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Santa Messa per la comunità dei fedeli del Myanmar residenti a Roma, 16.05.2021


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 10.00 di questa mattina, presso l’Altare della Cattedra, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha celebrato la Santa Messa per la comunità dei fedeli del Myanmar residenti a Roma.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica:

Omelia del Santo Padre

Nelle ultime ore della sua vita, Gesù prega. Nel momento doloroso del congedo dai suoi discepoli e da questo mondo, Gesù prega per i suoi amici. Mentre nel suo cuore e nella sua carne sta portando tutto il peccato del mondo, Gesù continua ad amarci e prega per noi. Dalla preghiera di Gesù impariamo anche noi ad attraversare i momenti drammatici e dolorosi della vita. Fermiamoci in particolare su un verbo con cui Gesù prega il Padre: custodire. Cari fratelli e sorelle, mentre il vostro amato Paese, il Myanmar, è segnato dalla violenza, dal conflitto, dalla repressione, ci domandiamo: cosa siamo chiamati a custodire?

In primo luogo custodire la fede. Dobbiamo custodire la fede per non soccombere al dolore e non precipitare nella rassegnazione di chi non vede più una via d’uscita. Prima delle parole, infatti, il Vangelo ci fa contemplare un atteggiamento di Gesù: l’Evangelista dice che pregava «alzati gli occhi al cielo» (Gv 17,1). Sono le ore finali della sua vita, sente il peso dell’angoscia per la passione che si avvicina, avverte l’oscurità della notte che sta per abbattersi su di Lui, si sente tradito e abbandonato; ma proprio in quel momento, anche in quel momento, Gesù alza gli occhi al cielo. Alza lo sguardo verso Dio. Non abbassa la testa davanti al male, non si lascia schiacciare dal dolore, non si ripiega nell’amarezza di chi è sconfitto e deluso, ma guarda in alto. Lo aveva raccomandato anche ai suoi: quando Gerusalemme sarà invasa dagli eserciti e i popoli saranno in ansia e fuggiranno e ci saranno paura e devastazione, proprio allora «alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (Lc 21,28). Custodire la fede è tenere lo sguardo alto verso il cielo mentre sulla terra si combatte e si sparge il sangue innocente. È non cedere alla logica dell’odio e della vendetta, ma restare con lo sguardo rivolto a quel Dio dell’amore che ci chiama ad essere fratelli tra di noi.

La preghiera ci apre alla fiducia in Dio anche nei momenti difficili, ci aiuta a sperare contro tutte le evidenze, ci sostiene nella battaglia quotidiana. Non è una fuga, un modo per scappare dai problemi. Al contrario, è l’unica arma che abbiamo per custodire l’amore e la speranza in mezzo a tante armi che seminano morte. Non è facile alzare lo sguardo quando siamo nel dolore, ma la fede ci aiuta a vincere la tentazione di ripiegarci su noi stessi! Forse vorremmo protestare, gridare la nostra sofferenza anche a Dio: non dobbiamo avere paura, anche questa è preghiera. Diceva un’anziana ai suoi nipoti: “Anche arrabbiarsi con Dio può essere una preghiera”; la saggezza dei giusti e dei semplici, che sanno alzare gli occhi nei momenti difficili… In certi momenti, è una preghiera che Dio accoglie più delle altre perché nasce da un cuore ferito, e il Signore sempre ascolta il grido del suo popolo e asciuga le sue lacrime. Cari fratelli e sorelle, non smettete di guardare in alto. Custodite la fede!

Un secondo aspetto del custodire: custodire l’unità. Gesù prega il Padre perché custodisca i suoi nell’unità. Perché siano «una sola cosa» (Gv 17,21), una sola famiglia dove regnano l’amore e la fraternità. Egli conosceva il cuore dei suoi discepoli; a volte li aveva visti discutere su chi dovesse essere il più grande, chi dovesse comandare. Questa è una malattia mortale: la divisione. La sperimentiamo nel nostro cuore, perché spesso siamo divisi anche in noi stessi; la sperimentiamo nelle famiglie, nelle comunità, tra i popoli, perfino nella Chiesa. Sono tanti i peccati contro l’unità: le invidie, le gelosie, la ricerca di interessi personali invece che del bene di tutti, i giudizi contro gli altri. E questi piccoli conflitti che ci sono tra di noi si riflettono poi nei grandi conflitti, come quello che vive in questi giorni il vostro Paese. Quando gli interessi di parte, la sete di profitto e di potere prendono il sopravvento, scoppiano sempre scontri e divisioni. L’ultima raccomandazione che Gesù fa prima della sua Pasqua è l’unità. Perché la divisione viene dal diavolo che è il divisore, il grande bugiardo che sempre divide.

Siamo chiamati a custodire l’unità, a prendere sul serio questa accorata supplica di Gesù al Padre: essere una cosa sola, formare una famiglia, avere il coraggio di vivere legami di amicizia, di amore, di fratellanza. Quanto bisogno c’è, soprattutto oggi, di fraternità! So che alcune situazioni politiche e sociali sono più grandi di voi, ma l’impegno per la pace e la fraternità nasce sempre dal basso: ciascuno, nel piccolo, può fare la sua parte. Ciascuno può impegnarsi a essere, nel piccolo, un costruttore di fraternità, a essere seminatore di fraternità, a lavorare per ricostruire ciò che si è spezzato invece che alimentare la violenza. Siamo chiamati a farlo, anche come Chiesa: promuoviamo il dialogo, il rispetto per l’altro, la custodia del fratello, la comunione! E non lasciamo entrare nella Chiesa la logica dei partiti, la logica che divide, la logica che mette al centro ognuno di noi, scartando gli altri. Questo distrugge: distrugge la famiglia, distrugge la Chiesa, distrugge la società, distrugge noi stessi.

Infine, la terza cosa, custodire la verità. Gesù chiede al Padre di consacrare nella verità i suoi discepoli, che sono mandati per il mondo a proseguire la sua missione. Custodire la verità non significa difendere delle idee, diventare guardiani di un sistema di dottrine e di dogmi, ma restare legati a Cristo ed essere consacrati al suo Vangelo. La verità, nel linguaggio dell’apostolo Giovanni, è Cristo stesso, rivelazione dell’amore del Padre. Gesù prega perché, vivendo nel mondo, i discepoli non seguano i criteri di questo mondo. Che non si lascino affascinare dagli idoli, ma custodiscano l’amicizia con Lui; che non pieghino il Vangelo alle logiche umane e mondane, ma custodiscano integro il suo messaggio. Custodire la verità significa essere profeti in tutte le situazioni della vita, essere cioè consacrati al Vangelo e diventarne testimoni anche quando questo costa il prezzo di andare controcorrente. A volte, noi cristiani cerchiamo il compromesso, ma il Vangelo ci chiede di essere nella verità e per la verità, donando la vita per gli altri. E dove c’è guerra, violenza, odio, essere fedeli al Vangelo e artigiani di pace significa impegnarsi, anche attraverso le scelte sociali e politiche, rischiando la vita. Solo così le cose possono cambiare. Il Signore non ha bisogno di gente tiepida: ci vuole consacrati nella verità e nella bellezza del Vangelo, perché possiamo testimoniare la gioia del Regno di Dio anche nella notte buia del dolore e quando il male sembra più forte.

Carissimi fratelli e sorelle, oggi voglio portare sull’altare del Signore le sofferenze del vostro popolo e pregare con voi perché Dio converta i cuori di tutti alla pace. La preghiera di Gesù ci aiuti a custodire la fede anche nei momenti difficili, a essere costruttori di unità, a rischiare la vita per la verità del Vangelo. Per favore non perdete la speranza: Gesù ancora oggi prega il Padre, fa vedere al Padre, nella sua preghiera, le piaghe con le quali ha pagato la nostra salvezza; con questa preghiera Gesù prega e intercede per tutti noi, perché ci custodisca dal maligno e ci liberi dal potere del male.

