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Viaggio Apostolico del Santo Padre Francesco in Myanmar e Bangladesh (26 novembre – 2 dicembre 2017) – Visita del Primo Ministro del Bangladesh, Visita alla Cattedrale di Dhaka e Incontro con i Vescovi del Bangladesh nell’Arcivescovado, 01.12.2017


Visita del Primo Ministro del Bangladesh nella Nunziatura Apostolica di Dhaka

Visita alla Cattedrale di Dhaka

Incontro con i Vescovi del Bangladesh presso l’Arcivescovado di Dhaka

Visita del Primo Ministro del Bangladesh nella Nunziatura Apostolica di Dhaka

Alle ore 15.20 locali (10.20 ora di Roma), il Santo Padre Francesco ha incontrato il Primo Ministro del Bangladesh, Sig.ra Shekh Hasina, nella Nunziatura Apostolica di Dhaka. Quindi si è trasferito in auto all’Arcivescovado per la visita alla Cattedrale.

[01817-IT.01]

Visita alla Cattedrale di Dhaka

Alle ore 16.00 locali (11.00 ora di Roma), il Santo Padre Francesco è arrivato alla Cattedrale di Dhaka, che fa parte del complesso dell’Arcivescovado. Al Suo arrivo, il Papa è stato accolto nel cortile dell’Arcivescovado dal Card. Patrick D’Rozario, C.S.C., Arcivescovo di Dhaka, e insieme si sono diretti in Cattedrale. Lungo il percorso, il Santo Padre ha benedetto le targhe commemorative delle visite papali a Dhaka (Paolo VI, il 27 novembre 1970; San Giovanni Paolo II, il 19 novembre 1986; Francesco, 1° dicembre 2017) e dei due nuovi edifici per gli anziani e per i sacerdoti. Poi ha salutato 20 membri del Comitato Organizzatore. Il Santo Padre e l’Arcivescovo sono entrati quindi in Cattedrale e sono stati accolti dal Parroco, da un sacerdote e da una religiosa. In Cattedrale erano presenti circa 700 fedeli e benefattori che il Papa ha salutato e benedetto.

Dopo essersi raccolto in preghiera silenziosa nella Cappella del Santissimo, il Santo Padre è uscito dalla chiesa per pregare sulla tomba dei tre precedenti Ordinari di Dhaka. Quindi si è recato a piedi alla casa dei sacerdoti anziani, nel complesso dell’Arcivescovado, per l’incontro con i Vescovi del Bangladesh.

[01818-IT.01]

Incontro con i Vescovi del Bangladesh presso l’Arcivescovado di Dhaka

Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

 

Alle ore 16.15 locali (11.15 ora di Roma), il Santo Padre Francesco ha incontrato i Vescovi del Bangladesh presso la Casa dei sacerdoti anziani nel complesso dell’Arcivescovado di Dhaka, dove si trovavano riuniti i 10 Vescovi e alcuni membri del Seguito Papale.

Dopo l’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Dhaka, Card. Patrick D’Rozario, C.S.C., Presidente della Conferenza Episcopale del Bangladesh, il Papa ha pronunciato un discorso.

A conclusione dell’incontro, Papa Francesco, ha benedetto 7 sacerdoti malati. Quindi si è recato nel giardino dell’Arcivescovado per l’incontro Interreligioso ed Ecumenico per la Pace.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre ha pronunciato nel corso dell’incontro con i Vescovi:

Discorso del Santo Padre

Eminenza,
Cari Fratelli nell’Episcopato,

Quanto è bene per noi stare insieme! Ringrazio il Cardinale Patrick [D’Rozario] per le sue parole di introduzione, con cui ha presentato le svariate attività spirituali e pastorali della Chiesa in Bangladesh. Ho particolarmente apprezzato il suo riferimento al lungimirante Piano Pastorale del 1985, che ha messo in luce i principi evangelici e le priorità che hanno guidato la vita e la missione della comunità ecclesiale in questa giovane nazione. La mia personale esperienza di Aparecida, che ha lanciato la missione continentale in Sud America, mi ha convinto della fecondità di tali piani, che coinvolgono l’intero popolo di Dio in un continuo processo di discernimento e di azione.

Mi piace anche la durata di questo piano pastorale, perché una delle malattie dei piani pastorali è che muoiono giovani. Ma questo è vivo dall’’85: complimenti! Auguri! Si vede che è stato ben fatto, che riflette la realtà del Paese e i bisogni pastorali; e riflette anche la perseveranza dei vescovi.

La realtà della comunione è stata al cuore del Piano Pastorale e continua ad ispirare lo zelo missionario che distingue la Chiesa in Bangladesh. La vostra stessa guida episcopale è stata tradizionalmente segnata dallo spirito di collegialità e di mutuo sostegno. E questo è grande! Questo spirito di affetto collegiale viene condiviso dai vostri sacerdoti e, tramite loro, si è propagato alle parrocchie, alle comunità e alle diverse forme di apostolato delle vostre Chiese locali. Esso trova espressione nella serietà con cui, nelle vostre diocesi, vi dedicate alle visite pastorali e dimostrate concreto interesse per il bene della vostra gente. Vi chiedo di perseverare in questo ministero di presenza. Voglio sottolineare che cosa vuol dire: non solo farsi vedere - si può farsi vedere mediante la tv -; ma una presenza come quella di Dio in noi, che si è fatto vicinanza, che si è fatto prossimità nell’Incarnazione del Verbo, nella condiscendenza, quella condiscendenza del Padre che ha mandato il Figlio a farsi uno di noi. E mi piace come voi abbiate coniato questa parola: “ministero di presenza”. Il vescovo è uno che è presente, che è vicino ed è prossimo. Sempre. Ripeto: perseverare in questo ministero di presenza, che solo può stringere legami di comunione unendovi ai vostri sacerdoti, che sono vostri fratelli, figli e collaboratori nella vigna del Signore, e ai religiosi e alle religiose che rendono un così fondamentale contributo alla vita cattolica in questo Paese.

Una parola vorrei sottolineare sui religiosi. Siamo abituati a dire: sì, ci sono due vie di santificazione nella Chiesa: la via presbiterale e la via laicale. Ma le suorine, cosa sono? Laiche? No. Per favore, bisogna far crescere l’idea che c’è una terza via di santificazione: la via della vita consacrata. Che non è un aggettivo: “questo è un laico, una laica consacrata”; è un sostantivo: “questo è un consacrato, questa è una consacrata”. Come diciamo “questo è un laico o una laica”, e “questo è un sacerdote”. E’ importante.

Nello stesso tempo, vi chiederei di mostrare una vicinanza anche più grande verso i fedeli laici. Loro devono crescere. Bisogna promuovere la loro effettiva partecipazione nella vita delle vostre Chiese particolari, non da ultimo tramite le strutture canoniche che fanno sì che le loro voci vengano ascoltate e le loro esperienze apprezzate. Riconoscete e valorizzate i carismi dei laici, uomini e donne, e incoraggiateli a mettere i loro doni al servizio della Chiesa e della società nel suo complesso. Penso qui ai numerosi zelanti catechisti di questa nazione - i catechisti sono i pilastri dell’evangelizzazione! -, il cui apostolato è essenziale alla crescita della fede e alla formazione cristiana delle nuove generazioni. Essi sono veri missionari e guide di preghiera, specie nelle zone più remote. Siate attenti ai loro bisogni spirituali e alla loro costante formazione nella fede. I catechisti. Ma anche i laici che ci aiutano e ci sono vicini, i consiglieri: i consiglieri pastorali, i consiglieri negli affari economici. In una riunione avuta sei mesi fa, ho sentito dire che forse un po’ più della metà delle diocesi, la metà o un po’ di più, ha i due consigli che il Diritto Canonico ci chiede di avere: quello pastorale e quello degli affari economici. E l’altra metà? Questo non può essere. Non è solo una legge, non è solo un aiuto, è spazio per i laici.

