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Conferenza Stampa di presentazione dell’attività della Fondazione "Centesimus Annus - Pro Pontifice" e della seconda edizione del Premio Internazionale a cadenza biennale "Economia e Società", 26.02.2015


Conferenza Stampa di presentazione dell’attività della Fondazione "Centesimus Annus - Pro Pontifice" e della seconda edizione del Premio Internazionale a cadenza biennale "Economia e Società"

 

Intervento del Dott. Domingo Sugranyes Bickel

Intervento del Prof. Don Michael Konrad

Intervento di Mons. Giuseppe Antonio Scotti

Presentazione del vincitore del Premio Internazionale

Presentazione dei vincitori del premio sezione giovani ricercatori in Dottrina Sociale della Chiesa

Lista dei componenti della Giuria

          Le proposte di Berlino "Finanza e bene comune"

        Dichiarazione 2015: "Un'economia di mercato finanziaria: un'imprenditorialità per lo sviluppo umano"

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la conferenza stampa di presentazione dell’attività della Fondazione Centesimus Annus - Pro Pontifice (per promuovere la conoscenza della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica) e della seconda edizione del Premio Internazionale a cadenza biennale "Economia e Società".

Nel corso della conferenza sono resi noti i nomi dei vincitori del Premio e viene illustrato il percorso di studi e di ricerca che la Fondazione sta compiendo per una riforma finanziaria fondata sull’etica.
Intervengono il Dott. Domingo Sugranyes Bickel, Presidente della Fondazione Centesimus Annus - Pro Pontifice; il Prof. Don Michael Konrad, Segretario della Giuria del Premio; Mons. Giuseppe Antonio Scotti, Membro della Giuria e il Dott. Massimo Gattamelata, Segretario Generale della Fondazione Centesimus Annus - Pro Pontifice.
Pubblichiamo di seguito gli interventi del Dott. Bickel, del Prof. Konrad e di Mons. Scotti, una nota di presentazione del vincitore del Premio internazionale e dei vincitori del premio sezione giovani ricercatori, una lista dei componenti della Giuria e altra documentazione inerente all’attività della Fondazione:

 

Intervento del Dott. Domingo Sugranyes Bickel

 

Testo in lingua italiana

Testo in lingua inglese

 

Testo in lingua italiana

È un onore poter pronunciare queste parole introduttive in occasione dell’incontro biennale con la stampa in cui commenteremo tre argomenti:

- L’annuncio dei vincitori dei premi creati dalla Fondazione Centesimus Annus - Pro Pontifice "Economia e Società".

La cerimonia di premiazione si svolgerà il 26 maggio presso il Palazzo della Cancelleria in Roma e verrà presieduta da Sua Eminenza il Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin. La Giuria internazionale è a sua volta presieduta da Sua Eminenza il Cardinale Reinhard Marx, Arcivescovo di Monaco e di Frisinga. Oggi abbiamo fra di noi uno dei membri di tale giuria, Monsignor Giuseppe Scotti, Segretario Aggiunto del Pontificio Consiglio della Comunicazioni Sociali, che illustrerà le motivazioni che hanno guidato la Giuria nelle sue scelte.

- La presentazione del sommario del nostro lavoro svolto dalla Fondazione dalla fine del 2013 ad oggi. Tale sommario sarà commentato dal Professor Alberto Quadrio Curzio, che presiede il Comitato Scientifico della Fondazione. Maggiori dettagli sono disponibili sul sito della Fondazione stessa www.centesimusannus.org.

- Il programma della prossima Conferenza Internazionale che si terrà in Vaticano dal 25 al 27 Maggio prossimo.

