Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco a Malta – Santa Messa e recita dell’Angelus nel Piazzale dei Granai in Floriana, 03.04.2022


Omelia del Santo Padre

Prima dell’Angelus

Santa Messa nel Piazzale dei Granai, in Floriana

Lasciata la Basilica di San Paolo, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto al Piazzale dei Granai in Floriana per la celebrazione della Santa Messa. Davanti alla Parrocchia di Nostra Signora della Medaglia Miracolosa dove si trova la tomba di San Giorgio Preca, il Papa ha cambiato vettura ed è salito sulla papamobile.

Al Suo arrivo al Piazzale dei Granai, dopo alcuni giri in papamobile tra i fedeli e i pellegrini convenuti, alle ore 10.15 ha celebrato la Santa Messa alla presenza di circa 20mila fedeli e dei rappresentanti delle Chiese cristiane e delle altre confessioni religiose.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre ha pronunciato l’omelia.

Al termine della Santa Messa, l’Arcivescovo Metropolita di Malta, S.E. Mons. Charles J. Scicluna, ha indirizzato un saluto e un ringraziamento al Santo Padre. Quindi Papa Francesco ha guidato la recita dell’Angelus con i fedeli e i pellegrini presenti nel Piazzale dei Granai in Floriana.

Dopo la recita dell’Angelus e la benedizione finale, il Santo Padre è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica di Malta dove ha pranzato in privato.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica e le sue parole nell’introdurre la preghiera mariana:

Omelia del Santo Padre

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Testo in lingua italiana

Gesù «al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui» (Gv 8,2). Così comincia l’episodio della donna adultera. Lo sfondo si presenta sereno: una mattinata nel luogo santo, al cuore di Gerusalemme. Protagonista è il popolo di Dio, che nel cortile del tempio cerca Gesù, il Maestro: desidera ascoltarlo, perché quello che Lui dice illumina e riscalda. Il suo insegnamento non ha nulla di astratto, tocca la vita e la libera, la trasforma, la rinnova. Ecco il “fiuto” del popolo di Dio, che non si accontenta del tempio fatto di pietre, ma si raduna attorno alla persona di Gesù. Si intravede in questa pagina il popolo dei credenti di ogni tempo, il popolo santo di Dio, che qui a Malta è numeroso e vivace, fedele nella ricerca del Signore, legato a una fede concreta, a una fede vissuta. Vi ringrazio per questo.

Davanti al popolo che accorre a Lui, Gesù non ha fretta: «Sedette – dice il Vangelo – e si mise a insegnare loro» (v. 2). Ci sono degli assenti: sono la donna e i suoi accusatori. Non si sono recati come gli altri dal Maestro, e le ragioni della loro assenza sono diverse: scribi e farisei pensano di sapere già tutto, di non aver bisogno dell’insegnamento di Gesù; la donna, invece, è una persona smarrita, finita fuori strada cercando la felicità per vie sbagliate. Assenze dunque dovute a motivazioni differenti, come diverso è l’esito della loro vicenda. Soffermiamoci su questi assenti.

Anzitutto sugli accusatori della donna, assenti, come la donna. In loro vediamo l’immagine di coloro che si vantano di essere giusti, che si vantano di essere osservanti della legge di Dio, persone a posto e perbene. Non badano ai propri difetti, ma sono attentissimi a scovare quelli degli altri. Così vanno da Gesù: non a cuore aperto per ascoltarlo, ma «per metterlo alla prova – dice il Vangelo - e per avere motivo di accusarlo» (v. 6). È un intento che fotografa l’interiorità di queste persone colte e religiose, che conoscono le Scritture, frequentano il tempio, ma subordinano tutto ai propri interessi e non combattono contro i pensieri malevoli che si agitano nel loro cuore. Agli occhi della gente sembrano esperti di Dio, ma proprio loro non riconoscono Gesù, anzi lo vedono come un nemico da far fuori. Per farlo, gli mettono davanti una persona, come se fosse una cosa, chiamandola con disprezzo «questa donna» e denunciando pubblicamente il suo adulterio. Premono perché la donna sia lapidata, riversando contro di lei l’avversione che loro hanno per la compassione di Gesù. E fanno tutto questo sotto il manto della loro fama di uomini religiosi.

Fratelli e sorelle, questi personaggi ci dicono che anche nella nostra religiosità possono insinuarsi il tarlo dell’ipocrisia e il vizio di puntare il dito. In ogni tempo, in ogni comunità. C’è sempre il pericolo di fraintendere Gesù, di averne il nome sulle labbra ma di smentirlo nei fatti. E lo si può fare anche innalzando vessilli con la croce. Come verificare allora se siamo discepoli alla scuola del Maestro? Dal nostro sguardo, da come guardiamo al prossimo e da come guardiamo a noi stessi. Questo è il punto per definire la nostra appartenenza.

Da come guardiamo al prossimo: se lo facciamo come Gesù ci mostra oggi, cioè con uno sguardo di misericordia, oppure in modo giudicante, a volte persino sprezzante, come gli accusatori del Vangelo, che si ergono a paladini di Dio ma non si accorgono di calpestare i fratelli. In realtà, chi crede di difendere la fede puntando il dito contro gli altri avrà pure una visione religiosa, ma non sposa lo spirito del Vangelo, perché dimentica la misericordia, che è il cuore di Dio.

Per capire se siamo veri discepoli del Maestro, occorre anche verificare come guardiamo a noi stessi. Gli accusatori della donna sono convinti di non avere nulla da imparare. In effetti il loro apparato esterno è perfetto, ma manca la verità del cuore. Sono il ritratto di quei credenti che, in ogni tempo, fanno della fede un elemento di facciata, dove ciò che risalta è l’esteriorità solenne, ma manca la povertà interiore, che è il tesoro più prezioso dell’uomo. Infatti, per Gesù quello che conta è l’apertura disponibile di chi non si sente arrivato, bensì bisognoso di salvezza. Ci fa bene allora, quando stiamo in preghiera e anche quando partecipiamo a belle funzioni religiose, chiederci se siamo sintonizzati con il Signore. Possiamo chiederlo direttamente a Lui: “Gesù, sono qui con Te, ma Tu che cosa vuoi da me? Cosa vuoi che cambi nel mio cuore, nella mia vita? Come Tu vuoi che veda gli altri?”. Ci farà bene pregare così, perché il Maestro non si accontenta dell’apparenza, ma cerca la verità del cuore. E quando gli apriamo il cuore nella verità, può compiere prodigi in noi.

Lo vediamo nella donna adultera. La sua situazione sembra compromessa, ma ai suoi occhi si apre un orizzonte nuovo, impensabile prima. Ricoperta di insulti, pronta a ricevere parole implacabili e castighi severi, con stupore si vede assolta da Dio, che le spalanca davanti un futuro inatteso: «Nessuno ti ha condannata? – le dice Gesù – Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (vv. 10.11). Che differenza tra il Maestro e gli accusatori! Quelli avevano citato la Scrittura per condannare; Gesù, la Parola di Dio in persona, riabilita completamente la donna, restituendole speranza. Da questa vicenda impariamo che ogni osservazione, se non è mossa dalla carità e non contiene carità, affossa ulteriormente chi la riceve. Dio, invece, lascia sempre aperta una possibilità – Dio, invece, lascia sempre aperta una possibilità - e sa trovare ogni volta vie di liberazione e di salvezza.

La vita di quella donna cambia grazie al perdono. Si sono incontrati la Misericordia e la miseria. Misericordia e miseria sono lì. E la donna cambia. Viene persino da pensare che, perdonata da Gesù, abbia imparato a sua volta a perdonare. Magari avrà visto nei suoi accusatori non più delle persone rigide e malvagie, ma coloro che le hanno permesso di incontrare Gesù. Il Signore desidera che anche noi suoi discepoli, noi come Chiesa, perdonati da Lui, diventiamo testimoni instancabili di riconciliazione: testimoni di un Dio per il quale non esiste la parola “irrecuperabile”; di un Dio che sempre perdona, sempre perdona. Dio sempre perdona; siamo noi a stancarci di chiedere perdono. Un Dio che continua a credere in noi e dà ogni volta la possibilità di ricominciare. Non c’è peccato o fallimento che, portato a Lui, non possa diventare un’occasione per iniziare una vita nuova, diversa, nel segno della misericordia. Non c’è peccato che non possa andare in questa strada. Dio perdona tutto. Tutto.

Questo è il Signore Gesù. Lo conosce veramente chi ha esperienza del suo perdono. Chi, come la donna del Vangelo, scopre che Dio ci visita attraverso le nostre piaghe interiori. Proprio lì il Signore ama farsi presente, perché è venuto non per i sani ma per i malati (cfr Mt 9,12). E oggi è questa donna, che ha conosciuto la misericordia nella sua miseria e che va nel mondo risanata dal perdono di Gesù, a suggerirci, come Chiesa, di rimetterci da capo alla scuola del Vangelo, alla scuola del Dio della speranza che sempre sorprende. Se lo imitiamo, non saremo portati a concentrarci sulla denuncia dei peccati, ma a metterci con amore alla ricerca dei peccatori. Non staremo a contare i presenti, ma andremo in cerca degli assenti. Non torneremo a puntare il dito, ma inizieremo a porci in ascolto. Non scarteremo i disprezzati, ma guarderemo come primi coloro che sono considerati ultimi. Questo, fratelli e sorelle, ci insegna oggi Gesù con l’esempio. Lasciamoci stupire da Lui e accogliamo con gioia la sua novità.

[00487-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Jésus «dès l’aurore, retourna au Temple et tout le peuple venait à lui » (Jn 8, 2). C’est ainsi que commence l’épisode de la femme adultère. L’arrière-plan est serein: une matinée dans le lieu saint, au cœur de Jérusalem. Le peuple de Dieu est le protagoniste qui, dans la cour du temple, cherche Jésus, le Maître. Il veut l’écouter car ce qu’il dit illumine et réchauffe. Son enseignement n’a rien d’abstrait, il touche la vie et la libère, la transforme, la renouvelle. C’est le “flair” du peuple de Dieu qui ne se contente pas du temple de pierres, mais qui se rassemble autour de la personne de Jésus. On entrevoit, dans ce passage, le peuple des croyants de tous les temps, le peuple saint de Dieu qui est nombreux et vivant, ici à Malte, fidèle dans la recherche du Seigneur, attaché à une foi concrète, vécue. Je vous en remercie.

En voyant le peuple qui accourt vers Lui, Jésus ne se presse pas : «Il s’assit - dit l’Évangile - et se mit à enseigner » (v. 2). Mais, à l’école de Jésus, il y a des places vides, il y a des absents: la femme et ses accusateurs. Ils ne se sont pas rendus chez le Maître comme les autres, et les raisons de leur absence sont différentes: les scribes et les pharisiens pensent déjà tout savoir, ne pas avoir besoin de l’enseignement de Jésus. Par contre, la femme est une personne perdue, elle a fait fausse route en cherchant le bonheur sur de mauvaises voies. Des absences dues à des raisons différentes, tout comme la fin de leur histoire sera différente. Arrêtons-nous sur ces absents.

