrolla en tres pasos que permiten trazar un camino de compromiso activo y solidaridad responsable. El primero es rechazar cualquier forma de “relajación, lo que conduce a comportamientos incoherentes, como la indiferencia hacia los pobres” (n. 7). Es un tema que vuelve a menudo en el magisterio del Papa porque es una condición cultural fruto de un secularismo exasperado que encierra a las personas dentro de una muralla china sin más sentido de la responsabilidad social, con la ilusión de vivir una existencia feliz, pero de hecho efímera y sin fundamento. El Papa Francisco habla del “sueño de la indiferencia” del que es necesario despertar precisamente a través del compromiso de caridad: “Quien es indiferente ve todo igual, como de noche, y no le importa quién está cerca. Cuando orbitamos solo alrededor de nosotros mismos y de nuestras necesidades, indiferentes a las de los demás, la noche cae en el corazón. El corazón se vuelve oscuro. Pronto se empieza a lamentar de todo, luego a sentirse víctima de todos y finalmente hacen complot de todo. Lamentaciones, sentimientos de víctima y complot. Es una cadena. Hoy esta noche parece pesar sobre muchos, que reclaman para sí mismos y no se interesan por los demás. ¿Cómo podemos despertar de este sueño de indiferencia? Con la vigilancia de la caridad… La caridad es el corazón palpitante del cristiano: así como no se puede vivir sin un latido, no se puede ser cristiano sin la caridad. ¡A algunos les parece que sentir compasión, ayudar, servir son cosas de perdedores! En realidad, es lo único vencedor, porque ya está proyectado al futuro, al día del Señor, cuando todo pasará y sólo quedará el amor” (Homilía 29 noviembre 2020).

El segundo paso es asumir la solidaridad como forma de compromiso social y cristiano: “La solidaridad, en efecto, es precisamente esto: compartir lo poco que tenemos con aquellos que no tienen nada, para que ninguno sufra. Mientras más crece el sentido de comunidad y de comunión como estilo de vida, mayormente se desarrolla la solidaridad… Como miembros de la sociedad civil, mantenemos vivo el llamado a los valores de libertad, responsabilidad, fraternidad y solidaridad. Y como cristianos, encontramos siempre en la caridad, en la fe y en la esperanza el fundamento de nuestro ser y nuestro actuar” (n. 5). El análisis del Papa Francisco en este horizonte no está exento de referencias concretas. De hecho, en las últimas décadas muchos países, a través de leyes que han fomentado políticas familiares y apoyado proyectos sociales, han alcanzado verdaderas conquistas económicas que han llevado a un “crecimiento del bienestar para muchas familias, que han alcanzado un estado de vida seguro” (n. 5). Ha llegado el momento, por tanto, de compartir este “patrimonio de seguridad y estabilidad” (n. 5), para que nadie tenga que encontrarse en la indigencia y la miseria. Una participación responsable que abandona las diversas formas de asistencialismo, demasiado fáciles de realizar y sin verdadera eficacia para la dignidad de las personas (cfr. n. 7), para asumir un comportamiento que se hace fuerte en “la atención sincera y generosa que permite acercarse a un pobre como un hermano que tiende la mano para que yo sea rescatado del letargo en el que he caído” (n. 7). Esto requiere una vigilancia capaz de considerar el valor justo del dinero. Esta es una pista importante porque el Papa Francisco se muestra como un profundo conocedor del corazón humano cuando señala: “el problema no es el dinero en sí, porque forma parte de la vida cotidiana y de las relaciones sociales de las personas. En lo que debemos reflexionar es, más bien, el valor que tiene el dinero para nosotros: no puede convertirse en un absoluto, como si fuera el fin principal. Tal apego impide observar con realismo la vida de cada día y nubla la mirada, impidiendo ver las necesidades de los demás. Nada más dañino puede acontecer a un cristiano y a una comunidad que ser deslumbrados por el ídolo de la riqueza, que termina encadenando a una visión de la vida efímera y fracasada” (n. 7).

El tercer paso se convierte propositivo con la imagen que guiará a los creyentes en la VI Jornada Mundial de los Pobres. Es la cita de la segunda Carta de Pablo a los cristianos de Corinto: “Jesucristo se hizo pobre por vosotros” (2 Cor 8, 9). El contexto de la Carta del Apóstol es el de la recaudación de fondos para ayudar a los pobres de la comunidad de Jerusalén. Los corintios que inmediatamente se sumaron con entusiasmo a esta iniciativa, con el paso del tiempo se cansan y se vuelven menos generosos. Una condición que se repite en el tiempo y que manifiesta más la emotividad con la que se reacciona ante la pobreza que la responsabilidad de una elección que se hace tangible en un compromiso que no conoce descanso ni fatiga. El testimonio de los cristianos, por tanto, necesita ser sostenido por el ejemplo que el mismo Jesús nos ha dado: “la verdadera riqueza no consiste en acumular «tesoros en la tierra, donde hay polilla y herrumbre que corroen, y ladrones que socavan y roban» (Mt 6, 19), sino en el amor recíproco que nos hace llevar las cargas los unos de los otros para que nadie quede abandonado o excluido” (n. 8).

