Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Messaggio del Santo Padre Francesco per la celebrazione della 52ma Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2019), 18.12.2018


Messaggio del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 52.ma Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2019 sul tema: La buona politica è al servizio della pace:

Messaggio del Santo Padre

La buona politica è al servizio della pace

1. “Pace a questa casa!”
Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù dice loro: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi» (Lc 10,5-6).

Offrire la pace è al cuore della missione dei discepoli di Cristo. E questa offerta è rivolta a tutti coloro, uomini e donne, che sperano nella pace in mezzo ai drammi e alle violenze della storia umana.[1] La “casa” di cui parla Gesù è ogni famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni né discriminazioni. È anche la nostra “casa comune”: il pianeta in cui Dio ci ha posto ad abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con sollecitudine.

Sia questo dunque anche il mio augurio all’inizio del nuovo anno: “Pace a questa casa!”.

2. La sfida della buona politica
La pace è simile alla speranza di cui parla il poeta Charles Péguy;[2] è come un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza. Lo sappiamo: la ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie. La politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione.

«Se uno vuol essere il primo – dice Gesù – sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti» (Mc 9,35). Come sottolineava Papa San Paolo VI: «Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità».[3]

In effetti, la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida permanente per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto. Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare veramente una forma eminente di carità.

3. Carità e virtù umane per una politica al servizio dei diritti umani e della pace
Papa Benedetto XVI ricordava che «ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella polis. […] Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico. […] L’azione dell’uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità, contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana».[4] È un programma nel quale si possono ritrovare tutti i politici, di qualunque appartenenza culturale o religiosa che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando quelle virtù umane che soggiacciono al buon agire politico: la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà.

A questo proposito meritano di essere ricordate le “beatitudini del politico”, proposte dal Cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel 2002, che è stato un fedele testimone del Vangelo:

Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo.
Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità.
Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse.
Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente.
Beato il politico che realizza l’unità.
Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale.
Beato il politico che sa ascoltare.
Beato il politico che non ha paura.[5]

Ogni rinnovo delle funzioni elettive, ogni scadenza elettorale, ogni tappa della vita pubblica costituisce un’occasione per tornare alla fonte e ai riferimenti che ispirano la giustizia e il diritto. Ne siamo certi: la buona politica è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza.

4. I vizi della politica
Accanto alle virtù, purtroppo, anche nella politica non mancano i vizi, dovuti sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni. È chiaro a tutti che i vizi della vita politica tolgono credibilità ai sistemi entro i quali essa si svolge, così come all’autorevolezza, alle decisioni e all’azione delle persone che vi si dedicano. Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio.

5. La buona politica promuove la partecipazione dei giovani e la fiducia nell’altro
Quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini della società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro. Quando, invece, la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, la pace si diffonde nelle coscienze e sui volti. Diventa una fiducia dinamica, che vuol dire “io mi fido di te e credo con te” nella possibilità di lavorare insieme per il bene comune. La politica è per la pace se si esprime, dunque, nel riconoscimento dei carismi e delle capacità di ogni persona. «Cosa c’è di più bello di una mano tesa? Essa è stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio non ha voluto che essa uccida (cfr Gen 4,1ss) o che faccia soffrire, ma che curi e aiuti a vivere. Accanto al cuore e all’intelligenza, la mano può diventare, anch’essa, uno strumento di dialogo».[6]

Ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune. La vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali. Una tale fiducia non è mai facile da vivere perché le relazioni umane sono complesse. In particolare, viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno. Oggi più che mai, le nostre società necessitano di “artigiani della pace” che possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana.

6. No alla guerra e alla strategia della paura
Cento anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, mentre ricordiamo i giovani caduti durante quei combattimenti e le popolazioni civili dilaniate, oggi più di ieri conosciamo il terribile insegnamento delle guerre fratricide, cioè che la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura. Tenere l’altro sotto minaccia vuol dire ridurlo allo stato di oggetto e negarne la dignità. È la ragione per la quale riaffermiamo che l’escalation in termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia. Il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace. Non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza. Va invece ribadito che la pace si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate.

Il nostro pensiero va, inoltre, in modo particolare ai bambini che vivono nelle attuali zone di conflitto, e a tutti coloro che si impegnano affinché le loro vite e i loro diritti siano protetti. Nel mondo, un bambino su sei è colpito dalla violenza della guerra o dalle sue conseguenze, quando non è arruolato per diventare egli stesso soldato o ostaggio dei gruppi armati. La testimonianza di quanti si adoperano per difendere la dignità e il rispetto dei bambini è quanto mai preziosa per il futuro dell’umanità.

7. Un grande progetto di pace
Celebriamo in questi giorni il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata all’indomani del secondo conflitto mondiale. Ricordiamo in proposito l’osservazione del Papa San Giovanni XXIII: «Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli».[7]

La pace, in effetti, è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria:

- la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”;

- la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé;

- la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire.

La politica della pace, che ben conosce le fragilità umane e se ne fa carico, può sempre attingere dallo spirito del Magnificat che Maria, Madre di Cristo Salvatore e Regina della Pace, canta a nome di tutti gli uomini: «Di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; […] ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc 1,50-55).

Dal Vaticano, 8 dicembre 2018

FRANCESCO

________________________

[1] Cfr Lc 2,14: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».
[2]
Cfr Le Porche du mystère de la deuxième vertu, Paris 1986.
[3]
Lett. ap. Octogesima adveniens (14 maggio 1971), 46.
[4]
Enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 7.
[5]
Cfr Discorso alla mostra-convegno “Civitas” di Padova: “30giorni”, n. 5 del 2002.
[6]
Benedetto XVI, Discorso alle Autorità del Benin, Cotonou, 19 novembre 2011.
[7]
Enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), 24.

[02049-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

La bonne politique est au service de la paix

1. ‘‘Paix à cette maison!’’
En envoyant ses disciples en mission, Jésus leur dit: «Dans toute maison où vous entrerez, dites d’abord: ‘‘Paix à cette maison’’. S’il y a là un ami de la paix, votre paix ira reposer sur lui; sinon, elle reviendra vers vous» (Lc 10, 5-6).

Offrir la paix est au cœur de la mission des disciples du Christ. Et cette offre est adressée à tous ceux qui, hommes et femmes, aspirent à la paix au milieu des drames et des violences de l’histoire humaine[1]. La ‘‘maison’’ dont parle Jésus, c’est chaque famille, chaque communauté, chaque pays, chaque continent, dans sa particularité et dans son histoire; c’est avant tout chaque personne, sans distinctions ni discriminations. C’est aussi notre ‘‘maison commune’’: la planète où Dieu nous a mis pour y vivre et dont nous sommes appelés à prendre soin avec sollicitude.

C’est donc également mon vœu au début de l’année nouvelle: ‘‘Paix à cette maison!’’.

2. Le défi de la bonne politique
La paix est comme l’espérance dont parle le poète Charles Péguy;[2] elle est comme une fleur fragile qui cherche à s’épanouir au milieu des pierres de la violence. Nous le savons: la recherche du pouvoir à tout prix porte à des abus et à des injustices. La politique est un moyen fondamental pour promouvoir la citoyenneté et les projets de l’homme, mais quand elle n’est pas vécue comme un service à la collectivité humaine par ceux qui l’exercent, elle peut devenir un instrument d’oppression, de marginalisation, voire de destruction.

«Si quelqu’un veut être le premier, dit Jésus, qu’il soit le dernier de tous et le serviteur de tous» (Mc 9, 35). Comme le soulignait saint Paul VI: « Prendre au sérieux la politique à ses divers niveaux – local, régional et mondial –, c’est affirmer le devoir de l’homme, de tout homme, de reconnaître la réalité concrète et la valeur de la liberté de choix qui lui est offerte pour chercher à réaliser ensemble le bien de la cité, de la nation, de l’humanité».[3]

En effet, la fonction et la responsabilité politique constituent un défi permanent pour tous ceux qui reçoivent le mandat de servir leur pays, de protéger les habitants et de travailler pour asseoir les conditions d’un avenir digne et juste. Accomplie dans le respect fondamental de la vie, de la liberté et de la dignité des personnes, la politique peut devenir vraiment une forme éminente de charité.

3. Charité et vertus humaines pour une politique au service des droits humains et de la paix.
Le Pape Benoît XVI rappelait que «tout chrétien est appelé à vivre cette charité, selon sa vocation et selon ses possibilités d’influence au service de la pólis. […] L’engagement pour le bien commun, quand la charité l’anime, a une valeur supérieure à celle de l’engagement purement séculier et politique […] Quand elle est inspirée et animée par la charité, l’action de l’homme contribue à l’édification de cette cité de Dieu universelle vers laquelle avance l’histoire de la famille humaine»[4]. C’est un programme dans lequel peuvent se retrouver tous les politiciens, de n’importe quelle appartenance culturelle ou religieuse, qui souhaitent œuvrer ensemble pour le bien de la famille humaine, en pratiquant ces vertus humaines qui sous-tendent le bon agir politique: la justice, l’équité, le respect réciproque, la sincérité, l’honnêteté, la fidélité.

À ce sujet, méritent d’être rappelées les ‘‘béatitudes du politique’’, proposées par le Cardinal vietnamien François-Xavier Nguyễn Văn Thuận, mort en 2002, qui a été un témoin fidèle de l’Évangile:

Heureux le politicien qui a une haute idée et une profonde conscience de son rôle.
Heureux le politicien dont la personne reflète la crédibilité.
Heureux le politicien qui travaille pour le bien commun et non pour son propre intérêt.
Heureux le politicien qui reste fidèlement cohérent.
Heureux le politicien qui réalise l’unité.
Heureux le politicien qui s’engage dans la réalisation d’un changement radical.
Heureux le politicien qui sait écouter.
Heureux le politicien qui n’a pas peur.[5]

Chaque renouvellement des fonctions électives, chaque échéance électorale, chaque étape de la vie publique constitue une occasion pour retourner à la source et aux repères qui inspirent la justice et le droit. Nous en sommes certains: la bonne politique est au service de la paix; elle respecte et promeut les droits humains fondamentaux, qui sont aussi des devoirs réciproques, afin qu’entre les générations présentes et celles à venir se tisse un lien de confiance et de reconnaissance.

4. Les vices de la politique
À côté des vertus, malheureusement, ne manquent pas non plus dans la politique les vices, dus soit à une inaptitude personnelle soit à des déformations dans l’entourage et dans les institutions. Il est clair pour tous que les vices de la vie politique ôtent de la crédibilité aux systèmes dans lesquels elle s’exerce, ainsi qu’à l’autorité, aux décisions et à l’action des personnes qui s’y consacrent. Ces vices, qui affaiblissent l’idéal d’une authentique démocratie, sont la honte de la vie publique et mettent en danger la paix sociale: la corruption – sous ses multiples formes d’appropriation indue des biens publics ou d’instrumentalisation des personnes –, la négation du droit, le non-respect des règles communautaires, l’enrichissement illégal, la justification du pouvoir par la force ou par le prétexte arbitraire de la ‘‘raison d’État’’, la tendance à s’accrocher au pouvoir, la xénophobie et le racisme, le refus de prendre soin de la Terre, l’exploitation illimitée des ressources naturelles en raison du profit immédiat, le mépris de ceux qui ont été contraints à l’exil.

