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Messaggio del Santo Padre Francesco per la 108ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (25 settembre 2022), 12.05.2022


Messaggio del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Francesco per la 108a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata domenica 25 settembre 2022, sul tema: “Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati”.

Messaggio del Santo Padre

Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati

«Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura» (Eb 13,14).

Cari fratelli e sorelle!

Il senso ultimo del nostro “viaggio” in questo mondo è la ricerca della vera patria, il Regno di Dio inaugurato da Gesù Cristo, che troverà la sua piena realizzazione quando Lui tornerà nella gloria. Il suo Regno non è ancora compiuto, ma è già presente in coloro che hanno accolto la salvezza. «Il Regno di Dio è in noi. Benché sia ancora escatologico, sia il futuro del mondo, dell’umanità, allo stesso tempo si trova in noi».[1]

La città futura è una «città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso» (Eb 11,10). Il suo progetto prevede un’intensa opera di costruzione nella quale tutti dobbiamo sentirci coinvolti in prima persona. Si tratta di un meticoloso lavoro di conversione personale e di trasformazione della realtà, per corrispondere sempre di più al piano divino. I drammi della storia ci ricordano quanto sia ancora lontano il raggiungimento della nostra meta, la Nuova Gerusalemme, «dimora di Dio con gli uomini» (Ap 21,3). Ma non per questo dobbiamo perderci d’animo. Alla luce di quanto abbiamo appreso nelle tribolazioni degli ultimi tempi, siamo chiamati a rinnovare il nostro impegno per l’edificazione di un futuro più rispondente al progetto di Dio, di un mondo dove tutti possano vivere in pace e dignità.

«Noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia» (2 Pt 3,13). La giustizia è uno degli elementi costitutivi del Regno di Dio. Nella ricerca quotidiana della sua volontà, essa va edificata con pazienza, sacrificio e determinazione, affinché tutti coloro che ne hanno fame e sete siano saziati (cfr Mt 5,6). La giustizia del Regno va compresa come la realizzazione dell’ordine divino, del suo armonioso disegno, dove, in Cristo morto e risorto, tutto il creato torna ad essere “cosa buona” e l’umanità “cosa molto buona” (cfr Gen 1,1-31). Ma perché regni questa meravigliosa armonia, bisogna accogliere la salvezza di Cristo, il suo Vangelo d’amore, perché siano eliminate le disuguaglianze e le discriminazioni del mondo presente.

Nessuno dev’essere escluso. Il suo progetto è essenzialmente inclusivo e mette al centro gli abitanti delle periferie esistenziali. Tra questi ci sono molti migranti e rifugiati, sfollati e vittime della tratta. La costruzione del Regno di Dio è con loro, perché senza di loro non sarebbe il Regno che Dio vuole. L’inclusione delle persone più vulnerabili è condizione necessaria per ottenervi piena cittadinanza. Dice infatti il Signore: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 34-36).

Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati significa anche riconoscere e valorizzare quanto ciascuno di loro può apportare al processo di costruzione. Mi piace cogliere questo approccio al fenomeno migratorio in una visione profetica di Isaia, nella quale gli stranieri non figurano come invasori e distruttori, ma come lavoratori volenterosi che ricostruiscono le mura della nuova Gerusalemme, la Gerusalemme aperta a tutte le genti (cfr Is 60,10-11).

Nella medesima profezia l’arrivo degli stranieri è presentato come fonte di arricchimento: «Le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli» (60,5). In effetti, la storia ci insegna che il contributo dei migranti e dei rifugiati è stato fondamentale per la crescita sociale ed economica delle nostre società. E lo è anche oggi. Il loro lavoro, la loro capacità di sacrificio, la loro giovinezza e il loro entusiasmo arricchiscono le comunità che li accolgono Ma questo contributo potrebbe essere assai più grande se valorizzato e sostenuto attraverso programmi mirati. Si tratta di un potenziale enorme, pronto ad esprimersi, se solo gliene viene offerta la possibilità.

Gli abitanti della nuova Gerusalemme – profetizza ancora Isaia – mantengono sempre spalancate le porte della città, perché possano entrare i forestieri con i loro doni: «Le tue porte saranno sempre aperte, non si chiuderanno né di giorno né di notte, per lasciar introdurre da te le ricchezze dei popoli» (60,11). La presenza di migranti e rifugiati rappresenta una grande sfida ma anche un’opportunità di crescita culturale e spirituale per tutti. Grazie a loro abbiamo la possibilità di conoscere meglio il mondo e la bellezza della sua diversità. Possiamo maturare in umanità e costruire insieme un “noi” più grande. Nella disponibilità reciproca si generano spazi di fecondo confronto tra visioni e tradizioni diverse, che aprono la mente a prospettive nuove. Scopriamo anche la ricchezza contenuta in religioni e spiritualità a noi sconosciute, e questo ci stimola ad approfondire le nostre proprie convinzioni.

Nella Gerusalemme delle genti il tempio del Signore è reso più bello dalle offerte che giungono da terre straniere: «Tutti i greggi di Kedàr si raduneranno da te, i montoni dei Nabatei saranno a tuo servizio, saliranno come offerta gradita sul mio altare; renderò splendido il tempio della mia gloria.» (60,7). In questa prospettiva, l’arrivo di migranti e rifugiati cattolici offre energia nuova alla vita ecclesiale delle comunità che li accolgono. Essi sono spesso portatori di dinamiche rivitalizzanti e animatori di celebrazioni vibranti. La condivisione di espressioni di fede e devozioni diverse rappresenta un’occasione privilegiata per vivere più pienamente la cattolicità del Popolo di Dio.

Cari fratelli e sorelle, e specialmente voi, giovani! Se vogliamo cooperare con il nostro Padre celeste nel costruire il futuro, facciamolo insieme con i nostri fratelli e le nostre sorelle migranti e rifugiati. Costruiamolo oggi! Perché il futuro comincia oggi e comincia da ciascuno di noi. Non possiamo lasciare alle prossime generazioni la responsabilità di decisioni che è necessario prendere adesso, perché il progetto di Dio sul mondo possa realizzarsi e venga il suo Regno di giustizia, di fraternità e di pace.

Preghiera

Signore, rendici portatori di speranza,

perché dove c’è oscurità regni la tua luce,

e dove c’è rassegnazione rinasca la fiducia nel futuro.

Signore, rendici strumenti della tua giustizia,

perché dove c’è esclusione fiorisca la fraternità,

e dove c’è ingordigia prosperi la condivisione.

Signore, rendici costruttori del tuo Regno

Insieme con i migranti e i rifugiati

e con tutti gli abitanti delle periferie.

Signore, fa’ che impariamo com’è bello

vivere tutti da fratelli e sorelle. Amen.

Roma, San Giovanni in Laterano, 9 maggio 2022

FRANCESCO

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[1] S. Giovanni Paolo II, Discorso nella visita alla Parrocchia romana dei SS. Francesco d’Assisi e Caterina da Siena Patroni d’Italia, 26 novembre 1989.

[00738-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Construire l’avenir avec les migrants et les réfugiés

«La ville que nous avons ici-bas n’est pas définitive: nous recherchons la ville qui doit venir» (He 13,14).

Chers frères et sœurs!

Le sens ultime de notre «voyage» en ce monde est la recherche de la vraie patrie, le Royaume de Dieu inauguré par Jésus-Christ, qui trouvera sa pleine réalisation lors de son retour dans la gloire. Son Royaume n’est pas encore complet, mais il est déjà présent chez ceux qui ont accueilli le salut. «Le Royaume de Dieu est en nous. Bien qu’il soit encore eschatologique, qu’il soit l’avenir du monde, de l’humanité, en même temps il est en nous».[1]

La ville future est une «cité aux fondements solides, dont l’architecte et le bâtisseur est Dieu lui-même» (He 11,10). Son projet implique un processus de construction intense dans lequel nous devons tous nous sentir personnellement impliqués. Il s’agit d’un travail minutieux de conversion personnelle et de transformation de la réalité pour correspondre de plus en plus au plan divin. Les drames de l’histoire nous rappellent combien nous sommes loin d’atteindre notre but, la Nouvelle Jérusalem, «la demeure de Dieu avec les hommes» (Ap 21,3). Mais nous ne devons pas perdre courage pour autant. À la lumière de ce que nous avons appris par les tribulations de ces derniers temps, nous sommes appelés à renouveler notre engagement à construire un avenir qui corresponde davantage au projet de Dieu, un monde où tous peuvent vivre en paix et avec dignité.