In questi mesi di preparazione per la prossima assemblea del Sinodo dei Vescovi, siamo tutti sollecitati a riflettere su come rendere meglio partecipi i nostri giovani della gioia, della verità e della bellezza della nostra fede. Il Bangladesh è stato benedetto con vocazioni al sacerdozio – oggi l’abbiamo visto! – e alla vita religiosa; è importante assicurare che i candidati siano ben preparati per comunicare le ricchezze della fede agli altri, particolarmente ai loro contemporanei. In uno spirito di comunione che unisce le generazioni, aiutateli a prendere in mano con gioia ed entusiasmo il lavoro che altri hanno iniziato, sapendo che essi stessi un giorno saranno chiamati a loro volta a trasmetterlo. Quell’atteggiamento interiore di ricevere l’eredità, farla crescere e trasmetterla: questo è lo spirito apostolico di un presbiterio. Che i giovani sappiano che il mondo non incomincia con loro, che loro devono cercare le radici, devono cercare le radici storiche, religiose… Far crescere quelle radici e trasmettere i frutti. Insegnate ai giovani a non essere sradicati; insegnate loro a colloquiare con gli anziani. Quando sono entrato qui [nell’Arcivescovado] c’erano i seminaristi delle medie. Dovevo fare loro due domande, en passant, ma ne ho fatta una soltanto, la prima, la più naturale: “Giocate a calcio?”. Tutti: “Sì!”. La seconda era: “Andate a trovare i nonni, i preti anziani? A sentire le storie della loro vita, del loro apostolato?”. I formatori del seminario devono educare i giovani seminaristi ad ascoltare i vecchi preti: lì ci sono le radici, lì c’è la saggezza della Chiesa.

Una notevole attività sociale della Chiesa in Bangladesh è diretta all’assistenza delle famiglie e, specificamente, all’impegno per la promozione delle donne. La gente di questo Paese è nota per il suo amore alla famiglia, per il suo senso di ospitalità, per il rispetto che mostra verso i genitori e i nonni e la cura verso gli anziani, gli infermi e i più indifesi. Questi valori sono confermati ed elevati dal Vangelo di Gesù Cristo. Una speciale espressione di gratitudine è dovuta a tutti coloro che lavorano silenziosamente per sostenere le famiglie cristiane nella loro missione di dare quotidiana testimonianza all’amore riconciliante del Signore e nel far conoscere il suo potere di redenzione. Come l’Esortazione Ecclesia in Asia ha segnalato, «la famiglia non è semplicemente l’oggetto della cura pastorale della Chiesa, ma ne è anche uno degli agenti di evengelizzazione più efficaci» (n. 46).

Un obiettivo significativo indicato nel Piano Pastorale, e che si è davvero dimostrato profetico, è l’opzione per i poveri. La Comunità cattolica in Bangladesh può essere fiera della sua storia di servizio ai poveri, specialmente nelle zone più remote e nelle comunità tribali; continua questo servizio quotidianamente attraverso il suo apostolato educativo, i suoi ospedali, le cliniche e i centri di salute, e la varietà delle sue opere caritative. Eppure, specie alla luce della presente crisi dei rifugiati, vediamo quanto ancora maggiori siano le necessità da raggiungere! L’ispirazione per le vostre opere di assistenza ai bisognosi sia sempre la carità pastorale, che è sollecita nel riconoscere le umane ferite e rispondere con generosità, a ciascuno personalmente. Nel lavorare per creare una “cultura di misericordia” (cfr Lett. ap. Misericordia et misera, 20). In questo lavoro, le vostre Chiese locali dimostrano la loro opzione per i poveri, rafforzano la proclamazione dell’infinita misericordia del Padre e contribuiscono in non piccola misura allo sviluppo integrale della loro patria.

Un importante momento della mia visita pastorale in Bangladesh è l’incontro interreligioso ed ecumenico che avrà luogo immediatamente dopo il nostro incontro. La vostra è una nazione dove la diversità etnica rispecchia la diversità delle tradizioni religiose. L’impegno della Chiesa di portare avanti la comprensione interreligiosa tramite seminari e programmi didattici, come anche attraverso contatti e inviti personali, contribuisce al diffondersi della buona volontà e dell’armonia. Adoperatevi incessantemente a costruire ponti e a promuovere il dialogo, non solo perché questi sforzi facilitano la comunicazione tra diversi gruppi religiosi, ma anche perché risvegliano le energie spirituali necessarie per l’opera di costruzione della nazione nell’unità, nella giustizia e nella pace.

Quando i capi religiosi si pronunciano pubblicamente con una sola voce contro la violenza ammantata di religiosità e cercano di sostituire la cultura del conflitto con la cultura dell’incontro, essi attingono alle più profonde radici spirituali delle loro varie tradizioni. Essi provvedono anche un inestimabile servizio per il futuro dei loro Paesi e del nostro mondo insegnando ai giovani la via della giustizia: «occorre accompagnare e far maturare generazioni che rispondano alla logica incendiaria del male con la paziente ricerca del bene» (Discorso ai partecipanti alla Conferenza internazionale per la pace, Al-Azhar, Il Cairo, 28 aprile 2017).

Cari confratelli Vescovi, sono grato al Signore per questi momenti di conversazione e condivisione fraterna. Sono anche contento che questo Viaggio Apostolico, che mi ha condotto in Bangladesh, mi ha permesso di testimoniare la vitalità e il fervore missionario della Chiesa in questa nazione. Nel presentare al Signore le gioie e le difficoltà delle vostre comunità locali, chiediamo insieme una rinnovata effusione dello Spirito Santo, perché ci conceda «il coraggio di annunciare la novità del Vangelo con audacia – parrhesía – a voce alta e in ogni tempo e luogo, anche controcorrente» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 259). Possano i sacerdoti, i religiosi, i consacrati e le consacrate, e i fedeli laici affidati alla vostra cura pastorale, trovare una sempre rinnovata forza nei loro sforzi di essere «evangelizzatori che annuncino la Buona Notizia non solo con le parole, ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio» (ibid.). A tutti voi, con grande affetto, imparto la mia benedizione, e vi chiedo, per favore, di pregare per me. Grazie.

[01798-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Éminence,
Chers frères dans l’Épiscopat,

Comme il est bon pour nous d’être ensemble! Je remercie le Cardinal Patrick [D’Rozario] pour ses paroles d’introduction par lesquelles il a présenté les diverses activités spirituelles et pastorales de l’Église au Bangladesh. J’ai particulièrement apprécié sa référence au clairvoyant Plan Pastoral de 1985 qui a mis en lumière les principes évangéliques et les priorités qui ont guidé la vie et la mission de la communauté ecclésiale dans cette jeune nation. Mon expérience personnelle d’Aparecida, qui a lancé la mission continentale en Amérique du Sud, m’a convaincu de la fécondité de tels plans qui impliquent le peuple de Dieu tout entier dans un processus continuel de discernement et d’action.

J’apprécie la durée de ce plan pastoral, parce que l’une des maladies des plans pastoraux est qu’ils meurent jeunes. Mais celui-ci est vivant depuis 1985 : compliments! Tous mes vœux! On voit qu’il a été bien fait, qu’il reflète les réalités du pays et ses besoins pastoraux ; et il reflète aussi la persévérance des évêques.

La réalité de la communion a été au cœur du Plan Pastoral et continue d’inspirer le zèle missionnaire qui caractérise l’Église au Bangladesh. Votre conduite épiscopale elle-même a traditionnellement été marquée par l’esprit de collégialité et de soutien mutuel. Et ceci est important ! Cet esprit d’affection collégiale est partagé par vos prêtres et, à travers eux, s’est propagé aux paroisses, aux communautés et aux formes multiples d’apostolat de vos Églises locales. Il trouve son expression dans le sérieux avec lequel, dans vos diocèses, vous vous dévouez aux visites pastorales et montrez un intérêt concret pour le bien de vos gens. Je vous demande de persévérer dans ce ministère de présence. Je veux souligner ce que cela signifie : non seulement se montrer – on peut se montrer au moyen de la télévision - ; mais une présence comme celle de Dieu en nous, qui s’est fait proche, qui s’est fait proximité dans l’Incarnation du Verbe, dans le consentement, ce consentement du Père qui a envoyé le Fils pour qu’il se fasse l’un de nous. Et j’apprécie la manière dont vous avez forgé cette parole : « ministère de présence ». L’évêque est quelqu’un qui est présent, qui est près et proche. Toujours. Je répète : persévérer dans ce ministère de présence qui seul peut nouer des liens de communion en vous unissant à vos prêtres, qui sont vos frères, fils et collaborateurs dans la vigne du Seigneur, et aux religieux et religieuses qui apportent une contribution si fondamentale à la vie catholique dans ce pays.