[00659-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Dans les dernières heures de sa vie, Jésus prie. Au moment douloureux de la séparation d’avec ses disciples et du monde, Jésus prie pour ses amis. Alors que dans son cœur et dans sa chair il porte tout le péché du monde, Jésus continue à nous aimer et prie pour nous. De la prière de Jésus, nous apprenons, nous aussi, à traverser les moments dramatiques et douloureux de la vie. Arrêtons-nous en particulier sur un verbe avec lequel Jésus prie le Père : garder. Chers frères et sœurs, alors que votre bien-aimé pays, le Myanmar, est marqué par la violence, le conflit, la répression, nous nous demandons : que sommes-nous appelés à garder ?

En premier lieu, garder la foi. Nous devons garder la foi pour ne pas succomber à la douleur et ne pas tomber dans la résignation de ceux qui ne voient plus d’issue. En effet, avant les paroles, l’Évangile nous fait contempler une attitude de Jésus: l’Évangéliste dit qu’il priait «les yeux levés au ciel» (Jn 17, 1). Ce sont les dernières heures de sa vie, il sent le poids de l’angoisse de la passion qui s’approche, il ressent l’obscurité de la nuit qui est sur le point de s’abattre sur lui, il se sent trahi et abandonné;mais justement à ce moment-là, même à ce moment-là, Jésus lève les yeux au ciel.Il lève les yeux vers Dieu. Il ne baisse pas la tête face au mal, il ne se laisse pas écraser par la douleur, il ne se replie pas dans l’amertume de ceux qui sont vaincus et déçus, mais il regarde en haut.Il l’avait aussi recommandé aux siens: lorsque Jérusalem sera envahie par les armées, et que les peuples seront dans l’inquiétude et fuiront, et qu’il y aura la peur et la dévastation, alors « redressez-vous et relevez la tête, car votre rédemption approche » (Lc 21, 28). Garder la foi, c’est garder le regard levé vers le ciel pendant que sur la terre l’on combat et l’on répand le sang innocent. C’est ne pas céder à la logique de la haine et de la vengeance, mais rester le regard tourné vers ce Dieu d’amour qui nous appelle à être des frères entre nous.

La prière nous ouvre à la confiance en Dieu même dans les moments difficiles, elle nous aide à espérer contre toutes les évidences, elle nous soutient dans la bataille quotidienne.Elle n’est pas une fuite, ni un moyen pour échapper aux problèmes.Au contraire, elle est l’unique arme dont nous disposons pour garder l’amour et l’espérance au milieu de tant d’armes qui sèment la mort.Il n’est pas facile de lever les yeux quand nous sommes dans la douleur, mais la foi nous aide à vaincre la tentation de nous replier sur nous-mêmes! Peut-être voudrions-nous protester, crier également notre souffrance à Dieu: nous ne devons pas avoir peur, même cela aussi est prière. Une vieille dame disait à ses petits-enfants: “Même s’énerver contre Dieu peut être une prière”; la sagesse des justes et des simples, qui savent lever les yeux dans les moments difficiles… A certains moments, c’est une prière que Dieu accueille plus que les autres parce qu’elle naît d’un cœur blessé, et le Seigneur écoute toujours le cri de son peuple et essuie ses larmes.Chers frères et sœurs, ne cessez pas de regarder en haut.Gardez la foi !

Un second aspect de garder: garder l’unité. Jésus prie le Père pour qu’il garde les siens dans l’unité. Pour qu’ils soient «un » (Jn 17, 21), une seule famille où règnent l’amour et la fraternité. Il connaissait le cœur de ses disciples; il les avait vus quelquefois discuter sur qui devait être le plus grand, qui devait commander. C’est une maladie mortelle: la division.Nous l’expérimentons dans notre cœur parce que nous sommes souvent divisés aussi en nous-mêmes ;nous l’expérimentons dans les familles, dans les communautés, entre les peuples, même dans l’Eglise.Les péchés contre l’unité sont nombreux: les envies, les jalousies, la recherche d’intérêts personnels plutôt que du bien de tous, les jugements contre les autres. Et ces petits conflits qui existent entre nous se reflètent ensuite dans les grands conflits, comme celui que vit votre pays en ces jours-ci. Quand les intérêts partisans, la soif de profit et de pouvoir prennent le dessus, des affrontements et des divisions éclatent toujours.La dernière recommandation que Jésus fait avant sa Pâque est l’unité.Parce que la division vient du diable qui est le diviseur, le grand menteur qui divise toujours.

Nous sommes appelés à garder l’unité, à prendre au sérieux cette importante supplication de Jésus au Père: être un, former une famille, avoir le courage de vivre des liens d’amitié, d’amour, de fraternité. Combien il y a besoin, surtout aujourd’hui, de fraternité !Je sais que certaines situations politiques et sociales vous dépassent, mais l’engagement pour la paix et la fraternité naît toujours d’en bas: chacun, à son niveau, peut faire sa part.Chacun peut s’engager à être, à son niveau, un constructeur de fraternité, à être semeur de fraternité, à travailler à reconstruire ce qui s’est brisé au lieu d’alimenter la violence.Nous sommes appelés à le faire, également en tant qu’Eglise: promouvons le dialogue, le respect de l’autre, la protection du frère, la communion ! Et ne laissons pas entrer dans l’Église la logique des partis, la logique qui divise, la logique qui met chacun de nous au centre, en écartant les autres. Cela détruit: détruit la famille, détruit l’Eglise, détruit la société, détruit nous-mêmes.

Enfin, la troisième chose, garder la vérité. Jésus demande au Père de consacrer dans la vérité ses disciples qui sont envoyés à travers le monde pour poursuivre sa mission. Garder la vérité ne signifie pas défendre des idées, devenir gardiens d’un système de doctrines et de dogmes, mais rester liés au Christ et être consacrés à son Evangile. La vérité, dans le langage de l’apôtre Jean, c’est le Christ lui-même, révélation de l’amour du Père. Jésus prie pour que, vivant dans le monde, les disciples ne suivent pas les critères de ce monde. Qu’ils ne se laissent pas fasciner par les idoles, mais qu’ils gardent l’amitié avec lui ; qu’ils ne plient pas l’Evangile aux logiques humaines et mondaines, mais qu’ils gardent intact son message. Garder la vérité signifie être prophètes dans toutes les situations de la vie, c’est-à-dire être consacrés à l’Evangile et en devenir des témoins même au prix d’aller à contre-courant. Parfois, nous chrétiens, nous cherchons des compromis, mais l’Evangile nous demande d’être dans la vérité et pour la vérité, en donnant notre vie pour les autres. Et là où il y a guerre, violence, haine, être fidèles à l’Evangile et artisans de paix signifie s’engager, également à travers les choix sociaux et politiques, en risquant notre vie. Ce n’est qu’ainsi que les choses peuvent changer.Le Seigneur n’a pas besoin de personnes tièdes: il nous veut consacrés dans la vérité et dans la beauté de l’Evangile, pour que nous puissions témoigner de la joie du Royaume de Dieu même dans la nuit sombre de la douleur et quand le mal semble plus fort.

Chers frères et sœurs, je veux porter aujourd’hui sur l’Autel du Seigneur les souffrances de votre peuple et prier avec vous pour que Dieu convertisse les cœurs de tous à la paix. Que la prière de Jésus nous aide à garder la foi même dans les moments difficiles, à être constructeurs d’unité, à risquer notre vie pour la vérité de l’Evangile. S’il vous plaît ne perdez pas l’espérance: Jésus prie aujourd’hui encore le Père, il fait voir au Père, dans sa prière, les plaies par lesquelles il a payé notre salut; par cette prière, Jésus prie et intercède pour nous tous, afin qu’il nous protège du malin et qu’il nous libère du pouvoir du mal.

[00659-FR.02] [Texte original: Italien]

 

Traduzione in lingua inglese

In the last hours of his life, Jesus prays. In those sorrowful moments, as he prepares to take leave of his disciples and this world, Jesus prays for his friends. Even though he bears in his heart and in his flesh all the sin of the world, Jesus continues to love us and pray for us. From his prayer, we learn how to deal with dramatic and painful moments in our own lives. Let us think about one particular word that Jesus uses in his prayer to Father: it is the word “keep”. Dear brothers and sisters, in these days when your beloved country of Myanmar is experiencing violence, conflict and repression, let us ask ourselves: what we are being called to keep?

