Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Veglia Pasquale nella Notte Santa di Pasqua, 16.04.2022


Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 19.30 di questa sera, nella Basilica Vaticana, ha avuto luogo la solenne Veglia Pasquale nella Notte Santa alla presenza del Santo Padre Francesco. La Celebrazione Liturgica è stata presieduta dall’Em.mo Card. Giovanni Battista Re, Decano del Collegio Cardinalizio.

Il Rito ha avuto inizio nell’atrio della Basilica di San Pietro con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale. Alla processione verso l’Altare, con il cero pasquale acceso e il canto dell’Exultet, sono seguite la Liturgia della Parola e la Liturgia Battesimale, nel corso della quale sono stati amministrati i Sacramenti dell’iniziazione cristiana a 7 neofiti provenienti dall’Italia, dagli Stati Uniti d’America, dall’Albania e da Cuba.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della Veglia, dopo la proclamazione del Vangelo:

Testo in lingua italiana

Molti scrittori hanno evocato la bellezza delle notti illuminate dalle stelle. Invece le notti di guerra sono solcate da scie luminose di morte. In questa notte, fratelli e sorelle, lasciamoci prendere per mano dalle donne del Vangelo, per scoprire con loro il sorgere della luce di Dio che brilla nelle tenebre del mondo. Quelle donne, mentre la notte si diradava e le prime luci dell’alba spuntavano senza clamori, si recarono al sepolcro per ungere il corpo di Gesù. E lì vivono un’esperienza sconvolgente: prima scoprono che la tomba è vuota; quindi vedono due figure in vesti sfolgoranti, le quali dicono loro che Gesù è risorto; e subito corrono ad annunciare la notizia agli altri discepoli (cfr Lc 24,1-10). Vedono, ascoltano, annunciano: con queste tre azioni entriamo anche noi nella Pasqua del Signore.

Le donne vedono. Il primo annuncio della Risurrezione non è affidato a una formula da capire, ma a un segno da contemplare. In un cimitero, presso una tomba, dove tutto dovrebbe essere ordinato e tranquillo, le donne «trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù» (vv. 2-3). La Pasqua, dunque, inizia ribaltando i nostri schemi. Giunge con il dono di una speranza sorprendente. Ma non è facile accoglierla. A volte – dobbiamo ammetterlo – nel nostro cuore questa speranza non trova spazio. Come le donne del Vangelo, anche in noi prevalgono domande e dubbi, e la prima reazione di fronte al segno imprevisto è la paura, «il volto chinato a terra» (cfr vv. 4-5).

Troppo spesso guardiamo la vita e la realtà con gli occhi rivolti verso il basso; fissiamo soltanto l’oggi che passa, siamo disillusi sul futuro, ci chiudiamo nei nostri bisogni, ci accomodiamo nel carcere dell’apatia, mentre continuiamo a lamentarci e a pensare che le cose non cambieranno mai. E così restiamo immobili davanti alla tomba della rassegnazione e del fatalismo, e seppelliamo la gioia di vivere. Eppure il Signore, in questa notte, vuole donarci occhi diversi, accesi dalla speranza che la paura, il dolore e la morte non avranno l’ultima parola su di noi. Grazie alla Pasqua di Gesù possiamo fare il salto dal nulla alla vita, «e la morte non potrà ormai più defraudarci della nostra esistenza» (K. Rahner, Cosa significa la Pasqua, Brescia 2021, 28): essa è stata tutta e per sempre abbracciata dall’amore sconfinato di Dio. È vero, può intimorirci e paralizzarci. Ma il Signore è risorto! Alziamo lo sguardo, togliamo il velo dell’amarezza e della tristezza dai nostri occhi, apriamoci alla speranza di Dio!

In secondo luogo, le donne ascoltano. Dopo che ebbero visto la tomba vuota, due uomini in abito sfolgorante dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto» (vv. 5-6). Ci fa bene ascoltare e ripetere queste parole: non è qui! Ogni volta che pretendiamo di aver compreso tutto di Dio, di poterlo incasellare nei nostri schemi, ripetiamo a noi stessi: non è qui! Ogni volta che lo cerchiamo solo nell’emozione, tante volte passeggera, o nel momento del bisogno, per poi accantonarlo e dimenticarci di Lui nelle situazioni e nelle scelte concrete di ogni giorno, ripetiamo: non è qui! E quando pensiamo di imprigionarlo nelle nostre parole, nelle nostre formule, nelle nostre abitudini, ma ci dimentichiamo di cercarlo negli angoli più oscuri della vita, dove c’è chi piange, chi lotta, soffre e spera, ripetiamo: non è qui!

Ascoltiamo anche noi la domanda rivolta alle donne: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. Non possiamo fare Pasqua se continuiamo a rimanere nella morte; se restiamo prigionieri del passato; se nella vita non abbiamo il coraggio di lasciarci perdonare da Dio, che perdona tutto, il coraggio di cambiare, di rompere con le opere del male, di deciderci per Gesù e per il suo amore; se continuiamo a ridurre la fede a un amuleto, facendo di Dio un bel ricordo di tempi passati, invece che incontrarlo oggi come il Dio vivo che vuole trasformare noi e il mondo. Un cristianesimo che cerca il Signore tra i relitti del passato e lo rinchiude nel sepolcro dell’abitudine è un cristianesimo senza Pasqua. Ma il Signore è risorto! Non attardiamoci attorno ai sepolcri, ma andiamo a riscoprire Lui, il Vivente! E non abbiamo paura di cercarlo anche nel volto dei fratelli, nella storia di chi spera e di chi sogna, nel dolore di chi piange e soffre: Dio è lì!

Infine, le donne annunciano. Che cosa annunciano? La gioia della Risurrezione. La Pasqua non accade per consolare intimamente chi piange la morte di Gesù, ma per spalancare i cuori all’annuncio straordinario della vittoria di Dio sul male e sulla morte. La luce della Risurrezione, perciò, non vuole trattenere le donne nell’estasi di un godimento personale, non tollera atteggiamenti sedentari, ma genera discepoli missionari che “tornano dal sepolcro” (cfr v. 9) e portano a tutti il Vangelo del Risorto. Ecco perché, dopo aver visto e ascoltato, le donne corrono ad annunciare la gioia della Risurrezione ai discepoli. Sanno che potrebbero essere prese per pazze, tant’è che il Vangelo dice che le loro parole parvero «come un vaneggiamento» (v. 11), ma non sono preoccupate della loro reputazione, di difendere la loro immagine; non misurano i sentimenti, non calcolano le parole. Soltanto avevano il fuoco nel cuore per portare la notizia, l’annuncio: “Il Signore è risorto!”.

E com’è bella una Chiesa che corre in questo modo per le strade del mondo! Senza paure, senza tatticismi e opportunismi; solo col desiderio di portare a tutti la gioia del Vangelo. A questo siamo chiamati: a fare esperienza del Risorto e condividerla con gli altri; a rotolare quella pietra dal sepolcro, in cui spesso abbiamo sigillato il Signore, per diffondere la sua gioia nel mondo. Facciamo risuscitare Gesù, il Vivente, dai sepolcri in cui lo abbiamo rinchiuso; liberiamolo dalle formalità in cui spesso lo abbiamo imprigionato; risvegliamoci dal sonno del quieto vivere in cui a volte lo abbiamo adagiato, perché non disturbi e non scomodi più. Portiamolo nella vita di tutti i giorni: con gesti di pace in questo tempo segnato dagli orrori della guerra; con opere di riconciliazione nelle relazioni spezzate e di compassione verso chi è nel bisogno; con azioni di giustizia in mezzo alle disuguaglianze e di verità in mezzo alle menzogne. E, soprattutto, con opere di amore e di fraternità.

Fratelli e sorelle, la nostra speranza si chiama Gesù. Egli è entrato dentro il sepolcro del nostro peccato, è arrivato nel punto più lontano in cui ci eravamo perduti, ha percorso i grovigli delle nostre paure, ha portato il peso delle nostre oppressioni e, dagli abissi più oscuri della nostra morte, ci ha risvegliati alla vita e ha trasformato il nostro lutto in danza. Facciamo Pasqua con Cristo! Egli è vivo e ancora oggi passa, trasforma, libera. Con Lui il male non ha più potere, il fallimento non può impedirci di ricominciare, la morte diventa passaggio per l’inizio di una vita nuova. Perché con Gesù, il Risorto, nessuna notte è infinita; e anche nel buio più fitto, in quel buio brilla la stella del mattino.

In questo buio che voi vivete, Signor Sindaco, Signore Parlamentari e Signori Parlamentari, il buio oscuro della guerra, della crudeltà, tutti noi preghiamo, preghiamo con voi e per voi, questa notte. Preghiamo per tante sofferenze. Noi possiamo darvi soltanto la nostra compagnia, la nostra preghiera e dirvi: “Coraggio! Vi accompagniamo!”. E anche dirvi la cosa più grande che oggi si celebra: Christòs voskrés! [Cristo è risorto!

