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Viaggio Apostolico del Santo Padre Francesco in Myanmar e Bangladesh (26 novembre – 2 dicembre 2017) – Visita alla “Casa Madre Teresa”, Incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i consacrati, i seminaristi e le novizie alla “Holy Rosary Church” di Chittagong e Visita al cimitero parrocchiale e alla parte antica della Chiesa, 02.12.2017


Visita alla “Casa Madre Teresa” di Tejgaon

Incontro con i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose, i Consacrati, i Seminaristi e le Novizie alla “Holy Rosary Church” di Chittagong

Visita al Cimitero Parrocchiale e alla parte antica della Chiesa

 

Visita alla “Casa Madre Teresa” di Tejgaon

Questa mattina, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato, alle ore 9.15 locali (4.15, ora di Roma) il Santo Padre Francesco si è congedato dalla Nunziatura Apostolica di Dhaka e si è trasferito in auto alla “Casa Madre Teresa” di Tejgaon per una visita in forma privata.

Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto dal Vescovo incaricato della Pastorale Sociale, S.E. Mons. Paul Ponen Kubi, C.S.C., Vescovo di Mymensingh, dalla Superiora della “Casa Madre Teresa” e dalla Superiora Regionale delle Suore Missionarie della Carità. E’ stato poi accompagnato in due stanze dove erano riuniti alcuni bambini e anziani assistiti nelle strutture della Congregazione, mentre un coro di bambini ha eseguito alcuni canti nel cortile della Casa.

Al termine della visita, il Santo Padre ha consegnato un dono alla “Casa Madre Teresa”. Quindi si è recato a piedi alla Holy Rosary Church per l’incontro con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i consacrati, i seminaristi e le novizie.

[01819-IT.01]

Incontro con i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose, i Consacrati, i Seminaristi e le Novizie alla “Holy Rosary Church” di Chittagong

 

Parole di saluto del Santo Padre davanti alla Chiesa del Santo Rosario

Discorso del Santo Padre all’Incontro con i sacerdoti, i religiosi/e, i Consacrati, i Seminaristi e le Novizie

 

Alle ore 10.45 locali (5.45 ora di Roma), il Santo Padre Francesco ha incontrato circa 1.500 sacerdoti, religiosi, religiose, consacrati, seminaristi e novizie alla Holy Rosary Church, Chiesa cattedrale dell’arcidiocesi di Chittagong.

Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto all’ingresso della chiesa dal Vescovo di Khulna, S.E. Mons. Romen Boiragi, dal Parroco e dal Presidente dell’Associazione dei Religiosi del Bangladesh. Poi, il Papa ha rivolto un saluto ai fedeli raccolti davanti alla Chiesa.

Dopo il canto di benvenuto e l’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Chittagong, S.E. Mons. Moses M. Costa, C.S.C., un sacerdote, un missionario, una suora, un religioso e un seminarista hanno portato la propria testimonianza. Quindi il Santo Padre ha pronunciato un discorso a braccio, dando per consegnato quello preparato.

Al termine, dopo la preghiera mariana, la recita del Padre Nostro e la Benedizione finale, Papa Francesco si è recato in visita al Cimitero Parrocchiale e all’antica Chiesa del Santo Rosario.

Riportiamo di seguito il saluto del Papa ai fedeli raccolti fuori dalla Chiesa, il discorso del Santo Padre consegnato ai presenti all’Incontro nonché il discorso pronunciato a braccio:

 

Parole di saluto del Santo Padre davanti alla Chiesa del Santo Rosario

Saluto del Santo Padre

Traduzione di lavoro in lingua spagnola

 

Saluto del Santo Padre

Vi saluto e vi ringrazio di questa gioia, di questa accoglienza. Grazie tante a voi. E vorrei chiedervi una cosa: pregate per me. Me lo promettete? [“Sì!”] Ah, bene. E vorrei darvi un suggerimento, voglio darvi un consiglio. La sera, prima di andare a dormire, pregate un’Ave Maria alla Vergine. Ogni notte, prima di andare a letto, pregare alla Madonna un’Ave Maria. Lo farete? [“Sì!”]

E adesso preghiamo la Madonna tutti insieme.

Ave o Maria, …

[Benedizione]

Thank you very much.

[01842-IT.01] [Testo originale: Italiano]

 

Traduzione di lavoro in lingua spagnola

Os saludo y os doy las gracias por esta alegría, por esta acogida. Muchas gracias a vosotros. Y quisiera pediros una cosa: rezad por mí. ¿Me lo prometéis? [“¡Sí!”] Ah, muy bien. Y quisiera haceros una sugerencia, quisiera daros un consejo. Por la noche, antes de iros a dormir, rezad un Ave María a la Virgen. Cada noche, antes de iros a la cama, rezad a la Virgen un Ave María. ¿Lo haréis? [“¡Sí!”]

Y ahora recemos a la Virgen todos juntos.

Dios te salve, María...

[Bendición]

Muchas gracias.

[01842-ES.01] [Texto original: Italiano - Traducción no oficial]

Discorso del Santo Padre all’Incontro con i Sacerdoti, i Religiosi/e, i Consacrati, i Seminaristi e le Novizie

 

Discorso consegnato del Santo Padre

Discorso pronunciato a braccio dal Santo Padre

 

Discorso consegnato del Santo Padre

Discorso consegnato del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

 

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle,

sono molto contento di essere con voi. Ringrazio l’Arcivescovo Moses [Costa] per il caloroso saluto a nome vostro. Sono grato specialmente a quanti hanno offerto le loro testimonianze e condiviso con noi il loro amore per Dio. Esprimo anche la mia gratitudine a Padre Mintu [Palma] per aver composto la preghiera che tra poco reciteremo alla Madonna. In quanto successore di Pietro è mio dovere confermarvi nella fede. Ma vorrei che sappiate che oggi, attraverso le vostre parole e la vostra presenza, anche voi confermate me nella fede e mi date una grande gioia.

La Comunità cattolica in Bangladesh è piccola. Ma siete come il granello di senape che Dio porta a maturazione a suo tempo. Mi rallegro di vedere come questo granello stia crescendo e di essere testimone diretto della fede profonda che Dio vi ha dato (cfr Mt 13,31-32). Penso ai missionari devoti e fedeli che hanno piantato e curato questo granello di fede per quasi cinque secoli. Tra poco visiterò il cimitero e pregherò per questi uomini e donne che con tanta generosità hanno servito questa Chiesa locale. Volgendo lo sguardo a voi, vedo missionari che proseguono questa santa opera. Vedo anche molte vocazioni nate in questa terra: sono un segno delle grazie con cui il Signore la sta benedicendo. Sono particolarmente lieto della presenza tra noi delle suore di clausura, e delle loro preghiere.

È bello che il nostro incontro abbia luogo in quest’antica Chiesa del Santo Rosario. Il Rosario è una magnifica meditazione sui misteri della fede che sono la linfa vitale della Chiesa, una preghiera che forgia la vita spirituale e il servizio apostolico. Che siamo sacerdoti, religiosi, consacrati, seminaristi o novizi, la preghiera del Rosario ci stimola a dare le nostre vite completamente a Cristo, in unione con Maria. Ci invita a partecipare alla sollecitudine di Maria nei riguardi di Dio al momento dell’Annunciazione, alla compassione di Cristo per tutta l’umanità quando è appeso alla croce e alla gioia della Chiesa quando riceve il dono dello Spirito Santo dal Signore risorto.

La sollecitudine di Maria. C’è stata, in tutta la storia, una persona sollecita quanto Maria al momento dell’annunciazione? Dio la preparò per quel momento ed ella rispose con amore e fiducia. Così pure il Signore ha preparato ciascuno di noi e ci ha chiamati per nome. Rispondere a tale chiamata è un processo che dura tutta la vita. Ogni giorno siamo chiamati a imparare ad essere più solleciti nei riguardi del Signore nella preghiera, meditando le sue parole e cercando di discernere la sua volontà. So che il lavoro pastorale e l’apostolato richiedono da voi molto, e che le vostre giornate sono spesso lunghe e vi lasciano stanchi. Ma non possiamo portare il nome di Cristo o partecipare alla sua missione senza essere anzitutto uomini e donne radicati nell’amore, accesi dall’amore, attraverso l’incontro personale con Gesù nell’Eucaristia e nelle parole della Sacra Scrittura. Padre Abel, tu ci hai ricordato questo quando hai parlato dell’importanza di coltivare un’intima relazione con Gesù, perché lì sperimentiamo la sua misericordia e attingiamo una rinnovata energia per servire gli altri.

La sollecitudine per il Signore ci permette di vedere il mondo attraverso i suoi occhi e di diventare così più sensibili alle necessità di quanti serviamo. Cominciamo a comprendere le loro speranze e gioie, le paure e i pesi, vediamo più chiaramente i molti talenti, carismi e doni che essi apportano per edificare la Chiesa nella fede e nella santità. Fratel Lawrence, quando parlavi del tuo eremo, ci hai aiutati a comprendere l’importanza di prenderci cura delle persone per saziare la loro sete spirituale. Che tutti voi possiate, nella grande varietà del vostro apostolato, essere una fonte di ristoro spirituale e di ispirazione per coloro che servite, rendendoli capaci di condividere i loro doni sempre più pienamente tra di loro, facendo progredire la missione della Chiesa.

La compassione di Cristo. Il Rosario ci introduce nella meditazione della passione e morte di Gesù. Entrando più in profondità in questi misteri del dolore, giungiamo a conoscere la loro forza salvifica e siamo confermati nella chiamata a esserne partecipi con la nostra vita, con la compassione e il dono di sé. Il sacerdozio e la vita religiosa non sono carriere. Non sono veicoli per avanzare. Sono un servizio, una partecipazione all’amore di Cristo che si sacrifica per il suo gregge. Conformandoci quotidianamente a Colui che amiamo, giungiamo ad apprezzare il fatto che le nostre vite non ci appartengono. Non siamo più noi che viviamo, ma Cristo vive in noi (cfr Gal 2,20).

Incarniamo questa compassione quando accompagniamo le persone, specialmente nei loro momenti di sofferenza e di prova, aiutandole a trovare Gesù. Padre Franco, grazie per aver messo questo aspetto in primo piano: ciascuno di noi è chiamato a essere un missionario, portando l’amore misericordioso di Cristo a tutti, specialmente a quanti si trovano alle periferie delle nostre società. Sono particolarmente grato perché in tanti modi molti di voi sono impegnati nei campi dell’impegno sociale, della sanità e dell’educazione, servendo alle necessità delle vostre comunità locali e dei tanti migranti e rifugiati che arrivano nel Paese. Il vostro servizio alla più ampia comunità umana, in particolare a coloro che si trovano maggiormente nel bisogno, è prezioso per edificare una cultura dell’incontro e della solidarietà.

