Testo in lingua italiana
Traduzione ufficiale in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Testo in lingua italiana
LETTERA APOSTOLICA
IN FORMA DI MOTU «PROPRIO»
DEL SOMMO PONTEFICE
FRANCESCO
«TRADITIONIS CUSTODES»
SULL’USO DELLA LITURGIA ROMANA ANTERIORE ALLA RIFORMA DEL 1970
Custodi della tradizione, i vescovi, in comunione con il vescovo di Roma, costituiscono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari.[1] Sotto la guida dello Spirito Santo, mediante l’annuncio del Vangelo e per mezzo della celebrazione della Eucaristia, essi reggono le Chiese particolari, loro affidate.[2]
Per promuovere la concordia e l’unità della Chiesa, con paterna sollecitudine verso coloro che in alcune regioni aderirono alle forme liturgiche antecedenti alla riforma voluta dal Concilio Vaticano II, i miei Venerati Predecessori, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno concesso e regolato la facoltà di utilizzare il Messale Romano edito da san Giovanni XXIII nell’anno 1962.[3] In questo modo hanno inteso «facilitare la comunione ecclesiale a quei cattolici che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche» e non ad altri.[4]
Nel solco dell’iniziativa del mio Venerato Predecessore Benedetto XVI di invitare i vescovi a una verifica dell’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, a tre anni dalla sua pubblicazione, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha svolto una capillare consultazione dei vescovi nel 2020, i cui risultati sono stati ponderatamente considerati alla luce dell’esperienza maturata in questi anni.
Ora, considerati gli auspici formulati dall’episcopato e ascoltato il parere della Congregazione per la Dottrina della Fede, desidero, con questa Lettera Apostolica, proseguire ancor più nella costante ricerca della comunione ecclesiale. Perciò, ho ritenuto opportuno stabilire quanto segue:
Art. 1. I libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano.
Art. 2. Al vescovo diocesano, quale moderatore, promotore e custode di tutta la vita liturgica nella Chiesa particolare a lui affidata,[5] spetta regolare le celebrazioni liturgiche nella propria diocesi.[6] Pertanto, è sua esclusiva competenza autorizzare l’uso del Missale Romanum del 1962 nella diocesi, seguendo gli orientamenti dalla Sede Apostolica.
Art. 3. Il vescovo, nelle diocesi in cui finora vi è la presenza di uno o più gruppi che celebrano secondo il Messale antecedente alla riforma del 1970:
§ 1. accerti che tali gruppi non escludano la validità e la legittimità della riforma liturgica, dei dettati del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Sommi Pontefici;
§ 2. indichi, uno o più luoghi dove i fedeli aderenti a questi gruppi possano radunarsi per la celebrazione eucaristica (non però nelle chiese parrocchiali e senza erigere nuove parrocchie personali);
§ 3. stabilisca nel luogo indicato i giorni in cui sono consentite le celebrazioni eucaristiche con l’uso del Messale Romano promulgato da san Giovanni XXIII nel 1962.[7] In queste celebrazioni le letture siano proclamate in lingua vernacola, usando le traduzioni della sacra Scrittura per l’uso liturgico, approvate dalle rispettive Conferenze Episcopali;
§ 4. nomini, un sacerdote che, come delegato del vescovo, sia incaricato delle celebrazioni e della cura pastorale di tali gruppi di fedeli. Il sacerdote sia idoneo a tale incarico, sia competente in ordine all’utilizzo del Missale Romanum antecedente alla riforma del 1970, abbia una conoscenza della lingua latina tale che gli consenta di comprendere pienamente le rubriche e i testi liturgici, sia animato da una viva carità pastorale, e da un senso di comunione ecclesiale. È infatti necessario che il sacerdote incaricato abbia a cuore non solo la dignitosa celebrazione della liturgia, ma la cura pastorale e spirituale dei fedeli.
§ 5. proceda, nelle parrocchie personali canonicamente erette a beneficio di questi fedeli, a una congrua verifica in ordine alla effettiva utilità per la crescita spirituale, e valuti se mantenerle o meno.
§ 6. avrà cura di non autorizzare la costituzione di nuovi gruppi.
