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Messaggio del Santo Padre per la 59ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 05.05.2022


Messaggio del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

L’8 maggio 2022, IV Domenica di Pasqua, si celebra la 59a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sul tema “Chiamati a edificare la famiglia umana”.

Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Francesco ha inviato per l’occasione ai Vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati ed ai fedeli di tutto il mondo:

Messaggio del Santo Padre

Chiamati a edificare la famiglia umana

Cari fratelli e sorelle!

Mentre in questo nostro tempo soffiano ancora i venti gelidi della guerra e della sopraffazione e assistiamo spesso a fenomeni di polarizzazione, come Chiesa abbiamo avviato un processo sinodale: sentiamo l’urgenza di camminare insieme coltivando le dimensioni dell’ascolto, della partecipazione e della condivisione. Insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà vogliamo contribuire a edificare la famiglia umana, a guarirne le ferite e a proiettarla verso un futuro migliore. In questa prospettiva, per la 59a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, desidero riflettere con voi sull’ampio significato della “vocazione”, nel contesto di una Chiesa sinodale che si pone in ascolto di Dio e del mondo.

Chiamati a essere tutti protagonisti della missione

La sinodalità, il camminare insieme è una vocazione fondamentale per la Chiesa, e solo in questo orizzonte è possibile scoprire e valorizzare le diverse vocazioni, i carismi e i ministeri. Al tempo stesso, sappiamo che la Chiesa esiste per evangelizzare, uscendo da sé stessa e spargendo il seme del Vangelo nella storia. Pertanto, tale missione è possibile proprio mettendo in sinergia tutti gli ambiti pastorali e, prima ancora, coinvolgendo tutti i discepoli del Signore. Infatti, «in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cfr Mt 28,19). Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 120). Bisogna guardarsi dalla mentalità che separa preti e laici, considerando protagonisti i primi ed esecutori i secondi, e portare avanti la missione cristiana come unico Popolo di Dio, laici e pastori insieme. Tutta la Chiesa è comunità evangelizzatrice.

Chiamati a essere custodi gli uni degli altri e del creato

La parola “vocazione” non va intesa in senso restrittivo, riferendola solo a coloro che seguono il Signore sulla via di una particolare consacrazione. Tutti siamo chiamati a partecipare della missione di Cristo di riunire l’umanità dispersa e di riconciliarla con Dio. Più in generale, ogni persona umana, prima ancora di vivere l’incontro con Cristo e abbracciare la fede cristiana, riceve con il dono della vita una chiamata fondamentale: ciascuno di noi è una creatura voluta e amata da Dio, per la quale Egli ha avuto un pensiero unico e speciale, e questa scintilla divina, che abita il cuore di ogni uomo e di ogni donna, siamo chiamati a svilupparla nel corso della nostra vita, contribuendo a far crescere un’umanità animata dall’amore e dall’accoglienza reciproca. Siamo chiamati a essere custodi gli uni degli altri, a costruire legami di concordia e di condivisione, a curare le ferite del creato perché non venga distrutta la sua bellezza. Insomma, a diventare un’unica famiglia nella meravigliosa casa comune del creato, nell’armonica varietà dei suoi elementi. In questo senso ampio, non solo i singoli, ma anche i popoli, le comunità e le aggregazioni di vario genere hanno una “vocazione”.

Chiamati ad accogliere lo sguardo di Dio

In questa grande vocazione comune, si inserisce la chiamata più particolare che Dio ci rivolge, raggiungendo la nostra esistenza con il suo Amore e orientandola alla sua meta ultima, a una pienezza che supera persino la soglia della morte. Così Dio ha voluto guardare e guarda alla nostra vita.

Si attribuiscono a Michelangelo Buonarroti queste parole: «Ogni blocco di pietra ha al suo interno una statua ed è compito dello scultore scoprirla». Se questo può essere lo sguardo dell’artista, molto più Dio ci guarda così: in quella ragazza di Nazaret ha visto la Madre di Dio; nel pescatore Simone figlio di Giona ha visto Pietro, la roccia sulla quale edificare la sua Chiesa; nel pubblicano Levi ha ravvisato l’apostolo ed evangelista Matteo; in Saulo, duro persecutore dei cristiani, ha visto Paolo, l’apostolo delle genti. Sempre il suo sguardo d’amore ci raggiunge, ci tocca, ci libera e ci trasforma facendoci diventare persone nuove.

Questa è la dinamica di ogni vocazione: siamo raggiunti dallo sguardo di Dio, che ci chiama. La vocazione, come d’altronde la santità, non è un’esperienza straordinaria riservata a pochi. Come esiste la “santità della porta accanto” (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 6-9), così anche la vocazione è per tutti, perché tutti sono guardati e chiamati da Dio.

Dice un proverbio dell’Estremo Oriente: «Un sapiente, guardando l’uovo, sa vedere l’aquila; guardando il seme intravvede un grande albero; guardando un peccatore sa intravvedere un santo». Così ci guarda Dio: in ciascuno di noi vede delle potenzialità, talvolta ignote a noi stessi, e durante tutta la nostra vita opera instancabilmente perché possiamo metterle a servizio del bene comune.

La vocazione nasce così, grazie all’arte del divino Scultore che, con le sue “mani” ci fa uscire da noi stessi, perché si stagli in noi quel capolavoro che siamo chiamati a essere. In particolare, la Parola di Dio, che ci libera dall’egocentrismo, è capace di purificarci, illuminarci e ricrearci. Mettiamoci allora in ascolto della Parola, per aprirci alla vocazione che Dio ci affida! E impariamo ad ascoltare anche i fratelli e le sorelle nella fede, perché nei loro consigli e nel loro esempio può nascondersi l’iniziativa di Dio, che ci indica strade sempre nuove da percorrere.

Chiamati a rispondere allo sguardo di Dio

Lo sguardo amorevole e creativo di Dio ci ha raggiunti in modo del tutto singolare in Gesù. Parlando del giovane ricco, l’evangelista Marco annota: «Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò» (10,21). Su ciascuno e ciascuna di noi si posa questo sguardo di Gesù pieno di amore. Fratelli e sorelle, lasciamoci toccare da questo sguardo e lasciamoci portare da Lui oltre noi stessi! E impariamo a guardarci anche l’un altro in modo che le persone con cui viviamo e che incontriamo – chiunque esse siano – possano sentirsi accolte e scoprire che c’è Qualcuno che le guarda con amore e le invita a sviluppare tutte le loro potenzialità.

La nostra vita cambia, quando accogliamo questo sguardo. Tutto diventa un dialogo vocazionale, tra noi e il Signore, ma anche tra noi e gli altri. Un dialogo che, vissuto in profondità, ci fa diventare sempre più quelli che siamo: nella vocazione al sacerdozio ordinato, per essere strumento della grazia e della misericordia di Cristo; nella vocazione alla vita consacrata, per essere lode di Dio e profezia di nuova umanità; nella vocazione al matrimonio, per essere dono reciproco e generatori ed educatori della vita. In generale, in ogni vocazione e ministero nella Chiesa, che ci chiama a guardare gli altri e il mondo con gli occhi di Dio, per servire il bene e diffondere l’amore, con le opere e con le parole.

Vorrei qui menzionare, al riguardo, l’esperienza del dott. José Gregorio Hernández Cisneros. Mentre lavorava come medico a Caracas in Venezuela, volle farsi terziario francescano. Più tardi, pensò di diventare monaco e sacerdote, ma la salute non glielo permise. Comprese allora che la sua chiamata era proprio la professione medica, nella quale egli si spese in particolare per i poveri. Allora, si dedicò senza riserve agli ammalati colpiti dall’epidemia di influenza detta “spagnola”, che allora dilagava nel mondo. Morì investito da un’automobile, mentre usciva da una farmacia dove aveva procurato medicine per una sua anziana paziente. Testimone esemplare di cosa vuol dire accogliere la chiamata del Signore e aderirvi in pienezza, è stato beatificato un anno fa.

Convocati per edificare un mondo fraterno

Come cristiani, siamo non solo chiamati, cioè interpellati ognuno personalmente da una vocazione, ma anche con-vocati. Siamo come le tessere di un mosaico, belle già se prese ad una ad una, ma che solo insieme compongono un’immagine. Brilliamo, ciascuno e ciascuna, come una stella nel cuore di Dio e nel firmamento dell’universo, ma siamo chiamati a comporre delle costellazioni che orientino e rischiarino il cammino dell’umanità, a partire dall’ambiente in cui viviamo. Questo è il mistero della Chiesa: nella convivialità delle differenze, essa è segno e strumento di ciò a cui l’intera umanità è chiamata. Per questo la Chiesa deve diventare sempre più sinodale: capace di camminare unita nell’armonia delle diversità, in cui tutti hanno un loro apporto da dare e possono partecipare attivamente.

Quando parliamo di “vocazione”, pertanto, si tratta non solo di scegliere questa o quella forma di vita, di votare la propria esistenza a un determinato ministero o di seguire il fascino del carisma di una famiglia religiosa o di un movimento o di una comunità ecclesiale; si tratta di realizzare il sogno di Dio, il grande disegno della fraternità che Gesù aveva nel cuore quando ha pregato il Padre: «Che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Ogni vocazione nella Chiesa, e in senso ampio anche nella società, concorre a un obiettivo comune: far risuonare tra gli uomini e le donne quell’armonia dei molti e differenti doni che solo lo Spirito Santo sa realizzare. Sacerdoti, consacrate e consacrati, fedeli laici camminiamo e lavoriamo insieme, per testimoniare che una grande famiglia umana unita nell’amore non è un’utopia, ma è il progetto per il quale Dio ci ha creati.

Preghiamo, fratelli e sorelle, perché il Popolo di Dio, in mezzo alle vicende drammatiche della storia, risponda sempre più a questa chiamata. Invochiamo la luce dello Spirito Santo, affinché ciascuno e ciascuna di noi possa trovare il proprio posto e dare il meglio di sé in questo grande disegno!

Roma, San Giovanni in Laterano, 8 maggio 2022, IV Domenica di Pasqua.

FRANCESCO

[00686-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Appelés à construire la famille humaine

Chers frères et sœurs !

Alors que les vents glacés de la guerre et de l'oppression soufflent encore en ces temps et que nous assistons souvent à des phénomènes de polarisation, nous avons en Église initié un processus synodal : nous ressentons l'urgence de marcher ensemble, en cultivant l'écoute, la participation et le partage. Avec tous les hommes et femmes de bonne volonté, nous voulons contribuer à édifier la famille humaine, à panser ses blessures et à la projeter vers un avenir meilleur. Dans cette perspective, pour la 59ème Journée mondiale de prière pour les vocations, je voudrais réfléchir avec vous sur le sens large de la "vocation", dans le contexte d'une Église synodale qui se met à l'écoute de Dieu et du monde.

