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Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 107ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (26 settembre 2021), 06.05.2021


 

Intervento dell’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I.

Intervento del Rev.do Padre Fabio Baggio, C.S.

Intervento della Rev.da Sr. Alessandra Smerilli, F.M.A.

Intervento di S.E. Mons Paul McAleenan

Intervento della Sig.ra Sarah Teather

Alle ore 11.30 di questa mattina, in diretta streaming dall’Aula “Giovanni Paolo II” della Sala Stampa della Santa Sede, ha avuto luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 107a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata domenica 26 settembre 2021 sul tema: “Verso un noi sempre più grande”. Nel corso della Conferenza Stampa verrà presentato il primo video inedito del Santo Padre per la campagna di preparazione alla Giornata.

Sono intervenuti: l’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I., Sotto-Segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; il Rev.do Padre Fabio Baggio, C.S., Sotto-Segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; la Rev.da Sr. Alessandra Smerilli, F.M.A., Sotto-Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; S.E. Mons Paul McAleenan, Vescovo Ausiliare di Westminster (in collegamento da remoto); e la Signora Sarah Teather, Direttrice Jesuit Refugee Service UK (in collegamento da remoto).

Ne riportiamo di seguito gli interventi:

Intervento dell’Em.mo Card. Michael Czerny, S.I.

In Fratelli tutti, the Holy Father clearly expressed his concern about the future after the health crisis. What if selfish individualism and isolationism become even more entrenched, leaving the vulnerable and terribly marginalised even further behind?

As he says, we can come out of the pandemic better or worse. We can learn to be better brothers and sisters, or we can sink deeper into obsessive concern just for ourselves, “our own”.

This self-absorption is what made the first two passers-by different from the Good Samaritan. Each had ‘good excuses’ for averting his eyes from the half-dead victim.

The Samaritan reached across the typical gap of us versus them. Nothing to gain, maybe to lose, but out of compassion for another who is a victim of mugging, as in the story, or of today’s terrifying pandemic.

The Pope also uses the expression “we are all in the same boat” regarding the covid-19 emergency. We are all suffering in different ways. What happens when the survivors in a lifeboat must all help to row to shore? What if some take more than their share of the rations, leaving others too weak to row? The risk is that everyone will perish, the well-fed and the starving alike. Widening the Good Samaritan attitude – overcoming selfishness and caring for all – is essential to survival.

In Fratelli tutti the Holy Father presents a third perspective on a future where there will no longer be "others", but only "us". Let us rebuild the human family in all its beauty by recognising the other as richness, as laden with those talents that make others uniquely different from me: "the arrival of different people, coming from a different vital and cultural context, becomes a gift". Only the acceptance of this "gift" makes it possible to build "an ever greater us" that ultimately reaches all of humanity.

The Good Samaritan story is central in Fratelli tutti and guides the Church and all humanity “Towards an ever wider we” in our one common home.

[00596-EN.01] [Original text: English]

Intervento del Rev.do Padre Fabio Baggio, C.S.

La 107a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato si celebrerà il prossimo 26 settembre. Anche quest’anno il Santo Padre ha voluto pubblicare il suo tradizionale messaggio, dedicato a questa celebrazione, con largo anticipo così da permettere un congruo tempo di preparazione all’evento.

Il titolo scelto per il Messaggio di quest’anno è “Verso un noi sempre più grande”. Come ci spiega lo stesso Papa Francesco, si tratta di un appello a far sì che «alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”» (Fratelli tutti, 35). E questo “noi” universale deve diventare realtà innanzitutto all’interno della Chiesa, la quale è chiamata a fare comunione nella diversità.

