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Messaggio del Santo Padre per la XXVI Giornata Mondiale del Malato (11 febbraio 2018), 11.12.2017


Messaggio del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXVI Giornata Mondiale del Malato, che si celebra l’11 febbraio 2018:

Messaggio del Santo Padre

 

Mater Ecclesiae: «“Ecco tuo figlio ... Ecco tua madre”.
E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé»
(Gv 19,26-27)

Cari fratelli e sorelle,

il servizio della Chiesa ai malati e a coloro che se ne prendono cura deve continuare con sempre rinnovato vigore, in fedeltà al mandato del Signore (cfr Lc 9,2-6; Mt 10,1-8; Mc 6,7-13) e seguendo l’esempio molto eloquente del suo Fondatore e Maestro.

Quest’anno il tema della Giornata del malato ci è dato dalle parole che Gesù, innalzato sulla croce, rivolge a sua madre Maria e a Giovanni: «“Ecco tuo figlio ... Ecco tua madre”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (Gv 19,26-27).

1. Queste parole del Signore illuminano profondamente il mistero della Croce. Essa non rappresenta una tragedia senza speranza, ma il luogo in cui Gesù mostra la sua gloria, e lascia le sue estreme volontà d’amore, che diventano regole costitutive della comunità cristiana e della vita di ogni discepolo.

Innanzitutto, le parole di Gesù danno origine alla vocazione materna di Maria nei confronti di tutta l’umanità. Lei sarà in particolare la madre dei discepoli del suo Figlio e si prenderà cura di loro e del loro cammino. E noi sappiamo che la cura materna di un figlio o una figlia comprende sia gli aspetti materiali sia quelli spirituali della sua educazione.

Il dolore indicibile della croce trafigge l’anima di Maria (cfr Lc 2,35), ma non la paralizza. Al contrario, come Madre del Signore inizia per lei un nuovo cammino di donazione. Sulla croce Gesù si preoccupa della Chiesa e dell’umanità intera, e Maria è chiamata a condividere questa stessa preoccupazione. Gli Atti degli Apostoli, descrivendo la grande effusione dello Spirito Santo a Pentecoste, ci mostrano che Maria ha iniziato a svolgere il suo compito nella prima comunità della Chiesa. Un compito che non ha mai fine.

2. Il discepolo Giovanni, l’amato, raffigura la Chiesa, popolo messianico. Egli deve riconoscere Maria come propria madre. E in questo riconoscimento è chiamato ad accoglierla, a contemplare in lei il modello del discepolato e anche la vocazione materna che Gesù le ha affidato, con le preoccupazioni e i progetti che ciò comporta: la Madre che ama e genera figli capaci di amare secondo il comando di Gesù. Perciò la vocazione materna di Maria, la vocazione di cura per i suoi figli, passa a Giovanni e a tutta la Chiesa. La comunità tutta dei discepoli è coinvolta nella vocazione materna di Maria.

3. Giovanni, come discepolo che ha condiviso tutto con Gesù, sa che il Maestro vuole condurre tutti gli uomini all’incontro con il Padre. Egli può testimoniare che Gesù ha incontrato molte persone malate nello spirito, perché piene di orgoglio (cfr Gv 8,31-39) e malate nel corpo (cfr Gv 5,6). A tutti Egli ha donato misericordia e perdono, e ai malati anche guarigione fisica, segno della vita abbondante del Regno, dove ogni lacrima viene asciugata. Come Maria, i discepoli sono chiamati a prendersi cura gli uni degli altri, ma non solo. Essi sanno che il cuore di Gesù è aperto a tutti, senza esclusioni. A tutti dev’essere annunciato il Vangelo del Regno, e a tutti coloro che sono nel bisogno deve indirizzarsi la carità dei cristiani, semplicemente perché sono persone, figli di Dio.

4. Questa vocazione materna della Chiesa verso le persone bisognose e i malati si è concretizzata, nella sua storia bimillenaria, in una ricchissima serie di iniziative a favore dei malati. Tale storia di dedizione non va dimenticata. Essa continua ancora oggi, in tutto il mondo. Nei Paesi dove esistono sistemi di sanità pubblica sufficienti, il lavoro delle congregazioni cattoliche, delle diocesi e dei loro ospedali, oltre a fornire cure mediche di qualità, cerca di mettere la persona umana al centro del processo terapeutico e svolge ricerca scientifica nel rispetto della vita e dei valori morali cristiani. Nei Paesi dove i sistemi sanitari sono insufficienti o inesistenti, la Chiesa lavora per offrire alla gente quanto più è possibile per la cura della salute, per eliminare la mortalità infantile e debellare alcune malattie a larga diffusione. Ovunque essa cerca di curare, anche quando non è in grado di guarire. L’immagine della Chiesa come “ospedale da campo”, accogliente per tutti quanti sono feriti dalla vita, è una realtà molto concreta, perché in alcune parti del mondo sono solo gli ospedali dei missionari e delle diocesi a fornire le cure necessarie alla popolazione.

5. La memoria della lunga storia di servizio agli ammalati è motivo di gioia per la comunità cristiana e in particolare per coloro che svolgono tale servizio nel presente. Ma bisogna guardare al passato soprattutto per lasciarsene arricchire. Da esso dobbiamo imparare: la generosità fino al sacrificio totale di molti fondatori di istituti a servizio degli infermi; la creatività, suggerita dalla carità, di molte iniziative intraprese nel corso dei secoli; l’impegno nella ricerca scientifica, per offrire ai malati cure innovative e affidabili. Questa eredità del passato aiuta a progettare bene il futuro. Ad esempio, a preservare gli ospedali cattolici dal rischio dell’aziendalismo, che in tutto il mondo cerca di far entrare la cura della salute nell’ambito del mercato, finendo per scartare i poveri. L’intelligenza organizzativa e la carità esigono piuttosto che la persona del malato venga rispettata nella sua dignità e mantenuta sempre al centro del processo di cura. Questi orientamenti devono essere propri anche dei cristiani che operano nelle strutture pubbliche e che con il loro servizio sono chiamati a dare buona testimonianza del Vangelo.

6. Gesù ha lasciato in dono alla Chiesa la sua potenza guaritrice: «Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: [...] imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16,17-18). Negli Atti degli Apostoli leggiamo la descrizione delle guarigioni operate da Pietro (cfr At 3,4-8) e da Paolo (cfr At 14,8-11). Al dono di Gesù corrisponde il compito della Chiesa, la quale sa che deve portare sui malati lo stesso sguardo ricco di tenerezza e compassione del suo Signore. La pastorale della salute resta e resterà sempre un compito necessario ed essenziale, da vivere con rinnovato slancio a partire dalle comunità parrocchiali fino ai più eccellenti centri di cura. Non possiamo qui dimenticare la tenerezza e la perseveranza con cui molte famiglie seguono i propri figli, genitori e parenti, malati cronici o gravemente disabili. Le cure che sono prestate in famiglia sono una testimonianza straordinaria di amore per la persona umana e vanno sostenute con adeguato riconoscimento e con politiche adeguate. Pertanto, medici e infermieri, sacerdoti, consacrati e volontari, familiari e tutti coloro che si impegnano nella cura dei malati, partecipano a questa missione ecclesiale. E’ una responsabilità condivisa che arricchisce il valore del servizio quotidiano di ciascuno.