Tout d’abord, les accusateurs de la femme. Nous voyons en eux l’image de ceux qui se vantent d’être justes, des pratiquants de la loi de Dieu, des gens corrects et respectables. Ils n’ont pas souci de leurs défauts mais ils sont très attentifs à découvrir ceux des autres. Ils vont ainsi vers Jésus: non pas le cœur ouvert pour l’écouter, mais « pour le mettre à l’épreuve, afin de pouvoir l’accuser » (v. 6). C’est une photographie de l’intériorité de ces personnes cultivées et religieuses, qui connaissent les Écritures, fréquentent le temple, mais subordonnent tout cela à leurs propres intérêts et qui ne combattent pas les pensées malveillantes qui s’agitent en leur cœur. Ils apparaissent comme des experts de Dieu aux yeux des gens, mais ils ne reconnaissent pas Jésus. Ils le considèrent au contraire comme un ennemi à éliminer. Et pour ce faire, ils mettent devant lui une personne, comme s’il s’agissait d’une chose, en l’appelant avec mépris «cette femme» et en dénonçant publiquement son adultère. Ils font pression pour que la femme soit lapidée en déversant sur elle l’aversion qu’ils ont envers la compassion de Jésus. Et ils font tout cela sous couvert de leur réputation d’hommes religieux.

Frères et sœurs, ces personnes nous montrent que le ver de l’hypocrisie et le vice de montrer du doigt peuvent s’insinuer dans la religiosité même. De tout temps, en toute communauté. Le risque de mal comprendre Jésus existe toujours; d’en avoir le nom sur les lèvres mais de le démentir dans les faits. Et on peut même le faire en élevant les étendards de la croix. Comment pouvons-nous alors vérifier si nous sommes des disciples à l’école du Maître? Par notre regard, par la façon dont nous regardons le prochain et par la façon dont nous nous regardons nous-mêmes. C’est le point pour définir notre appartenance.

Par la façon dont nous regardons le prochain: si nous le faisons comme Jésus nous le montre aujourd’hui, c’est-à-dire avec un regard de miséricorde, et non pas d’une manière critique, parfois même dédaigneuse comme les accusateurs de l’Évangile qui s’érigent en paladins de Dieu mais ne s’aperçoivent pas qu’ils piétinent leurs frères. En réalité, celui qui croit défendre la foi en pointant du doigt les autres aura peut-être une vision religieuse, mais il n’épousera pas l’esprit de l’Évangile parce qu’il oublie la miséricorde, qui est le cœur de Dieu.

Pour comprendre si nous sommes de vrais disciples du Maître, nous devons aussi vérifier la manière dont nous nous regardons nous-mêmes. Les accusateurs de la femme sont convaincus qu’ils n’ont rien à apprendre. Leur apparence extérieure est parfaite, en effet, mais il leur manque la vérité du cœur. Ils sont le portrait de ces croyants qui, de tout temps font de la foi une façade, manifestent une extériorité solennelle mais qui manquent de pauvreté intérieure, le trésor le plus précieux de l’homme. Pour Jésus, ce qui compte, en effet, c’est l’ouverture disponible de celui qui ne se sent pas arrivé, mais qui a besoin de salut. Il nous est bon alors, quand nous sommes en prière, et aussi lorsque nous participons à de belles célébrations religieuses, de nous demander si nous sommes en accord avec le Seigneur. Nous pouvons le Lui demander directement: “Jésus, je suis ici avec Toi, mais Toi, que veux-Tu de moi? Que veux-Tu que je change dans mon cœur, dans ma vie? Comment veux-Tu que je voie les autres ?”. Il nous sera bénéfique de prier ainsi car le Maître ne se contente pas de l’apparence, mais il cherche la vérité du cœur. Et quand nous lui ouvrons notre cœur en vérité, il peut accomplir des prodiges en nous.

Nous le voyons chez la femme adultère. Sa situation semble compromise mais un horizon nouveau, impensable auparavant s’ouvre à ses yeux. Couverte d’insultes, prête à recevoir des paroles implacables et un sévère châtiment, elle se voit avec surprise acquittée par Dieu qui lui ouvre un avenir inattendu: « Personne ne t’a condamnée ? - lui dit Jésus - Moi non plus, je ne te condamne pas. Va, et désormais ne pèche plus » (vv. 10.11). Quelle différence entre le Maître et les accusateurs ! Ceux-ci avaient cité l’Écriture pour condamner ; Jésus, Parole de Dieu en personne, réhabilite complètement la femme en lui redonnant l’espérance. Cette histoire nous apprend que toute observation fait tomber davantage encore celui qui la reçoit, si elle n’est pas faite dans la charité et par charité. Dieu, au contraire, laisse toujours une possibilité ouverte et sait trouver à chaque fois des voies de libération et de salut.

La vie de cette femme change grâce au pardon. Miséricorde et misère se sont rencontrées. Miséricorde et misère sont là. Et la femme change. On peut même penser que, pardonnée par Jésus, elle aura appris à son tour à pardonner. Peut-être qu’elle aura vu en ses accusateurs non plus des personnes rigides et méchantes, mais des personnes qui lui auront permis de rencontrer Jésus. Le Seigneur désire que nous aussi, ses disciples pardonnés par Lui, nous devenions en tant qu’Église des témoins inlassables de réconciliation: témoins d’un Dieu pour qui le mot “irrécupérable” n’existe pas ; d’un Dieu qui pardonne toujours. Dieu pardonne toujours. C’est nous qui nous fatiguons de demander pardon. Un Dieu qui continue de croire en nous et donne à chaque fois une chance de recommencer. Il n’y a pas de péché ni d’échec qui, porté à Lui, ne puisse devenir une occasion pour commencer une vie nouvelle, différente, sous le signe de la miséricorde. Il n’y a pas de péché qui ne puisse prendre cette voie. Dieu pardonne tout. Tout.

Le Seigneur Jésus est ainsi. Celui qui fait l’expérience de son pardon le connaît vraiment; celui qui, comme la femme de l’Évangile, découvre que Dieu nous visite à travers nos blessures intérieures. C’est là justement que le Seigneur aime se rendre présent, parce qu’il est venu non pas pour les personnes en bonne santé mais pour les malades (cf. Mt 9, 12). Et, aujourd’hui, c’est cette femme qui, ayant connu dans sa misère la miséricorde, va dans le monde, guérie par le pardon de Jésus qui nous suggère, en tant qu’Église, de nous remettre à l’école de l’Évangile, à l’école du Dieu de l’espérance qui surprend toujours. Si nous l’imitons, nous ne serons pas portés à nous focaliser sur la dénonciation des péchés, mais à nous mettre avec amour à la recherche des pécheurs. Nous ne nous contenterons pas de compter les personnes présentes, mais nous irons à la recherche des absentes. Nous ne pointerons plus du doigt, mais nous commencerons par nous mettre à l’écoute. Nous ne rejetterons pas les méprisés, mais nous regarderons en premier ceux qui sont considérés comme derniers. Frères et sœurs, c’est ce que Jésus nous enseigne aujourd’hui par l’exemple. Laissons-Le nous surprendre et accueillons avec joie sa nouveauté.

[00487-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

“Early in the morning Jesus came again to the temple; all the people came to him” (Jn 8:2). These words introduce the story of the woman caught in adultery. The background is serene: it is morning in the holy place, in the heart of Jerusalem. At the centre is the people of God, who are looking for Jesus, the Master, in the courtyard of the temple: they want to listen to him, because his words are insightful and heartwarming. There is nothing abstract in his teaching; it touches, frees, transforms and renews real life. Here we see the “intuition” of the people of God; they are not satisfied with the temple built of stones, but flock around the person of Jesus. In this passage, we can see the believers of every age, the holy people of God. Here in Malta, that people is numerous and lively, faithful in seeking the Lord through a concrete, lived faith. For this, I thank all of you.

In the presence of those people, Jesus takes his time: the Gospel tells us that, “he sat down and taught them” (v. 2). Yet, there are empty seats in that school of Jesus. Absent are the woman and her accusers. Unlike the others, they did not go to the Master. They all have their reasons: the scribes and the Pharisees think that they already know everything and do not need the teaching of Jesus; the woman, on the other hand, is lost and confused, someone who went astray looking for happiness in the wrong places. They were absent for different reasons, and the story will end differently for each of them. Let us reflect on these “absentees”.

First of all, let us consider the accusers of the woman. In them, we see a reflection of all those who pride themselves on being righteous, observers of God’s law, decent and respectable people. They disregard their own faults, yet they are very concerned about those of others. They go to Jesus: not with open hearts to hear his words, but “to test him and to have some charge to bring against him” (v. 6). This reveals the inner thoughts of these cultivated and religious people, who know the Scriptures and visit the temple, yet subordinate this to their personal interests and do not resist the evil thoughts brewing in their hearts. In the eyes of the people, they appear to be experts in things of God, yet they fail to recognize Jesus; indeed, they view him as an enemy to be eliminated. To achieve this, they set before him someone they scornfully refer to as “this woman”, treating her as a thing, and publicly denouncing her adultery. They call for the woman to be stoned, and pour out on her all their hostility to the compassion shown by Jesus. And they do so under the cloak of their reputation as devout and religious men.

Brothers and sisters, these Gospel personages remind us that at any time our individual and communal religiosity can conceal the worm of hypocrisy and the urge to point the finger at others. We can always run the risk of failing to understand Jesus, of having his name on our lips but denying him by the way that we live. Even as we raise banners displaying the cross. How, then, can we prove whether not we are true disciples of the Master? We do so by the way we regard our neighbour and the way we regard ourselves. This is an important point in the definition of who we are.

By the way we regard our neighbour: whether we do this with a look of mercy, as Jesus shows us today, or with a look of judgement, even contempt, like the accusers of the Gospel, who present themselves as God’s defenders but who fail to realize that they are trampling on their sisters and brothers. Those who believe they are upholding the faith by pointing their finger at others may have a certain “religiosity”, but they have not embraced the spirit of the Gospel, for they disregard mercy, which is the heart of God.

To understand whether we are true disciples of the Master or not, we need to think about how we view ourselves. The accusers of the woman were convinced that they had nothing to learn. Their outward appearance was impeccable, yet they lacked the truth of the heart. They represent those believers who in every age make faith part of their façade; they present an impressive and solemn exterior, yet they lack interior poverty, the greatest treasure of the human heart. For Jesus, what really counts is openness and docility on the part of those who do not consider themselves secure, but recognize their need for salvation. It is good for us then, whenever we pray, but also whenever we participate in lovely religious services, to ask ourselves if we are truly attuned to the Lord. We can ask him straightaway, “Jesus, here I am with you, but what is it that you want from me? What is in my heart, in my life, that you want me to change? How do you want me to regard others?” Praying like that will do us good, because the Master is not content with appearances; he seeks the truth of the heart. Once we open our hearts to him in truth, he can work wonders in us.

We see this in the woman caught in adultery. Her situation seemed hopeless, but then a new and unexpected horizon opened up before her. She was insulted and awaiting merciless judgment and severe punishment. Yet to her amazement, she finds herself acquitted by God, who points her to a future she did not at all anticipate: “Has no one condemned you?” – Jesus says to her – “Neither do I condemn you; go, and do not sin again” (vv. 10.11). What a difference there is between the Master and the woman’s accusers! They cited the Scriptures to condemn her; Jesus, the very Word of God, completely rehabilitates the woman, restoring her hope. From this story, we learn that any judgment that is not inspired and moved by charity only serves to make things worse for those who receive it. God, on the other hand, always leaves room for second chance; he can always find paths that lead to liberation and salvation.