Une parole que je voudrais souligner sur les religieux. Nous sommes habitués à dire : oui, il y a deux voies de sanctification dans l’Église : la voie presbytérale et la voie laïque. Mais les petites sœurs, qu’est-ce qu’elles sont ? Des laïques ? Non. S’il vous plaît, il est nécessaire de faire grandir l’idée qu’il y a une troisième voie de sanctification : la voie de la vie consacrée. Ce n’est pas un adjectif: «celui-ci est un laïc, une laïque consacrée » ; mais un substantif : « celui-ci est un consacré, celle-ci est une consacrée ». Comme nous disons : « celui-ci est un laïc ou une laïque », et «celui-ci est un prêtre ». C’est important.

En même temps, je vous demanderai de montrer une proximité même plus grande envers les fidèles laïcs. Ils doivent grandir. Il faut promouvoir leur participation effective à la vie de vos Églises particulières, également à travers les structures canoniques qui prévoient que leurs voix soient entendues et leurs expériences prises en considération. Reconnaissez et valorisez les charismes des laïcs, hommes et femmes, et encouragez-les à mettre leurs dons au service de l’Église et de la société dans son ensemble. Je pense ici aux nombreux catéchistes zélés de ce pays, - les catéchistes sont les piliers de l’évangélisation-, dont l’apostolat est essentiel à la croissance de la foi et à la formation chrétienne des nouvelles générations. Ils sont de vrais missionnaires et des guides de prière, surtout dans les endroits les plus reculés. Soyez attentif à leurs besoins spirituels et à leur constante éducation dans la foi. Les catéchistes. Mais aussi les laïcs qui nous aident et qui nous sont proches, les conseillers : les conseillers pastoraux, les conseillers pour les affaires économiques. Dans une réunion qui a eu lieu il y a six mois, j’ai entendu dire que probablement un peu plus de la moitié des diocèses, la moitié ou un peu plus, a les deux conseils que le Droit Canonique nous demande d’avoir : celui de la pastorale et celui des affaires économiques. Et l’autre moitié ? Ce n’est pas possible. Ce n’est pas seulement une loi, ce n’est pas seulement une aide, c’est un espace pour les laïcs.

            Durant ces mois de préparation à la prochaine assemblée du Synode des Évêques, nous sommes tous invités à réfléchir sur la façon de rendre mieux participants nos jeunes de la joie, de la vérité 6et de la beauté de notre foi. Le Bangladesh a été béni par des vocations au sacerdoce – aujourd’hui nous l’avons vu ! - et à la vie religieuse. Il est important de s’assurer que les candidats soient bien préparés à communiquer les richesses de la foi aux autres, en particulier à leurs contemporains. Dans un esprit de communion qui unit les générations, aidez-les à prendre en main, avec joie et enthousiasme, le travail que d’autres ont commencé, sachant qu’eux-mêmes, un jour, seront appelés à le transmettre à leur tour. Cette attitude intérieure de recevoir l’héritage, de le faire grandir et de le transmettre : c’est cela l’esprit apostolique d’un presbyterium. Que les jeunes sachent que le monde ne commence pas avec eux, qu’ils doivent chercher les racines, qu’ils doivent chercher les racines historiques, religieuses… Faire grandir ces racines et en transmettre les fruits. Enseignez aux jeunes à ne pas être déracinés ; enseignez-leur à converser avec les anciens. Quand je suis entré ici [dans l’Archevêché] il y avait les séminaristes du cours moyen. Je devais leur poser deux questions, en passant, mais je n’en ai posé qu’une, la première, la plus naturelle : « est-ce que vous jouez au football ? ». Tous ont répondu : « Oui ! ». La seconde était : « est-ce que vous allez trouver les grands parents, les prêtres anciens ? Pour écouter les histoires de leur vie, de leur apostolat ? ». Les formateurs du séminaire doivent éduquer les jeunes séminaristes à écouter les prêtres anciens : là sont les racines, là est la sagesse de l’Église.

Une remarquable activité sociale de l’Église au Bangladesh vise l’assistance des familles et, spécifiquement, l’engagement pour la promotion des femmes. Le peuple de cette nation est connu pour son amour de la famille, pour son sens de l’hospitalité, pour le respect qu’il montre envers les parents et les grands-parents, et pour le soin envers les personnes âgées, les malades et ceux qui sont le plus sans défense. Ces valeurs sont confirmées et élevées par l’Évangile de Jésus Christ. Une expression spéciale de gratitude doit être rendue à tous ceux qui travaillent silencieusement pour soutenir les familles chrétiennes dans leur mission de rendre tous les jours témoignage à l’amour du Seigneur qui réconcilie et de faire connaître son pouvoir de rédemption. Comme Ecclesia in Asia l’a recommandé : « La famille n’est pas seulement l’objet du souci pastoral de l’Église; elle est aussi pour l’Église l’un des agents d’évangélisation les plus efficaces » (n. 46).

Un objectif significatif mentionné dans le Plan Pastoral – qui s’est vraiment révélé prophétique – est l’option pour les pauvres. La communauté catholique au Bangladesh peut être fière de son histoire de service des pauvres, surtout dans les endroits les plus reculés et dans les communautés tribales. Elle poursuit tous les jours ce service à travers ses apostolats éducatifs, ses hôpitaux, cliniques et centres de soins, et la variété de ses œuvres caritatives. Et pourtant, surtout à la lumière de la crise actuelle des réfugiés, nous voyons combien sont encore plus grands les besoins auxquels il faut faire face ! L’inspiration de vos œuvres d’assistance aux personnes dans le besoin doit toujours être la charité pastorale qui est prompte à reconnaître les blessures humaines et à répondre, avec générosité, à chacun personnellement. En travaillant à créer une “culture de la miséricorde” (cf. Misericordia et Misera, n. 20). Dans ce travail, vos Églises locales montrent leur option pour les pauvres, elles renforcent leur proclamation de l’infinie miséricorde du Père et contribuent largement au développement intégral de leur patrie.

Un moment important de ma visite pastorale au Bangladesh sera la réunion interreligieuse et œcuménique qui aura lieu immédiatement après notre rencontre. Votre nation est une nation où la diversité ethnique reflète la diversité des traditions religieuses. L’engagement de l’Église à promouvoir la compréhension interreligieuse par des séminaires et des programmes didactiques, comme aussi à travers des contacts et des invitations personnelles, contribue à répandre de la bonne volonté et de l’harmonie. Prodiguez-vous sans cesse à construire des ponts et à promouvoir le dialogue, car ces efforts non seulement facilitent la communication entre les divers groupes religieux, mais aussi parce qu’ils réveillent les énergies spirituelles nécessaires à l’œuvre de construction de la nation dans l’unité, dans la justice et dans la paix.

            Quand les chefs religieux se prononcent publiquement, d’une seule voix, contre la violence vêtue de religiosité et cherchent à remplacer la culture du conflit par la culture de la rencontre, ils puisent aux racines spirituelles les plus profondes de leurs diverses traditions. Ils rendent aussi un inestimable service pour l’avenir de leur pays et de notre monde en enseignant aux jeunes la voie de la justice : « il faut accompagner et faire mûrir des générations qui répondent à la logique incendiaire du mal par la patiente recherche du bien » (Discours aux participants de la Conférence internationale pour la paix, Al-Azhar, Le Caire, 28 avril 2017).

Chers confrères Évêques, je rends grâce au Seigneur pour ces moments de conversation et de partage fraternel. Je suis aussi content que ce Voyage apostolique qui m’a conduit au Bangladesh m’ait permis de témoigner de la vitalité et de la ferveur missionnaire de l’Église dans cette nation. En présentant au Seigneur les joies et les difficultés de vos communautés locales, demandons ensemble une effusion renouvelée de l’Esprit Saint pour qu’il nous accorde « la force pour annoncer la nouveauté de l’Évangile avec audace – parresia – à voix haute, en tout temps et en tout lieu, même à contre-courant » (Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 259). Puissent les prêtres, les religieux, les personnes consacrées ainsi que les fidèles laïcs confiés à votre soin pastoral, trouver une force toujours renouvelée dans leurs efforts pour être « des évangélisateurs qui annoncent la Bonne Nouvelle non seulement avec des paroles, mais surtout avec leur vie transfigurée par la présence de Dieu » (ibid.). À vous tous, avec grande affection, je vous donne ma Bénédiction. Et je vous demande, s’il vous plaît, de prier pour moi. Merci.