La Fondazione Centesimus Annus - Pro Pontifice è stata creata da San Giovanni Paolo II nel 1993; è guidata da un consiglio composto da nove laici e riferisce al Presidente dell’APSA, Sua Eminenza il Cardinale Domenico Calcagno, sotto la supervisione della Segreteria di Stato. Ha quale principale finalità statuaria quella di "promuovere fra persone qualificate il loro impegno imprenditoriale e professionale nella società la conoscenza della Dottrina Sociale Cristiana". Il lavoro della Fondazione e del suo Segretario Generale è sostenuto da aderenti presenti in 21 paesi. Il bilancio certificato e l’ammontare della donazione annua al Santo Padre possono essere rilevati da un esame del sito della Fondazione. (www.centesimusannus.org)

Il mio impegno come Presidente, continuando sulle linee tracciate dai miei predecessori, consiste in primo luogo nell’offrire una sede di dibattito rigoroso, dove dei responsabili pastorali e teologi esperti in dottrina morale ed etica si incontrano con economisti ed esperti di finanza sia di estrazione accademica che attivi nella pratica quotidiana, in ordine all’applicazione degli insegnamenti sociali della Chiesa Cattolica. Speriamo pertanto di contribuire efficacemente ad una sempre più vasta diffusione di queste idee e ad incoraggiare contributi creativi derivati dall’esperienza per quanto riguarda lo sviluppo umano in una economia di mercato riformata. Durante i due anni trascorsi abbiamo lavorato sulle linee indicateci da Sua Santità Papa Francesco nel discorso che indirizzò alla Fondazione il 25 Maggio 2013: "è essenziale riattribuire al termine «solidarietà», visto di cattivo occhio nel mondo dell’economia - come se esso fosse una brutta parola- tutta la dignità sociale che esso merita".

[00316-01.01] [Testo originale: Italiano]

Testo in lingua inglese

It is an honour for me to offer these words of introduction on the occasion of the biennial meeting with the press in which I will deal with three topics.

- The announcement of the winners of the awards created by the "Economy and Society" section of the Centesimus Annus Pro Pontifice Foundation.

The award ceremony will take place on 26 May in the Palazzo della Cancelleria in Roma and will be presided over by His Eminence Cardinal Pietro Parolin, Secretary of State. The International Jury has been chaired by His Eminence Cardinal Reinhard Marx, Archbishop of Munich and Freising. Today we have with us one of the members of the Jury, Monsignor Giuseppe Scotti, Assistant Secretary of the Pontifical Council for Social Communications who will explain the reasons which helped the Jury make its choices.

- The presentation of a brief summary of our work at the Foundation since the end of 2013 to today. This review will be commented on by Professor Alberto Quadrio Curzio, who chairs the Scientific Commission of the Foundation. More details are available on the Foundation’s website www.centesimusannus.org

- The programme of the next International Conference to be held in the Vatican from 25 to 27 May.

The Centesimus Annus Pro Pontifice Foundation was set up by Saint Paul II in 1993 it is headed by a council of nine lay members who respond to the President of APSA (the Administration of the Patrimony of the Apostolic See), His Eminence Cardinal Domenico Calcagno under the supervision of the Secretariat of State. Its main constitutional objective is to "promote among qualified people their business and professional commitment in society in the knowledge and awareness of Christian Social Doctrine". The work of the Foundation and its General Secretary is supported by its members in 21 countries. Its audited budget and the amount of its annual donation to the Holy Father can also be checked on the Foundation’s website. (www.centesimusannus.org)

My commitment as President is to continue on the ways outlined by my predecessors. In the first place this means providing a place for rigorous debate where pastoral leaders and theologians who are experts in moral and ethical doctrine can meet economists and financial experts both from an academic background as well as those with active day to day experience to help them apply the social teachings of the Catholic Church. We hope to be able to offer an effective contribution leading to an ever greater dissemination of these ideas and also to encourage creative contributions deriving from experience concerning human development in a reformed market economy. During these past two years we have worked along the lines indicated by His Holiness Pope Francis in his speech given to the Foundation on 25 May 2013. "It is essential to re-ascribe to the word ‘solidarity’ all the social dignity which it merits rather than allowing it be seen negatively in the economic world as though it were an ugly or bad word."

[00316-02.01] [Original text: English]

 

Intervento del Prof. Don Michael Konrad

Testo  in lingua italiana

Testo  in lingua inglese

 

Testo  in lingua italiana

Sono lieto di presentare il libro che sarà premiato il prossimo 26 maggio nella seconda edizione del Premio Economia e Società della Fondazione Centesimus annus – Pro Pontifice.