«Nous attendons avec impatience un nouveau ciel et une nouvelle terre, où résidera la justice» (2P 3,13). La justice est l’un des éléments constitutifs du Royaume de Dieu. Dans la recherche quotidienne de sa volonté, il faut la construire avec patience, sacrifice et détermination, afin que tous ceux qui en ont faim et soif soient rassasiés (cf. Mt 5,6). La justice du Royaume doit être comprise comme l’accomplissement de l’ordre divin, de son dessein harmonieux, où, dans le Christ mort et ressuscité, toute la création redevient «une bonne chose» et l’humanité «une très bonnechose » (cf. Gn 1,1-31). Mais pour que cette merveilleuse harmonie règne, il faut accueillir le salut du Christ, son Évangile d’amour, afin que les inégalités et les discriminations du monde actuel soient éliminées.

Personne ne doit être exclu. Son projet est essentiellement inclusif et place les habitants des périphéries existentielles au centre. Parmi eux, on compte beaucoup de migrants et de réfugiés, des personnes déplacées et des victimes de la traite. La construction du Royaume de Dieu se fait avec eux, car sans eux, ce ne serait pas le Royaume que Dieu veut. L’inclusion des plus vulnérables est une condition nécessaire pour y obtenir la pleine citoyenneté. Car le Seigneur dit: «Venez, les bénis de mon Père, recevez en héritage le Royaume préparé pour vous depuis la fondation du monde. Car j’avais faim, et vous m’avez donné à manger; j’avais soif, et vous m’avez donné à boire; j’étais un étranger, et vous m’avez accueilli, j’étais nu, et vous m’avez habillé; j’étais malade, et vous m’avez visité; j’étais en prison, et vous êtes venus jusqu’à moi» (Mt 25, 34-36).

Construire l’avenir avec les migrants et les réfugiés signifie également reconnaître et valoriser ce que chacun d’entre eux peut apporter au processus de construction. J’aime voir cette approche du phénomène de la migration dans la vision prophétique d’Isaïe, dans laquelle les étrangers n’apparaissent pas comme des envahisseurs et des destructeurs, mais comme des ouvriers volontaires qui reconstruisent les murs de la nouvelle Jérusalem, la Jérusalem ouverte à tous les peuples (cf. Is 60,10-11).

Dans la même prophétie, l’arrivée d’étrangers est présentée comme une source d’enrichissement: «Les trésors d’au-delà des mers afflueront vers toi, vers toi viendront les richesses des nations» (60,5). En effet, l’histoire nous enseigne que la contribution des migrants et des réfugiés a été fondamentale pour la croissance sociale et économique de nos sociétés. Et c’est encore le cas aujourd’hui. Leur travail, leur capacité de sacrifice, leur jeunesse et leur enthousiasme enrichissent les communautés qui les accueillent. Mais cette contribution pourrait être bien plus importante si elle était valorisée et soutenue par des programmes ciblés. Il s’agit d’un potentiel énorme, prêt à s’exprimer, si seulement on lui en donne la possibilité.

Les habitants de la nouvelle Jérusalem – prophétise encore Isaïe – garderont toujours les portes de la ville grandes ouvertes, afin que les étrangers puissent entrer avec leurs dons: «On tiendra toujours tes portes ouvertes, elles ne seront jamais fermées, ni de jour ni de nuit, afin qu’on fasse entrer chez toi les richesses des nations» (60,11). La présence de migrants et de réfugiés représente un grand défi, mais aussi une opportunité de croissance culturelle et spirituelle pour tous. Grâce à eux, nous avons la possibilité de mieux connaître le monde et la beauté de sa diversité. Nous pouvons mûrir en humanité et construire ensemble un plus grand «nous». Dans la disponibilité mutuelle, des espaces sont créés pour une comparaison fructueuse entre différentes visions et traditions, qui ouvrent l’esprit à de nouvelles perspectives. Nous découvrons aussi la richesse contenue dans des religions et des spiritualités qui nous sont inconnues, et cela nous pousse à approfondir nos propres convictions.

Dans la Jérusalem des Gentils, le temple du Seigneur est embelli par les offrandes qui viennent des pays étrangers: «Tous les troupeaux de Qédar s’assembleront chez toi, avec les béliers de Nebayoth pour ton service: sur mon autel, ils seront présentés en sacrifice agréable; et je donnerai au temple l’éclat de ma splendeur» (60,7). Dans cette perspective, l’arrivée de migrants et de réfugiés catholiques offre une nouvelle énergie à la vie ecclésiale des communautés qui les accueillent. Ils sont souvent porteurs de dynamiques revitalisantes et animateurs de célébrations vibrantes. Le partage de différentes expressions de foi et de dévotion représente une occasion privilégiée de vivre plus pleinement la catholicité du peuple de Dieu.

Chers frères et sœurs, et surtout vous, les jeunes! Si nous voulons coopérer avec notre Père céleste pour construire l’avenir, faisons-le ensemble avec nos frères et sœurs migrants et réfugiés. Construisons-le aujourd’hui! Car l’avenir commence aujourd’hui, et il commence avec chacun de nous. Nous ne pouvons pas laisser aux générations futures la responsabilité des décisions qui doivent être prises maintenant pour que le projet de Dieu sur le monde puisse se réaliser et que son Royaume de justice, de fraternité et de paix arrive.

Prière

Seigneur, fais de nous des porteurs d’espoir

afin que, là où sont les ténèbres, règne ta lumière,

et que, là où il y a résignation, renaisse la confiance dans l’avenir.

Seigneur, fais de nous des instruments de ta justice,

afin que, là où il y a exclusion, fleurisse la fraternité,

et que, là où il y a de la cupidité, prospère le partage.

Seigneur, fais de nous des bâtisseurs de ton Royaume

Ensemble avec les migrants et les réfugiés

et avec tous les habitants des périphéries.

Seigneur, fais-nous apprendre combien il est beau

de vivre tous comme des frères et sœurs. Amen.

Rome, Saint Jean de Latran, 9 mai 2022

FRANÇOIS

_______________________

 

[1] S. Jean-Paul II, Discours lors de la visite à la paroisse romaine des Saints François d’Assise et Catherine de Sienne, patrons d’Italie, 26 novembre 1989.

[00738-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Building the Future with Migrants and Refugees

“Here we have no lasting city, but we seek the city that is to come.”

(Heb 13:14)

Dear brothers and sisters!

The ultimate meaning of our “journey” in this world is the search for our true homeland, the Kingdom of God inaugurated by Jesus Christ, which will find its full realization when he comes in glory. His Kingdom has not yet been brought to fulfilment, though it is already present in those who have accepted the salvation he offers us. “God’s Kingdom is in us. Even though it is still eschatological, in the future of the world and of humanity, at the same time it is found in us.”[1]

The city yet to come is a “city that has foundations, whose architect and builder is God” (Heb 11:10). His plan calls for an intense work of construction, in which all of us must be personally involved. It involves a meticulous effort aimed at personal conversion and the transformation of reality, so that it can correspond ever more fully to the divine plan. The tragedies of history remind us how far we are from arriving at our goal, the new Jerusalem, “the dwelling place of God with men” (Rev 21:3). Yet this does not mean that we should lose heart. In the light of what we have learned in the tribulations of recent times, we are called to renew our commitment to building a future that conforms ever more fully to God’s plan of a world in which everyone can live in peace and dignity.