[01798-FR.03] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Your Eminence,
Dear Brother Bishops,

How good it is for us to be together! I thank Cardinal Patrick [D’Rozario] for his words of introduction, which presented the varied spiritual and pastoral works of the Church in Bangladesh. I particularly appreciated his reference to the farsighted Pastoral Plan of 1985, which laid out the evangelical principles and priorities that have guided the life and mission of the ecclesial community in this young nation. My own experience of Aparecida, which launched the continental mission in South America, has convinced me of the fruitfulness of such plans, which engage the entire people of God in an ongoing process of discernment and action.

I am also pleased at the long life this pastoral plan has had, since one of the “diseases” of pastoral plans is that they die young. This one has lasted since 1985: congratulations! Clearly, it was well done, and reflects the reality of the country and its pastoral needs. It also reflects the perseverance of the bishops.

The reality of communion was at the heart of the Pastoral Plan, and it continues to inspire the missionary zeal that distinguishes the Church in Bangladesh. Your own episcopal leadership has traditionally been marked by a spirit of collegiality and mutual support. This is no small thing! This spirit of affective collegiality is shared by your priests, and through them, has spread to the parishes, communities and manifold apostolates of your local Churches. It finds expression in the seriousness with which you, in your dioceses, engage in pastoral visitations and demonstrate practical concern for the welfare of your people. I ask you to persevere in this ministry of presence. I would stress what that involves: it is not only about being seen – that you can do on television – but about being present in the way that God is present to us. He came among us, he drew near to us in the incarnation of the Word, in “condescension”, the condescension of the Father who sent his Son to become one of us. I like this expression: “ministry of presence”. The bishop is one who is present, always close and at hand. Always! Let me say it again: persevere in this ministry of presence, which can only strengthen the bonds of communion uniting you to your priests, who are your brothers, sons and co-workers in the Lord’s vineyard, and to the men and women religious who make so crucial a contribution to Catholic life in this country.

I would also make a point about men and women religious. We are used to saying that there are two paths to holiness in the Church: the priesthood and the lay vocation. But the Sisters, what are they? Laypersons? No. Please, we need to promote the idea that there is a third path to holiness: the path of consecrated life. That is not an adjective, as in “He or she is a consecrated lay person”. It is a noun: “He is a consecrated person; she is a consecrated person”. Just as we say, “He or she is a lay person”, or “He is a priest”. This is important.

At the same time, I would ask you to show ever greater pastoral closeness to the lay faithful. They need to grow. There is a need to promote their effective participation in the life of your particular Churches, not least through the canonical structures that provide for their voices to be heard and their experiences acknowledged. Recognize and value the charisms of lay men and women, and encourage them to put their gifts at the service of the Church and of society as a whole. I think here of the many dedicated catechists in this country; they are the pillars of evangelization and their apostolate is essential for the growth of the faith and for the Christian formation of the next generation. They are true missionaries and leaders of prayer, especially in the more remote areas. Be concerned for their spiritual needs and for their continuing education in the faith.

Catechists… but also the lay people who assist you at close hand as consultors: pastoral advisors, consultors in financial matters. In a meeting six months ago, I heard it said that perhaps a few more than half of the dioceses, half or a few more, have the two advisory boards called for by canon law: pastoral and financial. And the other half? It is not only a law, not only a help, it is a space for the laity.

In these months of preparation for the next assembly of the Synod of Bishops, all of us are challenged to think about how best to share with our young people the joy, the truth and the beauty of our faith. Bangladesh has been blessed with vocations to the priesthood – today we saw this! – and to the religious life; it is important to ensure that candidates be well-prepared to communicate the richness of the faith to others, particularly to their own contemporaries. In a spirit of communion that bridges the generations, help them to take up with joy and enthusiasm the work others have begun, knowing that they themselves will one day be called to pass it on in turn.

This interior sense of having received a legacy that needs to be enriched and passed on: this is the apostolic spirit of a presbyterate. Young people need to know that the world did not begin with them, that they have to find their roots, their historical and religious roots… and to let those roots grow and bear fruit. Teach the young not to be rootless; teach them to talk with the elderly. When I came here today, the minor seminarians were here to greet me. I should have asked them two quick questions, but I only asked one, the first and most natural one: “Do you play soccer?” Everyone said, “Yes!”. But the second would have been: “Do you go and visit your “grandparents”, your elderly priests? To listen to the story of their lives and their apostolate?”. Seminary formators should train young seminarians to listen to elderly priests: that is where their roots are; that is where the wisdom of the Church is found.

An impressive outreach of the Church in Bangladesh is directed to assisting families and, in a specific way, working for the advancement of women. The people of this country are known for their love of family, their sense of hospitality, the respect they show to parents and grandparents, and the care they give to the aged, the infirm and the vulnerable. These values are confirmed and elevated by the Gospel of Jesus Christ. A special word of gratitude is due to all those who work quietly to support Christian families in their mission of bearing daily witness to the Lord’s reconciling love and in making known its redemptive power. As Ecclesia in Asia pointed out, “the family is not simply the object of the Church’s pastoral care; it is one of the Church’s most effective agents of evangelization” (No. 46).

A significant goal set out in the Pastoral Plan, and one that has indeed proved prophetic, is the option for the poor. The Catholic community in Bangladesh can be proud of its history of service to the poor, especially in remote areas and tribal communities; it continues this outreach daily through its educational apostolates, its hospitals, clinics and health centres, and the variety of its organized charitable works. Yet, especially in light of the present refugee crisis, we see how much more needs to be done! The inspiration for your works of assistance to the needy must always be that pastoral charity which is quick to recognize human woundedness and to respond with generosity, one person at a time. By working to create a “culture of mercy” (cf. Misericordia et Misera, 20), your local Churches demonstrate their option for the poor, reinforce their proclamation of the Father’s infinite mercy, and contribute in no small measure to the integral development of their homeland.

An important part of my pastoral visit to Bangladesh is the interreligious and ecumenical encounter that will take place immediately following our meeting. Yours is a nation where ethnic diversity is mirrored in a diversity of religious traditions. The Church’s commitment to pursuing interreligious understanding through seminars and educational programmes, as well as through personal contacts and invitations, contributes to the spread of good will and harmony. Work unremittingly to build bridges and to foster dialogue, for these efforts not only facilitate communication between different religious groups, but also awaken the spiritual energies needed for the work of nationbuilding in unity, justice and peace. When religious leaders speak out with one voice against the violence that parades as religion and seek to replace the culture of conflict with the culture of encounter, they draw from the deepest spiritual roots of their various traditions. They also provide an inestimable service to the future of their countries and our world by educating the young in the way of justice, “helping them along the path to maturity, and teaching them to respond to the incendiary logic of evil by patiently working for the growth of goodness” (Address to the International Peace Conference, Al-Azhar, Cairo, 28 April 2017).

Dear brother bishops, I am grateful to the Lord for these moments of conversation and fraternal sharing. I am also happy that this Apostolic Journey, which has brought me to Bangladesh, has enabled me to witness the vitality and missionary fervour of the Church in this country. In offering up the joys and difficulties of your local communities to the Lord, let us together ask for a fresh outpouring of the Holy Spirit, to grant us “the courage to proclaim the newness of the Gospel with boldness – parrhesía – in every time and place, even when it meets with opposition” (Evangelii Gaudium, 259). May the priests, religious, consecrated men and women, and the lay faithful entrusted to your pastoral care, find ever renewed strength in their efforts to be “evangelizers who proclaim the good news not only with words, but above all by a life transfigured by God’s presence” (ibid.). To all of you, with great affection, I give you my blessing, and I ask you, please, to pray for me. Thank you.