5. La bonne politique promeut la participation des jeunes et la confiance dans l’autre
Quand l’exercice du pouvoir politique vise uniquement à sauvegarder les intérêts de certains individus privilégiés, l’avenir est compromis et les jeunes peuvent être tentés par la méfiance, parce que condamnés à rester en marge de la société, sans possibilité de participer à un projet pour l’avenir. Quand, au contraire, la politique se traduit, concrètement, dans l’encouragement des jeunes talents et des vocations qui demandent à se réaliser, la paix se diffuse dans les consciences et sur les visages. Elle devient une confiance dynamique, qui veut dire ‘‘j’ai confiance en toi et je crois en toi’’, dans la possibilité de travailler ensemble pour le bien commun. La politique est pour la paix si elle se manifeste donc, dans la reconnaissance des charismes et des capacités de chaque personne. « Quoi de plus beau qu’une main tendue? Elle a été voulue par Dieu pour offrir et recevoir. Dieu n’a pas voulu qu’elle tue (cf. Gn 4, 1sv) ou qu’elle fasse souffrir, mais qu’elle soigne et qu’elle aide à vivre. À côté du cœur et de l’intelligence, la main peut devenir, elle aussi, un instrument du dialogue».[6]

Chacun peut apporter sa pierre à la construction de la maison commune. La vie politique authentique, qui se fonde sur le droit et sur un dialogue loyal entre les personnes, se renouvelle avec la conviction que chaque femme, chaque homme et chaque génération portent en eux une promesse qui peut libérer de nouvelles énergies relationnelles, intellectuelles, culturelles et spirituelles. Une telle confiance n’est jamais facile à vivre, car les relations humaines sont complexes. En particulier, nous vivons ces temps-ci dans un climat de méfiance qui s’enracine dans la peur de l’autre ou de l’étranger, dans l’angoisse de perdre ses propres avantages, et qui se manifeste malheureusement aussi, au niveau politique, par des attitudes de fermeture ou des nationalismes qui remettent en cause cette fraternité dont notre monde globalisé a tant besoin. Aujourd’hui plus que jamais, nos sociétés ont besoin d’‘‘artisans de paix’’ qui puissent être des messagers et des témoins authentiques du Dieu Père, qui veut le bien et le bonheur de la famille humaine.

6. Non à la guerre et à la stratégie de la peur
Cent ans après la fin de la Première Guerre Mondiale, alors que nous nous souvenons des jeunes tombés durant ces combats et des populations civiles lacérées, aujourd’hui plus qu’hier nous connaissons la terrible leçon des guerres fratricides, à savoir que la paix ne peut jamais être réduite au seul équilibre des forces et de la peur. Maintenir l’autre sous la menace veut dire le réduire à l’état d’objet et en nier la dignité. C’est pourquoi nous réaffirmons que l’escalade en termes d’intimidation et la prolifération incontrôlée des armes sont contraires à la morale ainsi qu’à la recherche d’une vraie concorde. La terreur exercée sur les personnes les plus vulnérables contribue à l’exil d’entières populations en quête d’une terre de paix. Les discours politiques qui tendent à accuser les migrants de tous les maux et à priver les pauvres de l’espérance ne sont pas justifiables. Au contraire, il faut réaffirmer que la paix se fonde sur le respect de chaque personne, quelle que soit son histoire, sur le respect du droit et du bien commun, de la création qui nous a été confiée et de la richesse morale transmise par les générations passées.

Notre pensée va aussi, à titre particulier, aux enfants qui vivent dans les zones actuelles de conflit, et à tous ceux qui s’engagent afin que leurs vies et leurs droits soient protégés. Dans le monde, un enfant sur six est touché par la violence de la guerre ou par ses conséquences, quand il n’est pas enrôlé pour devenir lui-même soldat ou otage de groupes armés. Le témoignage de ceux qui œuvrent pour défendre la dignité et le respect des enfants n’en est que plus précieux pour l’avenir de l’humanité.

7. Un grand projet de paix
Nous célébrons ces jours-ci le soixante-dixième anniversaire de la Déclaration Universelle des droits de l’homme, adoptée au lendemain du deuxième conflit mondial. Souvenons-nous, à ce propos, de l’observation de saint Jean XXIII: «Maintenant, à mesure que l'homme devient conscient de ses droits, germe comme nécessairement en lui la conscience d'obligations correspondantes : ses propres droits, c'est avant tout comme autant d'expressions de sa dignité qu'il devra les faire valoir, et à tous les autres incombera l'obligation de reconnaître ces droits et de les respecter».[7]

La paix, en effet, est le fruit d’un grand projet politique qui se fonde sur la responsabilité réciproque et sur l’interdépendance des êtres humains. Mais elle est aussi un défi qui demande à être accueilli jour après jour. La paix est une conversion du cœur et de l’âme; et il est facile de reconnaître trois dimensions indissociables de cette paix intérieure et communautaire:

- la paix avec soi-même, en refusant l’intransigeance, la colère et l’impatience et, comme le conseillait saint François de Sales, en exerçant ‘‘un peu de douceur avec soi-même’’, afin d’offrir ‘‘un peu de douceur aux autres’’;

- la paix avec l’autre: le proche, l’ami, l’étranger, le pauvre, le souffrant…; en osant la rencontre et en écoutant le message qu’elle porte avec elle;

- la paix avec la création, en redécouvrant la grandeur du don de Dieu et la part de responsabilité qui revient à chacun d’entre nous, en tant qu’habitant du monde, citoyen et acteur de l’avenir.

La politique de la paix, qui connaît bien les fragilités humaines et les assume, peut toujours se ressourcer dans l’esprit du Magnificat que Marie, Mère du Christ Sauveur et Reine de la Paix, chante au nom de tous les hommes: «Sa miséricorde s’étend d’en âge en âge sur ceux qui le craignent. Déployant la force de son bras, il disperse les superbes. Il renverse les puissants de leur trône, il élève les humbles[…]; il se souvient de son amour, de la promesse faite à nos pères, en faveur d’Abraham et sa descendance à jamais» (Lc 1, 50-55).

Du Vatican, le 8 décembre 2018

FRANÇOIS

_________________________

[1] Cf. Lc 2, 14: «Gloire à Dieu au plus haut des cieux, et paix sur la terre aux hommes, qu’il aime».
[2]
Cf. Le Porche du mystère de la deuxième vertu, Paris 1986.
[3]
Lett. ap. Octogesima adveniens (14 mai 1971), n. 46.
[4]
Enc. Caritas in veritate (29 juin 2009), n. 7.
[5]
Cf. Discours à l’exposition-colloque ‘‘Civitas’’ de Padoue, ‘’30 giorni’’, n. 5 de 2002.
[6]
Benoît XVI, Discours aux Autorités du Bénin, 19 novembre 2011.
[7]
Enc. Pacem in terris (11 avril 1963), n. 44.

[02049-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Good politics at the service of peace

1. “Peace be to this house!”
In sending his disciples forth on mission, Jesus told them: “Whatever house you enter, first say, ‘Peace be to this house!’ And if a son of peace is there, your peace shall rest upon him; but if not, it shall return to you” (Lk 10:5-6).

Bringing peace is central to the mission of Christ’s disciples. That peace is offered to all those men and women who long for peace amid the tragedies and violence that mark human history.[1] The “house” of which Jesus speaks is every family, community, country and continent, in all their diversity and history. It is first and foremost each individual person, without distinction or discrimination. But it is also our “common home”: the world in which God has placed us and which we are called to care for and cultivate.

So let this be my greeting at the beginning of the New Year: “Peace be to this house!”

2. The challenge of good politics
Peace is like the hope which the poet Charles Péguy celebrated.[2] It is like a delicate flower struggling to blossom on the stony ground of violence. We know that the thirst for power at any price leads to abuses and injustice. Politics is an essential means of building human community and institutions, but when political life is not seen as a form of service to society as a whole, it can become a means of oppression, marginalization and even destruction.

Jesus tells us that, “if anyone would be first, he must be last of all and servant of all” (Mk 9:35). In the words of Pope Paul VI, “to take politics seriously at its different levels – local, regional, national and worldwide – is to affirm the duty of each individual to acknowledge the reality and value of the freedom offered him to work at one and the same time for the good of the city, the nation and all mankind”.[3]

Political office and political responsibility thus constantly challenge those called to the service of their country to make every effort to protect those who live there and to create the conditions for a worthy and just future. If exercised with basic respect for the life, freedom and dignity of persons, political life can indeed become an outstanding form of charity.

3. Charity and human virtues: the basis of politics at the service of human rights and peace
Pope Benedict XVI noted that “every Christian is called to practise charity in a manner corresponding to his vocation and according to the degree of influence he wields in the pólis… When animated by charity, commitment to the common good has greater worth than a merely secular and political stand would have… Man’s earthly activity, when inspired and sustained by charity, contributes to the building of the universal city of God, which is the goal of the history of the human family”.[4] This is a programme on which all politicians, whatever their culture or religion, can agree, if they wish to work together for the good of the human family and to practise those human virtues that sustain all sound political activity: justice, equality, mutual respect, sincerity, honesty, fidelity.

In this regard, it may be helpful to recall the “Beatitudes of the Politician”, proposed by Vietnamese Cardinal François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, a faithful witness to the Gospel who died in 2002:

Blessed be the politician with a lofty sense and deep understanding of his role.
Blessed be the politician who personally exemplifies credibility.
Blessed be the politician who works for the common good and not his or her own interest.
Blessed be the politician who remains consistent.
Blessed be the politician who works for unity.
Blessed be the politician who works to accomplish radical change.
Blessed be the politician who is capable of listening.
Blessed be the politician who is without fear.[5]

Every election and re-election, and every stage of public life, is an opportunity to return to the original points of reference that inspire justice and law. One thing is certain: good politics is at the service of peace. It respects and promotes fundamental human rights, which are at the same time mutual obligations, enabling a bond of trust and gratitude to be forged between present and future generations.

4. Political vices
Sadly, together with its virtues, politics also has its share of vices, whether due to personal incompetence or to flaws in the system and its institutions. Clearly, these vices detract from the credibility of political life overall, as well as the authority, decisions and actions of those engaged in it. These vices, which undermine the ideal of an authentic democracy, bring disgrace to public life and threaten social harmony. We think of corruption in its varied forms: the misappropriation of public resources, the exploitation of individuals, the denial of rights, the flouting of community rules, dishonest gain, the justification of power by force or the arbitrary appeal to raison d’état and the refusal to relinquish power. To which we can add xenophobia, racism, lack of concern for the natural environment, the plundering of natural resources for the sake of quick profit and contempt for those forced into exile.

5. Good politics promotes the participation of the young and trust in others
When the exercise of political power aims only at protecting the interests of a few privileged individuals, the future is compromised and young people can be tempted to lose confidence, since they are relegated to the margins of society without the possibility of helping to build the future. But when politics concretely fosters the talents of young people and their aspirations, peace grows in their outlook and on their faces. It becomes a confident assurance that says, “I trust you and with you I believe” that we can all work together for the common good. Politics is at the service of peace if it finds expression in the recognition of the gifts and abilities of each individual. “What could be more beautiful than an outstretched hand? It was meant by God to offer and to receive. God did not want it to kill (cf. Gen 4:1ff) or to inflict suffering, but to offer care and help in life. Together with our heart and our intelligence, our hands too can become a means of dialogue”.[6]

Everyone can contribute his or her stone to help build the common home. Authentic political life, grounded in law and in frank and fair relations between individuals, experiences renewal whenever we are convinced that every woman, man and generation brings the promise of new relational, intellectual, cultural and spiritual energies. That kind of trust is never easy to achieve, because human relations are complex, especially in our own times, marked by a climate of mistrust rooted in the fear of others or of strangers, or anxiety about one’s personal security. Sadly, it is also seen at the political level, in attitudes of rejection or forms of nationalism that call into question the fraternity of which our globalized world has such great need. Today more than ever, our societies need “artisans of peace” who can be messengers and authentic witnesses of God the Father, who wills the good and the happiness of the human family.