Appelés à être tous protagonistes de la mission

La synodalité, le fait de marcher ensemble est une vocation fondamentale pour l'Église, et c'est seulement dans cet horizon qu'il est possible de découvrir et de valoriser les différentes vocations, charismes et ministères. En même temps, nous savons que l'Église existe pour évangéliser, en sortant d'elle-même et en semant les graines de l'Évangile dans l'histoire. Une telle mission est donc possible précisément en mettant en synergie tous les domaines de la vie pastorale et, avant cela, en impliquant tous les disciples du Seigneur. En effet, « en vertu du Baptême reçu, chaque membre du Peuple de Dieu est devenu disciple missionnaire (cf. Mt 28, 19). Chaque baptisé, quelle que soit sa fonction dans l’Église et le niveau d’instruction de sa foi, est un sujet actif de l’évangélisation » (Exhortation apostolique Evangelii Gaudium, n. 120). Nous devons nous méfier de la mentalité qui sépare prêtres et laïcs, considérant les premiers comme des protagonistes et les seconds comme des exécutants, et mener à bien la mission chrétienne en tant qu'unique Peuple de Dieu, laïcs et pasteurs ensemble. Toute l'Église est une communauté évangélisatrice

Appelés à être les gardiens les uns des autres et de la création

Le mot "vocation" ne doit pas être compris dans un sens restrictif, se référant uniquement à ceux qui suivent le Seigneur sur le chemin d'une consécration particulière. Nous sommes tous appelés à participer à la mission du Christ, qui consiste à réunir l'humanité dispersée et à la réconcilier avec Dieu. Plus généralement, toute personne humaine, avant même de faire l'expérience de la rencontre avec le Christ et d'embrasser la foi chrétienne, reçoit par le don de la vie un appel fondamental : chacun de nous est une créature voulue et aimée par Dieu, pour laquelle il a eu une pensée unique et spéciale, et cette étincelle divine, qui habite le cœur de chaque homme et de chaque femme, nous sommes appelés à la développer au cours de notre vie, en contribuant à la croissance d'une humanité animée par l'amour et l'acceptation mutuelle. Nous sommes appelés à être les gardiens les uns des autres, à construire des liens de concorde et de partage, à guérir les blessures de la création afin que sa beauté ne soit pas détruite. En bref, devenir une seule famille dans la merveilleuse maison commune de la création, dans l’harmonieuse variété de ses éléments. Dans ce sens large, non seulement les individus, mais aussi les peuples, les communautés et les agrégations de toutes sortes ont une "vocation".

Appelés à accueillir le regard de Dieu

C’est dans cette grande vocation commune que s’insère l'appel plus particulier que Dieu nous adresse, en rejoignant notre existence avec son Amour et en la dirigeant vers son but ultime, vers une plénitude qui dépasse même le seuil de la mort. C'est ainsi que Dieu a voulu regarder et regarde notre vie.

On attribue ces mots à Michel-Ange Buonarroti : « Chaque bloc de pierre renferme une statue et c'est au sculpteur de la découvrir ». Si tel est le regard de l'artiste, c’est bien encore plus de cette manière que Dieu nous regarde : dans cette fille de Nazareth, il a vu la Mère de Dieu ; dans le pêcheur Simon, fils de Jonas, il a vu Pierre, la pierre sur laquelle il a construit son Église ; dans le publicain Lévi, il a vu l'apôtre et évangéliste Matthieu ; dans Saul, le dur persécuteur des chrétiens, il a vu Paul, l'apôtre des Gentils. Son regard d'amour nous atteint toujours, nous touche, nous libère et nous transforme, faisant de nous des personnes nouvelles.

Voilà la dynamique de toute vocation : nous sommes rejoints par le regard de Dieu, qui nous appelle. La vocation, comme la sainteté, n'est pas une expérience extraordinaire réservée à quelques-uns. De même qu'il y a « les saints de la porte d’à-côté » (cf. Exhortation apostolique Gaudete et Exsultate, nn. 6-9), de même la vocation est pour tous, parce que tous sont regardés et appelés par Dieu.

Un proverbe de l’Extrême-Orient dit : « l’homme sage regarde l'œuf et voit l'aigle ; il regarde la graine et voit un grand arbre ; il regarde un pécheur et voit un saint ». C'est ainsi que Dieu nous regarde : en chacun de nous, il voit des potentialités, parfois inconnues de nous-mêmes, et tout au long de notre vie, il travaille sans relâche pour que nous puissions les mettre au service du bien commun.

C'est ainsi que naît la vocation, grâce à l'art du divin Sculpteur qui, avec ses "mains", nous fait sortir de nous-mêmes, pour que se révèle en nous le chef-d'œuvre que nous sommes appelés à être. En particulier, la Parole de Dieu, qui nous libère de l'égocentrisme, est capable de nous purifier, de nous éclairer et de nous recréer. Mettons-nous donc à l’écoute de la Parole, pour nous ouvrir à la vocation que Dieu nous confie ! Et apprenons aussi à écouter nos frères et sœurs dans la foi, car dans leurs conseils et dans leur exemple peut se cacher l'initiative de Dieu, qui nous indique des chemins toujours nouveaux à suivre.

Appelés à répondre au regard de Dieu

Le regard aimant et créatif de Dieu nous a rejoints de manière singulière en Jésus. En parlant du jeune homme riche, l'évangéliste Marc note : « Jésus le regarda et l'aima » (10, 21). Ce regard d'amour de Jésus se pose sur chacun d'entre nous. Frères et sœurs, laissons-nous toucher par ce regard et laissons-nous porter par lui au-delà de nous-mêmes ! Et apprenons aussi à nous regarder les uns les autres pour que les personnes avec lesquelles nous vivons et que nous rencontrons - quelles qu'elles soient - puissent se sentir accueillies et découvrir qu'il existe Quelqu'un qui les regarde avec amour et les invite à développer tout leur potentiel.

Notre vie change lorsque nous accueillons ce regard. Tout devient un dialogue vocationnel, entre nous et le Seigneur, mais aussi entre nous et les autres. Un dialogue qui, lorsqu'il est vécu en profondeur, nous fait devenir toujours plus ce que nous sommes : dans la vocation au sacerdoce ordonné, pour être des instruments de la grâce et de la miséricorde du Christ ; dans la vocation à la vie consacrée, pour être louange de Dieu et prophètes d'une humanité nouvelle ; dans la vocation au mariage, pour être don réciproque, générateurs et éducateurs de vie. En général, dans chaque vocation et ministère de l'Église, qui nous appelle à regarder les autres et le monde avec les yeux de Dieu, à servir le bien et à répandre l'amour, en actes et en paroles.

À ce propos, je voudrais ici mentionner l'expérience du Dr José Gregorio Hernández Cisneros. Alors qu'il travaillait comme médecin à Caracas, au Venezuela, il a voulu devenir tertiaire franciscain. Plus tard, il a pensé à devenir moine et prêtre, mais sa santé ne le lui a pas permis. Il s'est rendu compte que sa vocation était la profession médicale, dans laquelle il se dépensait surtout pour les pauvres. Il s'est consacré sans réserve aux malades, touchés par l'épidémie de grippe espagnole qui balayait le monde à l'époque. Il a été renversé par une voiture alors qu'il sortait d'une pharmacie où il avait acheté des médicaments pour un patient âgé. Témoin exemplaire de ce que signifie accepter l'appel du Seigneur et y adhérer pleinement, il a été béatifié il y a un an.

Appelés à construire un monde fraternel

En tant que chrétiens, nous ne sommes pas seulement appelés, c'est-à-dire tous personnellement interpellés par une vocation, mais nous sommes aussi con-voqués. Nous sommes comme les tesselles d'une mosaïque, déjà chacune si belles, mais ce n'est qu'ensemble que nous formons une image. Nous brillons, chacun et chacune, comme une étoile dans le cœur de Dieu et au firmament de l'univers, mais nous sommes appelés à former des constellations qui orientent et illuminent le chemin de l'humanité, à partir du contexte dans lequel nous vivons. C'est le mystère de l'Église : dans la convivialité des différences, elle est signe et instrument de ce à quoi l'humanité entière est appelée. C'est pourquoi l'Église doit devenir de plus en plus synodale : capable de marcher ensemble dans l'harmonie de la diversité, dans laquelle chacun a une contribution à apporter et peut participer activement.

Lorsque nous parlons de "vocation", il ne s'agit donc pas seulement de choisir telle ou telle forme de vie, de vouer son existence à un ministère particulier ou de suivre le charisme d'une famille ou d'un mouvement religieux ou d'une communauté ecclésiale ; il s'agit de réaliser le rêve de Dieu, le grand projet de fraternité que Jésus avait dans son cœur lorsqu'il priait le Père : « Que tous soient un » (Jn 17, 21). Toute vocation dans l'Église, et plus largement dans la société, contribue à un objectif commun : faire résonner parmi les hommes et les femmes cette harmonie des dons nombreux et divers que seul l'Esprit Saint peut susciter. Prêtres, consacrés et fidèles laïcs, marchons et travaillons ensemble, pour témoigner qu'une grande famille humaine unie dans l'amour n'est pas une utopie, mais le projet pour lequel Dieu nous a créés.

Prions, frères et sœurs, pour que le peuple de Dieu, au milieu des événements dramatiques de l'histoire, réponde de plus en plus à cet appel. Invoquons la lumière de l'Esprit Saint, afin que chacun d'entre nous puisse trouver sa place et donner le meilleur de lui-même dans ce grand dessein !

Rome, St Jean de Latran, 8 mai 2022, Quatrième dimanche de Pâques.

FRANÇOIS

[00686-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Called to Build the Human Family

Dear Brothers and Sisters,

At the time when the cold winds of war and oppression are blowing and when we frequently encounter signs of polarization, we as a Church have undertaken a synodal process: we sense the urgent need to journey together, cultivating the spirit of listening, participation and sharing. Together with all men and women of good will, we want to help build the human family, heal its wounds and guide it to a better future. On this 59th World Day of Prayer for Vocations, I would like to reflect with you on the broader meaning of “vocation” within the context of a synodal Church, a Church that listens to God and to the world.