In the first place, to keep the faith. We need to keep the faith lest we yield to grief or plunge into the despair of those who no longer see a way out. In the Gospel, John tells us that Jesus, before uttering a word, “looked up to heaven” (Jn 17:1). In these, the final hours of his life, Jesus is weighed down by anguish at the prospect of his passion, conscious of the dark night he is about to endure, feeling betrayed and abandoned. Yet in same moment, he looks up to heaven. Jesus lifts his eyes to God. He does not resign himself to evil; he does not let himself be overwhelmed by grief; he does not retreat into the bitterness of the defeated and disappointed; instead, he looks to heaven. This was the same advice he had given his disciples: when Jerusalem is invaded by armies, and people are fleeing in dismay amid fear and devastation, he tells them to “stand up and raise your heads, because your redemption is drawing near” (Lk 21:28). To keep the faith is to keep our gaze lifted up to heaven, as here on earth, battles are fought and innocent blood is shed. To keep the faith is to refuse to yield to the logic of hatred and vengeance, but to keep our gaze fixed on the God of love, who calls us to be brothers and sisters to one another.

Prayer leads us to trust in God even in times of difficulty. It helps us to hope when things seem hopeless and it sustains us in our everyday struggles. Prayer is not a retreat, an escape, in the face of problems. Instead, it is the only weapon at our disposal for keeping love and hope alive amid the weapons of death. It is not easy to lift our gaze when we are hurting, but faith helps us resist the temptation to turn in on ourselves. We may want to protest, to cry out to God in our pain. We should not be afraid to do so, for this too is prayer. An elderly woman once said to her grandchildren: “being angry with God can also be a form of prayer”; the wisdom of the just and the simple, who know when to lift up their eyes in difficult moments… At times it is a prayer that God hears more than others, since it comes from a wounded heart and the Lord always hears the cry of his people and dries their tears. Dear brothers and sisters, keep looking up to heaven. Keep the faith!

Second, to keep unity. Jesus asks the Father to preserve the unity of his disciples, so that they may be “completely one” (Jn 17:21), one family in which love and fraternity reign. He knew what was in the heart of his disciples; he had seen them argue at times about who was the greatest, who should be in charge. This is a deadly disease: the disease of division. We experience it in our hearts, because we are divided within; we experience it in families and communities, among peoples, even in the Church. Sins against unity abound: envy, jealousy, the pursuit of personal interests rather than the common good, the tendency to judge others. Those little conflicts of ours find a reflection in great conflicts, like the one your country is experiencing in these days. Once partisan interests and the thirst for profit and power take over, conflicts and divisions inevitably break out. The final appeal that Jesus makes before his Passover is an appeal for unity. For division is of the devil, the great divider and the great liar who always creates division.

We are called to keep unity, to take seriously this heartfelt plea of Jesus to the Father: to be completely one, to be a family, to find the courage live in friendship, love and fraternity. What great need we have, especially today, for fraternity! I know that some political and social situations are bigger than we are. Yet commitment to peace and fraternity always comes from below: each person, in little things, can play his or her part. Each of you can make an effort to be, in little things, a builder of fraternity, a sower of fraternity, someone who works to rebuild what is broken rather than fomenting violence. We are also called to do this as a Church; let us promote dialogue, respect for others, care for our brothers and sisters, communion! We cannot allow a partisan way of thinking to enter into the Church, a way of thinking that divides, that puts each individual in first place while casting others aside. This is very destructive: it destroys the family, the Church, the society and everyone of us.

Finally, and third, we are called to keep the truth. Jesus asks the Father to consecrate his disciples in truth as they will be sent throughout the world to carry on his mission. Keeping the truth does not mean defending ideas, becoming guardians of a system of doctrines and dogmas, but remaining bound to Christ and being devoted to his Gospel. Truth, for the apostle John, is Christ himself, the revelation of the Father’s love. Jesus prays that his disciples, although living in the world, will not follow the criteria of this world. They are not to let themselves be enticed by idols, but to keep their friendship with him; they are not to bend the Gospel to human and worldly ways of thinking, but to preserve his message in its integrity. To keep the truth means to be a prophet in every situation in life, in other words to be consecrated to the Gospel and bear witness to it even when that means going against the current. At times, we Christians want to compromise, but the Gospel asks us to be steadfast in the truth and for the truth, offering our lives for others. Amid war, violence and hatred, fidelity to the Gospel and being peacemakers calls for commitment, also through social and political choices, even at the risk of our lives. Only in this way can things change. The Lord has no use for the lukewarm. He wants us to be consecrated in the truth and the beauty of the Gospel, so that we can testify to the joy of God’s kingdom even in the dark night of grief, even when evil seems to have the upper hand.

Dear brothers and sisters, today I wish to lay upon the Lord’s altar the sufferings of his people and to join you in praying that God will convert all hearts to peace. Jesus’ prayer helps us keep the faith, even in times of difficulty, to be builders of unity and to risk our lives for the truth of the Gospel. Please, do not lose hope: even today, Jesus is interceding before the Father, he stands before the Father in his prayer. He shows the Father, in his prayer, the wounds with which he paid for our salvation. In this prayer Jesus intercedes for all of us, praying that the Father will keep us from the evil one and set us free from evil’s power.

[00659-EN.02] [Original text: Italian]

 

Traduzione in lingua tedesca

In den letzten Stunden seines irdischen Lebens stützt sich Jesus auf das Gebet. Im schmerzlichen Moment des Abschieds von seinen Jüngern und von dieser Welt betet Jesus für seine Freunde. Er trägt im Herzen und auf seinem Leib die Sünde dieser Welt, und zugleich liebt Jesus uns weiter und betet für uns. Von Jesu Gebet lernen wir auch, wie wir die dramatischen und schmerzhaften Momente des Lebens bestehen können. Blicken wir insbesondere auf ein Verb, mit dem Jesus zum Vater betet: bewahren. Liebe Brüder und Schwestern, jetzt, wo euer geliebtes Land Myanmar von Gewalt, Konflikten und Unterdrückung gezeichnet ist, wollen wir uns fragen, was es da zu bewahren gilt.

Zuallererst geht es darum, den Glauben zu bewahren. Wir müssen den Glauben bewahren, um nicht dem Schmerz zu erliegen und nicht in die Resignation derer zu verfallen, die keinen Ausweg mehr sehen. Noch bevor das Evangelium uns die Worte Jesu zur Betrachtung gibt, lenkt es unseren Blick auf seine Haltung: Der Evangelist sagt, dass er »seine Augen zum Himmel« erhob (Joh 17,1). Es sind die letzten Stunden seines Lebens, er spürt die Schwere der Angst angesichts des bevorstehenden Leidens, er spürt die Dunkelheit der Nacht, die über ihn hereinbrechen wird, er fühlt sich verraten und verlassen; aber eben in diesem Moment hebt Jesus seine Augen zum Himmel. Er blickt auf zu Gott. Er lässt nicht den Kopf hängen angesichts des Bösen, er lässt sich nicht vom Schmerz niederdrücken, er fällt nicht zurück in die Bitterkeit der Besiegten und Enttäuschten, sondern er blickt auf. Das hatte er auch den Seinen empfohlen: Wenn Heere in Jerusalem einfallen und die Völker erschrecken und fliehen und allenthalben Angst und Verwüstung herrschen, gerade dann »richtet euch auf und erhebt eure Häupter, denn eure Erlösung ist nahe« (Lk 21,28). Den Glauben zu bewahren bedeutet, den Blick zum Himmel zu erheben, während auf Erden gekämpft und unschuldiges Blut vergossen wird. Es bedeutet, nicht der Logik des Hasses und der Rache nachzugeben, sondern immer fest auf den Gott der Liebe zu blicken, der uns ruft, untereinander Brüder und Schwestern zu sein.