7. A Maria, Madre della tenerezza, vogliamo affidare tutti i malati nel corpo e nello spirito, perché li sostenga nella speranza. A lei chiediamo pure di aiutarci ad essere accoglienti verso i fratelli infermi. La Chiesa sa di avere bisogno di una grazia speciale per poter essere all’altezza del suo servizio evangelico di cura per i malati. Perciò la preghiera alla Madre del Signore ci veda tutti uniti in una insistente supplica, perché ogni membro della Chiesa viva con amore la vocazione al servizio della vita e della salute. La Vergine Maria interceda per questa XXVI Giornata Mondiale del Malato; aiuti le persone ammalate a vivere la propria sofferenza in comunione con il Signore Gesù, e sostenga coloro che di essi si prendono cura. A tutti, malati, operatori sanitari e volontari, imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 26 novembre 2017
Solennità di N.S. Gesù Cristo Re dell’universo.

FRANCESCO

[01903-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Mater Ecclesiae : « “ Voici ton fils ... Voici ta mère ”.
Dès cette heure-là, le disciple l’accueillit chez lui »
(Jn 19, 26-27)

Chers frères et sœurs,

le service de l’Église envers les malades et ceux qui s’occupent d’eux doit se poursuivre avec une vigueur toujours nouvelle, dans la fidélité au mandat du Seigneur (cf. Lc 9, 2-6 ; Mt 10, 1-8 ; Mc 6, 7-13) et en suivant l’exemple très éloquent de son Fondateur et Maître.

Cette année, le thème de la Journée du malade nous est fourni par les paroles que Jésus, élevé sur la croix, adresse à Marie, sa mère, et à Jean : « “ Voici ton fils ... Voici ta mère ”. Dès cette heure-là, le disciple l’accueillit chez lui » (Jn 19, 26-27).

1. Ces paroles du Seigneur éclairent profondément le mystère de la Croix. Celle-ci ne représente pas une tragédie sans espérance, mais elle est le lieu où Jésus manifeste sa gloire et laisse ses dernières volontés d’amour, qui deviennent les règles constitutives de la communauté chrétienne et de la vie de chaque disciple.

Avant tout, les paroles de Jésus donnent son origine à la vocation maternelle de Marie à l’égard de l’humanité tout entière. Elle sera, en particulier, la mère des disciples de son Fils et prendra soin d’eux et de leur cheminement. Et nous savons que le soin maternel apporté à un fils ou à une fille comprend à la fois les aspects matériels et les aspects spirituels de son éducation.

La douleur indicible de la croix transperce l’âme de Marie (cf. Lc 2,35), mais ne la paralyse pas. Au contraire, comme Mère du Seigneur, un nouveau chemin de don commence pour elle. Sur la croix, Jésus se préoccupe de l’Église et de l’humanité tout entière et Marie est appelée à partager cette même préoccupation. Décrivant la grande effusion de l’Esprit Saint à la Pentecôte, les Actes des Apôtres nous montrent que Marie a commencé à accomplir sa tâche dans la première communauté de l’Église. Une tâche qui ne connaît jamais de fin.

2. Le disciple Jean, le bien-aimé, représente l’Église, peuple messianique. Il doit reconnaître Marie comme sa propre mère. Or, dans cette reconnaissance, il est appelé à l’accueillir, à contempler en elle le modèle d’une façon d’être disciple, ainsi que la vocation maternelle que Jésus lui a confiée, avec les préoccupations et les projets que cela comporte : la Mère qui aime et qui engendre des enfants capables d’aimer selon le commandement de Jésus. Par conséquent, la vocation maternelle de Marie, la vocation à prendre soin de ses enfants, est transmise à Jean et à toute l’Église. Toute la communauté des disciples est impliquée dans la vocation maternelle de Marie.

3. En tant que disciple ayant tout partagé avec Jésus, Jean sait que le Maître veut conduire tous les hommes vers la rencontre avec le Père. Il peut témoigner que Jésus a rencontré de nombreuses personnes malades dans leur esprit, car remplies d’orgueil (cf. Jn 8, 31-39) et malades dans leur corps (cf. Jn 5, 6). Envers tous, il a fait preuve de miséricorde et de pardon, il a même accordé la guérison physique aux malades, signe de la vie abondante du Royaume, où toute larme sera essuyée. Comme Marie, les disciples sont appelés à prendre soin les uns des autres, mais pas seulement. Ils savent que le cœur de Jésus est ouvert à tous, sans exclusions. L’Évangile du Royaume doit être annoncé à tous et la charité des chrétiens doit s’adresser à tous ceux qui sont dans le besoin, simplement parce que ces personnes sont des enfants de Dieu.

4. Cette vocation maternelle de l’Église envers les personnes dans le besoin et les malades s’est concrétisée, au long de son histoire bimillénaire, par une très riche série d’initiatives en faveur des malades. Cette histoire de dévouement ne doit pas être oubliée. Elle se poursuit aujourd’hui encore, dans le monde entier. Dans les pays où il existe des systèmes de santé publique suffisants, le travail des congrégations catholiques, des diocèses et de leurs hôpitaux, non seulement fournit des soins médicaux de qualité, mais cherche à mettre la personne humaine au centre du processus thérapeutique et accomplit une recherche scientifique dans le respect de la vie et des valeurs morales chrétiennes. Dans les pays où les systèmes de santé sont insuffisants ou inexistants, l’Église travaille pour offrir le plus possible aux gens en matière de soins et de santé, pour éliminer la mortalité infantile et éradiquer certaines maladies très répandues. Partout, elle essaie de soigner, même lorsqu’elle n’est pas en mesure de guérir. L’image de l’Église comme «hôpital de campagne», accueillante pour tous les blessés de la vie, est une réalité très concrète, car dans certaines parties du monde, seuls les hôpitaux des missionnaires et des diocèses fournissent les soins nécessaires à la population.

5. La mémoire de la longue histoire du service apporté aux malades constitue un motif de joie pour la communauté chrétienne et, en particulier, pour ceux qui accomplissent ce service dans le temps présent. Mais il faut regarder le passé, surtout pour s’en laisser enrichir. Nous devons apprendre de lui : la générosité jusqu’au sacrifice total de nombreux fondateurs d’instituts au service des malades; la créativité, suggérée par la charité, de nombreuses initiatives mises en œuvre au cours des siècles ; l’engagement dans la recherche scientifique, pour offrir aux malades des soins innovants et fiables. Cet héritage du passé aide à bien projeter l’avenir. Par exemple, à préserver les hôpitaux catholiques du risque de l’entreprenariat qui, dans le monde entier, cherche à faire entrer la protection de la santé dans le contexte du marché, finissant ainsi par écarter les pauvres. L’intelligence d’organisation et la charité exigent plutôt que la personne du malade soit respectée dans sa dignité et toujours maintenue au centre du processus de soin. Ces orientations doivent être spécifiques aussi aux chrétiens qui œuvrent dans les structures publiques et qui, par leur service, sont appelés à rendre un bon témoignage à l’Évangile.