Called to be protagonists together of the Church’s mission

Synodality, journeying together, is a vocation fundamental to the Church. Only against this horizon is it possible to discern and esteem the various vocations, charisms and ministries. We know that the Church exists to evangelize, to go forth and to sow the seed of the Gospel in history. This mission can only be carried out if all areas of pastoral activity work together and, even more importantly, involve all the Lord’s disciples. For “in virtue of their baptism, all the members of the People of God have become missionary disciples (cf. Mt 28:19). All the baptized, whatever their position in the Church or their level of instruction in the faith, are agents of evangelization” (Evangelii Gaudium, 120). We must beware of the mentality that would separate priests and laity, considering the former as protagonists and the latter as executors, and together carry forward the Christian mission as the one People of God, laity and pastors. The Church as a whole is an evangelizing community.

Called to be guardians of one another and of creation

The word “vocation” should not be understood restrictively, as referring simply to those who follow the Lord through a life of special consecration. All of us are called to share in Christ’s mission to reunite a fragmented humanity and to reconcile it with God. Each man and woman, even before encountering Christ and embracing the Christian faith, receives with the gift of life a fundamental calling: each of us is a creature willed and loved by God; each of us has a unique and special place in the mind of God. At every moment of our lives, we are called to foster this divine spark, present in the heart of every man and woman, and thus contribute to the growth of a humanity inspired by love and mutual acceptance. We are called to be guardians of one another, to strengthen the bonds of harmony and sharing, and to heal the wounds of creation lest its beauty be destroyed. In a word, we are called to become a single family in the marvellous common home of creation, in the reconciled diversity of its elements. In this broad sense, not only individuals have a “vocation”, but peoples, communities and groups of various kinds as well.

Called to welcome God’s gaze

Within this great common vocation, God addresses a particular call to each of us. He touches our lives by his love and directs them to our ultimate goal, to a fulfilment that transcends the very threshold of death. That is how God wanted to see our lives and how he sees them still.

Michelangelo Buonarroti is said to have maintained that every block of stone contains a statue within it, and it is up to the sculptor to uncover it. If that is true of an artist, how much more is it true of God! In the young woman of Nazareth he saw the Mother of God. In Simon the fisherman he saw Peter, the rock on which he would build his Church. In the publican Levi he recognized the apostle and evangelist Matthew, and in Saul, a harsh persecutor of Christians, he saw Paul, the apostle of the Gentiles. God’s loving gaze always meets us, touches us, sets us free and transforms us, making us into new persons.

That is what happens in every vocation: we are met by the gaze of God, who calls us. Vocation, like holiness, is not an extraordinary experience reserved for a few. Just as there is a “holiness of the saints next door” (cf. Gaudete et Exsultate, 6-9), so too there is a vocation for everyone, for God’s gaze and call is directed to every person.

According to a proverb from the Far East, “a wise person, looking at the egg can see an eagle; looking at the seed he glimpses a great tree; looking at the sinner he glimpses a saint”. That is how God looks at us: in each of us, he sees a certain potential, at times unbeknownst to ourselves, and throughout our lives he works tirelessly so that we can place this potential at the service of the common good.

Vocation arises in this way, thanks to the art of the divine Sculptor who uses his “hands” to make us go forth from ourselves and become the masterpiece that we are called to be. The word of God, which frees us from self-absorption, is especially able to purify, enlighten and recreate us. So let us listen to that word, in order to become ever more open to the vocation that God entrusts to us! And let us learn to listen also to our brothers and sisters in the faith, for their advice and example may help disclose the plan of God, who shows us ever new paths to pursue.

Called to respond to God’s gaze

God’s loving and creative gaze met us in an entirely unique way in Jesus. The evangelist Mark tells us that, in speaking with the rich young man, “Jesus looking upon him, loved him” (10:21). This gaze of Jesus, full of love, rests upon each of us. Brothers and sisters, let us allow ourselves to be moved by this gaze to allow him to lead us outside of ourselves! Let us also learn to look at one another in such a way that all those with whom we live and encounter – whoever they may be – will feel welcomed and discover that there is Someone who looks at them with love and invites them to develop their full potential.

Our lives change when we welcome this gaze. Everything becomes a vocational dialogue between ourselves and the Lord, but also between ourselves and others. A dialogue that, experienced in depth, makes us become ever more who we are. In the vocation to the ordained priesthood, to be instruments of Christ’s grace and mercy. In the vocation to the consecrated life, to be the praise of God and the prophecy of a new humanity. In the vocation to marriage, to be mutual gift and givers and teachers of life. In every ecclesial vocation and ministry that calls us to see others and the world through God’s eyes, to serve goodness and to spread love with our works and words.

Here I would like to mention the experience of Dr José Gregorio Hernández Cisneros. While working as a physician in Caracas, Venezuela, he wanted to become a Third Order Franciscan. Later, he thought of becoming a monk and a priest, but his health did not allow it. He came to understand that his calling was the medical profession, in which he spent himself above all in service to the poor. He devoted himself unreservedly to those who had contracted the worldwide epidemic known as the “Spanish flu”. He died, hit by a car, as he was leaving a pharmacy after purchasing medicine for one of his elderly patients. An exemplary witness of what it means to accept the call of the Lord and embrace it fully, he was beatified a year ago.

Called to build a fraternal world

As Christians, we do not only receive a vocation individually; we are also called together. We are like the tiles of a mosaic. Each is lovely in itself, but only when they are put together do they form a picture. Each of us shines like a star in the heart of God and in the firmament of the universe. At the same time, though, we are called to form constellations that can guide and light up the path of humanity, beginning with the places in which we live. This is the mystery of the Church: a celebration of differences, a sign and instrument of all that humanity is called to be. For this reason, the Church must become increasingly synodal: capable of walking together, united in harmonious diversity, where everyone can actively participate and where everyone has something to contribute.

When we speak of “vocation”, then, it is not just about choosing this or that way of life, devoting one’s life to a certain ministry or being attracted by the charism of a religious family, movement or ecclesial community. It is about making God’s dream come true, the great vision of fraternity that Jesus cherished when he prayed to the Father “that they may all be one” (Jn 17:21). Each vocation in the Church, and in a broader sense in society, contributes to a common objective: to celebrate among men and women that harmony of manifold gifts that can only be brought about by the Holy Spirit. Priests, consecrated men and women, lay faithful: let us journey and work together in bearing witness to the truth that one great human family united in love is no utopian vision, but the very purpose for which God created us.

Let us pray, brothers and sisters, that the People of God, amid the dramatic events of history, may increasingly respond to this call. Let us implore the light of the Holy Spirit, so that all of us may find our proper place and give the very best of ourselves in this great divine plan!

Rome, Saint John Lateran, 8 May 2022, Fourth Sunday of Easter.

FRANCIS

[00686-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Dazu berufen, die Menschheitsfamilie aufzubauen

Liebe Brüder und Schwestern!

Während in dieser unserer Zeit immer noch die frostigen Winde des Krieges und der Unterdrückung wehen und wir oft Zeugen der Polarisierung sind, haben wir als Kirche einen synodalen Prozess eingeleitet: Wir spüren die Dringlichkeit, gemeinsam voranzuschreiten und die Dimensionen des Zuhörens, der Teilhabe und des Austauschs zu pflegen. Gemeinsam mit allen Männern und Frauen guten Willens wollen wir dazu beitragen, die Menschheitsfamilie aufzubauen, ihre Wunden zu heilen und sie in eine bessere Zukunft zu führen. Unter diesem Blickwinkel möchte ich anlässlich des 59. Weltgebetstags um geistliche Berufungen mit euch über die weite Bedeutung von „Berufung“ im Kontext einer synodalen Kirche nachdenken, die Gott und der Welt zuhört.

Alle sind berufen, Hauptakteure der Mission zu sein

Die Synodalität, das gemeinsame Voranschreiten, ist eine grundsätzliche Berufung für die Kirche, und nur in diesem Horizont ist es möglich, die verschiedenen Berufungen, Charismen und Dienste zu entdecken und zur Geltung kommen zu lassen. Gleichzeitig wissen wir, dass die Kirche existiert, um zu evangelisieren, aus sich herauszugehen und den Samen des Evangeliums in die Geschichte auszusäen. Eine solche Mission ist gerade dann möglich, wenn sie alle pastoralen Bereiche synergetisch miteinander verbindet, und wenn sie schon zuvor alle Jünger des Herrn miteinbezieht. Tatsächlich »ist kraft der empfangenen Taufe jedes Mitglied des Gottesvolkes ein missionarischer Jünger geworden (vgl. Mt 28,19). Jeder Getaufte ist, unabhängig von seiner Funktion in der Kirche und dem Bildungsniveau seines Glaubens, aktiver Träger der Evangelisierung« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 120). Wir müssen uns vor der Gesinnung hüten, Priester und Laien voneinander zu trennen und erstere als Hauptakteure und letztere als Ausführende zu betrachten. Die christliche Mission ist als das eine Volk Gottes, als Laien und Hirten gemeinsam, zu erfüllen. Die ganze Kirche ist eine evangelisierende Gemeinschaft.

Berufen, füreinander und für die Schöpfung Sorge zu tragen

Das Wort „Berufung” ist nicht in einem einschränkenden Sinn zu verstehen, der sie nur auf diejenigen bezieht, die dem Herrn auf dem Weg einer besonderen Weihe nachfolgen. Wir alle sind dazu berufen, an der Sendung Christi teilzuhaben, die zerstreute Menschheit wieder zu vereinen und sie mit Gott zu versöhnen. Ganz allgemein erhält jeder Mensch, noch bevor er eine Begegnung mit Christus erlebt und den christlichen Glauben annimmt, durch das Geschenk des Lebens eine grundlegende Berufung: Jeder von uns ist ein von Gott gewolltes und geliebtes Geschöpf, für das er einen einzigartigen und besonderen Gedanken hatte, und wir sind dazu berufen, diesen göttlichen Funken, der im Herzen eines jeden Mannes und einer jeden Frau wohnt, , im Laufe unseres Lebens zu entfalten und zum Wachstum einer von Liebe und gegenseitiger Annahme beseelten Menschheit beizutragen. Wir sind berufen, uns gegenseitig zu behüten, Bande der Eintracht und des Miteinanders zu knüpfen und die Wunden der Schöpfung zu heilen, damit ihre Schönheit nicht zerstört wird: kurz gesagt, eine einzige Familie zu werden in dem wunderbaren gemeinsamen Haus der Schöpfung, in der harmonischen Vielfalt ihrer Elemente. In diesem weiten Sinne haben nicht nur Einzelpersonen, sondern auch Völker, Gemeinschaften und Gruppen verschiedener Art eine „Berufung“.