6. No to war and to the strategy of fear
A hundred years after the end of the First World War, as we remember the young people killed in those battles and the civilian populations torn apart, we are more conscious than ever of the terrible lesson taught by fratricidal wars: peace can never be reduced solely to a balance between power and fear. To threaten others is to lower them to the status of objects and to deny their dignity. This is why we state once more that an escalation of intimidation, and the uncontrolled proliferation of arms, is contrary to morality and the search for true peace. Terror exerted over those who are most vulnerable contributes to the exile of entire populations who seek a place of peace. Political addresses that tend to blame every evil on migrants and to deprive the poor of hope are unacceptable. Rather, there is a need to reaffirm that peace is based on respect for each person, whatever his or her background, on respect for the law and the common good, on respect for the environment entrusted to our care and for the richness of the moral tradition inherited from past generations.

Our thoughts turn in a particular way to all those children currently living in areas of conflict, and to all those who work to protect their lives and defend their rights. One out of every six children in our world is affected by the violence of war or its effects, even when they are not enrolled as child soldiers or held hostage by armed groups. The witness given by those who work to defend them and their dignity is most precious for the future of humanity.

7. A great project of peace
In these days, we celebrate the seventieth anniversary of the Universal Declaration of Human Rights, adopted in the wake of the Second World War. In this context, let us also remember the observation of Pope John XXIII: “Man’s awareness of his rights must inevitably lead him to the recognition of his duties. The possession of rights involves the duty of implementing those rights, for they are the expression of a man’s personal dignity. And the possession of rights also involves their recognition and respect by others”.[7]

Peace, in effect, is the fruit of a great political project grounded in the mutual responsibility and interdependence of human beings. But it is also a challenge that demands to be taken up ever anew. It entails a conversion of heart and soul; it is both interior and communal; and it has three inseparable aspects:

- peace with oneself, rejecting inflexibility, anger and impatience; in the words of Saint Francis de Sales, showing “a bit of sweetness towards oneself” in order to offer “a bit of sweetness to others”;

- peace with others: family members, friends, strangers, the poor and the suffering, being unafraid to encounter them and listen to what they have to say;

- peace with all creation, rediscovering the grandeur of God’s gift and our individual and shared responsibility as inhabitants of this world, citizens and builders of the future.

The politics of peace, conscious of and deeply concerned for every situation of human vulnerability, can always draw inspiration from the Magnificat, the hymn that Mary, the Mother of Christ the Saviour and Queen of Peace, sang in the name of all mankind: “He has mercy on those who fear him in every generation. He has shown the strength of his arm; he has scattered the proud in their conceit. He has cast down the mighty from their thrones, and has lifted up the lowly; …for he has remembered his promise of mercy, the promise he made to our fathers, to Abraham and his children for ever” (Lk 1:50-55).

From the Vatican, 8 December 2018

FRANCIS

_________________________

[1] Cf. Lk 2:14: “Glory to God in the highest, and on earth peace among men with whom he is pleased”.
[2]
Cf. Le Porche du mystère de la deuxième vertu, Paris, 1986.
[3]
Apostolic Letter Octogesima Adveniens (14 May 1971), 46.
[4]
Encyclical Letter Caritas in Veritate (29 June 2009), 7.
[5]
Cf. Address at the “Civitas” Exhibition-Convention in Padua: “30 Giorni”, no. 5, 2002.
[6]
BENEDICT XVI, Address to the Authorities of Benin, Cotonou, 19 November 2011.
[7]
Encyclical Letter Pacem in Terris (11 April 1963), ed. Carlen, 24.

[02049-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Gute Politik steht im Dienste des Friedens

1. „Friede diesem Haus!“
Als Jesus seine Jünger aussandte, sagte er zu ihnen: »Wenn ihr in ein Haus kommt, so sagt als Erstes: Friede diesem Haus! Und wenn dort ein Sohn des Friedens wohnt, wird euer Friede auf ihm ruhen; andernfalls wird er zu euch zurückkehren« (Lk 10,5-6).

Frieden zu bringen steht im Mittelpunkt der Sendung der Jünger Christi. Und dieses Angebot richtet sich an alle, Männer und Frauen, die inmitten der Dramen und Gewalttaten der Menschheitsgeschichte auf Frieden hoffen.[1] Das „Haus“, von dem Jesus spricht, ist jede Familie, jede Gemeinschaft, jedes Land, jeder Kontinent, mit der jeweiligen Einzigartigkeit und Geschichte; gemeint ist insbesondere jeder Mensch, ohne Unterschiede und Diskriminierungen. Es geht dabei auch um unser „gemeinsames Haus“, um den Planeten, den Gott uns als Lebensraum zugewiesen hat und für den wir achtsam Sorge tragen sollen.

So soll dies auch mein Wunsch zu Beginn des neuen Jahres sein: „Friede diesem Haus!“

2. Die Herausforderung guter Politik
Der Friede ist der Hoffnung ähnlich, über die der Dichter Charles Péguy sagt,[2] sie sei wie eine zarte Blume, die versucht, mitten unter den Steinen der Gewalt aufzugehen. Wir wissen, dass ein Machtstreben um jeden Preis zu Missbrauch und Ungerechtigkeit führt. Die Politik ist ein grundlegendes Mittel, um ein Gemeinwesen aufzubauen und das Tun des Menschen zu fördern; aber wenn sie von den Verantwortlichen nicht als Dienst an der menschlichen Gemeinschaft verstanden wird, kann sie zu einem Instrument der Unterdrückung und Ausgrenzung, ja sogar der Zerstörung werden.

»Wer der Erste sein will«, sagt Jesus, »soll der Letzte von allen und der Diener aller sein« (Mk 9,35). So hob auch Papst Paul VI. hervor:»Nimmt man den Bereich des Politischen auf seinen verschiedenen Ebenen – örtlich, regional, national und auf Weltebene – wirklich ernst, dann muss man zugeben, dass jeder einzelne Mensch die Pflicht hat, die konkrete Wirklichkeit und die Bedeutung der ihm verliehenen Entscheidungsfreiheit anzuerkennen und darum bemüht zu sein, in gleicher Weise das Wohl der Stadt, der Nation und der Menschheit zu verwirklichen.«[3]

In der Tat stellen die politische Funktion und Verantwortung eine ständige Herausforderung für alle dar, die das Mandat erhalten, ihrem Land zu dienen, die dort lebenden Menschen zu schützen und Voraussetzungen für eine würdige und gerechte Zukunft zu schaffen. Wenn sie sich in grundlegender Achtung des Lebens, der Freiheit und der Würde des Menschen vollzieht, kann die Politik wirklich zu einer hervorragenden Form der Nächstenliebe werden.

3. Nächstenliebe und menschliche Tugenden für eine Politik im Dienste der Menschenrechte und des riedens

Papst Benedikt XVI. erinnerte daran, dass »jeder Christ […] zu dieser Nächstenliebe aufgerufen [ist], in der Weise seiner Berufung und entsprechend seinen Einflussmöglichkeiten in der Polis. […] Wenn der Einsatz für das Gemeinwohl von der Liebe beseelt ist, hat er eine höhere Wertigkeit als der nur weltliche, politische. […] Wenn das Handeln des Menschen auf Erden von der Liebe inspiriert und unterstützt wird, trägt es zum Aufbau jener universellen Stadt Gottes bei, auf die sich die Geschichte der Menschheitsfamilie zubewegt.«[4] Dies ist ein Programm, in dem sich alle Politiker unabhängig von ihrer kulturellen oder religiösen Zugehörigkeit wiederfinden können, die gemeinsam für das Wohl der Menschheitsfamilie arbeiten wollen, indem sie die menschlichen Tugenden praktizieren, die einem guten politischen Handeln zugrunde liegen: Gerechtigkeit, Gleichheit, gegenseitiger Respekt, Aufrichtigkeit, Ehrlichkeit und Treue.

In diesem Zusammenhang verdienen es die „Seligpreisungen des Politikers“, in Erinnerung gerufen zu werden, die vom 2002 verstorbenen vietnamesischen Kardinal François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận stammen, der ein treuer Zeuge des Evangeliums war:

Selig der Politiker, der ein seiner Rolle entsprechendes Bewusstsein und Gewissen hat.
Selig der Politiker, der als Person glaubwürdig ist.
Selig der Politiker, der für das Gemeinwohl arbeitet und nicht für seine eigenen Interessen.
Selig der Politiker, der kohärent bleibt.
Selig der Politiker, der Einheit schafft.
Selig der Politiker, der sich für die Verwirklichung radikalen Wandels einsetzt.
Selig der Politiker, der zuhören kann.
Selig der Politiker, der keine Angst hat.[5]

Jede Wahl von Amtsträgern, jede Amtsperiode, jede Phase des öffentlichen Lebens ist eine Gelegenheit, zur Quelle und zu den Bezugspunkten zurückzukehren, die die Gerechtigkeit und das Recht inspirieren. Wir sind davon überzeugt: Gute Politik steht im Dienste des Friedens; sie achtet und fördert die grundlegenden Menschenrechte, die ebenso gegenseitige Pflichten sind, damit ein Band des Vertrauens und der Dankbarkeit zwischen gegenwärtigen und kommenden Generationen geknüpft werden kann.

4. Die Laster der Politik
Neben den Tugenden gibt es leider auch in der Politik Laster, die sowohl auf mangelnde persönliche Eignung wie auch auf Missstände im Umfeld und in den Institutionen zurückzuführen sind. Es ist allen klar, dass die Laster der Politik die Glaubwürdigkeit der Systeme, in denen sie stattfindet, sowie die Autorität, die Entscheidungen und das Handeln der Menschen, die sich dort einsetzen, untergraben. Diese Laster schwächen das Ideal einer echten Demokratie, sie sind die Schande des öffentlichen Lebens und gefährden den sozialen Frieden: Korruption – in ihren vielen Formen der Veruntreuung von öffentlichem Eigentum oder der Instrumentalisierung von Menschen –, Rechtsverweigerung, Missachtung von Gemeinschaftsregeln, illegale Bereicherung, Rechtfertigung der Macht durch Gewalt oder unter dem willkürlichen Vorwand der „Staatsräson“, der Hang zum Machterhalt, Fremdenfeindlichkeit und Rassismus, die Weigerung, achtsam mit der Erde umzugehen, eine unbegrenzte Ausbeutung der natürlichen Ressourcen für den unmittelbaren Profit und die Verachtung für die, die zu einem Leben in der Fremde gezwungen sind.

5. Gute Politik fördert die Beteiligung junger Menschen und das Vertrauen in andere
Wenn die Ausübung der politischen Macht einzig auf die Wahrung der Interessen bestimmter privilegierter Personen abzielt, wird die Zukunft beeinträchtigt; junge Menschen stehen in Gefahr, ihr Vertrauen zu verlieren, weil sie dazu verurteilt sind, am Rande der Gesellschaft zu bleiben, und keine Möglichkeit haben, die Zukunft mitzugestalten. Wenn die Politik hingegen in der Förderung junger Talente und Berufungen, die nach Verwirklichung streben, einen konkreten Ausdruck findet, wird der Frieden in den Gewissen wachsen und auch auf den Gesichtern sichtbar sein. Es kommt zu einem dynamischen Vertrauen im Sinne von: Ich vertraue dir und glaube mit dir an die Möglichkeit, gemeinsam für das Gemeinwohl zu arbeiten. Politik dient dem Frieden, wenn sie sich in der Anerkennung der Charismen und Fähigkeiten eines jeden Menschen ausdrückt. »Was gibt es schöneres als eine hingereichte Hand? Sie ist von Gott, um zu geben und zu empfangen. Gott hat nicht gewollt, dass sie tötet (vgl. Gen 4,1ff) oder dass sie leiden lässt, sondern dass sie sorgt und zu leben hilft. Neben dem Herzen und dem Verstand kann auch die Hand zu einem Werkzeug des Dialogs werden.«[6]

Jeder kann mit seinem eigenen Stein einen Beitrag zum Bau des gemeinsamen Hauses erbringen. Echte Politik, die sich auf Recht und ehrlichen Dialog zwischen den Personen gründet, entsteht immer neu aus der Überzeugung heraus, dass mit jeder Frau, jedem Mann und jeder Generation die Hoffnung auf neue relationale, intellektuelle, kulturelle und spirituelle Möglichkeiten verbunden ist. Ein solches Vertrauen ist nie einfach, denn menschliche Beziehungen sind komplex. So leben wir momentan in einem Klima des Misstrauens, das in der Angst vor dem anderen oder Fremden, in der Angst vor dem Verlust der eigenen Vorteile wurzelt und sich leider auch auf politischer Ebene durch eine Haltung der Abschottung oder des Nationalismus manifestiert, die jene Brüderlichkeit in Frage stellen, die unsere globalisierte Welt so dringend braucht. Unsere Gesellschaften brauchen heute mehr denn je „Gestalter des Friedens“, die authentische Botschafter und Zeugen Gottes des Vaters sein können, der das Wohl und das Glück der Menschheitsfamilie will.