Das Gebet macht uns offen dafür, auch in schwierigen Zeiten auf Gott zu vertrauen, es hilft uns, trotz aller Widrigkeiten zu hoffen, es stärkt uns im täglichen Kampf. Das Gebet ist keine Flucht, es bedeutet nicht, vor den Problemen wegzulaufen. Im Gegenteil, es ist die einzige Waffe, die wir haben, um Liebe und Hoffnung zu bewahren inmitten so vieler todbringender Waffen. Es ist nicht leicht, den Blick zu erheben, wenn wir Schmerzen haben, aber der Glaube hilft uns, die Versuchung zu überwinden, uns in uns selbst zurückzuziehen! Vielleicht möchten wir protestieren und auch Gott unser Leid laut klagen. Davor sollten wir keine Angst haben, auch das ist Gebet. Eine ältere Frau sagte einmal zu ihren Enkelkindern: „Selbst wenn man sich über Gott ärgert, kann das ein Gebet sein“; das ist die Weisheit der Gerechten und Einfältigen, die wissen, wie man in schwierigen Zeiten aufblickt ... In bestimmten Situationen ist solch ein Gebet Gott willkommener als andere Gebete, weil es aus einem verwundeten Herzen kommt. Und der Herr hört immer den Schrei seines Volkes und wischt seine Tränen ab. Liebe Brüder und Schwestern, hört nicht auf, nach oben zu schauen. Bewahrt den Glauben!

Ein weiterer Aspekt dieses Bewahrens ist die Bewahrung der Einheit. Jesus betet zum Vater, er möge die Seinen in der Einheit bewahren. Sie »sollen eins sein« (Joh 17,21), eine Familie, in der Liebe und Geschwisterlichkeit herrschen. Er kannte die Herzen seiner Jünger; gelegentlich hatte er erlebt, wie sie darüber diskutierten, wer der Größte sei, wer am meisten zu sagen habe. Dies ist eine tödliche Krankheit: die Spaltung. Wir erleben das in unseren Herzen, weil wir oft sogar in uns selbst gespalten sind; wir erleben das in Familien, in Gemeinschaften, unter Völkern, sogar in der Kirche. Es gibt viele Sünden gegen die Einheit: Neid, Eifersucht, das Verfolgen von persönlichen Interessen statt des Wohls aller, Urteile gegen andere. Und diese kleinen Konflikte, die es unter uns gibt, spiegeln sich dann in den großen Konflikten wider, wie zum Beispiel dem, den euer Land in diesen Tagen erlebt. Wenn Interessen einzelner Gruppen, wenn Profit- und Machtstreben die Oberhand gewinnen, kommt es immer zu Auseinandersetzungen und Spaltungen. Die letzte Empfehlung, die Jesus vor seinem Tod und seiner Auferstehung ausspricht, ist die Einheit. Denn die Spaltung kommt vom Teufel, der der Spalter ist, der große Lügner, der immer spaltet.

Wir sind aufgerufen, die Einheit zu wahren, diese betrübte Bitte Jesu an den Vater ernst zu nehmen: eins zu sein, eine Familie zu bilden, den Mut zu haben, in Freundschaft, Liebe und Brüderlichkeit verbunden zu sein. Wie sehr bedürfen wir heute der Geschwisterlichkeit! Ich weiß, dass ihr einige politische und soziale Gegebenheiten kaum beeinflussen könnt, aber der Einsatz für Frieden und Brüderlichkeit kommt immer von unten: jeder kann im Kleinen seinen Teil dazu beitragen. Anstatt der Gewalt Nahrung zu geben, kann sich jeder nach den eigenen kleinen Möglichkeiten als Baumeister der Geschwisterlichkeit, als Sämann der Brüderlichkeit und bei der Wiederherstellung dessen, was in die Brüche gegangen ist, engagieren. Dazu sind wir aufgerufen, auch als Kirche: Fördern wir den Dialog, den Respekt vor dem anderen, die Sorge um die Brüder und Schwestern, die Gemeinschaft! Und lassen wir nicht ein „Denken in Parteien“ in die Kirche eindringen, ein Denken das spaltet, ein Denken, welches das Eigene in den Mittelpunkt stellt und die anderen ausschließt. Das zerstört: Es zerstört die Familie, es zerstört die Kirche, es zerstört die Gesellschaft, es zerstört uns selbst.

Und drittens geht es dann um das Hüten der Wahrheit. Jesus bittet den Vater darum, seine Jünger, die in die Welt hinausgesandt werden, damit sie seine Mission fortzusetzen, in der Wahrheit zu heiligen. Die Wahrheit zu hüten bedeutet nicht, irgendwelche Ideen zu verteidigen, über ein System von Lehrmeinungen und Glaubenssätzen zu wachen, sondern Christus verbunden zu bleiben und seinem Evangelium geweiht zu sein. Die Wahrheit, in der Sprache des Apostels Johannes, ist Christus selbst, die Offenbarung der Liebe des Vaters. Jesus betet, dass die Jünger, die in der Welt leben, nicht den Maßstäben dieser Welt folgen. Dass sie nicht der Faszination irgendwelcher Götzen erliegen, sondern die Freundschaft mit ihm bewahren; dass sie das Evangelium nicht der menschlichen und weltlichen Logik beugen, sondern seine Botschaft unversehrt bewahren. Die Wahrheit zu bewahren bedeutet, in allen Lebenssituationen Propheten zu sein, das heißt, dem Evangelium geweiht zu sein und seine Zeugen zu sein, auch wenn das nur um den Preis zu haben ist, dass man gegen den Strom schwimmen muss. Manchmal suchen wir Christen den Kompromiss, aber das Evangelium verlangt von uns, in der Wahrheit und für die Wahrheit zu sein und unser Leben für die Anderen hinzugeben. Und dort, wo es Krieg, Gewalt und Hass gibt, bedeutet dem Evangelium treu zu sein und Handwerker des Friedens zu sein, sich zu engagieren, auch mit sozialen und politischen Entscheidungen, mit denen man sein Leben riskiert. Nur so können sich die Dinge ändern. Der Herr braucht keine lauwarmen Menschen: Er möchte, dass wir in der Wahrheit und Schönheit des Evangeliums geheiligt sind, damit wir die Freude am Reich Gottes bezeugen können, auch in der dunklen Nacht des Leidens und auch wenn das Böse scheinbar die Oberhand gewinnt.

Liebe Brüder und Schwestern, heute möchte ich die Leiden eures Volkes zum Altar des Herrn bringen und mit euch beten, dass Gott die Herzen aller zum Frieden bekehren möge. Das Gebet Jesu helfe uns, auch in schwierigen Zeiten den Glauben zu bewahren, Baumeister der Einheit zu sein, unser Leben für die Wahrheit des Evangeliums zu riskieren. Bitte verliert nicht die Hoffnung: Jesus betet auch weiterhin zum Vater, er zeigt dem Vater in seinem Gebet die Wunden, durch die er uns das Heil erworben hat. Mit diesem Gebet tritt Jesus beim Vater für uns alle ein, damit er uns vor dem Bösen bewahre und aus seiner Macht befreie.

[00659-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

 

Traduzione in lingua spagnola

En las últimas horas de su vida, Jesús reza. En el momento doloroso de la despedida de sus discípulos y de este mundo, Jesús ruega por sus amigos. Mientras en su corazón y en su carne está cargando con todo el pecado del mundo, Jesús continúa amándonos y ruega por nosotros. Teniendo como modelo la oración de Jesús, aprendamos también nosotros a atravesar los momentos dramáticos y dolorosos de la vida. Detengámonos en particular en el verbo con el que Jesús ruega al Padre: cuidar. Queridos hermanos y hermanas, mientras Myanmar, vuestro amado país, está marcado por la violencia, el conflicto y la represión, nos preguntamos: ¿Qué debemos cuidar?