“We wait for new heavens and a new earth, where righteousness is at home” (2 Pet 3:13). Righteousness is one of the building blocks of God’s Kingdom. In our daily efforts to do the Lord’s will, justice needs to be built up with patience, sacrifice, and determination, so that all those who hunger and thirst for it may be satisfied (cf. Mt 5:6). The righteousness of the Kingdom must be understood as the fulfilment of God’s harmonious plan, whereby in Christ, who died and rose from the dead, all creation returns to its original goodness, and humanity becomes once more “very good” (cf. Gen 1:1-31). But for this wondrous harmony to reign, we must accept Christ’s salvation, his Gospel of love, so that the many forms of inequality and discrimination in the present world may be eliminated.

No one must be excluded. God’s plan is essentially inclusive and gives priority to those living on the existential peripheries. Among them are many migrants and refugees, displaced persons, and victims of trafficking. The Kingdom of God is to be built with them, for without them it would not be the Kingdom that God wants. The inclusion of those most vulnerable is the necessary condition for full citizenship in God’s Kingdom. Indeed, the Lord says, “Come, you who are blessed by my Father. Inherit the Kingdom prepared for you from the foundation of the world. For I was hungry and you gave me food, I was thirsty and you gave me a drink, a stranger and you welcomed me, naked and you clothed me, sick and you took care of me, in prison and you visited me” (Mt 25:34-36).

Building the future with migrants and refugees also means recognizing and valuing how much each of them can contribute to the process of construction. I like to see this approach to migration reflected in a prophetic vision of Isaiah, which considers foreigners not invaders or destroyers, but willing labourers who rebuild the walls of the new Jerusalem, that Jerusalem whose gates are open to all peoples (cf. Is 60:10-11).

In Isaiah’s prophecy, the arrival of foreigners is presented as a source of enrichment: “The abundance of the sea shall be brought to you, and the wealth of the nations shall come to you” (Is 60:5). Indeed, history teaches us that the contribution of migrants and refugees has been fundamental to the social and economic growth of our societies. This continues to be true in our own day. Their work, their youth, their enthusiasm and their willingness to sacrifice enrich the communities that receive them. Yet this contribution could be all the greater were it optimized and supported by carefully developed programs and initiatives. Enormous potential exists, ready to be harnessed, if only it is given a chance.

In Isaiah’s prophecy, the inhabitants of the new Jerusalem always keep the gates of the city wide open, so that foreigners may come in, bringing their gifts: “Your gates shall always be open; day and night they shall not be shut, so that nations shall bring you their wealth” (Is 60:11). The presence of migrants and refugees represents a great challenge, but at the same time an immense opportunity for the cultural and spiritual growth of everyone. Thanks to them, we have the chance to know better our world and its beautiful diversity. We can grow in our common humanity and build together an ever greater sense of togetherness. Openness to one another creates spaces of fruitful exchange between different visions and traditions, and opens minds to new horizons. It also leads to a discovery of the richness present in other religions and forms of spirituality unfamiliar to us, and this helps us to deepen our own convictions.

In the new Jerusalem of all peoples, the temple of the Lord is made more beautiful by the offerings that come from foreign lands: “All the flocks of Kedar shall be gathered to you, the rams of Nebaioth shall minister to you, they shall be acceptable on my altar, and I will glorify my glorious house” (Is 60:7). As we have seen, the arrival of Catholic migrants and refugees can energize the ecclesial life of the communities that welcome them. Often they bring an enthusiasm that can revitalize our communities and enliven our celebrations. Sharing different expressions of faith and devotions offers us a privileged opportunity for experiencing more fully the catholicity of the People of God.

Dear brothers and sisters, and, in a special way, young people! If we want to cooperate with our heavenly Father in building the future, let us do so together with our brothers and sisters who are migrants and refugees. Let us build the future today! For the future begins today and it begins with each of us. We cannot leave to future generations the burden of responsibility for decisions that need to be made now, so that God’s plan for the world may be realized and his Kingdom of justice, fraternity, and peace may come.

Prayer

Lord, make us bearers of hope,

so that where there is darkness,

your light may shine,

and where there is discouragement,

confidence in the future may be reborn.

Lord, make us instruments of your justice,

so that where there is exclusion, fraternity may flourish,

and where there is greed, a spirit of sharing may grow.

Lord, make us builders of your Kingdom,

together with migrants and refugees

and with all who dwell on the peripheries.

Lord, let us learn how beautiful it is

to live together as brothers and sisters. Amen.

Rome, Saint John Lateran, 9 May 2022

FRANCIS

______________________________________

[1] Saint John Paul II, Address during the Visit to the Roman Parish of Saints Francis of Assisi and Catherine of Siena, Patrons of Italy, 26 November 1989.

[00738-EN.01] [Original text: Italian]

 

Traduzione in lingua tedesca

Mit den Migranten und Flüchtlingen die Zukunft gestalten

»Wir haben hier keine bleibende Stadt, sondern wir suchen die zukünftige« (Heb13,14).

Liebe Brüder und Schwestern,

der letzte Sinn unserer „Reise“ in dieser Welt ist die Suche nach der wahren Heimat, dem Reich Gottes, das in Jesus Christus angebrochen ist und das seine volle Verwirklichung finden wird, wenn er in Herrlichkeit wiederkommt. Sein Reich ist noch nicht vollendet, aber es ist bereits in denen gegenwärtig, die das Heil angenommen haben. »Das Reich Gottes ist in uns. Obwohl es noch eschatologisch ist, die Zukunft der Welt und der Menschheit, ist es doch jetzt schon in uns«.[1]

Die künftige Stadt ist »die Stadt mit den festen Grundmauern, die Gott selbst geplant und gebaut hat« (Heb11,10). Dieses Projekt Gottes beinhaltet einen intensiven Prozess des Aufbauens, an dem wir uns alle persönlich beteiligt fühlen müssen. Es geht dabei um eine sorgfältige Arbeit an der persönlichen Umkehr und an der Umgestaltung der Realität, um immer mehr dem göttlichen Plan zu entsprechen. Die Dramen der Geschichte erinnern uns daran, wie weit wir noch von unserem Ziel entfernt sind, dem neuen Jerusalem, »der Wohnung Gottes unter den Menschen« (Offb21,3). Wir sollten aber deswegen nicht den Mut verlieren. Die Bedrängnisse der letzten Zeit haben uns noch einmal deutlich vor Augen geführt, dass wir unseren Einsatz für den Aufbau einer Zukunft, die mehr dem Plan Gottes entspricht, und einer Welt, in der alle in Frieden und Würde leben können, erneuern sollten.

»Wir erwarten einen neuen Himmel und eine neue Erde, in denen die Gerechtigkeit wohnt« (2 Petr3,13). Die Gerechtigkeit ist eines der grundlegenden Elemente des Reiches Gottes. In der täglichen Suche nach seinem Willen muss sie mit Geduld, Opferbereitschaft und Entschlossenheit aufgebaut werden, damit alle, die nach ihr hungern und dürsten, gesättigt werden (vgl.Mt5,6). Die Gerechtigkeit des Reiches Gottes ist als die Erfüllung der göttlichen Ordnung und die Verwirklichung seines harmonischen Plans zu verstehen, in dem in Christus, der gestorben und auferstanden ist, die ganze Schöpfung wieder „gut“ und der Mensch „sehr gut“ ist (vgl.Gen1,1-31). Doch damit diese wunderbare Harmonie herrschen kann, müssen wir die Erlösung durch Christus, sein Evangelium der Liebe, annehmen, damit die Ungleichheiten und Diskriminierungen der gegenwärtigen Welt beseitigt werden können.