6. Nein zum Krieg und zur Strategie der Angst
Wenn wir hundert Jahre nach dem Ende des Ersten Weltkriegs an die jungen Menschen, die bei diesen Kämpfen starben, und an die gequälte Zivilbevölkerung denken, verstehen wir heute besser als gestern die schreckliche Lehre aus den Bruderkriegen, dass nämlich Frieden sich niemals auf das bloße Gleichgewicht der Kräfte und der Angst beschränken kann. Den anderen zu bedrohen bedeutet, ihn zum bloßen Objekt zu machen und ihm seine Würde abzusprechen. Aus diesem Grund bekräftigen wir, dass die Eskalation von Einschüchterung wie auch die unkontrollierte Verbreitung von Waffen gegen die Moral und das Bemühen um wirkliche Eintracht verstoßen. Der Terror gegen die Schwächsten trägt dazu bei, dass ganze Bevölkerungsgruppen auf der Suche nach Orten des Friedens ins Exil gehen. Nicht tragbar sind politische Diskurse, welche die Migranten aller Übel beschuldigen und den Armen die Hoffnung nehmen. Stattdessen muss betont werden, dass der Frieden auf der Achtung jedes Menschen unabhängig von seiner Geschichte, auf der Achtung des Gesetzes und des Gemeinwohls sowie der uns anvertrauten Schöpfung und des reichen sittlichen Erbes früherer Generationen beruht.

Wir denken insbesondere auch an die Kinder, die in den derzeitigen Konfliktgebieten leben, und an all diejenigen, die sich für den Schutz ihres Lebens und ihrer Rechte einsetzen. In der Welt ist jedes sechste Kind von der Gewalt des Krieges oder ihren Folgen betroffen, wenn es nicht sogar selbst Soldat oder Geisel bewaffneter Gruppen wird. Das Zeugnis derer, die sich für die Achtung der Kinder und die Verteidigung ihrer Würde einsetzen, ist äußerst wertvoll für die Zukunft der Menschheit.

7. Ein großes Friedensprojekt
In diesen Tagen feiern wir den siebzigsten Jahrestag der Allgemeinen Erklärung der Menschenrechte, die nach dem Zweiten Weltkrieg verabschiedet wurde. Erinnern wir uns in diesem Zusammenhang an eine Feststellung von Papst Johannes XXIII.: »Wenn aber in einem Menschen das Bewusstsein seiner Rechte erwacht, so ist es notwendig, dass in ihm auch das Bewusstsein seiner Pflichten erwacht, sodass dem, der gewisse Rechte hat, in gleicher Weise die Pflicht innewohnt, seine Rechte als Zeichen seiner Würde einzufordern; den anderen aber wohnt die Pflicht inne, diese Rechte anzuerkennen und zu achten.«[7]

Der Frieden ist in der Tat das Ergebnis eines großen politischen Projekts, das auf der gegenseitigen Verantwortung und der wechselseitigen Abhängigkeit der Menschen beruht. Aber er ist auch eine Herausforderung, der man sich Tag für Tag stellen muss. Frieden ist eine Bekehrung von Herz und Seele, und es ist leicht, drei untrennbare Dimensionen dieses inneren und gemeinschaftlichen Friedens auszumachen:

- Frieden mit sich selbst: Unnachgiebigkeit, Wut und Ungeduld zurückweisen und – wie der heilige Franz von Sales riet – „ein wenig Sanftmut an sich selbst“ üben, um „anderen ein wenig Sanftmut“ zu erweisen;

- Frieden mit dem anderen: mit dem Familienangehörigen, dem Freund, dem Fremden, dem Armen, dem Leidenden ...; den Mut haben, ihnen zu begegnen, und ihrer Botschaft zuhören;

- Frieden mit der Schöpfung: die Größe des Geschenks Gottes und seinen Teil der Verantwortung wiederentdecken, der jedem von uns als Bewohner der Welt, als Bürger und Gestalter der Zukunft aufgegeben ist.

Eine Friedenspolitik, die um die menschlichen Schwächen weiß und sich ihrer annimmt, kann immer aus dem Geist des Magnifikats schöpfen, das Maria, die Mutter Christi, des Erlösers, und die Königin des Friedens, im Namen aller Menschen singt: »Er erbarmt sich von Geschlecht zu Geschlecht über alle, die ihn fürchten. Er vollbringt mit seinem Arm machtvolle Taten: Er zerstreut, die im Herzen voll Hochmut sind; er stürzt die Mächtigen vom Thron und erhöht die Niedrigen […] und denkt an sein Erbarmen, das er unseren Vätern verheißen hat, Abraham und seinen Nachkommen auf ewig« (Lk 1,50-55).

Aus dem Vatikan, am 8. Dezember 2018

FRANZISKUS

__________________________

[1] Vgl. Lk 2,14: »Ehre sei Gott in der Höhe und Friede auf Erden den Menschen seines Wohlgefallens.«
[2]
Vgl. Le Porche du mystère de la deuxième vertu, Paris 1986 (Orig. 1911).
[3]
Apostolisches Schreiben Octogesima adveniens (14. Mai 1971), 46.
[4]
Enzyklika Caritas in veritate (29. Juni 2009), 7.
[5]
Vgl. Ansprache anlässlich der Konferenz und Ausstellung „Civitas“ in Padua: „30giorni“, Nr. 5/2002.
[6]
Benedikt XVI., Ansprache bei der Begegnung mit den Mitgliedern der Regierung, Vertretern der staatlichen Institutionen, mit dem Diplomatischen Korps und mit den Vertretern der wichtigsten Religionen in Benin, Cotonou, 19. November 2011.
[7]
Enzyklika Pacem in terris (11. April 1963), 24.

[02049-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

La buena política está al servicio de la paz

1. “Paz a esta casa”
Jesús, al enviar a sus discípulos en misión, les dijo: «Cuando entréis en una casa, decid primero: “Paz a esta casa”. Y si allí hay gente de paz, descansará sobre ellos vuestra paz; si no, volverá a vosotros» (Lc 10,5-6).

Dar la paz está en el centro de la misión de los discípulos de Cristo. Y este ofrecimiento está dirigido a todos los hombres y mujeres que esperan la paz en medio de las tragedias y la violencia de la historia humana.[1] La “casa” mencionada por Jesús es cada familia, cada comunidad, cada país, cada continente, con sus características propias y con su historia; es sobre todo cada persona, sin distinción ni discriminación. También es nuestra “casa común”: el planeta en el que Dios nos ha colocado para vivir y al que estamos llamados a cuidar con interés.

Por tanto, este es también mi deseo al comienzo del nuevo año: “Paz a esta casa”.

2. El desafío de una buena política
La paz es como la esperanza de la que habla el poeta Charles Péguy; [2] es como una flor frágil que trata de florecer entre las piedras de la violencia. Sabemos bien que la búsqueda de poder a cualquier precio lleva al abuso y a la injusticia. La política es un vehículo fundamental para edificar la ciudadanía y la actividad del hombre, pero cuando aquellos que se dedican a ella no la viven como un servicio a la comunidad humana, puede convertirse en un instrumento de opresión, marginación e incluso de destrucción.

Dice Jesús: «Quien quiera ser el primero, que sea el último de todos y el servidor de todos» (Mc 9,35). Como subrayaba el Papa san Pablo VI: «Tomar en serio la política en sus diversos niveles ―local, regional, nacional y mundial― es afirmar el deber de cada persona, de toda persona, de conocer cuál es el contenido y el valor de la opción que se le presenta y según la cual se busca realizar colectivamente el bien de la ciudad, de la nación, de la humanidad».[3]

En efecto, la función y la responsabilidad política constituyen un desafío permanente para todos los que reciben el mandato de servir a su país, de proteger a cuantos viven en él y de trabajar a fin de crear las condiciones para un futuro digno y justo. La política, si se lleva a cabo en el respeto fundamental de la vida, la libertad y la dignidad de las personas, puede convertirse verdaderamente en una forma eminente de la caridad.

3. Caridad y virtudes humanas para una política al servicio de los derechos humanos y de la paz
El Papa Benedicto XVI recordaba que «todo cristiano está llamado a esta caridad, según su vocación y sus posibilidades de incidir en la pólis. […] El compromiso por el bien común, cuando está inspirado por la caridad, tiene una valencia superior al compromiso meramente secular y político. […] La acción del hombre sobre la tierra, cuando está inspirada y sustentada por la caridad, contribuye a la edificación de esa ciudad de Dios universal hacia la cual avanza la historia de la familia humana».[4] Es un programa con el que pueden estar de acuerdo todos los políticos, de cualquier procedencia cultural o religiosa que deseen trabajar juntos por el bien de la familia humana, practicando aquellas virtudes humanas que son la base de una buena acción política: la justicia, la equidad, el respeto mutuo, la sinceridad, la honestidad, la fidelidad.

A este respecto, merece la pena recordar las “bienaventuranzas del político”, propuestas por el cardenal vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, fallecido en el año 2002, y que fue un fiel testigo del Evangelio:

Bienaventurado el político que tiene una alta consideración y una profunda conciencia de su papel.
Bienaventurado el político cuya persona refleja credibilidad.
Bienaventurado el político que trabaja por el bien común y no por su propio interés.
Bienaventurado el político que permanece fielmente coherente.
Bienaventurado el político que realiza la unidad.
Bienaventurado el político que está comprometido en llevar a cabo un cambio radical.
Bienaventurado el político que sabe escuchar.
Bienaventurado el político que no tiene miedo.[5]

Cada renovación de las funciones electivas, cada cita electoral, cada etapa de la vida pública es una oportunidad para volver a la fuente y a los puntos de referencia que inspiran la justicia y el derecho. Estamos convencidos de que la buena política está al servicio de la paz; respeta y promueve los derechos humanos fundamentales, que son igualmente deberes recíprocos, de modo que se cree entre las generaciones presentes y futuras un vínculo de confianza y gratitud.

4. Los vicios de la política
En la política, desgraciadamente, junto a las virtudes no faltan los vicios, debidos tanto a la ineptitud personal como a distorsiones en el ambiente y en las instituciones. Es evidente para todos que los vicios de la vida política restan credibilidad a los sistemas en los que ella se ejercita, así como a la autoridad, a las decisiones y a las acciones de las personas que se dedican a ella. Estos vicios, que socavan el ideal de una democracia auténtica, son la vergüenza de la vida pública y ponen en peligro la paz social: la corrupción —en sus múltiples formas de apropiación indebida de bienes públicos o de aprovechamiento de las personas—, la negación del derecho, el incumplimiento de las normas comunitarias, el enriquecimiento ilegal, la justificación del poder mediante la fuerza o con el pretexto arbitrario de la “razón de Estado”, la tendencia a perpetuarse en el poder, la xenofobia y el racismo, el rechazo al cuidado de la Tierra, la explotación ilimitada de los recursos naturales por un beneficio inmediato, el desprecio de los que se han visto obligados a ir al exilio.