Il Messaggio è composto da sei punti principali, tutti connessi al noi che siamo chiamati a costruire. Il primo punto riguarda la dimensione del noi, che deve aspirare ad essere grande come l’umanità, in piena corrispondenza con il piano creativo e salvifico di Dio. Il secondo punto è un’applicazione del noi alla Chiesa, chiamata ad essere un’unica casa e un’unica famiglia per ogni battezzato. Il terzo punto è un richiama alla “Chiesa in uscita”, tanto cara al Santo Padre, chiamata ad uscire all’incontro «per curare chi è ferito e cercare chi è smarrito,[...], pronta ad allargare la sua tenda per accogliere tutti.» Il quarto punto riguarda il futuro delle nostre società che sarà colorato di armonia e pace solo se impariamo a vivere insieme. Il quinto punto riprende un altro tema caro a Papa Francesco: la Casa comune, per la cui cura è necessario assicurare un noi che prenda sul serio le sue responsabilità. L’ultimo punto è un invito a sognare insieme, come un’unica umanità, come compagni di viaggio, che si sono resi conto che avere una meta comune dà molto più senso al viaggio.

Per favorire un’adeguata preparazione alla celebrazione di questa giornata, la Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha allestito una campagna di comunicazione attraverso la quale verranno elaborati i sei punti proposti dal Messaggio. Nei prossimi mesi saranno proposti sussidi multimediali, materiale informativo e riflessioni di teologi ed esperti che aiuteranno ad approfondire il Messaggio del Santo Padre.

[00597-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Intervento della Rev.da Sr. Alessandra Smerilli, F.M.A.

“Il tempo presente ci mostra che il noi voluto da Dio è rotto e frammentato, ferito e sfigurato”!

In ambito economico non è difficile scorgere questo noi sfigurato, e la pandemia lo ha reso più evidente: la finanza, che ha come sua vocazione originaria l’inclusione, mettere insieme chi ha capitale con chi vuole sviluppare progetti ed è privo di mezzi, è diventata in gran parte dei casi pura speculazione. Si pensi alle operazioni speculative sui generi alimentari, che rischiano di lasciare interi paesi senza accesso al cibo a causa degli aumenti dei prezzi. E i più poveri sono costretti a migrare. Si pensi alle crescenti disuguaglianze, economiche, tecnologiche, di accesso alle cure. Fino a quando la logica prevalente rimarrà: “cosa e meglio per me” e non “quale è la mia parte in un’azione che sarà il meglio per noi tutti e per la nostra casa comune”, non sarà possibile sanare un’economia malata.

Eppure, ci sono segni di speranza. In molti cercano di “realizzare uno sviluppo più sostenibile, equilibrato, inclusivo”.

La commissione Covid, voluta da Papa Francesco, per esempio, sta lavorando in questa direzione: “preparate il futuro” ci ha chiesto Papa Francesco. Cibo, lavoro, salute per tutti sono le nostre priorità. E per tutti intendiamo proprio tutti. Come fare? Ascoltando, dando voce a chi non ha voce, mettendo insieme chi ha idee innovative e chi prende decisioni, esserci, con l’ispirazione e il realismo che solo il Vangelo può dare.

Un altro grande segno di speranza è legato al processo dell’Economia di Francesco: grazie ad una chiamata di Papa Francesco a cambiare l’economia attuale e a dare un’anima all’economia del futuro, più di 2000 giovani economisti di 120 paesi del mondo, si stanno formando e lavorano insieme a progetti di trasformazione dell’economia. Si incontrano online, lavorano nei propri territori. Vogliono riportare al centro dell’economia quella scena della vita di San Francesco, e cioè l’abbraccio con il lebbroso, che i ricchi di Assisi non hanno voluto pagare per la realizzazione, tra gli affreschi della basilica: non si voleva far sapere che ad Assisi ci fossero i lebbrosi. Gli scartati che escono dalla storia, ma anche dal racconto della storia. I giovani dell’Economia di Francesco vogliono che i poveri, gli scartati gli esclusi, i migranti e i rifugiati siano messi al centro dell’economia: insieme si può ripartire per un noi che abbia il sapore del Vangelo.

Se gli anziani sognano, i giovani possono avere visioni: insieme, per un noi sempre più grande.