La gioia della Chiesa. Infine, il Rosario ci riempie di gioia per il trionfo di Cristo sulla morte, la sua ascensione alla destra del Padre e l’effusione dello Spirito Santo sul mondo. Tutto il nostro ministero è volto a proclamare la gioia del Vangelo. Nella vita e nell’apostolato, siamo tutti ben consapevoli dei problemi del mondo e delle sofferenze dell’umanità, ma non perdiamo mai la fiducia nel fatto che la forza dell’amore di Cristo prevale sul male e sul Principe della menzogna, che cerca di trarci in inganno. Non lasciatevi mai scoraggiare dalle vostre mancanze o dalle sfide del ministero. Se rimanete solleciti verso il Signore nella preghiera e perseverate nell’offrire la compassione di Cristo ai vostri fratelli e sorelle, allora il Signore riempirà certamente i vostri cuori della confortante gioia del suo Santo Spirito.

Suor Mary Chandra, tu hai condiviso con noi la gioia che sgorga dalla tua vocazione religiosa e dal carisma della tua Congregazione. Marcelius, anche tu ci hai parlato dell’amore che tu e i tuoi compagni di seminario avete per la vocazione al sacerdozio. Entrambi ci avete ricordato che siamo chiamati tutti e quotidianamente a rinnovare e approfondire la nostra gioia nel Signore sforzandoci di imitarlo sempre più pienamente. All’inizio, questo può sembrare difficile, ma riempie i nostri cuori di gioia spirituale. Perché ogni giorno diventa un’opportunità per ricominciare, per rispondere di nuovo al Signore. Non scoraggiatevi mai, perché la pazienza del Signore è per la nostra salvezza (cfr 2 Pt 3,15). Rallegratevi nel Signore sempre!

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per la vostra fedeltà nel servire Cristo e la sua Chiesa attraverso il dono della vostra vita. Assicuro a tutti voi la mia preghiera e ve la chiedo per me. Rivolgiamoci ora alla Madonna, Regina del Santo Rosario, chiedendole che ottenga a tutti noi la grazia di crescere in santità e di essere testimoni sempre più gioiosi della forza del Vangelo, per portare guarigione, riconciliazione e pace al nostro mondo.

[01800-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chers frères et sœurs,

Je suis très heureux d’être avec vous. Je remercie l’Archevêque Moses [Costa] pour la salutation chaleureuse [qu’il m’a adressée] en votre nom. Je suis spécialement reconnaissant à ceux qui ont donné leurs témoignages et partagé avec nous leur amour de Dieu. J’exprime aussi ma gratitude au Père Mintu [Palma] pour avoir composé la prière à la Vierge que nous réciterons tout à l’heure. En tant que successeur de Pierre il est de mon devoir de vous confirmer dans la foi. Mais je voudrais que vous sachiez qu’aujourd’hui, à travers vos paroles et votre présence, vous aussi vous me confirmez dans la foi et me donnez une grande joie.

La Communauté catholique au Bangladesh est petite. Mais vous êtes comme la graine de moutarde que Dieu porte à son accomplissement, en son temps. Je me réjouis de voir comment cette graine est en train de grandir et d’être le témoin direct de la foi profonde que Dieu vous a donnée (cf. Mt 13, 31-32). Je pense aux dévoués et fidèles missionnaires qui ont planté et soigné cette graine de foi pendant presque cinq siècles. Tout à l’heure je visiterai le cimetière et je prierai pour ces hommes et ces femmes qui, avec beaucoup de générosité, ont servi cette Église locale. Tournant le regard vers vous, je vois des missionnaires qui poursuivent cette œuvre sainte. Je vois aussi de nombreuses vocations nées sur cette terre: elles sont un signe des grâces par lesquelles le Seigneur la bénit. Je suis particulièrement heureux de la présence parmi nous des sœurs de clôture, et de leurs prières.

Il est beau que notre rencontre ait lieu dans cette ancienne église du Saint Rosaire. Le Rosaire est une méditation magnifique sur les mystères de la foi qui sont la sève vitale de l’Église, une prière qui forge la vie spirituelle et le service apostolique. Que nous soyons prêtres, religieux, personnes consacrées, séminaristes ou novices, la prière du Rosaire nous stimule à donner complètement nos vies au Christ, en union avec Marie. Elle nous invite à participer à l’empressement de Marie envers Dieu au moment de l’Annonciation, à la compassion du Christ pour toute l’humanité lorsqu’il est suspendu à la croix, et à la joie de l’Église quand elle reçoit du Seigneur ressuscité le don de l’Esprit Saint.

L’empressement de Marie. Y a-t-il eu, dans toute l’histoire, une personne aussi empressée que Marie au moment de l’Annonciation? Dieu l’a préparée pour ce moment et elle a répondu avec amour et confiance. De même le Seigneur a préparé chacun de nous, et il nous a appelés par notre nom. Répondre à cet appel est un processus qui dure toute la vie. Chaque jour nous sommes appelés à apprendre à être plus empressés envers le Seigneur dans la prière, en méditant ses paroles et en cherchant à discerner sa volonté. Je sais que le travail pastoral et l’apostolat demandent beaucoup de vous, et que vos journées sont souvent longues et vous fatiguent. Mais nous ne pouvons pas porter le nom du Christ ou participer à sa mission sans être avant tout des hommes et des femmes enracinés dans l’amour, enflammés par l’amour, par la rencontre personnelle avec Jésus dans l’Eucharistie et dans les paroles de la Sainte Écriture. Père Abel, tu nous as rappelé cela quand tu as parlé de l’importance de faire grandir une relation intime avec Jésus, parce que là nous faisons l’expérience de sa miséricorde et nous puisons une énergie renouvelée pour servir les autres.

L’empressement pour le Seigneur nous permet de voir le monde à travers ses yeux et de devenir ainsi plus sensibles aux nécessités de tous ceux que nous servons. Nous commençons à comprendre leurs espérances et leurs joies, les peurs et les poids, nous voyons plus clairement les nombreux talents, charismes et dons qu’ils apportent pour édifier l’Église dans la foi et dans la sainteté. Frère Lawrence, quand tu parlais de ton ermitage, tu nous as aidé à comprendre l’importance de prendre soin des personnes pour rassasier leur soif spirituelle. Puissiez-vous tous, dans la grande variété de vos apostolats, être une source de restauration spirituelle et d’inspiration pour ceux que vous servez, les rendant capables de partager toujours plus pleinement entre eux leurs dons, faisant progresser la mission de l’Église.

La compassion du Christ. Le Rosaire nous introduit dans la méditation de la passion et de la mort de Jésus. En entrant plus profondément dans ces mystères douloureux, nous parvenons à connaître leur force salvifique et nous sommes confirmés dans l’appel à en être participants par nos vies, par la compassion et le don de soi. Le sacerdoce et la vie religieuse ne sont pas des carrières. Ils ne sont pas des véhicules pour avancer. Ils sont un service, une participation à l’amour du Christ qui se sacrifie pour son troupeau. En nous configurant chaque jour à Celui que nous aimons, nous parvenons à apprécier le fait que nos vies ne nous appartiennent pas. Ce n’est plus nous qui vivons, mais le Christ qui vit en nous (cf. Ga 2, 20).

Nous incarnons cette compassion quand nous accompagnons les personnes, spécialement dans leurs moments de souffrance et d’épreuve, en les aidant à trouver Jésus. Père Franco, merci pour avoir mis cet aspect au premier plan: chacun de nous est appelé à être un missionnaire, portant l’amour miséricordieux du Christ à tous, surtout à tous ceux qui se trouvent aux périphéries de nos sociétés. Je suis particulièrement reconnaissant que beaucoup d’entre vous, de nombreuses manières, soyez engagés dans les domaines du social, de la santé et de l’éducation, servant aux besoins de vos communautés locales et des nombreux migrants et réfugiés qui arrivent dans le pays. Votre service à la plus large communauté humaine, en particulier à ceux qui se trouvent le plus dans le besoin, est précieux pour construire une culture de la rencontre et de la solidarité.

La joie de l’Église. Enfin, le Rosaire nous remplit de joie par le triomphe du Christ sur la mort, par son ascension à la droite du Père et par l’effusion de l’Esprit Saint sur le monde. Tout notre ministère est orienté pour proclamer la joie de l’Évangile. Dans la vie et dans l’apostolat, nous sommes tous bien conscients des problèmes du monde et des souffrances de l’humanité, mais nous ne perdons jamais la confiance dans le fait que la force de l’amour du Christ prévaut sur le mal et sur le Prince du mensonge qui cherche à nous induire en erreur. Ne vous laissez jamais décourager par vos manquements ni par les défis du ministère. Si vous demeurez empressés envers le Seigneur dans la prière et persévérants à offrir la compassion du Christ à vos frères et sœurs, alors le Seigneur remplira certainement vos cœurs de la réconfortante joie de son Esprit Saint.

Sœur Mary Chandra, tu as partagé avec nous la joie qui jaillit de ta vocation religieuse et du charisme de ta Congrégation. Marcelius, toi aussi, tu nous as parlé de l’amour que toi et tes compagnons de séminaire avez pour la vocation au sacerdoce. Tous les deux, vous nous avez rappelé que nous sommes tous appelés, et, chaque jour, à renouveler et à approfondir notre joie dans le Seigneur en nous efforçant de l’imiter toujours plus pleinement. Au début, cela peut sembler ardu, mais cela remplit nos cœurs de joie spirituelle. Car chaque journée devient une occasion de recommencer, de répondre à nouveau au Seigneur. Ne vous découragez jamais, parce que la patience du Seigneur est notre salut (cf. 2P 3, 15). Réjouissez-vous toujours dans le Seigneur!

Chers frères et sœurs, je vous remercie pour votre fidélité dans le service du Christ et de son Église à travers le don de votre vie. Je vous assure tous de ma prière et je vous la demande pour moi. Tournons-nous vers la Vierge, la Reine du Saint Rosaire, en lui demandant de nous obtenir à tous la grâce de grandir en sainteté et d’être des témoins toujours plus joyeux de la force de l’Évangile, afin de porter guérison, réconciliation et paix à notre monde.