La giuria presieduta da Sua Eminenza Cardinal Reinhard Marx ha attribuito il prestigioso Premio Internazionale all’opera:

Finance. Un regard chrétien. De la banque médiévale à la mondalisation financière, Embrasure 2013, di Pierre de Lauzun.

Il vincitore del Premio Internazionale, Pierre de Lauzun, francese, lavora da decenni con grandi responsabilità nel settore finanziario e bancario. Non si tratta di uno studioso chiuso nella biblioteca, ma di un uomo che da anni approfondisce la sua esperienza professionale con una ricca riflessione politica, culturale e religiosa. Tale riflessione ha trovato nell’ultimo decennio una significativa espressione in quasi dieci libri che vertono anzitutto sui problemi legati all’economia, alla finanza e alla democrazia. Anche se de Lauzun si pronuncia su temi specifici di attualità, non manca di fondare i suoi giudizi sul confronto con la grande tradizione della cultura europea. Ciò gli permette di evitare di cadere in una visione semplicistica e riduttiva della realtà.

Il testo premiato si divide in tre parti. Nella prima espone i giudizi della Sacra Scrittura, dei Padri della Chiesa e dei teologi medievali sui problemi economici del loro tempo. De Lauzun non si accontenta mai del semplice enunciato della tradizione, ma tenta sempre di coglierne il significato profondo.

La seconda parte è dedicata ai contributi più rilevanti della Dottrina Sociale della Chiesa dei Papi moderni in ambito economico, soprattutto per quanto riguardo il tema della finanza.

Sulla base di questi due tesori dottrinali, la tradizione e la Dottrina Sociale della Chiesa, de Lauzun affronta nella terza parte i problemi morali della finanza contemporanea. In particolare analizza il problema dei criteri vigenti nel sistema finanziario, della qualità della formazione dei prezzi, dell’importanza di una visione a lungo termine, della realità del valore aggiunto, del dominio dei rischi collettivi e dell’indebitamento. Non offre risposte facili che risparmierebbero al lettore la fatica di un discernimento personale dei problemi esaminati.

De Lauzun sottolinea da una parte la necessità di regole che siano imposte al mercato dall’autorità politica che ha il compito di assicurare il bene comune. "Il mercato è un po’ come lo sport: ha bisogno di regole del gioco, e non è durante la partita che si possano stabilire le regole; devono essere stati elaborati prima, in concordanza con la logica del gioco" (263). D’altro canto, ogni sistema di regole ha anche bisogno di poter contare sulla moralità degli agenti umani. "In ultima analisi il giudizio personale (e collettivo) si verifica cruciale, anche se è l’unico che non si può prescrivere. Si può anche aggiungere che molto spesso più la moralità è assunta, meno s’impone il ricorso alle regole collettive (anche se rimarranno sempre necessarie): a lungo termine, la moralità permette una libertà più grande" (264).

[00317-01.01] [Testo originale: Italiano]

 

Testo  in lingua inglese

I am pleased to present the book that will receive the award on May 26 at the second edition of the Economy and Society Award of the Centesimus Annus - Pro Pontifice Foundation.

The jury chaired by Cardinal Reinhard Marx granted the prestigious International Award to the following work:

 

Finance. Un regard chrétien. De la banque médiévale à la mondalisation financière, Embrasure 2013, by Pierre de Lauzun.

The winner of the International Award, Pierre de Lauzun from France, has worked for decades in posts of responsibility in the financial and banking sector. He cannot be called a scholar who confines himself to the library, but rather a person who has enhanced his professional experience with deep political, cultural and religious reflection. This has found significant expression during the past decade in nearly ten books that deal primarily with issues related to economics, finance and democracy. Although de Lauzun talks about specific topics of current interest, he does not fail to base his judgments on a comparison with the great tradition of European culture. This allows him to avoid falling into a superficial and reductive vision of reality.

The award-winning book is divided into three parts. In the first he expounds the judgments found in Holy Scripture, the Fathers of the Church and medieval theologians on the economic problems of their time. De Lauzun is never satisfied with merely stating the existence of a tradition, but he always tries to grasp its deeper meaning.