Niemand darf ausgeschlossen werden. Gottes Projekt ist im Kern inklusiv und stellt die Bewohner der existenziellen Peripherien in die Mitte. Unter ihnen befinden sich viele Migranten und Flüchtlinge, Vertriebene und Opfer von Menschenhandel. Der Aufbau des Reiches Gottes geschiehtmit ihnen, denn ohne sie wäre es nicht das Reich, das Gott im Sinn hat. Die Einbeziehung der Schwächsten ist die notwendige Voraussetzung dafür, dass sie im vollen Sinne und mit allen Rechten unsere Mitbürger werden können. Der Herr sagt ja: »Kommt her, die ihr von meinem Vater gesegnet seid, empfangt das Reich als Erbe, das seit der Erschaffung der Welt für euch bestimmt ist! Denn ich war hungrig und ihr habt mir zu essen gegeben; ich war durstig und ihr habt mir zu trinken gegeben; ich war fremd und ihr habt mich aufgenommen; ich war nackt und ihr habt mir Kleidung gegeben; ich war krank und ihr habt mich besucht; ich war im Gefängnis und ihr seid zu mir gekommen« (Mt25,34-36).

Mit den Migranten und Flüchtlingen die Zukunft gestaltenbedeutet auch, den Beitrag, den jeder von ihnen zu diesem Prozess leisten kann, anzuerkennen und zu würdigen. Es gefällt mir, diesen Blick auf das Phänomen der Migration in der prophetischen Vision des Jesaja zu entdecken, in der die Fremden nicht als Invasoren und Zerstörer erscheinen, sondern als willige Arbeiter, die die Mauern des neuen Jerusalem wieder aufbauen, des Jerusalem, das allen Völkern offensteht (vgl. Jes. 60,10-11).

In derselben Prophezeiung wird die Ankunft von Fremden als eine Bereicherung für alle dargestellt: »Die Fülle des Meeres wendet sich dir zu, der Reichtum der Nationen kommt zu dir« (Jes60,5). In der Tat lehrt uns die Geschichte, dass der Beitrag von Migranten und Flüchtlingen für das soziale und wirtschaftliche Wachstum unserer Gesellschaften von grundlegender Bedeutung war. Und er ist es auch heute. Ihre Arbeit, ihre Fähigkeit, Opfer zu bringen, ihre Jugend und ihre Begeisterung bereichern die Gemeinschaften, die sie aufnehmen. Der Beitrag, den sie leisten, könnte jedoch noch viel größer sein, wenn er wertgeschätzt und durch gezielte Programme unterstützt würde. Es geht um ein enormes Potenzial, das bereit ist, sich zu entfalten, wenn man ihm nur die Chance dazu gibt.

Die Bewohner des neuen Jerusalem - so setzt Jesaja seine Prophezeiung fort - halten die Tore der Stadt immer weit offen, damit die Fremden mit ihren Gaben eintreten können: »Deine Tore bleiben immer geöffnet, sie werden bei Tag und bei Nacht nicht geschlossen, damit man den Reichtum der Nationen zu dir bringen kann« (Jes60,11). Die Anwesenheit von Migranten und Flüchtlingen stellt eine große Herausforderung dar, aber sie beinhaltet auch eine Gelegenheit für alle, kulturell und spirituell zu wachsen. Dank der Migranten und Flüchtlinge haben wir die Möglichkeit, die Welt und die Schönheit ihrer vielfältigen Reichtümer besser kennenzulernen. Wir können in der Menschlichkeit reifen und gemeinsam ein größeres „Wir“ aufbauen. Durch die gegenseitige Offenheit wird Raum für den fruchtbaren Kontakt zwischen verschiedenen Visionen und Traditionen geschaffen, der den Geist für neue Perspektiven öffnet. Wir entdecken dabei auch den Reichtum, der in uns unbekannten Religionen und Spiritualitäten enthalten ist, und dies gibt uns einen Impuls, unsere eigenen Überzeugungen zu vertiefen.

Im Jerusalem der Völker wird der Tempel des Herrn durch die Opfergaben verschönert, die aus fremden Ländern dort eintreffen: »Alle Schafe von Kedar sammeln sich bei dir, die Widder von Nebajot sind dir zu Diensten. Sie steigen zum Wohlgefallen auf meinen Altar, so verherrliche ich das Haus meiner Herrlichkeit« (Jes60,7). In diesem Sinne kann die Ankunft von katholischen Migranten und Flüchtlingen dem kirchlichen Leben der Gemeinden, die sie aufnehmen, eine neue Energie bringen. Migranten und Flüchtlinge besitzen oft eine große ansteckende Lebendigkeit und können damit unsere Feste bereichern. Das Teilen der verschiedenen Ausdrucksformen des Glaubens und der Frömmigkeit ist eine besondere Gelegenheit, um die Katholizität des Volkes Gottes in noch größerer Fülle zu leben.

Liebe Brüder und Schwestern, und besonders ihr jungen Menschen! Wenn wir gemeinsam mit unserem himmlischen Vater die Zukunft gestalten wollen, dann sollten wir dies zusammen mit unseren Brüdern und Schwestern Migranten und Flüchtlingen tun. Beginnen wir gleich heute! Denn die Zukunft beginnt heute, und sie beginnt mit jedem Einzelnen und jeder Einzelnen von uns. Wir können die Verantwortung für Entscheidungen, die jetzt getroffen werden müssen, nicht den nächsten Generationen überlassen, denn nur so kann Gottes Plan für die Welt verwirklicht werden und nur so kann sein Reich der Gerechtigkeit, der Geschwisterlichkeit und des Friedens kommen.

Gebet

Herr, mach uns zu Hoffnungsträgern und -trägerinnen,

damit dort, wo Finsternis herrscht, dein Licht erstrahle,

und wo es Resignation gibt, das Vertrauen in die Zukunft neu geboren werde.

Herr, mach uns zu Werkzeugen deiner Gerechtigkeit,

damit dort, wo es Ausgrenzung gibt, Geschwisterlichkeit aufblühe,

und wo es Gier gibt, das miteinander Teilen gedeihe.

Herr, mach uns zu Erbauern deines Reiches

gemeinsam mit den Migranten und Flüchtlingen

und mit allen, die in den Peripherien leben.

Herr, lass uns begreifen, wie schön es ist,

gemeinsam mit allen als Brüder und Schwestern zu leben. Amen.

Rom, Sankt Johannes im Lateran, am 9. Mai 2022

FRANZISKUS

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[1] Hl. Johannes Paul II,Ansprache beim Pastoralbesuch der Pfarrgemeinde „Franz von Assisi und Katharina von Siena, Patrone Italiens“, 26. November 1989.

[00738-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Construir el futuro con los migrantes y los refugiados

«No tenemos aquí abajo una ciudad permanente, sino que buscamos la futura» (Hb13,14).

Queridos hermanos y hermanas:

El sentido último de nuestro “viaje” eneste mundo es la búsqueda de la verdadera patria, el Reino de Dios inaugurado por Jesucristo, que encontrará su plena realización cuando Él vuelva en su gloria. Su Reino aúnno se ha cumplido, pero ya está presente en aquellos que han acogido la salvación. «El Reino de Dios está en nosotros. Aunque todavía sea escatológico, sea el futuro del mundo, de la humanidad, se encuentra al mismo tiempo en nosotros».[1]

La ciudad futura es una «ciudad de sólidos cimientos, cuyo arquitecto y constructor es Dios» (Hb11,10). Su proyecto prevé una intensa obra de edificación, en la que todos debemos sentirnos comprometidos personalmente. Se trata de un trabajo minucioso de conversión personal y de transformación de la realidad, para que se adapte cada vez más al plan divino. Los dramas de la historia nos recuerdan cuán lejos estamostodavía de alcanzarnuestra meta, la Nueva Jerusalén, «morada de Dios entre los hombres» (Ap21,3). Pero no por eso debemos desanimarnos. A la luz de lo que hemos aprendido en las tribulaciones de los últimos tiempos, estamos llamados a renovar nuestro compromiso para la construcción de un futuro más acorde con el plan de Dios, de un mundo donde todos podamos vivir dignamente en paz.