Forgiveness changed that woman’s life. Mercy and misery embraced. Mercy and misery met there, and the woman’s life changed. We can even speculate whether, after being forgiven by Jesus, she was able in turn to forgive others. Perhaps she even came to see her accusers no longer as harsh and wicked men, but as the means that led to her encounter with Jesus. The Lord also wants us, his disciples, his Church, likewise forgiven by him, to become tireless witnesses of reconciliation. Witnesses of a God for whom the word “irredeemable” does not exist, a God who always forgives. God always forgives. We are the ones who get tired of asking for forgiveness. Our God is a God who never stops believing in us and always gives us a chance to start anew. There is no sin or failure that we can bring before him that cannot become the opportunity for starting to live a new and different life under the banner of mercy. There is no sin that cannot be treated in this manner. God forgives everything. He forgives every sin.

This is the Lord Jesus. We truly know him when we experience his forgiveness, and when, like the woman in the Gospel, we discover that God comes to us through our inner woundedness. That is indeed where the Lord loves to make himself known, for he came not for the healthy but for the sick (cf. Mt 9:12). Today, that woman, who found mercy amid her misery and who went away healed by Jesus’ forgiveness, invites us, as Church, to return to the school of the Gospel, to learn from the God of hope who never ceases to surprise us. If we imitate him, we will not be inclined to focus on condemning sins, but on setting out with love in search of sinners. We will be content with those already present, but will go out in search of those absent. We will not go back to pointing fingers, but will start listening. We will not discard the despised, but view as first those whom others consider least. Brothers and sisters, this is what Jesus teaches us today by his example. Let us allow him to amaze us. Let us joyfully welcome the good news he brings.

[00487-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Jesus ging »am frühen Morgen […] wieder in den Tempel. Alles Volk kam zu ihm« (Joh 8,2). So beginnt die Episode mit der Ehebrecherin. Der Hintergrund ist freundlich: ein Morgen an heiliger Stätte, im Herzen Jerusalems. Der Protagonist ist das Volk Gottes, das im Hof des Tempels Jesus, den Meister, aufsucht: Sie wollen ihn anhören, denn was er sagt, erleuchtet und wärmt. Seine Lehre ist nichts Abstraktes, sie betrifft das Leben und macht es frei, verwandelt es, erneuert es. Das ist der „Spürsinn“ des Gottesvolkes, das sich nicht mit dem Tempel aus Steinen zufrieden gibt, sondern sich um die Person Jesu versammelt. An dieser Episode sehen wir das Volk der Gläubigen aller Zeiten, das heilige Volk Gottes, das hier in Malta zahlreich und lebendig ist, treu in seiner Suche nach dem Herrn, gebunden an einen konkreten, gelebten Glauben. Ich danke euch dafür.

Vor dem Volk, das zu ihm strömt, hat es Jesus nicht eilig: »Er setzte sich«, heißt es im Evangelium, »und lehrte es« (V. 2). Aber in der Schule Jesu gibt es leere Plätze. Es gibt Abwesende: das sind die Frau und ihre Ankläger. Sie sind nicht wie die anderen zum Meister gegangen, und die Gründe für ihre Abwesenheit sind unterschiedlich: Die Schriftgelehrten und Pharisäer meinen, sie wüssten schon alles, sie bräuchten die Lehre Jesu nicht; die Frau hingegen hat sich verirrt, ist vom Weg abgekommen, weil sie ihr Glück auf falschen Pfaden gesucht hat. Die Abwesenheit ist also auf unterschiedliche Beweggründe zurückzuführen, so wie auch der Ausgang ihrer Geschichten unterschiedlich ist. Beschäftigen wir uns mit diesen Abwesenden.

Zunächst einmal die Ankläger der Frau. In ihnen sehen wir das Bild derer, die sich rühmen, gerecht zu sein, das Gesetz Gottes zu befolgen, gute und anständige Menschen zu sein. Sie achten nicht auf ihre eigenen Fehler, sind aber sehr darauf bedacht, die Fehler der anderen zu finden. So gehen sie zu Jesus: nicht mit offenem Herzen, um ihm zuzuhören, sondern sie »wollten […] ihn auf die Probe stellen, um einen Grund zu haben, ihn anzuklagen« (V. 6). Es ist eine Absicht, die das Innere dieser gebildeten und religiösen Menschen deutlich macht, die die Heilige Schrift kennen, den Tempel besuchen, aber alles ihren privaten Interessen unterordnen und nicht gegen die bösen Gedanken ankämpfen, die sich in ihren Herzen regen. In den Augen der Menschen scheinen sie Experten für Gott zu sein, aber gerade sie erkennen Jesus nicht; im Gegenteil, sie sehen in ihm einen Feind, den es zu beseitigen gilt. Dazu stellen sie eine Person vor ihn, so als wäre sie eine Sache, nennen sie verächtlich „diese Frau“ und prangern ihren Ehebruch öffentlich an. Sie drängen darauf, die Frau zu steinigen, und schütten ihre Abneigung über sie aus, die sie auch gegen das Mitgefühl Jesu hegen. Und das alles tun sie unter dem Deckmantel ihres Rufs als religiöse Menschen.

Brüder und Schwestern, diese Gestalten zeigen uns, dass sich selbst in unserer Religiosität der Wurm der Heuchelei und das Laster, mit dem Finger zu zeigen, einschleichen kann. In jedem Zeitalter, in jeder Gemeinschaft. Es besteht immer die Gefahr, dass wir Jesus missverstehen, dass wir seinen Namen im Munde führen, ihn aber in Wirklichkeit verleugnen. Und dies kann auch geschehen, wenn wir Banner mit Kreuzen darauf aufziehen. Wie können wir also überprüfen, ob wir Jünger in der Schule des Meisters sind? Durch unsere Sichtweise, durch die Art, wie wir unseren Nächsten und wie wir uns selbst sehen. Daran erkennt man, zu wem wir gehören.

Es kommt darauf an, wie wir unseren Nächsten sehen: ob wir es so tun, wie Jesus es uns heute zeigt, also mit einem barmherzigen Blick, oder ob wir urteilend, manchmal sogar verächtlich blicken, wie die Ankläger im Evangelium, die sich als Vorkämpfer Gottes aufspielen, aber nicht merken, dass sie ihre Brüder und Schwestern mit Füßen treten. In Wirklichkeit haben diejenigen, die glauben, den Glauben zu verteidigen, indem sie mit dem Finger auf andere zeigen, vielleicht eine religiöse Vision, aber sie vertreten nicht den Geist des Evangeliums, denn sie vergessen die Barmherzigkeit, die das Herzstück Gottes ist.

Um zu verstehen, ob wir wahre Jünger des Meisters sind, müssen wir auch überprüfen, wie wir uns selbst sehen. Die Ankläger der Frau sind überzeugt, dass sie nichts zu lernen haben. Ihr äußerer Apparat ist zwar perfekt, aber es fehlt ihnen die Wahrheit des Herzens. Sie sind das Abbild jener Gläubigen, die in jedem Zeitalter aus dem Glauben eine Fassade machen, bei der das feierliche Äußere im Vordergrund steht, aber die innere Armut fehlt, die der kostbarste Schatz des Menschen ist. Was für Jesus zählt, ist die offene Bereitschaft derer, die sich nicht als schon angekommen, sondern als erlösungsbedürftig empfinden. Es tut uns also gut, wenn wir beten und auch wenn wir an schönen Gottesdiensten teilnehmen, uns zu fragen, ob wir im Einklang mit dem Herrn sind. Wir können ihn direkt fragen: „Jesus, ich bin hier bei Dir, aber was willst Du von mir? Was möchtest Du, dass ich in meinem Herzen, in meinem Leben verändere? Wie soll ich die anderen sehen?“ Es wird uns guttun, so zu beten, denn der Meister gibt sich nicht mit Äußerlichkeiten zufrieden, sondern sucht die Wahrheit des Herzens. Und wenn wir ihm unser Herz in Wahrheit öffnen, kann er Wunder in uns bewirken.

Wir sehen dies an der ehebrecherischen Frau. Ihre Situation scheint kompromittiert zu sein, doch vor ihren Augen öffnet sich ein neuer, vorher undenkbarer Horizont. Mit Beleidigungen überschüttet, bereit, unerbittliche Worte und harte Strafen zu empfangen, sieht sie sich erstaunt von Gott freigesprochen, der ihr eine unerwartete Zukunft eröffnet: »Hat dich keiner verurteilt?« […] sagte Jesus zu ihr: Auch ich verurteile dich nicht. Geh und sündige von jetzt an nicht mehr« (VV. 10.11). Welch ein Unterschied zwischen dem Meister und den Anklägern! Diese hatten die Heilige Schrift zitiert, um sie zu verurteilen; Jesus, das Wort Gottes selbst, rehabilitiert die Frau vollständig und gibt ihr die Hoffnung zurück. Aus dieser Geschichte lernen wir, dass jede Bemerkung, die nicht von Nächstenliebe motiviert ist und keine Nächstenliebe enthält, denjenigen, der sie erhält, noch mehr niederschmettert. Gott hingegen lässt immer eine Möglichkeit offen und versteht es, jedes Mal Wege der Befreiung und Erlösung zu finden.

Das Leben der Frau verändert sich durch Vergebung. Barmherzigkeit und Elend sind sich begegnet. Barmherzigkeit und Elend sind dort. Und die Frau verändert sich. Man könnte sogar meinen, dass sie, nachdem ihr Jesus vergeben hat, ihrerseits gelernt hat, zu vergeben. Vielleicht hat sie ihre Ankläger nicht mehr als starre und böse Menschen gesehen, sondern als diejenigen, die ihr die Begegnung mit Jesus ermöglicht haben. Der Herr will, dass wir, seine Jünger, dass wir als Kirche, der er vergeben hat, unermüdliche Zeugen der Versöhnung werden: Zeugen eines Gottes, für den es das Wort „unwiederbringlich“ nicht gibt; eines Gottes, der immer vergibt, immer. Gott vergibt immer. Wir sind es, die darin nachlassen, um Vergebung zu bitten. Gott glaubt weiter an uns und er gibt uns jedes Mal die Chance, wieder neu anzufangen. Es gibt keine Sünde und kein Versagen, das, wenn es zu ihm gebracht wird, nicht zu einer Gelegenheit werden könnte, ein neues, anderes Leben im Zeichen der Barmherzigkeit zu beginnen. Es gibt keine Sünde, die man nicht zu ihm bringen könnte. Gott vergibt alles. Alles.

Das ist Jesus, der Herr. Diejenigen, die seine Vergebung erfahren, kennen ihn wirklich. Diejenigen, die, wie die Frau im Evangelium, entdecken, dass Gott uns durch unsere inneren Wunden besucht. Gerade dort wird der Herr gegenwärtig, denn er ist nicht für die Gesunden gekommen, sondern für die Kranken (vgl. Mt 9,12). Und heute schlägt diese Frau, die in ihrem Elend Barmherzigkeit erfahren hat und die durch die Vergebung Jesu geheilt in die Welt hinausgeht, uns als Kirche vor, wieder in die Schule des Evangeliums zurückzukehren, in die Schule des Gottes der Hoffnung, der immer wieder überrascht. Wenn wir ihn nachahmen, werden wir uns nicht auf das Anprangern von Sünden konzentrieren, sondern in Liebe nach den Sündern suchen. Wir werden nicht die Anwesenden zählen, sondern die Abwesenden aufsuchen. Wir werden nicht wieder mit dem Finger auf andere zeigen, sondern beginnen zuzuhören. Wir werden die Verachteten nicht ausgrenzen, sondern wir werden uns zuerst um die kümmern, die als Letzte angesehen werden. Das ist es, liebe Brüder und Schwestern, was Jesus uns heute durch sein Beispiel lehrt. Lassen wir uns von ihm in Erstaunen versetzen und lasst uns seine Neuheit mit Freude annehmen.