5. La buena política promueve la participación de los jóvenes y la confianza en el otro
Cuando el ejercicio del poder político apunta únicamente a proteger los intereses de ciertos individuos privilegiados, el futuro está en peligro y los jóvenes pueden sentirse tentados por la desconfianza, porque se ven condenados a quedar al margen de la sociedad, sin la posibilidad de participar en un proyecto para el futuro. En cambio, cuando la política se traduce, concretamente, en un estímulo de los jóvenes talentos y de las vocaciones que quieren realizarse, la paz se propaga en las conciencias y sobre los rostros. Se llega a una confianza dinámica, que significa “yo confío en ti y creo contigo” en la posibilidad de trabajar juntos por el bien común. La política favorece la paz si se realiza, por lo tanto, reconociendo los carismas y las capacidades de cada persona. «¿Hay acaso algo más bello que una mano tendida? Esta ha sido querida por Dios para dar y recibir. Dios no la ha querido para que mate (cf. Gn 4,1ss) o haga sufrir, sino para que cuide y ayude a vivir. Junto con el corazón y la mente, también la mano puede hacerse un instrumento de diálogo».[6]

Cada uno puede aportar su propia piedra para la construcción de la casa común. La auténtica vida política, fundada en el derecho y en un diálogo leal entre los protagonistas, se renueva con la convicción de que cada mujer, cada hombre y cada generación encierran en sí mismos una promesa que puede liberar nuevas energías relacionales, intelectuales, culturales y espirituales. Una confianza de ese tipo nunca es fácil de realizar porque las relaciones humanas son complejas. En particular, vivimos en estos tiempos en un clima de desconfianza que echa sus raíces en el miedo al otro o al extraño, en la ansiedad de perder beneficios personales y, lamentablemente, se manifiesta también a nivel político, a través de actitudes de clausura o nacionalismos que ponen en cuestión la fraternidad que tanto necesita nuestro mundo globalizado. Hoy más que nunca, nuestras sociedades necesitan “artesanos de la paz” que puedan ser auténticos mensajeros y testigos de Dios Padre que quiere el bien y la felicidad de la familia humana.

6. No a la guerra ni a la estrategia del miedo
Cien años después del fin de la Primera Guerra Mundial, y con el recuerdo de los jóvenes caídos durante aquellos combates y las poblaciones civiles devastadas, conocemos mejor que nunca la terrible enseñanza de las guerras fratricidas, es decir que la paz jamás puede reducirse al simple equilibrio de la fuerza y el miedo. Mantener al otro bajo amenaza significa reducirlo al estado de objeto y negarle la dignidad. Es la razón por la que reafirmamos que el incremento de la intimidación, así como la proliferación incontrolada de las armas son contrarios a la moral y a la búsqueda de una verdadera concordia. El terror ejercido sobre las personas más vulnerables contribuye al exilio de poblaciones enteras en busca de una tierra de paz. No son aceptables los discursos políticos que tienden a culpabilizar a los migrantes de todos los males y a privar a los pobres de la esperanza. En cambio, cabe subrayar que la paz se basa en el respeto de cada persona, independientemente de su historia, en el respeto del derecho y del bien común, de la creación que nos ha sido confiada y de la riqueza moral transmitida por las generaciones pasadas.

Asimismo, nuestro pensamiento se dirige de modo particular a los niños que viven en las zonas de conflicto, y a todos los que se esfuerzan para que sus vidas y sus derechos sean protegidos. En el mundo, uno de cada seis niños sufre a causa de la violencia de la guerra y de sus consecuencias, e incluso es reclutado para convertirse en soldado o rehén de grupos armados. El testimonio de cuantos se comprometen en la defensa de la dignidad y el respeto de los niños es sumamente precioso para el futuro de la humanidad.

7. Un gran proyecto de paz
Celebramos en estos días los setenta años de la Declaración Universal de los Derechos Humanos, que fue adoptada después del segundo conflicto mundial. Recordamos a este respecto la observación del Papa san Juan XXIII: «Cuando en un hombre surge la conciencia de los propios derechos, es necesario que aflore también la de las propias obligaciones; de forma que aquel que posee determinados derechos tiene asimismo, como expresión de su dignidad, la obligación de exigirlos, mientras los demás tienen el deber de reconocerlos y respetarlos».[7]

La paz, en efecto, es fruto de un gran proyecto político que se funda en la responsabilidad recíproca y la interdependencia de los seres humanos, pero es también un desafío que exige ser acogido día tras día. La paz es una conversión del corazón y del alma, y es fácil reconocer tres dimensiones inseparables de esta paz interior y comunitaria:

- la paz con nosotros mismos, rechazando la intransigencia, la ira, la impaciencia y ―como aconsejaba san Francisco de Sales― teniendo “un poco de dulzura consigo mismo”, para ofrecer “un poco de dulzura a los demás”;

- la paz con el otro: el familiar, el amigo, el extranjero, el pobre, el que sufre...; atreviéndose al encuentro y escuchando el mensaje que lleva consigo;

- la paz con la creación, redescubriendo la grandeza del don de Dios y la parte de responsabilidad que corresponde a cada uno de nosotros, como habitantes del mundo, ciudadanos y artífices del futuro.

La política de la paz ―que conoce bien y se hace cargo de las fragilidades humanas― puede recurrir siempre al espíritu del Magníficat que María, Madre de Cristo salvador y Reina de la paz, canta en nombre de todos los hombres: «Su misericordia llega a sus fieles de generación en generación. Él hace proezas con su brazo: dispersa a los soberbios de corazón, derriba del trono a los poderosos y enaltece a los humildes; […] acordándose de la misericordia como lo había prometido a nuestros padres en favor de Abrahán y su descendencia por siempre» (Lc 1,50-55).

Vaticano, 8 de diciembre de 2018

FRANCISCO

_______________________

[1] Cf. Lc 2,14: «Gloria a Dios en el cielo, y en la tierra paz a los hombres de buena voluntad».
[2]
Cf. Le Porche du mystère de la deuxième vertu, París 1986.
[3]
Carta ap. Octogesima adveniens (14 mayo 1971), 46.
[4]
Carta enc. Caritas in veritate (29 junio 2009), 7.
[5]
Cf. Discurso en la exposición-congreso “Civitas” de Padua: “30giorni” (2002), 5.
[6]
Benedicto XVI, Discurso a las Autoridades de Benín (Cotonou, 19 noviembre 2011).
[7]
Carta enc. Pacem in terris (11 abril 1963), 44.

[02049-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

A boa política está ao serviço da paz

1. «A paz esteja nesta casa!»
Jesus, ao enviar em missão os seus discípulos, disse-lhes: «Em qualquer casa em que entrardes, dizei primeiro: “A paz esteja nesta casa!” E, se lá houver um homem de paz, sobre ele repousará a vossa paz; se não, voltará para vós» (Lc 10, 5-6).

Oferecer a paz está no coração da missão dos discípulos de Cristo. E esta oferta é feita a todos os homens e mulheres que, no meio dos dramas e violências da história humana, esperam na paz.[1] A «casa», de que fala Jesus, é cada família, cada comunidade, cada país, cada continente, na sua singularidade e história; antes de mais nada, é cada pessoa, sem distinção nem discriminação alguma. E é também a nossa «casa comum»: o planeta onde Deus nos colocou a morar e do qual somos chamados a cuidar com solicitude.

Eis, pois, os meus votos no início do novo ano: «A paz esteja nesta casa!»

2. O desafio da boa política
A paz parece-se com a esperança de que fala o poeta Carlos Péguy;[2] é como uma flor frágil, que procura desabrochar por entre as pedras da violência. Como sabemos, a busca do poder a todo o custo leva a abusos e injustiças. A política é um meio fundamental para construir a cidadania e as obras do homem, mas, quando aqueles que a exercem não a vivem como serviço à coletividade humana, pode tornar-se instrumento de opressão, marginalização e até destruição.

«Se alguém quiser ser o primeiro – diz Jesus – há de ser o último de todos e o servo de todos» (Mc 9, 35). Como assinalava o Papa São Paulo VI, «tomar a sério a política, nos seus diversos níveis – local, regional, nacional e mundial – é afirmar o dever do homem, de todos os homens, de reconhecerem a realidade concreta e o valor da liberdade de escolha que lhes é proporcionada, para procurarem realizar juntos o bem da cidade, da nação e da humanidade».[3]

Com efeito, a função e a responsabilidade política constituem um desafio permanente para todos aqueles que recebem o mandato de servir o seu país, proteger as pessoas que habitam nele e trabalhar para criar as condições dum futuro digno e justo. Se for implementada no respeito fundamental pela vida, a liberdade e a dignidade das pessoas, a política pode tornar-se verdadeiramente uma forma eminente de caridade.

3. Caridade e virtudes humanas para uma política ao serviço dos direitos humanos e da paz
O Papa Bento XVI recordava que «todo o cristão é chamado a esta caridade, conforme a sua vocação e segundo as possibilidades que tem de incidência na pólis. (…) Quando o empenho pelo bem comum é animado pela caridade, tem uma valência superior à do empenho simplesmente secular e político. (…) A ação do homem sobre a terra, quando é inspirada e sustentada pela caridade, contribui para a edificação daquela cidade universal de Deus que é a meta para onde caminha a história da família humana».[4] Trata-se de um programa no qual se podem reconhecer todos os políticos, de qualquer afiliação cultural ou religiosa, que desejam trabalhar juntos para o bem da família humana, praticando as virtudes humanas que subjazem a uma boa ação política: a justiça, a equidade, o respeito mútuo, a sinceridade, a honestidade, a fidelidade.

A propósito, vale a pena recordar as «bem-aventuranças do político», propostas por uma testemunha fiel do Evangelho, o Cardeal vietnamita Francisco Xavier Nguyen Van Thuan, falecido em 2002:

Bem-aventurado o político que tem uma alta noção e uma profunda consciência do seu papel.
Bem-aventurado o político de cuja pessoa irradia a credibilidade.
Bem-aventurado o político que trabalha para o bem comum e não para os próprios interesses.
Bem-aventurado o político que permanece fielmente coerente.
Bem-aventurado o político que realiza a unidade.
Bem-aventurado o político que está comprometido na realização duma mudança radical.
Bem-aventurado o político que sabe escutar.
Bem-aventurado o político que não tem medo.[5]

Cada renovação nos cargos eletivos, cada período eleitoral, cada etapa da vida pública constitui uma oportunidade para voltar à fonte e às referências que inspiram a justiça e o direito. Duma coisa temos a certeza: a boa política está ao serviço da paz; respeita e promove os direitos humanos fundamentais, que são igualmente deveres recíprocos, para que se teça um vínculo de confiança e gratidão entre as gerações do presente e as futuras.

4. Os vícios da política
A par das virtudes, não faltam infelizmente os vícios, mesmo na política, devidos quer à inépcia pessoal quer às distorções no meio ambiente e nas instituições. Para todos, está claro que os vícios da vida política tiram credibilidade aos sistemas dentro dos quais ela se realiza, bem como à autoridade, às decisões e à ação das pessoas que se lhe dedicam. Estes vícios, que enfraquecem o ideal duma vida democrática autêntica, são a vergonha da vida pública e colocam em perigo a paz social: a corrupção – nas suas múltiplas formas de apropriação indevida dos bens públicos ou de instrumentalização das pessoas –, a negação do direito, a falta de respeito pelas regras comunitárias, o enriquecimento ilegal, a justificação do poder pela força ou com o pretexto arbitrário da «razão de Estado», a tendência a perpetuar-se no poder, a xenofobia e o racismo, a recusa a cuidar da Terra, a exploração ilimitada dos recursos naturais em razão do lucro imediato, o desprezo daqueles que foram forçados ao exílio.