Art. 4. I presbiteri ordinati dopo la pubblicazione del presente Motu proprio, che intendono celebrare con il Missale Romanum del 1962, devono inoltrare formale richiesta al Vescovo diocesano il quale prima di concedere l’autorizzazione consulterà la Sede Apostolica.
Art. 5. I presbiteri i quali già celebrano secondo il Missale Romanum del 1962, richiederanno al Vescovo diocesano l’autorizzazione per continuare ad avvalersi della facoltà.
Art. 6. Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, a suo tempo eretti dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei passano sotto la competenza della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.
Art. 7. La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, per le materie di loro competenza, eserciteranno l’autorità della Santa Sede, vigilando sull’osservanza di queste disposizioni.
Art. 8. Le norme, istruzioni, concessioni e consuetudini precedenti, che risultino non conformi con quanto disposto dal presente Motu Proprio, sono abrogate.
Tutto ciò che ho deliberato con questa Lettera apostolica in forma di Motu Proprio, ordino che sia osservato in tutte le sue parti, nonostante qualsiasi cosa contraria, anche se degna di particolare menzione, e stabilisco che venga promulgata mediante pubblicazione sul quotidiano “L’Osservatore Romano”, entrando subito in vigore e, successivamente, venga pubblicato nel Commentario ufficiale della Santa Sede, Acta Apostolicae Sedis.
Dato a Roma, presso San Giovanni Laterano, il 16 luglio 2021 Memoria liturgica di Nostra Signora del Monte Carmelo, nono del Nostro Pontificato
FRANCESCO
____________________
[1] Cfr. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa “Lumen Gentium”, 21 novembre 1964, n. 23: AAS 57 (1965) 27.
[2] Cfr. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Sulla Chiesa “Lumen Gentium”, 21 novembre 1964, n. 27: AAS 57 (1965) 32; CONC. ECUM. VAT. II, Decr. sulla missione pastorale dei Vescovi nella Chiesa “Christus Dominus”, 28 ottobre 1965, n. 11: AAS 58 (1966) 677-678; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 833.
[3] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Litt. Ap. Motu proprio datae “Ecclesia Dei”, 2 luglio 1988: AAS 80 (1998) 1495-1498; BENEDETTO XVI, Litt. Ap. Motu proprio datae “Summorum Pontificum”, 7 luglio 2007: AAS 99 (2007) 777-781; Litt. Ap. Motu proprio datae “Ecclesiae unitatem”, 2 luglio 2009: AAS 101 (2009) 710-711.
[4] GIOVANNI PAOLO II, Litt. Ap. Motu proprio datae “Ecclesia Dei”, 2 luglio 1988, n. 5: AAS 80 (1988) 1498.
[5] Cfr. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. sulla sacra liturgia “Sacrosanctum Concilium”, 4 dicembre 1963, n. 41: AAS 56 (1964) 111; Caeremoniale Episcoporum, n. 9; CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Istr. su alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia “Redemptionis Sacramentum”, 25 marzo 2004, nn. 19-25: AAS 96 (2004) 555-557.
[6] Cfr. CIC, can. 375, § 1; can. 392.
[7] Cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Decreto “Quo magis” circa l’approvazione di sette nuovi prefazi per la forma straordinaria del Rito Romano, 22 febbraio 2020, e Decreto “Cum sanctissima” circa la celebrazione liturgica in onore dei santi nella forma straordinaria del Rito Romano, 22 febbraio 2020: L’Osservatore Romano, 26 marzo 2020, p. 6.