«Pero nosotros, de acuerdo con la promesa del Señor, esperamos un cielo nuevo y una tierra nueva donde habitará la justicia» (2 P3,13). La justicia es uno de los elementos constitutivos del Reino de Dios. En la búsqueda cotidiana de su voluntad, ésta debe edificarse con paciencia, sacrificio y determinación, para que todos los que tienen hambre y sed de ella sean saciados (cf.Mt5,6). La justicia del Reino debe entendersecomola realización del orden divino, de su armonioso designio, según el cual, en Cristo muerto y resucitado, toda la creación vuelve a ser “buena” y la humanidad “muy buena” (cf.Gn1,1-31). Sin embargo, para que reine esta maravillosa armonía, es necesario acoger la salvación de Cristo, su Evangelio de amor, para que se eliminen las desigualdades y las discriminaciones del mundo presente.

Nadie debe ser excluido. Su proyecto es esencialmente inclusivo ysitúa en el centro a los habitantes de las periferias existenciales. Entre ellos hay muchos migrantes y refugiados, desplazados y víctimas de la trata. Escon ellosque Dios quiere edificar su Reino, porque sin ellos no sería el Reino que Dios quiere. La inclusión de las personas más vulnerables es una condición necesaria para obtener la plena ciudadanía. De hecho, dice el Señor: «Vengan, benditos de mi Padre, y reciban en herencia el Reino que les fue preparado desde el comienzo del mundo, porque tuve hambre, y ustedes me dieron de comer; tuve sed, y me dieron de beber; estaba de paso, y me alojaron; desnudo, y me vistieron; enfermo, y me visitaron; preso, y me vinieron a ver» (Mt25,34-36).

Construir el futuro con los migrantes y los refugiadossignifica también reconocer y valorar lo que cada uno de ellos puede aportar al proceso deedificación. Me gusta ver este enfoque del fenómeno migratorio en unavisión profética de Isaías, en la que los extranjeros no figuran como invasores y destructores, sino como trabajadores bien dispuestos que reconstruyen las murallasde la Nueva Jerusalén, la Jerusalén abierta a todos los pueblos (cf.Is60,10-11).

En la misma profecía, la llegada de los extranjeros se presenta como fuente deenriquecimiento: «Se volcarán sobre ti los tesoros del mar y las riquezas de las naciones llegarán hasta ti» (60,5). De hecho, la historia nos enseña que la aportación de los migrantes y refugiados ha sido fundamental para el crecimiento social y económico de nuestras sociedades. Y lo sigue siendo también hoy. Su trabajo, su capacidad de sacrificio, su juventud y su entusiasmo enriquecen a las comunidades que los acogen. Pero esta aportación podría ser mucho mayor si se valoraray se apoyara mediante programas específicos. Se trata de un enorme potencial, pronto a manifestarse, si se le ofrece la oportunidad.

Los habitantes de la Nueva Jerusalén —sigue profetizando Isaías— mantienen siempre las puertas de la ciudad abiertas de par en par, para que puedan entrar losextranjeros con sus dones: «Tus puertas estarán siempre abiertas, no se cerrarán ni de día ni de noche, para que te traigan las riquezas de las naciones» (60,11). La presencia de los migrantes y los refugiados representa un enorme reto, pero también una oportunidad de crecimiento cultural y espiritual para todos. Gracias a ellos tenemos la oportunidad de conocer mejor el mundo y la belleza de su diversidad. Podemos madurar en humanidad y construir juntos un “nosotros” más grande. En la disponibilidad recíproca se generanespacios de confrontación fecunda entre visiones y tradiciones diferentes, que abren la mente a perspectivas nuevas. Descubrimos también la riqueza que encierran religiones y espiritualidades desconocidas para nosotros, y esto nos estimula a profundizar nuestras propias convicciones.

En la Jerusalén de las gentes, el templo del Señor se embellece cada vez más gracias a las ofrendas que llegan de tierras extranjeras: «En ti se congregarán todos los rebaños de Quedar, los carneros de Nebaiot estarán a tu servicio: subirán como ofrenda aceptable sobre mi altar y yo glorificaré mi Casa gloriosa» (60,7). En esta perspectiva, la llegada de migrantes y refugiados católicos ofrece energía nueva a la vida eclesial de las comunidades que losacogen. Ellos son a menudo portadores de dinámicas revitalizantes y animadores de celebraciones vibrantes. Compartir expresiones de fe y devociones diferentesrepresenta una ocasión privilegiada para vivir con mayor plenitud la catolicidad del pueblo de Dios.

Queridos hermanos y hermanas, y especialmente ustedes, jóvenes, si queremos cooperar con nuestro Padre celestial en la construcción del futuro, hagámoslo junto con nuestros hermanos y hermanas migrantes y refugiados. ¡Construyámoslo hoy! Porque el futuro empieza hoy, y empieza por cada uno de nosotros. No podemos dejar a las próximas generaciones la responsabilidad de decisiones que es necesario tomar ahora, para que el proyecto de Dios sobre el mundo pueda realizarse y venga su Reino de justicia, de fraternidad y de paz.

Oración

Señor, haznos portadores de esperanza,

para que donde haya oscuridad reine tu luz,

y donde haya resignación renazca la confianza en el futuro.

Señor, haznos instrumentos de tu justicia,

para que dondehaya exclusión, florezca la fraternidad,

y donde haya codicia, florezca la comunión.

Señor, haznos constructores de tu Reino

junto con los migrantes y los refugiados

y con todos los habitantes de las periferias.

Señor, haz que aprendamos cuán bello es

vivir como hermanos y hermanas. Amén.

Roma, San Juan de Letrán, 9 de mayo de 2022

FRANCISCO

____________________

[1] S. Juan Pablo II,Visita a la parroquia romana de San Francisco de Asís y Santa Catalina de Siena, Patronos de Italia(26 noviembre 1989).

[00738-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Construir o futuro com os migrantes e os refugiados

«Não temos aqui cidade permanente, mas procuramos a futura»:Heb13, 14

Queridos irmãos e irmãs!

O sentido último da nossa «viagem» neste mundo é a busca da verdadeira pátria, o Reino de Deus inaugurado por Jesus Cristo, que terá a sua plena realização quando Ele voltar na glória. O seu Reino ainda não alcançou a perfeição, mas já está presente naqueles que acolheram a salvação. «O reino de Deus está em nós. Embora escatológico, sendo o futuro do mundo, da humanidade, ao mesmo tempo já se encontra em nós».[1]

A cidade futura é uma «cidade bem alicerçada, cujo arquiteto e construtor é o próprio Deus» (Heb11, 10). O seu desígnio prevê uma intensa obra de construção, na qual todos nos devemos sentir pessoalmente envolvidos. Trata-se dum meticuloso trabalho de conversão pessoal e transformação da realidade, para corresponder cada vez mais ao plano divino. Os dramas da história vêm lembrar-nos quão longe estamos ainda de conseguir a nossa meta, a Nova Jerusalém, «a morada de Deus entre os homens» (Ap21, 3). Mas isso não é motivo para desanimarmos. À luz do que aprendemos nas tribulações dos últimos tempos, somos chamados a renovar o nosso compromisso a favor da construção dum futuro mais ajustado ao desígnio de Deus, a construção dum mundo onde todos possam viver em paz e com dignidade.

Nós «esperamos uns novos céus e uma nova terra, onde habite a justiça» (2 Ped3, 13). A justiça é um dos elementos constitutivos do Reino de Deus. Na busca quotidiana da vontade divina, aquela deve ser edificada com paciência, sacrifício e determinação, a fim de que todos os que tiverem fome e sede dela sejam saciados (cf.Mt5, 6). A justiça do Reino deve ser entendida como a realização da ordem divina, do seu desígnio harmonioso, segundo o qual, em Cristo morto e ressuscitado, toda a criação volta a ser «coisa boa» e a humanidade «coisa muito boa» (cf.Gen1, 1-31). Mas, para reinar esta maravilhosa harmonia, é necessário acolher a salvação de Cristo, o seu Evangelho de amor, para que sejam eliminadas as desigualdades e discriminações do mundo presente.