[00565-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

De nombreux écrivains ont évoqué la beauté des nuits illuminées par les étoiles. Au contraire, les nuits de la guerre sont striées par les traînées lumineuses de la mort. En cette nuit, frères et sœurs, laissons les femmes de l'Évangile nous prendre par la main, pour découvrir avec elles l’aube de la lumière de Dieu qui brille dans les ténèbres du monde. Ces femmes, alors que la nuit décline et que les premières lueurs de l'aube pointent sans bruit, se rendent au tombeau pour oindre le corps de Jésus. Et là, elles font une expérience bouleversante : elles découvrent d’abord que le tombeau est vide ; elles voient ensuite deux personnages aux vêtements éblouissants, qui leur annoncent que Jésus est ressuscité ; et aussitôt elles courent annoncer la nouvelle aux autres disciples (cf. Lc 24, 1-10). Elles voient, elles écoutent, elles annoncent. Par ces trois actions, entrons nous aussi dans la Pâque du Seigneur.

Les femmes voient. La première annonce de la Résurrection n'est pas exprimée comme une formule à comprendre, mais comme un signe à contempler. Dans un cimetière, auprès d'un tombeau, où tout devrait être en ordre et tranquille, les femmes «trouvèrent la pierre roulée sur le côté du tombeau. Elles entrèrent, mais ne trouvèrent pas le corps du Seigneur Jésus» (v. 2-3). La Pâque commence donc par bouleverser nos schémas. Elle est accompagnée par le don d'une espérance surprenante. Mais il n'est pas facile de l'accueillir. Parfois – nous devons l'admettre – cette espérance ne trouve pas de place dans notre cœur. Comme les femmes de l'Évangile, les questions et les doutes prédominent en nous, et notre première réaction à ce signe inattendu est la peur, «le visage incliné vers le sol» (cf. vv. 4-5).

Trop souvent, nous regardons la vie et la réalité avec les yeux tournés vers le bas ; nous ne fixons que l'aujourd'hui qui passe, nous sommes sans illusions quant à l'avenir, nous nous enfermons dans nos besoins, nous nous installons dans la prison de l'apathie, tout en continuant à nous plaindre et à penser que les choses ne changeront jamais. Ainsi, nous restons immobiles devant la tombe de la résignation et du fatalisme, et nous enterrons la joie de vivre. Pourtant, le Seigneur, en cette nuit, veut nous donner des yeux différents, éclairés par l'espoir que la peur, la douleur et la mort n'auront pas le dernier mot sur nous. Grâce à la Pâque de Jésus, nous pouvons faire le saut du néant à la vie, «et la mort ne pourra plus nous voler notre existence» (K.Rahner, Cosa significa la Pasqua, Brescia 2021, p. 28) : elle a été complètement et pour toujours embrassée par l'amour sans limites de Dieu. Il est vrai qu'elle peut nous effrayer et nous paralyser. Mais le Seigneur est ressuscité ! Levons les yeux, enlevons le voile d'amertume et de tristesse de nos yeux, ouvrons-nous à l'espérance de Dieu !

Deuxièmement, les femmes écoutent. Après qu'elles eurent vu le tombeau vide, deux hommes en vêtements brillants leur dirent : «Pourquoi cherchez-vous le Vivant parmi les morts ? Il n’est pas ici, il est ressuscité » (v. 5-6). Cela nous fait du bien d'entendre et de répéter ces mots : il n'est pas là ! Chaque fois que nous prétendons avoir tout compris de Dieu, pouvoir le faire entrer dans nos schémas, répétons-nous : il n'est pas là ! Chaque fois que nous ne le cherchons que dans l'émotion, très souvent passagère, ou dans un moment de besoin, pour ensuite le mettre de côté et l'oublier dans les situations concrètes et les choix de chaque jour, répétons : Il n'est pas là ! Et lorsque nous pensons l'emprisonner dans nos mots, dans nos formules et dans nos habitudes, mais que nous oublions de le chercher dans les coins les plus sombres de la vie, là où il y a ceux qui pleurent, qui luttent, souffrent et espèrent, répétons-le : il n'est pas là !

Écoutons aussi la question posée aux femmes : «Pourquoi cherchez-vous le Vivant parmi les morts ?». Nous ne pouvons pas célébrer Pâques si nous continuons à rester dans la mort ; si nous restons prisonniers du passé ; si dans la vie nous n'avons pas le courage de nous laisser pardonner par Dieu, qui pardonne tout, le courage de changer, de rompre avec les œuvres du mal, de nous décider pour Jésus et son amour ; si nous nous continuons à réduire la foi à une amulette, faisant de Dieu un beau souvenir du passé, au lieu de le rencontrer aujourd'hui comme le Dieu vivant qui veut nous transformer et transformer le monde. Un christianisme qui cherche le Seigneur parmi les reliques du passé et l'enferme dans la tombe de l'habitude est un christianisme sans Pâques. Mais le Seigneur est ressuscité ! Ne nous attardons pas autour des tombes, mais allons le redécouvrir, Lui, le Vivant ! Et n'ayons pas peur de le chercher aussi dans les visages de nos frères et sœurs, dans l'histoire de ceux qui espèrent et rêvent, dans la douleur de ceux qui pleurent et souffrent : Dieu est là !

Finalement, les femmes annoncent. Qu'annoncent-elles ? La joie de la Résurrection. Pâques n'arrive pas pour consoler le cœur de ceux qui pleurent la mort de Jésus, mais pour l’ouvrir en grand à l'annonce extraordinaire de la victoire de Dieu sur le mal et la mort. La lumière de la Résurrection ne veut donc pas maintenir les femmes dans l'extase d’une délectation personnelle, elle ne tolère pas les attitudes sédentaires, mais engendre des disciples missionnaires qui «reviennent du tombeau» (cf. v. 9) et portent à tous l'Évangile du Ressuscité. C'est pourquoi, après avoir vu et entendu, les femmes courent annoncer aux disciples la joie de la Résurrection. Elles savent qu'on pourrait les prendre pour des folles, à tel point que l'Évangile dit que leurs «propos semblèrent délirants» (v. 11), mais elles ne se soucient pas de leur réputation, de défendre leur image ; elles ne mesurent pas leurs sentiments, elles ne calculent pas leurs paroles. Ils avaient seulement le feu dans le cœur pour porter la nouvelle, l’annonce: “Le Seigneur est ressuscité!”.

Comme elle est belle, une Église qui court ainsi dans les rues du monde ! Sans peurs, sans tactiques et sans opportunismes ; seulement avec le désir d'apporter à tous la joie de l'Évangile. C'est à cela que nous sommes appelés : faire l'expérience du Seigneur ressuscité et la partager avec d'autres ; rouler la pierre du tombeau, dans lequel nous avons souvent scellé le Seigneur, pour répandre sa joie dans le monde. Faisons ressusciter Jésus, le Vivant, des tombeaux dans lesquels nous l'avons enfermé ; libérons-le des formalités dans lesquelles nous l'avons souvent emprisonné ; réveillons-nous du sommeil de la vie tranquille dans lequel nous l'avons parfois allongé, afin qu'il ne nous dérange et ne nous incommode plus. Amenons-le dans notre vie quotidienne : par des gestes de paix en ce temps marqué par les horreurs de la guerre ; par des œuvres de réconciliation dans les relations brisées et de compassion pour ceux qui sont dans le besoin ; par des actions de justice au milieu des inégalités et de vérité au milieu des mensonges. Et, surtout, par des œuvres d'amour et de fraternité.

Frères et sœurs, notre espérance s'appelle Jésus. Il est entré dans le tombeau de notre péché, il est parvenu jusqu'au point le plus éloigné où nous nous étions perdus, il a marché dans l'enchevêtrement de nos peurs, il a porté le poids de nos oppressions et, des profondeurs les plus sombres de notre mort, il nous a réveillés à la vie et transformé notre deuil en danse. Célébrons Pâques avec le Christ ! Il est vivant et aujourd’hui encore, passe, transforme et libère. Avec lui, le mal n'a plus de pouvoir, l'échec ne peut plus nous empêcher de recommencer, la mort devient un passage vers le début d'une nouvelle vie. Parce qu’avec Jésus, le Ressuscité, aucune nuit n'est sans fin ; et même dans les ténèbres les plus épaisses, dans ces ténèbres brille l'étoile du matin.