[01014-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione ufficiale in lingua inglese
APOSTOLIC LETTER
ISSUED "MOTU PROPRIO"
BY THE SUPREME PONTIFF
FRANCIS
“TRADITIONIS CUSTODES”
ON THE USE OF THE ROMAN LITURGY
PRIOR TO THE REFORM OF 1970
Guardians of the tradition, the bishops in communion with the Bishop of Rome constitute the visible principle and foundation of the unity of their particular Churches.[1] Under the guidance of the Holy Spirit, through the proclamation of the Gospel and by means of the celebration of the Eucharist, they govern the particular Churches entrusted to them.[2]
In order to promote the concord and unity of the Church, with paternal solicitude towards those who in any region adhere to liturgical forms antecedent to the reform willed by the Vatican Council II, my Venerable Predecessors, Saint John Paul II and Benedict XVI, granted and regulated the faculty to use the Roman Missal edited by John XXIII in 1962.[3] In this way they intended “to facilitate the ecclesial communion of those Catholics who feel attached to some earlier liturgical forms” and not to others.[4]
In line with the initiative of my Venerable Predecessor Benedict XVI to invite the bishops to assess the application of the Motu Proprio Summorum Pontificum three years after its publication, the Congregation for the Doctrine of the Faith carried out a detailed consultation of the bishops in 2020. The results have been carefully considered in the light of experience that has matured during these years.
At this time, having considered the wishes expressed by the episcopate and having heard the opinion of the Congregation for the Doctrine of the Faith, I now desire, with this Apostolic Letter, to press on ever more in the constant search for ecclesial communion. Therefore, I have considered it appropriate to establish the following:
Art. 1. The liturgical books promulgated by Saint Paul VI and Saint John Paul II, in conformity with the decrees of Vatican Council II, are the unique expression of the lex orandi of the Roman Rite.
Art. 2. It belongs to the diocesan bishop, as moderator, promoter, and guardian of the whole liturgical life of the particular Church entrusted to him,[5] to regulate the liturgical celebrations of his diocese.[6] Therefore, it is his exclusive competence to authorize the use of the 1962 Roman Missal in his diocese, according to the guidelines of the Apostolic See.
Art. 3. The bishop of the diocese in which until now there exist one or more groups that celebrate according to the Missal antecedent to the reform of 1970:
§ 1. is to determine that these groups do not deny the validity and the legitimacy of the liturgical reform, dictated by Vatican Council II and the Magisterium of the Supreme Pontiffs;
§ 2. is to designate one or more locations where the faithful adherents of these groups may gather for the eucharistic celebration (not however in the parochial churches and without the erection of new personal parishes);
§ 3. to establish at the designated locations the days on which eucharistic celebrations are permitted using the Roman Missal promulgated by Saint John XXIII in 1962.[7] In these celebrations the readings are proclaimed in the vernacular language, using translations of the Sacred Scripture approved for liturgical use by the respective Episcopal Conferences;
§ 4. to appoint a priest who, as delegate of the bishop, is entrusted with these celebrations and with the pastoral care of these groups of the faithful. This priest should be suited for this responsibility, skilled in the use of the Missale Romanum antecedent to the reform of 1970, possess a knowledge of the Latin language sufficient for a thorough comprehension of the rubrics and liturgical texts, and be animated by a lively pastoral charity and by a sense of ecclesial communion. This priest should have at heart not only the correct celebration of the liturgy, but also the pastoral and spiritual care of the faithful;
§ 5. to proceed suitably to verify that the parishes canonically erected for the benefit of these faithful are effective for their spiritual growth, and to determine whether or not to retain them;
§ 6. to take care not to authorize the establishment of new groups.
Art. 4. Priests ordained after the publication of the present Motu Proprio, who wish to celebrate using the Missale Romanum of 1962, should submit a formal request to the diocesan Bishop who shall consult the Apostolic See before granting this authorization.
Art. 5. Priests who already celebrate according to the Missale Romanum of 1962 should request from the diocesan Bishop the authorization to continue to enjoy this faculty.
Art. 6. Institutes of consecrated life and Societies of apostolic life, erected by the Pontifical Commission Ecclesia Dei, fall under the competence of the Congregation for Institutes of Consecrated Life and Societies for Apostolic Life.
Art. 7. The Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacraments and the Congregation for Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life, for matters of their particular competence, exercise the authority of the Holy See with respect to the observance of these provisions.
Art. 8. Previous norms, instructions, permissions, and customs that do not conform to the provisions of the present Motu Proprio are abrogated.
Everything that I have declared in this Apostolic Letter in the form of Motu Proprio, I order to be observed in all its parts, anything else to the contrary notwithstanding, even if worthy of particular mention, and I establish that it be promulgated by way of publication in “L’Osservatore Romano”, entering immediately in force and, subsequently, that it be published in the official Commentary of the Holy See, Acta Apostolicae Sedis.