The second part deals with the most important contributions of the Social Doctrine of the Church during the period of the recent Popes in the area of economics, especially as regards the issue of finance.

De Lauzun deals with the moral problems of contemporary finance in the third part, and bases his observations on the two treasures of doctrine, namely Tradition and the Social Doctrine of the Church. In particular, he examines the issue of the criteria in force in the financial system, the quality of price formation, the importance of long-term vision, the reality of added value and the domain of collective risk and debt. He does not offer easy answers that would spare the reader from having to personally discern the issues being examined.

De Lauzun emphasises on the one hand the need for rules that are imposed on the market by the political authority that has the task of ensuring the common good. "The market is a bit like sport: it needs the rules of the game, but cannot set the rules during the game; they have to be established beforehand in accordance with the logic of the game" (263). On the other hand, every rule system also needs to be able to depend on the morality of human agents. "Ultimately, personal (and collective) judgment is seen to be crucial, even if it is the only one that you cannot prescribe. You can also add that very often the more morality is assumed, the less there is recourse to collective rules (although they will always be necessary): in the long-term, morality allows for greater freedom "(264).

[00317-02.01] [Original text: English]

 

Intervento di Mons. Giuseppe Antonio Scotti

 

Quando, due anni fa, si è tenuta in questa sede la presentazione dell’assegnazione del premio biennale "Economia e società", il cui scopo è quello di far conoscere e promuovere la Dottrina Sociale della Chiesa, sostenevo che "Se ce ne fosse bisogno, anche la grave crisi economica che stiamo vivendo nel mondo Occidentale e non solo in Italia, rende evidente a tutti quanto questo ‘pensare all’economia’ sia indispensabile per dare speranza e futuro a tutti".

Papa Francesco, con la sua esortazione apostolica Evangelii gaudium, ha invitato tutta l’umanità ad essere ancora più realista di quanto io sostenevo allora in questa sede. Infatti, nel valutare le dinamiche economiche che si sono imposte nel nostro tempo, scrive nella Evangelii gaudium al numero 53: "Così come il comandamento ‘non uccidere’ pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire ‘no a un’economia dell’esclusione e della inequità’. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è inequità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello ‘scarto’ che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono ‘sfruttati’ ma rifiuti, ‘avanzi’."

Il Papa ci ha ormai abituati al termine "cultura dello scarto" e, forse, non ci lasciamo toccare fino in fondo dalla denuncia che fa di una cultura "deviata" al punto da arrivare a scartare le persone. Sono molti, infatti, coloro che ritengono che l’economia possa recitare il ruolo di produttore assoluto di scopi e di valori a cui sottomettere ogni ambito e anfratto della dimensione umana. Questo viene anche giustificato per il fatto che, si dice, noi viviamo in nel tempo della post ideologia e della post politica. Certo, questo sarebbe un aspetto interessante da indagare. Ma c’è pure un altro aspetto di indagine. Si potrebbe anche leggere la cultura attuale a partire dalla Parola di Dio. E qui, dal momento che stiamo parlando di un premio assegnato ad autori che vogliono aiutare, con i loro studi, le loro riflessioni e le loro pubblicazioni ad imparare di nuovo ad avere uno sguardo sapiente sul presente e sull’utilizzo del denaro, mi sembra appropriato ricordare quanto dice il Qohelet: "Chi ama il denaro, mai si sazia di denaro e chi ama la ricchezza, non ne trae profitto. Anche questo è vanità" (5,9).

E’ ancora papa Francesco a scrivere nel numero 55 della Evangelii gaudium: "Una delle cause di questa situazione si trova nella relazione che abbiamo stabilito con il denaro, poiché accettiamo pacificamente il suo predomino su di noi e sulle nostre società. La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,1-35) ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano. La crisi mondiale che investe la finanza e l’economia manifesta i propri squilibri e, soprattutto, la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo".