[00487-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Jesús «al amanecer se presentó en el Templo y toda la gente se acercó a él» (Jn 8,2). Así empieza el episodio de la mujer adúltera. El escenario se muestra sereno: una mañana en el lugar santo, en el corazón de Jerusalén. El protagonista es el pueblo de Dios, que busca a Jesús, el Maestro, en el patio del templo. Desea escucharlo, porque lo que Él dice ilumina y reconforta. Su enseñanza no tiene nada de abstracto, toca la vida y la libera, la transforma y la renueva. Ese es el “olfato” del pueblo de Dios, que no se conforma con el templo hecho de piedras, sino que se reúne alrededor de la persona de Jesús. En esta página se vislumbra al pueblo de los creyentes de todos los tiempos, el pueblo santo de Dios, que aquí en Malta es numeroso y vivaz, fiel en la búsqueda del Señor, vinculado a una fe concreta, vivida. Les doy las gracias por esto.

Jesús, ante el pueblo que acudía a Él, no tenía prisa: «Se sentó —dice el Evangelio— y comenzó a enseñarles» (v. 2). Pero en la escuela de Jesús hay lugares vacíos. Hay algunos ausentes: son la mujer y sus acusadores. No se acercaron al Maestro como los demás, y las razones de su ausencia son diferentes: los escribas y los fariseos creen que ya lo saben todo, que no necesitan las enseñanzas de Jesús; la mujer, en cambio, es una persona extraviada, que terminó por mal camino, buscando la felicidad por senderos equivocados. Ausencias debidas, pues, a motivaciones diferentes, como diferente es el desenlace de sus historias. Reflexionemos sobre estos ausentes.

En primer lugar, fijémonos en los acusadores de la mujer. En ellos vemos la imagen de los que se jactan de ser justos, observantes de la ley de Dios, personas buenas y honestas. No tienen en cuenta sus propios defectos, pero están muy atentos a descubrir los de los demás. Así se presentan ante Jesús; no con el corazón abierto para escucharlo, sino «para ponerlo a prueba y poder acusarlo» (v. 6). Es una actitud que refleja la interioridad de estas personas cultas y religiosas, que conocen las Escrituras, asisten al templo, pero todo lo subordinan a sus propios intereses, y no combaten contra los pensamientos maliciosos que se agitan en sus corazones. A los ojos de la gente parecen expertos de Dios, pero, precisamente ellos, no reconocen a Jesús; más aún, lo ven como un enemigo que hay que quitar del medio. Para esto, le ponen delante a una persona, como si fuera una cosa, llamándola con desprecio «esta mujer» y denunciando su adulterio públicamente. Presionan para que la mujer sea lapidada, descargando en ella la aversión que ellos sienten por la compasión de Jesús. Y hacen todo esto amparados en su fama de hombres religiosos.

Hermanos y hermanas, estos personajes nos dicen que también en nuestra religiosidad pueden insinuarse la carcoma de la hipocresía y la mala costumbre de señalar con el dedo. En todo tiempo, en toda comunidad. Siempre se corre el peligro de malinterpretar a Jesús, de tener su nombre en los labios, pero desmentirlo con los hechos. Y esto también puede producirse elevando estandartes con la cruz. ¿Cómo verificar, entonces, si somos discípulos en la escuela del Maestro? Por nuestra mirada, por el modo en que miramos al prójimo y nos miramos a nosotros mismos. Este es el punto para definir nuestra pertenencia.

Por el modo en que miramos al prójimo: si lo hacemos como Jesús nos muestra hoy, es decir, con una mirada de misericordia; o de una manera que juzga, a veces incluso que desprecia, como los acusadores del Evangelio, que se erigen como paladines de Dios, pero no se dan cuenta de que pisotean a los hermanos. En realidad, el que cree que defiende la fe señalando con el dedo a los demás tendrá incluso una visión religiosa, pero no abraza el espíritu del Evangelio, porque olvida la misericordia, que es el corazón de Dios.

Para entender si somos verdaderos discípulos del Maestro, también es necesario examinar cómo nos miramos a nosotros mismos. Los acusadores de la mujer están convencidos de que no tienen nada que aprender. Ciertamente, su estructura exterior es perfecta, pero falta la verdad del corazón. Son el retrato de esos creyentes de todos los tiempos, que hacen de la fe un elemento de fachada, donde lo que se resalta es la exterioridad solemne, pero falta la pobreza interior, que es el tesoro más valioso del hombre. Para Jesús, en efecto, lo que cuenta es la apertura y disponibilidad del que no siente que haya alcanzado la meta, sino más bien que está necesitado de salvación. Entonces nos hace bien, cuando estamos rezando y también cuando participamos en hermosas ceremonias religiosas, preguntarnos si hemos sintonizado con el Señor. Podemos preguntárselo directamente a Él: “Jesús, estoy aquí contigo, pero Tú, ¿qué quieres de mí? ¿Qué quieres que cambie en mi corazón, en mi vida? ¿Cómo quieres que vea a los demás?”. Nos hará bien rezar así, porque el Maestro no se conforma con la apariencia, sino que busca la verdad del corazón. Y cuando le abrimos el corazón en la verdad, puede hacer grandes cosas en nosotros.

Lo vemos en la mujer adúltera. Su situación parece comprometida, pero ante sus ojos se abre un horizonte nuevo, antes impensable. Cubierta de insultos, lista para recibir palabras implacables y castigos severos, con asombro se ve absuelta por Dios, que le abre ante sí, de par en par, un futuro inesperado: «¿Nadie te ha condenado? —le dijo Jesús— Tampoco yo te condeno. Vete y no vuelvas a pecar» (vv. 10.11). ¡Qué diferencia entre el Maestro y los acusadores! Estos habían citado la Escritura para condenar; Jesús, la Palabra de Dios en persona, rehabilita completamente a la mujer, devolviéndole la esperanza. De esta situación aprendemos que cualquier observación, si no está movida por la caridad y no contiene caridad, hunde ulteriormente a quien la recibe. Dios, en cambio, siempre deja abierta una posibilidad y sabe encontrar caminos de liberación y de salvación en cada circunstancia.

La vida de esa mujer cambió gracias al perdón. Se encontraron la Misericordia y la miseria. Misericordia y miseria estaban allí. Y la mujer cambió. Incluso se podría pensar que, perdonada por Jesús, aprendió a su vez a perdonar. Quizá haya visto en sus acusadores ya no personas rígidas y malvadas, sino personas que le permitieron encontrar a Jesús. El Señor desea que también nosotros sus discípulos, nosotros como Iglesia, perdonados por Él, nos convirtamos en testigos incansables de la reconciliación, testigos de un Dios para el que no existe la palabra “irrecuperable”; de un Dios que siempre perdona, siempre. Dios siempre perdona. Somos nosotros los que nos cansamos de pedir perdón. Un Dios que sigue creyendo en nosotros y nos brinda a cada momento la posibilidad de volver a empezar. No hay pecado o fracaso que al presentarlo a Él no pueda convertirse en ocasión para iniciar una vida nueva, diferente, en el signo de la misericordia. No hay pecado que no pueda ir por este camino. Dios perdona todo. Todo.

Este es el Señor Jesús. Lo conocen verdaderamente quienes experimentan su perdón. Quienes, como la mujer del Evangelio, descubren que Dios nos visita valiéndose de nuestras llagas interiores. Es precisamente allí donde al Señor le gusta hacerse presente, porque no ha venido para los sanos sino para los enfermos (cf. Mt 9,12). Y hoy es esta mujer —que ha conocido la misericordia en su miseria y que regresa al mundo sanada por el perdón de Jesús— la que nos sugiere, como Iglesia, que volvamos a empezar en la escuela del Evangelio, en la escuela del Dios de la esperanza que siempre sorprende. Si lo imitamos, no nos enfocaremos en denunciar los pecados, sino en salir en busca de los pecadores con amor. No nos fijaremos en quienes están, sino que iremos a buscar a los que faltan. No volveremos a señalar con el dedo, sino que empezaremos a ponernos a la escucha. No descartaremos a los despreciados, sino que miraremos como primeros aquellos que son considerados últimos. Esto, hermanos y hermanas, nos enseña hoy Jesús con su ejemplo. Dejémonos asombrar por Él y acojamos su novedad con alegría.

[00487-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Jesus, «de madrugada, voltou outra vez para o templo e todo o povo vinha ter com Ele» (Jo 8, 2). Assim começa o episódio da mulher adúltera. O horizonte aparece sereno: uma manhã no lugar santo, no coração de Jerusalém. Protagonista é o povo de Deus, que no átrio do templo procura Jesus, o Mestre: deseja escutá-Lo, porque a sua palavra ilumina e encoraja. A sua doutrina não de forma alguma abstrata: toca a vida e liberta-a, transforma-a, renova-a. Nisto se revela a intuição, o «faro» do povo de Deus, que não se contenta com o templo feito de pedras, mas reúne-se à volta da pessoa de Jesus. Nesta página, vislumbra-se o povo dos crentes de todos os tempos, o povo santo de Deus, que aqui em Malta é numeroso e vivaz, fiel na busca do Senhor, ligado a uma fé concreta, vivida. Por tudo isso vos agradeço!

Na presença do povo que O veio encontrar, Jesus não tem pressa: «sentou-Se – diz o Evangelho – e pôs-Se a ensinar» (8, 2). Mas, na escola de Jesus, há lugares vazios. Há alguns ausentes: são a mulher e os seus acusadores. Não foram ter com o Mestre como os outros, sendo diversas as razões da ausência: escribas e fariseus pensam que já sabem tudo, não precisam do ensinamento de Jesus; ao passo que a mulher é uma pessoa perdida, extraviada procurando a felicidade por caminhos errados. Temos, pois, ausências por motivos diferentes, como aliás será diferente o desfecho da própria vicissitude. Detenhamo-nos nestes ausentes.

Em primeiro lugar, os acusadores da mulher. Neles vemos a imagem daqueles que se vangloriam de ser justos, observadores da lei de Deus, pessoas regradas e justas. Não se preocupam com os próprios defeitos, mas mostram-se muito atentos na descoberta dos alheios. Assim se apresentam a Jesus: não com o coração disponível para O escutarem, mas «para O fazerem cair numa armadilha e terem de que O acusar» (8, 6). É um intento que fotografa a interioridade destas pessoas cultas e religiosas, que conhecem as Escrituras, frequentam o templo, mas subordinam tudo isto aos próprios interesses e não combatem os pensamentos maus que se agitam no seu coração. Aos olhos do povo, parecem peritos de Deus, e contudo não reconhecem Jesus; antes pelo contrário, veem-No como um inimigo que precisam de eliminar. Para o conseguir, colocam diante d’Ele uma pessoa, como se fosse uma coisa, chamando-a desdenhosamente «esta mulher» e denunciando publicamente o seu adultério. Pressionam para que a mulher seja apedrejada, derramando sobre ela a aversão que eles sentem pela compaixão de Jesus. E fazem tudo isto sob o manto da sua fama de homens religiosos.

Irmãos e irmãs, estas pessoas dizem-nos que, até na nossa religiosidade, se podem insinuar a traça da hipocrisia e o vício de apontar o dedo; e isto a todo o momento, em qualquer comunidade. Há sempre o perigo de entender mal Jesus, ter o seu nome nos lábios, mas negá-Lo nas obras. E pode-se fazê-lo mesmo quando se levantam estandartes com a cruz. Então como saber se somos discípulos na escola do Mestre? Pelo nosso olhar, pelo modo como olhamos para o próximo e como olhamos para nós mesmos. Aqui está o ponto para definir a nossa pertença.