Dans ces ténèbres que vous vivez, Monsieur le maire, Messieurs les Parlementaires et Mesdames les Parlementaires, les sombres ténèbres de la guerre, de la cruauté, nous prions tous, nous prions avec vous et pour vous, cette nuit. Nous prions pour tant de souffrances. Nous ne pouvons que vous donner notre compagnie, notre prière et vous dire: “Courage! Nous vous accompagnons!”. Et vous dire aussi la plus grande chose qu’on célèbre aujourd’hui: Christòs voskrés ! [Le Christ est ressuscité!]

[00565-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Many writers have evoked the beauty of starlit nights. The nights of war, however, are riven by streams of light that portend death. On this night, brothers and sisters, let us allow the women of the Gospel to lead us by the hand, so that, with them, we may glimpse the first rays of the dawn of God’s life rising in the darkness of our world. As the shadows of night were dispelled before the quiet coming of the light, the women set out for the tomb, to anoint the body of Jesus. There they had a disconcerting experience. First, they discovered that the tomb was empty; then they saw two figures in dazzling garments who told them that Jesus was risen. Immediately they ran back to proclaim the news to the other disciples (cf. Lk 24:1-10). They saw, they heard, they proclaimed. With these three verbs, may we too enter into the passover of the Lord from death to life.

The women saw. The first proclamation of the resurrection was not a statement to be unpacked, but a sign to be contemplated. In a burial ground, near a grave, in a place where everything should be orderly and peaceful, the women “found the stone rolled away from the tomb; but when they went in, they did not find the body” (vv. 2-3). Easter begins by upsetting our expectations. It comes with the gift of a hope that surprises and amazes us. Yet it is not easy to welcome that gift. At times – we must admit – this hope does not find a place in our hearts. Like the women in the Gospel, we are overtaken by questions and doubts, and our first reaction before the unexpected sign is one of fear: “They were terrified and bowed their faces to the ground” (v. 5).

All too often we look at life and reality with downcast eyes; we fix our gaze only on this passing day, disenchanted by the future, concerned only with ourselves and our needs, settled into the prison of our apathy, even as we keep complaining that things will never change. In this way, we halt before the tomb of resignation and fatalism; we bury the joy of living. Yet tonight the Lord wants to give us different eyes, alive with hope that fear, pain and death will not have the last word over us. Thanks to Jesus’ paschal mystery, we can make the leap from nothingness to life. “Death will no longer be able to rob our life” (K. RAHNER), for that life is now completely and eternally embraced by the boundless love of God. True, death can fill us with dread; it can paralyze us. But the Lord is risen! Let us lift up our gaze, remove the veil of sadness and sorrow from our eyes, and open our hearts to the hope that God brings!

In the second place, the women heard. After they had seen the empty tomb, the two men in dazzling garments said to them, “Why do you look for the living among the dead? He is not here, but has risen” (vv. 5-6). We do well to listen to those words and to repeat them: He is not here! Whenever we think we have understood everything there is to know about God, and can pigeonhole him in our own ideas and categories, let us repeat to ourselves: He is not here! Whenever we seek him only in times of trouble and moments of need, only to set him aside and forget about him in the rest of our daily life and decisions, let us repeat: He is not here! And whenever we think we can imprison him in our words and our customary ways of thinking and acting, and neglect to seek him in the darkest corners of life, where people weep, struggle, suffer and hope, let us repeat: He is not here!

May we too hear the question asked of the women: “Why do you look for the living among the dead?” We cannot celebrate Easter if we continue to be dead; if we remain prisoners of the past; if in our lives we lack the courage to let ourselves be forgiven by God who forgives everything; if we fail to change, to break with the works of evil, to decide for Jesus and his love. If we continue to reduce faith to a talisman, making God a lovely memory from times past, instead of encountering him today as the living God who desires to change us and to change our world. A Christianity that seeks the Lord among the ruins of the past and encloses him in the tomb of habit is a Christianity without Easter. Yet the Lord is risen! Let us not tarry among the tombs, but run to find him, the Living One! Nor may we be afraid to seek him also in the faces of our brothers and sisters, in the stories of those who hope and dream, in the pain of those who we suffer: God is there!

Finally, the women proclaimed. What did they proclaim? The joy of the resurrection. Easter did not occur simply to console those who mourned the death of Jesus, but to open hearts to the extraordinary message of God’s triumph over evil and death. The light of the resurrection was not meant to let the women bask in a transport of joy, but to generate missionary disciples who “return from the tomb” (v. 9) in order to bring to all the Gospel of the risen Christ. That is why, after seeing and hearing, the women ran to proclaim to the disciples the joy of the resurrection. They knew that the others might think they were mad; indeed, the Gospel says that the women’s words “seemed to them an idle tale” (v. 11). Yet those women were not concerned for their reputation, for preserving their image; they did not contain their emotions or measure their words. Their hearts were enflamed only with the desire to convey the news, the proclamation: “The Lord is risen!”.

How beautiful is a Church that can run this way through the streets of our world! Without fear, without schemes and stratagems, but solely with the desire to lead everyone to the joy of the Gospel. That is what we are called to do: to experience the risen Christ and to share the experience with others; to roll away the stone from the tomb where we may have enclosed the Lord, in order to spread his joy in the world. Let us make Jesus, the Living One, rise again from all those tombs in which we have sealed him. Let us set him free from the narrow cells in which we have so often imprisoned him. Let us awaken from our peaceful slumber and let him disturb and inconvenience us. Let us bring him into our everyday lives: through gestures of peace in these days marked by the horrors of war, through acts of reconciliation amid broken relationships, acts of compassion towards those in need, acts of justice amid situations of inequality and of truth in the midst of lies. And above all, through works of love and fraternity.

Brothers and sisters our hope has a name: the name of Jesus. He entered the tomb of our sin; he descended to those depths where we feel most lost; he wove his way through the tangles of our fears, bore the weight of our burdens and from the dark abyss of death restored us to life and turned our mourning into joy. Let us celebrate Easter with Christ! He is alive! Today, too, he walks in our midst, changes us and sets us free. Thanks to him, evil has been robbed of its power; failure can no longer hold us back from starting anew; and death has become a passage to the stirrings of new life. For with Jesus, the Risen Lord, no night will last forever; and even in the darkest night, in that darkness, the morning star continues to shine.

In this darkness that you are experiencing, Mr Mayor and dear Parliamentarians, the thick darkness of war, of cruelty, all of us are praying, praying with you and for you this night. We are praying for all the suffering. We can give you only our fellowship and our prayer and say to you: “Courage! We accompany you!” And also to say to you the greatest thing we are celebrating today: Christòs voskrés! Christ is risen!

[00565-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Viele Schriftsteller haben die Schönheit der Nächte besungen, die von den Sternen erhellt werden. Stattdessen sind die Nächte des Krieges von leuchtenden Spuren des Todes durchzogen. Lassen wir uns in dieser Nacht, liebe Brüder und Schwestern, von den Frauen des Evangeliums an die Hand nehmen, um mit ihnen die Morgenröte des Lichts Gottes zu entdecken, das in der Dunkelheit der Welt aufscheint. Als die Nacht zu Ende ging und in aller Stille das erste Licht der Morgendämmerung hereinbrach, gingen diese Frauen zum Grab, um den Leichnam Jesu zu salben. Und dort machen sie eine erschütternde Erfahrung: Zuerst entdecken sie, dass das Grab leer ist; dann sehen sie zwei Gestalten in leuchtenden Gewändern, die ihnen sagen, dass Jesus auferstanden ist; und sofort laufen sie los, um den anderen Jüngern die Nachricht zu verkünden (vgl. Lk 24,1-10). Mit diesen drei Handlungen – sehen, hören, verkünden - treten auch wir in das Osterfest des Herrn ein.

Die Frauen sehen. Die erste Botschaft der Auferstehung ist nicht an das Verständnis eines Spruchs gebunden, sondern an ein Zeichen, das zu betrachtet ist. Auf einem Friedhof, an einem Grab, wo alles geordnet und ruhig sein sollte, »sahen sie, dass der Stein vom Grab weggewälzt war; sie gingen hinein, aber den Leichnam Jesu, des Herrn, fanden sie nicht« (V. 2f). Ostern beginnt also damit, dass unsere Pläne über den Haufen geworfen werden. Es beginnt mit der Gabe einer überraschenden Hoffnung. Aber es ist nicht leicht, diese Gabe anzunehmen. Manchmal - so müssen wir zugeben - findet diese Hoffnung keinen Raum in unserem Herzen. Wie bei den Frauen im Evangelium herrschen in uns Fragen und Zweifel vor, und unsere erste Reaktion angesichts des unerwarteten Zeichens ist Angst, der „nach unten gewendete Blick“ (vgl. V. 4f).