Berufen, Gottes Blick anzunehmen

Innerhalb dieser großen gemeinsamen Berufung fügt sich der speziellere Ruf ein, den Gott an uns richtet, indem er unsere Existenz mit seiner Liebe erreicht und sie auf ihr letztes Ziel ausrichtet, auf eine Fülle, die selbst über die Schwelle des Todes hinausreicht. So wollte Gott auf unser Leben blicken und so blickt er auch heute noch darauf.

Michelangelo Buonarroti werden diese Worte zugeschrieben: »Jeder Steinblock birgt eine Statue in seinem Inneren, und es ist die Aufgabe des Bildhauers, sie zu entdecken«. Wenn dies der Blick des Künstlers sein kann, blickt Gott umso mehr in dieser Weise auf uns: In dem Mädchen aus Nazareth sah er die Mutter Gottes; in dem Fischer Simon, dem Sohn des Jona, sah er Petrus, den Felsen, auf den er seine Kirche bauen wollte; in dem Zöllner Levi sah er den Apostel und Evangelisten Matthäus; in Saulus, dem unerbittlichen Christenverfolger, sah er Paulus, den Apostel der Heiden. Sein liebevoller Blick erreicht uns immer, berührt uns, befreit uns und verwandelt uns, macht uns zu neuen Menschen.

Dies ist die Dynamik jeder Berufung: Der Blick Gottes erreicht uns und beruft uns. Berufung ist ebenso wie die Heiligkeit keine außergewöhnliche Erfahrung, die nur wenigen vorbehalten ist. So wie es die „Heiligkeit von nebenan“ gibt (vgl. Apostolisches Schreiben Gaudete et exsultate, 6-9), so gilt auch die Berufung allen, denn Gott blickt auf jeden und ruft jeden.

Ein fernöstliches Sprichwort besagt: „Ein weiser Mann schaut auf das Ei und sieht den Adler; er schaut auf den Samen und erkennt darin einen großen Baum; er schaut auf einen Sünder und vermag einen Heiligen zu erahnen“. So schaut Gott auf uns: Er erblickt in jedem von uns Potenziale, die uns selbst manchmal unbekannt sind, und er wirkt im Laufe unseres Lebens unentwegt dahingehend, auf dass wir sie in den Dienst des Gemeinwohls stellen können.

So entsteht die Berufung, dank der Kunst des göttlichen Bildhauers, der uns mit seinen „Händen“ aus uns selbst herausgehen lässt, damit das Meisterwerk, zu dem wir berufen sind, in uns zum Vorschein kommt. Vor allem das Wort Gottes, das uns von der Egozentrik befreit, ist in der Lage, uns zu läutern, zu erleuchten und neu zu schaffen. Hören wir also auf das Wort, das uns für die Berufung, die Gott uns anvertraut, offen macht! Und lernen wir auch, unseren Brüdern und Schwestern im Glauben zuzuhören, denn hinter ihren Ratschlägen und ihrem Beispiel kann sich die Initiative Gottes verbergen, die uns immer neue Wege zeigt, die wir beschreiten können.

Berufen, auf den Blick Gottes zu antworten

Der liebevolle und schöpferische Blick Gottes hat uns in Jesus auf ganz einzigartige Weise erreicht. Über den reichen Jüngling merkt der Evangelist Markus an: »Jesus sah ihn an und liebte ihn« (10,21). Dieser von Liebe erfüllte Blick Jesu ruht auf jedem Einzelnen von uns. Brüder und Schwestern, lassen wir uns von diesem Blick berühren und lassen wir uns von ihm über uns hinaustragen! Und lasst uns auch lernen, gegenseitig aufeinander zu schauen, damit die Menschen, mit denen wir zusammenleben und denen wir begegnen - wer auch immer sie sein mögen - sich angenommen fühlen und entdecken, dass es Jemanden gibt, der sie mit Liebe ansieht und sie einlädt, ihr volles Potenzial zu entfalten.

Unser Leben verändert sich, sobald wir diesen Blick annehmen. Alles wird zu einem Dialog der Berufung, zwischen uns und dem Herrn, aber auch zwischen uns und den anderen. Ein Dialog, der, wenn er in der Tiefe gelebt wird, uns immer mehr zu dem werden lässt, was wir sind: in der Berufung zum Weihepriestertum, um Werkzeuge der Gnade und der Barmherzigkeit Christi zu sein; in der Berufung zum gottgeweihten Leben, um Lobpreis Gottes und Prophetie einer neuen Menschheit zu sein; in der Berufung zur Ehe, um gegenseitige Gabe zu sein und Leben zu schenken und zu erziehen; allgemein in jeder Berufung und in jedem Dienst in der Kirche, der uns dazu ruft, die anderen und die Welt mit den Augen Gottes zu sehen, dem Guten zu dienen und die Liebe in Taten und Worten zu verbreiten.

An dieser Stelle möchte ich die Erfahrung von Dr. José Gregorio Hernández Cisneros erwähnen. Während er als Arzt in Caracas in Venezuela arbeitete, wurde er Franziskaner-Terziar. Später dachte er daran, Mönch und Priester zu werden, aber seine Gesundheit erlaubte es ihm nicht. Er erkannte dann, dass seine Berufung der Arztberuf war, in dem er sich vor allem für die Armen ganz aufzehrte. Er widmete sich also vorbehaltlos den an der Spanischen Grippe Erkrankten, die zu dieser Zeit die Welt epidemisch erfasste. Er wurde von einem Auto überfahren und starb, als er eine Apotheke verließ, in der er Medikamente für eine ältere Patientin besorgt hatte. Als vorbildlicher Zeuge dafür, was es bedeutet, den Ruf des Herrn anzunehmen und ihn ganz zu erfüllen, wurde er vor einem Jahr seliggesprochen.

Zusammengerufen zum Aufbau einer geschwisterlichen Welt

Als Christen sind wir nicht nur berufen, also persönlich durch eine Berufung angesprochen, sondern wir sind auch zusammen-gerufen. Wir sind wie die Steinchen eines Mosaiks, die schon als Einzelne schön sind, aber nur zusammen ein Bild ergeben. Wir leuchten, jeder und jede von uns, wie ein Stern im Herzen Gottes und am Firmament des Universums, aber wir sind aufgerufen, ausgehend von unserem Lebensumfeld Sternbilder zu formen, die dem Weg der Menschheit Orientierung und Erhellung schenken. Das ist das Geheimnis der Kirche: Im Zusammenleben der Unterschiede ist sie Zeichen und Werkzeug für das, wozu die ganze Menschheit berufen ist. Deshalb muss die Kirche immer synodaler werden: fähig, vereint in der Harmonie der Vielfalt voranzuschreiten, in der alle ihren Beitrag leisten und sich aktiv beteiligen können.

Wenn wir von „Berufung“ sprechen, geht es demnach nicht nur darum, diese oder jene Lebensform zu wählen, seine Existenz einem bestimmten Dienst zu widmen oder der Faszination des Charismas einer Ordensfamilie, einer Bewegung oder einer kirchlichen Gemeinschaft zu folgen; es geht darum, den Traum Gottes zu verwirklichen, den großen Plan der Geschwisterlichkeit, den Jesus im Herzen trug, als er zum Vater betete: »Alle sollen eins sein« (Joh 17,21). Jede Berufung in der Kirche und im weiteren Sinne auch in der Gesellschaft trägt zu einem gemeinsamen Ziel bei: unter den Männern und Frauen jene Harmonie der unterschiedlichen Gaben zum Klingen zu bringen, die nur der Heilige Geist bewirken kann. Priester, gottgeweihte Männer und Frauen und gläubige Laien, lasst uns miteinander gehen und zusammenarbeiten, um zu bezeugen, dass eine große, in Liebe geeinte Menschheitsfamilie keine Utopie ist, sondern das Projekt, für das Gott uns geschaffen hat.

Beten wir, Brüder und Schwestern, dass das Volk Gottes inmitten der dramatischen Ereignisse der Geschichte mehr und mehr auf diesen Ruf antwortet. Flehen wir um das Licht des Heiligen Geistes, damit jeder und jede Einzelne von uns seinen Platz finde und sein Bestes in diesen großen Plan einbringen kann!

Rom, St. Johannes im Lateran, 8. Mai 2022, 4. Sonntag der Osterzeit.

FRANZISKUS

 

[00686-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Llamados a edificar la familia humana

Queridos hermanos y hermanas:

En este tiempo, mientras los vientos gélidos de la guerra y de la opresión aún siguen soplando, y presenciamos a menudo fenómenos de polarización, como Iglesia hemos comenzado un proceso sinodal. Sentimos la urgencia de caminar juntos cultivando las dimensiones de la escucha, de la participación y del compartir. Junto con todos los hombres y mujeres de buena voluntad queremos contribuir a edificar la familia humana, a curar sus heridas y a proyectarla hacia un futuro mejor. En esta perspectiva, para la 59ª Jornada Mundial de Oración por las Vocaciones, deseo reflexionar con ustedes sobre el amplio significado de la “vocación”, en el contexto de una Iglesia sinodal que se pone a la escucha de Dios y del mundo.

Llamados a ser todos protagonistas de la misión

La sinodalidad, el caminar juntos es una vocación fundamental para la Iglesia, y sólo en este horizonte es posible descubrir y valorar las diversas vocaciones, los carismas y los ministerios. Al mismo tiempo, sabemos que la Iglesia existe para evangelizar, saliendo de sí misma y esparciendo la semilla del Evangelio en la historia. Por lo tanto, dicha misión es posible precisamente haciendo que cooperen todos los ámbitos pastorales y, antes aun, involucrando a todos los discípulos del Señor. Efectivamente, «en virtud del Bautismo recibido, cada miembro del Pueblo de Dios se ha convertido en discípulo misionero (cf. Mt 28,19). Cada uno de los bautizados, cualquiera que sea su función en la Iglesia y el grado de ilustración de su fe, es un agente evangelizador» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 120). Es necesario cuidarse de la mentalidad que separa a los sacerdotes de los laicos, considerando protagonistas a los primeros y ejecutores a los segundos, y llevar adelante la misión cristiana como único Pueblo de Dios, laicos y pastores juntos. Toda la Iglesia es comunidad evangelizadora.