5. A boa política promove a participação dos jovens e a confiança no outro
Quando o exercício do poder político visa apenas salvaguardar os interesses de certos indivíduos privilegiados, o futuro fica comprometido e os jovens podem ser tentados pela desconfiança, por se verem condenados a permanecer à margem da sociedade, sem possibilidades de participar num projeto para o futuro. Pelo contrário, quando a política se traduz, concretamente, no encorajamento dos talentos juvenis e das vocações que requerem a sua realização, a paz propaga-se nas consciências e nos rostos. Torna-se uma confiança dinâmica, que significa «fio-me de ti e creio contigo» na possibilidade de trabalharmos juntos pelo bem comum. Por isso, a política é a favor da paz, se se expressa no reconhecimento dos carismas e capacidades de cada pessoa. «Que há de mais belo que uma mão estendida? Esta foi querida por Deus para dar e receber. Deus não a quis para matar (cf. Gn 4, 1-16) ou fazer sofrer, mas para cuidar e ajudar a viver. Juntamente com o coração e a inteligência, pode, também a mão, tornar-se um instrumento de diálogo».[6]

Cada um pode contribuir com a própria pedra para a construção da casa comum. A vida política autêntica, que se funda no direito e num diálogo leal entre os sujeitos, renova-se com a convicção de que cada mulher, cada homem e cada geração encerram em si uma promessa que pode irradiar novas energias relacionais, intelectuais, culturais e espirituais. Uma tal confiança nunca é fácil de viver, porque as relações humanas são complexas. Nestes tempos, em particular, vivemos num clima de desconfiança que está enraizada no medo do outro ou do forasteiro, na ansiedade pela perda das próprias vantagens, e manifesta-se também, infelizmente, a nível político mediante atitudes de fechamento ou nacionalismos que colocam em questão aquela fraternidade de que o nosso mundo globalizado tanto precisa. Hoje, mais do que nunca, as nossas sociedades necessitam de «artesãos da paz» que possam ser autênticos mensageiros e testemunhas de Deus Pai, que quer o bem e a felicidade da família humana.

6. Não à guerra nem à estratégia do medo
Cem anos depois do fim da I Guerra Mundial, ao recordarmos os jovens mortos durante aqueles combates e as populações civis dilaceradas, experimentamos – hoje, ainda mais que ontem – a terrível lição das guerras fratricidas, isto é, que a paz não pode jamais reduzir-se ao mero equilíbrio das forças e do medo. Manter o outro sob ameaça significa reduzi-lo ao estado de objeto e negar a sua dignidade. Por esta razão, reiteramos que a escalada em termos de intimidação, bem como a proliferação descontrolada das armas são contrárias à moral e à busca duma verdadeira concórdia. O terror exercido sobre as pessoas mais vulneráveis contribui para o exílio de populações inteiras à procura duma terra de paz. Não são sustentáveis os discursos políticos que tendem a acusar os migrantes de todos os males e a privar os pobres da esperança. Ao contrário, deve-se reafirmar que a paz se baseia no respeito por toda a pessoa, independentemente da sua história, no respeito pelo direito e o bem comum, pela criação que nos foi confiada e pela riqueza moral transmitida pelas gerações passadas.

O nosso pensamento detém-se, ainda e de modo particular, nas crianças que vivem nas zonas atuais de conflito e em todos aqueles que se esforçam por que a sua vida e os seus direitos sejam protegidos. No mundo, uma em cada seis crianças sofre com a violência da guerra ou pelas suas consequências, quando não é requisitada para se tornar, ela própria, soldado ou refém dos grupos armados. O testemunho daqueles que trabalham para defender a dignidade e o respeito das crianças é extremamente precioso para o futuro da humanidade.

7. Um grande projeto de paz
Celebra-se, nestes dias, o septuagésimo aniversário da Declaração Universal dos Direitos Humanos, adotada após a II Guerra Mundial. A este respeito, recordemos a observação do Papa São João XXIII: «Quando numa pessoa surge a consciência dos próprios direitos, nela nascerá forçosamente a consciência do dever: no titular de direitos, o dever de reclamar esses direitos, como expressão da sua dignidade; nos demais, o dever de reconhecer e respeitar tais direitos».[7]

Com efeito, a paz é fruto dum grande projeto político, que se baseia na responsabilidade mútua e na interdependência dos seres humanos. Mas é também um desafio que requer ser abraçado dia após dia. A paz é uma conversão do coração e da alma, sendo fácil reconhecer três dimensões indissociáveis desta paz interior e comunitária:

- a paz consigo mesmo, rejeitando a intransigência, a ira e a impaciência e – como aconselhava São Francisco de Sales – cultivando «um pouco de doçura para consigo mesmo», a fim de oferecer «um pouco de doçura aos outros»;

- a paz com o outro: o familiar, o amigo, o estrangeiro, o pobre, o atribulado..., tendo a ousadia do encontro, para ouvir a mensagem que traz consigo;

- a paz com a criação, descobrindo a grandeza do dom de Deus e a parte de responsabilidade que compete a cada um de nós, como habitante deste mundo, cidadão e ator do futuro.

A política da paz, que conhece bem as fragilidades humanas e delas se ocupa, pode sempre inspirar-se ao espírito do Magnificat que Maria, Mãe de Cristo Salvador e Rainha da Paz, canta em nome de todos os homens: A «misericórdia [do Todo-Poderoso] estende-se de geração em geração sobre aqueles que O temem. Manifestou o poder do seu braço e dispersou os soberbos. Derrubou os poderosos de seus tronos e exaltou os humildes (...), lembrado da sua misericórdia, como tinha prometido a nossos pais, a Abraão e à sua descendência, para sempre» (Lc 1, 50-55).

Vaticano, 8 de dezembro de 2018.

FRANCISCUS

________________________

[1] Cf. Lc 2, 14: «Glória a Deus nas alturas e paz na terra aos homens do seu agrado».
[2]
Cf. Le Porche du mystère de la deuxième vertu (Paris 1986).
[3]
Carta ap. Octogesima adveniens (14/V/1971), 46.
[4]
Carta enc. Caritas in veritate (29/V/2009), 7.
[5]
Cf. «Discurso na Exposição-Encontro “Civitas” de Pádua»: Revista 30giorni (2002-nº 5).
[6]
Bento XVI, Discurso às Autoridades do Benim (Cotonou, 19/XI/2011).
[7]
Carta enc. Pacem in terris (11/IV/1963), 24 (44).

[02049-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Dobra polityka służy pokojowi

1. „Pokój temu domowi!”
Jezus posyłając swoich uczniów na misję mówi im: „Gdy do jakiego domu wejdziecie, najpierw mówcie: Pokój temu domowi! Jeśli tam mieszka człowiek godny pokoju, wasz pokój spocznie na nim; jeśli nie, powróci do was” (Łk 10, 5-6).

Przekazanie pokoju znajduje się w centrum misji uczniów Chrystusa. Jest to oferta skierowana do tych wszystkich mężczyzn i kobiet, którzy mają nadzieję na pokój pośród dramatów i przemocy ludzkiej historii[1]. „Domem”, o którym mówi Jezus jest każda rodzina, każda wspólnota, każdy kraj, każdy kontynent, w swojej wyjątkowości i historii. Jest to przede wszystkim każda osoba, bez żadnego wyjątku czy jakiejkolwiek dyskryminacji. Jest to także nasz „wspólny dom”: planeta, na której umieścił nas Bóg, byśmy na niej zamieszkiwali, a naszym powołaniem jest otoczenie jej troskliwą opieką.

Niech to będzie moje życzenie na początku nowego roku: „Pokój temu domowi!”.

2. Wyzwanie dobrej polityki
Pokój jest podobny do nadziei, o której mówi poeta Charles Péguy[2]; jest jak kruchy kwiat, który usiłuje zakwitnąć pośród kamieni przemocy. Wiemy o tym: dążenie do władzy za wszelką cenę prowadzi do nadużyć i niesprawiedliwości. Polityka jest istotnym nośnikiem budowania obywatelstwa i dzieł człowieka, ale kiedy ci, którzy ją pełnią, nie przeżywają jej jako służby dla ludzkiej społeczności, może stać się narzędziem ucisku, marginalizacji, a nawet zniszczenia.

„Jeśli kto chce być pierwszym, niech będzie ostatnim ze wszystkich i sługą wszystkich!” (Mk 9, 35) – mówi Jezus. Jak podkreślił papież św. Paweł VI: „Poważne traktowanie polityki na jej różnych poziomach – lokalnym, regionalnym, krajowym i światowym – oznacza potwierdzenie obowiązku człowieka, każdego człowieka, by uznał konkretną rzeczywistość i znaczenie wolności wyboru, jaka jest mu ofiarowana po to, by wspólnie z innymi dążył do realizowania dobra miasta, narodu, ludzkości”[3].

Istotnie, zadanie i odpowiedzialność polityczna stanowią stałe wyzwanie dla wszystkich, którzy otrzymują mandat, by służyć swojej ojczyźnie, aby chronić jej mieszkańców i działać na rzecz stworzenia warunków dla godnej i sprawiedliwej przyszłości. Polityka, jeśli jest realizowana z podstawowym poszanowaniem dla życia, wolności i godności ludzi, może naprawdę stać się wzniosłą formą miłości.

3. Miłość i cnoty ludzkie dla polityki służącej prawom człowieka i pokojowi
Papież Benedykt XVI przypomniał, że „każdy chrześcijanin wezwany jest do tej miłości zgodnie ze swoim powołaniem i swoimi możliwościami oddziaływania w pólis. [...] Gdy miłość jest pobudką zaangażowania na rzecz dobra wspólnego, ma ono wyższą wartość, niż gdy ma ono tylko świecki i polityczny charakter. [...] Gdy działalność człowieka na ziemi jest inspirowana i wspierana przez miłość, przyczynia się do budowania powszechnego miasta Bożego, do którego dążą dzieje rodziny ludzkiej”[4]. Jest to program, w którym odnaleźć się mogą wszyscy politycy, niezależnie od swojej przynależności kulturowej czy religijnej, pragnący wspólnie pracować dla dobra rodziny ludzkiej, praktykując te cnoty ludzkie, od których uzależnione jest dobre działanie polityczne: sprawiedliwość, równość, wzajemny szacunek, szczerość, uczciwość, wierność.

W związku z tym zasługują na przypomnienie „Błogosławieństwa polityka”, zaproponowane przez wietnamskiego kardynała Françoisa Xavier Nguyen Van Thuana, zmarłego w roku 2002, który był wiernym świadkiem Ewangelii:

Błogosławiony polityk, który dobrze rozumie swoją rolę w świecie.
Błogosławiony polityk, którego postępowanie jest przykładem wiarygodności.
Błogosławiony polityk, który pracuje dla wspólnego dobra, a nie dla własnego interesu.
Błogosławiony polityk, który jest wierny sobie.
Błogosławiony polityk, który trudzi się na rzecz budowania jedności.
Błogosławiony polityk, który dąży do radykalnej zmiany.
Błogosławiony polityk, który potrafi słuchać.
Błogosławiony polityk, który się nie lęka[5].

Każde odnowienie funkcji elekcyjnych, każdy termin wyborczy, każdy etap życia publicznego jest okazją, by powracać do źródła i punktów odniesienia, które inspirują sprawiedliwość i prawo. Jesteśmy tego pewni: dobra polityka służy pokojowi; szanuje i krzewi podstawowe prawa człowieka, które są także wzajemnymi obowiązkami, tak aby między obecnymi a przyszłymi pokoleniami nawiązała się więź zaufania i wdzięczności.