6. Jésus a laissé en don à l’Église sa puissance de guérison : « Et voici les signes qui accompagneront ceux qui auront cru : [...] ils imposeront les mains aux infirmes et ceux-ci seront guéris » (Mc 16, 17-18). Dans les Actes des Apôtres, nous lisons la description des guérisons accomplies par Pierre (cf. Ac 3, 4-8) et par Paul (cf. Ac 14, 8-11). Au don de Jésus correspond la tâche de l’Église, qui sait qu’elle doit porter sur les malades le regard même de son Seigneur, un regard rempli de tendresse et de compassion. La pastorale de la santé reste et restera toujours une tâche nécessaire et essentielle, à vivre avec un élan nouveau, à partir des communautés paroissiales jusqu’aux centres de soin les plus performants. Nous ne pouvons pas oublier ici la tendresse et la persévérance avec lesquelles de nombreuses familles accompagnent leurs enfants, leurs parents et d’autres membres de leur famille, qui souffrent de maladies chroniques ou sont porteurs de graves handicaps. Les soins qui sont apportés en famille sont un témoignage extraordinaire d’amour de la personne humaine et doivent être soutenus avec une reconnaissance adéquate et des politiques appropriées. Ainsi, les médecins et les infirmiers, les prêtres, les personnes consacrées et les volontaires, les membres de la famille et tous ceux qui s’engagent dans le soin des malades, participent à cette mission ecclésiale. C’est une responsabilité partagée qui enrichit la valeur du service quotidien de chacun.

7. C’est à Marie, Mère de la tendresse, que nous voulons confier tous les malades dans leur corps et leur esprit, afin qu’elle les soutienne dans l’espérance. Nous lui demandons également de nous aider à être accueillants envers nos frères malades. L’Église sait qu’elle a besoin d’une grâce spéciale pour pouvoir être à la hauteur de son service évangélique du soin des malades. Par conséquent, que la prière adressée à la Mère du Seigneur nous trouve tous unis en une supplique insistante, pour que chaque membre de l’Église vive avec amour sa vocation au service de la vie et de la santé. Que la Vierge Marie intercède pour cette XXVIème Journée Mondiale du Malade ; qu’elle aide les personnes malades à vivre leur souffrance en communion avec le Seigneur Jésus et qu’elle soutienne ceux qui s’occupent d’eux. À tous, malades, agents du monde de la santé et volontaires, j’accorde de tout cœur la Bénédiction Apostolique.

Du Vatican, le 26 novembre 2017
Solennité de Notre Seigneur Jésus-Christ Roi de l’univers.

FRANÇOIS

[01903-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Mater Ecclesiae: « “Behold, your son... Behold, your mother”.
And from that hour the disciple took her into his home. »
(Jn 19:26-27)

Dear Brothers and Sisters,

The Church’s service to the sick and those who care for them must continue with renewed vigour, in fidelity to the Lord’s command (cf. Lk 9:2-6; Mt 10:1-8; Mk 6:7-13) and following the eloquent example of her Founder and Master.

The theme for this year’s Day of the Sick is provided by the words that Jesus spoke from the Cross to Mary, his Mother, and to John: “Woman, behold your son ... Behold your mother. And from that hour the disciple took her into his home” (Jn 19:26-27).

1. The Lord’s words brilliantly illuminate the mystery of the Cross, which does not represent a hopeless tragedy, but rather the place where Jesus manifests his glory and shows his love to the end. That love in turn was to become the basis and rule for the Christian community and the life of each disciple.

Before all else, Jesus’ words are the source of Mary’s maternal vocation for all humanity. Mary was to be, in particular, the Mother of her Son’s disciples, caring for them and their journey through life. As we know, a mother’s care for her son or daughter includes both the material and spiritual dimensions of their upbringing.

The unspeakable pain of the Cross pierces Mary’s soul (cf. Lk 2:35), but does not paralyze her. Quite the opposite. As the Lord’s Mother, a new path of self-giving opens up before her. On the Cross, Jesus showed his concern for the Church and all humanity, and Mary is called to share in that same concern. In describing the outpouring of the Holy Spirit at Pentecost, the Acts of the Apostles show that Mary began to carry out this role in the earliest community of the Church. A role that never ceases.

2. John, the beloved disciple, is a figure of the Church, the messianic people. He must acknowledge Mary as his Mother. In doing so, he is called to take her into his home, to see in her the model of all discipleship, and to contemplate the maternal vocation that Jesus entrusted to her, with all that it entails: a loving Mother who gives birth to children capable of loving as Jesus commands. That is why Mary’s maternal vocation to care for her children is entrusted to John and to the Church as a whole. The entire community of disciples is included in Mary’s maternal vocation.

3. John, as a disciple who shared everything with Jesus, knows that the Master wants to lead all people to an encounter with the Father. He can testify to the fact that Jesus met many people suffering from spiritual sickness due to pride (cf. Jn 8:31-39) and from physical ailments (cf. Jn 5:6). He bestowed mercy and forgiveness upon all, and healed the sick as a sign of the abundant life of the Kingdom, where every tear will be wiped away. Like Mary, the disciples are called to care for one another, but not only that. They know that Jesus’ heart is open to all and excludes no one. The Gospel of the Kingdom must be proclaimed to all, and the charity of Christians must be directed to all, simply because they are persons, children of God.

4. The Church’s maternal vocation to the needy and to the sick has found concrete expression throughout the two thousand years of her history in an impressive series of initiatives on behalf of the sick. This history of dedication must not be forgotten. It continues to the present day throughout the world. In countries where adequate public health care systems exist, the work of Catholic religious congregations and dioceses and their hospitals is aimed not only at providing quality medical care, but also at putting the human person at the centre of the healing process, while carrying out scientific research with full respect for life and for Christian moral values. In countries where health care systems are inadequate or non-existent, the Church seeks to do what she can to improve health, eliminate infant mortality and combat widespread disease. Everywhere she tries to provide care, even when she is not in a position to offer a cure. The image of the Church as a “field hospital” that welcomes all those wounded by life is a very concrete reality, for in some parts of the world, missionary and diocesan hospitals are the only institutions providing necessary care to the population.

5. The memory of this long history of service to the sick is cause for rejoicing on the part of the Christian community, and especially those presently engaged in this ministry. Yet we must look to the past above all to let it enrich us. We should learn the lesson it teaches us about the self-sacrificing generosity of many founders of institutes in the service of the infirm, the creativity, prompted by charity, of many initiatives undertaken over the centuries, and the commitment to scientific research as a means of offering innovative and reliable treatments to the sick. This legacy of the past helps us to build a better future, for example, by shielding Catholic hospitals from the business mentality that is seeking worldwide to turn health care into a profit-making enterprise, which ends up discarding the poor. Wise organization and charity demand that the sick person be respected in his or her dignity, and constantly kept at the centre of the therapeutic process. This should likewise be the approach of Christians who work in public structures; through their service, they too are called to bear convincing witness to the Gospel.

6. Jesus bestowed upon the Church his healing power: “These signs will accompany those who believe... they will lay hands on the sick, and they will recover (Mk 16:17-18). In the Acts of the Apostles, we read accounts of the healings worked by Peter (cf. Acts 3:4-8) and Paul (cf. Acts 14:8-11). The Church’s mission is a response to Jesus’ gift, for she knows that she must bring to the sick the Lord’s own gaze, full of tenderness and compassion. Health care ministry will always be a necessary and fundamental task, to be carried out with renewed enthusiasm by all, from parish communities to the most largest healthcare institutions. We cannot forget the tender love and perseverance of many families in caring for their chronically sick or severely disabled children, parents and relatives. The care given within families is an extraordinary witness of love for the human person; it needs to be fittingly acknowledged and supported by suitable policies. Doctors and nurses, priests, consecrated men and women, volunteers, families and all those who care for the sick, take part in this ecclesial mission. It is a shared responsibility that enriches the value of the daily service given by each.