Allzu oft betrachten wir das Leben und die Wirklichkeit mit nach unten gerichteten Augen; wir starren nur auf das Heute, wir sind desillusioniert, was die Zukunft angeht, wir verschließen uns in unseren Bedürfnissen, wir richten uns im Gefängnis der Apathie ein, während wir uns weiter beklagen und denken, dass sich die Dinge nie ändern werden. So verharren wir regungslos vor dem Grab der Resignation und des Fatalismus und begraben die Freude am Leben. Doch der Herr möchte uns in dieser Nacht neue Augen schenken, die von der Hoffnung erhellt werden, dass Angst, Schmerz und Tod nicht das letzte Wort über uns haben werden. Dank des Pascha-Mysteriums Jesu können wir den Sprung aus dem Nichts ins Leben wagen, »und der Tod kann uns nicht mehr die Existenz rauben« (K. Rahner, Was Ostern bedeutet, Mainz 2017): sie ist ganz und für immer von der grenzenlosen Liebe Gottes umfangen. Es stimmt, der Tod kann uns erschrecken und lähmen. Aber der Herr ist auferstanden! Blicken wir auf, nehmen wir den Schleier der Bitterkeit und der Traurigkeit von unseren Augen, öffnen wir uns für die Hoffnung Gottes!

Zweitens: Die Frauen hören zu. Nachdem sie das leere Grab gesehen hatten, sagten zwei Männer in leuchtenden Kleidern zu ihnen: »Was sucht ihr den Lebenden bei den Toten? Er ist nicht hier, sondern er ist auferstanden« (VV. 5-6). Es tut uns gut, diese Worte zu hören und zu wiederholen: Er ist nicht hier! Jedes Mal, wenn wir behaupten, alles über Gott verstanden zu haben, ihn in unsere Schemata einpassen zu können, wiederholen wir uns: Er ist nicht hier! Wenn wir ihn nur in einem vorübergehenden Gefühl oder im Moment der Not suchen, um ihn dann in den konkreten Situationen und Entscheidungen des Alltags beiseite zu schieben und zu vergessen, wiederholen wir: Er ist nicht hier! Und wenn wir denken, dass wir ihn in unseren Worten, Formeln und Gewohnheiten gefangen halten können, aber vergessen, ihn in den dunkelsten Ecken des Lebens zu suchen, wo diejenigen sind, die weinen, kämpfen, leiden und hoffen, dann lasst uns wiederholen: Er ist nicht hier!

Hören auch wir die Frage, die den Frauen gestellt wurde: „Was sucht ihr den Lebenden bei den Toten?“ Wir können nicht Ostern feiern, wenn wir weiterhin im Tod verharren; wenn wir Gefangene der Vergangenheit bleiben; wenn wir im Leben nicht den Mut haben, uns von Gott vergeben zu lassen, uns zu ändern, mit den Werken des Bösen zu brechen, uns für Jesus und seine Liebe zu entscheiden; wenn wir den Glauben auf ein Amulett reduzieren und Gott zu einer schönen Erinnerung an vergangene Zeiten machen, anstatt ihm heute als dem lebendigen Gott zu begegnen, der uns und die Welt verwandeln will. Ein Christentum, das den Herrn unter den Relikten der Vergangenheit sucht und ihn im Grab der Gewohnheit einsperrt, ist ein Christentum ohne Ostern. Aber der Herr ist auferstanden! Lasst uns nicht an den Gräbern verweilen, sondern lasst uns hingehen und ihn, den Lebendigen, wiederentdecken! Und scheuen wir uns nicht, ihn auch in den Gesichtern unserer Brüder und Schwestern zu suchen, in der Lebensgeschichte derer, die hoffen und träumen, im Schmerz derer, die weinen und leiden: dort ist Gott!

Schließlich verkünden die Frauen. Was verkünden sie? Die Freude über die Auferstehung. Ostern geschieht nicht, um diejenigen innerlich zu trösten, die um den Tod Jesu trauern, sondern um ihre Herzen durch die umwälzende Botschaft des Sieges Gottes über das Böse und den Tod zu weiten. Das Licht der Auferstehung will also die Frauen nicht in die Ekstase eines privaten Gefühls einschließen, es duldet keine passive Haltung, sondern bringt missionarische Jüngerinnen und Jünger hervor, die „vom Grab zurückkehren“ (vgl. V. 9) und allen das Evangelium des Auferstandenen bringen. Deshalb laufen die Frauen, nachdem sie gesehen und gehört haben, zu den Jüngern, um ihnen die Freude über die Auferstehung zu verkünden. Sie wissen, dass sie für verrückt gehalten werden könnten, und tatsächlich, das Evangelium sagt, dass ihre Worte wie „Geschwätz“ klangen (V. 11), aber sie sorgen sich nicht um ihren Ruf, um die Verteidigung ihres Ansehens; sie messen ihre Gefühle nicht, sie berechnen ihre Worte nicht.

Wie schön ist eine Kirche, die sich auf diese Weise durch die Straßen der Welt läuft! Ohne Angst, ohne Taktiken und Opportunismus, alleine mit dem Wunsch, allen die Freude des Evangeliums zu bringen. Dazu sind wir berufen: den auferstandenen Herrn zu erfahren und diese Erfahrung mit anderen zu teilen; den Stein vom Grab zu wälzen, in dem wir den Herrn oft eingeschlossen haben, und stattdessen seine Freude in der Welt zu verbreiten. Erwecken wir Jesus, den Lebendigen, aus den Gräbern, in die wir ihn eingeschlossen haben; befreien wir ihn von den Formalitäten, in die wir ihn oft eingesperrt haben; erwachen wir aus dem Schlaf eines ruhigen Lebens, in den wir ihn manchmal eingelullt haben, damit er nicht mehr störe und Probleme verursache. Tragen wir ihn in mitten in unser tägliches Leben: mit Gesten des Friedens in dieser von den Schrecken des Krieges gezeichneten Zeit; mit Werken der Versöhnung in zerbrochenen Beziehungen und des Mitgefühls für die Bedürftigen; mit Taten der Gerechtigkeit inmitten von Ungleichheiten und der Wahrheit inmitten von Lügen. Und vor allem mit Werken der Liebe und der Geschwisterlichkeit.

Liebe Brüder und Schwestern, unsere Hoffnung heißt Jesus. Er ist in das Grab unserer Sünde eingetreten, er ist an den entferntesten Punkt gekommen, an dem wir uns hin verirrt hatten, er ist durch das Gewirr unserer Ängste gegangen, er hat die Last unserer Bedrückungen getragen, und aus den schwärzesten Tiefen unseres Todes hat er uns zum Leben erweckt und unsere Trauer in Freude verwandelt. Lasst uns mit Christus Ostern feiern! Er ist lebendig und kommt auch noch heute, verwandelt und befreit. Mit ihm hat das Böse keine Macht mehr, das Scheitern kann uns nicht daran hindern, neu anzufangen, der Tod wird zu einem Durchgang zum Beginn eines neuen Lebens. Denn mit Jesus, dem Auferstandenen, ist keine Nacht endlos, und selbst in der größten Dunkelheit leuchtet der Morgenstern.

In dieser Dunkelheit, in der Sie leben, Herr Bürgermeister, meine Damen und Herren Abgeordnete, in der Dunkelheit des Krieges, der Grausamkeit, beten wir alle, beten wir mit Ihnen und für Sie, in dieser Nacht. Wir beten angesichts von so viel Leid.

Wir können Ihnen nur unsere Begleitung, unser Gebet anbieten und Ihnen sagen: "Nur Mut! Wir begleiten Sie!". Und auch, um Ihnen das Größte zu sagen, was heute gefeiert wird: Christòs voskrés!  (Christus ist auferstanden!)

[00565-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Muchos escritores han evocado la belleza de las noches, iluminadas por las estrellas. Las noches de la guerra, en cambio, están surcadas por luminosas estelas de muerte. En esta noche, hermanos y hermanas, dejémonos tomar de la mano por las mujeres del Evangelio, para descubrir con ellas la manifestación de la luz de Dios que brilla en las tinieblas del mundo. Esas mujeres, mientras la noche se disipaba y las primeras luces del alba despuntaban sin clamores, se dirigieron al sepulcro para ungir el cuerpo de Jesús. Y allí vivieron una experiencia desconcertante: primero descubrieron que la tumba estaba vacía; después vieron dos figuras con vestiduras resplandecientes, que les dijeron que Jesús había resucitado; y rápidamente corrieron a anunciar la noticia a los demás discípulos (cf. Lc 24,1-10). Ven, escuchan, anuncian. Con estas tres acciones entramos también nosotros en la Pascua del Señor.

Las mujeres ven. El primer anuncio de la Resurrección no se presenta como una fórmula que hay que comprender, sino como un signo que hay que contemplar. En un cementerio, junto a un sepulcro, donde todo debería estar ordenado y tranquilo, las mujeres vieron «que la piedra estaba corrida. Cuando entraron no hallaron el cuerpo del Señor Jesús» (vv. 2-3). La Pascua, por tanto, empieza cambiando nuestros esquemas. Llega con el don de una esperanza sorprendente. Pero no es fácil acogerla. A veces —debemos admitirlo— esta esperanza no encuentra espacio en nuestro corazón. También en nosotros, como en las mujeres del Evangelio, prevalecen preguntas e incertidumbres, y la primera reacción ante el signo imprevisto es el miedo, el “no levantar la vista del suelo” (cf. vv. 4-5).