4. Wady polityki
Oprócz cnót, w polityce nie brakuje niestety także i wad, wynikających zarówno z niekompetencji osobistej, jak i z wypaczeń w środowisku politycznym i w instytucjach. Jest oczywiste dla wszystkich, że wady życia politycznego odbierają wiarygodność systemom, w obrębie których jest ona prowadzona, a także autorytetowi, decyzjom i działaniom ludzi, którzy się jej poświęcają. Te wady osłabiające ideał autentycznej demokracji są hańbą życia publicznego i zagrażają pokojowi społecznemu: korupcja – w jej wielu formach bezprawnego przywłaszczania sobie dóbr publicznych lub instrumentalizacji ludzi –, odmawianie prawa, brak poszanowania reguł wspólnotowych, bezprawne bogacenie się, uzasadnianie władzy siłą lub arbitralnym pretekstem „racji stanu”, skłonność okopywania się przy władzy, ksenofobia i rasizm, zaniechanie troski o Ziemię, nieograniczona eksploatacja zasobów naturalnych ze względu na doraźny zysk, pogarda dla tych, którzy zostali zmuszeni, by udać się na wygnanie.

5. Dobra polityka krzewi udział młodych i zaufanie do drugiego
Gdy sprawowanie władzy politycznej dąży jedynie do ochrony interesów pewnych uprzywilejowanych jednostek, zagrożona jest przyszłość, a ludzie młodzi mogą odczuwać pokusę nieufności, gdyż są skazani na pozostawanie na marginesie społeczeństwa, bez możliwości uczestniczenia w projekcie dotyczącym przyszłości. Kiedy natomiast polityka przekłada się konkretnie na wspieranie młodych talentów i powołań domagających się spełnienia, pokój szerzy się w sumieniach i na obliczach. Staje się dynamicznym zaufaniem, które pragnie powiedzieć: „ufam tobie i wierzę z tobą” w możliwość współpracy dla dobra wspólnego. Polityka zatem służy pokojowi, jeżeli wyraża się w uznaniu charyzmatów i zdolności każdej osoby. „Czy jest coś piękniejszego niż wyciągnięta dłoń? Bóg chciał, aby dawała ona i brała. Bóg nie chciał, aby zabijała (por. Rdz 4, 1 nn.) lub zadawała ból, ale aby leczyła i pomagała żyć. Obok serca i umysłu dłoń może stać się również narzędziem dialogu”[6].

Każdy może wnieść swój kamień do budowy wspólnego domu. Autentyczne życie polityczne, które opiera się na prawie i na szczerym dialogu między stronami, odnawia się z przekonania, żekażda kobieta, każdy mężczyzna i każde pokolenie zawierają w sobie pewną obietnicę, która może wyzwolić nowe energie relacyjne, intelektualne, kulturowe i duchowe. Nigdy nie jest łatwo przeżywać takie zaufanie, ponieważ relacje międzyludzkie są złożone. Zwłaszcza w tych czasach żyjemy w klimacie nieufności, który jest zakorzeniony w strachu przed innym lub obcym, w lęku przed utratą własnych korzyści, a przejawia się również niestety na poziomie politycznym poprzez postawy zamknięcia lub nacjonalizmy kwestionujące braterstwo, którego tak bardzo potrzebuje nasz zglobalizowany świat. Dzisiaj, bardziej niż kiedykolwiek, nasze społeczeństwa potrzebują „budowniczych pokoju”, którzy mogliby być autentycznymi posłańcami i świadkami Boga Ojca, który chce dobra i szczęścia rodziny ludzkiej.

6. Odrzućmy wojnę i strategię strachu
Sto lat po zakończeniu pierwszej wojny światowej, wspominając ludzi młodych, którzy zginęli w czasie bitew i udręczoną ludność cywilną, znamy dziś bardziej niż kiedykolwiek straszliwą naukę wojen bratobójczych, a mianowicie, że pokój nigdy nie może sprowadzać się jedynie do równowagi sił i strachu. Utrzymywanie drugiego w zagrożeniu oznacza sprowadzanie go do stanu przedmiotu i zanegowanie jego godności. Z tego powodu stwierdzamy, że eskalacja zastraszenia, jak również niekontrolowane rozprzestrzenianie broni są sprzeczne z moralnością i poszukiwaniem prawdziwej zgody. Terror wobec osób najbardziej podatnych na zagrożenia przyczynia się do wygnania całych grup ludności w poszukiwaniu ziemi pokoju. Bezzasadne są wypowiedzi polityczne, które próbują oskarżać migrantów o wszelkie zło i pozbawiać ubogich nadziei. Należy natomiast podkreślić, że pokój opiera się na szacunku dla każdej osoby, niezależnie od tego, jakie byłyby jej dzieje, na poszanowaniu prawa i dobra wspólnego, świata stworzonego, który został nam powierzony i bogactwa moralnego, przekazanego nam przez minione pokolenia.

Nasza myśl kieruje się ponadto w szczególności ku dzieciom żyjącym na terenach aktualnych konfliktów oraz ku tym wszystkim, którzy angażują się, aby chronić ich życie i prawa. Jedno dziecko na sześć w świecie jest dotknięte przemocą wojny i jej następstwami, o ile samo nie jest zaciągnięte przez uzbrojone grupy, aby stać się żołnierzem lub zakładnikiem. Świadectwo tych, którzy działają na rzecz obrony godności i szacunku dzieci, jest niezwykle cenne dla przyszłości ludzkości.

7. Wspaniały projekt pokoju
W tych dniach obchodzimy siedemdziesiątą rocznicę Powszechnej Deklaracji Praw Człowieka, przyjętej w następstwie drugiej wojny światowej. Przypomnijmy w tym względzie obserwację papieża św. Jana XXIII: „Kiedy w istotach ludzkich zaczyna pojawiać się świadomość swoich praw, to w tej świadomości nie może nie rodzić się dostrzeżenie swoich obowiązków. Posiadanie praw wiąże się z obowiązkiem wprowadzania ich w życie, ponieważ są one wyrazem osobistej godności człowieka. A posiadanie praw wiąże się także z ich uznaniem i szacunkiem ze strony innych osób”[7].

Pokój jest bowiem rezultatem wspaniałego projektu politycznego, opartego na wzajemnej odpowiedzialności i współzależności istot ludzkich. Ale jest także wyzwaniem, które każdego dnia domaga się akceptacji. Pokój jest nawróceniem serca i duszy, i łatwo można rozpoznać trzy nierozerwalne wymiary tego pokoju wewnętrznego i wspólnotowego:

- pokój z samym sobą, odrzucając bezkompromisowość, gniew i zniecierpliwienie, a – zgodnie z zaleceniami św. Franciszka Salezego – stosując „trochę słodyczy wobec siebie, aby dać trochę słodyczy innym”;

- pokój z innym: członkiem rodziny, przyjacielem, obcym, ubogim, cierpiącym...; ośmielając się spotkać i wysłuchać przesłania, które ze sobą niesie;

- pokój ze światem stworzonym, odkrywając wspaniałość Bożego daru oraz część odpowiedzialności, jaka spada na każdego z nas, jako mieszkańców świata, obywateli i twórców przyszłości.

Polityka pokoju, dobrze znająca ludzkie słabości i przyznająca się do nich, może zawsze czerpać z ducha hymnu Magnificat, który Maryja, Matka Chrystusa Zbawiciela i Królowa Pokoju śpiewa w imieniu wszystkich ludzi: „Jego miłosierdzie z pokolenia na pokolenie nad tymi, którzy się Go boją. Okazał moc swego ramienia, rozproszył pyszniących się zamysłami serc swoich. Strącił władców z tronu, a wywyższył pokornych [...] pomny na swe miłosierdzie, jak obiecał naszym ojcom, Abrahamowi i jego potomstwu na wieki” (Łk 1, 50-55).

Watykan, 8 grudnia 2018 r.

FRANCISZEK

______________________

[1] Por. Łk 2,14: „Chwała Bogu na wysokościach, a na ziemi pokój ludziom Jego upodobania”.
[2]
Por. Le Porche du mystère de la deuxième vertu, Paris 1986.
[3]
List apost. Octogesima adveniens (14 maja 1971), 46.
[4]
Enc. Caritas in veritate (29 czerwca 2009), 7.
[5]
Por. Przemówienie na wystawie-kongresie „Civitas” w Padwie: „30giorni”, n. 5/2002.
[6]
BENEDYKT XVI, Przemówienie do władz Beninu, Kotonu, 19 września 2011; w: L’Osservatore Romano, ed. pl. n. 1 (339)/2012, s. 13.
[7]
Enc. Pacem in terris (11 kwietnia 1963), 24.

[02049-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

"السياسة الصالحة هي في خدمة السلام"

1. "سلام لهذا البيت!"

قال يسوع لتلاميذه حين أرسلهم في مهمّة: "أَيَّ بَيتٍ دَخَلتُم، فقولوا أَوَّلاً: السَّلامُ على هذا البَيت. فإن كانَ فيهِ ابنُ سَلام، فسَلامُكُم يَحِلُّ بِه، وإِلاَّ عادَ إِلَيكُم" (لو 10، 5- 6).

منحُ السلام هو محور رسالة تلاميذ المسيح. وهذه الهبة تتوجّه لجميع الذين، من رجال ونساء، يَرجون السلام وسط مآسي تاريخ البشريّة وعنفه[1]! "البيت" الذي يتكلّم عنه يسوع إنما هو كلّ أسرة، كلّ جماعة، كلّ بلد، كلّ قارّة، في تفرّدهم وفي تاريخهم؛ هو قبل كلّ شيء كلّ شخص، دون تفرقة أو تمييز. هو أيضًا "بيتنا المشترك": الكوكب الذي وضعنا الله فيه لنسكنه والذي دُعينا للاعتناء به بكلّ اهتمام.

لتكن هذه بالتالي أمنيتي أيضًا في بداية العام الجديد: "سلام لهذا البيت!".

2. تحدّي السياسة الصالحة

إن السلام يشبه الرجاء الذي يتكلّم عنه الشاعر شارل بيغي[2]؛ يشبه زهرة هشّة تحاول أن تتفتّح وسط أحجار العنف. ونحن ندرك أن: البحث عن السلطة بأيّ ثمن يدفع إلى التجاوزات والظلم. إن السياسة هي وسيلة أساسيّة لبناء مواطنيّة الأشخاص وأعمالهم، ولكن عندما مَن يمارسها لا يعيشها كخدمة للمجتمع البشريّ، قد تُصبح أداةَ قمع وتهميش وحتى تدمير.

"مَن أَرادَ أَن يَكونَ أَوَّلَ القَوم-يقول يسوع-، فَلْيَكُنْ آخِرَهم جَميعًا وخادِمَهُم" (مر 9، 35). كما أكّد البابا القدّيس بولس السادس: "إن أخذ السياسة على محمل الجدّ على مختلف المستويات –المحليّ، والإقليميّ، والوطنيّ، والعالميّ- يعني التأكيد على واجب الإنسان، كلّ إنسان، بالاعتراف بالواقع الملموس وبقيمة حرّية الاختيار الممنوحة له لمحاولة تحقيق مصلحة المدينة، والأمّة، والبشريّة جمعاء"[3].

يشكّل العمل السياسي والمسؤوليّة السياسيّة في الواقع، تحدّيًا دائمًا لجميع الذين يتلقّون التفويض لخدمة بلدهم، ولحماية جميع سكّانه، وللعمل على تهيئة الظروف لمستقبل كريم وعادل. وتقدر السياسة أن تصبح حقّا شكلًا ساميًا للمحبّة إذا ما تمّ تطبيقها في إطار الاحترام الأساسيّ للحياة والحرّية وكرامة الناس.