En primer lugar, cuidar la fe. Debemos custodiar la fe para no sucumbir al dolor ni dejarnos caer en la resignación de quien ya no ve una salida. Antes que las palabras, de hecho, el Evangelio nos presenta una actitud de Jesús. El Evangelista dice que rezaba levantando «los ojos al cielo» (Jn 17,1). Son las horas finales de su vida, siente el peso de la angustia por la pasión que se acerca, advierte la oscuridad de la noche que está por caer sobre Él, se siente traicionado y abandonado; pero justo en ese momento, en ese preciso instante, Jesús levanta los ojos al cielo. Levanta la mirada hacia Dios. No baja la cabeza ante el mal, no se deja aplastar por el dolor ni se aísla en la amargura de quien está derrotado y decepcionado, sino que mira hacia lo alto. Lo había recomendado también a los suyos: cuando Jerusalén esté rodeada por ejércitos y los pueblos huyan angustiados, y haya miedo y devastación, precisamente entonces «tengan ánimo y levanten la cabeza, porque se acerca su liberación» (Lc 21,28). Custodiar la fe es mantener la mirada en alto, hacia el cielo, mientras sobre la tierra se combate y se derrama sangre inocente. Es no ceder a la lógica del odio y de la venganza, sino permanecer con la mirada puesta en ese Dios de amor que nos llama a ser hermanos entre nosotros.

La oración nos abre a la confianza en Dios incluso en los momentos difíciles, nos ayuda a esperar contra todas las evidencias, nos sostiene en la batalla cotidiana. No es una fuga, un modo de escapar de los problemas. Al contrario, es la única arma que tenemos para cuidar el amor y la esperanza en medio de tantas armas que siembran muerte. No es fácil alzar la mirada cuando estamos en medio del dolor, pero la fe nos ayuda a vencer la tentación de replegarnos en nosotros mismos. Tal vez quisiéramos protestar, expresar a gritos, incluso a Dios, nuestro sufrimiento. No debemos tener miedo, porque también esto es oración. Decía una anciana a sus nietos: “También enfadarse con Dios puede ser una oración”; la sabiduría de los justos y de los sencillos, que saben levantar los ojos en los momentos difíciles… En ciertos momentos, es una oración que Dios acoge más que otras porque nace de un corazón herido, y el Señor escucha siempre el grito de su pueblo y enjuga sus lágrimas. Queridos hermanos y hermanas, no dejen de mirar a lo alto. Cuiden la fe.

Un segundo aspecto del cuidar: cuidar la unidad. Jesús reza al Padre para que guarde a los suyos en la unidad, para que «todos sean uno» (Jn 17,21), una sola familia donde reinan el amor y la fraternidad. Él conocía el corazón de sus discípulos; a veces los había visto discutir sobre quién debía ser el más grande, quién debía mandar. Esta es una enfermedad mortal: la división. La experimentamos en nuestro corazón, porque frecuentemente estamos divididos dentro de nosotros mismos. Experimentamos la división en las familias, en las comunidades, entre los pueblos, incluso en la Iglesia. Son muchos los pecados contra la unidad: las envidias, los celos, la búsqueda de intereses personales en vez del bien de todos, los juicios contra los otros. Y estos pequeños conflictos que tenemos entre nosotros se reflejan después en los grandes conflictos, como el que vive en estos días vuestro país. Cuando los intereses de parte, la sed de ventajas y de poder se imponen, estallan siempre enfrentamientos y divisiones. La última recomendación que Jesús hace antes de su Pascua es la unidad. Porque la división viene del diablo que es el que divide, el gran mentiroso que siempre divide.

Estamos llamados a cuidar la unidad, a tomar en serio esta apremiante súplica de Jesús al Padre: que sean uno, que formen una familia, que tengan el valor de vivir vínculos de amistad, de amor, de fraternidad. Cuánta necesidad hay, sobre todo hoy, de fraternidad. Sé que algunas situaciones políticas y sociales son más grandes que ustedes, pero el compromiso por la paz y la fraternidad nace siempre de la base. Cada uno, en lo pequeño, puede hacer su parte. Cada uno, en lo pequeño, puede comprometerse a ser constructor de fraternidad, a ser sembrador de fraternidad, a trabajar en la reconstrucción de lo que se ha roto, en vez de alimentar la violencia. Estamos llamados a hacerlo, también como Iglesia. Promovamos el diálogo, el respeto por el otro, la custodia del hermano, la comunión. Y no dejemos entrar en la Iglesia la lógica de los partidos, la lógica que divide, la lógica que nos pone a cada uno de nosotros al centro, descartando a los demás. Esto destruye: destruye la familia, destruye la Iglesia, destruye la sociedad, nos destruye a nosotros mismos.

Finalmente, la tercera cosa a cuidar, la verdad. Jesús pide al Padre que consagre en la verdad a sus discípulos, que son enviados por el mundo a continuar su misión. Custodiar la verdad no significa defender ideas, convertirnos en guardianes de un sistema de doctrinas y de dogmas, sino permanecer unidos a Cristo y estar consagrados a su Evangelio. La verdad, en el lenguaje del apóstol Juan, es Cristo mismo, revelación del amor del Padre. Jesús ruega para que, viviendo en el mundo, los discípulos no sigan los criterios de este mundo. Para que no se dejen cautivar por los ídolos, sino que cuiden la amistad con Él; que no dobleguen el Evangelio a las lógicas humanas y mundanas, sino que mantengan íntegro su mensaje. Cuidar la verdad significa ser profetas en todas las situaciones de la vida, es decir, estar consagrados al Evangelio y ser testigos aun cuando haya que pagar el precio de ir contracorriente. A veces, nosotros cristianos buscamos un acuerdo, sin embargo, el Evangelio nos pide estar en la verdad y para la verdad, dando la vida por los demás. Y donde hay guerra, violencia y odio, ser fieles al Evangelio y constructores de paz significa comprometerse, también a través de las decisiones sociales y políticas, arriesgando la vida. Sólo así las cosas pueden cambiar. El Señor no necesita gente tibia, nos quiere consagrados a la verdad y a la belleza del Evangelio, para que podamos testimoniar la alegría del Reino de Dios también en la noche oscura del dolor y cuando el mal parece más fuerte.

Queridos hermanos y hermanas, hoy quiero llevar al altar del Señor el sufrimiento de vuestro pueblo y rezar con ustedes para que Dios convierta los corazones de todos a la paz. Que la oración de Jesús nos ayude a cuidar la fe también en los momentos difíciles, a ser constructores de unidad, a arriesgar la vida por la verdad del Evangelio. Por favor, no pierdan la esperanza. Jesús todavía hoy ruega al Padre, en su oración hacer ver al Padre las llagas con las cuales ha pagado nuestra salvación; con esta oración Jesús reza e intercede por todos nosotros, para que nos cuide del maligno y nos libere del poder del mal.

[00659-ES.02] [Texto original: Italiano]

 

Traduzione in lingua portoghese

Nas últimas horas da sua vida, Jesus reza. No momento triste da sua despedida dos discípulos e deste mundo, Jesus reza pelos seus amigos. Ao aproximar-se o momento de carregar no seu coração e na sua carne todo o pecado do mundo, Jesus continua a amar-nos e reza por nós. A partir desta oração de Jesus aprendamos, também nós, a atravessar os momentos dramáticos e dolorosos da vida. Detenhamo-nos de modo particular num verbo usado por Jesus na sua oração ao Pai: guardar. Queridos irmãos e irmãs, tendo diante dos olhos a Birmânia, o vosso amado país ferido pela violência, o conflito, a repressão, perguntemo-nos: Que somos chamados a guardar?

Em primeiro lugar, guardar a fé. Devemos guardar a fé para não sucumbir à tribulação nem cair na resignação de quem já não vê uma via de saída. Com efeito, antes das palavras, o Evangelho faz-nos contemplar uma atitude de Jesus: rezava (diz o evangelista) «levantando os olhos ao céu» (Jo 17, 1). São as horas finais da sua vida, sente o peso da angústia por causa da paixão que se aproxima, pressente a escuridão da noite que está prestes a cair sobre Ele, sente-Se traído e abandonado; e contudo, mesmo num momento como aquele, Jesus levanta os olhos ao céu. Levanta o olhar para Deus. Não curva a cabeça perante o mal, não Se deixa esmagar pela tribulação, não Se fecha na amargura de quem está vencido e desiludido, mas olha para o alto. Isto mesmo tinha recomendado aos seus: quando Jerusalém for sitiada por exércitos e os povos tomados de ansiedade fugirem, quando sobrevier pavor e devastação, precisamente então «cobrai ânimo e levantai a cabeça, porque a vossa redenção está próxima» (Lc 21, 28). Guardar a fé é manter o olhar voltado para o céu, quando na terra se combate e derrama sangue inocente. É não ceder à lógica do ódio e da vingança, mas ficar com o olhar voltado para o Deus do amor que nos chama a ser irmãos entre nós.