[01800-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

I am very happy to be with you! I thank Archbishop Moses [Costa] for his warm greeting in your name. I especially thank those who offered testimonies and shared with us their love for God. I also express my gratitude to Father Mintu [Palma] for composing the prayer that we will shortly recite to Our Lady. As the Successor of Peter it is my task to confirm you in faith. But I want you to know that, through your words and presence here today, you also confirm me in faith and bring me great joy.

The Catholic community in Bangladesh is small. But you are like the mustard seed that God brings to fruition in his own time. I rejoice to see how this seed is growing and to witness first-hand the deep faith which God has given you (cf. Mt 13:31-32). I think of the dedicated and faithful missionaries who planted and tended this seed of faith for almost five hundred years. I will shortly visit the cemetery here and pray for these men and women who so generously served this local Church. As I look out among you, I see missionaries who continue this holy work. I also see many vocations born in this land; they are a sign of the graces with which God is blessing your land. I am particularly pleased by the presence, and the prayers, of the cloistered nuns among us.

It is good that our meeting takes place in this ancient Church of the Holy Rosary. The rosary is a beautiful meditation on the mysteries of faith that are the lifeblood of the Church and a prayer that shapes our spiritual lives and our apostolic service. Whether we are priests, religious, consecrated men or women, seminarians or novices, the prayer of the rosary inspires us, in union with Mary, to give our lives completely to Christ. It invites us to share in Mary’s attentiveness to God at the annunciation, Christ’s compassion for all humanity as he hangs upon the cross, and the Church’s rejoicing as she receives the Risen Lord’s gift of the Holy Spirit.

Mary’s attentiveness. In all of history, has there ever been anyone as attentive as Mary was at the annunciation? God prepared her for that moment and she responded in love and trust. So too the Lord has prepared us and called each of us by name. Responding to that call is a lifelong process. Every day we have to learn to be more attentive to the Lord in prayer, meditating on his word and seeking to discern his will. I know that your pastoral work and your apostolates demand much of you, and that your days are often long and leave you tired. But we cannot bear Christ’s name, or share in his mission, unless we remain first and foremost men and women rooted in love, fired by love, through a personal encounter with Jesus in the Eucharist and the words of sacred Scripture. Father Abel, you reminded us of this when you spoke of the importance of fostering an intimate relationship with Jesus, for there we experience his mercy and find renewed strength for our service to others.

Attentiveness to the Lord allows us to see the world through his eyes and thus to become more sensitive to the needs of those whom we serve. We begin to understand their hopes and joys, fears and burdens, we see more clearly the many talents, charisms and gifts they bring to the building up of the Church in faith and holiness. Brother Lawrence, when you spoke of your ashram, you helped us to see the importance of assisting people to satisfy their spiritual thirst. May all of you, in the great variety of your apostolates, be a source of spiritual refreshment and inspiration to those you serve, and enable them to share their gifts ever more fully with one another in advancing the mission of the Church.

Christ’s compassion. The rosary draws us into a meditation on the passion and death of Jesus. By entering more deeply into these sorrowful mysteries, we come to know their saving power and are confirmed in our call to share it by our lives of com-passion and self-giving. Priesthood and religious life are not a career. They are not a vehicle for personal advancement. They are a service, a share in Christ’s own sacrificial love for his flock. By conforming ourselves daily to that we love, we come to appreciate that our lives are not our own. It is no longer we who live, but Christ who lives in us (cf. Gal 2:20).

We embody this compassion by accompanying people, especially in their moments of suffering and trial, helping them to find Jesus. Father Franco, thank you for drawing this to the fore – each of us is called to be a missionary, bringing Christ’s mercy and love to all, especially those on the peripheries of our society. I am especially grateful for the many ways in which so many of you are engaged in the areas of social outreach, health care and education, serving the needs of your local communities and of the many migrants and refugees coming to your country. Your service to the wider community, in particular to those most in need, is a precious service to the building of a culture of encounter and solidarity.

The Church’s rejoicing. Lastly, the rosary fills us with joy in Christ’s triumph over death, his ascension to the right hand of the Father and the outpouring of the Holy Spirit upon our world. The whole of our ministry is directed to proclaiming the joy of the Gospel. In our lives and apostolates, we are all too aware of the problems of the world and the sufferings of humanity, but we never lose confidence in the power of Christ’s love to prevail over evil and the Prince of Lies who tries to deceive us. Never be discouraged by your own failures or by the challenges of ministry. If you remain attentive to the Lord in prayer and persevere in offering Christ’s compassion to your brothers and sisters, then the Lord will surely fill your hearts with the comforting joy of his Holy Spirit.

Sister Mary Chandra, you shared with us the joy that flows from your religious vocation and the charism of your religious congregation. Marcelius, you too spoke of the love you and your fellow seminarians have for your vocation to be priests. Both of you reminded us that we are all asked daily to renew and deepen our joy in the Lord by striving to imitate him ever more fully. In the beginning, this may seem daunting, but it is fills our hearts with spiritual joy. For each day becomes an opportunity to begin again, to respond anew to the Lord. Never lose heart, for the Lord’s patience is for our salvation (cf. 2 Pet 3:15)! Rejoice in the Lord always!

Dear brothers and sisters, I thank you for your fidelity in serving Christ and his Church through the gift of your lives. I assure all of you of my prayers, as I ask you to pray for me. Let us now turn to Our Lady, Queen of the Most Holy Rosary, asking that she may obtain for all of us the grace to grow in holiness and to be ever more joyful witnesses of the power of the Gospel to bring healing, reconciliation and peace to our world.

[01800-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern,

es freut mich sehr, bei euch zu sein. Ich danke Erzbischof Moses [Costa] für die herzliche Begrüßung in eurem Namen. Ich bin insbesondere denjenigen dankbar, die ihre Zeugnisse vorgetragen haben und ihre Liebe zu Gott mit uns geteilt haben. Mein Dank gilt auch Pater Mintu [Palma] dafür, dass er das Gebet verfasst hat, das wir gleich an die Gottesmutter richten. Als Nachfolger Petri ist es meine Pflicht, euch im Glauben zu stärken. Aber ihr sollt wissen, dass auch ihr heute durch eure Worte und eure Anwesenheit mich im Glauben stärkt und mir große Freude bereitet.

Die katholische Gemeinschaft in Bangladesch ist klein. Aber ihr seid wie das Senfkorn, das Gott zu seiner Zeit zur Vollendung führt. Ich freue mich zu sehen, wie dieser Same wächst; ich bin froh, unmittelbarer Zeuge des tiefen Glaubens zu sein, den Gott euch geschenkt hat (vgl. Mt 13,31-32). Ich denke an die frommen und treuen Missionare, die diesen Samen des Glaubens über fast fünf Jahrhunderte gepflanzt und gepflegt haben. In Kürze werde ich den Friedhof besuchen und für diese Männer und Frauen beten, die dieser Ortskirche großherzig gedient haben. Wenn ich meinen Blick auf euch richte, sehe ich Missionare, die dieses heilige Werk fortsetzen. Ich sehe auch viele Berufungen, die in diesem Land gewachsen sind: das sind Zeichen der Gnaden, mit denen der Herr es segnet. Ich freue mich besonders über die Anwesenheit der Klausurschwestern unter uns und über ihre Gebete.

Es ist schön, dass unsere Begegnung in dieser alten Kirche vom heiligen Rosenkranz stattfindet. Der Rosenkranz ist eine wunderbare Betrachtung der Glaubensgeheimnisse, die der Lebenssaft der Kirche sind; ein Gebet, das das geistliche Leben und den apostolischen Dienst formt. Ob wir Priester, Ordensleute, Gottgeweihte, Seminaristen oder Novizen sind: das Rosenkranzgebet spornt uns an, unser Leben in Vereinigung mit Maria gänzlich Christus zu übergeben. Es lädt uns ein, Marias Verfügbarkeit Gott gegenüber im Augenblick der Verkündigung nachzuahmen, am Mitleiden mit Christus für die ganze Menschheit, als er am Kreuz hing, teilzuhaben und an der Freude der Kirche, wenn sie die Gabe des Heiligen Geistes vom auferstandenen Herrn empfängt.

Die Verfügbarkeit Marias. Hat es in der ganzen Geschichte jemals eine so verfügbare Person gegeben wie Maria im Augenblick der Verkündigung? Gott hat sie auf diesen Augenblick vorbereitet und sie antwortete mit Liebe und Vertrauen. So hat auch der Herr jeden von uns vorbereitet und uns beim Namen gerufen. Auf diesen Ruf zu antworten, ist ein lebenslanger Prozess. Jeden Tag sind wir gerufen zu lernen, verfügbarer gegenüber dem Herrn im Gebet zu sein, indem wir seine Worte betrachten und versuchen, seinen Willen zu erkennen. Ich weiß, dass die seelsorgliche Arbeit und das Apostolat viel von euch verlangen und dass eure Tage oft lang sind und ihr am Ende müde seid. Aber wir können nicht den Namen Christi tragen oder an seiner Sendung teilhaben, ohne Männer und Frauen zu sein, die vor allem in der Liebe verwurzelt sind und vor Liebe brennen durch die persönliche Begegnung mit Jesus in der Eucharistie und in den Worten der Heiligen Schrift. Pater Abel, du hast uns daran erinnert, als du von der Wichtigkeit des Wachstums einer innigen Jesusbeziehung gesprochen hast, weil wir dort seine Barmherzigkeit erfahren und erneute Kraft für den Dienst am Nächsten schöpfen können.

Die Verfügbarkeit für den Herrn erlaubt uns, die Welt mit seinen Augen zu sehen und so feinfühliger für die Bedürfnisse derer zu werden, denen wir dienen. Wir beginnen, ihre Hoffnungen und Freuden zu verstehen, die Ängste und die Lasten; wir sehen deutlicher ihre vielen Talente, ihre Charismen und Gaben, die sie miteinbringen, um die Kirche in Glaube und Heiligkeit aufzubauen. Bruder Lawrence, als du von deiner Einsiedelei erzählt hast, hast du uns geholfen zu verstehen, wie wichtig es ist, sich um die Menschen zu kümmern, um ihren geistlichen Durst zu stillen. Mögt ihr alle in der großen Vielfalt eurer Apostolate ein Quell geistlicher Erquickung und Anregung sein für diejenigen, denen ihr dient, und ihnen dabei helfen, ihre Gaben immer mehr untereinander zu teilen und so die Sendung der Kirche voranzutreiben.