Ho ricordato quanto ha scritto papa Francesco; ho fatto riferimento alla Parola di Dio; ci si può porre, allora, una domanda: è legittimo un simile modo di leggere il presente e di valutare la dimensione economica? La ragione umana può lasciarsi provocare dalla fede? L’economia può essere soggetta alla Parola di Dio?

L’assegnazione del premio della Centesimus annus non solo afferma che la ragione può utilmente lasciarsi provocare dalla fede, ma osa dire qualcosa di più. Afferma che le nostre parole di tutti i giorni, le parole che esprimiamo nei momenti importanti della vita (pensiamo, ad esempio. all’insediamento del Presidente Mattarella quando ha affermato che "Condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni e intendere la politica come servizio al bene comune, patrimonio di ognuno è di tutti") si possono usare solo a condizione di tornare ad avere stima della ragione e lasciare che anche la fede la provochi. Solo così quelle parole che pure continuiamo ad usare, come "bene comune", "sussidiarietà", "solidarietà" - che poi altro non sono che i termini con i quali si declina la dottrina sociale della Chiesa - possono parlare nuovamente e condurre a una vita giusta, buona, ordinata, dove nessuno sia ritenuto uno "scarto".

Può bastare un Premio per questo? E’ sufficiente assegnare dei dottorati a chi fa simili ricerche? La risposta presumo sia facile per tutti. No, certo, un Premio non basta. E’ poca cosa. E’ solo un segno posto sul cammino. Indica, però, quale sia il cammino da percorrere se si vuole che il denaro non predomini su di noi e sul nostro futuro.

[00324-01.01]

 

Presentazione del vincitore del Premio Internazionale

 

Premio a Pierre de Lauzun
Finance: un regard chrétien
De la banque médiévale à la mondialisation financière

(Ed. Embrasure, 2013)

 

Pierre de Lauzun sviluppa un’approfondita riflessione alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa, riguardo la questione della moralità di coloro che operano sui mercati finanziari, cominciando dalla banca medievale fino alla mondializzazione finanziaria. L’approccio letterario consente al lettore, anche quello poco ferrato sull’argomento, di apprezzarne i contenuti grazie alla rilevanza sui temi d’attualità. L’autore accompagna i lettori attraverso una riflessione su come orientare l’azione finanziaria verso il bene comune. De Lauzun invita a prendere in considerazione un ordine diverso da quello puramente legato al profitto; ovvero quello che ha come punto di riferimento la visione cristiana, l’unico approccio adeguato a rivolgersi a tutti gli uomini di buona volontà. L’autore sottolinea ancora che la tecnica non è un fine, ma è un mezzo. La finanza può e deve essere concepita come uno strumento per lo sviluppo umano; quindi non vi è alcuna operazione finanziaria che possa essere scollegata dalle realtà sociali e dalle esigenze morali. Oltre a permettere ai lettori di familiarizzare con l’insegnamento della Chiesa in questo ambito molto specifico, lo studio rende un vero e proprio contributo ad una discussione davvero fondamentale per il futuro del benessere umano. In conclusione il libro pone in evidenza che le buone regole aiutano, ma non sono efficaci senza valori morali nella società. In questo i cristiani e la Chiesa possono assolvere ad un ruolo molto più forte che porti verso una società più etica, alla luce della loro fede.

[00325-01.01] [Testo originale: Italiano]

Presentazione dei vincitori del premio sezione giovani ricercatori in Dottrina Sociale della Chiesa

Testo in lingua  italiana

Testo in lingua  inglese

 

Testo in lingua  italiana

Premio ad Alexander Stummvoll
per uno studio
sull’’influsso della Dottrina Sociale della Chiesa nelle relazioni internazionali