Ninguém deve ser excluído. O plano divino é essencialmente inclusivo e coloca, no centro, os habitantes das periferias existenciais. Entre estes, há muitos migrantes e refugiados, deslocados e vítimas de tráfico humano. A construção do Reino de Deus é feitacom eles, porque, sem eles, não seria o Reino que Deus quer. A inclusão das pessoas mais vulneráveis é condição necessária para se obter nele plena cidadania. Com efeito, diz o Senhor: «Vinde, benditos de meu Pai! Recebei em herança o Reino que vos está preparado desde a criação do mundo. Porque tive fome e destes-me de comer, tive sede e destes-me de beber, era peregrino e recolhestes-me, estava nu e destes-me que vestir, adoeci e visitastes-me, estive na prisão e fostes ter comigo» (Mt25, 34-36).

Construir o futuro com os migrantes e os refugiadossignifica também reconhecer e valorizar tudo aquilo que cada um deles pode oferecer ao processo de construção. Apraz-me ver esta abordagem do fenómeno migratório numa visão profética de Isaías, onde os estrangeiros não aparecem como invasores e devastadores, mas como trabalhadores cheios de boa vontade que reconstroem as muralhas da nova Jerusalém, a Jerusalém aberta a todas as nações (cf.Is60, 10-11).

Na mesma profecia, a chegada dos estrangeiros é apresentada como fonte de enriquecimento: «para ti afluirão as riquezas do mar, e a ti virão os tesouros das nações»(60, 5). Efetivamente, a história ensina-nos que a contribuição dos migrantes e refugiados foi fundamental para o crescimento socioeconómico das nossas sociedades; e continua a sê-lo hoje. O seu trabalho, capacidade de sacrifício, juventude e entusiasmo enriquecem as comunidades que os acolhem. Mas esta contribuição poderia ser bastante maior se fosse valorizada e apoiada através de programas específicos. Trata-se dum potencial enorme, pronto a expressar-se, se, para tal, lhe for dada a possibilidade.

Os habitantes da nova Jerusalém – profetiza ainda Isaías – mantêm as portas da cidade sempre abertas de par em par, para que possam entrar os forasteiros com os seus dons: «As tuas portas estarão sempre abertas, não se fecharão nem de dia nem de noite, para te trazerem as riquezas das nações» (60,11). A presença dos migrantes e refugiados constitui um grande desafio, mas também uma oportunidade de crescimento cultural e espiritual para todos. Graças a eles, temos a possibilidade de conhecer melhor o mundo e a beleza da sua variedade. Podemos amadurecer em humanidade e, juntos, construir um «nós» maior. Na disponibilidade recíproca, geram-se espaços de fecunda confrontação entre visões e tradições diferentes, que abrem a mente para novas perspetivas. Descobrimos também a riqueza contida em religiões e espiritualidades que desconhecíamos, e isto incentiva-nos a aprofundar as nossas próprias convicções.

Na Jerusalém das nações, o templo do Senhor torna-se mais belo com os dons que chegam de terras estrangeiras: «Os rebanhos de Quedar reunir-se-ão à tua volta, e os carneiros de Nebaiot estarão ao teu dispor; serão apresentados no meu altar, como vítimas agradáveis, e glorificarei o templo com o esplendor da minha glória» (60, 7). Nesta perspetiva, a chegada de migrantes e refugiados católicos dá nova energia à vida eclesial das comunidades que os acolhem, pois frequentemente são portadores de dinâmicas revigoradoras e animadores de celebrações cheias de entusiasmo. A partilha de expressões de fé e devoções diversas constitui uma ocasião privilegiada para viver mais plenamente a catolicidade do povo de Deus.

Queridos irmãos e irmãs, especialmente vós, jovens! Se queremos colaborar com o nosso Pai celeste na construção do futuro, façamo-lo juntamente com os nossos irmãos e irmãs migrantes e refugiados. Construamo-lo hoje, porque o futuro começa hoje e a partir de cada um de nós. Não podemos deixar para as próximas gerações a responsabilidade de decisões que é necessário tomar agora, para que o desígnio de Deus sobre o mundo se possa realizar e venha o seu Reino de justiça, fraternidade e paz.

Oração

Senhor, tornai-nos portadores de esperança,

para que, onde houver escuridão, reine a vossa luz

e, onde houver resignação, renasça a confiança no futuro.

Senhor, tornai-nos instrumentos da vossa justiça,

para que, onde houver exclusão, floresça a fraternidade

e, onde houver ganância, prospere a partilha.

Senhor, tornai-nos construtores do vosso Reino

juntamente com os migrantes e os refugiados

e com todos os habitantes das periferias.

Senhor, fazei que aprendamos como é belo

vivermos, todos, como irmãos e irmãs. Amen.

Roma, São João de Latrão, 9 de maio de 2022.

FRANCISCO

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[1]S. João Paulo II,Discurso na visita à Paróquia romana dos Santos Francisco de Assis e Catarina de Sena, Patronos da Itália, 26 de novembro de 1989.

[00738-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Budować przyszłości z migrantami i uchodźcami

„Nie mamy tutaj trwałego miasta, ale szukamy tego, które ma przyjść” (Hbr 13, 14).

Drodzy bracia i siostry!

Ostatecznym sensem naszej „wędrówki” na tym świecie jest poszukiwanie prawdziwej ojczyzny, królestwa Bożego zainagurowanego przez Jezusa Chrystusa, które znajdzie swoje pełne urzeczywistnienie, gdy On powróci w chwale. Jego królestwo nie jest jeszcze spełnione, ale jest już obecne w tych, którzy przyjęli zbawienie. „Królestwo Boże jest w nas. Choć jest jeszcze eschatologiczne, jest przyszłością świata, ludzkości, to jednocześnie jest w nas”[1].

Przyszłe miasto jest „zbudowane na silnych fundamentach, którego architektem i budowniczym jest sam Bóg” (Hbr 11, 10). Jego projekt przewiduje intensywne dzieło budowania, w którym wszyscy musimy czuć się zaangażowani osobiście. Jest to skrupulatna praca nad osobistym nawróceniem i przemianą rzeczywistości tak, aby coraz bardziej odpowiadała Bożemu zamysłowi. Dramaty historii przypominają nam, jak jest jeszcze odległe osiągnięcie naszej mety - Nowego Jeruzalem, „przybytku Boga z ludźmi” (Ap 21, 3). Nie powinniśmy jednak tracić ducha z tego powodu. W świetle tego, czego nauczyliśmy się w okresie niedawnych trudności, jesteśmy wezwani do odnowienia naszego zaangażowania w budowanie przyszłości bardziej zgodnej z planem Bożym, świata, w którym wszyscy mogli by żyć w pokoju i godności.

„Oczekujemy jednak nowego nieba i nowej ziemi, w których będzie mieszkała sprawiedliwość” (2 P 3, 13). Sprawiedliwość jest jednym z elementów konstytutywnych królestwa Boga. W codziennym poszukiwaniu Jego woli należy ją budować z cierpliwością, ofiarnością i determinacją, aby wszyscy, którzy łakną i pragną, mogli być nasyceni (por. Mt 5, 6). Sprawiedliwość królestwa należy rozumieć jako realizację Bożego ładu, Jego harmonijnego zamysłu, gdzie w Chrystusie, który umarł i zmartwychwstał całe stworzenie jest znowu „czymś dobrym”, a ludzkość „czymś bardzo dobrym” (por. Rdz 1, 1-31). Aby jednak mogła zapanować ta cudowna harmonia, musimy przyjąć zbawienie Chrystusa, Jego Ewangelię miłości, aby zostały wyeliminowane nierówności i dyskryminacje w obecnym świecie.