Das Mitleiden mit Christus. Der Rosenkranz führt uns in die Betrachtung des Leidens und des Todes Jesu ein. Wenn wir tiefer in diese schmerzhaften Geheimnisse eindringen, erkennen wir ihre heilbringende Kraft und werden in der Berufung bestätigt, in unserem Leben durch das Mitleiden und die Selbsthingabe daran teilzuhaben. Das Priestertum und das Ordensleben sind keine Karrieren. Sie sind keine Methoden, um voranzukommen. Sie sind ein Dienst, eine Teilnahme an der Liebe Christi, der sich für seine Herde opfert. Wenn wir uns täglich ihm, den wir lieben, angleichen, werden wir die Tatsache, dass unser Leben uns nicht selbst gehört, wertschätzen lernen. Nicht mehr wir leben, sondern Christus lebt in uns (vgl. Gal 2,20).

Geben wir diesem Mitleiden Gestalt, wenn wir Personen vor allem in Leid und Prüfungen begleiten und helfen wir ihnen, Jesus zu finden. Pater Franco, danke, dass du diesen Aspekt hervorgehoben hast: Jeder von uns ist aufgerufen, Missionar zu sein, indem wir allen die barmherzige Liebe Christi bringen, gerade denjenigen an den Randgebieten unserer Gesellschaft. Ich bin besonders dafür dankbar, dass sich viele von euch auf mannigfaltige Weise im Sozialbereich, in Gesundheit und Bildung engagieren und so den Bedürfnissen eurer örtlichen Gemeinschaften und der vielen Migranten und Flüchtlinge, die ins Land kommen, dienen. Euer Dienst an der größeren Menschheitsfamilie, vor allem an den Bedürftigsten, ist kostbar, um eine Kultur der Begegnung und der Solidarität aufzubauen.

Die Freude der Kirche. Schließlich erfüllt uns der Rosenkranz mit Freude über den Sieg Christi über den Tod, über seine Auffahrt zur Rechten des Vaters und die Ausgießung des Heiligen Geistes über die Welt. Unser ganzes Dienstamt ist darauf ausgerichtet, die Freude des Evangeliums bekanntzumachen. Behalten wir im Leben und im Apostolat die Probleme der Welt und Leiden der Menschheit im Bewusstsein, aber verlieren wir niemals das Vertrauen, dass die Kraft der Liebe Christi das Böse und den Fürsten der Lüge, der uns in die Irre führen will, besiegt. Lasst euch nie von euren Schwächen oder von den Herausforderungen des Dienstamtes entmutigen. Wenn ihr dem Herrn gegenüber im Gebet verfügbar bleibt und beharrlich darin seid, das Erbarmen Christi euren Brüdern und Schwestern zu vermitteln, dann wird der Herr gewiss eure Herzen mit der tröstlichen Freude seines Heiligen Geistes erfüllen.

Schwester Mary Chandra, du hast mit uns die Freude geteilt, die aus deiner Ordensberufung und dem Charisma deiner Kongregation entspringt. Marcelius, auch du hast uns von der Liebe erzählt, die du und deine Mitbewohner im Seminar für die Berufung zum Priestertum hegen. Beide habt ihr uns daran erinnert, dass wir alle aufgerufen sind, täglich unsere Freude im Herrn zu erneuern und zu vertiefen, und uns zu bemühen, ihn vollkommener nachzuahmen. Dies kann zu Beginn schwierig erscheinen, aber erfüllt unsere Herzen mit geistlicher Freude. Jeder Tag wird zu einer Gelegenheit, um nochmals anzufangen, um dem Herrn erneut zu antworten. Lasst euch niemals entmutigen, denn die Geduld des Herrn ist zu unserem Heil (2Petr 3,15). Freut euch allezeit im Herrn!

Liebe Brüder und Schwestern, ich danke euch für eure Treue im Dienst für Christus und seine Kirche durch die Hingabe eures Lebens. Ich versichere euch alle meines Gebetes und bitte euch um euer Gebet. Rufen wir nun die Gottesmutter an, die Königin des heiligen Rosenkranzes, und bitten wir sie, dass sie uns allen die Gnade erwirke, in der Heiligkeit zu wachsen und immer freudigere Zeugen der Kraft des Evangeliums zu sein, um unserer Welt Heilung, Versöhnung und Frieden zu bringen.

[01800-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Estoy muy contento de estar con vosotros. Agradezco al Arzobispo Moses [Costa] el saludo afectuoso que me ha dirigido en nombre de todos. Doy las gracias especialmente a quienes han ofrecido su testimonio, compartiendo con nosotros su amor a Dios. Expreso también mi gratitud al Padre Mintu [Palma] por haber compuesto la oración que en unos momentos recitaremos a la Virgen. Como Sucesor de Pedro es mi deber confirmaros en la fe. Pero quisiera que sepáis que hoy, a través de vuestras palabras y vuestra presencia, también vosotros me confirmáis a mí en la fe y me dais una gran alegría.

La Comunidad católica en Bangladesh es pequeña. Pero sois como el grano de mostaza que Dios hace germinar a su tiempo. Me alegro de ver cómo este grano está creciendo y de ser testigo directo de la profunda fe que Dios os ha dado (cf. Mt 13,31-32). Pienso en los misioneros y fieles solícitos que han plantado y cuidado este grano de fe durante casi cinco siglos. En breve visitaré el cementerio y rezaré por estos hombres y mujeres que con tanta generosidad han servido a esta Iglesia local. Volviendo la mirada a vosotros, veo misioneros que continúan esta santa obra. Veo también muchas vocaciones nacidas en esta tierra; son un signo de las gracias con las que el Señor la está bendiciendo. Estoy particularmente contento por la presencia entre nosotros de las monjas de clausura, y por sus oraciones.

Es bueno que nuestro encuentro tenga lugar en esta antigua iglesia del Santo Rosario. El Rosario es una magnífica meditación sobre los misterios de la fe que son la savia vital de la Iglesia, una oración que forja la vida espiritual y el servicio apostólico. Tanto si somos sacerdotes, religiosos, consagrados, seminaristas o novicios, la oración del Rosario nos estimula a dar nuestra vida totalmente a Cristo, en unión con María. Nos invita a participar en la disponibilidad de María hacia Dios en el momento de la anunciación, en la compasión de Cristo por toda la humanidad cuando está clavado en la cruz y en la alegría de la Iglesia cuando recibe del Señor resucitado el don del Espíritu Santo.

La disponibilidad de María. ¿Ha existido en la historia una persona más disponible que María, como vemos en la anunciación? Dios la preparó para aquel momento y ella respondió con amor y confianza. Así también el Señor nos ha preparado a cada uno de nosotros y nos ha llamado por nuestro nombre. Responder a esa llamada es un proceso que dura toda la vida. Cada día estamos llamados a aprender a ser más disponibles al Señor en la oración, meditando sus palabras y buscando discernir su voluntad. Sé que el trabajo pastoral y el apostolado demandan mucho de vosotros, y que vuestras jornadas frecuentemente son largas y os dejan cansados. Pero no podemos llevar el nombre de Cristo o participar en su misión sin ser sobre todo hombres y mujeres enraizados en el amor, encendidos por el amor, a través del encuentro personal con Jesús en la Eucaristía y en la Sagrada Escritura. Padre Abel, tú nos has recordado esto cuando has hablado de la importancia de fomentar una relación íntima con Jesús, porque allí experimentamos su misericordia y obtenemos una energía renovada para servir a los demás.

La disponibilidad por el Señor nos permite ver el mundo a través de sus ojos y ser así más sensibles a las necesidades de aquellos a los que servimos. Comenzamos a comprender sus esperanzas y sus alegrías, sus miedos y sus dificultades, vemos más claramente los muchos talentos, carismas y dones que aportan para edificar la Iglesia en la fe y en la santidad. Hermano Lawrence, cuando hablabas de tu eremitorio, nos has ayudado a comprender la importancia de preocuparnos de las personas para saciar su sed espiritual. Que todos vosotros podáis ser, con la gran variedad de vuestros apostolados, una fuente de descanso espiritual y de inspiración para aquellos a los que servís, para que sean capaces de compartir cada vez más sus dones, haciendo así posible que avance la misión de la Iglesia.

La compasión de Cristo. El Rosario nos introduce en la meditación de la pasión y muerte de Jesús. Entrando más profundamente en estos misterios de dolor, llegamos a conocer su fuerza salvífica y somos confirmados en la llamada a participar en ellos con nuestras vidas, con la compasión y el don de sí. El sacerdocio y la vida religiosa no son carreras. No son vehículos para avanzar. Son un servicio, una participación en el amor de Cristo que se sacrifica por su grey. Conformándonos cada día con aquel que amamos, llegamos a apreciar el hecho de que nuestras vidas no nos pertenecen. No somos más nosotros que vivimos, sino Cristo que vive en nosotros (cf. Ga 2,20).

Encarnamos esta compasión cuando acompañamos a las personas, especialmente a quienes pasan por momentos de sufrimiento y de prueba, y les ayudamos a encontrar a Jesús. Padre Franco, gracias por haber puesto de relieve este aspecto: cada uno de nosotros está llamado a ser un misionero, llevando el amor misericordioso de Cristo a todos, de modo especial a cuantos se encuentran en las periferias de nuestra sociedad. Estoy agradecido particularmente porque de diversas maneras muchos de vosotros estáis comprometidos en distintas áreas de promoción social, sanidad y educación, sirviendo en sus necesidades a vuestras comunidades locales y a tantos inmigrantes y refugiados que llegan al país. Vuestro servicio a la comunidad humana más amplia, en particular hacia quienes se encuentran en mayor necesidad, es muy importante para edificar una cultura del encuentro y la solidaridad.

La alegría de la Iglesia. Por último, el Rosario nos llena de alegría por el triunfo de Cristo sobre la muerte, su ascensión a la derecha del Padre y la efusión del Espíritu Santo sobre el mundo. Todo nuestro ministerio está dirigido a proclamar la alegría del Evangelio. En la vida y en el apostolado, somos todos bien conscientes de los problemas del mundo y de los sufrimientos de la humanidad, pero no perdemos nunca la confianza en el amor de Cristo que con su fuerza prevalece sobre el mal y sobre el Príncipe de la mentira, que busca engañarnos. Nunca os dejéis desanimar por vuestras deficiencias o por los desafíos del ministerio. Si permanecéis disponibles al Señor en la oración y perseveráis ofreciendo la compasión de Cristo a vuestros hermanos y hermanas, entonces el Señor colmará vuestros corazones de la reconfortante alegría de su Espíritu Santo.