A oração abre-nos à confiança em Deus mesmo nos momentos difíceis, ajuda-nos a esperar não obstante todas as evidências em contrário, sustenta-nos na batalha diária. Não é uma fuga, um modo para escapar dos problemas. Pelo contrário, é a única arma que temos para guardar o amor e a esperança no meio de tantas armas que semeiam morte. Não é fácil levantar o olhar quando estamos na tribulação, mas a fé ajuda-nos a vencer a tentação de nos fecharmos em nós mesmos. Talvez nos venha vontade de protestar, gritar o nosso sofrimento também a Deus: não devemos ter medo de o fazer; também isso é oração. Uma senhora idosa dizia aos seus netos: «Zangar-se com Deus também pode ser uma oração». É a sabedoria dos justos e dos simples, que sabem levantar o olhar [para Deus] nos momentos difíceis... Em certos momentos, é uma oração que Deus atende mais depressa que outras, porque nasce dum coração ferido, e o Senhor sempre escuta o clamor do seu povo e enxuga as suas lágrimas. Queridos irmãos e irmãs, não deixeis de olhar para o alto. Guardai a fé!

Um segundo aspeto do guardar: guardar a unidade. Jesus reza ao Pai para que guarde os seus na unidade. Para que «sejam um só» (Jo 17, 21), uma única família onde reinem o amor e a fraternidade. Jesus conhecia o coração dos seus discípulos; às vezes vira-os discutir sobre quem deveria ser o maior, quem deveria mandar. Esta é uma doença mortal: a divisão. Experimentamo-la no nosso coração, porque muitas vezes nos sentimos divididos também dentro de nós mesmos; experimentamo-la nas famílias, nas comunidades, entre os povos, até mesmo na Igreja. São muitos os pecados contra a unidade: as invejas, os ciúmes, a procura de interesses pessoais em vez do bem de todos, os juízos contra os outros. E estes pequenos conflitos que existem entre nós refletem-se depois nos grandes conflitos, como o que tem vivido nestes dias o vosso país. Quando se sobrepõem os interesses partidários, a sede de lucro e poder, sempre se desencadeiam confrontos e divisões. A última recomendação que Jesus faz antes da sua Páscoa é a unidade. Porque a divisão vem do diabo, que é o divisor, o grande mentiroso que sempre divide.

Somos chamados a guardar a unidade, a tomar a sério esta premente súplica de Jesus ao Pai: ser um só, formar uma família, ter a coragem de viver laços de amizade, de amor, de fraternidade. Quanta necessidade há de fraternidade, sobretudo hoje! Sei que algumas situações políticas e sociais são maiores do que vós, mas o empenho pela paz e a fraternidade nasce sempre de baixo: cada qual, na medida das suas possibilidades, deve fazer a própria parte. Cada um há de empenhar-se, na medida das suas possibilidades, por ser um construtor de fraternidade, um semeador de fraternidade, há de trabalhar por reconstruir o que se rompeu em vez de alimentar a violência. Somos chamados a fazê-lo, também como Igreja: promovamos o diálogo, o respeito pelo outro, a custódia do irmão, a comunhão! E não deixemos entrar na Igreja a lógica dos partidos, a lógica que divide, a lógica de quem se coloca ao centro descartando os outros. Isto destrói: destrói a família, destrói a Igreja, destrói a sociedade, destrói-nos a nós próprios.

Por fim, terceira coisa, guardar a verdade. Jesus pede ao Pai para consagrar na verdade os seus discípulos, que são enviados por todo o mundo a fim de continuar a sua missão. Guardar a verdade não significa defender ideias, tornar-se guardiões dum sistema de doutrinas e dogmas, mas permanecer ligados a Cristo e consagrados ao seu Evangelho. A verdade – no dizer do apóstolo João – é o próprio Cristo, revelação do amor do Pai. Jesus reza para que os discípulos, vivendo no mundo, não sigam os critérios deste mundo. Que não se deixem fascinar pelos ídolos, mas guardem a amizade com Ele; que não dobrem o Evangelho às lógicas humanas e mundanas, mas guardem íntegra a sua mensagem. Guardar a verdade significa ser profeta em todas as situações da vida, isto é, consagrar-se ao Evangelho e tornar-se sua testemunha mesmo quando o preço a pagar seja o de ir contra corrente. Às vezes nós, cristãos, procuramos transigir, mas o Evangelho pede-nos que estejamos na verdade e sejamos pela verdade, dando a vida pelos outros. E ser fiéis ao Evangelho e artesãos de paz onde há guerra, violência, ódio significa comprometer-se, mesmo através das opções sociais e políticas, arriscando a vida. Só assim podem mudar as coisas. O Senhor não precisa de gente tíbia: quer-nos consagrados na verdade e na beleza do Evangelho, para podermos testemunhar a alegria do Reino de Deus mesmo na noite escura da tribulação e quando o mal parece mais forte.

Queridos irmãos e irmãs, hoje quero depor sobre o altar do Senhor os sofrimentos do vosso povo e rezar convosco para que Deus converta os corações de todos à paz. Que a oração de Jesus nos ajude a guardar a fé mesmo nos momentos difíceis, ser construtores de unidade, arriscar a vida pela verdade do Evangelho. Por favor, não percais a esperança! Jesus ainda hoje reza ao Pai: na sua oração, faz ver ao Pai as chagas com que pagou a nossa salvação. Com esta oração, Jesus reza e intercede por todos nós, para que nos guarde do maligno e nos livre do poder do mal.

[00659-PO.02] [Texto original: Italiano]

 

Traduzione in lingua polacca

W ostatnich godzinach swojego życia Jezus modli się. W bolesnej chwili pożegnania z uczniami i tym światem, Jezus modli się za swoich przyjaciół. Jezus niosąc w swoim sercu i ciele cały grzech świata, nadal nas kocha i modli się za nas. Z modlitwy Jezusa nauczmy się także i my, jak przeżywać dramatyczne i bolesne chwile życia. Zatrzymajmy się szczególnie nad czasownikiem, którym Jezus modli się do Ojca: zachować. Drodzy bracia i siostry, w chwili, gdy wasza umiłowana ojczyzna, Mjanma, naznaczony jest przemocą, konfliktami i represjami, zadajemy sobie pytanie: do zachowania czego jesteśmy wezwani?

Przede wszystkim, do zachowania wiary. Trzeba nam zachować wiarę, by nie poddać się w obliczu cierpienia i nie popaść w rezygnację, cechującą tych, którzy nie widzą już drogi wyjścia. Ewangelia wcześniej, niż słowa ukazuje nam bowiem postawę Jezusa: Ewangelista mówi, że modlił się „podniósłszy oczy ku niebu” (J 17, 1). Są to ostatnie godziny Jego życia, czuje ciężar trwogi z powodu zbliżającej się męki, przeczuwa mroki nocy, która ma na Niego spaść, czuje się zdradzony i opuszczony; ale w tej właśnie chwili Jezus wznosi oczy ku niebu. Wznosi spojrzenie ku Bogu. Nie opuszcza głowy wobec zła, nie poddaje się cierpieniu, nie popada w gorycz pokonanych i rozczarowanych, ale spogląda ku temu, co wysokie. Zalecał to także swoim uczniom: kiedy Jerozolima zostanie najechana przez wojska, a lud będzie się lękał i uciekał, gdy będzie strach i zniszczenie, właśnie wówczas „nabierzcie ducha i podnieście głowy, ponieważ zbliża się wasze odkupienie” (Łk 21, 28). Zachować wiarę, to skierować spojrzenie ku niebu, podczas gdy na ziemi toczy się walka i przelewa niewinna krew. To znaczy nie poddawać się logice nienawiści i zemsty, ale trwać ze spojrzeniem utkwionym w Boga miłości, który wzywa nas, abyśmy byli względem siebie braćmi i siostrami.