[01798-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

[01798-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

 

Traduzione in lingua spagnola

Señor Cardenal,
queridos hermanos en el episcopado:

¡Qué bueno es para nosotros estar juntos! Agradezco al cardenal Patrick [D'Rozario] sus palabras introductorias, con las que ha presentado las múltiples actividades espirituales y pastorales de la Iglesia en Bangladesh. He apreciado particularmente su referencia al previsor Plan Pastoral de 1985, que pone de manifiesto los principios y las prioridades evangélicas que han guiado la vida y la misión de la comunidad eclesial en esta joven nación. Mi propia experiencia en Aparecida, que lanzó la misión continental en América Latina, me ha convencido de la fecundidad de tales planes, que implican a todo el Pueblo de Dios en un proceso continuo de discernimiento y de acción.

También me gusta la duración de este plan de pastoral, porque una de las enfermedades de los planes pastorales es que mueren jóvenes. Pero este está vivo desde 1985. ¡Felicidades! Se ve que fue bien hecho, que refleja la realidad del país y las necesidades pastorales; y refleja también la perseverancia de los obispos.

La realidad de la comunión estaba en el centro del Plan Pastoral, y sigue inspirando el celo misionero que distingue a la Iglesia en Bangladesh. Vuestro mismo ministerio episcopal ha estado tradicionalmente marcado por un espíritu de colegialidad y apoyo mutuo. Y esto es grande. Este espíritu de afecto y colegialidad lo comparten también vuestros sacerdotes y, a través de ellos, se ha extendido a las parroquias, las comunidades y los múltiples apostolados de vuestras Iglesias locales. Se manifiesta en la seriedad con la que os dedicáis en vuestras diócesis a las visitas pastorales y os preocupáis por el bien concreto de vuestra gente. Os pido que perseveréis en este ministerio de presencia. Deseo indicar qué es lo que significa: no es sólo hacerse ver —uno puede hacerse ver a través de la televisión—; sino que es una presencia como la de Dios en nosotros, que se ha hecho cercanía, que se ha hecho proximidad en la Encarnación del Verbo, en la condescendencia, la condescendencia del Padre que ha enviado a su Hijo para hacerse uno de nosotros. Y me gusta cómo vosotros habéis acuñado esta palabra: «ministerio de presencia». El Obispo es uno que está presente, que es cercano y es próximo. Siempre. Repito: perseverar en este ministerio de presencia, que es fundamental para fortalecer los vínculos de comunión que os unen a vuestros sacerdotes, que son vuestros hermanos, hijos y colaboradores en la viña del Señor, y a los religiosos y religiosas que contribuyen decisivamente a la vida católica en este país.

Una palabra quisiera destacar sobre los religiosos. Estamos acostumbrados a decir: sí, hay dos caminos de santificación en la Iglesia: la vía presbiteral y la vía laical. Pero las hermanas, ¿qué son? ¿Laicas? No. Por favor, hay que hacer madurar la idea de que hay una tercera vía de santificación: la vía de la vida consagrada. Que no es un adjetivo: «Este es un laico, esta una laica consagrada»; es un sustantivo: «Este es un consagrado, esta es una consagrada». Como decimos «este es un laico o laica» y «este es un sacerdote». Esto es importante.

Al mismo tiempo, os pediría que mostréis una cercanía pastoral cada vez mayor hacia los fieles laicos. Ellos deben crecer. Es necesario promover su participación efectiva en la vida de vuestras Iglesias particulares, a través de las estructuras canónicas que permiten escuchar sus voces y apreciar sus experiencias. Reconoced y valorad los carismas de los laicos y laicas, y animadlos a poner sus dones al servicio de la Iglesia y de la sociedad en su conjunto. Pienso en los numerosos y entregados catequistas de este país —los catequistas son los pilares de la evangelización—, cuyo apostolado es esencial para el crecimiento de la fe y para la formación cristiana de las nuevas generaciones. Son verdaderos misioneros y guías de oración, especialmente en las zonas más remotas. Estad atentos a sus necesidades espirituales y a su constante educación en la fe. Los catequistas, pero también los laicos que nos ayudan y están cerca de nosotros, los consejeros: los consejeros pastorales, los consejeros en los asuntos económicos. En una reunión que tuve hace seis meses, oí decir que quizás un poco más de la mitad de las diócesis —la mitad o un poco más—, tiene los dos consejos que el Derecho Canónico nos pide tener: el pastoral y el de los asuntos económicos. ¿Y la otra mitad? Esto no puede ser. No es sólo una ley, no es sólo una ayuda, sino que es un espacio para los laicos.

En estos meses de preparación para la próxima asamblea del Sínodo de los Obispos, estamos todos invitados a pensar cuál es la mejor manera de hacer que nuestros jóvenes compartan la alegría, la verdad y la belleza de nuestra fe. Bangladesh ha sido bendecido con vocaciones al sacerdocio —hoy lo hemos visto— y a la vida religiosa; es importante asegurar que los candidatos estén bien formados para comunicar a los demás, y en particular a sus propios contemporáneos, la riqueza de la fe. En un espíritu de comunión que une a las generaciones, ayudadlos a llevar adelante con alegría y entusiasmo el trabajo que otros han comenzado, sabiendo que algún día a ellos mismos les tocará, a su vez, transmitirlo. Esa actitud interior de recibir la herencia, hacerla crecer y transmitirla: este es el espíritu apostólico de un presbiterio. Que los jóvenes sepan que el mundo no comienza con ellos, que ellos deben buscar las raíces, deben buscar las raíces históricas, religiosas… Se necesita hacer crecer esas raíces y transmitir los frutos. Enseñad a los jóvenes a no ser desarraigados; enseñadles a hablar con los ancianos. Cuando he entrado aquí [en el Arzobispado] estaban los seminaristas menores. Tenía que haberles hecho dos preguntas, como de pasada, pero les he hecho sólo una, la primera, la más natural: «¿Jugáis al fútbol?». Todos han contestado: «Sí». La segunda era: «¿Vais a visitar a los abuelos, a los sacerdotes ancianos para escuchar las historias de su vida, de su apostolado?». Los formadores del seminario deben educar a los jóvenes seminaristas a escuchar a los sacerdotes ancianos: allí están las raíces, allí está la sabiduría de la Iglesia.

Una valiosa acción social de la Iglesia en Bangladesh está dirigida a la asistencia de las familias y, de manera específica, al compromiso por la promoción de la mujer. Las personas de este país se distinguen por su amor a la familia, su sentido de la hospitalidad, el respeto que muestran hacia los padres y abuelos, y la atención que le dan a los ancianos, los enfermos y los desamparados. Estos valores son confirmados y elevados por el Evangelio de Jesucristo. Una palabra especial de gratitud merecen todos los que trabajan silenciosamente para apoyar a las familias cristianas en su misión de dar cada día testimonio del amor reconciliador del Señor y de dar a conocer su poder redentor. Como señala la Exhortación Post-sinodal Ecclesia in Asia, la familia «no es simplemente objeto del cuidado pastoral de la Iglesia, sino también uno de los agentes más eficaces de evangelización» (n. 46).

Un objetivo significativo que el Plan Pastoral ha señalado, y que de hecho ha demostrado ser profético, es la opción por los pobres. La comunidad católica en Bangladesh puede estar orgullosa de su historia de servicio a los pobres, especialmente en las zonas más remotas y en las comunidades tribales. Lleva adelante este servicio cotidianamente a través de sus apostolados de educación, de sus hospitales, clínicas y centros de salud, y de sus múltiples obras de caridad. Sin embargo, especialmente a la luz de la actual crisis de refugiados, vemos lo mucho que queda aún por hacer. La inspiración para sus obras de asistencia a los necesitados debe ser siempre esa caridad pastoral que sabe reconocer en seguida las heridas humanas y que responde con generosidad a cada uno personalmente. Al trabajar para crear una «cultura de la misericordia» (cf. Misericordia et Misera, 20). En este trabajo, vuestras Iglesias locales demuestran su opción por los pobres, refuerzan la proclamación de la infinita misericordia del Padre y contribuyen en gran medida al desarrollo integral de su patria.