Hermana Mary Chandra, has compartido con nosotros el gozo que brota de tu vocación religiosa y del carisma de tu Congregación. Marcelius, también tú nos has hablado del amor que tú y tus compañeros de seminario tenéis por la vocación al sacerdocio. Ambos nos habéis recordado que todos estamos llamados a renovar y a profundizar cada día nuestra alegría en el Señor, esforzándonos por imitarlo cada vez más plenamente. Al principio nos puede parecer arduo, sin embargo colma nuestros corazones de alegría espiritual. Porque cada día se convierte en una oportunidad para recomenzar, para responder nuevamente al Señor. No os desaniméis nunca, porque la paciencia del Señor es para nuestra salvación (cf. 2 P 3,15). ¡Alegraos siempre en el Señor!

Queridos hermanos y hermanas, os agradezco vuestra fidelidad en el servicio a Cristo y su Iglesia a través del don de vuestra vida. Os aseguro a todos vosotros mi oración y os la pido por mí. Dirijámonos ahora a María Santísima, Reina del Santo Rosario, pidiéndole que nos alcance la gracia de crecer en santidad y de ser siempre testigos alegres de la fuerza del Evangelio, para llevar a nuestro mundo sanación, reconciliación y paz.

[01800-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Amados irmãos e irmãs!

Sinto-me muito feliz por estar convosco. Agradeço ao Arcebispo Moses [Costa] a calorosa saudação que me fez em vosso nome. Estou especialmente agradecido a quantos ofereceram os seus testemunhos e partilharam connosco o seu amor a Deus. Expresso a minha gratidão também ao Padre Mintu [Palma] por ter composto a oração que, em breve, recitaremos a Nossa Senhora. Como sucessor de Pedro, é meu dever confirmar-vos na fé. Mas gostaria que soubésseis que hoje, através das vossas palavras e da vossa presença, também vós me confirmais na fé e me dais uma grande alegria.

A Comunidade católica no Bangladesh é pequena. Mas sois como o grão de mostarda que Deus, no tempo devido, fará árvore perfeita (cf. Mt 13, 31-32). Alegro-me por ver como cresce este grão e por ser testemunha direta da fé profunda que Deus vos deu. Penso nos missionários dedicados e fiéis que plantaram e cuidaram deste grão de fé durante quase cinco séculos. Em breve, visitarei o cemitério e rezarei por estes homens e mulheres que serviram, com tanta generosidade, esta Igreja local. Pousando os olhos em vós, vejo missionários que continuam esta santa obra. Vejo também muitas vocações nascidas nesta terra: são um sinal das graças com que o Senhor a está a abençoar. Uma alegria particular me dão as irmãs de clausura com a sua presença entre nós e as suas orações.

É significativo que o nosso encontro tenha lugar nesta antiga Igreja do Santo Rosário. O Rosário é uma meditação magnífica sobre os mistérios da fé que são a seiva vital da Igreja; uma oração que forja a vida espiritual e o serviço apostólico. Quer sejamos sacerdotes, religiosos, consagrados, seminaristas ou noviços, a oração do Rosário incentiva-nos a dar as nossas vidas completamente a Cristo, em união com Maria. Convida-nos a participar na solicitude de Maria para com Deus no momento da Anunciação, na compaixão de Cristo por toda a humanidade quando está pregado na cruz e na alegria da Igreja quando recebe, do Senhor ressuscitado, o dom do Espírito Santo.

A solicitude de Maria. Terá havido, ao longo da história, uma pessoa tão solícita como Maria no momento da Anunciação? Deus preparou-A para aquele momento e Ela respondeu com amor e confiança. Assim também o Senhor preparou cada um de nós e nos chamou pelo nome. Responder a tal chamada é um processo que dura toda a vida. Cada dia, somos chamados a aprender a ser mais solícitos para com o Senhor na oração, meditando as suas palavras e procurando discernir a sua vontade. Sei que o trabalho pastoral e o apostolado exigem muito de vós e que muitas vezes as vossas jornadas são longas e vos deixam cansados. Mas não podemos levar o nome de Cristo ou participar na sua missão, sem sermos antes de tudo homens e mulheres radicados no amor, inflamados pelo amor, através do encontro pessoal com Jesus na Eucaristia e nas palavras da Sagrada Escritura. Isto mesmo nos lembraste, Padre Abel, quando falaste da importância de intensificar uma relação íntima com Jesus, porque nela experimentamos a sua misericórdia e dela recebemos uma nova energia para servir os outros.

A solicitude pelo Senhor permite-nos ver o mundo através dos olhos d’Ele e, deste modo, tornar-nos mais sensíveis às necessidades daqueles a quem servimos. Começamos a entender as suas esperanças e alegrias, os medos e pesos, vemos de forma mais clara os numerosos talentos, carismas e dons que trazem para construir a Igreja na fé e na santidade. Irmão Lawrence, ao falares do teu eremitério, ajudaste-nos a compreender a importância de cuidar das pessoas procurando saciar a sua sede espiritual. Que todos vós possais, na grande variedade dos vossos serviços de apostolado, ser uma fonte de restauração espiritual e de inspiração para aqueles que servis, tornando-os capazes de partilhar cada vez mais plenamente os seus dons entre eles, promovendo a missão da Igreja.

A compaixão de Cristo. O Rosário introduz-nos na meditação da paixão e morte de Jesus. Penetrando mais profundamente nestes mistérios dolorosos, chegamos a conhecer a sua força salvífica e sentimo-nos confirmados na vocação de tomar parte neles com as nossas vidas, com a compaixão e o dom de nós mesmos. O sacerdócio e a vida religiosa não são carreiras. Não são veículos para avançar. São um serviço, uma participação no amor de Cristo que Se sacrifica pelo seu rebanho. Configurando-nos diariamente Àquele que amamos, chegamos a apreciar o facto de que as nossas vidas não nos pertencem. Já não somos nós que vivemos, mas é Cristo que vive em nós (cf. Gal 2, 20).

Encarnamos esta compaixão quando acompanhamos as pessoas, especialmente nos seus momentos de sofrimento e provação, ajudando-as a encontrar Jesus. Obrigado, Padre Franco, por teres colocado este aspeto em primeiro plano: cada um de nós é chamado a ser um missionário, levando o amor misericordioso de Cristo a todos, especialmente a quantos estão nas periferias das nossas sociedades. Sinto-me particularmente agradecido, porque muitos de vós estão comprometidos, de tantos modos, nos campos do serviço social, da saúde e da educação, atendendo às necessidades das vossas comunidades locais e dos numerosos migrantes e refugiados que chegam ao país. O vosso serviço à comunidade humana mais alargada, especialmente àqueles que estão mais necessitados, é precioso para construir uma cultura do encontro e da solidariedade.

A alegria da Igreja. Por fim, o Rosário enche-nos de alegria pelo triunfo de Cristo sobre a morte, pela sua ascensão à direita do Pai e a efusão do Espírito Santo sobre o mundo. Todo o nosso ministério tem em vista proclamar a alegria do Evangelho. Na vida e no apostolado, todos estamos bem cientes dos problemas do mundo e dos sofrimentos da humanidade, mas nunca perdemos a confiança no facto que a força do amor de Cristo prevalece sobre o mal e sobre o Príncipe da mentira, que nos procura enganar. Nunca vos deixeis desanimar pelas vossas falhas ou pelos desafios do ministério. Se permanecerdes solícitos para com o Senhor na oração e perseverardes na oferta da compaixão de Cristo aos vossos irmãos e irmãs, então o Senhor encherá certamente os vossos corações com a alegria reconfortante do seu Espírito Santo.

Irmã Mary Chandra, partilhaste connosco a alegria que brota da tua vocação religiosa e do carisma da tua Congregação. Marcelius, também tu nos falaste do amor que tu e os teus companheiros do Seminário tendes pela vocação ao sacerdócio. Lembrastes-nos, ambos, que todos somos chamados dia-a-dia a renovar e aprofundar a nossa alegria no Senhor, esforçando-nos por imitá-Lo cada vez mais plenamente. Ao princípio, isto pode parecer árduo, mas enche os nossos corações de alegria espiritual. Com efeito, cada dia torna-se uma oportunidade para começar mais uma vez, responder de novo ao Senhor. Nunca desanimeis, porque a paciência do Senhor é para nossa salvação (cf. 2 Ped 3, 15). Alegrai-vos sempre no Senhor!

Queridos irmãos e irmãs, agradeço a vossa fidelidade em servir a Cristo e à sua Igreja, através do dom da vossa vida. Asseguro a minha oração por todos vós e peço a vossa por mim. Voltemo-nos agora para Nossa Senhora, para a Rainha do Santo Rosário, pedindo-Lhe que nos obtenha, a todos, a graça de crescer em santidade e ser testemunhas sempre mais alegres da força do Evangelho, para levar cura, reconciliação e paz ao nosso mundo.

[01800-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Drodzy bracia i siostry,

Bardzo się cieszę, że mogę być z wami. Dziękuję Arcybiskupowi Mosesowi [Costa] za serdeczne pozdrowienia w waszym imieniu. Jestem szczególnie wdzięczny tym, którzy złożyli swoje świadectwa i podzielili się z nami swoją miłością do Boga, a także wyrażam wdzięczność Ojcu Mintu [Palma] za ułożenie modlitwy do Matki Bożej, którą wkrótce odmówimy. Jako Następca św. Piotra, moim obowiązkiem jest umocnienie was w wierze. Ale chciałbym, abyście wiedzieli, że dzisiaj, poprzez wasze słowa i obecność, wy także umocniliście mnie w wierze i obdarzacie mnie wielką radością.

Wspólnota katolicka w Bangladeszu jest mała. Ale jesteście jak ziarno gorczycy, które Bóg prowadzi do wydania owocu w swoim czasie. Cieszę się, iż widzę, że to ziarno rośnie i że jestem bezpośrednim świadkiem głębokiej wiary, którą obdarzył was Bóg (por. Mt 13, 31-32). Myślę o ofiarnych i wiernych misjonarzach, którzy zasiali i troszczyli się o to ziarenko wiary przez prawie pięć stuleci. Wkrótce odwiedzę cmentarz i pomodlę się za tych ludzi, którzy tak szczodrze służyli temu Kościołowi lokalnemu. Patrząc na was widzę misjonarzy kontynuujących to święte dzieło. Widzę także wiele powołań zrodzonych w tej ziemi: są one znakiem łask, którymi Pan ją błogosławi. Szczególnie cieszy mnie obecność wśród nas sióstr klauzurowych i ich modlitwy.