Modlitwa otwiera nas, byśmy pokładali ufność w Bogu również w chwilach trudnych, pomaga nam mieć nadzieję wbrew wszelkim oczywistościom, podtrzymuje nas w naszym codziennym zmaganiu. Nie jest ucieczką, sposobem na uniknięcie problemów. Przeciwnie, jest to jedyne oręże, jakie mamy, by zachować miłość i nadzieję pośród wielu broni siejących śmierć. Nie łatwo wznosić spojrzenie ku górze, kiedy cierpimy, ale wiara pomaga nam przezwyciężyć pokusę zamknięcia się w sobie! Może chcielibyśmy zaprotestować, wykrzyczeć Bogu także nasze cierpienie: nie musimy się tego lękać, to także jest modlitwą. Pewna kobieta w podeszłym wieku mówiła swoim wnukom: „Kłócenie się z Bogiem może być także modlitwą; mądrość sprawiedliwych i prostych, którzy potrafią podnieść wzrok w trudnych momentach… W pewnych chwilach jest to modlitwa, którą Bóg przyjmuje bardziej niż inne, ponieważ rodzi się ona ze zranionego serca, a Pan zawsze słyszy wołanie swojego ludu i ociera jego łzy. Drodzy bracia i siostry, nie przestawajcie spoglądać ku górze. Zachowujcie wiarę!

Drugi aspekt zachowywania: zachować jedność. Jezus modli się do Ojca, aby zachował jego uczniów w jedności. Aby byli „jedno” (J 17, 21), jedną rodziną, w której panuje miłość i braterstwo. Znał serca swoich uczniów; nieraz widział ich spierających się o to, kto ma być największy, kto ma rządzić. To jest śmiertelna choroba: podział. Doświadczamy tego w naszych sercach, ponieważ często jesteśmy podzieleni nawet w samych sobie; doświadczamy tego w rodzinach, we wspólnotach, między narodami, nawet w Kościele. Jest wiele grzechów przeciwko jedności: zazdrość, zawiść, dążenie do korzyści osobistych, zamiast do dobra wszystkich, osądzanie innych. A te małe konflikty, które istnieją między nami, odzwierciedlają się potem w wielkich konfliktach, takich jak ten, którego doświadcza obecnie wasza ojczyzna. Gdy górę biorą interesy partykularne, żądza zysku i władzy, zawsze dochodzi do starć i podziałów. Ostatnim poleceniem, jakie Jezus daje przed swoją Paschą, jest jedność. Ponieważ podział pochodzi od diabła, który dzieli, wielki kłamca, który zawsze dzieli.

Jesteśmy wezwani do zachowania jedności, by poważnie potraktować to żarliwe błaganie Jezusa skierowane do Ojca: być jedno, tworzyć jedną rodzinę, mieć odwagę, by żyć więzami przyjaźni, miłości, braterstwa. Jakże bardzo potrzebne jest braterstwo, zwłaszcza dzisiaj! Wiem, że niektóre sytuacje polityczne i społeczne przerastają was, ale zaangażowanie na rzecz pokoju i braterstwa rodzi się zawsze oddolnie: każdy, w tym co małe, może uczynić to, co do niego należy. Każdy może starać się być, w tym co małe, budowniczym braterstwa, być siewcą braterstwa, pracować nad odbudową tego, co zostało rozdzielone, zamiast podsycać przemoc. Jesteśmy do tego powołani, także jako Kościół: promujmy dialog, szacunek dla innych, troskę o braci, komunię! I nie pozwólmy wejść do Kościoła logice partyjnej, logice, która dzieli, logice, która stawia w centrum każdego z nas, eliminując innych. To niszczy: niszczy rodzinę, Niszczy Kościół, niszczy społeczność, niszczy nas samych.

Wreszcie, trzecia rzecz, zachować prawdę. Jezus prosi Ojca, aby uświęcił w prawdzie swoich uczniów, którzy są posłani do świata, żeby kontynuowali Jego misję. Zachowanie prawdy nie oznacza bronienia idei, stawania się strażnikiem jakiegoś systemu doktryn i dogmatów, ale trwanie w więzi z Chrystusem i poświęcenie się Jego Ewangelii. W języku apostoła Jana prawdą jest sam Chrystus, będący objawieniem miłości Ojca. Jezus modli się, aby uczniowie, żyjąc w świecie, nie kierowali się kryteriami tego świata. Aby nie dali się zafascynować bożkom, ale zachowali przyjaźń z Nim; aby nie naginali Ewangelii do logiki ludzkiej i światowej, ale zachowali nienaruszone jej przesłanie. Zachować prawdę, znaczy być prorokami we wszystkich sytuacjach życiowych, to znaczy poświęcać się Ewangelii i być jej świadkami, nawet za cenę pójścia pod prąd. Czasami my, chrześcijanie, szukamy kompromisu, ale Ewangelia wymaga od nas, abyśmy żyli w prawdzie i dla prawdy, oddając nasze życie za innych. A tam, gdzie jest wojna, przemoc, nienawiść, bycie wiernymi Ewangelii i budowniczymi pokoju oznacza zaangażowanie, także poprzez wybory społeczne i polityczne, ryzykując życiem. Tylko w ten sposób można coś zmienić. Pan nie potrzebuje ludzi letnich: chce, abyśmy byli uświęceni w prawdzie i pięknie Ewangelii, abyśmy mogli świadczyć o radości królestwa Bożego nawet w ciemnej nocy cierpienia i wtedy, gdy zło wydaje się silniejsze.

Drodzy bracia i siostry, pragnę dziś zanieść na ołtarz Pana cierpienia waszego ludu i modlić się wraz z wami, aby Bóg nawrócił serca wszystkich do pokoju. Niech modlitwa Jezusa pomoże nam zachować wiarę także w trudnych czasach, być budowniczymi jedności, ryzykować życie dla prawdy Ewangelii. Proszę nie traćcie nadziei: Jezus wciąż modli się do Ojca, pokazuje Ojcu, w swojej modlitwie, rany, którymi okupił nasze zbawienie; tą modlitwą Jezus modli się i wstawia się za nami wszystkimi, aby nas zachował od złego i uwolnił nas od mocy zła.

[00659-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ من أجل مؤمني ميانمار المقيمين في روما

في مناسبة عيد الصّعود

يوم الأحد 16 أيار / مايو 2021

بازيليكا القدّيس بطرس

 

صلّى يسوع في الساعات الأخيرة من حياته. في اللّحظة المؤلمة التي ترك فيها تلاميذه وهذا العالم، صلّى يسوع من أجل أحبائه. كان يحمل في قلبه وفي جسده كلّ خطايا العالم، واستمر في محبتنا والصّلاة من أجلنا. من صلاة يسوع نتعلم نحن أيضًا كيف نعبر لحظات الشّدة والألم في حياتنا. لنتوقف بشكل خاص عند فعل استعمله يسوع في صلاته إلى الآب وهو: "احفظهم". أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، في حين أنّ بلدكم الحبيب ميانمار يتسم بالعنف والصّراع والقمع، لنسأل أنفسنا: نحن مدعوون لنحافظ على ماذا؟

في المقام الأوّل، نحافظ على الإيمان. يجب أن نحافظ على الإيمان حتى لا نقع تحت وطأة الألم، ولا نتسرع في الاستسلام مثلَ من لم يعد يرى أمامه أي مخرج. قبل الكلمات، يحملنا الإنجيل على أن نتأمل في موقف يسوع: قال الإنجيليّ إنّ يسوع كان يصلّى، "ورَفَعَ عَينَيهِ نَحوَ السَّماءِ" (يوحنا 17، 1). كانت السّاعات الأخيرة من حياته، شعر فيها بثقل الحزن أمام الآلام التي كانت تقترب، وبظلام الليل الذي أوشك أن يدركه، وشعر بالخيانة والخذلان، لكن في تلك اللحظة بالتحدّيد، حتى في تلك اللحظة، رفع يسوع عينيه نحو السماء. رفع نظره إلى الله. لم يَحْنِ رأسه أمام الشّرّ، ولم يترك الألم يسحقه، ولم ينغلق على نفسه أمام المرارة مثل مهزوم خاب أمله، بل نظر إلى العُلى. كذلك أوصى أحباءه أيضًا لمّا قال لهم: عندما تغزو الجيوش أورشليم ستضطرب الشّعوب وستهرب وسيكون هناك خوف ودمار، عندها "انتَصِبوا قائمين وَارفَعوا رُؤُوسَكُم لِأَنَّ اِفتِداءَكم يَقتَرِب" (لوقا 21، 28). المحافظة على الإيمان هو إبقاء النظر عالياً نحو السّماء بينما يستمر القتال على الأرض وتسفك الدماء البريئة. المحافظة على الإيمان هو عدم الوقوع في منطق الكراهية والانتقام، بل إبقاء نظرنا موجّهًا إلى إله المحبّة الذي يدعونا لأن نكون إخوة فيما بيننا.