Un momento importante de mi visita pastoral a Bangladesh es el encuentro interreligioso y ecuménico que tendrá lugar inmediatamente después de nuestra reunión. En vuestra nación la diversidad étnica se refleja en una variedad de tradiciones religiosas. El compromiso de la Iglesia de llevar adelante la comprensión interreligiosa a través de seminarios y programas educativos, así como por medio de contactos personales e invitaciones, contribuye a la difusión de la buena voluntad y la armonía. Trabajad tenazmente en construir puentes y en fomentar el diálogo, ya que estos esfuerzos no sólo facilitan la comunicación entre los diferentes grupos religiosos, sino que también despiertan las energías espirituales necesarias para la construcción de una nación unida, justa y en paz. Cuando los líderes religiosos se pronuncian con una sola voz contra la violencia, que pretende hacerse pasar por religión, y tratan de reemplazar la cultura del conflicto con la cultura del encuentro, acuden a las raíces espirituales más profundas de sus diversas tradiciones. También brindan un servicio inestimable al futuro de sus países y de nuestro mundo al educar a los jóvenes en el camino de la justicia: «Es necesario acompañar y ayudar a madurar a las nuevas generaciones para que, ante la lógica incendiaria del mal, respondan con el paciente crecimiento del bien» (Discurso en la Conferencia Internacional para la Paz, Al-Azhar, El Cairo, 28 abril 2017).

Queridos hermanos obispos, agradezco al Señor estos momentos de conversación y de intercambio fraterno. También me siento contento de que este Viaje Apostólico, que me ha traído a Bangladesh, me haya permitido ser testigo de la vitalidad y el fervor misionero de la Iglesia en esta nación. Ofrecemos al Señor las alegrías y las dificultades de vuestras comunidades locales, y juntos le pedimos una nueva efusión del Espíritu Santo, que nos dé «la fuerza para anunciar la novedad del Evangelio con audacia (parresía), a alta voz y en todo tiempo y lugar, incluso a contracorriente» (Evangelii Gaudium, 259). Que los sacerdotes, religiosos, consagrados y consagradas, y los fieles confiados a vuestro cuidado pastoral, encuentren siempre una renovada energía en sus esfuerzos para ser «evangelizadores que anuncien la Buena Noticia no sólo con palabras sino sobre todo con una vida que se ha transfigurado en la presencia de Dios» (ibíd.). Os imparto a todos, con gran afecto, mi Bendición, y os pido, por favor, de rezar por mí. Gracias.

[01798-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Eminência,
Amados Irmãos no Episcopado!

Como é bom podermos estar juntos! Agradeço ao Cardeal Patrick [D'Rozario] as palavras de exórdio com que apresentou as mais variadas atividades espirituais e pastorais da Igreja no Bangladesh. Agradou-me de modo particular a sua referência ao clarividente Plano Pastoral de 1985, que pôs em evidência os princípios evangélicos e as prioridades que guiaram a vida e a missão da comunidade eclesial nesta jovem nação. A minha experiência pessoal de Aparecida, onde se lançou a Missão Continental na América do Sul, convenceu-me da fecundidade de tais planos, que envolvem todo o povo de Deus num processo contínuo de discernimento e ação.

Gosto também da duração deste plano pastoral, porque uma das doenças dos planos pastorais é que morrem jovens. Mas este está vivo desde 1985: Parabéns! Bom sucesso! Vê-se que foi bem feito, reflete a realidade do país e as necessidades pastorais; e reflete também a perseverança dos bispos.

No coração do Plano Pastoral, esteve a realidade da comunhão, que continua a inspirar o zelo missionário que carateriza a Igreja no Bangladesh. A vossa própria guia episcopal esteve tradicionalmente marcada pelo espírito de colegialidade e apoio mútuo. Isto é admirável! Este espírito de afeto colegial é compartilhado pelos vossos sacerdotes e, através deles, propagou-se pelas paróquias, pelas comunidades e pelos multiformes serviços de apostolado das vossas Igrejas locais. Nas vossas dioceses, expressa-se na seriedade com que vos dedicais às visitas pastorais e demonstrais um real interesse pelo bem do vosso povo. Peço-vos para perseverardes neste ministério de presença. Quero destacar o que se quer dizer com isto: não significa apenas fazer-se ver – pode-se fazer ver através da TV -, mas é uma presença semelhante à de Deus em nós: uma presença que se fez vizinhança, que se fez proximidade na Encarnação do Verbo, na condescendência, a condescendência do Pai que enviou o Filho para Se fazer um de nós. Gosto de como cunhastes esta expressão: «ministério de presença». O bispo é alguém que está presente e está próximo. Sempre. Repito: perseverar neste ministério de presença, o único que pode estreitar laços de comunhão unindo-vos aos vossos sacerdotes, que são vossos irmãos, filhos e colaboradores na vinha do Senhor, e aos religiosos e religiosas que prestam uma contribuição fundamental para a vida católica neste país.

Gostaria de pôr em relevo a essência dos religiosos. Estamos acostumados a dizer: Sim, há dois caminhos de santificação na Igreja, ou seja, o caminho presbiteral e o caminho laical. Mas as Irmãzinhas, que são? Leigas? Não. Por favor, é preciso desenvolver a ideia de que há um terceiro caminho de santificação: o caminho da vida consagrada. E não se trata de um adjetivo – «este é um leigo consagrado, esta é uma leiga consagrada» – mas de um substantivo: «Este é um consagrado, esta é uma consagrada». Tal como dizemos: «Este é um leigo, ou esta é uma leiga», e «este é um sacerdote». Isto é importante.

Ao mesmo tempo, pedir-vos-ia para mostrardes uma proximidade ainda maior aos fiéis leigos. Eles têm de crescer. É preciso promover a sua real participação na vida das vossas Igrejas particulares, nomeadamente através das estruturas canónicas que asseguram que as suas vozes sejam ouvidas e as suas experiências apreciadas. Reconhecei e valorizai os carismas dos leigos, homens e mulheres, e encorajai-os a colocarem os seus dons ao serviço da Igreja e do conjunto da sociedade. Penso aqui nos numerosos e zelosos catequistas desta nação – os catequistas são os pilares da evangelização –, cujo apostolado é essencial para o crescimento da fé e para a formação cristã das novas gerações. São verdadeiros missionários e guias de oração, especialmente nas áreas mais remotas. Cuidai das suas necessidades espirituais e da sua constante formação na fé. Os catequistas. Mas também os leigos que nos ajudam e acompanham, os conselheiros: os conselheiros pastorais, os conselheiros nos assuntos económicos. Numa reunião que houve há seis meses, ouvi dizer que talvez pouco mais de metade das dioceses – metade ou pouco mais – teria os dois conselhos que o Direito Canónico nos pede para ter: o pastoral e o dos assuntos económicos. E a outra metade? Isso não pode ser. Não é questão apenas duma lei, não é só uma ajuda; é espaço para os leigos.

Nestes meses de preparação para a próxima assembleia do Sínodo dos Bispos, todos somos instados a pensar como tornar os nossos jovens mais participantes da alegria, verdade e beleza da nossa fé. O Bangladesh foi abençoado com vocações para o sacerdócio – vimo-lo hoje – e para a vida religiosa; é importante garantir que os candidatos sejam bem preparados para comunicar as riquezas da fé aos outros, particularmente aos seus coetâneos. Num espírito de comunhão que une as gerações, ajudai-os a ocupar-se com alegria e entusiasmo do trabalho que outros começaram, sabendo que um dia serão eles próprios chamados a transmiti-lo. Esta disposição interior de receber a herança, fazê-la crescer e transmiti-la é o espírito apostólico de um presbitério. Que os jovens saibam que o mundo não começa com eles, que devem procurar as raízes, devem procurar as raízes históricas, religiosas... Fazer crescer aquelas raízes e transmitir os frutos. Ensinai os jovens a não ser desarraigados; ensinai-os a conversar com os idosos. Quando entrei aqui [na Casa Episcopal], encontrei os alunos do Seminário Médio. Devia ter-lhes feito duas perguntas, breves, mas fiz apenas uma. A primeira, a mais natural: «Jogais futebol?». Todos: «Sim!». A segunda era: «Ides visitar os avós, os sacerdotes anciãos? Para ouvir as histórias da sua vida, do seu apostolado?» Os formadores do Seminário devem educar os jovens seminaristas para ouvir os sacerdotes anciãos: ali estão as raízes, ali está a sabedoria da Igreja.