To piękne, że nasze spotkanie odbywa się w tym starodawnym kościele Różańca Świętego. Różaniec jest wspaniałym rozważaniem tajemnic wiary, które są siłą napędową Kościoła, jest modlitwą kształtującą życie duchowe i posługę apostolską. Niezależnie od tego, czy jesteśmy kapłanami, zakonnikami, osobami konsekrowanymi, seminarzystami czy też nowicjuszami, to modlitwa różańcowa pobudza nas do całkowitego oddania swojego życia Chrystusowi, w jedności z Maryją. Zachęca nas do uczestnictwa w trosce Maryi wobec Boga w chwili Zwiastowania, współczuciu Chrystusa dla całej ludzkości, gdy został przybity do krzyża i radości Kościoła, kiedy otrzymuje dar Ducha Świętego od zmartwychwstałego Pana.

Troska Marii. Czy na przestrzeni dziejów była osoba równie zatroskana jak Maryja w chwili zwiastowania? Bóg przygotował ją na tę chwilę, a ona odpowiedziała z miłością i zaufaniem. W ten sposób Pan przygotował także każdego z nas i powołał nas po imieniu. Odpowiedź na to powołanie to proces trwający całe życie. Każdego dnia jesteśmy wezwani, by uczyć się bycia bardziej zatroskanymi o Pana w modlitwie, rozważając Jego słowa i starając się rozpoznać Jego wolę. Wiem, że praca duszpasterska i apostolat wiele od was wymagają i że bardzo często wasze dni są długie i wyczerpujące. Ale nie możemy nieść imienia Chrystusa ani uczestniczyć w Jego posłannictwie, nie będąc przede wszystkim mężczyznami i kobietami zakorzenionymi w miłości, rozpalonymi miłością, poprzez osobiste spotkanie z Jezusem w Eucharystii i w słowach Pisma Świętego. Ojciec Abel, przypomniał nam o tym, kiedy mówił o znaczeniu wzmożenia bliskiej więzi z Jezusem, ponieważ tam doświadczamy Jego miłosierdzia i czerpiemy nową energię, aby służyć innym.

Troska o Pana pozwala nam widzieć świat Jego oczyma i stawać się w ten sposób bardziej wrażliwymi na potrzeby tych, którym posługujemy. Zaczynamy rozumieć ich nadzieje i radości, lęki i ciężary, wyraźniej widzimy ich liczne talenty, charyzmaty i dary, które wnoszą, aby budować Kościół w wierze i świętości. Bracie Lawrence, kiedy mówiłeś o swojej pustelni, pomogłeś nam zrozumieć znaczenie zatroskania o ludzi, aby zaspokoić ich pragnienie duchowe. Obyście wszyscy, w wielkiej różnorodności waszego apostolatu, byli źródłem duchowego pokrzepienia i inspiracji dla tych, którym posługujecie, czyniąc ich zdolnymi do coraz pełniejszego dzielenia swoich darów między sobą, przyczyniając się do rozwijania misji Kościoła.

Współczucie Chrystusa. Różaniec wprowadza nas w rozważanie męki i śmierci Jezusa. Wchodząc głębiej w te tajemnice cierpienia, poznajemy ich zbawczą moc i jesteśmy umocnieni w powołaniu, aby w nich mieć udział naszym życiem, ze współczuciem i darem z siebie. Kapłaństwo i życie zakonne nie są karierą. Nie są środkiem do awansu. Są posługą, udziałem w miłości Chrystusa, składającego ofiarę z siebie dla swojej owczarni. Upodabniając się codziennie do Tego, którego kochamy, doceniamy fakt, że nasze życie do nas nie należy. Już nie my żyjemy, ale żyje w nas Chrystus (por. Ga 2,20).

Uosabiamy to współczucie, gdy towarzyszymy ludziom, zwłaszcza w chwilach ich cierpienia i prób, pomagając im znaleźć Jezusa. Ojcze Franco, dziękuję, że umieściłeś ten aspekt na pierwszym planie: każdy z nas jest powołany, by być misjonarzem, przynoszącym wszystkim miłosierną miłość Chrystusa, szczególnie tym, którzy znajdują się na obrzeżach naszych społeczeństw. Jestem szczególnie wdzięczny, ponieważ na wiele sposobów wielu z was pracuje w dziedzinie zaangażowania społecznego, zdrowia i edukacji, służąc potrzebom waszych wspólnot lokalnych oraz wielu imigrantów i uchodźców przybywających do kraju. Wasza służba szerszej wspólnocie ludzkiej, a zwłaszcza potrzebującym, jest cenna dla budowania kultury spotkania i solidarności.

Radość Kościoła. Wreszcie różaniec napełnia nas radością z powodu zwycięstwa Chrystusa nad śmiercią, Jego wniebowstąpienia na prawicę Ojca i Zesłania Ducha Świętego na świat. Cała nasza posługa ma na celu głoszenie radości Ewangelii. W życiu i w apostolstwie wszyscy dobrze zdajemy sobie sprawę z problemów świata i cierpień ludzkości, ale nigdy nie traćmy ufności, że moc Chrystusa przeważa nad złem i księciem kłamstwa, usiłującego wciągnąć nas w pułapki. Nigdy nie dajcie się zniechęcić waszymi brakami czy wyzwaniami posługi. Jeśli będziecie gorliwi wobec Pana na modlitwie i wytrwale ofiarowywali współczucie Chrystusa waszym braciom i siostrom, to wówczas Pan na pewno wypełni wasze serca pocieszającą radością swego Ducha Świętego.

Siostro Mary Chandra, podzieliłaś się z nami radością wypływającą z Twojego powołania zakonnego i charyzmatu waszego Zgromadzenia. Marceliusie, także i ty powiedziałeś nam o miłości, jaką ty i twoi koledzy z seminarium żywicie dla powołania do kapłaństwa. Oboje przypomnieliście nam, że wszyscy i to każdego dnia jesteśmy wezwani do odnowienia i pogłębienia naszej radości w Panu, starając się Go naśladować coraz pełniej. Na początku może się to wydawać trudne, ale napełnia nasze serca duchową radością, ponieważ każdy dzień staje się okazją, by zacząć od nowa, aby ponownie odpowiedzieć Panu. Nie zniechęcajcie się nigdy, gdyż cierpliwość Pana służy naszemu zbawieniu (por. 2 P 3,15). Zawsze radujcie się w Panu.

Drodzy bracia i siostry, dziękuję wam za waszą wierność w służeniu Chrystusowi i Jego Kościołowi poprzez dar waszego życia. Zapewniam was wszystkich o mojej modlitwie i proszę o nią dla mnie. Zwróćmy się teraz do Maryi Panny, Królowej Różańca Świętego, prosząc ją, aby wyjednała dla nas wszystkich łaskę wzrastania w świętości i bycia coraz bardziej radosnymi świadkami mocy Ewangelii, aby naszemu światu nieść uzdrowienie, pojednanie i pokój.

[01800-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Discorso pronunciato a braccio dal Santo Padre

Discorso a braccio del Santo Padre

Traduzione in lingua italiana

 

Discorso pronunciato a braccio del Santo Padre

Queridos hermanos y hermanas:

Gracias al arzobispo Mosés Costa por su introducción y gracias por las intervenciones de ustedes. Acá les he preparado un discurso de ocho páginas.

¡Pero nosotros vinimos aquí a escuchar al Papa, no a aburrirnos!

Por eso, para no aburrirnos, le voy a dar este discurso al señor Cardenal. Él lo va a hacer traducir al bengalí y yo les voy a decir lo que se me ocurre ahora.

No sé si será mejor o peor, pero les aseguro que va a ser menos aburrido. Cuando iba entrando y saludándolos a ustedes, me vino una imagen del profeta Isaías. Precisamente, la primera lectura que leeremos el próximo martes. En aquellos días surgirá un pequeño brote de la Casa de Israel. Ese brote crecerá, crecerá, y llenará con el Espíritu de Dios: Espíritu de sabiduría, de inteligencia, de ciencia, de piedad, de temor de Dios. Isaías, de alguna manera, describe ahí lo pequeño y lo grande de la vida de fe. De la vida de servicio a Dios. Y, hablando de vida de fe y servicio a Dios, les incluye a ustedes porque son hombres y mujeres de fe. Y que sirven a Dios.

Empecemos por el brote. Sí, brota lo que está adentro, lo que está dentro de la tierra. Y esa es la semilla. La semilla no es ni tuya, ni tuya, ni mía. La semilla la siembra Dios y es Dios el que da el crecimiento. Yo soy el brote, cada uno de nosotros puede decir. Sí, pero no por mérito tuyo, sino de la semilla que te hace crecer.

¿Y yo qué tengo que hacer? Regarla. Regarla. Para que eso crezca y llegue a esa plenitud del espíritu. Es lo que ustedes tienen que dar como testimonio. ¿Cómo se puede regar esta semilla? Cuidándola. ¡Cuidando la semilla y cuidando el brote que empieza a crecer! Cuidar la vocación que hemos recibido. Como se cuida a un niño, como se cuida a un enfermo, como se cuida a un anciano. La vocación se cuida con ternura humana. Si en nuestras comunidades, si en nuestros presbiterios falta esa dimensión de ternura humana, el brote queda chiquito, no crece, y quizá se seque. Cuidar con ternura. Porque cada hermano del presbiterio, cada hermano de la Conferencia Episcopal, cada hermano o hermana de mi comunidad religiosa, cada hermano seminarista, es una semilla de Dios. Y Dios la mira con ternura de padre. Es verdad que de noche viene el enemigo y tira otras semillas. Y se corre el riesgo de que la buena semilla quede ahogada por la mala semilla.