تأخذنا الصّلاة إلى الثقة بالله حتى في الأوقات الصّعبة، وتساعدنا أن نرجو بالرّغم من كلّ ما يمنع الرّجاء، وتسندنا في المعركة اليوميّة. الصّلاة ليست هروبًا، أو وسيلة للهروب من المشاكل. هي، عكس ذلك، السّلاح الوحيد الذي نملكه لنحافظ على المحبّة والرّجاء وسط العديد من الأسلحة التي تزرع الموت. ليس من السّهل أن نرفع نظرنا عندما نتألّم، لكن الإيمان يساعدنا أن نتغلّب على تجربة الانطواء على أنفسنا! ربما نودّ أن نحتج ونصرخ إلى الله أيضًا ونروي له آلامنا: يجب ألّا نخاف من ذلك، فهذه أيضًا صلاة. قالت امرأة مسنّة لأحفادها: "حتّى الغضب من الله يمكن أن يكون صلاة"؛ إنّها حكمة الصّالحين والبسطاء الذين يعرفون كيف يرفعون عيونهم في اللّحظات الصّعبة. وهي في بعض اللحظات، الصّلاة التي يستجيب لها الله أكثر من غيرها لأنّها تُولد من قلب جريح، والرّبّ يصغي دائمًا إلى صراخ شعبه ويمسح دموعهم. إخوتي وأخواتي الأعزاء، لا تكُفُّوا عن النظر إلى العُلَى. وحافظوا على الإيمان.

جانب ثانٍ للفعل "حافظ" هو: الحفاظ على الوَحدة. صلَى يسوع إلى الآب ليحفظ تلاميذه في الوَحدة. وحتى يكونوا "بِأَجمَعِهم واحِدًا" (يوحنا 17، 21)، عائلة واحدة تسودها المحبّة والأخوة. لقد عرف يسوع قلب تلاميذه. فكان يراهم أحيانًا يتجادلون حول من يجب أن يكون الأكبر فيما بينهم، ومن يجب أن يأمر. إنّه مرض قاتل: الانقسام. نحن نختبره في قلوبنا، لأنّنا غالبًا ما نكون منقسمين داخل أنفسنا، ونختبره في العائلات والجماعات وبين الشّعوب وحتى في الكنيسة. هناك العديد من الخطايا ضد الوَحدة وهي: الحسد، والغيرة، والبحث عن المصالح الشخصيّة بدلاً من البحث عن خير الجميع، والأحكام ضد الآخرين. ثمّ تنعكس الصّراعات الصّغيرة بيننا في الصّراعات الكبيرة، مثل تلك التي يشهدها بلدكم في هذه الأيام. فعندما تسيطر المصالح الحزبية وعطش المكاسب والسّلطة، تندلع دائمًا الاشتباكات والانقسامات. وصيّة يسوع الأخيرة قبل عيد الفصح هي الوَحدة. لأنّ الانقسام يأتي من الشيطان، فهو الذي يقسّم بين الناس، هو الكاذب الكبير الذي يقسّم دائمًا.

نحن مدعوون إلى المحافظة على الوَحدة، وأن نأخذ بجدية صلاة يسوع المنطلقة من أعماق قلبه إلى الآب: أن نكون واحدًا، أن نكون عائلة واحدة، وأن تكون لدينا الشجاعة لنعيش روابط الصّداقة والمحبة والأخوّة. كم نحن محتاجون، خاصة اليوم، إلى الأخوّة! أعلم أنّ بعض المواقف السّياسيّة والاجتماعيّة هي أكبر منكم، لكن الالتزام من أجل السّلام والأخوّة يأتي دائمًا من الأسفل: كلّ واحد، مهما كان صغيرًا، يمكنه أن يقوم بدوره. يمكن لكلّ واحد أن يلتزم بأن يكون، مهما كان صغيرًا، بانيًا للأخوّة، زارعًا للأخوّة، وأن يعمل على إعادة بناء ما تحطم، بدلاً من تغذيَة العنف. نحن مدعوون أن نقوم بذلك، والكنيسة أيضًا: لنشجع الحوار واحترام الآخر والمحافظة على إخوتنا، والشركة فيما بيننا! ولا نسمح لمنطق الأحزاب أن يدخل الكنيسة، المنطق الذي يقسّم، المنطق الذي يضع كلّ واحد منا في المركز، ويتجاهل الآخر. هذا يدمّر: يدمّر العائلة، ويدمّر الكنيسة، ويدمّر المجتمع، ويدمّرنا نحن.

أخيرًا، الأمر الثالث، المحافظة على الحقيقة. طلب يسوع إلى الآب أن يكرّس تلاميذه في الحقّ، وقد أرسلهم إلى جميع أنحاء العالم لمواصلة رسالته. المحافظة على الحقيقة لا يعني أن ندافع عن الأفكار، وأن نصبح أوصياء على نظام من المذاهب والعقائد، بل أن نبقى مرتبطين بالمسيح ومكرّسين لإنجيله. الحقيقة في لغة الرّسول يوحنا هي المسيح نفسه، الذي أوحى إلينا بمحبّة الآب. صلّى يسوع لكي لا يتبع التلاميذ معايّير هذا العالم الذي يعيشون فيه. وأن لا يسمحوا لأنفسهم بأن تبهرهم الأوثان، بل ليحافظوا على صداقتهم معه، وأن لا يُسَخِّروا الإنجيل للمنطق البشريّ والدنيويّ، بل يحافظوا على رسالته كاملة. الحفاظ على الحقّ يعني أن نكون أنبياء في جميع حالات الحياة، أي أن نكون مكرَّسين للإنجيل وأن نصبح شهودًا له حتى إذا ألزمنا ذلك أن نسير عكس التيار. أحيانًا، نسعى نحن المسيحيّين إلى الحلّ الوسط، لكن الإنجيل يطلب منا أن نكون في الحقّ ومن أجل الحقّ، وأن نعطي حياتنا للآخرين. وحيثما توجد الحّرب والعنف والكراهية، علينا أن نكون أمناء للإنجيل وصنّاع سلام. وهذا يعني أن نلتزم أيضًا بين الخيارات الاجتماعيّة والسّياسيّة، ونجازف بحياتنا. هكذا يمكن أن تتغّير الأشياء. الرّبّ لا يحتاج إلى أناس فاترين: إنّه يريدنا مكرّسين في حقيقة الإنجيل وجماله، حتى نستطيع أن نشهد لفرح ملكوت الله، حتى في ليلة الألم الحالكة وحيث يبدو أنّ الشّرّ هو الأقوى.

أيّها الإخوة والأخوات الأعزاء، أريد اليوم أن أحمل آلام شعبكم إلى مذبح الرّبّ وأن أصلّي معكم حتى يغيّر الله قلوب الجميع ويميل بها إلى السّلام. لتساعدْنا صلاة يسوع لنحافظَ على الإيمان حتى في الأوقات الصّعبة، وأن نكون بُناة الوَحدة، وأن نجازف بحياتنا من أجل حقيقة الإنجيل. من فضلكم، لا تفقدوا الرّجاء: لا يزال يسوع اليوم يصلّي إلى الآب، ويريه في صلاته جراحه، الجّراح التي دفع بها ثمن خلاصنا. بهذه الصّلاة يُصلّي يسوع ويتشفع من أجلنا جميعًا، حتى يحمينا من الشّرّير ويحررنا من قوة الشّرّ.

 

[00659-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0301-XX.03]