Pelo modo como olhamos para o próximo: se o fazemos como Jesus nos faz ver hoje, isto é, com um olhar de misericórdia, ou de forma inquisitória, por vezes até desdenhosa, como os acusadores do Evangelho, que se erguem como defensores da Deus, mas não se apercebem de espezinhar os irmãos. Na realidade, quem julga defender a fé apontando o dedo contra os outros, até pode possuir uma visão religiosa, mas não adota o espírito do Evangelho, porque esquece a misericórdia, que é o coração de Deus.

Para compreender se somos verdadeiros discípulos do Mestre, é preciso verificar também como olhamos para nós mesmos. Os acusadores da mulher estão convencidos de que não têm nada a aprender. Com efeito a aparência externa é perfeita, mas falta a verdade do coração. São a figura dos crentes de cada época que fazem da fé um elemento de fachada, onde sobressai o aspeto exterior solene, mas falta a pobreza interior, que é o tesouro mais precioso do homem. De facto, para Jesus o que conta é a abertura disponível de quem não se sente perfeito, mas necessitado de salvação. Por isso, quando estivermos em oração e mesmo quando tomarmos parte em belas cerimónias religiosas, será bom perguntarmo-nos se estamos sintonizados com o Senhor. Podemos perguntá-lo diretamente a Ele: «Jesus, estou aqui convosco, mas Vós que quereis de mim? Que quereis que mude no meu coração, na minha vida? Como quereis que veja os outros?» Ser-nos-á útil rezar assim, porque o Mestre não Se satisfaz com a aparência, mas busca a verdade do coração. E quando Lhe abrimos de verdade o coração, Jesus pode operar maravilhas em nós.

Vemos acontecer isto mesmo na mulher adúltera. A sua situação parece irremediável, mas aos seus olhos abre-se um horizonte novo, antes inconcebível. Coberta de insultos, pronta a receber palavras implacáveis e severos castigos, com maravilha sua vê-se absolvida por Deus, que lhe abre de par em par um futuro inesperado: «Ninguém te condenou? – diz-lhe Jesus – Também Eu não te condeno. Vai e de agora em diante não tornes a pecar» (8, 10.11). Que diferença entre o Mestre e os acusadores! Estes citaram a Escritura para condenar; Jesus, Palavra de Deus em pessoa, reabilita completamente a mulher, restituindo-lhe a esperança. Deste caso, aprendemos que qualquer advertência, se não for movida pela caridade e não contiver caridade, afunda ainda mais quem a recebe. Deus, pelo contrário, deixa sempre aberta uma possibilidade e sabe encontrar sempre caminhos de libertação e salvação.

A vida daquela mulher muda graças ao perdão. Encontraram-se a Misericórdia e a miséria. Estão ali Misericórdia e miséria. E a mulher muda. Apetece-me pensar que, perdoada por Jesus, ela por sua vez aprendeu a perdoar. Talvez passasse a ver os seus acusadores, já não como pessoas rígidas e perversas, mas como aqueles que lhe permitiram encontrar Jesus. O Senhor quer que também nós, seus discípulos, nós como Igreja, perdoados por Ele, nos tornemos testemunhas incansáveis de reconciliação: testemunhas dum Deus para o Qual não existe a palavra «irrecuperável»; dum Deus que sempre perdoa, sempre. Deus perdoa sempre. Somos nós que nos cansamos de pedir perdão. Um Deus que continua a crer em nós e todas as vezes dá a possibilidade de recomeçar. Não há pecado ou fracasso que, levados a Ele, não possam tornar-se ocasião para começar uma vida nova, diferente, sob o signo da misericórdia. Não há pecado que não se possa superar por esta estrada. Deus perdoa tudo. Tudo.

Assim é o Senhor Jesus; sabe-o bem quem fez experiência do seu perdão; quem, como a mulher do Evangelho, descobre que Deus nos visita através das nossas chagas interiores: é sobretudo nestas que o Senhor prefere fazer-Se presente, pois não veio para os sãos, mas para os doentes (cf. Mt 9, 12). E hoje esta mulher, que conheceu a misericórdia na sua miséria e volta curada pelo perdão de Jesus, sugere-nos, como Igreja, que principiemos de novo a frequentar a escola do Evangelho, a escola do Deus da esperança que sempre nos surpreende. Se O imitarmos, não seremos levados a concentrar-nos na denúncia dos pecados, mas a sair amorosamente à procura dos pecadores. Não ficaremos a contar os presentes, mas iremos em busca dos ausentes. Não voltaremos a apontar o dedo, mas começaremos a pôr-nos à escuta. Não descartaremos os desprezados, mas olharemos como primeiros aqueles que são considerados últimos. Isto, irmãos e irmãs, é o que Jesus nos ensina hoje com o exemplo. Deixemo-nos surpreender por Ele e acolhamos com alegria a sua novidade.

[00487-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Jezus „o brzasku zjawił się znów w świątyni. Cały lud schodził się do Niego” (J 8, 2). W ten sposób rozpoczyna się scena z kobietą cudzołożną. Tło jest pogodne: poranek w miejscu świętym, w sercu Jerozolimy. Protagonistą jest Lud Boży, który na dziedzińcu świątyni szuka Jezusa, Nauczyciela: pragnie Go słuchać, bo to, co On mówi, oświeca go i rozpala. Jego nauczanie nie jest niczym abstrakcyjnym, dotyka życia, uwalnia je, przemienia, odnawia. To jest „intuicja” Ludu Bożego, który nie zadowala się świątynią z kamieni, lecz gromadzi się wokół osoby Jezusa. Dostrzegamy w tym fragmencie lud wierzący każdego czasu, święty Lud Boży, który tutaj, na Malcie, jest liczny i żywy, wierny w poszukiwaniu Pana, przywiązany do konkretnej, przeżywanej wiary. Dziękuję wam za to.

Wobec ludu, który się do Niego zbiega, Jezus się nie spieszy: „Usiadłszy” – mówi Ewangelia – „nauczał ich” (w. 2). Ale w szkole Jezusa są puste miejsca. Są nieobecni: to kobieta i jej oskarżyciele. Nie poszli, jak inni, do Nauczyciela, a powody ich nieobecności są odmienne. Uczeni w Piśmie i faryzeusze uważają, że wszystko już wiedzą, nie potrzebują nauczania Jezusa. Kobieta natomiast jest osobą zagubioną, która zeszła na manowce, szukając szczęścia na niewłaściwych drogach. Nieobecności wynikają więc z różnych motywacji, tak jak różny jest rezultat ich przypadku. Zatrzymajmy się nad tymi nieobecnymi.

Przede wszystkim, na oskarżycielach kobiety. Widzimy w nich obraz osób, które chlubią się tym, że są sprawiedliwe, przestrzegają prawa Bożego, są dobrymi i porządnymi ludźmi. Nie zwracają uwagi na własne wady, ale bardzo uważnie doszukują się wad u innych. Tak właśnie idą do Jezusa: nie z otwartym sercem, aby Go słuchać, lecz „wystawiając Go na próbę, aby mieli o co Go oskarżyć” (w. 6). Jest to intencja, która odzwierciedla wnętrze tych wykształconych i religijnych ludzi, którzy znają Pismo Święte, uczęszczają do świątyni, ale podporządkowują to wszystko własnym interesom i nie walczą ze złymi myślami, które kłębią się w ich sercach. W oczach ludzi wydają się być ekspertami od Boga, ale to właśnie oni nie uznają Jezusa, wręcz przeciwnie, widzą w Nim wroga, którego trzeba wyeliminować. W tym celu postawili przed Nim osobę, tak jakby była ona rzeczą, nazywając ją z pogardą „tą kobietą” i publicznie potępiając jej cudzołóstwo. Nalegają na ukamienowanie kobiety, wyładowując na niej swoją odrazę do współczucia Jezusa. A wszystko to czynią pod przykrywką swojej reputacji ludzi religijnych.

Bracia i siostry, te postacie mówią nam, że także w naszą religijność może się wkraść robak hipokryzji i wada wytykania palcem. W każdym czasie, w każdej wspólnocie. Zawsze istnieje niebezpieczeństwo błędnego interpretowania Jezusa, noszenia Jego imienia na ustach, ale w rzeczywistości zaprzeczania Mu. Można to czynić także wznosząc sztandary z krzyżem. Jak zatem możemy sprawdzić, czy jesteśmy uczniami w szkole Mistrza? Przez nasze spojrzenie, przez to, jak patrzymy na bliźniego i jak patrzymy na siebie. To jest punkt służący określeniu naszej przynależności.

Przez to, jak patrzymy na bliźniego: czy robimy to tak, jak pokazuje nam dzisiaj Jezus, czyli ze spojrzeniem miłosiernym, czy też w sposób osądzający, czasem nawet pogardliwy, jak oskarżyciele z Ewangelii, którzy stawiają się w roli obrońców Boga, ale nie zauważają, że depczą braci. W rzeczywistości ten, kto wierzy, że broni wiary wskazując palcem na innych, może mieć wizję religijną, ale nie kieruje się duchem Ewangelii, ponieważ zapomina o miłosierdziu, które jest sercem Boga.

Aby zrozumieć, czy jesteśmy prawdziwymi uczniami Mistrza, musimy również zweryfikować, jak patrzymy na samych siebie. Oskarżyciele kobiety są przekonani, że nie mają niczego do nauczenia się. Rzeczywiście, zewnętrznie są doskonali, ale brakuje im prawdy serca. Są portretem tych wierzących, którzy w każdej epoce czynią z wiary fasadę, gdzie rzuca się w oczy uroczysta powierzchowność, ale brakuje ubóstwa wewnętrznego, będącego najcenniejszym skarbem człowieka. Dla Jezusa liczy się bowiem ochotna otwartość tego, który nie czuje się, że dotarł do celu, lecz że potrzebuje zbawienia. Dobrze więc, abyśmy przebywając na modlitwie, a także wtedy, gdy uczestniczymy w pięknych nabożeństwach, zadawali sobie pytanie, czy jesteśmy zestrojeni z Panem. Możemy Go o to zapytać wprost: „Jezu, jestem tutaj z Tobą, ale czego ode mnie chcesz? Co chcesz, abym zmienił w moim sercu, w moim życiu? Jak chcesz, abym postrzegał innych?”. Dobrze nam zrobi taka modlitwa, bo Nauczyciel nie zadowala się pozorami, lecz szuka prawdy serca. A gdy otwieramy Jemu serce w prawdzie, może w nas dokonywać cudów.

Widzimy to na przykładzie kobiety cudzołożnej. Jej sytuacja wydaje się narażona na szwank, ale jej oczom ukazuje się nowa, niewyobrażalna wcześniej perspektywa. Obrzucona obelgami, gotowa na przyjęcie nieprzejednanych słów i surowych kar, ze zdumieniem widzi, że została rozgrzeszona przez Boga, który otwiera przed nią nieoczekiwaną przyszłość: „Nikt cię nie potępił? – mówi do niej Jezus – I Ja ciebie nie potępiam. Idź i odtąd już nie grzesz” (w. 10.11). Jakaż różnica między Nauczycielem a jej oskarżycielami! Oni cytowali Pismo Święte, aby potępić. Jezus, uosobione Słowo Boże, całkowicie oczyszcza kobietę, przywracając jej nadzieję. Z tej historii dowiadujemy się, że każde napomnienie jeśli nie jest powodowane miłością i nie zawiera w sobie miłości, jeszcze bardziej pogrąża tego, kto je otrzymuje. Bóg natomiast zawsze pozostawia otwartą możliwość i potrafi za każdym razem znaleźć drogi wyzwolenia i zbawienia.