Qué fea que es la cizaña en los presbiterios… qué fea es la cizaña en las conferencias episcopales… qué fea es la cizaña en las comunidades religiosas y en los seminarios. Cuidar el brote, el brote de la buena semilla, e ir viendo cómo crece. E ir viendo cómo se distingue de la mala semilla y de la mala yerba. Uno de ustedes —creo que fue Marcel— dijo: «Ir discerniendo cada día para ver cómo crece mi vocación». Cuidar es discernir. Y darse cuenta de que la planta que crece, si va por este lado y la veo todos los días, crece bien. Si va por este otro lado y la descuido, crece mal. Y darme cuenta cuándo está creciendo mal o cuándo hay compañías o amigos o personas o situaciones que amenazan el crecimiento. Discernir… y solamente se discierne cuando uno tiene un corazón orante. Orar. Cuidar es orar. Es pedirle a quien plantó la semilla que me enseñe a regarla. Y si yo estoy en crisis, o me quedo dormido, que la riegue un tiempito por mí.

Orar es pedirle al Señor que nos cuide. Que nos dé la ternura que nosotros tenemos que dar a los demás. Esta es la primera idea que les quería dar. La idea de cuidar esa semilla para que el brote crezca hasta la plenitud de la sabiduría de Dios. Cuidarla con la atención, cuidarla con la oración, cuidarla con el discernimiento. Cuidarla con ternura. Porque así nos cuida Dios: con ternura de padre.

La segunda idea que me viene es que en este jardín del Reino de Dios no hay solamente un brote. Hay miles y miles de brotes; todos nosotros somos brotes. Y no es fácil hacer comunidad. No es fácil. Siempre las pasiones humanas, los defectos, las limitaciones, amenazan la vida comunitaria. Amenazan la paz. La comunidad de la vida consagrada, la comunidad del seminario, la comunidad del presbiterio y la comunidad de la Conferencia Episcopal tienen que saber defenderse de todo tipo de división. Nosotros ayer agradecimos a Dios por el ejemplo que da Bangladesh en el diálogo interreligioso. Y citamos… uno de los que habló citó una frase del cardenal Tauran, cuando dijo que Bangladesh es el mejor ejemplo de armonía en el diálogo interreligioso. [APLAUSO] El aplauso es para el cardenal Tauran. Si ayer dijimos esto del diálogo interreligioso, ¿vamos a hacer lo contrario en el diálogo dentro de nuestra fe, de nuestra confesión católica, de nuestras comunidades? Ahí también Bangladesh tiene que ser ejemplo de armonía.

Hay muchos enemigos de la armonía. Hay muchos. A mí me gusta mencionar uno, que basta como ejemplo. Quizás alguno me puede criticar porque soy repetitivo, pero para mí es fundamental: el enemigo de la armonía en una comunidad religiosa, en un presbiterio, en un episcopado, en un seminario, es el espíritu del chisme.

Y esto no es novedad mía. Hace dos mil años lo dijo un tal Santiago en una carta que escribió a la Iglesia. La lengua, hermanos y hermanas, la lengua. Lo que destruye una comunidad es el hablar mal de otros. El subrayar los defectos de los demás. Pero no decírselo a él, decírselo a otros, y así crear un ambiente de desconfianza, un ambiente de recelo, un ambiente en el que no hay paz y hay división. Hay una cosa que me gusta decirla como imagen de lo que es el espíritu del chisme: es terrorismo. Terrorismo.

Porque el que va a hablar mal de otro no lo dice públicamente. El que es terrorista no dice públicamente «soy terrorista». El que va a hablar mal de otro va a escondidas, habla con uno, tira la bomba y se va. Y la bomba destruye. Él se va lo más tranquilo, lo más tranquila, a tirar otra bomba. Querida hermana, querido hermano, cuando tengas ganas de hablar mal de otro muérdete la lengua. Lo más probable es que se te hinche, pero no harás daño a tu hermano o a tu hermana.

El espíritu de división. Cuántas veces en las cartas de san Pablo leemos el dolor que tenía san Pablo cuando en la Iglesia entraba ese espíritu. Claro, ustedes me pueden preguntar: «Padre, pero si yo veo un defecto en un hermano, en una hermana, y lo quiero corregir, o quiero decirle, y no puedo tirar la bomba, ¿qué hago?». Puedes hacer dos cosas, no te las olvides nunca: primera, si es posible —porque no siempre es posible— decírselo a la persona. Cara a cara. Jesús nos da ese consejo. Es verdad que alguno de ustedes me puede decir: «No, que no se puede, padre, porque es una persona complicada». Como vos, complicado. Está bien. Puede ser que no convenga por prudencia. Segundo principio: si no puedes decírselo a él, díselo a quien pueda poner remedio. Y a ninguno más. O lo decís de frente, o se lo decís a quien puede poner remedio, ¡pero en privado! Con caridad. Cuántas comunidades —no hablo de oídas… hablo de lo que vi—, cuántas comunidades he visto destruirse por el espíritu del chisme. Por favor, muérdanse la lengua a tiempo.

Y lo tercero que quisiera mencionar, por lo menos no es tan aburrido. Después, lo aburrido lo van a tener ahí en el texto. Es procurar tener —pedir y tener— espíritu de alegría. Sin alegría no se puede servir a Dios. Yo le pregunto a cada uno de ustedes, pero se lo contestan adentro, no en voz alta: «¿Qué tal tu alegría?». Les aseguro que da mucha pena cuando uno encuentra sacerdotes, consagrados, consagradas, seminaristas, obispos, amargados. Con una cara triste, que a uno le da ganas de preguntarle: «¿Cómo fue tu desayuno hoy? ¿Qué tomaste, vinagre?». Cara de vinagre. O esa amargura del corazón, cuando viene la semilla mala y dice: ¡ah, mira! A este lo hicieron superior, a esta la hicieron superiora, a este lo hicieron obispo, y a mí me dejan de lado. Ahí no hay alegría. Santa Teresa, la grande, santa Teresa tiene —es una maldición— una frase que es una maldición. Se la dice a sus monjas: ay de la monja que dice haciéronme sinrazón (injusticia). Usa una palabra castellana: sinrazón. O sea, me hicieron algo que no es razonable. Cuando ella, decía, encontraba monjas que estaban lamentándose porque no me dieron lo que me debían dar, o no me ascendieron, o no me hicieron priora… por mal camino va. Alegría. Alegría aún en los momentos difíciles. Esa alegría que si no puede ser risa, porque es mucho dolor, es paz. Me viene una escena de la otra Teresa, la chica. Teresa del Niño Jesús. Ella tenía que acompañar todas las noches al refectorio a una monja vieja inaguantable, de mal genio, muy enferma, pobrecita, que se quejaba de todo. Y que si la tocaba de acá, «no, que me duele»; que si la tocaba de allá, lo mismo… y así la tenía que acompañar al refectorio. Una noche, mientras la acompañaba por el claustro, sintió de un palacio vecino la música de una fiesta. La música de gente que se divertía bien, gente buena, como ella lo había hecho y lo había visto hacer a sus hermanas, y se imaginó a la gente que bailaba, y ella dijo: «Mi gran alegría es esta, no la cambio por otra». Aun en los momentos de problemas, de dificultad en la comunidad, tener que tolerar a veces a un superior o una superiora un poquito rara. Aún en esos momentos, decir: «Contento, Señor, contento». Como decía san Alberto Hurtado.

La alegría del corazón. Les aseguro que a mí me da mucha ternura cuando me encuentro con sacerdotes, obispos o monjas ancianos que han vivido con plenitud la vida. Los ojos son indescriptibles. Están llenos de alegría y de paz. Los que no vivieron así la vida, Dios es bueno, Dios los cuida, pero les falta ese brillo en los ojos que tienen los que fueron alegres en la vida. Traten de buscar —sobre todo se ve más en las mujeres—, traten de buscar en las monjas viejas, esas monjitas que toda su vida estuvieron sirviendo, con mucha alegría y paz, tienen unos ojos pícaros, brillantes. Porque tienen la sabiduría del Espíritu Santo. El pequeño brote, en esos viejos y esas viejas, se hizo la plenitud de los siete dones del Espíritu Santo. Acuérdense de esto el martes, cuando escuchen la lectura en la Misa. Y pregúntense a sí mismos: ¿Cuido el brote? ¿Riego el brote? ¿Cuido el brote en los demás? ¿Tengo miedo de ser terrorista y, por lo tanto, no hablo nunca mal de los demás y me abro al don de la alegría? A todos ustedes les deseo que, cuando —como el buen vino— la vida los madure hacia el final, los ojos brillen de picardía, de alegría y de plenitud del Espíritu Santo. Recen por mí, como yo rezo por ustedes.

[01843-ES.01] [Texto original: Español]

Traduzione in lingua italiana

Cari fratelli e sorelle,

grazie all’Arcivescovo Costa per la sua introduzione, e grazie per i vostri interventi. Qui ho un discorso preparato di otto pagine… Ma noi siamo venuti qui ad ascoltare il Papa e non per annoiarci! Per questo consegnerò il discorso al Signor Cardinale, che lo farà tradurre in bengalese, e io vi dirò quello che mi viene nel cuore. Non so se sarà migliore o peggiore, ma vi assicuro che sarà meno noioso!

Quando sono entrato e vi ho salutato, mi è venuta in mente un’immagine del profeta Isaia, precisamente della prima Lettura che leggeremo martedì prossimo: “In quei giorni, spunterà un piccolo germoglio dalla casa di Israele. Quel germoglio crescerà, crescerà, e sarà pieno dello Spirito di Dio, lo Spirito di sapienza, di intelligenza, di scienza, di pietà, di timor di Dio” (cfr 11,1-2). Isaia, in un certo senso, descrive qui gli aspetti piccoli e grandi della vita di fede, della vita di servizio a Dio. E parlando di vita di fede e di servizio a Dio, riguarda voi, che siete uomini e donne di fede, e che servite Dio.

Iniziamo dal germoglio. Germoglio ciò che sta nel terreno, e questo è il seme. Il seme non è né tuo né mio: il seme lo semina Dio, ed è Dio che lo fa crescere. Ognuno di noi può dire: “Io sono il germoglio”. Sì, ma non per merito tuo, ma del seme che ti fa crescere.

E io cosa devo fare? Annaffiarlo, annaffiarlo. Perché cresca e giunga alla pienezza dello spirito. E’ quello che voi dovete dare come testimonianza.