7. To Mary, Mother of tender love, we wish to entrust all those who are ill in body and soul, that she may sustain them in hope. We ask her also to help us to be welcoming to our sick brothers and sisters. The Church knows that she requires a special grace to live up to her evangelical task of serving the sick. May our prayers to the Mother of God see us united in an incessant plea that every member of the Church may live with love the vocation to serve life and health. May the Virgin Mary intercede for this Twenty-sixth World Day of the Sick; may she help the sick to experience their suffering in communion with the Lord Jesus; and may she support all those who care for them. To all, the sick, to healthcare workers and to volunteers, I cordially impart my Apostolic Blessing.

From the Vatican, 26 November 2017
Solemnity of Our Lord Jesus Christ, King of the Universe.

FRANCIS

[01903-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Mater Ecclesiae: »Siehe, dein Sohn … Siehe, deine Mutter.
Und von jener Stunde an nahm sie der Jünger zu sich« (Joh 19,26-27).

 

Liebe Brüder und Schwestern,

der Dienst der Kirche an den Kranken und denjenigen, die für sie Sorge tragen, muss mit immer neuer Kraft in Treue zum Auftrag des Herrn (vgl. Lk 9,2-6; Mt 10,1-8; Mk 6,7-13) und dem überaus bedeutenden Beispiel ihres Gründers und Meisters folgend weitergeführt werden.

Dieses Jahr kommt das Thema des Welttags der Kranken von den Worten, die Jesus, am Kreuz erhöht, an seine Mutter Maria und an Johannes richtet: »Siehe, dein Sohn! … Siehe, deine Mutter! Und von jener Stunde an nahm sie der Jünger zu sich« (Joh 19,26-27).

1.         Diese Worte des Herrn erhellen das Geheimnis des Kreuzes in seiner Tiefe. Dieses stellt nicht eine hoffnungslose Tragödie dar, sondern den Ort, an dem Jesus seine Herrlichkeit zeigt und seinen letzten Willen der Liebe hinterlässt, der zur bestimmenden Regel der christlichen Gemeinschaft und des Lebens jedes Jüngers wird.

Die Worte Jesu begründen vor allem die mütterliche Berufung Marias im Hinblick auf die ganze Menschheit. Sie wird insbesondere die Mutter der Jünger ihres Sohnes werden und für sie und ihren Weg Sorge tragen. Und wir wissen, dass die mütterliche Sorge um einen Sohn oder eine Tochter sowohl die materiellen wie auch die geistigen Aspekte ihrer Erziehung umfasst.

Der unaussprechliche Schmerz des Kreuzes durchdringt die Seele Marias (vgl. Lk 2,35), lähmt sie aber nicht. Im Gegenteil, als Mutter des Herrn beginnt für sie ein neuer Weg der Hingabe. Am Kreuz sorgt sich Jesus um die Kirche und die gesamte Menschheit, und Maria ist gerufen, genau diese Sorge zu teilen. Die Apostelgeschichte zeigt uns in der Schilderung der großen Ausgießung des Heiligen Geistes an Pfingsten, dass Maria begonnen hat, ihre Aufgabe in der ersten Gemeinde der Kirche zu erfüllen. Eine Aufgabe, die niemals endet.

2.         Der Lieblingsjünger Johannes verkörpert die Kirche, das messianische Volk. Er muss Maria als eigene Mutter anerkennen. Und in dieser Anerkennung ist er gerufen, sie zu sich zu nehmen, in ihr das Vorbild der Jüngerschaft und auch die mütterliche Berufung zu betrachten, die Jesus ihr anvertraut hat, mit den Sorgen und Plänen, die dies mit sich bringt: die Mutter, die liebt und Kinder hervorbringt, die fähig sind, gemäß dem Gebot des Herrn zu lieben. Deshalb geht die mütterliche Berufung Marias, die Berufung, für ihre Kinder zu sorgen, auf Johannes und die ganze Kirche über. Die ganze Gemeinschaft der Jünger ist in die mütterliche Berufung Marias hineingenommen.

3.         Johannes weiß als Jünger, der mit Jesus alles geteilt hat, dass der Meister alle Menschen zur Begegnung mit dem Vater führen will. Er kann bezeugen, dass Jesus vielen begegnet ist, die im Geiste krank waren, weil sie voll von Hochmut waren (vgl. Joh 8,31-39), ebenso aber auch körperlich Kranken (vgl. Joh 5,6). Allen hat er Barmherzigkeit und Vergebung geschenkt und den Kranken auch körperliche Heilung als Zeichen für das Leben in Fülle im Reich Gottes, wo jede Träne getrocknet wird. Wie Maria sind die Jünger gerufen, füreinander zu sorgen, aber nicht nur das. Sie wissen, dass das Herz Jesu für alle offen ist, ohne jemanden auszuschließen. Allen muss das Evangelium vom Reich Gottes verkündet werden, und die Nächstenliebe der Christen muss sich allen Bedürftigen zuwenden, einfach, weil sie Personen, Kinder Gottes sind.

4.         Diese mütterliche Berufung der Kirche gegenüber den bedürftigen Menschen und den Kranken hat in ihrer zweitausendjährigen Geschichte in einer langen Reihe von Initiativen zugunsten der Kranken konkret Gestalt angenommen. Diese Geschichte der Hingabe darf nicht in Vergessenheit geraten. Sie wird heute noch auf der ganzen Welt fortgesetzt. In den Ländern mit einem ausreichenden Gesundheitswesen versucht die Arbeit der katholischen Kongregationen, der Diözesen und ihrer Krankenhäuser über die Versorgung mit qualitativen medizinischen Behandlungen hinaus, die menschliche Person in den Mittelpunkt des therapeutischen Prozesses zu stellen, und betreibt wissenschaftliche Forschung unter Achtung des Lebens und der christlichen moralischen Werte. In den Ländern, wo die Gesundheitssysteme unzureichend oder inexistent sind, arbeitet die Kirche daran, den Menschen das Möglichste für die Gesundheitsfürsorge anzubieten, um die Kindersterblichkeit zu beseitigen und einige weitverbreitete Krankheiten zu bekämpfen. Überall versucht sie zu behandeln, auch wenn sie nicht imstande ist zu heilen. Das Bild der Kirche als ›Feldlazarett‹, das alle aufnimmt, die vom Leben verwundet wurden, ist eine ganz konkrete Wirklichkeit, weil es in einigen Teilen der Welt nur die Krankenhäuser der Missionare und der Diözesen sind, die die Bevölkerung mit den notwendigen Behandlungen versorgen.