Życie tej kobiety zmienia się dzięki przebaczeniu. Spotkały się Miłosierdzie i nędza. Są tutaj Miłosierdzie i nędza. I kobieta się zmienia. Można by nawet pomyśleć, że otrzymawszy przebaczenie od Jezusa, sama nauczyła się przebaczać. Być może w swoich oskarżycielach nie będzie już widziała osób sztywnych i nikczemnych, ale tych, którzy umożliwili jej spotkanie z Jezusem. Pan chce, abyśmy także my, Jego uczniowie, my, jako Kościół, któremu On przebaczył, stali się niestrudzonymi świadkami pojednania: świadkami Boga, dla którego nie istnieje słowo „nie do uratowania”; Boga, który zawsze przebacza, zawsze. Bóg zawsze przebacza. To my jesteśmy zmęczeni proszeniem o przebaczenie. Boga, który w dalszym ciągu w nas wierzy i za każdym razem daje nam możliwość, aby zacząć od nowa. Nie ma takiego grzechu czy upadku, które – przyniesione do Niego – nie mogłyby stać się okazją do rozpoczęcia nowego, innego życia, charakteryzującego się miłosierdziem. Nie ma grzechu, który nie mógłby pójść tą drogą. Bóg przebacza wszystko. Wszystko.

Taki jest Pan Jezus. Prawdziwie poznają Go ci, którzy doświadczają Jego przebaczenia. Ci, którzy – jak kobieta z Ewangelii – odkrywają, że Bóg nas nawiedza poprzez nasze rany wewnętrzne. To właśnie tam Pan lubi się uobecniać, ponieważ nie przyszedł dla zdrowych, lecz dla chorych (por. Mt 9, 12). I dzisiaj to właśnie ta kobieta, która w swojej nędzy zaznała miłosierdzia i która wychodzi na świat uzdrowiona przebaczeniem Jezusa, sugeruje nam, jako Kościołowi, abyśmy wrócili do szkoły Ewangelii, do szkoły Boga nadziei, który zawsze zaskakuje. Jeśli będziemy Go naśladować, nie będziemy skłonni koncentrować się na potępianiu grzechów, lecz z miłością wyruszymy na poszukiwanie grzeszników. Nie będziemy liczyć obecnych, lecz wyruszymy w poszukiwaniu nieobecnych. Nie będziemy wracać do wytykania palcem, lecz zaczniemy słuchać. Nie będziemy odrzucać wzgardzonych, lecz będziemy patrzeć najpierw na tych, którzy są uważani za ostatnich. Tego, bracia i siostry właśnie uczy nas dzisiaj Jezus swoim przykładem. Pozwólmy się Jemu zadziwić i przyjmijmy z radością Jego nowość.[00487-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى مالطا

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ

في ساحة غراناي (Piazzale dei Granai) في مدينة فلوريانا

الأحد 3 نيسان/أبريل 2022

"عادَ يسوع عِندَ الفَجرِ إِلى الهَيكلَ، فأَقبَلَ إِلَيهِ الشَّعبُ كُلُّه" (يوحنا 8، 2). هكذا يبدأ مشهد المرأَة الزانية. كان المشهد هادئًا: كان صباحًا في المكان المقدس، في قلب أورشليم. الشخصيّة الرئيسيّة هم شعب الله، في فناء الهيكل يبحثون عن المسيح المعلّم: يريدون أن يستمعوا إليه، لأنّ ما يقوله كان نورًا ودفئًا. تعاليمه ليست نظرية، بل تمس الحياة وتحرّرها، وتحوِّلها، وتجدّدها. هذا هو ”حس“ شعب الله، الذي لا يكتفي بالهيكل المبني من الحجارة، بل يجتمع حول شخص يسوع. في هذه الصفحة يمكننا أن نرى الشعب المؤمن في كلّ الأوقات، شعب الله المقدس، وهو كثير هنا في مالطا ومليء بالحياة، وأمين في البحث عن الرّبّ يسوع، ومرتبط بإيمان عملي يعيشه. أشكّركم على هذا.

أمام الشعب الذي أسرع إليه، لم يكن يسوع في عجلة من أمره. قال الإنجيل: "جلَسَ وجَعلَ يُعَلِّمُهم" (الآية 2). لكن كان هناك أماكن فارغة في مدرسة يسوع. كان هناك غائبون: المرأة والذين يتهمونها. لم يذهبوا إلى المعلّم مثل الآخرين، وكانت أسباب غيابهم مختلفة: اعتقد الكتبة والفريسيون أنّهم كانوا يعرفون كلّ شيء من قبل، وأنّهم لا يحتاجون إلى تعليم يسوع؛ أما المرأة، من جهتها، فهي إنسانة ضالة، امرأة في الشارع، كانت تبحث عن السعادة بطرق خاطئة. كان غيابهم إذًا لأسباب مختلفة، كذلك كانت لقصتهما نهاية مختلفة. لنتوقف ولنتأمّل في هؤلاء الغائبين.

لنتأمّل أوّلًا في الذين اتهموا المرأة. نرى فيهم صورة الذين يتفاخرون بأنّهم أبرار، وملتزمون بشريعة الله، وهم أناس محترمون وشرفاء. لا ينتبهون إلى أخطائهم، لكنّهم حريصون جدًا على العثور على أخطاء الآخرين. لذلك ذهبوا إلى يسوع: ليس بقلب منفتح ليستمعوا إليه، بل "لِيُحرِجوهُ فيَجِدوا ما يَشْكونَه بِه" (الآية 6). إنّها نية تبيّن ما في داخل هؤلاء الأشخاص المثقفين والمتدينين، الذين كانوا يعرفون الأسفار المقدسة، ويتردّدون إلى الهيكل، لكنّهم كانوا يُخضعون كلّ هذا لمصالحهم الخاصة ولا يحاربون الأفكار الحاقدة التي كانت تملأ قلوبهم. في نظر الناس، يبدو أنّهم كانوا خبراء في شؤون الله، لكنّهم هم الخبراء في شؤون الله لم يتعرّفوا على يسوع، بل رأَوْا فيه عدوًّا يجب القضاء عليه. وضعوه أمام إنسانة، كما لو كانت شيئًا، وأشاروا إليها بازدراء "هذه المرأة" واشتكوا عليها علنًا أنّها زانية. ضغطوا من أجل رجم المرأة بالحجارة، وعكسوا عليها الكراهية التي فيهم لرحمة يسوع، وفعلوا كلّ هذا تحت غطاء سمعتهم أنّهم رجال متدينون.

أيّها الإخوة والأخوات، تقول لنا هذه الشخصيّات إنّه حتى في تديننا يمكن أن تتسلّل إلينا سوسة النفاق ورذيلة توجيه أصابع الاتهام. في كلّ وقت وفي كلّ جماعة. هناك دائمًا خطر لعدم فهم يسوع، وأن يكون اسمه على شفاهنا ولكنّنا ننكره في الواقع. ويمكن أيضًا أن يتمّ ذلك عندما نرفع اللافتات وعليها الصّليب. كيف نتحقّق هل نحن تلاميذ في مدرسة المعلّم؟ من نظرتنا، من الطريقة التي ننظر بها إلى القريب، ومن الطريقة التي ننظر بها إلى أنفسنا. هذه هي النّقطة لكي نحدّد انتماءنا.

من الطريقة التي ننظر بها إلى القريب: هل نفعل ذلك كما يبيّن لنا يسوع اليوم، أي هل ننظر بنظرة رحمة، أم ننظر بنظرة الدينونة، وأحيانًا بازدراء، مثل هؤلاء الذين كانوا يتّهمون في الإنجيل، ووقفوا مثل المدافعين عن الله، لكنّهم لم يدركوا أنّهم كانوا يدوسون على الإخوة. في الواقع، الذين يظنون أنّهم يدافعون عن الإيمان ويوجّهون أصابع الاتهام إلى الآخرين قد يكون لهم أيضًا رؤية دينيّة، لكنّها لن تتناسب مع روح الإنجيل، لأنّها تفتقد إلى الرّحمة التي هي قلب الله.

لنفهم هل نحن تلاميذ حقيقيّين للمعلم، من الضروري أيضًا التحقّق من الطريقة التي ننظر بها إلى أنفسنا. كان متهمو المرأة مقتنعين أنّهم ليسوا بحاجة إلى أي شيء يتعلّمونه. في الواقع، هيئتهم الخارجيّة كانت تبدو كاملة، لكن كان ينقص حقيقة القلب. إنّها صورة أولئك المؤمنين الذين، في كلّ الأوقات، يجعلون الإيمان مثل واجهة، ولها مظهرها الخارجي المهيب، لكن ينقصها الفقر الداخلي، وهو أغلى كنز للإنسان. في الواقع، المهم بالنسبة ليسوع هو الانفتاح والاستعداد للتبدُّل في الذين يشعرون بأنّهم لم يصلوا، بل ما زالوا يحتاجون إلى الخلاص. من المفيد لنا إذًا، عندما نكون في الصّلاة وأيضًا عندما نشارك في خدمات دينيّة جميلة، أن نسأل أنفسنا هل نحن على اتصال مع الرّبّ يسوع؟ يمكننا أن نسأله مباشرة: ”يا يسوع، أنا هنا معك، لكن ماذا تريد أنت مني؟ ماذا تريد مني أن أغيّر في قلبي وفي حياتي؟ كيف تريدني أن أرى الآخرين؟“. من المفيد لنا أن نصلّي هكذا، لأن المعلّم لا يكتفي بالمظاهر، بل يبحث عن حقيقة القلب. وعندما نفتح له قلوبنا حقًّا، يمكنه أن يصنع فينا المعجزات.

نرى ذلك في المرأة الزانية. يبدو وضعها في خطر، لكنْ ينفتح أمام عينيها أفق جديد لا يمكن تصوره من قبل. كانت مغطاة بالشتائم، ومستعدة لتسمع كلمات حكم لا ترحم وعقوبات شديدة، ورأت مندهشة أنّ الله غفر لها، وفتح أمامها مستقبلًا غير متوقع. قال لها يسوع: "أَلَم يَحكُمْ عَليكِ أحَد؟... وأَنا لا أَحكُمُ علَيكِ. إِذهَبي ولا تَعودي بَعدَ الآنَ إِلى الخَطيئة" (الآيات 10. 11). يا له من فرق بين المعلّم وبين متّهميها! هؤلاء اقتبسوا من الأسفار المقدسة ليدينوها؛ بينما يسوع، كلمة الله نفسه، أعاد المرأة إلى سلامتها الكاملة، وأعاد لها الأمل. من هذه الحادثة نتعلّم أن كلّ عمل، لم تكن المحبّة هي الدافع إليه، وليس فيه محبّة، فإنّه يرتد على صاحبه ويقتله. أما الله فإنّه يترك دائمًا إمكانية مفتوحة، ويعرف كيف يجد في كلّ مرة طرقًا للتحرير والخلاص.