Come si può annaffiare questo seme? Curandolo. Curando il seme e curando il germoglio che comincia a crescere! Curare la vocazione che abbiamo ricevuto. Come si cura un bambino, come si cura un malato, come si cura un anziano. La vocazione si cura con tenerezza umana. Se nelle nostre comunità, nei nostri presbiteri manca questa dimensione di tenerezza umana, il germoglio rimane piccolo, non cresce, e potrebbe anche seccarsi. Bisogna curarlo con tenerezza, perché ogni fratello del presbiterio, ogni fratello della conferenza episcopale, ogni fratello e sorella della mia comunità religiosa, ogni fratello seminarista è un seme di Dio. E Dio lo guarda con tenerezza di padre.

E’ vero: di notte, viene il nemico e semina un altro seme, e c’è il rischio che il seme buono rimanga soffocato dal seme cattivo. Com’è brutta la zizzania nei presbiteri… che brutta la zizzania nelle conferenze episcopali… che brutta la zizzania nelle comunità religiose e nei seminari. Curare il germoglio, il germoglio del buon seme, e vedere come cresce; vedere come si distingue dal cattivo seme e dall’erbaccia.

Uno di voi – credo che sia stato Marcel – ha detto: “discernere ogni giorno come cresce la mia vocazione”. Curare vuol dire discernere. E rendersi conto che la pianta che cresce, se va da una parte, cresce bene; se invece va da un’altra parte, cresce male. E rendermi conto di quando sta crescendo male, o quando ci sono compagnie o persone o situazioni che ne minacciano la crescita. Discernere. E si può discernere soltanto quando si ha un cuore che prega. Pregare. Curare significa pregare. E’ chiedere a Colui che ha seminato il seme che mi insegni ad annaffiarlo. E se io sono in crisi, o mi sono addormentato, che la annaffi un pochino per me. Pregare significa chiedere al Signore di prendersi cura di noi, di darci la tenerezza che noi dobbiamo dare agli altri. Questa è la prima idea che vorrei darvi: l’idea di prendersi cura del seme affinché il germoglio cresca fino alla pienezza della sapienza di Dio. Curarlo con attenzione, curarlo con la preghiera, curarlo con il discernimento. Curarlo con tenerezza. Perché così Dio si prende cura di noi: con tenerezza di padre.

La seconda idea che mi viene è che in questo giardino del Regno di Dio non c’è un seme soltanto: ci sono migliaia e migliaia di germogli, tutti noi siamo germogli. E non è facile fare comunità. Non è facile. Le passioni umane, i difetti, i limiti minacciano sempre la vita comunitaria, minacciano la pace. La comunità di vita consacrata, la comunità del seminario, la comunità del presbiterio e la comunità della conferenza episcopale devono sapersi difendere da ogni tipo di divisione. Ieri abbiamo ringraziato Dio per l’esempio che il Bangladesh sa dare in ambito di dialogo interreligioso. Uno di quelli che hanno parlato ha citato una frase del Cardinale Tauran, quando disse che il Bangladesh è il miglior esempio di armonia nel dialogo interreligioso. [applauso] E questo applauso è per il Cardinale Tauran. Se ieri abbiamo detto questo del dialogo interreligioso, faremo il contrario all’interno della nostra fede, della nostra confessione cattolica, delle nostre comunità? Anche qui il Bangladesh dev’essere esempio di armonia!

Sono molti i nemici dell’armonia, sono molti. Mi piace citarne uno, che basta come esempio. Forse qualcuno mi può criticare perché sono ripetitivo, ma per me è fondamentale. Il nemico dell’armonia in una comunità religiosa, in un presbiterio, in un episcopato, in un seminario è lo spirito del pettegolezzo. E questo non l’ho inventato io: duemila anni fa, lo disse un certo Giacomo in una Lettera che scrisse alla Chiesa. La lingua, fratelli e sorelle, la lingua! Quello che distrugge una comunità è il parlare male degli altri. Sottolineare i difetti degli altri. Ma non dirlo all’interessato, ma dirlo ad altri, e così creare un ambiente di sfiducia, un ambiente di sospetto, un ambiente in cui non c’è pace e c’è divisione. C’è una cosa che mi piace dire come immagine di ciò che è lo spirito del pettegolezzo: è terrorismo. Sì, terrorismo. Perché chi parla male di un altro non lo fa pubblicamente. Il terrorista non dice pubblicamente: “Sono un terrorista”. E chi parla male di un altro, lo fa di nascosto: parla con uno, lancia la bomba e se ne va. E quella bomba distrugge. E lui se ne va, tranquillamente, a lanciare un’altra bomba. Cara sorella, caro fratello, quando hai voglia di parlar male di un altro, morditi la lingua! La cosa più probabile è che ti si gonfi, ma non farai male a tuo fratello o a tua sorella.

Lo spirito di divisione. Quante volte nelle Lettere di San Paolo leggiamo del dolore che aveva San Paolo quando nella Chiesa entrava questo spirito. Certo, voi mi potete chiedere: “Padre, però, se vedo un difetto in un fratello, in una sorella, e voglio correggerlo, o voglio dirlo, ma non posso tirare la bomba, cosa posso fare?”. Puoi fare due cose, non dimenticarle. La prima, se è possibile – perché non sempre è possibile – dirlo alla persona, faccia a faccia. Gesù ci dà questo consiglio. E’ vero che qualcuno mi può dire: “No, non si può fare, Padre, perché è una persona complicata”. Come te, complicata. Va bene, Può darsi che per prudenza non sia opportuno. Secondo principio: se non puoi dirlo alla persona, dillo a chi può porre rimedio, e a nessun altro. O lo dici in faccia, o lo dici a chi può porre rimedio, ma in privato, con carità. Quante comunità – non parlo per sentito dire, parlo di quello che ho visto –, quante comunità ho visto distruggersi per lo spirito del pettegolezzo! Per favore, mordetevi la lingua in tempo!

E la terza cosa che vi volevo dire – così almeno non è troppo noioso… dopo avrete la parte noiosa nel testo scritto – è cercare di avere, chiedere e avere, uno spirito di gioia. Senza gioia non si può servire Dio. Io chiedo a ciascuno di voi – ma rispondete dentro di voi, non ad alta voce: “Come va la tua gioia?”. Vi assicuro che è veramente triste incontrare sacerdoti, consacrati o consacrate, seminaristi, vescovi amareggiati, con una faccia triste, che viene voglia di chiedere: “Con cosa hai fatto colazione stamattina, con l’aceto?”. Faccia di aceto. Quell’amarezza del cuore, quando viene il seme cattivo e dice: “Ah guarda, quello l’hanno fatto superiore… quella l’hanno fatta superiora… quello l’hanno fatto vescovo… e a me lasciano da parte”. Lì non c’è gioia. Santa Teresa – la grande – ha una frase che è una maledizione; la dice alle sue monache: “Guai alla monaca che dice: Mi hanno fatto un’ingiustizia! Usa l’espressione spagnola “sinrazón”, nel senso di ingiustizia. Quando lei incontrava una suora che si lamentava perché “non mi hanno dato quello che mi dovevano dare” o “non mi hanno promosso”, “non mi hanno fatto priora” o qualcosa del genere, guai a quella monaca: è sulla brutta strada.

Gioia. Gioia anche nei momenti difficili. Quella gioia che, se non può essere riso, perché il dolore è grande, è pace. Mi viene in mente una scena dell’altra Teresa, la piccola, Teresa di Gesù Bambino. Lei doveva accompagnare, tutte le sere, al refettorio una monaca vecchia, intrattabile, sempre arrabbiata, molto malata, poveretta, che si lamentava di tutto. E in qualsiasi punto la toccasse, diceva: “No, che mi fa male!”. Una sera, mentre la accompagnava attraverso il chiostro, sentì da una casa vicina la musica di una festa, la musica di gente che si stava divertendo, brava gente, come anche lei aveva fatto e aveva visto farlo alle sue sorelle, e si immaginò la gente che ballava, e disse: “La mia grande gioia è questa, e non la cambio con nessun’altra”. Anche nei momenti problematici, di difficoltà nella comunità – sopportare a volte un superiore o una superiora un po’ “strani” – anche in questi momenti dire: “Sono contento, Signore. Sono contento”, come diceva Sant’Alberto Hurtado.

La gioia del cuore. Vi assicuro che mi dà tanta tenerezza quando incontro sacerdoti, vescovi o suore anziani, che hanno vissuto la vita con pienezza. I loro occhi sono indescrivibili, così pieni di gioia e di pace. Quelli che non hanno vissuto così la loro vita, Dio è buono, Dio li cura, ma mancano di quella luce negli occhi che hanno quelli sono stati gioioso nella vita. Provate a cercare – soprattutto si vede nelle donne – provate a cercare nelle suore vecchie, quelle suore che hanno passato tutta la vita a servire, con tanta gioia e pace: hanno degli occhi furbi, brillanti… Perché hanno la sapienza dello Spirito Santo.

Il piccolo germoglio, in questi vecchi, in queste vecchie, è diventato la pienezza dei sette doni dello Spirito Santo. Ricordatevi di questo martedì prossimo, quando ascolterete la Lettura nella Messa, e chiedetevi: Sto curando il germoglio? Annaffio il germoglio? Mi prendo cura del germoglio negli altri? Ho paura di essere terrorista e, per questo, non parlo mai male degli altri e mi apro al dono della gioia?

A tutti voi auguro che, come il vino buono, la vita vi faccia maturare fino alla fine, e i vostri occhi brillino di quella furbizia buona, di gioia e di pienezza dello Spirito Santo.

Pregate per me come io prego per voi.

[01843-IT.01] [Testo originale: Spagnolo]

 

Visita al Cimitero Parrocchiale e all’antica Chiesa del Santo Rosario

Al termine dell’incontro, alle ore 11.45 locali (6.45 ora di Roma), il Santo Padre Francesco si è recato in visita al Cimitero Parrocchiale dove sono sepolti molti religiosi e si è soffermato in preghiera silenziosa, accendendo poi una candela. Subito dopo il Papa è entrato nell’antica Chiesa del Santo Rosario, fondata da missionari portoghesi nel 1677, ed ora Cappella dell’Adorazione Perpetua.

Al Suo arrivo il Santo Padre è stato accolto dal Vescovo di Dinajpur, S.E. Mons. Sebastian Tudu, dalla Superiora Generale e dalla Superiora dell’Istituto che sostiene il vicino orfanotrofio. All’interno si trovano circa 200 orfani e alcune suore che se ne prendono cura.

Al termine della visita, dopo la benedizione ai bambini, il Papa è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica di Dhaka dove ha pranzato con i membri del Seguito Papale.

[01820-IT.01]

[B0856-XX.03]