Con mucha frecuencia, miramos la vida y la realidad sin levantar los ojos del suelo; sólo enfocamos el hoy que pasa, sentimos desilusión por el futuro y nos encerramos en nuestras necesidades, nos acomodamos en la cárcel de la apatía, mientras seguimos lamentándonos y pensando que las cosas no cambiarán nunca. Y así permanecemos inmóviles ante la tumba de la resignación y del fatalismo, y sepultamos la alegría de vivir. Pero, sin embargo, esta noche el Señor quiere darnos unos ojos diferentes, encendidos por la esperanza de saber que el miedo, el dolor y la muerte no tendrán la última palabra sobre nosotros. Gracias a la Pascua de Jesús podemos dar el salto de la nada a la vida, «y la muerte ya no podrá defraudarnos más de nuestra existencia» (K. Rahner, Cosa significa la Pasqua, Brescia 2021, 28), que ha sido abrazada totalmente y para siempre por el amor infinito de Dios. Es verdad que puede atemorizarnos y paralizarnos, ¡pero el Señor ha resucitado! Levantemos la mirada, quitemos de nuestros ojos el velo de la amargura y la tristeza, y abrámonos a la esperanza de Dios.

En segundo lugar, las mujeres escuchan. Después de haber visto el sepulcro vacío, dos hombres con vestiduras resplandecientes les dijeron: «¿Por qué buscan entre los muertos al que está vivo? No está aquí: ¡ha resucitado!» (vv. 5-6). Nos hace bien escuchar y repetir estas palabras: ¡no está aquí! Cada vez que creemos saber todo sobre Dios, que lo podemos encasillar en nuestros esquemas, repitámonos a nosotros mismos: ¡no está aquí! Cuando lo buscamos sólo en la emoción, muchas veces pasajera o en el momento de la necesidad, para después hacerlo a un lado y olvidarnos de Él en las situaciones y en las decisiones concretas de cada día, repitámonos: ¡no está aquí! Y cuando pensamos que lo hemos aprisionado en nuestras palabras, en nuestras fórmulas, en nuestras costumbres, pero nos olvidamos de buscarlo en los rincones más oscuros de la vida, donde hay alguien que llora, que lucha, sufre y espera, repitámonos: ¡no está aquí!

Escuchemos también nosotros la pregunta dirigida a las mujeres: “¿Por qué buscan entre los muertos al que está vivo?”. No podemos celebrar la Pascua si seguimos quedándonos en la muerte; si permanecemos prisioneros del pasado; si en la vida no tenemos la valentía de dejarnos perdonar por Dios, que perdona todo, la valentía de cambiar, de terminar con las obras del mal, de decidirnos por Jesús y por su amor; si reducimos seguimos reduciendo la fe a un amuleto, haciendo de Dios un hermoso recuerdo de tiempos pasados, en lugar de descubrirlo como el Dios vivo que hoy quiere transformarnos a nosotros y al mundo. Un cristianismo que busca al Señor entre los vestigios del pasado y lo encierra en el sepulcro de la costumbre es un cristianismo sin Pascua. ¡Pero el Señor ha resucitado! ¡No nos detengamos en torno a los sepulcros, sino vayamos a redescubrirlo a Él, el Viviente! Y no tengamos miedo de buscarlo también en el rostro de los hermanos, en la historia del que espera y del que sueña, en el dolor del que llora y sufre: ¡Dios está allí!

Por último, las mujeres anuncian. ¿Qué anuncian? La alegría de la Resurrección. La Pascua no acontece para consolar íntimamente al que llora la muerte de Jesús, sino para abrir de par en par los corazones al anuncio extraordinario de la victoria de Dios sobre el mal y sobre la muerte. Por eso, la luz de la Resurrección no quiere retener a las mujeres en el éxtasis de un gozo personal, no tolera actitudes sedentarias, sino que genera discípulos misioneros que “regresan del sepulcro” (cf. v. 9) y llevan a todos el Evangelio del Resucitado. Es por eso que, después de haber visto y escuchado, las mujeres corrieron a anunciar la alegría de la Resurrección a los discípulos. Sabían que podían pensar que estaban locas, tanto es así que el Evangelio dice que sus palabras les parecieron «una locura» (v. 11), pero ellas no se preocuparon de su reputación ni de defender su imagen; no midieron sus sentimientos ni calcularon sus palabras. Solamente tenían el fuego en el corazón para llevar la noticia, el anuncio: “¡El Señor ha resucitado!”

¡Y qué hermosa es una Iglesia que corre de esta manera por los caminos del mundo! Sin miedos, sin estrategias ni oportunismos; sólo con el deseo de llevar a todos la alegría del Evangelio. A esto somos llamados, a experimentar el encuentro con el Resucitado y a compartirlo con los demás; a correr la piedra del sepulcro, donde con frecuencia hemos encerrado al Señor, para difundir su alegría en el mundo. Resucitemos a Jesús, el Viviente, de los sepulcros donde lo hemos metido, liberémoslo de las formalidades donde a menudo lo hemos encerrado. Despertémonos del sueño de la vida tranquila en la que a veces lo hemos acomodado, para que no moleste ni incomode más. Llevémoslo a la vida cotidiana: con gestos de paz en este tiempo marcado por los horrores de la guerra; con obras de reconciliación en las relaciones rotas y de compasión hacia los necesitados; con acciones de justicia en medio de las desigualdades y de verdad en medio de las mentiras. Y, sobre todo, con obras de amor y de fraternidad.

Hermanos y hermanas, nuestra esperanza se llama Jesús. Él entró en el sepulcro de nuestros pecados, llegó hasta el lugar más profundo en el que nos habíamos perdido, recorrió los enredos de nuestros miedos, cargó con el peso de nuestras opresiones y, desde los abismos más oscuros de nuestra muerte, nos despertó a la vida y transformó nuestro luto en danza. ¡Celebremos la Pascua con Cristo! Él está vivo y también hoy pasa, transforma, libera. Con Él el mal no tiene más poder, el fracaso no puede impedir que empecemos de nuevo, la muerte se convierte en un paso para el inicio de una nueva vida. Porque con Jesús, el Resucitado, ninguna noche es infinita; y, aun en la oscuridad más densa, en esa oscuridad brilla la estrella de la mañana.

En esta oscuridad que ustedes viven, señor alcalde, señoras y señores diputados, en esta oscuridad de la guerra, de la crueldad, todos nosotros rezamos, rezamos con ustedes y por ustedes esta noche. Rezamos por tantos sufrimientos. Nosotros podemos darles solamente nuestra compañía, nuestra oración y decirles: “¡Valor! ¡estamos con ustedes!” Y también decirles lo más grande que hoy se celebra: ¡Christòs voskrés! [¡Cristo ha resucitado!].

[00565-ES.02] [Texto original: Italiano]

 Traduzione in lingua portoghese

Muitos escritores evocavam assim a beleza das noites iluminadas pelas estrelas. Ao contrário, as noites de guerra são atravessadas por rastos luminosos de morte. Nesta noite, irmãos e irmãs, deixemo-nos guiar pelas mulheres do Evangelho, para descobrir com elas a aurora da luz de Deus que brilha nas trevas do mundo. Quando já a noite ia clareando e irrompiam, silenciosas, as primeiras luzes da aurora, aquelas mulheres foram ao sepulcro para ungir o corpo de Jesus. E lá vivem uma experiência que as turvou: primeiro, descobrem que o sepulcro está vazio; depois, veem duas figuras em trajes resplandecentes que lhes dizem que Jesus ressuscitou; imediatamente, correm a anunciá-lo aos outros discípulos (cf. Lc 24, 1-10). Veem, escutam, anunciam: com estas três ações, entremos também nós na Páscoa do Senhor.

As mulheres veem. O primeiro anúncio da Ressurreição é feito, não sob uma fórmula a decifrar, mas sob um sinal que se deve contemplar. Num cemitério, junto dum túmulo, onde tudo deveria estar em ordem e sossego, as mulheres «encontraram removida a pedra da porta do sepulcro e, entrando, não acharam o corpo do Senhor Jesus» (24, 2-3). Por outras palavras, a Páscoa começa invertendo os nossos esquemas. Chega com o dom duma esperança surpreendente. Mas não é fácil acolhê-la. Às vezes (temos de o admitir!) esta esperança não encontra espaço no nosso coração. Em nós, como nas mulheres do Evangelho, prevalecem interrogações e dúvidas, e a primeira reação face ao sinal imprevisto é o medo, é voltar «o rosto para o chão» (cf. 24, 4-5).