5.         Das Gedächtnis der langen Geschichte des Dienstes an den Kranken ist für die christliche Gemeinschaft Grund zur Freude und insbesondere für diejenigen, die gegenwärtig diesen Dienst versehen. Aber man muss auf die Vergangenheit schauen, vor allem um sich davon bereichern zu lassen. Von ihr müssen wir lernen: die Großzügigkeit bis zur völligen Selbstaufopferung vieler Gründer von Instituten im Dienst der Kranken; die aus der Liebe erweckte Kreativität vieler im Lauf der Jahrhunderte unternommener Initiativen; den Einsatz in der wissenschaftlichen Forschung, um den Kranken innovative und zuverlässige Behandlungen anzubieten. Dieses Erbe der Vergangenheit hilft dabei, die Zukunft gut zu planen: zum Beispiel, um die katholischen Krankenhäuser vor der Gefahr eines rein unternehmerischen Denkens zu bewahren, das auf der ganzen Welt darauf aus ist, die Gesundheitsfürsorge im Bereich des Marktes anzusiedeln, und so am Ende die Armen ausschließt. Die weise Organisation und die Liebe verlangen vielmehr, dass die Person des Kranken in ihrer Würde geachtet wird und immer im Mittelpunkt des Behandlungsprozesses bleibt. Diese Einstellungen müssen auch den Christen zu eigen sein, die in den öffentlichen Strukturen tätig sind und mit ihrem Dienst das Evangelium authentisch bezeugen sollen.

6.         Jesus hat der Kirche seine heilende Macht als Gabe hinterlassen: »Und durch die, die zum Glauben gekommen sind, werden folgende Zeichen geschehen: […] Die Kranken, denen sie die Hände auflegen, werden gesund werden« (Mk 16,17-18). In der Apostelgeschichte lesen wir die Schilderung der von Petrus (vgl. Apg 3,4-8) und Paulus (vgl. Apg 14,8-11) gewirkten Heilungen. Der Gabe Jesu entspricht die Aufgabe der Kirche, die weiß, dass sie für die Kranken den gleichen von Zärtlichkeit und Erbarmen erfüllten Blick wie ihr Herr haben muss. Die Gesundheitspastoral ist und wird auch in Zukunft eine notwendige und wesentliche Aufgabe bleiben, die mit neuem Schwung gelebt werden muss, angefangen von den Pfarrgemeinden bis hin zu den herausragenden Behandlungszentren. Wir können hier nicht die Zärtlichkeit und die Beharrlichkeit außer Acht lassen, mit denen sich viele Familien um ihre eigenen Kinder, Eltern oder Verwandten, die chronisch krank oder schwerbehindert sind, kümmern. Die in der Familie geleistete Pflege ist ein außerordentliches Zeugnis der Liebe für die menschliche Person und muss durch entsprechende Anerkennung und durch eine angemessene Politik unterstützt werden. Deshalb nehmen Ärzte und Krankenpfleger, Priester, Gottgeweihte und Ehrenamtliche, Familienangehörige und alle, die sich in der Krankenpflege engagieren, an dieser kirchlichen Sendung teil. Es ist eine geteilte Verantwortlichkeit, die den Wert des täglichen Dienstes eines jeden bereichert.

7.         Maria, der Mutter der Zärtlichkeit, wollen wir alle an Körper und Geist Kranken anvertrauen, damit sie sie in der Hoffnung stütze. Sie bitten wir auch, uns zu helfen, gegenüber den kranken Brüdern und Schwestern Aufnahmebereitschaft zu zeigen. Die Kirche weiß, dass sie einer besonderen Gnade bedarf, um ihrem evangeliumsgemäßen Dienst der Krankenpflege gerecht zu werden. Daher möge uns das Gebet zur Mutter des Herrn alle in einem inständigen Flehen vereinen, damit jedes Glied der Kirche in Liebe die Berufung zum Dienst am Leben und der Gesundheit lebe. Die Jungfrau Maria möge diesen 26. Welttag der Kranken mit ihrer Fürsprache begleiten; sie möge den kranken Menschen helfen, ihr Leiden in Gemeinschaft mit dem Herrn Jesus zu leben, und möge denen beistehen, die für sie Sorge tragen. Allen, den Kranken, den im Gesundheitswesen Tätigen und den Ehrenamtlichen erteile ich von Herzen den Apostolischen Segen.

Aus dem Vatikan, am 26. November 2017,
Christkönigssonntag

FRANZISKUS

[01903-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Testo in lingua spagnola

Mater Ecclesiae: «Ahí tienes a tu hijo... Ahí tienes a tu madre.
Y desde aquella hora, el discípulo la recibió en su casa»
(Jn 19,26-27)

Queridos hermanos y hermanas:

La Iglesia debe servir siempre a los enfermos y a los que cuidan de ellos con renovado vigor, en fidelidad al mandato del Señor (cf. Lc 9,2-6; Mt 10,1-8; Mc 6,7-13), siguiendo el ejemplo muy elocuente de su Fundador y Maestro.

Este año, el tema de la Jornada del Enfermo se inspira en las palabras que Jesús, desde la cruz, dirige a su madre María y a Juan: «Ahí tienes a tu hijo... Ahí tienes a tu madre. Y desde aquella hora, el discípulo la recibió en su casa» (Jn 19,26-27).

1. Estas palabras del Señor iluminan profundamente el misterio de la Cruz. Esta no representa una tragedia sin esperanza, sino que es el lugar donde Jesús muestra su gloria y deja sus últimas voluntades de amor, que se convierten en las reglas constitutivas de la comunidad cristiana y de la vida de todo discípulo.

En primer lugar, las palabras de Jesús son el origen de la vocación materna de María hacia la humanidad entera. Ella será la madre de los discípulos de su Hijo y cuidará de ellos y de su camino. Y sabemos que el cuidado materno de un hijo o de una hija incluye todos los aspectos de su educación, tanto los materiales como los espirituales.

El dolor indescriptible de la cruz traspasa el alma de María (cf. Lc 2,35), pero no la paraliza. Al contrario, como Madre del Señor comienza para ella un nuevo camino de entrega. En la cruz, Jesús se preocupa por la Iglesia y por la humanidad entera, y María está llamada a compartir esa misma preocupación. Los Hechos de los Apóstoles, al describir la gran efusión del Espíritu Santo en Pentecostés, nos muestran que María comenzó su misión en la primera comunidad de la Iglesia. Una tarea que no se acaba nunca.

2. El discípulo Juan, el discípulo amado, representa a la Iglesia, pueblo mesiánico. Él debe reconocer a María como su propia madre. Y al reconocerla, está llamado a acogerla, a contemplar en ella el modelo del discipulado y también la vocación materna que Jesús le ha confiado, con las inquietudes y los planes que conlleva: la Madre que ama y genera a hijos capaces de amar según el mandato de Jesús. Por lo tanto, la vocación materna de María, la vocación de cuidar a sus hijos, se transmite a Juan y a toda la Iglesia. Toda la comunidad de los discípulos está involucrada en la vocación materna de María.

3. Juan, como discípulo que lo compartió todo con Jesús, sabe que el Maestro quiere conducir a todos los hombres al encuentro con el Padre. Nos enseña cómo Jesús encontró a muchas personas enfermas en el espíritu, porque estaban llenas de orgullo (cf. Jn 8,31-39) y enfermas en el cuerpo (cf. Jn 5,6). A todas les dio misericordia y perdón, y a los enfermos también curación física, un signo de la vida abundante del Reino, donde se enjuga cada lágrima. Al igual que María, los discípulos están llamados a cuidar unos de otros, pero no exclusivamente. Saben que el corazón de Jesús está abierto a todos, sin excepción. Hay que proclamar el Evangelio del Reino a todos, y la caridad de los cristianos se ha de dirigir a todos los necesitados, simplemente porque son personas, hijos de Dios.