[00598-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Intervento di S.E. Mons. Paul McAleenan

We thank the Holy Father for his inspiration and leadership, and for today’s Message that encourages the Church in the United Kingdom as we engage with migrants and refugees.

To move ‘Towards an ever wider we’, our guiding principle should be the title of chapter 4 in Fratelli Tutti, ‘A heart open to the world’. This heart knows that migrants and refugees do not come to usurp our way of life; instead it rejoices in how they can enrich our society.

Pope Francis draws our attention to the interconnectedness of humanity: my decisions and actions here affect others who are far away. Three areas in particular directly affect the human family today. The decision of the United Kingdom to reduce its aid budget compounds the suffering of the world’s poorest. Nations engaging in the arms trade bring endless misery to those in places of conflict. Our contribution to the climate emergency results in droughts, disasters and displacement thousands of miles away. Understanding the reasons for migration must include the acknowledgement that we are not blameless.

When someone’s home is on fire we are obliged to give them shelter, protection and help to start again. To achieve this the Church in the United Kingdom is engaged on different fronts; it opposes policies which seek to divide migrants and refugees into groups, some preferred and others rejected; agencies and charities on the south coast of England and in northern France provide material and moral support to those in greatest danger; liturgies celebrate the contribution of migrants to the Church and society; technology is employed to reach and embrace the undocumented during the current pandemic.

The aim of the Church is to welcome, protect and promote all, knowing that human life and well-being are at risk, not national security.

National Governments may feel obliged to protect borders, to ensure that a country’s riches and resources are preserved for its citizens alone. The Acts of the Apostles readings in Easter season insist that Christ’s saving act was for all people regardless of origin, nation or language. The Church, led by the Spirit, proclaims that truth by helping the affected and afflicted and by promoting the equal dignity of migrants and refugees. With the Holy Father we encourage a widening of minds and hearts. Within the circle of our society, room should be made for everyone, including migrants and refugees who seek a home among us.

[00599-EN.01] [Original text: English]

Intervento della Sig.ra Sarah Teather

Creating “an ever wider we” requires a common journey of all people. The Holy Father speaks powerfully of how far we have strayed from the road we travel together: “the us willed by God”, he says “is broken and fragmented, wounded and disfigured.”

I see this brokenness in the experiences of refugees we accompany and serve at the Jesuit Refugee Service UK. Faced with those who fled their homes and sought sanctuary, the asylum system builds walls of suspicion to stop them receiving the protection they need. It detains them and enforces destitution. Destitution makes many vulnerable to abuse and exploitation, and they speak of the sense of losing themselves through years struggling at the margins.

The aggressive and closed politics that wounds them is itself wounded. A broken community – a community that deliberately casts vulnerable migrants to the peripheries – leads to broken lives.

Despite this, there is also hope. We see it as refugees struggle for and reclaim agency, forging community even as the asylum system interferes with human bonds forming. We witness many destitute asylum seekers volunteering to support others, for example. Barred from participating in society through paid work, they create new avenues to contribute their gifts and use time meaningfully. One woman in detention joined a group that prayed for people about to be removed. “We would pray for everyone, even the officers” she explained. Acting in solidarity with one another and others and giving good where none has been received, such refugees help to build a common future, a wider we that refuses to other but struggles together on a common journey towards justice.

Hope also arises from Christian communities energised and inspired by confidently welcoming people of other faiths and cultures. In our hosting project, religious congregations and families receive destitute homeless asylum seekers as guests into their own homes.

Hosts and guests speak movingly of this as an experience of meaningful encounter and surprising friendships, in which both benefit from the treasure of shared life. Together, they create a counter-culture to the hostile public policies that render people homeless and marginalised.

In small, concrete ways, we can all participate in this shared project to recompose a common human family. For there are treasures to be found when we strive together to break down walls that divide us. The dream of one human family is a dream worth realising.

[00600-EN.01] [Original text: English]

[B0274-XX.02]