Nikt nie może być wykluczony. Jego zamysł jest zasadniczo inkluzyjny i stawia w centrum mieszkańców peryferii egzystencjalnych. Jest wśród nich wielu migrantów i uchodźców, osób przesiedlonych i ofiar handlu ludźmi. Budowanie królestwa Bożego odbywa się z nimi, ponieważ bez nich nie byłoby to królestwo, którego pragnie Bóg. Włączenie osób najsłabszych to warunek konieczny, by uzyskać w nim pełnego obywatelstwa. Pan bowiem mówi: „Pójdźcie, błogosławieni Ojca mojego, weźcie w posiadanie królestwo, przygotowane wam od założenia świata! Bo byłem głodny, a daliście Mi jeść; byłem spragniony, a daliście Mi pić; byłem przybyszem, a przyjęliście Mnie; 36 byłem nagi, a przyodzialiście Mnie; byłem chory, a odwiedziliście Mnie; byłem w więzieniu, a przyszliście do Mnie” (Mt 25, 34-36).

Budować przyszłość z migrantami i uchodźcami oznacza także uznać i docenić to, co każdy z nich może wnieść do procesu budowania. Podoba mi się podejście do zjawiska migracji, które jest zawarte w proroczej wizji Izajasza, gdzie cudzoziemcy nie są przedstawieni jako najeźdźcy i niszczyciele, lecz jako ochotni robotnicy odbudowujący mury nowego Jeruzalem, Jeruzalem otwartego dla wszystkich narodów (por. Iz 60, 10-11).

W tym samym proroctwie przybycie cudzoziemców jest przedstawione jako źródło ubogacenia: „do ciebie napłyną bogactwa zamorskie, zasoby narodów przyjdą ku tobie” (60, 5). Historia uczy nas, że wkład migrantów i uchodźców miał fundamentalne znaczenie dla rozwoju społecznego i gospodarczego naszych społeczeństw. I tak jest po dziś dzień. Ich praca, zdolność do poświęceń, młodość i entuzjazm ubogacają wspólnoty, które ich przyjmują. Jednak wkład ten mógłby być o wiele większy, gdyby był dowartościowany i wspierany przez ukierunkowane programy. Idzie o ogromny potencjał, gotowy do wyrażenia się, jeśli tylko da się jemu szansę.

Mieszkańcy nowego Jeruzalem - prorokuje ponownie Izajasz - zawsze będą mieli szeroko otwarte bramy miasta, aby obcy mogli wejść ze swoimi darami: „Twe bramy zawsze stać będą otworem, nie zamkną się we dnie ni w nocy, by wpuszczać do środka bogactwo narodów” (60, 11). Obecność migrantów i uchodźców stanowi wielkie wyzwanie, ale także okazję do rozwoju kulturowego i duchowego wszystkich. Dzięki nim mamy możliwość lepszego poznania świata i piękna jego różnorodności. Możemy dojrzewać w człowieczeństwie i budować razem większe „my”. We wzajemnej otwartości powstają przestrzenie do owocnego zestawienia różnych wizji i tradycji, które otwierają umysł na nowe perspektywy. Odkrywamy też bogactwo zawarte w nieznanych nam religiach i duchowościach, a to pobudza nas do pogłębiania własnych przekonań.

W Jerozolimie narodów świątynia Pańska staje się piękniejsza dzięki ofiarom, które docierają z obcych krajów: „Wszystkie stada Kedaru zbiorą się przy tobie, barany Nebajotu staną na twe usługi: podążą, by je przyjęto na moim ołtarzu, tak iż uświetnię dom mojej chwały” (60,7). W tej perspektywie przybycie katolickich migrantów i uchodźców daje nową energię życiu kościelnemu wspólnot, które ich przyjmują. Często wnoszą oni ożywczą dynamikę i animują tętniące życiem celebracje. Dzielenie się różnymi sposobami wyrażania wiary i pobożności stanowi uprzywilejowaną okazję do pełniejszego przeżywania katolickości Ludu Bożego.

Drodzy bracia i siostry, a zwłaszcza wy, młodzi! Jeśli chcemy współpracować z naszym Ojcem Niebieskim w budowaniu przyszłości, czyńmy to razem z naszymi braćmi i siostrami migrantami i uchodźcami. Budujmy ją już dziś! Ponieważ przyszłość zaczyna się dzisiaj i zaczyna się od każdego z nas. Nie możemy pozostawić przyszłym pokoleniom odpowiedzialności za decyzje, które trzeba podjąć już teraz, aby zrealizował się Boży plan dla świata i nastało Jego królestwo sprawiedliwości, braterstwa i pokoju.

Modlitwa

Panie, spraw byśmy nieśli nadzieję,

aby tam, gdzie panuje ciemność, zapanowało Twoje światło,

a tam, gdzie jest rezygnacja, niech odrodzi się zaufanie w przyszłość.

Panie, uczyń nas narzędziami Twojej sprawiedliwości,

aby tam, gdzie panuje wykluczenie, rozkwitało braterstwo,

a tam, gdzie jest chciwość, rozkwitało dzielenie się z innymi.

Panie, uczyń nas budowniczymi Twojego królestwa

Razem z migrantami i uchodźcami

i ze wszystkimi mieszkańcami peryferii.

Panie, spraw, abyśmy wszyscy nauczyli się

jak pięknie jest żyć, jako bracia i siostry. Amen.

W Rzymie, u św. Jana na Lateranie, 9 maja 2022 r.

FRANCISZEK

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[1] ŚW. JAN PAWEŁ II, Discorso nella visita alla Parrocchia romana dei SS. Francesco d’Assisi e Caterina da Siena Patroni d’Italia, 26 novembre 1989.

[00738-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

رسالة قداسة البابا فرنسيس

في مناسبة اليوم العالمي المائة والثامن للمهاجرين واللاجئين

(25 أيلول/سبتمبر 2022)

بناء المستقبل مع المهاجرين واللاجئين

"لَيسَ لَنا هُنا مَدينةٌ باقِيَة، وإِنَّما نَسْعى إِلى مَدينَةِ المُستَقبَل" (عبرانيّين 13، 14).

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء!

المعنى النهائي لـ ”رحلتنا“ في هذا العالم هو أنّنا نسعى إلى الوطن الحقيقي، ملكوت الله الذي افتتحه يسوع المسيح، والذي سيتحقّق بصورة كاملة عندما يعود في المجد. لم يكتمل ملكوت الله بعد، لكنّه حاضرٌ منذ الآن في الذين قبلوا الخلاص. "ملكوت الله فينا. ولو أنّه يتمّ في آخر الزمن، وهو مستقبل العالم والبشريّة إلّا أنّه في نفس الوقت حاضرٌ فينا"[1].

مدينة المستقبل هي "المدينة ذات الأُسُس واللهُ مُهَندِسُها وبانِيها" (عبرانيّين 11، 10). يتضمن مخططها عمل بناء كثيف يجب أن نشعر أنّنا جميعًا ملتزمون بالمشاركة فيه شخصيًّا. إنّه عملٌ دقيق، عمل توبة شخصيّة وتبديل للواقع، حتى يزداد دائمًا توافقًا مع الخطة الإلهيّة. مآسي التاريخ تذكّرنا إلى أي مدى ما زلنا بعيدين عن بلوغ هدفنا، أورشليم الجديدة، "مَسكِنُ اللهِ مع النَّاس" (رؤيا القِدّيس يوحنا 21، 3). لكن يجب ألّا تضعف عزيمتنا لذلك. في ضوء ما تعلّمناه في ضيقات الأزمنة الأخيرة، نحن مدعوون إلى أن نجدّد التزامنا ببناء مستقبل ينسجم بصورة أفضل مع مخطط الله، وعالم يمكن للجميع أن يعيش فيه بسلام وكرامة.