4. Esta vocación materna de la Iglesia hacia los necesitados y los enfermos se ha concretado, en su historia bimilenaria, en una rica serie de iniciativas en favor de los enfermos. Esta historia de dedicación no se debe olvidar. Continúa hoy en todo el mundo. En los países donde existen sistemas sanitarios públicos y adecuados, el trabajo de las congregaciones católicas, de las diócesis y de sus hospitales, además de proporcionar una atención médica de calidad, trata de poner a la persona humana en el centro del proceso terapéutico y de realizar la investigación científica en el respeto de la vida y de los valores morales cristianos. En los países donde los sistemas sanitarios son inadecuados o inexistentes, la Iglesia trabaja para ofrecer a la gente la mejor atención sanitaria posible, para eliminar la mortalidad infantil y erradicar algunas enfermedades generalizadas. En todas partes trata de cuidar, incluso cuando no puede sanar. La imagen de la Iglesia como un «hospital de campaña», que acoge a todos los heridos por la vida, es una realidad muy concreta, porque en algunas partes del mundo, sólo los hospitales de los misioneros y las diócesis brindan la atención necesaria a la población.

5. La memoria de la larga historia de servicio a los enfermos es motivo de alegría para la comunidad cristiana y especialmente para aquellos que realizan ese servicio en la actualidad. Sin embargo, hace falta mirar al pasado sobre todo para dejarse enriquecer por el mismo. De él debemos aprender: la generosidad hasta el sacrificio total de muchos fundadores de institutos al servicio de los enfermos; la creatividad, impulsada por la caridad, de muchas iniciativas emprendidas a lo largo de los siglos; el compromiso en la investigación científica, para proporcionar a los enfermos una atención innovadora y fiable. Este legado del pasado ayuda a proyectar bien el futuro. Por ejemplo, ayuda a preservar los hospitales católicos del riesgo del «empresarialismo», que en todo el mundo intenta que la atención médica caiga en el ámbito del mercado y termine descartando a los pobres.

La inteligencia organizacional y la caridad requieren más bien que se respete a la persona enferma en su dignidad y se la ponga siempre en el centro del proceso de la curación. Estas deben ser las orientaciones también de los cristianos que trabajan en las estructuras públicas y que, por su servicio, están llamados a dar un buen testimonio del Evangelio.

6. Jesús entregó a la Iglesia su poder de curar: «A los que crean, les acompañarán estos signos: […] impondrán las manos a los enfermos, y quedarán sanos» (Mc 16,17-18). En los Hechos de los Apóstoles, leemos la descripción de las curaciones realizadas por Pedro (cf. Hch 3,4-8) y Pablo (cf. Hch 14,8-11). La tarea de la Iglesia, que sabe que debe mirar a los enfermos con la misma mirada llena de ternura y compasión que su Señor, responde a este don de Jesús. La pastoral de la salud sigue siendo, y siempre será, una misión necesaria y esencial que hay que vivir con renovado ímpetu tanto en las comunidades parroquiales como en los centros de atención más excelentes. No podemos olvidar la ternura y la perseverancia con las que muchas familias acompañan a sus hijos, padres y familiares, enfermos crónicos o discapacitados graves. La atención brindada en la familia es un testimonio extraordinario de amor por la persona humana que hay que respaldar con un reconocimiento adecuado y con unas políticas apropiadas. Por lo tanto, médicos y enfermeros, sacerdotes, consagrados y voluntarios, familiares y todos aquellos que se comprometen en el cuidado de los enfermos, participan en esta misión eclesial. Se trata de una responsabilidad compartida que enriquece el valor del servicio diario de cada uno.

7. A María, Madre de la ternura, queremos confiarle todos los enfermos en el cuerpo y en el espíritu, para que los sostenga en la esperanza. Le pedimos también que nos ayude a acoger a nuestros hermanos enfermos. La Iglesia sabe que necesita una gracia especial para estar a la altura de su servicio evangélico de atención a los enfermos. Por lo tanto, la oración a la Madre del Señor nos ve unidos en una súplica insistente, para que cada miembro de la Iglesia viva con amor la vocación al servicio de la vida y de la salud. La Virgen María interceda por esta XXVI Jornada Mundial del Enfermo, ayude a las personas enfermas a vivir su sufrimiento en comunión con el Señor Jesús y apoye a quienes cuidan de ellas. A todos, enfermos, agentes sanitarios y voluntarios, imparto de corazón la Bendición Apostólica.

Vaticano, 26 de noviembre de 2017.
Solemnidad de Nuestro Señor Jesucristo, Rey del Universo.

FRANCISCO

[01903-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Mater Ecclesiae: «“Eis o teu filho! (…) Eis a tua mãe!”
E, desde aquela hora, o discípulo acolheu-a como sua»
(Jo 19, 26-27)

Queridos irmãos e irmãs!

O serviço da Igreja aos doentes e a quantos cuidam deles deve continuar, com vigor sempre renovado, por fidelidade ao mandato do Senhor (cf. Lc 9, 2-6, Mt 10, 1-8; Mc 6, 7-13) e seguindo o exemplo muito eloquente do seu Fundador e Mestre.

Este ano, o tema do Dia do Doente é tomado das palavras que Jesus, do alto da cruz, dirige a Maria, sua mãe, e a João: «“Eis o teu filho! (…) Eis a tua mãe!” E, desde aquela hora, o discípulo acolheu-A como sua» (Jo 19, 26-27).

1. Estas palavras do Senhor iluminam profundamente o mistério da Cruz. Esta não representa uma tragédia sem esperança, mas o lugar onde Jesus mostra a sua glória e deixa amorosamente as suas últimas vontades, que se tornam regras constitutivas da comunidade cristã e da vida de cada discípulo.

Em primeiro lugar, as palavras de Jesus dão origem à vocação materna de Maria em relação a toda a humanidade. Será, de uma forma particular, a mãe dos discípulos do seu Filho e cuidará deles e do seu caminho. E, como sabemos, o cuidado materno dum filho ou duma filha engloba tanto os aspetos materiais como os espirituais da sua educação.

O sofrimento indescritível da cruz trespassa a alma de Maria (cf. Lc 2, 35), mas não a paralisa. Pelo contrário, lá começa para Ela um novo caminho de doação, como Mãe do Senhor. Na cruz, Jesus preocupa-Se com a Igreja e toda a humanidade, e Maria é chamada a partilhar esta mesma preocupação. Os Atos dos Apóstolos, ao descrever a grande efusão do Espírito Santo no Pentecostes, mostram-nos que Maria começou a desempenhar a sua tarefa na primeira comunidade da Igreja. Uma tarefa que não mais terá fim.

2. O discípulo João, o amado, representa a Igreja, povo messiânico. Ele deve reconhecer Maria como sua própria mãe. E, neste reconhecimento, é chamado a recebê-La, contemplar n’Ela o modelo do discipulado e também a vocação materna que Jesus Lhe confiou incluindo as preocupações e os projetos que isso implica: a Mãe que ama e gera filhos capazes de amar segundo o mandamento de Jesus. Por isso a vocação materna de Maria, a vocação de cuidar dos seus filhos, passa para João e toda a Igreja. Toda a comunidade dos discípulos fica envolvida na vocação materna de Maria.