Com muita frequência, contemplamos a vida e a realidade com os olhos voltados para baixo; fixamo-nos apenas no dia de hoje que passa, desiludidos quanto ao futuro, fechamo-nos nas nossas necessidades, acomodamo-nos na reclusão da apatia, enquanto continuamos a lamentar-nos e a pensar que as coisas nunca vão mudar. E assim permanecemos imóveis diante do túmulo da resignação e do fatalismo, e sepultamos a alegria de viver. Mas, nesta noite, o Senhor quer dar-nos olhos diferentes, iluminados pela esperança de que o medo, o sofrimento e a morte não terão a última palavra sobre nós. Graças à Páscoa de Jesus, podemos dar o salto do nada para a vida, «e a morte não poderá mais defraudar-nos da nossa existência» (K. Rahner, O que significa a Páscoa, Brescia 2021, 28): esta foi abraçada, inteiramente e para sempre, pelo amor sem limites de Deus. É verdade; pode-nos amedrontar e paralisar. Mas o Senhor ressuscitou! Levantemos o olhar, retiremos dos nossos olhos o véu da amargura e da tristeza, abramo-nos à esperança de Deus!

Em segundo lugar, as mulheres escutam. Depois de terem visto o sepulcro vazio, dois homens em trajes resplandecentes disseram-lhes: «Porque buscais o Vivente entre os mortos? Não está aqui; ressuscitou!» (24, 5-6). Faz-nos bem ouvir e repetir estas palavras: não está aqui! Sempre que pretendemos ter entendido tudo acerca de Deus, podê-Lo arrumar nos nossos esquemas, repitamos a nós mesmos: não está aqui! Sempre que O procuramos apenas nas emoções, muitas vezes passageiras, ou nos momentos de necessidade, para depois O deixarmos de lado esquecendo-nos d’Ele nas situações quotidianas e nas opções concretas de cada dia, repitamos: não está aqui! E quando pensamos em confiná-Lo nas nossas palavras, nas nossas fórmulas e nas nossas tradições, mas esquecendo-nos de O procurar nos cantos mais escuros da vida onde há alguém que chora, que luta, sofre e espera, repitamos: não está aqui!

Ouçamos, também nós, a pergunta dirigida às mulheres: «Porque buscais o Vivente entre os mortos?» Não podemos fazer Páscoa, se continuamos a morar na morte; se permanecemos prisioneiros do passado; se na vida não temos a coragem de nos deixar perdoar por Deus - que perdoa tudo -, a coragem de mudar, de romper com as obras do mal, a coragem de nos decidirmos por Jesus e pelo seu amor; se continuamos a reduzir a fé a um amuleto, fazendo de Deus uma bela recordação de tempos passados, em vez de ir hoje ao seu encontro como o Deus vivo que deseja transformar-nos a nós e ao mundo. Um cristianismo que busca o Senhor entre as ruínas do passado e O encerra no túmulo da rotina é um cristianismo sem Páscoa. Mas o Senhor ressuscitou! Não nos demoremos ao redor dos túmulos, mas vamos redescobri-Lo a Ele, o Vivente! E não tenhamos medo de O procurar também no rosto dos irmãos, na história de quem espera e de quem sonha, na dor de quem chora e sofre: Deus está lá!

Por fim as mulheres anunciam. Que anunciam elas? A alegria da Ressurreição. A Páscoa não acontece para consolar intimamente quem chora a morte de Jesus, mas para abrir de par em par os corações ao anúncio extraordinário da vitória de Deus sobre o mal e a morte. Por isso, a luz da Ressurreição não quer delongar as mulheres no êxtase dum gozo pessoal, não tolera comportamentos sedentários, mas gera discípulos missionários que «voltam do sepulcro» (24, 9) e levam a todos o Evangelho do Ressuscitado. Por isso mesmo, depois de ter visto e escutado, as mulheres correm a anunciar aos discípulos a alegria da Ressurreição. Sabem que poderiam ser tomadas por loucas – aliás o Evangelho diz que «as suas palavras pareceram-lhes um desvario» (24, 9) –, mas não estão preocupadas com a sua reputação, a defesa da sua imagem; não reprimem os sentimentos, nem medem as palavras. Apenas tinham o coração ardente para transmitir a notícia, o anúncio: “O Senhor ressuscitou!”

E como é bela uma Igreja que corre, assim, pelas estradas do mundo! Sem medo, sem táticas nem oportunismos; só com o desejo de levar a todos a alegria do Evangelho. A isto, somos chamados: a fazer experiência do Ressuscitado e partilhá-la com os outros; a rolar aquela pedra do sepulcro, onde muitas vezes fechamos o Senhor, para espalhar a sua alegria pelo mundo. Façamos ressuscitar Jesus, o Vivente, dos túmulos onde O tínhamos encerrado; libertemo-Lo das formalidades onde frequentemente o enclausuramos; despertemos do sono da vida tranquila onde às vezes O reclinamos, para que não perturbe nem incomode mais. Levemo-Lo para a vida de todos os dias: com gestos de paz neste tempo marcado pelos horrores da guerra; com obras de reconciliação nas relações rompidas e de compaixão para com os necessitados; com ações de justiça no meio das desigualdades e de verdade no meio das mentiras. E, sobretudo, com obras de amor e fraternidade.

Irmãos e irmãs, a nossa esperança chama-se Jesus. Ele entrou no túmulo do nosso pecado, chegou ao ponto mais distante onde andávamos perdidos, percorreu os passos emaranhados dos nossos medos, carregou o peso das nossas opressões e, dos abismos mais escuros da nossa morte, despertou-nos para a vida transformando o nosso luto em dança. Façamos Páscoa com Cristo! Ele está vivo e ainda hoje passa, transforma e liberta. Com Ele, o mal já não tem poder, o fracasso não pode impedir-nos de recomeçar, a morte torna-se passagem para o início duma nova vida. Porque com Jesus, o Ressuscitado, nenhuma noite é infinita; e mesmo na escuridão mais densa, nesta escuridão brilha a estrela da manhã.

Nesta escuridão que estais a viver, Senhor Prefeito, Senhoras e Senhores Parlamentares, a escuridão tenebrosa da guerra, da crueldade, todos nós rezamos. Rezamos convosco e por vós, nesta noite. Rezamos por tantos sofrimentos. Nós podemos oferecer-vos somente a nossa companhia, a nossa oração e dizer-vos: “Coragem! Vos acompanhamos!” E também anunciar-vos a grande realidade que é celebrada hoje: Christós Voskrés! (Cristo ressuscitou!)

[00565-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Wielu pisarzy przywoływało piękno rozgwieżdżonych nocy. Tymczasem wojenne noce są przeorane świetlistymi smugami śmierci. W tę noc, bracia i siostry, pozwólmy się wziąć za rękę niewiastom z Ewangelii, aby wraz z nimi odkryć jutrzenkę Bożego światła jaśniejącą w ciemnościach świata. Niewiasty te, gdy noc już słabła, a bezdźwięcznie wschodził pierwszy brzask świtu, poszły do grobu, by namaścić ciało Jezusa. I tam przeżyły wstrząsające doświadczenie: najpierw odkryły, że grób jest pusty; potem zobaczyły dwie postaci w olśniewających szatach, które oznajmiły im, że Jezus zmartwychwstał; i natychmiast pobiegły, aby oznajmić to pozostałym uczniom (por. Łk 24, 1-10). Widzą, słuchają, głoszą: poprzez te trzy działania my także wchodzimy w Paschę Pana.

Niewiasty widzą. Pierwsze przepowiadanie Zmartwychwstania nie jest powierzone formule, którą trzeba zrozumieć, lecz znakowi, który należy kontemplować. Na cmentarzu, przy grobie, gdzie wszystko powinno być uporządkowane i spokojne, kobiety „kamień zastały odsunięty od grobu. A skoro weszły, nie znalazły ciała Pana Jezusa” (w. 2-3). Pascha zaczyna się więc od obalenia naszych schematów. Dociera z darem zaskakującej nadziei. Ale nie jest łatwo ją przyjąć. Czasami - musimy to przyznać - ta nadzieja nie znajduje miejsca w naszych sercach. Podobnie jak u niewiast z Ewangelii, także i w nas przeważają pytania i wątpliwości, a naszą pierwszą reakcją w obliczu nieoczekiwanego znaku jest lęk, „twarz pochylona ku ziemi” (por. w. 4-5).