Given at Rome, at Saint John Lateran, on 16 July 2021, the liturgical Memorial of Our Lady of Mount Carmel, in the ninth year of Our Pontificate.
FRANCIS
________________________
[1] Cfr Second Vatican Ecumenical Council, Dogmatic Constitution on the Church “Lumen Gentium”, 21 november 1964, n. 23 AAS 57 (1965) 27.
[2] Cfr Second Vatican Ecumenical Council, Dogmatic Constitution on the Church “Lumen Gentium”, 21 november 1964, n. 27: AAS 57 (1965) 32; Second Vatican Ecumenical Council, Decree concerning the pastoral office of bishops in the Church “Christus Dominus”, 28 october 1965, n. 11: AAS 58 (1966) 677-678; Catechism of the Catholic Church, n. 833.
[3] Cfr John Paul II, Apostolic Letter given Motu proprio “Ecclesia Dei”, 2 july 1988: AAS 80 (1988) 1495-1498; Benedict XVI, Apostolic Letter given Motu proprio “Summorum Pontificum”, 7 july 2007: AAS 99 (2007) 777-781; Apostolic Letter given Motu proprio “Ecclesiae unitatem”, 2 july 2009: AAS 101 (2009) 710-711.
[4] John Paul II, Apostolic Letter given Motu proprio “Ecclesia Dei”, 2 july 1988, n. 5: AAS 80 (1988) 1498.
[5] Cfr Second Vatican Ecumenical Council, Costitution on the sacred liturgy “Sacrosanctum Concilium”, 4 december 1963, n. 41: AAS 56 (1964) 111; Caeremoniale Episcoporum, n. 9; Congregation for Divine Worship and the Discipline of the Sacrament, Instruction on certain matters to be observed or to be avoided regarding the Most Holy Eucharist “Redemptionis Sacramentum”, 25 march 2004, nn. 19-25: AAS 96 (2004) 555-557.
[6] Cfr CIC, can. 375, § 1; can. 392.
[7] Cfr Congregation for the Doctrine of the Faith, Decree “Quo magis” approving seven Eucharistic Prefaces for the forma extraordinaria of the Roman Rite, 22 february 2020, and Decree “Cum sanctissima” on the liturgical celebration in honour of Saints in the forma extraordinaria of the Roman Rite, 22 february 2020: L’Osservatore Romano, 26 march 2020, p. 6.
[01014-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Apostolisches Schreiben
in Form eines Motu Proprio
von
Papst Franziskus
„Traditionis custodes“
über den Gebrauch der Römischen Liturgie in der Gestalt vor der Reform von 1970
Als Wächter der Tradition stellen die Bischöfe in Gemeinschaft mit dem Bischof von Rom das sichtbare Prinzip und Fundament der Einheit in ihren Teilkirchen dar.[1] Unter der Führung des Heiligen Geistes leiten sie die ihnen anvertrauten Teilkirchen durch die Verkündigung des Evangeliums und durch die Feier der Eucharistie.[2]
Um die Eintracht und die Einheit der Kirche zu fördern, haben meine verehrten Vorgänger, der heilige Johannes Paul II. und Benedikt XVI., in väterlicher Sorge gegenüber denen, die in einigen Regionen den liturgischen Formen anhingen, die der vom Zweiten Vatikanischen Konzil gewollten Reform vorausgingen, die Befugnis gewährt und geregelt, das vom heiligen Johannes XXIII. 1962 herausgegebene Römische Messbuch zu verwenden.[3] Es war dabei ihre Absicht, »all jenen Katholiken [die kirchliche Gemeinschaft zu erleichtern], die sich an einige frühere Formen der Liturgie […] gebunden fühlen«[4] und nicht an andere.
Im Anschluss an die Initiative meines verehrten Vorgängers Benedikt XVI., drei Jahre nach seiner Publikation die Bischöfe zu einer Überprüfung der Anwendung des Motu Proprio Summorum Pontificum einzuladen, hat die Kongregation für die Glaubenslehre im Jahr 2020 eine umfassende Konsultation der Bischöfe durchgeführt, deren Ergebnisse im Licht der in diesen Jahren gereiften Erfahrungen sorgsam erwogen wurden.