3. João, como discípulo que partilhou tudo com Jesus, sabe que o Mestre quer conduzir todos os homens ao encontro do Pai. Pode testemunhar que Jesus encontrou muitas pessoas doentes no espírito, porque cheias de orgulho (cf. Jo 8, 31-39), e doentes no corpo (cf. Jo 5, 6). A todos, concedeu misericórdia e perdão e, aos doentes, também a cura física, sinal da vida abundante do Reino, onde se enxugam todas as lágrimas. Como Maria, os discípulos são chamados a cuidar uns dos outros; mas não só: eles sabem que o Coração de Jesus está aberto a todos, sem exclusão. A todos deve ser anunciado o Evangelho do Reino, e a caridade dos cristãos deve estender-se a todos quantos passam necessidade, simplesmente porque são pessoas, filhos de Deus.

4. Esta vocação materna da Igreja para com as pessoas necessitadas e os doentes concretizou-se, ao longo da sua história bimilenária, numa série riquíssima de iniciativas a favor dos enfermos. Esta história de dedicação não deve ser esquecida. Continua ainda hoje, em todo o mundo. Nos países onde existem sistemas de saúde pública suficientes, o trabalho das congregações católicas, das dioceses e dos seus hospitais, além de fornecer cuidados médicos de qualidade, procura colocar a pessoa humana no centro do processo terapêutico e desenvolve a pesquisa científica no respeito da vida e dos valores morais cristãos. Nos países onde os sistemas de saúde são insuficientes ou inexistentes, a Igreja esforça-se por oferecer às pessoas o máximo possível de cuidados da saúde, por eliminar a mortalidade infantil e debelar algumas pandemias. Em todo o lado, ela procura cuidar, mesmo quando não é capaz de curar. A imagem da Igreja como «hospital de campo», acolhedora de todos os que são feridos pela vida, é uma realidade muito concreta, porque, nalgumas partes do mundo, os hospitais dos missionários e das dioceses são os únicos que fornecem os cuidados necessários à população.

5. A memória da longa história de serviço aos doentes é motivo de alegria para a comunidade cristã e, de modo particular, para aqueles que atualmente desempenham esse serviço. Mas é preciso olhar o passado sobretudo para com ele nos enriquecermos. Dele devemos aprender: a generosidade até ao sacrifício total de muitos fundadores de institutos ao serviço dos enfermos; a criatividade, sugerida pela caridade, de muitas iniciativas empreendidas ao longo dos séculos; o empenho na pesquisa científica, para oferecer aos doentes cuidados inovadores e fiáveis. Esta herança do passado ajuda a projetar bem o futuro. Por exemplo, a preservar os hospitais católicos do risco duma mentalidade empresarial, que em todo o mundo quer colocar o tratamento da saúde no contexto do mercado, acabando por descartar os pobres. Ao contrário, a inteligência organizativa e a caridade exigem que a pessoa do doente seja respeitada na sua dignidade e sempre colocada no centro do processo de tratamento. Estas orientações devem ser assumidas também pelos cristãos que trabalham nas estruturas públicas, onde são chamados a dar, através do seu serviço, bom testemunho do Evangelho.

6. Jesus deixou, como dom à Igreja, o seu poder de curar: «Estes sinais acompanharão aqueles que acreditarem: (...) hão de impor as mãos aos doentes e eles ficarão curados» (Mc 16, 17.18). Nos Atos dos Apóstolos, lemos a descrição das curas realizadas por Pedro (cf. At 3, 4-8) e por Paulo (cf. At 14, 8-11). Ao dom de Jesus corresponde o dever da Igreja, bem ciente de que deve pousar, sobre os doentes, o mesmo olhar rico de ternura e compaixão do seu Senhor. A pastoral da saúde permanece e sempre permanecerá um dever necessário e essencial, que se há de viver com um ímpeto renovado começando pelas comunidades paroquiais até aos centros de tratamento de excelência. Não podemos esquecer aqui a ternura e a perseverança com que muitas famílias acompanham os seus filhos, pais e parentes, doentes crónicos ou gravemente incapacitados. Os cuidados prestados em família são um testemunho extraordinário de amor pela pessoa humana e devem ser apoiados com o reconhecimento devido e políticas adequadas. Portanto, médicos e enfermeiros, sacerdotes, consagrados e voluntários, familiares e todos aqueles que se empenham no cuidado dos doentes, participam nesta missão eclesial. É uma responsabilidade compartilhada, que enriquece o valor do serviço diário de cada um.

7. A Maria, Mãe da ternura, queremos confiar todos os doentes no corpo e no espírito, para que os sustente na esperança. A Ela pedimos também que nos ajude a ser acolhedores para com os irmãos enfermos. A Igreja sabe que precisa duma graça especial para conseguir fazer frente ao seu serviço evangélico de cuidar dos doentes. Por isso, unamo-nos todos numa súplica insistente elevada à Mãe do Senhor, para que cada membro da Igreja viva com amor a vocação ao serviço da vida e da saúde. A Virgem Maria interceda por este XXVI Dia Mundial do Doente, ajude as pessoas doentes a viverem o seu sofrimento em comunhão com o Senhor Jesus, e ampare aqueles que cuidam delas. A todos, doentes, agentes de saúde e voluntários, concedo de coração a Bênção Apostólica.

Vaticano, 26 de novembro –
Solenidade de Nosso Senhor Jesus Cristo Rei do Universo – de 2017.

FRANCISCO

[01903-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Mater Ecclesiae: « „Oto syn Twój (…) Oto Matka twoja”.
I od tej godziny uczeń wziął Ją do siebie»
(J 19, 26-27)

Drodzy Bracia i Siostry!

Posługa, jaką Kościół niesie chorym i osobom, które się nimi opiekują, musi być kontynuowana z wciąż odnawianą energią, z wiernością poleceniu Pana (por. Łk 9, 2-6; Mt 10, 1-8; Mk 6, 7-13) i zgodnie z bardzo wymownym przykładem, jego Założyciela i Nauczyciela.

W tym roku tematem Dnia Chorego są słowa, które Jezus, wywyższony na krzyżu, kieruje do swojej Matki Maryi i do Jana: „'Oto syn Twój (…) Oto Matka twoja'. I od tej godziny uczeń wziął Ją do siebie” (J 19, 26-27).

1. Te słowa Pana rzucają głębokie światło na tajemnicę krzyża. Nie jest on beznadziejną tragedią, ale miejscem, gdzie Jezus ukazuje swoją chwałę i przekazuje swoją ostatnią wolę miłości, która staje się konstytutywną zasadą wspólnoty chrześcijańskiej i życia każdego ucznia.

Przede wszystkim słowa Jezusa zapoczątkowują powołanie Maryi jako Matki całej ludzkości. Będzie Ona w szczególności Matką uczniów swojego Syna i będzie się nimi opiekowała i czuwała nad ich drogą. A wiemy, że matczyna troska o syna czy córkę obejmuje zarówno materialne, jak i duchowe aspekty ich wychowania.

Niewysłowione cierpienie krzyża przeszywa duszę Maryi (por. Łk 2, 35), ale Jej nie paraliżuje. Przeciwnie, zaczyna się dla Niej, jako Matki Pana, nowa droga poświęcenia. Jezus na krzyżu troszczy się o Kościół i o całą ludzkość, a Maryja jest powołana do dzielenia tej Jego troski. Dzieje Apostolskie, opisując wielkie wylanie Ducha Świętego w dniu Pięćdziesiątnicy, ukazują Maryję, która zaczęła wykonywać swoje zadanie w pierwszej wspólnocie Kościoła. Zadanie, które nigdy się nie kończy.