تغيّرت حياة تلك المرأة بفضل المغفرة. لقد التَقَت الرّحمة مع البؤس. كانت الرّحمة والبؤس هناك. والمرأة تغيّرت. يمكن أيضًا أن نعتقد أنّها تعلّمت، بعد أن غفر لها يسوع، أن تغفر هي أيضًا بدورها. بل لربما رأت في متّهميها لا أناسًا متشدّدين وأشرارًا، بل أناسًا سمحوا لها بأن تلتقي بيسوع. الرّبّ يسوع يريد منا نحن أيضًا، تلاميذَه، لكوننا كنيسة، وبعد أن غفر لنا، يريدنا أن نصير شهودًا لا يتعبون للمصالحة: شهودًا لإله لا يعرف كلمة ”متعذّر إصلاحه“؛ لإله يغفر دائمًا، دائمًا. الله يغفر دائمًا. نحن من نتعب في طلب المغفرة. لإله يستمر ويثق بنا ويعطينا في كلّ مرة إمكانية البدء من جديد. لا توجد خطيئة أو فشل لا يمكن أن يكون من بعده فرصة لبدء حياة جديدة مختلفة، تحت علامة الرّحمة. لا توجد خطيئة لا يمكن أن تذهب على هذه الطّريق. الله يغفر كلّ شيء. كلّ شيء.

هذا هو الرّبّ يسوع. من يختبر مغفرته يعرفه حقًا. ومثل امرأة الإنجيل، يكتشف أنّ الله يزورنا من خلال جروحنا الداخليّة. هناك بالتحدّيد الرّبّ يسوع يحبّ أن يكون حاضرًا، لأنه لم يأتِ من أجل الأصّحاء بل من أجل المرضى (راجع متى 9، 12). واليوم هذه المرأة التي عرفت الرّحمة في بؤسها وذهبت إلى العالم وهي معافاة، بعد أن نالت المغفرة من يسوع، تقترح علينا، ككنيسة، أن نضع أنفسنا مرة أخرى في مدرسة الإنجيل، وفي مدرسة إله الرّجاء الذي يفاجئنا دائمًا. إن اقتدينا به، فلن نركّز على التنديد بخطايا الآخرين، بل سننطلق بالمحبّة بحثًا عن الخطأة. ولن نكتفي بمعرفة عدد الحاضرين بل سنبحث عن الغائبين. ولن نعود إلى توجيه أصابع الاتهام إلى الآخرين، بل سنبدأ بالاستماع إليهم. ولن نتجاهل المنبوذين، بل سننظر إليهم أنّهم أولّون هم الذين كانوا يُعتبرون أنّهم أخيرون. أيّها الإخوة والأخوات، هذا ما يعلّمنا إياه يسوع اليوم بمثاله. لنندهش ولنَعجَبْ أمامه، ولنستقبل منه بفرح ما هو جديد.

[00487-AR.02] [Testo originale: Italiano]

Prima dell’Angelus

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Testo in lingua italiana

Cari fratelli e sorelle!

Sono grato per le parole che Mons. Scicluna mi ha rivolto a nome vostro. Ma sono io che dico a voi: Grazzi! [Grazie!]

Vorrei esprimere la mia riconoscenza al Signor Presidente della Repubblica e alle Autorità, ai miei Fratelli vescovi, a voi, cari sacerdoti, religiosi e religiose, e a tutti i cittadini e i fedeli di Malta e di Gozo per l’accoglienza e l’affetto ricevuti. Questa sera, dopo aver incontrato diversi fratelli e sorelle migranti, sarà già ora di fare ritorno a Roma, ma porterò con me molti momenti e parole di questi giorni. Tanti gesti. Soprattutto conserverò nel cuore tanti volti, e il volto luminoso di Malta! Ringrazio anche coloro che hanno lavorato per questa visita; e vorrei salutare cordialmente i fratelli e le sorelle di varie confessioni cristiane e religioni che ho incontrato. A tutti chiedo di pregare per me; io lo farò per voi. Preghiamo a vicenda!

In queste isole si respira il senso del Popolo di Dio. Andate avanti così, ricordando che la fede cresce nella gioia e si rafforza nel dono. Proseguite la catena di santità che ha portato tanti maltesi a donarsi con entusiasmo a Dio e agli altri. Penso a Dun Ġorġ Preca, canonizzato quindici anni fa. E vorrei infine rivolgere una parola ai giovani, che sono il vostro avvenire. Cari amici giovani, condivido con voi la cosa più bella della vita. Sapete qual è? È la gioia di spendersi nell’amore, che ci fa liberi. Ma questa gioia ha un nome: Gesù. Vi auguro la bellezza di innamorarvi di Gesù, che è Dio della misericordia – lo abbiamo sentito oggi nel Vangelo –, che crede in voi, sogna con voi, ama le vostre vite e non vi deluderà mai. E per andare avanti sempre con Gesù anche con la famiglia, con il popolo di Dio, non dimenticatevi delle radici. Parlate con i vecchi, parlate con i nonni, parlate con gli anziani!

Il Signore vi accompagni e la Madonna vi custodisca. La preghiamo ora per la pace, pensando alla tragedia umanitaria della martoriata Ucraina, ancora sotto i bombardamenti di questa guerra sacrilega. Non stanchiamoci di pregare e di aiutare chi soffre. La pace sia con voi!

[00488-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chers frères et sœurs !

Je suis reconnaissant pour les paroles que Mgr Scicluna m’a adressées en votre nom. Mais c’est moi qui vous dis merci !

Je voudrais exprimer ma reconnaissance au Président de la République et aux Autorités, à mes Frères Évêques, à vous, chers prêtres, religieux et religieuses, ainsi qu’à tous les citoyens et fidèles de Malte et de Gozo pour l’accueil et l’affection que j’ai reçus. Ce soir, après avoir rencontré plusieurs frères et sœurs migrants, il sera déjà temps de rentrer à Rome, mais je porterai avec moi beaucoup de moments et de paroles de ces jours-ci. Beaucoup de gestes. Je garderai surtout dans mon cœur beaucoup de visages, et le visage lumineux de Malte ! Je remercie également ceux qui ont œuvré pour cette visite et je voudrais saluer cordialement les frères et sœurs des diverses confessions chrétiennes et religions que j’ai rencontrés ces jours-ci. Je demande à vous tous de prier pour moi ; je le ferai pour vous.

Prions les uns pour les autres !

Dans ces îles on respire le sens du Peuple de Dieu. Allez de l’avant, en vous rappelant que la foi grandit dans la joie et se renforce dans le don. Poursuivez la chaîne de sainteté qui a conduit tant de Maltais à se donner avec enthousiasme à Dieu et aux autres. Je pense à Dun Ġorġ Preca, canonisé il y a quinze ans. Et je voudrais enfin adresser un mot aux jeunes, qui sont votre avenir. Chers jeunes amis, je partage avec vous la plus belle chose de la vie. Savez-vous ce que c’est? C’est la joie de se dépenser dans l’amour, qui nous rend libres. Mais cette joie a un nom : Jésus. Je vous souhaite la beauté d’aimer Jésus, qui est le Dieu de miséricorde – nous l’avons entendu aujourd’hui dans l’Evangile -, qui croit en vous, rêve avec vous, aime vos vies et ne vous décevra jamais. Et pour avancer avec Jésus et avec la famille, avec le Peuple de Dieu, n’oubliez pas les racines. Parlez avec les personnes âgées, parlez avec les grands-parents, parlez avec les anciens.

Que le Seigneur vous accompagne et que la Vierge vous garde. Nous la prions maintenant pour la paix, en pensant à la tragédie humanitaire de l’Ukraine martyrisée, encore sous les bombardements de cette guerre sacrilège. Ne nous lassons pas de prier et d’aider ceux qui souffrent

Que la paix soit avec vous!

[00488-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

I am grateful for Archbishop Scicluna’s kind words on your behalf, but I am really the one who should be thanking you! Thank you very much!

I would like to express my gratitude to the President of the Republic and the civil authorities, to my brother Bishops, to you, dear priests, men and women religious, and to all the citizens and faithful of Malta and Gozo for your warm and affectionate welcome. This evening, I will meet some of our migrant brothers and sisters, and then it will be time to return to Rome. I will bring back many memories of the events and conversations of these days. Above all, I will remember many of your faces, as well as the luminous face of Malta and the many kind gestures! I thank all those who worked so hard to prepare for this visit, and I cordially greet our brothers and sisters of the different Christian denominations and religions whom I have met in these days. I ask all of you to pray for me, as I will for you. Let us pray for one another.

These islands breathe a sense of the People of God. May you continue to do so, mindful that faith grows in joy and is strengthened in giving. Forge further links in the chain of holiness that has led so many Maltese to devote their lives with enthusiasm to God and to others. I think, for example, of Dun Ġorġ Preca, canonized fifteen years ago. Finally, I would like to say a word to the young, who are your future. Dear young friends, I want to share with you the most beautiful thing in life. Do you know what it is? It is the joy of giving ourselves completely in love, which makes us free. That joy has a name: it is Jesus. I wish you the beauty of falling in love with Jesus, who is the God of mercy – we heard this in today’s Gospel – and who believes in you, dreams with you, loves your lives and will never disappoint you. Keep going forward always with Jesus, with your family and with the People of God; do not forget your roots. Speak with your elders, speak with your grandparents, speak with elderly people!

May the Lord accompany you, and Our Lady keep you. Let us now pray to her for peace, as we think of the humanitarian tragedy unfolding in war-torn Ukraine, which continues to be bombarded in the sacrilegious war. May we be tireless in praying and in offering assistance to those who suffer. Peace be with you!

[00488-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Ich bin dankbar für die Worte, die Mons. Scicluna in eurem Namen an mich gerichtet hat. Aber ich bin es, der euch sagen möchte: Danke!

Ich möchte meine Dankbarkeit dem Herrn Präsidenten der Republik und allen Autoritäten, meinen Mitbrüdern, den Bischöfen und euch, liebe Priestern, Ordensmänner und Ordensfrauen und allen Bürgern und Gläubigen Maltas und von Gozo bekunden für den Empfang und die Zuneigung, die ich erfahren habe.

An diesem Abend, nach dem Treffen mit verschiedenen Brüdern und Schwestern, die Migranten sind, wird es schon Zeit, nach Rom zurückzukehren, aber ich werde viele Momente und Worte dieser Tage mitnehmen. Viele Gesten. Vor allem werde ich die vielen Gesichter und das strahlende Gesicht Maltas im Herzen bewahren. Ich danke auch all jenen, die für diesen Besuch gearbeitet haben und ich möchte herzlich die anwesenden Brüder und Schwestern der verschiedenen christlichen Konfessionen und Religionen grüßen, denen ich in diesen Tagen begegnet bin. Ich bitte alle für mich zu beten; ich werde für euch beten. Beten wir für einander!

Auf diesen Inseln atmet man die Bedeutung des Volkes Gottes. Geht so weiter voran und bedenkt dabei, dass der Glaube in der Freude wächst und im Geben gestärkt wird. Setzt die Kette der Heiligkeit fort, die so viele Malteser dazu gebracht hat, sich mit Enthusiasmus Gott und den Nächsten hinzugeben. Ich denke an Don Ġorġ Preca, der vor vor fünfzehn Jahren heiliggesprochen wurde. Und schließlich möchte ich ein Wort an die jungen Menschen richten, die eure Zukunft sind. Liebe junge Freunde, ich teile mit euch die schönste Sache des Lebens. Wisst ihr, was das ist? Es ist die Freude, sich in der Liebe zu verausgaben, die uns freimacht. Aber diese Freude hat einen Namen: Jesus. Ich wünsche euch die Schönheit, in Jesus verliebt zu sein, den Gott der Barmherzigkeit – wie wir heute im Evangelium gehört haben –, der an euch glaubt, der mit euch träumt, der euer Leben liebt und euch nie verlässt. Und damit ihr gut vorankommt mit Jesus, auch mit der Familie, mit dem Volk Gottes, vergesst die Wurzeln nicht. Sprecht mit den alten Leuten, sprecht mit euren Großeltern, sprecht mit den älteren Menschen!