Llamados a ser custodios unos de otros, y de la creación

La palabra “vocación” no tiene que entenderse en sentido restrictivo, refiriéndola sólo a aquellos que siguen al Señor en el camino de una consagración particular. Todos estamos llamados a participar en la misión de Cristo de reunir a la humanidad dispersa y reconciliarla con Dios. Más en general, toda persona humana, incluso antes de vivir el encuentro con Cristo y de abrazar la fe cristiana, recibe con el don de la vida una llamada fundamental. Cada uno de nosotros es una criatura querida y amada por Dios, para la que Él ha tenido un pensamiento único y especial; y esa chispa divina, que habita en el corazón de todo hombre y de toda mujer, estamos llamados a desarrollarla en el curso de nuestra vida, contribuyendo al crecimiento de una humanidad animada por el amor y la acogida recíproca. Estamos llamados a ser custodios unos de otros, a construir lazos de concordia e intercambio, a curar las heridas de la creación para que su belleza no sea destruida. En definitiva, a ser una única familia en la maravillosa casa común de la creación, en la armónica variedad de sus elementos. En este sentido amplio, no sólo los individuos, sino también los pueblos, las comunidades y las agrupaciones de distintas clases tienen una “vocación”.

Llamados a acoger la mirada de Dios

A esa gran vocación común se añade la llamada más particular que Dios nos dirige a cada uno, alcanzando nuestra existencia con su Amor y orientándola a su meta última, a una plenitud que supera incluso el umbral de la muerte. Así Dios ha querido mirar y mira nuestra vida.

A Miguel Ángel Buonarroti se le atribuyen estas palabras: «Todo bloque de piedra tiene en su interior una estatua y la tarea del escultor es descubrirla». Si la mirada del artista puede ser así, cuánto más lo será la mirada de Dios, que en aquella joven de Nazaret vio a la Madre de Dios; en el pescador Simón, hijo de Jonás, vio a Pedro, la roca sobre la que edificaría su Iglesia; en el publicano Leví reconoció al apóstol y evangelista Mateo; y en Saulo, duro perseguidor de los cristianos, vio a Pablo, el apóstol de los gentiles. Su mirada de amor siempre nos alcanza, nos conmueve, nos libera y nos transforma, haciéndonos personas nuevas.

Esta es la dinámica de toda vocación: somos alcanzados por la mirada de Dios, que nos llama. La vocación, como la santidad, no es una experiencia extraordinaria reservada a unos pocos. Así como existe la “santidad de la puerta de al lado” (cf. Exhort. ap. Gaudete et exsultate, 6-9), también la vocación es para todos, porque Dios nos mira y nos llama a todos.

Dice un proverbio del Lejano Oriente: «Un sabio, mirando un huevo, es capaz de ver un águila; mirando una semilla percibe un gran árbol; mirando a un pecador vislumbra a un santo». Así nos mira Dios, en cada uno de nosotros ve potencialidades, que incluso nosotros mismos desconocemos, y actúa incansablemente durante toda nuestra vida para que podamos ponerlas al servicio del bien común.

De este modo nace la vocación, gracias al arte del divino Escultor que con sus “manos” nos hace salir de nosotros mismos, para que se proyecte en nosotros esa obra maestra que estamos llamados a ser. En particular, la Palabra de Dios, que nos libera del egocentrismo, es capaz de purificarnos, iluminarnos y recrearnos. Pongámonos entonces a la escucha de la Palabra, para abrirnos a la vocación que Dios nos confía. Y aprendamos a escuchar también a los hermanos y a las hermanas en la fe, porque en sus consejos y en su ejemplo puede esconderse la iniciativa de Dios, que nos indica caminos siempre nuevos para recorrer.

Llamados a responder a la mirada de Dios

La mirada amorosa y creativa de Dios nos ha alcanzado de una manera totalmente única en Jesús. Hablando del joven rico, el evangelista Marcos dice: «Jesús lo miró con amor» (10,21). Esa mirada llena de amor de Jesús se posa sobre cada una y cada uno de nosotros. Hermanos y hermanas, dejémonos interpelar por esa mirada y dejémonos llevar por Él más allá de nosotros mismos. Y aprendamos también a mirarnos unos a otros para que las personas con las que vivimos y que encontramos —cualesquiera que sean— puedan sentirse acogidas y descubrir que hay Alguien que las mira con amor y las invita a desarrollar todas sus potencialidades.

Cuando acogemos esta mirada nuestra vida cambia. Todo se vuelve un diálogo vocacional, entre nosotros y el Señor, pero también entre nosotros y los demás. Un diálogo que, vivido en profundidad, nos hace ser cada vez más aquello que somos: en la vocación al sacerdocio ordenado, ser instrumento de la gracia y de la misericordia de Cristo; en la vocación a la vida consagrada, ser alabanza de Dios y profecía de una humanidad nueva; en la vocación al matrimonio, ser don recíproco, y procreadores y educadores de la vida. En general, toda vocación y ministerio en la Iglesia nos llama a mirar a los demás y al mundo con los ojos de Dios, para servir al bien y difundir el amor, con las obras y con las palabras.

A este respecto, quisiera mencionar aquí la experiencia del doctor Gregorio Hernández Cisneros. Mientras trabajaba como médico en Caracas, Venezuela, quiso ser terciario franciscano. Más tarde pensó en ser monje y sacerdote, pero la salud no se lo permitió. Comprendió entonces que su llamada era precisamente su profesión como médico, a la que se entregó, particularmente por los pobres. De manera que se dedicó sin reservas a los enfermos afectados por la epidemia de gripe llamada “española”, que en esa época se propagaba por el mundo. Murió atropellado por un automóvil, mientras salía de una farmacia donde había conseguido medicamentos para una de sus pacientes que era anciana. Este testigo ejemplar de lo que significa acoger la llamada del Señor y adherirse a ella en plenitud, fue beatificado hace un año.

Convocados para edificar un mundo fraterno

Como cristianos, no sólo somos llamados, es decir, interpelados personalmente por una vocación, sino también con-vocados. Somos como las teselas de un mosaico, lindas incluso si se las toma una por una, pero que sólo juntas componen una imagen. Brillamos, cada uno y cada una, como una estrella en el corazón de Dios y en el firmamento del universo, pero estamos llamados a formar constelaciones que orienten y aclaren el camino de la humanidad, comenzando por el ambiente en el que vivimos. Este es el misterio de la Iglesia que, en la coexistencia armónica de las diferencias, es signo e instrumento de aquello a lo que está llamada toda la humanidad. Por eso la Iglesia debe ser cada vez más sinodal, es decir, capaz de caminar unida en la armonía de las diversidades, en la que todos tienen algo que aportar y pueden participar activamente.

Por tanto, cuando hablamos de “vocación” no se trata sólo de elegir una u otra forma de vida, de dedicar la propia existencia a un ministerio determinado o de sentirnos atraídos por el carisma de una familia religiosa, de un movimiento o de una comunidad eclesial; se trata de realizar el sueño de Dios, el gran proyecto de la fraternidad que Jesús tenía en el corazón cuando suplicó al Padre: «Que todos sean uno» (Jn 17,21). Toda vocación en la Iglesia, y en sentido amplio también en la sociedad, contribuye a un objetivo común: hacer que la armonía de los numerosos y diferentes dones que sólo el Espíritu Santo sabe realizar resuene entre los hombres y mujeres. Sacerdotes, consagradas, consagrados y fieles laicos caminamos y trabajamos juntos para testimoniar que una gran familia unida en el amor no es una utopía, sino el propósito para el que Dios nos ha creado.

Recemos, hermanos y hermanas, para que el Pueblo de Dios, en medio de las dramáticas vicisitudes de la historia, responda cada vez más a esta llamada. Invoquemos la luz del Espíritu Santo para que cada una y cada uno de nosotros pueda encontrar su propio lugar y dar lo mejor de sí mismo en este gran designio divino.

Roma, San Juan de Letrán, 8 de mayo de 2022, IV Domingo de Pascua.

FRANCISCO

[00686-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Chamados para construir a família humana

Queridos irmãos e irmãs!

Nos dias que correm, enquanto continuam a soprar os ventos gélidos da guerra e da opressão e frequentemente testemunhamos fenómenos de polarização, prosseguimos como Igreja o processo sinodal iniciado: sentimos urgente necessidade de caminhar juntos cultivando as dimensões da escuta, participação e partilha. Juntamente com todos os homens e mulheres de boa vontade, queremos contribuir para construir a família humana, curar as suas feridas e projetá-la para um futuro melhor. Nesta perspetiva, para o LIX Dia Mundial de Oração pelas Vocações, desejo refletir convosco sobre o amplo significado da «vocação», no contexto duma Igreja sinodal que se coloca à escuta de Deus e do mundo.

Todos chamados a ser protagonistas da missão

A sinodalidade, o caminhar juntos é uma vocação fundamental para a Igreja e, só neste horizonte, é possível descobrir e valorizar as diversas vocações, carismas e ministérios. Ao mesmo tempo, sabemos que a Igreja existe para evangelizar, saindo de si mesma e espalhando a semente do Evangelho na história. Ora esta missão é possível precisamente colocando em sinergia todas as áreas pastorais e, antes ainda, envolvendo todos os discípulos do Senhor. Com efeito, «em virtude do Batismo recebido, cada membro do Povo de Deus tornou-se discípulo missionário (cf. Mt 28, 19). Cada um dos batizados, independentemente da própria função na Igreja e do grau de instrução da sua fé, é um sujeito ativo de evangelização» (Francisco, Exort. ap. Evangelii gaudium, 120). É preciso acautelar-se da mentalidade que separa sacerdotes e leigos, considerando protagonistas os primeiros e executores os segundos, e levar por diante a missão cristã, conjuntamente, leigos e pastores como único Povo de Deus. Toda a Igreja é comunidade evangelizadora.

Chamados a ser guardiões uns dos outros e da criação

A palavra «vocação» não deve ser entendida em sentido restrito, referindo-a apenas àqueles que seguem o Senhor pelo caminho duma consagração específica. Todos somos chamados a participar na missão de Cristo de reunir a humanidade dispersa e reconciliá-la com Deus. De modo mais geral, cada pessoa humana, antes ainda de viver o encontro com Cristo e abraçar a fé cristã, recebe com o dom da vida um chamamento fundamental: cada um de nós é uma criatura querida e amada por Deus, objeto dum pensamento único e especial d’Ele e somos chamados a desenvolver, ao longo da nossa vida, esta centelha divina que mora no coração de cada homem e mulher, contribuindo para fazer crescer uma humanidade animada pelo amor e mútuo acolhimento. Somos chamados a ser guardiões uns dos outros, a construir laços de concórdia e partilha, a curar as feridas da criação para que não seja destruída a sua beleza. Em suma, tornamo-nos uma família na maravilhosa casa comum da criação, na variedade harmoniosa dos seus elementos. Neste sentido amplo, não só os indivíduos mas também os povos, as comunidades e as agregações dos mais variados géneros têm uma «vocação».