Na Igreja do Bangladesh, é notável a atividade social voltada para a assistência das famílias e, especificamente, o empenho na promoção das mulheres. O povo desta nação é conhecido pelo seu amor à família, pelo seu sentido de hospitalidade, pelo respeito que demonstra para com os pais e os avós e os cuidados que reserva aos idosos, aos doentes e aos mais inermes. Estes valores são confirmados e sublimados pelo Evangelho de Jesus Cristo. Uma expressão de especial gratidão é devida a todos aqueles que trabalham, silenciosamente, por apoiar as famílias cristãs na sua missão de dar testemunho diário do amor reconciliador do Senhor e tornar conhecido o seu poder de redenção. Como assinalou a Exortação Ecclesia in Asia, a família «não é simplesmente objeto dos cuidados pastorais da Igreja, mas um dos mais eficazes agentes da evangelização» (n.º 46).

Um objetivo significativo indicado no Plano Pastoral – intuição que se demonstrou verdadeiramente profética – é a opção pelos pobres. A Comunidade católica no Bangladesh pode orgulhar-se da sua história de serviço aos pobres, especialmente nas áreas mais remotas e nas comunidades tribais; continua diariamente este serviço através das suas obras de apostolado educacional, dos seus hospitais, clínicas e centros de saúde, e das obras socio-caritativas em toda a sua variedade. Contudo não cessam de aumentar, especialmente à luz da atual crise dos refugiados, as necessidades a colmar. A inspiração para as vossas obras de assistência aos necessitados deve ser sempre a caridade pastoral, que se mostra solícita no reconhecimento das feridas humanas procurando responder com generosidade a cada pessoa individualmente. Trabalhando por criar uma «cultura de misericórdia» (Carta ap. Misericordia et misera, 20), as vossas Igrejas locais demonstram – com este trabalho - a sua opção pelos pobres, reforçam a sua proclamação da misericórdia infinita do Pai e contribuem consideravelmente para o desenvolvimento integral da sua pátria.

Um momento importante da minha visita pastoral ao Bangladesh é a reunião inter-religiosa e ecuménica que terá lugar imediatamente depois deste nosso encontro. A vossa é uma nação onde a diversidade étnica reflete a diversidade das tradições religiosas. O esforço da Igreja por fazer avançar a compreensão inter-religiosa, através de seminários e programas didáticos e também por meio de contactos e convites pessoais, contribui para a difusão da boa vontade e da harmonia. Trabalhai incessantemente por construir pontes e promover o diálogo, porque estes esforços não só facilitam a comunicação entre diferentes grupos religiosos, mas despertam também as energias espirituais necessárias para a obra de construção da nação na unidade, na justiça e na paz.

Quando os líderes religiosos se pronunciam publicamente, a uma só voz, contra a violência revestida de religiosidade e procuram substituir a cultura do conflito pela cultura do encontro, inspiram-se nas raízes espirituais mais profundas das respetivas tradições. Prestam também um serviço inestimável ao futuro dos seus países e do nosso mundo, ensinando aos jovens o caminho da justiça: «é preciso acompanhar e fazer amadurecer gerações que, à lógica incendiária do mal, respondam com o crescimento paciente do bem» (Discurso aos participantes na Conferência Internacional em prol da Paz, Al-Azhar, Cairo, 28/IV/2017).

Queridos Irmãos Bispos, agradeço ao Senhor estes momentos de diálogo e partilha fraterna. Estou contente também por esta viagem apostólica, que me trouxe ao Bangladesh, me ter permitido testemunhar a vitalidade e o ardor missionário da Igreja nesta nação. Ao apresentar ao Senhor as alegrias e as dificuldades das vossas comunidades locais, peçamos juntos uma renovada efusão do Espírito Santo, para que nos conceda «a força para anunciar a novidade do Evangelho com ousadia (parresia), em voz alta e em todo o tempo e lugar, mesmo contracorrente» (Exort. ap. Evangelii gaudium, 259). Que os sacerdotes, as pessoas consagradas e os fiéis leigos confiados aos vossos cuidados pastorais possam experimentar uma força constantemente renovada nos seus esforços por serem «evangelizadores que anunciem a Boa Nova, não só com palavras mas sobretudo com uma vida transfigurada pela presença de Deus» (Ibid., 259). Com grande afeto, concedo a todos vós a minha bênção e peço-vos, por favor, que rezeis por mim. Obrigado.

[01798-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Eminencjo,
Drodzy Bracia w biskupstwie,

Oto jak nam dobrze przebywać razem! Dziękuję kard. Patrickowi [D'Rozario] za jego słowa wprowadzenia, w których przedstawił on różnorodne działania duchowe i duszpasterskie Kościoła w Bangladeszu. Szczególnie podobało mi się jego odniesienie do dalekowzrocznego planu duszpasterskiego z 1985 roku, który uwypuklił zasady ewangeliczne i priorytety, które kierowały życiem i misją wspólnoty kościelnej w tym młodym państwie. Moje osobiste doświadczenia z Aparecidy, która rozpoczęła misję kontynentalną w Ameryce Południowej, przekonały mnie o owocności tych planów, które angażują cały lud Boży w ciągłym procesie rozeznawania i działania.

Podoba mi się także czas trwania tego planu duszpasterskiego, ponieważ jedną z chorób planów duszpasterskich jest to, że umierają w młodym wieku. Ale ten plan jest żywy od 1985 roku: gratulacje! Serdeczne życzenia! Widać, że został dobrze nakreślony, odzwierciedlając rzeczywistość kraju i potrzeby duszpasterskie; a odzwierciedla także wytrwałość biskupów.

Rzeczywistość komunii znajdowała się w samym sercu planu duszpasterskiego i nadal inspiruje misyjną gorliwość, która wyróżnia Kościół w Bangladeszu. Wasze biskupie kierownictwo naznaczone było tradycyjnie duchem kolegialności i wzajemnego wsparcia. I to jest wspaniałe! W tym duchu kolegialnej miłości mają swój udział wasi kapłani, a za ich pośrednictwem rozprzestrzenił się on w parafiach, wspólnotach i różnorodnych apostolatach waszych Kościołów lokalnych. Znajduje on wyraz w powadze, z jaką w waszych diecezjach poświęcacie się wizytacjom duszpasterskim i okazujcie konkretne zainteresowanie dobrem waszego ludu. Proszę was byście trwali w tej posłudze obecności. Chcę podkreślić, co to znaczy: nie tylko być widzianym - można to uczynić za pośrednictwem telewizji -; ale obecność podobna do obecności Boga w nas, który zbliżył się, który stał się bliskością we Wcieleniu Słowa, zstępując, w tym uniżeniu Ojca, który posłał Syna, aby stać się jednym z nas. I podoba mi się, jak wymyśliliście to słowo: „posługa obecności”. Biskup jest tym, który jest obecny, który jest blisko i jest bliźnim. Zawsze. Powtarzam: wytrwajcie w tej posłudze obecności, która może jedynie zacieśnić więzy komunii jednocząc was z waszymi kapłanami, którzy są waszymi braćmi, synami i współpracownikami w winnicy Pańskiej, oraz z zakonnikami i zakonnicami, którzy wnoszą tak istotny wkład do życia katolickiego w tym kraju.

Chciałbym podkreślić jedno słowo na temat osób zakonnych. Jesteśmy przyzwyczajeni, by mówić: tak, istnieją dwa sposoby uświęcenia w Kościele: droga kapłańska i droga świecka. Ale czy zakonnice są osobami świeckimi? Nie. Proszę was, musimy rozwinąć myśl, że istnieje trzecia droga uświęcenia: droga życia konsekrowanego. Nie jest to przymiotnik: „to jest człowiek świecki, osoba świecka konsekrowana”. To jest rzeczownik: „to jest mężczyzna konsekrowany, to jest kobieta konsekrowana”. Tak jak mówimy „to jest człowiek świecki lub osoba świecka”, a „to jest ksiądz”. To ważne.