Der Herr begleite euch und die selige Jungfrau Maria behüte euch. Lasst uns jetzt zu ihr um den Frieden beten und denken wir dabei an die humanitäre Tragödie in der Ukraine, die immer noch schwer unter den Bomben dieses frevelhaften Krieges leidet. Lasst uns nicht müde werden zu beten und denen zu helfen, die leiden. Der Friede sei mit euch!

[00488-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Agradezco las palabras que Mons. Scicluna me ha dirigido en nombre de todos ustedes. Pero soy yo el que les digo a ustedes: ¡Gracias!

Quisiera expresar mi gratitud al señor Presidente de la República y a las autoridades, a mis hermanos obispos, a ustedes, queridos sacerdotes, religiosos y religiosas, y a todos los ciudadanos y fieles de Malta y de Gozo por la acogida y el afecto recibidos. Esta tarde, después de haberme encontrado con varios hermanos y hermanas migrantes, será ya hora de volver a Roma, pero llevaré conmigo muchos momentos y palabras de estos días. Tantos gestos. Sobre todo, guardaré en el corazón numerosos rostros, y el rostro luminoso de Malta. También agradezco a quienes han trabajado para esta visita y quisiera saludar cordialmente a los hermanos y hermanas de diversas confesiones cristianas y religiones que encontré durante estos días. A todos les pido que recen por mí; yo lo haré por ustedes. ¡Rezamos unos por otros!

En estas islas se respira el sentido del Pueblo de Dios. Sigan adelante así, recordando que la fe crece en la alegría y se fortalece en la entrega. Continúen la cadena de santidad que ha llevado a tantos malteses a darse con entusiasmo a Dios y a los demás. Pienso en Dun Ġorġ Preca, que fue canonizado hace quince años. Y, por último, quisiera dirigir unas palabras a los jóvenes, que son vuestro futuro. Queridos amigos jóvenes, comparto con ustedes lo más hermoso de la vida. ¿Saben qué es? Es la alegría de desgastarse en el amor, que nos hace libres. Pero esta alegría tiene un nombre: Jesús. Les deseo la belleza de enamorarse de Jesús, que es Dios de la misericordia —lo hemos escuchado hoy en el Evangelio— , que cree en ustedes, sueña con ustedes, ama sus vidas y no los defraudará jamás. Y para avanzar siempre con Jesús también con la familia, con el pueblo de Dios, no se olviden de las raíces. Hablar con los mayores, hablar con los abuelos, hablar con los ancianos.

Que el Señor los acompañe y que la Virgen los proteja. Le pedimos ahora por la paz, pensando en la tragedia humanitaria de la martirizada Ucrania, todavía bajo los bombardeos de esta guerra sacrílega. No nos cansemos de rezar y de ayudar a los que sufren. ¡Que la paz esté con ustedes!

[00488-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs!

Agradeço as palavras que D. Scicluna me dirigiu em vosso nome. Eu, porém, é que vos devo dizer: obrigado!

Quero expressar a minha gratidão ao Senhor Presidente da República e às Autoridades, aos meus Irmãos Bispos, a vós, queridos sacerdotes, religiosos e religiosas, e a todos os cidadãos e fiéis de Malta e de Gozo pelo acolhimento e os carinhos recebidos. Esta tarde, depois de ter encontrado vários irmãos e irmãs migrantes, chegará a hora de regressar a Roma, mas levarei comigo muitos momentos e palavras destes dias. Tantos gestos! Sobretudo conservarei no coração muitos rostos, e o rosto luminoso de Malta! Agradeço também àqueles que trabalharam para esta visita, e desejo saudar cordialmente os irmãos e as irmãs de várias confissões cristãs e religiões que encontrei nestes dias. Peço a todos que rezem por mim; eu farei o mesmo por vós. Rezemos uns pelos outros!

Nestas ilhas, respira-se o sentido do Povo de Deus. Continuai assim, lembrando-vos de que a fé cresce na alegria e reforça-se no dom. Dai continuidade à corrente de santidade que levou tantos malteses a doarem-se com entusiasmo a Deus e aos outros. Penso em Dun Ġorġ Preca, canonizado há quinze anos. E gostaria enfim de dirigir uma palavra aos jovens, que são o vosso futuro. Queridos amigos jovens, partilho convosco a coisa mais bela da vida. Sabeis qual é? É a alegria de gastar-se no amor que nos faz livres. Mas esta alegria tem um nome: Jesus. Almejo-vos a beleza de vos enamorardes de Jesus, que é Deus da misericórdia – como ouvimos hoje no Evangelho –, que crê em vós, sonha convosco, ama as vossas vidas e nunca vos dececionará. E para avançar sempre com Jesus mas também com a família, com o povo de Deus, não vos esqueçais das raízes. Falai com os idosos, falai com os avós, falai com os anciãos!

Que o Senhor vos acompanhe e Nossa Senhora vos guarde. A Ela rezemos agora pela paz, pensando na tragédia humanitária da atormentada Ucrânia, ainda sob os bombardeamentos desta guerra sacrílega. Não nos cansemos de rezar e ajudar quem sofre. A paz esteja convosco!

[00488-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Drodzy bracia i siostry!

Jestem wdzięczny za słowa, które arcybiskup Scicluna skierował do mnie w waszym imieniu. Ale to ja mówię do was: Grazzi! [Dziękuję!]

Pragnę wyrazić wdzięczność Panu Prezydentowi Republiki i władzom, moim Braciom Biskupom, wam, drodzy kapłani, zakonnicy i zakonnice oraz wszystkim obywatelom i wiernym Malty i Gozo za przyjęcie i miłość, jakich doznałem. Dziś wieczorem, po spotkaniu z kilkoma braćmi i siostrami migrantami, nadejdzie już pora powrotu do Rzymu, ale zabiorę ze sobą wiele chwil i słów z tych dni. Wiele gestów. Przede wszystkim zachowam w sercu wiele twarzy oraz jaśniejące oblicze Malty! Dziękuję również tym, którzy pracowali na rzecz tej wizyty, i pragnę serdecznie pozdrowić braci i siostry z różnych wyznań chrześcijańskich oraz religii obecnych tutaj. Proszę was wszystkich o modlitwę za mnie; ja będę się modlił za was. Módlmy się za siebie nawzajem!

Na tych wyspach oddycha się poczuciem Ludu Bożego. W ten sposób idźcie naprzód, pamiętając, że wiara wzrasta w radości i umacnia się w dawaniu. Kontynuujcie łańcuch świętości, który doprowadził tak wielu Maltańczyków do entuzjastycznego poświęcenia się Bogu i innym. Myślę o księdzu Jerzym Preca, kanonizowanym piętnaście lat temu. Na koniec chciałbym skierować słowo do młodych, którzy są waszą przyszłością. Drodzy młodzi przyjaciele, dzielę się z wami najpiękniejszą rzeczą w życiu. Czy wiecie, co to jest? To właśnie radość poświęcania się w miłości, która nas wyzwala. Ale ta radość ma imię: Jezus. Życzę wam piękna zakochania się w Jezusie, który jest Bogiem miłosierdzia – usłyszeliśmy to dzisiaj w Ewangelii -, który w was wierzy, marzy z wami, kocha wasze życie i nigdy was nie zawiedzie. Abyście zawsze szli naprzód z Jezusem, także z rodziną, z ludem Bożym, nie zapominajcie o korzeniach. Rozmawiajcie z seniorami, rozmawiajcie z dziadkami, rozmawiajcie z osobami starszymi!

Niech Pan wam towarzyszy, a Matka Boża niech was strzeże. Teraz modlimy się do niej o pokój, myśląc o tragedii humanitarnej umęczonej Ukrainy, wciąż bombardowanej w tej świętokradczej wojnie. Nie przestawajmy modlić się i pomagać tym, którzy cierpią. Pokój niech będzie z wami!

[00488-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

الزيارة الرسوليّة إلى مالطا

كلمة قداسة البابا فرنسيس

في صلاة التبشير الملائكي

في ساحة غراناي (Piazzale dei Granai) في مدينة فلوريانا

الأحد 3 نيسان/أبريل 2022

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء!

أنا شاكرٌ للكلمات التي وجّهها إلَيَّ المونسنيور شيكلونا باسمكم. لكن أنا الذي أقول لكم: غراتسي! [شكرًا!]

أودّ أن أعبّر عن شكري وتقديري لرئيس الجمهوريّة وللسّلطات، ولإخوتي الأساقفة، ولكم، أيّها الكهنة الأعزّاء، والرّهبان والرّاهبات، ولجميع المواطنين والمؤمنين في مالطا وجوزو على الاستقبال والمحبّة التي لاقيتموني بها. هذا المساء، بعد أن التقيت بالإخوة والأخوات الكثيرين المهاجرين، آتت الساعة للعودة إلى روما، ولكن سأحمل معي الكثير من الّلحظات والكلمات من هذه الأيّام. والكثير من اللفتات. خصوصًا، سأحتفظ بوجوه كثيرة في قلبي، وبوجه مالطا المُنير! أشكر أيضًا الذين تعبوا في تحضير هذه الزّيارة، وأودّ أن أحيّي تحيّة قلبيّة الإخوة والأخوات من مختلف الطّوائف والأديان المسيحيّة الذين التقيت بهم في هذه الأيام. أطلب من الجميع أن يصلّوا من أجلي. وأنا سأصلّي من أجلكم. لنصلِّ بعضنا لبعض!

في هذه الجزر يمكن أن نتنفّس الأحساس بشعب الله. سيروا قُدُمًا على هذا النحو، وتذكّروا أنّ الإيمان ينمو في الفرح ويتقوّى في العطاء. اتبعوا سلسلة القداسة التي قادت الكثيرين من المالطيّين إلى أن يهبوا أنفسهم بحماسة لله وللآخرين. أفكّر في الأب الكاهن جورج بريكا، الذي تمّ تطويبه منذ خمسة عشر عامًا. وأخيرًا أودّ أن أوجّه كلمة إلى الشّباب الذين هم مستقبلكم. أيّها الأصدقاء الشّباب الأعزّاء، أشارككم أجمل أمرٍ في الحياة. هل تعلمون ما هو؟ إنّه فرح بذل الذات في المحبّة، هذا الذي يحرّرنا. ولهذا الفرح اسم، وهو: يسوع. أتمنّى لكم أن تعيشوا جمال محبّتكم ليسوع، وهو إله الرّحمة – لقد أصغينا إليه اليوم في الإنجيل -، الذي يثق بكم، ويحلم معكم، ويحبّ حياتكم ولن يخيّب ظنّكم أبدًا. ولكي نسر قُدُمُا دائمًا مع يسوع ومع العائلة أيضًا، ومع شعب الله، لا تنسَوا جذوركم. تكلّموا مع الشّيوخ، وتكلّموا مع الأجداد، وتكلّموا مع كبار السّن!

ليرافقكم الرّبّ يسوع ولتحمكم سيّدتنا مريم العذراء. سنصلّي إليها الآن من أجل السّلام، ونحن نفكّر في المأساة الإنسانيّة لأوكرانيا المعذّبة، التي ما تزال تحت القصف في هذه الحرب المدنّسة. لا نتعب من الصّلاة ومساعدة المتألّمين.

السّلام لكم!

[00488-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0239-XX.02]