Chamados a acolher o olhar de Deus

Nesta grande vocação comum, insere-se a chamada mais particular que Deus nos dirige, alcançando a nossa existência com o seu Amor e orientando-a para a sua meta definitiva, para uma plenitude que ultrapassa até mesmo o limiar da morte. Assim quis Deus olhar, e olha, para a nossa vida.

As seguintes palavras são atribuídas a Miguel Ângelo Buonarroti: «No interior de cada bloco de pedra, há uma estátua, cabendo ao escultor a tarefa de a descobrir». Se tal pode ser o olhar do artista, com muito mais razão assim nos vê Deus: naquela jovem de Nazaré, viu a Mãe de Deus; no pescador Simão, filho de Jonas, viu Pedro, a rocha sobre a qual podia construir a sua Igreja; no publicano Levi, entreviu o apóstolo e o evangelista Mateus; em Saulo, cruel perseguidor dos cristãos, viu Paulo, o apóstolo dos gentios. O seu olhar de amor sempre nos alcança, toca, liberta e transforma, fazendo com que nos tornemos pessoas novas.

Esta é a dinâmica de cada vocação: somos alcançados pelo olhar de Deus, que nos chama. A vocação – como aliás a santidade – não é uma experiência extraordinária reservada a poucos. Tal como existem «os santos ao pé da porta» (Francisco, Exort. ap. Gaudete et exsultate, 6-9), assim também a vocação é para todos, porque todos são olhados com amor e chamados por Deus.

Diz um provérbio do Extremo Oriente: «Um sábio, ao olhar o ovo, sabe ver a águia; ao olhar a semente, vislumbra uma grande árvore; ao olhar um pecador, sabe entrever um santo». É assim que Deus nos olha: em cada um de nós, vê potencialidades, às vezes ignoradas por nós mesmos, e atua incansavelmente, ao longo da nossa vida, a fim de as podermos colocar ao serviço do bem comum.

Assim a vocação nasce, graças à arte do Escultor divino que, com as suas «mãos», nos faz sair de nós mesmos, para que se delineie em nós a obra-prima que somos chamados a ser. Particularmente capaz de nos purificar, iluminar e recriar é a Palavra de Deus, que nos liberta do egocentrismo. Coloquemo-nos, pois, à escuta da Palavra, para nos abrirmos à vocação que Deus nos confia! E aprendamos a escutar também os irmãos e irmãs na fé, porque nos seus conselhos e exemplo pode esconder-se a iniciativa de Deus, que nos indica estradas sempre novas a percorrer.

Chamados a responder ao olhar de Deus

O olhar amoroso e criador de Deus alcançou-nos de forma singular em Jesus. Ao falar do jovem rico, o evangelista Marcos observa: «Jesus, fitando nele o olhar, sentiu afeição por ele» (10, 21). O mesmo olhar de Jesus, cheio de amor, pousa sobre cada um de nós. Irmãos e irmãs, deixemo-nos tocar por este olhar e ser levados por Ele para além de nós mesmos! E aprendamos também a olhar de tal modo um para o outro que as pessoas com quem vivemos e as que encontramos – sejam elas quem forem – possam sentir-se acolhidas e descobrir que há Alguém que as olha com amor, convidando-as a desenvolverem todas as suas potencialidades.

A nossa vida muda quando acolhemos este olhar. Tudo se torna um diálogo vocacional entre nós e o Senhor, mas também entre nós e os outros. Um diálogo que, vivido em profundidade, nos faz tornar cada vez mais aquilo que somos: na vocação ao sacerdócio ordenado, ser instrumento da graça e da misericórdia de Cristo; na vocação à vida consagrada, ser louvor de Deus e profecia de nova humanidade; na vocação ao matrimónio, ser dom mútuo e geradores e educadores da vida; em cada vocação e ministério na Igreja, em geral, que nos chama a olhar os outros e o mundo com os olhos de Deus, servir o bem e difundir o amor com as obras e as palavras.

A propósito, desejo mencionar aqui a experiência do Dr. José Gregório Hernández Cisneros. Quando trabalhava como médico em Caracas, na Venezuela, quis tornar-se irmão terceiro franciscano. Mais tarde, pensou em tornar-se monge e sacerdote, mas a saúde não lho permitiu. Compreendeu então que a sua vocação era precisamente a profissão médica, na qual se prodigalizou especialmente a favor dos pobres. E, sem reservas, dedicou-se aos doentes atingidos pela epidemia de gripe chamada «espanhola», que então alastrava pelo mundo. Morreu atropelado por um carro, ao sair duma farmácia aonde fora buscar remédios para uma idosa, sua paciente. Testemunha exemplar do que significa acolher a vocação do Senhor aderindo plenamente à mesma, foi beatificado há um ano.

Convocados para construir um mundo fraterno

Como cristãos, não só somos chamados, isto é, interpelados cada qual pessoalmente por uma vocação, mas também con-vocados. Somos como os ladrilhos dum mosaico, belos já quando vistos um a um, mas só juntos é que formam uma imagem. Brilhamos, cada um e cada uma de nós, como uma estrela no coração de Deus e no firmamento do universo, mas somos chamados a compor constelações que orientem e iluminem o caminho da humanidade, a partir do ambiente onde vivemos. Tal é o mistério da Igreja: na convivência das diferenças, ela é sinal e instrumento daquilo a que toda a humanidade é chamada. Para isso, a Igreja deve tornar-se cada vez mais sinodal: capaz de caminhar unida na harmonia das diversidades, onde todos têm a sua própria contribuição para dar e podem participar ativamente.

Portanto, quando falamos de «vocação», não se trata apenas de escolher esta ou aquela forma de vida, votar a própria existência a um determinado ministério ou seguir o encanto do carisma duma família religiosa, dum movimento ou duma comunidade eclesial; mas trata-se sobretudo de realizar o sonho de Deus, o grande desígnio da fraternidade que Jesus tinha no coração quando pediu ao Pai «que todos sejam um só» (Jo 17, 21). Cada vocação na Igreja e, em sentido largo, também na sociedade, concorre para um objetivo comum: fazer ressoar entre os homens e as mulheres aquela harmonia dos múltiplos e variados dons que só o Espírito Santo sabe realizar. Sacerdotes, consagradas e consagrados, fiéis leigos, caminhemos e trabalhemos juntos, para testemunhar que uma grande família humana unida no amor não é uma utopia, mas o projeto para o qual Deus nos criou!

Rezemos, irmãos e irmãs, para que o Povo de Deus, no meio das dramáticas vicissitudes da história, corresponda cada vez mais a esta vocação. Invoquemos a luz do Espírito Santo, para que cada um e cada uma de nós possa encontrar o respetivo lugar e dar o melhor de si neste grande desígnio!

Roma, São João de Latrão, no IV Domingo de Páscoa, 8 de maio de 2022.

FRANCISCO

[00686-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Powołani do budowania rodziny ludzkiej

Drodzy Bracia i Siostry!

Chociaż w naszych czasach ciągle wieją lodowate wiatry wojny i ucisku, i często jesteśmy świadkami zjawisk polaryzacji, to jako Kościół zainicjowaliśmy proces synodalny — odczuwamy pilną potrzebę podążania razem, pielęgnując wymiary słuchania, uczestnictwa i dzielenia się. Razem ze wszystkimi mężczyznami i kobietami dobrej woli chcemy przyczynić się do budowania rodziny ludzkiej, do leczenia jej ran i do prowadzenia jej ku lepszej przyszłości. W tej perspektywie z okazji 59. Światowego Dnia Modlitw o Powołania chciałbym wspólnie z wami zastanowić się nad szerokim znaczeniem słowa „powołanie” w kontekście Kościoła synodalnego, który wsłuchuje się w Boga i świat.

Wszyscy powołani do czynnego udziału w misji

Synodalność, podążanie razem jest podstawowym powołaniem Kościoła i tylko w tej perspektywie można odkryć i docenić różne powołania, charyzmaty i posługi. Jednocześnie wiemy, że Kościół istnieje po to, by ewangelizować, wychodząc poza siebie i siejąc ziarno Ewangelii w dziejach. Dlatego taka misja jest możliwa właśnie dzięki zsynchronizowaniu wszystkich obszarów duszpasterskich, a jeszcze wcześniej dzięki zaangażowaniu wszystkich uczniów Pana. Istotnie, „na mocy otrzymanego Chrztu, każdy członek Ludu Bożego stał się uczniem misjonarzem (por. Mt 28, 19). Każdy ochrzczony, niezależnie od swojej funkcji w Kościele i stopnia pouczenia w swojej wierze, jest aktywnym podmiotem ewangelizacji” (adhort. apost. Evangelii gaudium, 120). Musimy wystrzegać się mentalności, rozdzielającej kapłanów i świeckich, która uważa tych pierwszych za protagonistów, a drugich za wykonawców, i realizować misję chrześcijańską jako jeden lud Boży, świeccy i pasterze razem. Cały Kościół jest wspólnotą ewangelizującą.

Powołani, by być stróżami jedni drugich i stworzenia

Słowa „powołanie” nie należy rozumieć w sensie zawężającym, odnosząc je jedynie do tych, którzy idą za Panem drogą szczególnej konsekracji. Wszyscy jesteśmy powołani do uczestniczenia w misji Chrystusa, polegającej na zjednoczeniu rozproszonej ludzkości i jednaniu jej z Bogiem. Mówiąc bardziej ogólnie, każdy człowiek, jeszcze zanim doświadczy spotkania z Chrystusem i przyjmie wiarę chrześcijańską, otrzymuje wraz z darem życia fundamentalne powołanie — każdy z nas jest stworzeniem upragnionym i umiłowanym przez Boga, wobec którego miał On pewien wyjątkowy i szczególny zamysł. I tę Bożą iskrę, która jest obecna w sercu każdego mężczyzny i każdej kobiety, mamy rozwijać w ciągu naszego życia, przyczyniając się do rozwoju ludzkości ożywianej miłością i wzajemną akceptacją. Jesteśmy powołani, aby być stróżami jedni drugich, by tworzyć więzi zgody i dzielenia się, by leczyć rany stworzenia, żeby nie zostało zniszczone jego piękno. Krótko mówiąc, do tego, aby stać się jedną rodziną we wspaniałym wspólnym domu stworzenia, w harmonijnej różnorodności jego elementów. W tym szerokim znaczeniu swoiste „powołanie” mają nie tylko jednostki, ale także narody, wspólnoty i różnego rodzaju stowarzyszenia.

Powołani do przyjęcia spojrzenia Boga

W ramy tego wielkiego wspólnego powołania wpisuje się powołanie bardziej szczególne, które Bóg kieruje do nas, docierając ze swoją miłością do naszego życia i ukierunkowując je ku ostatecznemu celowi, ku pełni, która przekracza nawet próg śmierci. Tak właśnie Bóg zechciał spojrzeć i patrzy na nasze życie.