Presentazione

"A Living Tradition. The Holy See, Catholic Social Doctrine, and Global Politics, 1965-2000" è il titolo di una delle due tesi vincitrici della sezione giovani assegnato ad Alexander Stummvoll. La tesi è stata discussa nel 2012 all’Istituto Europeo di Firenze. Lo studio esamina l’influenza della Dottrina Sociale della Chiesa nelle relazioni internazionali sostenendo che tale Dottrina è necessaria, ma necessita di integrazioni per spiegare l’orientamento diplomatico della Santa Sede. Per verificare tale ipotesi di lavoro, l’autore fa riferimento a quattro grandi problematiche internazionali, iniziando sempre da un evento concreto. A partire dalla guerra in Vietnam affronta l’impegno della Santa Sede per la pace; prendendo spunto dalla crisi polacca prima del 1989 studia la politica della Santa Sede nei confronti del comunismo; ancora, dalle conferenze del Cairo e di Pechino del 1994 e del 1995 studia la posizione della Santa Sede nei confronti delle questioni bioetiche e per quanto riguarda infine la campagna contro l’indebitamento del Terzo Mondo in occasione del Giubileo del 2000 studia la critica della Santa Sede contro il capitalismo selvaggio.

* * *

Premio ad Arturo Bellocq Montano
per uno studio
riguardante il dibattito sulla natura scientifica della DSC

 

Presentazione

La tesi premiata di Arturo Bellocq Montano è stata pubblicata nel 2012 sotto il titolo "La Doctrina Social de la Iglesia. Qué es y qué no es", Madrid, EDICEP 2012. Lo studio percorre la storia della Dottrina Sociale della Chiesa a partire dal pontificato di Leone XIII fino a quello di Benedetto XVI, cercando di individuare i momenti principali del dibattito sulla natura scientifica di questa disciplina. Magistero, teologia e cultura politica entrano così in dialogo per sollevare questioni di grande importanza teologica quali la missione della Chiesa nel mondo, la specificità del suo messaggio sulle realtà sociali, la contingenza di alcuni dei suoi giudizi storici, la secolarizzazione della vita civile, etc. Di particolare interesse è la lettura che viene fatta del Magistero di Benedetto XVI a partire dal discorso alla Curia Romana del 2005.

[00319-01.01]

Testo in lingua  inglese

Awarded to Arturo Bellocq Montano
for a study on
the debate on the nature and meaning of the SDC

 

Presentation

The award-winning thesis by Arturo Bellocq Montano was published in 2012 under the title "La Doctrina Social de la Iglesia. Qué es y que no es", Madrid, EDICEP 2012. The study covers the history of the Social Doctrine of the Church from the pontificate of Leo XIII to Benedict XVI. It attempts to identify the key moments in the debate on the scientific nature of this discipline. Teaching, theology and political culture enter into dialogue to raise issues of great theological importance such as the Church’s mission in the world, the specificity of its message on social realities, the contingency of some of its historical judgments, the secularisation of civil life, etc. Of particular interest is the reading that is made of the Magisterium of Benedict XVI starting from his speech to the Roman Curia in 2005.

* * *

Awarded to Alexander Stummvoll
For a study
On the influence of the Social Doctrine of the Church in international relations

Presentation

"A Living Tradition. The Holy See, Catholic Social Doctrine, and Global Politics, 1965-2000" is the title of one of the two winning texts in the youth sector, assigned to Alexander Stummvoll. He defended his thesis in 2012 at the European Institute in Florence. This study examines the influence of the Church’s Social Doctrine in international relations. It shows that this Doctrine is necessary but needs further integration to explain the Holy See’s diplomatic objectives. To substantiate this, the author has studied four major international problems always commencing with a specific event. He begins with the Vietnam war and examines the Holy See’s commitment to peace; starting from the Polish crisis before 1989, he examines the policy of the Holy See regarding communism; from the Cairo and Peking Conferences of 1994 and 1995, he studies the position of the Holy See regarding bioethical matters and with the campaign against indebtedness of the Third World on the occasion of the Jubilee 2000, he has studied the Holy See’s criticism of unbridled capitalism.