"غَيرَ أَنَّنا نَنتَظِرُ، [...]، سَمَواتٍ جَديدةً وأَرضًا جديدةً يُقيمُ فيها البِرّ" (2 بطرس 3، 13). البِرّ هو أحد العناصر المكوّنة لملكوت الله. وفي السّعي اليوميّ إلى مشيئته تعالى، يجب أن يُبنى البِرّ بالصّبر والتضحيّة والعزم، حتى يشبع كلّ الجياع والعطاش إليه (راجع متى 5، 6). يجب أن يُفهم بِرّ ملكوت الله على أنّه تحقيق النظام الإلهيّ، وخطته المنسجمة، حيث تصبح كلّ الخليقة مرة أخرى، في المسيح الذي مات وقام، ”شيئًا حَسَنًا“ والبشريّة ”شيئًا حَسَنًا جدًّا“ ( راجع تكوين 1، 1-31). ولكي يسود هذا الانسجام العجيب، يجب أن نَقبَل خلاص المسيح، وإنجيلَه إنجيل المحبّة، حتى يتم التخلّص من اللامساواة والتمييز في العالم الحاليّ.

ينبغي ألّا نستبعد أحدًا. مخطط الله شامل بصورة أساسيّة ويضع، في سط العالم، ”الساكنين على أطراف“ الحياة، ومن بينهم العديد من المهاجرين واللاجئين والمشرّدين وضحايا الاتّجار. بناء ملكوت الله يكون معهم، لأنّه بدونهم لن يكون الملكوت الذي أراده الله. إدراج الأضعفين هو شرط ضروريّ للحصول على المواطنة الكاملة. في الواقع، قال الرّبّ يسوع: "تعالَوا، يا مَن بارَكَهم أَبي، فرِثوا المَلكوتَ المُعَدَّ لَكُم مَنذُ إِنشاءِ العَالَم: لأَنِّي جُعتُ فأَطعَمتُموني، وعَطِشتُ فسَقَيتُموني، وكُنتُ غَريبًا فآويتُموني، وعُريانًا فَكسَوتُموني، ومَريضًا فعُدتُموني، وسَجينًا فجِئتُم إِلَيَّ" (متى 25، 34-36).

بناء المستقبل مع المهاجرين واللاجئين يعني أيضًا أن نعترف ونقدّر ما يمكن أن يقدّمه كلٌّ واحد منهم في عمليّة البناء. أحبّ أن أتناول هذه المقاربة لظاهرة الهجرة في رؤية أشعيا النبويّة، حيث لا يصوّر الغرباء على أنّهم غزاة ومدمِّرون، بل على أنّهم عمالٌ مستعدّون أن يعيدوا بناء أسوار أورشليم الجديدة، المدينة المفتوحة أبوابها لجميع الناس (راجع أشعيا 60، 10-11).

في النبوءة نفسها، اعتُبِرَ وصول الغرباء مصدرًا للغِنَى: "فإِلَيكِ تَتَحَوَّلُ ثَروَةُ البَحْر، وإِلَيكِ يأتي غِنى الأُمَم" (60، 5). في الواقع، علّمنا التّاريخ أنّ مساهمة المهاجرين واللاجئين كانت أساسيّة في النّمو الاجتماعيّ والاقتصاديّ لمجتمعاتنا. ولا تزال حتّى اليوم. إنّ عملهم، وقدرتهم على التّضحية، وشبابهم وحماسهم يُغني الجماعات التي تستقبلهم، لكن يمكن أن تكون هذه المساهمة أكبر بكثير إن تمّ تقديرها ودعمها من خلال البرامج الهادفة. الموضوع هنا هو موضوع إمكانيّات هائلة، جاهزة ويمكنها أن تعمل الكثير، إن أُتيحت لها الفرصة.

- تنبّأ أشعيا أيضًا – أنّ سكان أورشليم الجديدة يُبقون أبواب المدينة مفتوحة على مصاريعها دائمًا، حتّى يتمكّن الغرباء من الدّخول بهداياهم: "وتَنفَتِحُ أَبْوابُكِ دائِمًا، لا تُغلَقُ نَهارًا ولا لَيلًا، لِيُؤتى إِلَيكِ بِغِنى الأُمَم" (60، 11). وجود المهاجرين واللاجئين هو تحدٍّ كبير، لكنّه أيضًا فرصة للنّمو الثقافيّ والرّوحيّ للجميع. نحن بفضلهم لدينا الفرصة لنتعرّف بصورة أفضل على العالم وعلى جمال تنوّعه. ويمكننا أن ننضج في الإنسانيّة وأن نبني معًا ”نحن“ أكبر. وفي الاستعداد المتبادل للتعاون تُخلق مساحات خصبة للمقارنة بين الرُّؤى والتقاليد المختلفة، التي تفتح العقل على وجهات نظر جديدة. نكتشف أيضًا الغِنَى الموجود في الأديان والروحانيّات المجهولة بالنّسبة لنا، وهذا يدفعنا إلى أن نُعمِّق معتقداتنا.

في أورشليم الأمم، أصبح هيكل الله أجمل بسبب القرابين التي كانت تأتي من بلاد غريبة: "كُلُّ غَنَمِ قيدارَ تَجتَمِعُ إِلَيكِ، وكِباشُ نَبايوتَ تَخدُمُكِ. تَصعَدُ على مَذبَحِ رِضايَ، وأُمَجِّدُ بَيتَ جَلالي" (60، 7). من هذا المنظور، إنّ وصول المهاجرين واللاجئين الكاثوليك يقدّم طاقة جديدة إلى الحياة الكنسيّة للجماعات التي تستقبلهم. إنّهم يحملون غالبًا قوّة تجدّد الحياة وتنعش الاحتفالات. والمشاركة في طرق التعبير عن الإيمان وفي العبادات المختلفة هي فرصة مميّزة لكي نعيش كاثوليكيّة شعب الله بصورة كاملة.

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، وخاصّة أنتم، أيّها الشّباب! إن أردنا أن نتعاون مع أبينا السّماوي في بناء المستقبل، فلنفعل ذلك مع إخوتنا وأخواتنا المهاجرين واللاجئين. لِنَبنِهِ اليوم! لأنّ المستقبل يبدأ اليوم، ويبدأ مع كلّ واحدٍ منّا. لا يمكننا أن نترك للأجيال القادمة مسؤوليّة القرارات التي يجب أن نتّخذها الآن، كي يتحقّق مخطط الله للعالم ويأتي ملكوته، ملكوت البّر والأخوّة والسّلام.

 

صلاة

أيّها الرّبّ يسوع، اجعلنا حاملي رجاء،

حتّى يسود نورك حيث توجد الظّلمة،

وحيث يوجد الاستسلام، حتى تُولَد الثّقة في المستقبل من جديد.

أيّها الرّبّ يسوع، اجعلنا أداة لبرِّك،

حتّى تُزهر الأخوّة حيث يوجد الإقصاء،

ويزدهر التقاسم مع الآخر حيث يوجد الجشع.

أيّها الرّبّ يسوع، اجعلنا بُناة لملكوتك،

مع المهاجرين واللاجئين،

ومع جميع الذين يسكنون على الأطراف.

أيّها الرّبّ يسوع، اجعلنا نتعلّم كم هو جميل،

أن نعيش جميعنا إخوةً وأخوات. آمين.

أُعطيَ في روما، في بازيليكا القدّيس يوحنا في اللاتران، يوم 9 أيار/مايو 2022.

فرنسيس

[00738-AR.01] [Original text: Italian]

[B00348-XX.01]

 

 

[1] القدّيس يوحنا بولس الثاني، كلمة في زيارة لرعية القديس فرنسيس الأسيزي وكاترينا من سيينا شفيعا إيطاليا - روما، 26 تشرين الثاني/نوفمبر 1989.