Michałowi Aniołowi Buonarrotiemu przypisuje się słowa: „Każdy blok kamienia ma w sobie posąg, a odkrycie go jest zadaniem rzeźbiarza”. Jeśli takie może być spojrzenie artysty, to tym bardziej Bóg patrzy na nas w ten sposób — w tamtej dziewczynie z Nazaretu dostrzegł Matkę Boga; w rybaku Szymonie, synu Jony, dostrzegł Piotra, opokę, na której zbuduje swój Kościół; w celniku Lewim dostrzegł apostoła i ewangelistę Mateusza; w Szawle, surowym prześladowcy chrześcijan, zobaczył Pawła, Apostoła Narodów. Jego miłujące spojrzenie zawsze nas dosięga, porusza, wyzwala i przemienia, czyniąc nowymi ludźmi.

Taka jest dynamika każdego powołania: dosięga nas spojrzenie Boga, który nas powołuje. Powołanie, podobnie jak świętość, nie jest nadzwyczajnym doświadczeniem, zarezerwowanym dla nielicznych. Tak jak istnieje „świętość z sąsiedztwa” (por. adhort. apost. Gaudete et exsultate, 6-9), tak również powołanie jest dla wszystkich, ponieważ Bóg patrzy na każdego i każdego powołuje.

Jedno z przysłów Dalekiego Wschodu mówi: „Mądry człowiek, patrząc na jajko, potrafi dostrzec orła; patrząc na ziarno, dostrzega wielkie drzewo; patrząc na grzesznika, potrafi dostrzec świętego”. Tak właśnie patrzy na nas Bóg — w każdym z nas widzi możliwości, czasem nieznane nam samym, i przez całe życie niestrudzenie pracuje nad tym, abyśmy mogli je wykorzystać w służbie dobra wspólnego.

Powołanie rodzi się w ten sposób, dzięki sztuce Boskiego Rzeźbiarza, który swoimi „rękami” wydobywa nas z naszych ograniczeń, aby ujawniło się w nas to arcydzieło, którym winniśmy być. Zwłaszcza Słowo Boże, które wyzwala nas z egocentryzmu, jest w stanie nas oczyścić, oświecić i stworzyć na nowo. Wsłuchujmy się zatem w Słowo, aby otworzyć się na powołanie, które powierza nam Bóg! Uczmy się słuchać także braci i sióstr w wierze, ponieważ w ich radach i w ich przykładzie może kryć się inicjatywa Boża, która wskazuje nam coraz to nowe drogi do przebycia.

Powołani do odpowiadania na spojrzenie Boga

Miłujące i stwórcze spojrzenie Boga dosięgło nas w sposób wyjątkowy w Jezusie. Ewangelista Marek, mówiąc o bogatym młodzieńcu, zauważa: „Jezus spojrzał na niego z miłością” (10, 21). To pełne miłości spojrzenie Jezusa spoczywa na każdym i na każdej z nas. Bracia i siostry, pozwólmy, by poruszyło nas to spojrzenie i pozwólmy się Mu wyprowadzić poza nas samych! Uczmy się też patrzeć na siebie nawzajem w taki sposób, aby osoby, z którymi żyjemy i które spotykamy — kimkolwiek są — czuły się akceptowane i odkrywały, że jest Ktoś, kto patrzy na nie z miłością i zachęca do rozwijania wszystkich swoich możliwości.

Nasze życie zmienia się, gdy przyjmujemy to spojrzenie. Wszystko staje się dialogiem powołaniowym między nami a Panem, ale także między nami a innymi. Dialogiem, który przeżywany dogłębnie, sprawia, że stajemy się coraz bardziej tym, kim jesteśmy: w powołaniu do kapłaństwa służebnego — narzędziami łaski i miłosierdzia Chrystusa; w powołaniu do życia konsekrowanego — uwielbieniem Boga i proroctwem nowej ludzkości; w powołaniu do małżeństwa — wzajemnym darem, rodzicami i nauczycielami życia. Ogólnie rzecz biorąc, w każdym powołaniu i posłudze w Kościele, który wzywa nas do patrzenia na innych i na świat oczami Boga — do służenia dobru i do szerzenia miłości, przez czyny i słowa.

W tym miejscu chciałbym wspomnieć o doświadczeniu doktora Józefa Grzegorza Hernándeza Cisnerosa. Kiedy pracował jako lekarz w Caracas w Wenezueli, zapragnął zostać tercjarzem franciszkańskim. Później myślał o zostaniu mnichem i księdzem, ale zdrowie mu na to nie pozwoliło. Wtedy zrozumiał, że jego powołaniem jest właśnie zawód lekarza, w którym poświęca się przede wszystkim ubogim. Bezgranicznie poświęcił się więc chorym dotkniętym epidemią grypy zwanej hiszpanką, która w tamtym czasie szerzyła się w świecie. Zmarł w wyniku potrącenia przez samochód, gdy wychodził z apteki, gdzie postarał się o leki dla swojej pacjentki w podeszłym wieku. Rok temu został beatyfikowany jako wzorowy świadek tego, co oznacza przyjęcie powołania Pana i przylgnięcie do Niego w pełni.

Wezwani do budowania braterskiego świata

Jako chrześcijanie jesteśmy nie tylko powołani, to znaczy wezwani osobiście przez powołanie, ale także współpowołani. Jesteśmy jak elementy mozaiki — piękne już wtedy, gdy bierze się je pojedynczo, ale które tylko razem tworzą obraz. Każdy i każda z nas świeci jak gwiazda w sercu Boga i na firmamencie wszechświata, ale jesteśmy wezwani do tworzenia konstelacji, które ukierunkowują i rozświetlają drogę ludzkości, poczynając od środowiska, w którym żyjemy. Na tym polega tajemnica Kościoła: we współistnieniu różnic jest on znakiem i narzędziem tego, do czego powołana jest cała ludzkość. Dlatego Kościół musi stawać się coraz bardziej synodalny — zdolny do podążania razem w harmonii różnorodności, w którą wszyscy mogą wnieść swój wkład i aktywnie uczestniczyć.

Kiedy więc mówimy o „powołaniu”, nie chodzi tylko o wybór takiej czy innej formy życia, o poświęcenie swojego życia określonej posłudze czy podążanie za urokiem charyzmatu danej rodziny zakonnej, ruchu czy wspólnoty kościelnej. Chodzi o realizację Bożego marzenia, wielkiego planu braterstwa, który Jezus miał w sercu, gdy modlił się do Ojca: „aby wszyscy stanowili jedno” (J 17, 21). Każde powołanie w Kościele, a w szerokim ujęciu także w społeczeństwie przyczynia się do osiągnięcia wspólnego celu — aby wśród mężczyzn i kobiet rozbrzmiewała harmonia licznych i różnorodnych darów, którą może urzeczywistnić tylko Duch Święty. Kapłani, osoby konsekrowane i wierni świeccy, idźmy i pracujmy razem, aby dawać świadectwo tego, że wielka rodzina ludzka, zjednoczona w miłości, nie jest utopią, ale projektem, do którego stworzył nas Bóg.

Módlmy się, bracia i siostry, aby lud Boży, pośród dramatycznych wydarzeń dziejów, coraz bardziej odpowiadał na to powołanie. Prośmy o światło Ducha Świętego, aby każdy z nas mógł znaleźć swoje miejsce i dać z siebie wszystko, co najlepsze w tym wielkim planie!

Rzym, u św. Jana na Lateranie, 8 maja 2022 r., w czwartą niedzielę wielkanocną

FRANCISZEK

[00686-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

رسالة قداسة البابا فرنسيس

في مناسبة اليوم العالمي التاسع والخمسين

للصّلاة من أجل الدعوات 2022

مدعوون لبناء الأسرة البشريّة

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء،

ما زالت رياح الحرب والقمع الباردة تهب علينا في هذه الأيام، ومعها نشهد غالبًا ظواهر الاستقطاب، ونحن، بكوننا كنيسة بدأنا مسيرة سينوديّة: لأنّنا نشعر بالحاجة الملّحة إلى السير معًا بتنمية أبعاد الإصغاء والمشاركة والمقاسمة مع الآخرين. مع جميع الرجال والنساء ذوي النوايا الحسنة، نريد أن نساهم في بناء الأسرة البشريّة، وتضميد جراحها وتوجيهها نحو مستقبل أفضل. من هذا المنظور، في مناسبة اليوم العالمي التاسع والخمسين للصّلاة من أجل الدعوات، أودّ أن أتأمّل معكم في المعنى الواسع ”للدعوة“، في سياق كنيسة سينوديّة تصغي إلى الله وإلى العالم.

مدعوون إلى أن نكون جميعًا حاملي الرّسالة

المسيرة السينوديّة، أي السير معًا، هي دعوة الكنيسة الأساسيّة، وفي هذا الأفق فقط يمكن أن نكتشف ونقيّم الدعوات والمواهب والخدمات المختلفة. في الوقت نفسه، نَعلَم أنّ الكنيسة موجودة لحمل البشارة، فهي تخرج من ذاتها وتنثر بذرة الإنجيل في التاريخ. لذلك، فإنّ هذه الرّسالة ممكنة بالتّحديد بتضافر جهود جميع المجالات الرّعويّة، وقبل ذلك، بإشراك جميع تلاميذ الرّبّ يسوع في العمل نفسه. في الواقع، "كلّ عضو في شعب الله، أصبح بالمعمودية التي نالها، تلميذًا مرسلًا (راجع متى 28، 19). كلّ معمَّد، مهما كانت وظيفته في الكنيسة، ومستوى تنشئته الإيمانيّة، هو حامل نشيط للبشارة" (الإرشاد الرسولي، فرح الإنجيل، 120). يجب أن نحذر من العقليّة التي تفصل بين الكهنة والعلمانيّين، فتعتبر الكهنة حاملي الرّسالة والعلمانيّين منفذين لها. علينا أن نحمل الرّسالة المسيحيّة معًا، بكوننا شعب الله الواحد، علمانيّين ورعاة معًا. الكنيسة كلّها جماعة مبشِّرة.