3. محبّة وفضائل إنسانية من أجل سياسة في خدمة حقوق الإنسان والسلام

كان يذكّر البابا بندكتس السادس عشر أن "كلّ مسيحيّ هو مدعوّ إلى هذه المحبّة، كلٌّ بحسب دعوته، وطبقًا لنفوذه في المدينة [...] إنّ الاجتهادَ في سبيلِ الخيرِ العام، إذا ما أحيتهُ المحبّةُ أضفت عليهِ قيمةً أسمى من كونِه مجرّدَ التزامٍ دُنيويّ وسياسيّ [...] عندما يستلهمُ تصرُّفُ الإنسانِ على الأرضِ المحبّةَ ويُؤسَّسُ عليها، يُساهِمُ في بناءِ مدينةِ اللهِ الشاملة، التي يسيرُ نحوها مجملُ تاريخِ الأسرةِ البشريّة"[4]. إنه برنامج يمكن أن يلتقي فيه جميع السياسيين الذين، من أيّ انتماء ثقافيّ أو دينيّ كان، يرغبون في العمل معًا لصالح الأسرة البشريّة، عبر ممارسة تلك الفضائل الإنسانيّة التي تكمن وراء العمل السياسيّ الصالح: العدالة والإنصاف، والاحترام المتبادل، والجدّية، والصدق، والأمانة. وفي هذا الصدد، يجدر ذكر "تطويبات رجل السياسة"، التي اقترحها الكاردينال الفيتنامي فرنسوا كزافييه إنغويين فان توان، المتوفي عام 2002، والذي كان شاهدًا أمينًا للإنجيل:

طوبى لرجل السياسة الذي يدرك دوره إدراكًا عاليًا ويعيه بعمق.

طوبى لرجل السياسة الذي يعكس في شخصه مصداقيّتَه.

طوبى لرجل السياسة الذي يعمل من أجل الخير المشترك، لا لمصالحه الشخصيّة.

طوبى لرجل السياسة الذي يبقى متّسقًا بأمانة.

طوبى لرجل السياسة الذي يحقّق الوحدة.

طوبى لرجل السياسة الذي يلتزم بتحقيق تغيير جذريّ.

طوبى لرجل السياسة الذي يعرف كيف يصغي.

طوبى لرجل السياسة الذي لا يخاف[5].

إن كلّ تجديد للوظائف الانتخابية، وكلّ موعد انتخابي، وكلّ مرحلة من مراحل الحياة العامّة، هي مناسبة للعودة إلى المنبع وإلى المراجع التي تلهم العدالة والقانون. ونحن على يقين: السياسة الصالحة هي في خدمة السلام؛ تحترم وتعزّز حقوق الإنسان الأساسيّة، والتي هي كذلك واجبات متبادلة، كيما ينشأ رابط ثقة وامتنان بين الأجيال الحاضرة والأجيال المستقبليّة.

4. رذائل السياسة

إلى جانب الفضائل، وللأسف، لا تنقص في السياسة أيضًا الرذائل الناتجة سواء عن عدم الكفاءة الشخصيّة أو عن الانحرافات في البيئة والمؤسّسات. من الواضح للجميع أن رذائل الحياة السياسيّة تقضي على مصداقيّة الأنظمة التي تعمل فيها، فضلاً عن مصداقيّة السلطة والقرارات والأعمال التي يقوم بها الأشخاص الذين يكرّسون أنفسهم لها. هذه الرذائل، التي تُضعف مثاليّة الديمقراطيّة الحقّة، هي عار على الحياة العامة وتعرّض السلام الاجتماعي للخطر: الفساد -في أشكاله العديدة من اختلاس الخير العام أو استغلال الناس-، الحرمان من الحقوق، عدم احترام القواعد الجماعية، الاغتناء غير القانوني، تبرير السلطة بالقوّة أو بحجّة "مصلحة الدولة" التعسّفية، الميل إلى الديمومة في الحكم، كره الأجانب والعنصريّة، ورفض الاعتناء بالأرض، والاستغلال غير المحدود للموارد الطبيعيّة بهدف الربح الفوري، واحتقار أولئك الذين أُجبِروا على الهجرة.

5. السياسة الصالحة تعزّز مشاركة الشبيبة والثقة بالآخر

عندما تهدف ممارسة السلطة السياسيّة إلى حماية مصالح بعض الأفراد المحظوظين وحسب، يتعرّض المستقبل للخطر، وقد يميل الشبّان إلى فقدان الثقة، لأنهم يضطرون للبقاء على هامش المجتمع، دون إمكانيّة المشاركة في مشروعٍ للمستقبل. لكن عندما تُتَرجَم السياسة، بشكل ملموس، في تشجيعِ المواهب الشابّة والدعوات التي تطلّب تحقيقها، ينتشر السلام في الضمائر وعلى الوجوه. ويصبح ثقةً ديناميكيّة، ويعني "أثق بك وأؤمن معك" في إمكانيّة العمل سويًّا من أجل الصالح العام. السياسة هي بالتالي من أجل السلام، إذا تمّ التعبير عنها من خلال الاعتراف بمواهب كلّ شخص وقدراته. "أيّ شيء هو أجمل مِن يدٍ ممدودة؟ الله أرادها أن تُعطي وتَستلم. الله لم يردها أن تقتل (را. تك 4، 1) أو أن تُؤلِم، بل أن تَعتني وتساعد على العيش. فاليد، إلى جانب القلب والذكاء، يمكن أن تصبح أداة للحوار"[6].

كلّ فرد يستطيع أن يضع حجرَه الخاص لبناء البيت مشترك. فالحياة السياسيّة الأصيلة، القائمة على القانون وعلى الحوار الأمين بين الأشخاص، تتجدّد عبر القناعة بأن كلّ امرأة، وكلّ رجل، وكلّ جيل، يملك في ذاته، وعدًا يمكن أن يطلق طاقاتٍ جديدة عقليّة، وفكريّة، وثقافيّة، وروحيّة. هذه الثقة ليست سهلة أبدًا لأن العلاقات الإنسانيّة معقّدة. نحن نعيش في هذه الأوقات، على وجه الخصوص، في جوّ من انعدام الثقة المتأصّل في الخوف من الآخر أو من الغريب، وفي القلق من فقدان المزايا الشخصيّة، وهذا يظهر للأسف على المستوى السياسيّ، من خلال مواقف الانغلاق أو القوميّة التي تشكّك في الأُخُوَّة التي يحتاجها بشدّة عالمنا المُعَولَم. واليوم أكثر من أيّ وقت مضى، تحتاج مجتمعاتنا إلى "صانعي سلام"، قادرين على أن يكونوا رُسُلًا وشُهودًا حقيقيّين لله الآب الذي يريد خير الأسرة البشريّة وسعادتها.

6. لا للحرب ولاستراتيجية الخوف

بعد مرور مائة عام على نهاية الحرب العالميّة الأولى، فيما نتذكّر الشباب الذين سقطوا خلال تلك المعارك والسكّان المدنيّين الذين عانوا، نحن نعرف اليوم أكثر من أمس، الدرسَ الرهيب الذي تعلّمنا إياه الحروب بين الإخوة، أي أن السلام لا يمكن أن يقتصر أبداً على توازن القوى والخوف وحسب. إن إبقاء الآخر تحت التهديد يعني تقليصه إلى حالة الغرض وإنكار كرامته. ولهذا السبب نؤكّد من جديد أن التصعيد من حيث التخويف، فضلًا عن الانتشار غير المنضبط للأسلحة، يتعارضان مع الأخلاق ومع البحث عن تناغم حقيقيّ. فالإرهاب الذي يُمارَس على الأشخاص الأكثر ضعفًا، يساهم في نفي شعوب بأكملها بهدف البحث عن أرض تتمتّع بالسلام. ولا يمكن قبول الخطابات السياسيّة التي تميل إلى اتّهام المهاجرين بجميع الشرور وتحرم الفقراء من الرجاء. ومن ناحية أخرى، ينبغي التأكيد على أن السلام يقوم على احترام كلّ شخص، مهما كان تاريخه، وعلى احترام القانون والخير العام، والخلقية التي أوكلت إلينا، والكنز الأخلاقيّ الذي نقلته إلينا الأجيال السابقة.

علاوة على ذلك، نوجّه تفكيرنا بشكل خاص إلى الأطفال الذين يعيشون في مناطق النزاع الحاليّة، وإلى كلّ أولئك الذين يلتزمون بحماية حياتهم وحقوقهم. إن طفلًا من بين كلّ ستة أطفال في العالم يعاني من عنف الحرب أو عواقبها، هذا إن لم يتمّ تجنيده ليصبح جنديًّا أو رهينة الجماعات المسلّحة. إن شهادة أولئك الذين يعملون للدفاع عن كرامة واحترام الأطفال هي ثمينة للغاية لمستقبل البشريّة.

7. مشروع سلام عظيم

نحتفل هذه الأيام بالذكرى السنويّة السبعين للإعلان العالميّ لحقوق الإنسان، الذي اعتُمِد في أعقاب الحرب العالميّة الثانية. وفي هذا الصدد، نذكر ملاحظة البابا القدّيس يوحنا الثالث والعشرون: "عندما يُدرك الإنسان حقوقه، يظهر في ضميره بالضرورة الوعي على الواجبات المقابلة: للأشخاص الذين يملكون هذه الحقوق، واجب تأكيد حقوقهم كشرط وكتعبير عن كرامتهم؛ وللآخرين، واجب الاعتراف بهذه الحقوق واحترامها"[7].

إن السلام، في الواقع، هو نتيجة لمشروع سياسيّ كبير يقوم على أساس المسؤوليّة المتبادلة والترابط بين البشر. ولكنّه أيضًا تحدّ يتطلّب أن يتمّ قبوله يومًا بعد يوم. السلام هو تغيير القلب والروح، ومن السهل التعرّف على ثلاثة أبعاد لا يمكن الفصل بينها في هذا السلام الداخليّ والمجتمعيّ:

v السلام مع الذات، عبر رفض التشدّد والغضب ونفاد الصبر، وبحسب نصيحة القدّيس فرنسوا دي سال، عبر ممارسة "قليل من العذوبة تجاه الذات"، كي نقدّم "بعض العذوبة للآخرين".

v السلام مع الآخر: القريب، الصديق، الدخيل، الفقير، المتألّم...؛ فنتجاسر على اللقاء ونصغي إلى الرسالة التي يحملها معه.

v السلام مع الخليقة، فنعيد اكتشاف عظمة هبة الله وقدر المسؤوليّة الواقعة على عاتق كلّ واحد منّا، بصفته أحد سكّان العالم، وكمواطن وعامل للمستقبل.

إن سياسة السلام، التي تَعرِف جيّدًا الضعف البشريّ وتأخذه على عاتقها، يمكنها أن تستقي دومًا من روح النشيد الذي ترنّمه مريم، أمّ المسيح المخلّص وسلطانة السلام، باسم كلّ البشر: "رَحمَتُه مِن جيلٍ إِلى جيلٍ لِلذَّينَ يَتَقّونَه. كَشَفَ عَن شِدَّةِ ساعِدِه فشَتَّتَ الـمُتَكَبِّرينَ في قُلوبِهم. حَطَّ الأَقوِياءَ عنِ العُروش ورفَعَ الوُضَعاء [...] ذاكِرًا، كما قالَ لآبائِنا، رَحمَتَه لإِبراهيمَ ونَسْلِه لِلأَبد" (لو 1، 50- 55).

من الفاتيكان، 8 ديسمبر / كانون الأوّل 

فرنسيس

[1] را. لو 2، 14: "الـمَجدُ للهِ في العُلى! والسَّلامُ في الأَرضِ لِلنَّاسِ فإنَّهم أَهْلُ رِضاه!".

[2] را. باب سرّ الفضيلة الثانية، باريس 1986.

[3] الرسالة الرسولية الذكرى الثمانون - Octogesima adveniens- (14 مايو / أيار 1971)، 46.

[4] الرسالة العامة المحبة في الحقّ (29 يونيو/حزيران 2009)، 7.

[5] را. كلمة البابا في المعرض-المؤتمر "مجتمع" -Civitas- في مدينة بادوفا: "30 يوم"، عدد 5، سنة 2002.

[6] بندكتس السادس عشر، كلمة البابا لسلطات البنين، كوتونو، 19 نوفمبر 2011.

[7] الرسالة العامة السلام في الأرض (11 أبريل / نيسان 1963)، 24.

[02049-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0947-XX.02]