Es necesario fortalecerse a partir de la experiencia vivida en estos dos últimos años que ha permitido a todos, sin excepción, experimentar una forma de pobreza como la debilidad, la sensación de limitación, el miedo, la falta de afectos y mucho más, para adquirir algo realmente esencial para la vida: “no estamos en el mundo para sobrevivir, sino para que a todos se les permita una vida digna y feliz. El mensaje de Jesús nos muestra el camino y nos hace descubrir que hay una pobreza que humilla y mata, y hay otra pobreza, la suya, que nos libera y nos hace felices” (n. 8). La primera se reconoce inmediatamente porque está ante nuestros ojos en las formas más dispares; es la “miseria, hija de la injusticia, la explotación, la violencia y la injusta distribución de los recursos. Es una pobreza desesperada, sin futuro, porque la impone la cultura del descarte que no otorga perspectivas ni salidas. Es la miseria que, mientras constriñe a la condición de extrema pobreza, también afecta la dimensión espiritual que, aunque a menudo se descuide, no por esto no existe o no cuenta. Cuando la única ley pasa a ser el cálculo de las ganancias al final del día, entonces ya no hay freno para adoptar la lógica de explotar a las personas: los demás son sólo medios. No existen más salarios justos, horas de trabajo justas, y se crean nuevas formas de esclavitud, sufridas por personas que no tienen otra alternativa y deben aceptar esta venenosa injusticia con tal de obtener lo mínimo para su sustento” (n. 8). La segunda, por el contrario, es la que parece paradójica y muchas veces impensable a seguir por nuestros contemporáneos y, sin embargo, es la que libera porque “se nos presenta como una elección responsable para aligerar el lastre y centrarnos en lo esencial. De hecho, se puede encontrar fácilmente esa sensación de insatisfacción que muchos experimentan, porque sienten que les falta algo importante y van en su búsqueda como errantes sin una meta. Deseosos de encontrar lo que puede satisfacerlos, tienen necesidad de orientarse hacia los pequeños, los débiles, los pobres para finalmente comprender aquello de lo que verdaderamente tenían necesidad. El encuentro con los pobres permite poner fin a tantas angustias y miedos inconsistentes, para llegar a lo que realmente importa en la vida y que nadie nos puede robar: el amor verdadero y gratuito. Los pobres, en realidad, antes de ser objeto de nuestra limosna, son sujetos que nos ayudan a liberarnos de las ataduras de la inquietud y la superficialidad” (n. 8).

Que esta elección sea posible y real, el Papa Francisco lo muestra con el ejemplo de San Charles de Foucauld “un hombre que, nacido rico, renunció a todo para seguir a Jesús y convertirse con Él pobre y hermano de todos” (n. 10). Un hombre de nuestros días que humanamente no ha visto los frutos que ha traído su santidad y, sin embargo, ha pasado a la historia por su elección de ser pobre. Desde estas páginas, por tanto, se desplegará el compromiso de las Iglesias locales para la celebración de la VI Jornada Mundial de los Pobres, que cada año se arraiga más y más en el corazón de los cristianos de todo el mundo con las más variadas iniciativas, fruto de la caridad creativa que anima y suscita el compromiso de la fe.

El Papa Francisco, a través del compromiso del Dicasterio para la Evangelización en la sección que por competencia tiene la responsabilidad de esta Jornada Mundial, vivirá este momento con la tradicional Celebración Eucarística el domingo 13 de noviembre y las diversas iniciativas que en el transcurso de la semana anterior llegará a las diversas formas de pobreza en su diócesis de Roma. El año pasado, se llegó a 5000 familias que recibieron un botiquín de medicamentos para enfrentar la pandemia y las diversas enfermedades estacionales, ofrecido por Angelini Pharma S.p.A., Procter & Gamble y Regia Congressi. Además, se repartieron toneladas de víveres (alimentos de primera necesidad como aceite, sal, azúcar, salsa de tomate, café, leche, arroz…) obtenidos gracias a la generosidad de la familia Fedeli de los Supermercati Elite y la familia Ferro de la pasta La Molisana. Igual solidaridad expresó Unipol Sai que hizo posible el pago de las facturas de agua, luz, gas, seguros y alquileres a 500 familias que el desempleo y diversas contingencias les hicieron imposible hacerse cargo con el riesgo de condiciones de vida inhumanas. En definitiva, esto y mucho más ha sido posible, como esperamos que siga siendo posible, porque tantas personas han aceptado la invitación a la generosidad como al comienzo de nuestra historia el apóstol había dirigido a los primeros cristianos, no para hacerles un mandamiento, sino más bien para hacer a todos más sensibles a las necesidades de los hermanos y hermanas que viven en malestar y pobreza.

[00939-ES.01] [Texto original: Italiano]

[B0457-XX.02]