Nazbyt często spoglądamy na życie i rzeczywistość oczami zwróconymi ku dołowi. Patrzymy jedynie na przemijający dzień dzisiejszy, jesteśmy rozczarowani przyszłością, zamykamy się w swoich potrzebach, siedzimy w więzieniu apatii, wciąż narzekamy i myślimy, że nic się nie zmieni. W ten sposób trwamy w bezruchu przed grobem rezygnacji i fatalizmu i grzebiemy radość życia. Jednak tej nocy Pan chce nam dać inne oczy, rozpalone nadzieją, że lęk, ból i śmierć nie będą miały względem nas ostatniego słowa. Dzięki Passze Jezusa możemy przejść z nicości do życia, „a śmierć nie będzie już mogła nas pozbawić naszego istnienia” (K. Rahner, Cosa significa la Pasqua, Brescia 2021, 28): zostało ono całkowicie i na zawsze ogarnięte bezgraniczną miłością Boga. To prawda, że może nas przerażać i paraliżować, ale Pan zmartwychwstał! Spójrzmy w górę, zdejmijmy z oczu zasłonę goryczy i smutku, otwórzmy się na Bożą nadzieję!

Po drugie, niewiasty słuchają. Gdy ujrzały pusty grób, rzekli do nich dwaj mężowie w lśniących szatach: „Dlaczego szukacie żyjącego wśród umarłych? Nie ma Go tutaj; zmartwychwstał” (w. 5-6). Warto, abyśmy słuchali i powtarzali te słowa: nie ma Go tutaj! Za każdym razem, gdy twierdzimy, że zrozumieliśmy wszystko o Bogu, że potrafimy Go zmieścić w naszych schematach, powtórzmy sobie samym: nie ma Go tutaj! Ilekroć szukamy Go tylko w chwilach wzruszenia, wiele razy przelotnych, lub w potrzebie, a potem odkładamy Go na bok i zapominamy o Nim w konkretnych sytuacjach i wyborach dnia codziennego, powtarzajmy: nie ma Go tutaj! A kiedy myślimy o uwięzieniu Go w naszych słowach, w naszych formułach, w naszych przyzwyczajeniach, lecz zapominamy szukać Go w najciemniejszych zakątkach życia, tam, gdzie znajduje się ten, kto płacze, kto walczy, cierpi i ma nadzieję, powtarzamy: nie ma Go tutaj!

Usłyszmy także i my pytanie skierowane do niewiast: „Dlaczego szukacie żyjącego wśród umarłych?” Nie możemy sprawować Paschy, jeśli nadal będziemy trwali w śmierci; jeśli pozostaniemy więźniami przeszłości; jeśli w życiu brak nam odwagi pozwolić Panu Bogu, który wszystko przebacza, przebaczyć nam, odwagi by zmienić, by zerwać ze złymi uczynkami, by opowiedzieć się za Jezusem i Jego miłością; jeżeli w dalszym ciągu będziemy sprowadzać wiarę do amuletu, czyniąc z Boga piękne wspomnienie minionych czasów, zamiast spotkać Go dzisiaj jako Boga żywego, który chce przemienić nas i świat. Chrześcijaństwo, które szuka Pana wśród reliktów przeszłości i zamyka Go w grobowcu przyzwyczajenia, jest chrześcijaństwem bez Paschy. Lecz Pan zmartwychwstał! Nie zatrzymujmy się przy grobach, ale idźmy i odkryjmy Go na nowo, Żywego! I nie bójmy się szukać Go także w twarzach naszych braci i sióstr, w historii tych, którzy mają nadzieję i marzenia, w bólu tych, którzy płaczą i cierpią: Bóg jest tam obecny!

W końcu niewiasty ogłaszają. Co ogłaszają? Radość Zmartwychwstania. Pascha nie jest po to, by pocieszyć w skrytości tych, którzy opłakują śmierć Jezusa, ale po to, by otworzyć ich serca na niezwykłe obwieszczenie zwycięstwa Boga nad złem i śmiercią. Światło zmartwychwstania nie chce więc zatrzymywać kobiet w ekstazie osobistej radości, nie toleruje postaw zasiedziałych, lecz rodzi uczniów-misjonarzy, którzy „wracają od grobu” (por. w. 9) i niosą wszystkim Ewangelię Zmartwychwstałego. Dlatego niewiasty, widząc i słysząc, biegną, aby oznajmić uczniom radość Zmartwychwstania. Wiedzą, że mogą zostać wzięte za szalone, do tego stopnia, że Ewangelia mówi, iż słowa ich brzmiały jak „ czcza gadanina” (w. 11), ale nie martwią się o swoją reputację, o obronę swojego wizerunku; nie mierzą swoich uczuć, nie kalkulują słów. Mieli jedynie w sercu ogień, by zanieść wiadomość, przesłanie: „Pan zmartwychwstał!”.

 

A jakże piękny jest Kościół, który w ten sposób przemierza drogi świata! Bez lęku, bez taktyki i oportunizmu, tylko z pragnieniem niesienia wszystkim radości Ewangelii. Do tego właśnie jesteśmy powołani: by doświadczać Zmartwychwstałego Pana i dzielili się Nim z innymi; odsuwać kamień od grobu, w którym często zapieczętowaliśmy Pana, aby szerzyć Jego radość w świecie. Sprawmy, aby zmartwychwstał Jezus, Żyjący, z grobów, w których Go zamknęliśmy; uwolnijmy Go od formalności, w których często Go więziliśmy; obudźmy się ze snu spokojnego życia, w którym Go niekiedy układaliśmy, aby już nam nie przeszkadzał i nie niepokoił. Wnośmy Go w nasze codzienne życie: poprzez gesty pokoju w tym czasie naznaczonym okropnościami wojny; poprzez dzieła pojednania w zerwanych relacjach i przez współczucie dla potrzebujących; poprzez działania na rzecz sprawiedliwości pośród nierówności i prawdy pośród kłamstw. A przede wszystkim nieśmy Go z uczynkami miłości i braterstwa.

Bracia i siostry, nasza nadzieja ma na imię Jezus. Wszedł do grobu naszego grzechu, dotarł do najdalszych miejsc, gdzie byliśmy zagubieni, przeszedł przez plątaninę naszych lęków, dźwigał ciężar naszych ucisków i z najciemniejszych głębin naszej śmierci obudził nas do życia i przemienił naszą żałobę w taniec. Świętujmy Paschę z Chrystusem! On jest żywy i wciąż przechodzi, przemienia i wyzwala. Z Nim zło nie ma już mocy, porażka nie może nas powstrzymać przed rozpoczęciem od nowa, śmierć staje się przejściem ku początkowi nowego życia. Ponieważ z Jezusem, Zmartwychwstałym, żadna noc nie jest nieskończona, a nawet w najgęstszej ciemności, w tej ciemności jaśnieje gwiazda poranna.

W ciemności, jaką przeżywacie, Panie Burmistrzu, Panie i Panowie Parlamentarzyści, w ponurej ciemności wojny, okrucieństwa, my wszyscy modlimy się, tej nocy modlimy się z wami i za was. Modlimy się za wiele cierpień. Możemy jedynie dać wam nasze towarzyszenie, naszą modlitwę i powiedzieć wam: „Odwagi! Jesteśmy z wami!”. A także powiedzieć wam rzecz największą, którą dziś świętujemy: Christòs voskrés! [Chrystus zmartwychwstał!]

[00565-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ

عشيّة عيد القيامة المجيدة

السبت 16 نيسان/أبريل 2022

بازيليكا القدّيس بطرس

ناجى كتّاب كثيرون جمال الليالي، التي أضاءتها النجوم. أمّا ليالي الحرب فتشقها أثار موت مضيئة. في هذه الليلة، أيّها الإخوة والأخوات، لنسمح لأنفسنا بأن تأخذنا أيدي نساء الإنجيل، لنكتشف معهن ظهور نور الله الذي أضاء ظلام العالم. هؤلاء النساء، مع زوال الليل وبزوغ الفجر الأوّل دون ضجيج، ذهبن إلى القبر لدهن جسد يسوع بالطيب. وهناك عِشْنَ خبرة مثيرة: اكتشَفن أوّلاً أنّ القبر فارغ، ثمّ رَأَيْنَ شخصيتَين في ثيابٍ برَّاقَة قالوا لهن إنّ يسوع قد قام، فركضن فورًا لإعلان الخبر للتلاميذ الآخرين (راجع لوقا 24، 1-10). رَأَيْنَ وأصغَيْن وبشَّرْنَ: بهذه الأفعال الثلاثة ندخل نحن أيضًا فصح الرّبّ يسوع.