Nachdem ich nun die von den Bischöfen geäußerten Wünsche erwogen und die Meinung der Glaubenskongregation gehört habe, ist es meine Absicht, mit diesem Apostolischen Schreiben in der beständigen Suche nach der kirchlichen Gemeinschaft weiter fortzuschreiten. Daher habe ich es für angemessen gehalten, Folgendes zu bestimmen:
Art. 1. Die von den heiligen Päpsten Paul VI. und Johannes Paul II. in Übereinstimmung mit den Dekreten des Zweiten Vatikanischen Konzils promulgierten liturgischen Bücher sind die einzige Ausdrucksform der lex orandi des Römischen Ritus.
Art. 2. Dem Diözesanbischof als Leiter, Förderer und Wächter des gesamten liturgischen Lebens in der ihm anvertrauten Teilkirche[5] obliegt die Regelung der liturgischen Feiern in der eigenen Diözese.[6] Daher ist es seine ausschließliche Zuständigkeit, den Gebrauch des Missale Romanum von 1962 in seiner Diözese zu gestatten und dabei den Weisungen des Apostolischen Stuhles zu folgen.
Art. 3. In den Diözesen, in denen es bisher eine oder mehrere Gruppen gibt, die nach dem Missale vor der Reform von 1970 zelebrieren, hat der Bischof:
§1 sicherzustellen, dass diese Gruppen nicht die Gültigkeit und die Legitimität der Liturgiereform, der Bestimmungen des Zweiten Vatikanischen Konzils und des Lehramtes der Päpste ausschließen;
§2 einen oder mehrere Orte zu bestimmen, wo die Gläubigen, die zu diesen Gruppen gehören, sich zur Eucharistiefeier versammeln können (jedoch nicht in den Pfarrkirchen und ohne neue Personalpfarreien zu errichten);
§3 am angegebenen Ort die Tage zu bestimmen, an denen die Feier der Eucharistie unter Verwendung des vom heiligen Johannes XXIII. 1962 promulgierten Römischen Messbuchs möglich ist.[7] Bei diesen Feiern sollen die Lesungen in der Volkssprache vorgetragen werden, wobei die Übersetzungen der Heiligen Schrift zu verwenden sind, die von den jeweiligen Bischofskonferenzen für den liturgischen Gebrauch approbiert wurden;
§4 einen Priester zu ernennen, der als Beauftragter des Bischofs mit der Zelebration und der pastoralen Sorge für diese Gruppen von Gläubigen beauftragt wird. Der Priester soll für diese Aufgabe geeignet sein, eine Kompetenz im Hinblick auf den Gebrauch des Missale Romanum vor der Reform von 1970 besitzen, eine derartige Kenntnis der lateinischen Sprache haben, die es ihm erlaubt, die Rubriken und die liturgischen Texte vollständig zu verstehen, von einer lebendigen pastoralen Liebe und einem Sinn für die kirchliche Gemeinschaft beseelt sein. Es ist nämlich erforderlich, dass dem beauftragten Priester nicht nur die würdige Feier der Liturgie, sondern auch die pastorale und spirituelle Sorge um die Gläubigen am Herzen liegt;
§5 in den Personalpfarreien, die zum Wohl dieser Gläubigen kanonisch errichtet worden sind, eine entsprechende Überprüfung in Bezug auf deren tatsächliche Nützlichkeit für das geistliche Wachstum durchzuführen und zu bewerten, ob sie beizubehalten sind oder nicht;
§6 dafür Sorge zu tragen, die Bildung neuer Gruppen nicht zu genehmigen.
Art. 4. Die Priester, die nach der Veröffentlichung dieses Motu Proprio geweiht werden und beabsichtigen, nach dem Missale Romanum von 1962 zu zelebrieren, müssen eine formale Anfrage an den Diözesanbischof richten, der vor der Erteilung der Genehmigung den Apostolischen Stuhl konsultiert.
Art. 5. Die Priester, die schon nach dem Missale Romanum von 1962 zelebrieren, erbitten vom Diözesanbischof die Genehmigung, weiterhin von dieser Befugnis Gebrauch zu machen.