Jednocześnie prosiłbym was o okazanie jeszcze większej bliskości wiernym świeckim. Oni muszą się rozwijać. Trzeba promować ich rzeczywiste uczestnictwo w życiu waszych Kościołów partykularnych, także poprzez struktury kanoniczne, które zapewniają, żeby ich głosy zostały usłyszane, a ich doświadczenia było doceniane. Rozpoznajcie i doceniajcie charyzmaty świeckich, mężczyzn i kobiet, i zachęcajcie ich, aby wnosili swoje dary w służbie Kościołowi i całemu społeczeństwu. Myślę tutaj o wielu gorliwych katechetach w tym narodzie – katecheci są filarami ewangelizacji - których apostolat jest niezbędny dla rozwoju wiary i chrześcijańskiej formacji nowych pokoleń. Są oni prawdziwymi misjonarzami i przewodnikami modlitewnymi, zwłaszcza w obszarach najbardziej oddalonych. Zwracajcie uwagę na ich potrzeby duchowe i ich nieustanne wychowanie w wierze. Katecheci. Ale także świeckich, którzy pomagają nam i są nam bliscy, radni: członkowie rad duszpasterskich, członkowie rad ekonomicznych. Na pewnym spotkaniu sześć miesięcy temu usłyszałem, że być może nieco ponad połowa diecezji, połowa lub nieco więcej, ma dwie rady, które wymaga od nas prawo kanoniczne: duszpasterską i spraw gospodarczych. A druga połowa? Tak nie może być. To nie tylko prawo, to nie tylko pomoc, ale jest to przestrzeń dla świeckich.

W tych miesiącach przygotowań do następnego zgromadzenia Synodu Biskupów, wszyscy jesteśmy zachęcani, by myśleć o tym, jak pełniej uczynić naszą młodzież uczestnikami radości, prawdy i piękna naszej wiary. Bangladesz został pobłogosławiony powołaniami do kapłaństwa i życia zakonnego – dzisiaj byliśmy tego świadkami. Trzeba zapewnić, aby osoby te były dobrze przygotowane do przekazywania bogactw wiary innym, zwłaszcza swoim rówieśnikom. W duchu komunii, który łączy pokolenia, trzeba im pomóc podjąć z radością i entuzjazmem pracę rozpoczętą przez innych, wiedząc, że oni sami pewnego dnia będą z kolei wezwani do jej przekazania. Tę wewnętrzną postawę przyjmowania dziedzictwa, sprawiania, aby się rozwijało i przekazywania go: to jest apostolski duch kapłaństwa. Niech młodzi wiedzą, że świat nie zaczyna się od nich, że muszą szukać korzeni, muszą szukać korzeni historycznych i religijnych ... Aby sprawić rozwój tych korzeni i je przekazywać. Nauczcie młodych ludzi, aby nie byli wykorzenieni; nauczcie ich rozmawiać z osobami starszymi. Kiedy wszedłem tutaj [do budynku arcybiskupstwa], byli seminarzyści z liceum – niższego seminarium duchownego. Powinienem im zadać im dwa pytania, oczywiście, ale postawiłem tylko jedno, pierwsze, najbardziej naturalne: „Czy gracie w piłkę nożną?”. Wszyscy odpowiedzieli: „tak!”. Drugie brzmiałoby: „Czy chodzicie odwiedzać waszych dziadków, starszych kapłanów? Aby usłyszeć historie o ich życiu, o ich apostolstwie?”. Formatorzy seminarium muszą kształcić młodych seminarzystów, aby słuchali starych księży: tam są korzenie, mądrość Kościoła

Znacząca aktywność społeczna Kościoła w Bangladeszu jest skierowana na pomoc rodzinom, a w szczególności starania na rzecz promocji kobiet. Ludzie tego narodu są znani ze swego umiłowania rodziny, ze swej gościnności, szacunku okazywanego swoim rodzicom i dziadkom oraz troski o osoby starsze, chore i najsłabsze. Wartości te zostały potwierdzone i uwznioślone w Ewangelii Jezusa Chrystusa. Szczególne wyrazy wdzięczności należą się tym wszystkim, którzy pracują w milczeniu, aby wspierać rodziny chrześcijańskie w ich misji codziennego dawania świadectwa jednającej miłości Pana i ujawniania Jego mocy odkupienia. Jak zaznaczyła adhortacja Ecclesia in Asia: „Rodzina nie jest jedynie przedmiotem troski duszpasterskiej Kościoła; jest ona również jednym z najskuteczniejszych sprawców ewangelizacji w Kościele” (n. 46).

Znaczącym celem wyznaczonym w planie duszpasterskim jest coś, co okazało się naprawdę prorocze, a mianowicie opcja na rzecz ubogich. Wspólnota katolicka w Bangladeszu może być dumna ze swojej historii służby ubogim, zwłaszcza w obszarach najbardziej odległych i we wspólnotach plemiennych. Kontynuuje ona tę służbę codziennie poprzez swój apostolat edukacyjny, swoje szpitale, kliniki i ośrodki zdrowia oraz różnorodność swoich dzieł charytatywnych. Jednak, szczególnie w świetle obecnego kryzysu uchodźców, widzimy jak wiele jeszcze pozostało do zrobienia! Inspiracją dla waszych dzieł pomocy potrzebującym zawsze powinna być miłość pasterska, która domaga się rozpoznania ludzkich ran i wielkodusznej odpowiedzi każdemu osobiście. Pracując nad stworzeniem „kultury miłosierdzia” (por. Misericordia et misera, 20). W tym dziele wasze Kościoły lokalne ukazują swoją opcję na rzecz ubogich, umacniają swoje głoszenie nieskończonego miłosierdzia Ojca i przyczyniają się w niemałym stopniu do integralnego rozwoju swej ojczyzny.

Ważnym momentem mojej wizyty duszpasterskiej w Bangladeszu jest zgromadzenie międzyreligijne i ekumeniczne, które odbędzie się zaraz po naszym spotkaniu. W waszym narodzie różnorodność etniczna odzwierciedla różnorodność tradycji religijnych. Zaangażowanie Kościoła na rzecz rozwijania zrozumienia międzyreligijnego poprzez seminaria i programy dydaktyczne, a także poprzez kontakty i osobiste zaproszenia przyczynia się do szerzenia dobrej woli i zgody. Dążcie nieustannie do budowania mostów i promowanie dialogu, ponieważ starania te nie tylko ułatwiają komunikację między różnymi grupami religijnymi, ale budzą również duchowe energie potrzebne do dzieła budowania narodu w jedności, sprawiedliwości i pokoju.

Kiedy przywódcy religijni publicznie wypowiadają się jednym głosem przeciwko przemocy przybranej religijnością i starają się zastąpić kulturę konfliktu, kulturą spotkania, sięgają do najgłębszych duchowych korzeni swoich różnych tradycji. Oddają oni również nieocenioną przysługę dla przyszłości swoich krajów i naszego świata nauczając młodych drogi sprawiedliwości: „trzeba wspomagać i promować dojrzewanie pokoleń, które odpowiedzą na podżegającą logikę zła cierpliwym rozwojem dobra” (Przemówienie do uczestników Międzynarodowej Konferencji na rzecz Pokoju, Al-Azhar, Kair, 28 kwietnia 2017 r.).

Drodzy współbracia biskupi, jestem wdzięczny Panu za te chwile rozmowy i braterskiego dzielenia się. Cieszę się również, że ta podróż apostolska, która zaprowadziła mnie do Bangladeszu, pozwoliła mi doświadczyć żywotności Kościoła i zapału misyjnego w tym kraju. Przedstawiając Panu radości i trudności waszych wspólnot lokalnych, prośmy wspólnie o ponowne wylanie Ducha Świętego, aby nas obdarzył „odwagą głoszenia nowości Ewangelii śmiało, głośno, wkażdym czasie imiejscu, także pod prąd” (Adhort. ap. Evangelii gaudium, 259). Oby kapłani, zakonnicy, osoby konsekrowane i wierni świeccy powierzeni waszej pasterskiej trosce mogli znajdować ciągle nową moc w swoich wysiłkach, aby byli „[...] ewangelizatorami głoszącymi Dobrą Nowinę nie tylko słowem, ale przede wszystkim życiem przemienionym obecnością Bożą” (tamże). Wam wszystkim, z wielką miłością, udzielam błogosławieństwa i bardzo was proszę, abyście się za mnie modlili.

[01798-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

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[01798-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0850-XX.02]