رَأَيْنَ. البشرى بالقيامة لم يكن كلامًا يُسمَع، بل كان أمرًا يُشاهَد. في مقبرة، بالقرب من قبر، حيث يجب أن يكون كلّ شيء منظمًا وهادئًا، "وَجَدت النساء الحَجَرَ قد دُحرِجَ عنِ القَبْر. فدَخَلنَ فلَم يَجِدنَ جُثْمانَ الرَّبِّ يسوع" (الآيات 2-3). لذلك، يبدأ الفصح بقلب مخططاتنا. لكنّه يأتي مع عطية رجاء مدهشة. ليس من السهل قبولها. في بعض الأحيان - يجب أن نعترف بذلك - لا مكان لهذا الرجاء في قلوبنا. مثل نساء الإنجيل، تسيطر علينا نحن أيضًا أسئلة وشكوك، وأوّل ردة فعل أمام العلامة غير المتوقعة هو الخوف، ”والوجه ينحني إلى الأرض“ (راجع الآية 5).

غالبًا ما ننظر إلى الحياة والواقع بعيون تنظر إلى الأسفل، ونحدّق فقط في اليوم الذي يمُرّ، ونشعر بالإحباط فيما يخص المستقبل، وننغلق في احتياجاتنا، ونتكيّف في سجن اللامبالاة، ونستمر في التشكي والاعتقاد بأنّ الأمور لن تتغيّر أبدًا. وهكذا نظل بلا حراك أمام قبر الاستسلام والرضى بالقدر، وندفن فرح الحياة. إلّا أنّ الرّبّ يسوع، يريد في هذه الليلة أن يعطينا عيونًا مختلفة، يضيئها الرجاء، حتى لا تكون الكلمة الأخيرة للخوف والألم والموت. بقوة فصح يسوع يمكننا أن نقفز من العدم إلى الحياة، "ولن يقدر الموت بعد أن يسلبنا الحياة" (كارل رانير، ماذا يعني الفصح، بريشيا 2021، 28): حياتنا صارت كلّها ودائمًا عناقًا في حبّ الله اللامحدود. صحيح أنّه يمكن للموت أن يخيفنا ويشلّنا. لكنّ الرّبّ يسوع قد قام! لنرفع نظرنا إلى العُلى، ولنُزل حجاب المرارة والحزن عن عيوننا، ولنفتح أنفسنا على رجاء الله!

وثانيًا، النساء أصغَيْنَ. بعد أن رَأَيْنَ القبر الفارغ، قال لهن رجلان في ثيابٍ برَّاقَة، "لِماذا تَبحَثنَ عن الحَيِّ بَينَ الأَموات؟ إِنَّه لَيسَ ههُنا، بل قام" (الآيات 5-6). من المفيد لنا أن نسمع هذه الكلمات ونردّدها: إِنَّه لَيسَ ههُنا! في كلّ مرة ندّعي أنّنا فهمنا كلّ شيء عن الله، وحاولنا أن نحصره في مخططاتنا، لنردّد لأنفسنا: إِنَّه لَيسَ ههُنا! وفي كلّ مرة نبحث عنه فقط في انفعال عابر أو في لحظة الحاجة، ثم نضعه جانبًا وننساه في مواقف كلّ يوم وفي اختياراتنا العمليّة، لنردّد: إِنَّه لَيسَ ههُنا! وعندما نظن أنّنا نقدر أن نقيِّده في بعض أقوالنا وصيغنا وعاداتنا، وننسى أن نبحث عنه في أحلك زوايا الحياة، مع الذين يبكون ويكافحون ويتألّمون ويرجون، لنردّد: إِنَّه لَيسَ ههُنا!

لنصغِ نحن أيضًا إلى السّؤال الموجّه إلى النّسوة، وهو: "لِماذا تَبحَثنَ عنِ الحَيِّ بَينَ الأَموات؟". لا يمكننا أن نعيّد الفصح إن بقينا في الموت، وإن بقينا أسرى الماضي، وإن لم تكن لدينا الشّجاعة في حياتنا لندع الله يغفر لنا، والشجاعة أن نتغيّر، وأن نتوقّف عن أعمال الشّرّ، وأن نقرر أنّنا مع يسوع ومحبّته. وإن واصلنا في أن نحصر الإيمان في تعويذة، وجعلنا من الله ذكرى جميلة من الزمن الماضي، بدل أن نلتقي به اليوم باعتباره الإله الحيّ الذي يريد أن يغيّرنا ويغيّر العالم. المسيحيّة التي تبحث عن الرّبّ يسوع بين أنقاض الماضي وتضعه في قبر العادة، هي مسيحيّة من دون فصح. لكن الرّبّ يسوع قام من بين الأموات! لا نتأخّر بين القبور، بل لنذهب ونلتقي به، هو الحيّ! ولا نخف أن نبحث عنه في وجوه الإخوة أيضًا، وفي تاريخ الذين يرجون والذين يحلمون، وفي وجع الذين يبكون ويتألّمون: الله موجود هناك!

أخيرًا بشَّرْنَ. بماذا بشَّرْن؟ بفرح القيامة. لم تحدث القيامة من أجل تعزيّة الباكين على موت يسوع، بل من أجل فتح القلوب على البُشرَى غير العادية، بُشرى انتصار الله على الشّرّ والموت. لذلك، لا يريد نور القيامة أن يُبقي النّسوة في نشوة فرح شخصيّ، ولا يقبل مواقف استقرار، بل يولّد تلاميذ مرسَلين ”يرجعون من القبر“ (راجع الآية 9) ويحملون إلى الجميع إنجيل الرّبّ القائم من بين الأموات. لهذا، بعد أن رأت النّسوة وبعد أن أصغَيْنَ، أسرَعْنَ ليبَشِّرْن التلاميذ بفرح القيامة. عَرَفْنَ أنّه كان يمكن أن يُعتبر كلامهُنَّ جنونًا، يقول الإنجيل في الواقع إنّ التلاميذ اعتبروا كلامهُنَّ "أَشبَهَ بِالهَذَيان" (الآية 11)، لكنهنَّ لم يقلقن على سمعتهنَّ، ولم يدافعنَ عن صورتهنّ، ولم يوقفن مشاعرهنَّ، ولم يَدقِّقْن في كلماتهنّ. لم يكن لديهن سوى النار في قلوبهن لحمل البشارة بأنّ: ”الرّبّ يسوع قد قام!“.

وكم هي جميلة الكنيسة التي تسرع في طرق العالم بهذه الطريقة! من دون خوف ومن دون تكتيكات وانتهازيات، بل فقط مع رغبتها في أن تحمل فرح الإنجيل إلى الجميع. نحن مدعوّون إلى هذا: أن نختبر الربَّ القائم من بين الأموات ونشاركه مع الآخرين، وأن ندحرج ذلك الحجر عن القبر، الذي فيه ختمنا وأخفينا الرّبّ يسوع كثيرًا، لكي ننشر فرحه في العالم. لِنُقِمْ يسوع الحيّ من القبور التي دفنَّاه فيها، ولنحرّره من الشكليّات التي فيها سجنّاه في كثير من الأحيان، ولنستيقظ من نوم الحياة الهادئة التي فيها وضعناه أحيانًا، حتّى لا يزعجنا ولا يضايقنا. لندخلهُ في حياتنا اليوميّة: بأعمال سلام في هذا الوقت الذي يتميّز بأهوال الحرب، وبأعمال مصالحة في العلاقات المقطوعة، وبالتّعاطف مع المحتاجين، وبأعمال عدل في انعدام المساواة، وبأعمال الحقيقة في وسط الأكاذيب. وقبل كلّ شيء، بأعمال المحبّة والأخوّة.

أيّها الإخوة والأخوات، رجاؤنا يُدعى يسوع. هو دخل في قبر خطايانا، ووصل إلى أقصى متاهاتنا حيث أضعنا أنفسنا، وسار عبر تشابك مخاوفنا، وحمل أثقال اضطهاداتنا، ومن أحلك أعماق موتنا، أيقظنا ومنحنا الحياة وحوّل حزننا إلى رقص. لنعيّد الفصح مع المسيح! إنّه حيّ، وهو اليوم أيضًا يمرّ بيننا ويبدّلنا ويحرّرنا. معه لم يعد للشّرّ سُلطان، ولا يستطيع الفشل أن يمنعنا من أن نبدأ من جديد، والموت أصبح ممرًّا لبداية حياة جديدة. لأنّه مع يسوع القائم من بين الأموات، لا يوجد ليل لا نهاية له، حتّى في الظّلام الكثيف، تشعّ نجمة الصّباح.

في هذا الظلام الذي تعيشونه، السيّد رئيس البلدية، والسادة أعضاء البرلمان، ظلام الحرب والقسوة، جميعنا نصلّي، نصلّي معكم ومن أجلكم هذه الليلة. ونصلّي من أجل الآلام الكثيرة. لا يسعنا إلّا أن نقدم لكم مرافقتنا وصلاتنا ونقول لكم: ”تشجعوا! نحن نرافقكم!“. وأقول لكم أيضًا أمرًا عظيمًا يُحتفلُ به اليوم وهو: المسيح قام!

[00565-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0267-XX.02]