2. Uczeń Jan, umiłowany, reprezentuje Kościół, lud mesjański. Ma on uznać Maryję za swoją Matkę. A w tym uznaniu ma Ją przyjąć, kontemplować w Niej wzór ucznia, a także macierzyńskie powołanie, które Jezus Jej powierzył, wraz z troskami i projektami, jakie się z tym wiążą – ma być Matką, która kocha i rodzi dzieci, potrafiące kochać zgodnie z przykazaniem Jezusa. Zatem macierzyńskie powołanie Maryi, powołanie do opieki nad dziećmi przechodzi na Jana i na cały Kościół. Cała wspólnota uczniów jest włączona w macierzyńskie powołanie Maryi.

3. Jan, jako uczeń, który dzielił z Jezusem wszystko, wie, że Nauczyciel chce doprowadzić wszystkich ludzi do spotkania z Ojcem. On może zaświadczyć, że Jezus spotykał wielu ludzi, którzy byli chorzy na duchu, gdyż byli pełni dumy (por. J 8, 31-39), i chorych na ciele (por. J 5, 6). Wszystkim im darował miłosierdzie i przebaczenie, a chorym – także uzdrowienie fizyczne, znak obfitości życia w królestwie, gdzie każda łza zostaje osuszona. Tak jak Maryja, uczniowie są powołani, by opiekowali się sobą nawzajem, ale nie tylko. Wiedzą, że serce Jezusa jest otwarte dla wszystkich bez wyjątku. Wszystkim musi być głoszona Ewangelia o królestwie i wszystkich, którzy są w potrzebie, musi obejmować miłość chrześcijan, po prostu dlatego, że są osobami, dziećmi Bożymi.

4. To macierzyńskie powołanie Kościoła w stosunku do osób będących w potrzebie i chorych urzeczywistniało się na przestrzeni jego dwutysiącletniej historii w przebogatej serii inicjatyw na rzecz chorych. Nie należy zapominać o tej historii ofiarności. Dziś trwa ona nadal na całym świecie. W krajach, gdzie istnieją wystarczające systemy publicznej opieki zdrowotnej, działalność zgromadzeń katolickich, diecezji i ich szpitali oprócz zapewniania opieki medycznej na wysokim poziomie ma na celu stawianie człowieka w centrum procesu leczenia i prowadzenie badań naukowych z poszanowaniem życia i chrześcijańskich wartości moralnych. W krajach, w których systemy opieki zdrowotnej są niewystarczające lub ich brakuje, Kościół stara się zaoferować ludziom możliwie jak najwięcej w zakresie opieki zdrowotnej, aby wyeliminować śmiertelność niemowląt i wykorzenić niektóre szeroko rozpowszechnione choroby. Gdziekolwiek się znajduje, stara się on leczyć, nawet kiedy nie jest w stanie przywrócić zdrowia. Obraz Kościoła jako „szpitala polowego”, otwartego dla wszystkich zranionych przez życie, jest rzeczywistością bardzo konkretną, bowiem w niektórych częściach świata tylko szpitale misyjne i diecezjalne zapewniają niezbędną opiekę zdrowotną ludności.

5. Pamięć o długiej historii posługi niesionej chorym jest powodem do radości dla wspólnoty chrześcijańskiej, a przede wszystkim dla tych, którzy w dzisiejszych czasach pełnią tę posługę. Trzeba jednak patrzeć na przeszłość, zwłaszcza po to, aby się nią ubogacać. Od niej powinniśmy się uczyć: wielkoduszności, aż po całkowite poświęcenie się wielu założycieli instytutów posługującym chorym; kreatywności, inspirowanej przez miłość, wielu inicjatyw realizowanych na przestrzeni wieków; zaangażowania w badania naukowe, aby oferować chorym nowatorskie i niezawodne leczenie. To dziedzictwo przeszłości pomaga dobrze planować przyszłość. Na przykład, aby ustrzec szpitale katolickie przed niebezpieczeństwem stosowania logiki przedsiębiorstwa, która na całym świecie usiłuje włączyć opiekę zdrowotną w działalność rynkową, czego skutkiem jest odrzucanie ubogich. Myślenie organizacyjne i miłość wymagają natomiast tego, aby była szanowana godność człowieka chorego i żeby był on zawsze stawiany w centrum procesu leczenia. Takie nastawienie winno cechować także chrześcijan pracujących w placówkach publicznych, którzy są powołani do tego, by przez swoją służbę dawali dobre świadectwo o Ewangelii.

6. Jezus pozostawił Kościołowi w darze swoją moc uzdrawiania: „Te zaś znaki towarzyszyć będą tym, którzy uwierzą: (…) Na chorych ręce kłaść będą, a ci odzyskają zdrowie” (Mk 16, 17-18). W Dziejach Apostolskich czytamy opis uzdrowień dokonanych przez Piotra (por. 3, 4-8) i Pawła (por. 14, 8-11). Odpowiedzią na dar Jezusa jest zadanie Kościoła, który wie, że powinien obejmować chorych takim samym jak jego Pan spojrzeniem, pełnym czułości i współczucia. Duszpasterstwo służby zdrowia jest i zawsze pozostanie niezbędnym i istotnym zadaniem, które należy realizować z wciąż nowym zapałem, poczynając od wspólnot parafialnych aż po najlepsze ośrodki opieki zdrowotnej. Nie możemy w tym miejscu nie wspomnieć o czułości i wytrwałości, z jakimi wiele rodzin opiekuje się swoimi dziećmi, rodzicami i krewnymi, chronicznie chorymi lub z poważną niepełnosprawnością. Opieka świadczona w rodzinie jest nadzwyczajnym świadectwem miłości do osoby ludzkiej i winna być otaczana odpowiednim uznaniem oraz wspierana przez stosowną politykę. Dlatego lekarze i pielęgniarze, kapłani, osoby konsekrowane i wolontariusze, członkowie rodzin oraz wszyscy, którzy angażują się w opiekę nad chorymi, uczestniczą w tej misji Kościoła. Jest to wspólna odpowiedzialność, która podnosi wartość codziennej posługi każdego.

7. Maryi, Matce czułości, pragniemy powierzyć wszystkich chorych na ciele i duchu, aby umacniała ich nadzieję. Prośmy Ją także, aby nam pomagała być otwartymi na chorych braci. Kościół wie, że potrzebuje specjalnej łaski, aby mógł sprostać swojej posłudze ewangelicznej w zakresie opieki nad chorymi. Toteż zjednoczmy się wszyscy w modlitwie do Matki Pana, błagając usilnie, aby każdy członek Kościoła przeżywał z miłością powołanie do służby życiu i zdrowiu. Niech Dziewica Maryja wstawia się za tym XXVI Światowym Dniem Chorego; niech pomaga osobom chorym przeżywać swoje cierpienie w jedności z Panem Jezusem i niech wspiera tych, którzy się nimi opiekują. Wszystkim – chorym, pracownikom służby zdrowia i wolontariuszom – udzielam z serca Błogosławieństwa Apostolskiego.

Watykan 26 listopada 2017 r.
Uroczystość Jezusa Chrystusa Króla Wszechświata.

FRANCISZEK

[01903-PL.01] [Testo originale: Italiano]

[B0888-XX.01]