A fine mattinata, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i pellegrini dell’Istituto Maestre Pie Filippini e delle Diocesi di Viterbo e Civitavecchia-Tarquinia, in occasione del 350° anniversario della nascita di Santa Lucia Filippini.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’Udienza:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle,
benvenuti! Saluto le Suore Maestre Pie Filippini, la Madre Generale e tutti voi, fedeli delle diocesi di Viterbo e di Civitavecchia-Tarquinia, accompagnati dai rispettivi Vescovi e dai vostri sacerdoti. Un cordiale saluto anche ai Sindaci e alle altre Autorità qui presenti. E a voi, ragazzi della prima Comunione!
Prendo parte alla vostra gioia per il 350º anniversario della nascita di Santa Lucia Filippini. Questo Anno giubilare è per ciascuno di voi un tempo prezioso: è come un risalire alle sorgenti per attingere energie nuove per il futuro; ma è anche l’occasione per ringraziare il Signore e anche chiedergli di essere canali di quella stessa grazia che Santa Lucia accolse e distribuì generosamente a tante persone. Vorrei condividere con voi due brevi pensieri: uno più direttamente rivolto all’Istituto delle Maestre Pie Filippini; l’altro per tutti voi, devoti di Santa Lucia.
Care Maestre Pie, la vostra missione è impegnativa già a partire dal nome, Maestre. Maestro è chi insegna. Un proverbio dice però che non si insegna ciò che si sa, ma ciò che si è. Agli altri trasmettiamo ciò che siamo dentro. Non basta riempire la testa di idee, questo non è educare; educare è trasmettere vita. Ed essere maestri è vivere una missione. D’altronde, se facciamo bei discorsi, ma la vita va in un’altra direzione, rischiamo di essere solo attori che recitano una parte, ma non educatori.
L’esempio della vostra Fondatrice può aiutarvi a vivere questa missione. Santa Lucia di solito viene rappresentata con il Crocifisso in mano oppure in atto di indicarlo. Sapeva insegnare a tanti, anzitutto perché lei stessa non smetteva di essere discepola di Gesù Maestro e di stare davanti alla sua cattedra, cioè la croce. Teneva davanti agli occhi Dio che dona la vita e si sentiva chiamata a fare della vita un dono. Così agli altri trasmetteva ciò che custodiva nel cuore: non prediche, non teorie, ma contenuti e vita, contenuti di vita. La sua missione educatrice non era un’altra cosa rispetto alla sua esperienza mistica.
Care sorelle, tutto questo ci ricorda che non si può accontentarsi di “insegnare” Gesù; Gesù anzitutto si testimonia. È così che si trasmette la fede. Dio si comunica solo se abita nella nostra vita, se riempie i nostri affetti, se unisce i nostri pensieri e ispira le nostre azioni. E qual è la prova di questo? La nostra apertura agli altri: chi conosce il Signore non si chiude in sacrestia, ma vive per servire, senza preoccuparsi di dove o che cosa gli venga richiesto di fare. Vivere il servizio, perché il servizio è il grande insegnamento del Maestro, venuto per servire e non per essere servito (cfr Mc 10,45).
Si parla spesso delle difficoltà della vita religiosa, della mancanza di vocazioni e così via. Vorrei darvi un consiglio, che non rappresenta l’immediata soluzione di questi problemi, ma la via maestra per affrontarli: noi non siamo chiamati anzitutto a “mettere al centro” Gesù, come se fossimo noi i protagonisti; siamo chiamati prima di tutto a toglierci dal centro, che spetta a Lui. A vivere la consacrazione come chiamata al servizio. È questo che permette a Gesù di operare in noi come vuole e di insegnarci a vincere la rassegnazione e le nostalgie, a leggere la nostra epoca complessa, a imboccare con coraggio vie nuove al passo con i tempi. Vi farà bene ricordare l’immagine di Santa Lucia con il Crocifisso in mano: non a noi, ma a Lui spetta il centro; e noi saremo buoni maestri se rimarremo discepoli, chiamati ogni giorno a servire, con gioia!
Un secondo pensiero, rivolto a tutti voi che festeggiate Santa Lucia Filippini. Questa donna aveva un segreto: viveva con una costante fiducia in Dio, perché Lui – diceva – «non può lasciare di essermi padre». Vorrei ripetervi queste parole: non può lasciare di essermi padre. Spesso, nella vita, ci preoccupiamo perché dobbiamo lasciare tante cose: alcune sicurezze, gli anni della gioventù, un po’ di salute, magari persone care, e così via… Ebbene, se nella vita ci sono persone e cose che prima o poi bisogna lasciare, c’è una presenza che non ci lascerà mai, una certezza fondamentale che ci accompagnerà sempre e che niente e nessuno potrà mai cancellare: Dio non può lasciare di essermi padre. È bello questo! Lo ripetiamo tutti insieme? Dio non può lasciare di essermi padre. Un’altra volta, più forte: Dio non può lasciare di essermi padre. Portatelo nel cuore, questo pensiero. Tutto può venire meno, ma non la tenerezza di Dio. Ricordiamolo sempre, soprattutto nei momenti bui: Dio non ci abbandona mai, perché non può lasciare di esserci padre. Ripetiamo insieme: Dio non può lasciare di essermi padre.
Custodiamo nel cuore questa buona notizia, che alimenta la fiducia. Vi auguro di poterla annunciare a chi incontrate, per riaccendere anche in loro la speranza. Ce n’è tanto bisogno oggi; è una missione che riguarda ciascuno di noi. Buona missione, dunque: do a tutti voi la benedizione e a voi chiedo, per favore, di pregare per me. Grazie!
[00758-IT.02] [Testo originale: Italiano]
[B0358-XX.02]