مدعوون إلى أن نكون حراسًا بعضنا لبعض وللخليقة

ينبغي ألّا تُفهم كلمة ”دعوة“ بالمعنى الضيّق، الذي يشير فقط إلى الذين يتبعون الرّبّ يسوع في طريق تكريس خاصّ. كلّنا مدعوون إلى المشاركة في رسالة المسيح لإعادة توحيد البشريّة المشتّتة ولمصالحتها مع الله. وبوجه عام، كلّ إنسان، حتى قبل أن يلتقيَ المسيح ويقبل الإيمان المسيحيّ، يمنحه الله مع عطية الحياة، دعوة أساسيّة: كلّ واحد منا خليقة، أرادنا الله وأحبّنا، كلّ واحد منا فكَّر الله فينا فكرًا فريدًا وخاصًا، وهذه الشرارة الإلهيّة، التي تسكن قلب كلّ رجل وكلّ امرأة، نحن مدعوون إلى أن ننميها في مسيرة حياتنا، وأن نساهم في تنمية إنسانيّة ينعشها الحبّ والقبول المتبادل. نحن مدعوون إلى أن نكون حراسًا بعضنا لبعض، وأن نبني أواصر التوافق والمقاسمة مع الآخر، وأن نعتني بجراح الخليقة حتى لا يتلف جمالها. باختصار، أن نكون أسرة واحدة في بيت الخليقة المشترك العجيب، في تنوّع وانسجام عناصره. بهذا المعنى الواسع، ”الدعوة“ ليست فقط للأفراد، بل هي أيضًا للشعوب والجماعات والمجموعات من مختلف الأنواع.

مدعوون إلى قبول نظرة الله

في هذه الدعوة المشتركة الكبرى، تندرج الدعوة الخاصة التي يوجّهها الله إلينا، فهو ينفد إلى حياتنا بحبّه ويوجّهها إلى هدفها النهائي، إلى الامتلاء الذي يتجاوز حتى عتبة الموت. على هذا النحو أراد الله أن ينظر إلى حياتنا وهو ما زال ينظر إليها.

تُنسب إلى مايكل أنجلو بوناروتي الكلمات التالية: "كلّ صخرة في داخلها تمثال، ومهمّة النحات هي أن يكتشفه". إذا كانت هذه نظرة الفنان، فإنّ الله ينظر إلينا كذلك وأكثر من ذلك بكثير، فهو ينظر إلينا كما نظر إلى فتاة الناصرة فرأى فيها والدة الإله؛ وفي الصّياد سمعان بن يونا رأى بطرس، الصّخرة التي سيَبني عليها كنيسته؛ وفي العشار لاوي رأى الرّسول والإنجيلي متى؛ وفي شاؤول، الذي اضطهد المسيحيّين بشدّة، رأى بولس رسول الأمم. نظرة الله، نظرة حبّ، تصل إلينا دائمًا، وتَمَسُّنا، وتحرّرنا، وتغيّرنا، وتجعلنا أشخاصًا جددًا.

هذه هي دينامية كلّ دعوة: نَظَرُ الله يقع علينا فيدعونا. فالدعوة، مثل القداسة، ليست أمرًا استثنائيًّا مقصورًا على عدد قليل من الناس. كما توجد القداسة في كلّ جارٍ لي، (راجع الإرشاد الرسولي، اِفَرحوا وابتَهِجوا، 6-9)، كذلك الدعوة هي أيضًا للجميع، لأن الله ينظر إلى الجميع ويدعو الجميع.

يقول مَثَلٌ من الشّرق الأقصى: "الرجل الحكيم، ينظر إلى البيضة، فيعرف أن يرى فيها نسرًا؛ وينظر الى البذرة ويرى فيها شجرة كبيرة؛ وينظر إلى الخاطئ فيعرف أن يرى فيه قديسًا". هذه هي الطريقة التي ينظر بها الله إلينا: في كلّ واحدٍ منا الله يرى إمكانات، وقد تكون أحيانًا غير معروفة لنا أنفسنا، ويعمل طوال حياتنا بلا كلل حتى نستطيع أن نضعها في خدمة الخير العام.

هكذا تُولَد الدعوة، بفضل فن النحات الإلهيّ الذي يجعلنا ”بيديه“ نخرج من أنفسنا، لأنّه ينحت فينا التحفة التي نحن مدعوون لأن نكونها. كلمة الله، خاصة، التي تحرّرنا من التمركّز حول الذات، قادرة على أن تطهرنا وتنيرنا وتخلقنا من جديد. فلنصغ إذن إلى الكلمة، حتى نفتح أنفسنا على الدعوة التي يريدها الله لنا! ولنتعلّم أيضًا أن نصغي إلى إخوتنا وأخواتنا في الإيمان، لأنّه في نصائحهم وفي مثالهم يمكن أن تختفي مبادرة الله، التي تدلنا على طرقٍ جديدة لنسلكها.

مدعوّون إلى أن نجيب على نظرة الله

وصلت إلينا نظرة الله المُحبّة والخَلّاقَة بطريقة فريدة في يسوع. قال مرقس الإنجيليّ، في كلامه عن الشّاب الغنيّ: "فحَدَّقَ إِليهِ يسوع فأَحبَّه" (10، 21). نظرة يسوع هذه المليئة بالمحبّة تقف عند كلّ واحدٍ منّا. أيّها الإخوة والأخوات، لندع هذه النظرة تؤثّر فينا ولندع يسوع يحملنا إلى أبعد من أنفسنا! ولنتعلّم أن ننظر أيضًا بعضنا إلى بعض، حتّى يشعر الأشخاص الذين نعيش معهم ونلتقي بهم - أيًّا كانوا – بأنّه مُرحَّب بهم ويكتشفون أنّ هناك أحدًا ينظر إليهم بمحبّة ويدعوهم إلى تطوير كلّ إمكانيّاتهم.

تتغيّر حياتنا عندما نستقبل هذه النظرة. كلّ شيء يصبح حوارًا عن الدّعوة، بيننا وبين الرّبّ يسوع، وأيضًا بيننا وبين الآخرين. وهو حوارٌ إذا عشناه بعمق، يجعلنا نصبح أكثر فأكثر ما نحن عليه: في الدّعوة إلى الكهنوت، لكي نكون أداة لنعمة المسيح ورحمته، في الدّعوة إلى الحياة المكرّسة، لكي نكون حمدًا لله ونبوءة بإنسانيّة جديدة، في الدّعوة إلى الزّواج، لكي نكون عطيّة متبادلة ووالدين ومربّين للحياة. وبشكل عام، في كلّ دعوة وخدمة في الكنيسة، التي تدعونا إلى أن ننظر إلى الآخرين وإلى العالم بأعين الله، لخدمة الخير ونشر المحبّة، بالأعمال والكلام.

في هذا الصّدد، أودّ هنا أن أشير إلى خبرة الدّكتور خوسيه جريجوريو هيرنانديز سينسيروس. بينما كان يعمل طبيبًا في كاراكاس في فنزويلا، أراد أن يصبح فرنسيسكانيًّا في الرّهبنة الثّالثة. بعدئذٍ، فكّر في أن يصبح راهبًا وكاهنًا، لكن حالته الصحيّة لم تسمح له بذلك. فَهِمَ حين ذلك أنّ دعوته كانت بالتّحديد مهنة الطّبّ، التي فيها أمضى حياته خصوصًا من أجل الفقراء. فكرّس نفسه، من دون تحفّظ، للمرضى المصابين بوباء أنفلونزا المُسمّى ”الإسبانية“، الذي انتشر في ذلك الوقت في جميع أنحاء العالم. توفّي بحادث اصطدام سيّارة، وهو خارج من الصيدليّة حيث كان يشتري دواء لإحدى المريضات، كبيرة في السّن كان يعالجها. إنّه شاهدٌ مثالي لما يعنيه أن نقبل دعوة الرّبّ يسوع ونلتزم بها التزامًا كاملًا. أُعلِنَ تطويبه قبل سنة.

مدعوّون إلى المشاركة لكي نبني عالمًا أخويًّا

بكوننا مسيحيّين، لسنا مدعوّين فقط، أي لسنا مدعوّين إلى دعوة خاصة بنا فقط، بل نحن أيضًا مدعوّون معًا، مع غيرنا. نحن مثل قطع الفسيفساء، كلّ قطعة وحدها جميلة، لكنّها فقط إن جُمعت معًا تشكّل صورة. كلّ واحدٍ منّا يشع مثل نجمة في قلب الله وفي سماء الكون، لكنّنا مدعوّون لأن نشكّل مجموعات من الكواكب توجّه وتضيء طريق البشريّة، بدءًا من البيئة التي نعيش فيها. هذا هو سرّ الكنيسة: في عيش الاختلافات، هي علامة وأداة لما تُدعَى إليه البشريّة كلّها. لهذا يجب على الكنيسة أن تصبح دائمًا أكثر سينوديّة، قادرة أن تسير معًا في انسجام وتنوّع، فيه يكون للجميع مساهمتهم الخاصّة، ويمكنهم المشاركة فيه بفعاليّة.

عندما نتكلّم على ”الدّعوة“، فالأمر ليس فقط مسألة اختيار هذا الشّكل أو ذاك من الحياة، فنخصّص حياتنا لخدمة معيّنة، أو نتبع جاذبيّة شخصيّة عائلة دينيّة أو حركة أو جماعة كنسيّة، بل المسألة هي تحقيق حلم الله، خطّة الأخوّة الكبيرة التي كان يسوع يحملها في قلبه عندما صلّى إلى الآب قائلًا: "لِيكونوا بِأَجمَعِهم واحِدًا" (يوحنّا 17، 21). كلّ دعوة في الكنيسة، وبمعنى أوسع أيضًا في المجتمع، تساهم في تحقيق هدف مشترك وهو: أن تجعل هذا التّناغم بين العطايا العديدة والمختلفة الذي لا يستطيع أن يحقّقه إلّا الرّوح القدس يتردّد صداه بين الرّجال والنّساء. الكهنة، والمكرّسين والمكرّسات، والمؤمنين العلمانيّين، لِنَسِر ولنَعمَل معًا، لكي نشهد أنّ أسرة بشريّة كبيرة متّحدة في المحبّة ليست خيالًا، يوتوبيا، بل هي المشروع الذي من أجله خلقنا الله.

لنصلِّ، أيّها الإخوة والأخوات، حتّى يزداد شعب الله دائمًا استجابة لهذه الدّعوة، في وسط أحداث التّاريخ المأساويّة. لنبتهل إلى نور الرّوح القدس، حتّى يستطيع كلّ واحدٍ منّا أن يجد مكانه الخاص ويعطي أفضل ما عنده في هذا المخطّط الكبير!

أُعطيَ في روما، في بازيليكا القدّيس يوحنا في اللاتران، يوم 8 أيار/مايو 2022، في الأحد الرابع للفصح.

 

فرنسيس

[00686-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0326-XX.02]