Art. 6. Die Institute des geweihten Lebens und die Gesellschaften des apostolischen Lebens, die seinerzeit von der Päpstlichen Kommission Ecclesia Dei errichtet wurden, gehen in die Zuständigkeit der Kongregation für die Institute des geweihten Lebens und der Gesellschaften apostolischen Lebens über.
Art. 7. Die Kongregation für den Gottesdienst und die Sakramentenordnung sowie die Kongregation für die Institute des geweihten Lebens und der Gesellschaften apostolischen Lebens üben im Hinblick auf die Materien, für die sie zuständig sind, die Autorität des Heiligen Stuhls aus, indem sie über die Beachtung dieser Bestimmungen wachen.
Art. 8. Die vorausgehenden Normen, Instruktionen, Gewährungen und Gewohnheiten, die nicht dem entsprechen, was in diesem Motu Proprio festgelegt wird, sind außer Kraft gesetzt.
Ich ordne an, dass all das, was ich mit diesem Apostolischen Schreiben in Form eines Motu Proprio entschieden habe, in allen seien Teilen, ungeachtet einer entgegenstehenden Sache, auch wenn sie besonderer Erwähnung wert wäre, befolgt wird. Ich lege fest, dass es durch Veröffentlichung im „L’Osservatore Romano“ promulgiert wird, unmittelbar in Kraft tritt und später im Amtsblatt des Heiligen Stuhls Acta Apostolicae Sedis veröffentlicht wird.
Gegeben zu Rom, bei St. Johannes im Lateran, am 16. Juli 2021, dem Gedenktag Unserer Lieben Frau auf dem Berge Karmel, im neunten Jahr unseres Pontifikates.
FRANZISKUS
_____________________
[1] Vgl. Zweites Vatikanisches Ökumenisches Konzil, Dogmatische Konstitution über die Kirche Lumen gentium (21. November 1964), 23: AAS 57 (1965) 27.
[2] Vgl. Zweites Vatikanisches Ökumenisches Konzil, Dogmatische Konstitution über die Kirche Lumen gentium (21. November 1964), 27: AAS 57 (1965) 32; Zweites Vatikanisches Ökumenische Konzil, Dekret über die Hirtenaufgabe der Bischöfe Christus Dominus (28. Oktober 1965), 11: AAS 58 (1966) 677-678; Katechismus der Katholischen Kirche, 833.
[3] Vgl. Johannes Paul II., Apostolisches Schreiben in Form eines Motu Proprio Ecclesia Dei (2. Juli 1988): AAS 80 (1998) 1495-1498; Benedikt XVI., Apostolisches Schreiben in Form eines Motu Proprio Summorum Pontificum (7. Juli 2007): AAS 99 (2007) 777-781; Apostolisches Schreiben in Form eines Motu Proprio Ecclesiae unitatem (2. Juli 2009): AAS 101 (2009) 710-711.
[4] Johannes Paul II., Apostolisches Schreiben in Form eines Motu Proprio Ecclesia Dei (2. Juli 1988), 5: AAS 80 (1988) 1498.
[5] Vgl. Zweites Vatikanisches Ökumenisches Konzil, Konstitution über die heilige Liturgie Sacrosanctum Concilium (4. Dezember 1963), 41: AAS 56 (1964) 111; Caeremoniale Episcoporum, 9; Kongregation für den Gottesdienst und die Sakramentenordnung, Instruktion Redemptionis Sacramentum über einige Dinge bezüglich der heiligsten Eucharistie, die einzuhalten und zu vermeiden sind (25. März 2004), 19-25: AAS 96 (2004) 555-557.
[6] Vgl. Codex Iuris Canonici, can. 375 §1; can. 392.
[7] Vgl. Kongregation für die Glaubenslehre, Dekret Quo magis bezüglich der Approbation von sieben neuen Präfationen für die außerordentliche Form des Römischen Ritus (22. Februar 2020) und Dekret Cum sanctissima bezüglich der liturgischen Feiern zu Ehren der Heiligen in der außerordentlichen Form des Römischen Ritus (22. Februar 2020): L’Osservatore Romano, 26. März 2020, S. 6.
[01014-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]