[00319-02.01] [Original text: English]

 

Lista dei componenti della Giuria

Presidente
Sua Em.za Rev.ma Cardinale Reinhard Marx
Arcivescovo di München und Freising - GERMANIA

Prof. Manuel Braga de Cruz
Rettore dell’Università Cattolica a Lisbona - PORTOGALLO

Rev.Padre Pierre de Charentenay, S.J.
Redattore de "La Civiltà Cattolica", Roma - ITALIA

Rev. M. Patrick de Laubier
University of Geneve – Sociology – Faculty member - SVIZZERA

Dr. Manuel Gómez Granados
Membro del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace - MESSICO

Prof. Han Thomas Hong-Soon Han
già Ambasciatore di Corea presso la Santa Sede - COREA

Rev. Dr. Alejandro Llorente
Professore presso la Universidad Católica Argentina ed assistente ecclesiastico della Asociación Cristiana de Dirigentes de Empresa (ACDE UNIAPAC Argentina) - ARGENTINA

Mr. Robert A. Nalewajek
President Centesimus Annus – Pro Pontifice – USA

Prof. Dr. Ursula Nothelle-Wildfeuer
Professur für Christliche Gesellschaftslehre
Theologische Fakultät Albert-Ludwigs-Universität Freiburg/Br - GERMANIA

Rev. Paul Pace, S.J.
Father Provincial of the Jesuits in Malta
Lecturer in Catholic Social Doctrine at the Faculty of Theology at the University in Malta - MALTA

Conte Dott. Lorenzo Rossi di Montelera
Past-President Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice - ITALIA

Rev. Prof. Dr. Peter Schallenberg
Katholische Fakultät Paderborn and Director of the Katholische Sozialwissenschaftliche Zentralstelle (KSZ), the Social Ethical Institute of Deutsche Bischofskonferenz (Mönchengladbach) - GERMANIA

Mons. Giuseppe Antonio Scotti
Segretario Aggiunto Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali e Presidente del CdA della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI – CITTÀ del VATICANO

Segretario
Don Prof. Michael Konrad
Pontificia Università Lateranense – CITTÀ del VATICANO

[00318-01.01]

Le proposte di Berlino "Finanza e bene comune"

Testo in lingua inglese

Traduzione in lingua italiana

Testo in lingua   inglese

THE DUBLIN PROPOSALS ON FINANCE AND THE COMMON GOOD

Economy and finance, as instruments, can be used badly when those at the helm are motivated by purely selfish ends. Instruments that are good in themselves can thereby be transformed into harmful ones. But it is man's darkened reason that produces these consequences, not the instrument per se. Therefore it is not the instrument that must be called to account, but individuals, their moral conscience and their personal and social responsibility.

(Benedict XVI, Caritas in Veritate 36).

 A financial reform open to such ethical considerations would require a vigorous change of approach on the part of political leaders. I urge them to face this challenge with determination and an eye to the future, while not ignoring, of course, the specifics of each case. Money must serve, not rule! The Pope loves everyone, rich and poor alike, but he is obliged in the name of Christ to remind all that the rich must help, respect and promote the poor. I exhort you to generous solidarity and to the return of economics and finance to an ethical approach which favours human beings.

(Francis, ‘Evangelii Gaudium’ 58)

Can these statements and other similarly strong appeals inspired by Catholic Social Teaching be followed by practical recommendations? To try and answer this question, the Centesimus Annus pro Pontifice Foundation organized two seminars attended by bankers, banking supervisors, financial economists and specialists in financial ethics. A full summary of debates can be found on the Foundation’s website : www.centesimuannus.org.

In spite of such a diverse composition, the group agreed on a few practical recommendations. These are not all-embracing, they do not pretend to explain the reasons which led the group to agree or expose all the numerous constraints which can make them difficult to apply. The publication of these recommendations aims rather at promoting further debate and elaboration at a time when there is a generally acknowledged need for an ethical renewal of the financial industry.

 

A.      A GENERAL FRAMEWORK

 

- To be at the service of the human person, economic activity requires an ethical framework. The market can only work within an ethical framework of trust. Wherever the rule of law is not respected, it is almost always the poor who pay the highest price. Unethical behaviour hurts them too. The poor pay the price of corruption; they often pay the price of protectionism; they pay the price of inefficiency in public services and suffer the consequences of financial wrongdoing.

- The debate in developed countries, marked by anxiety and a defensive attitude, is a prisoner of the warnings threats of sceptics and populism under various forms. It is in the Church’s genes to speak from a world-wide standpoint, well beyond the exhausting polemics of purely national discussions. On those lines, it is necessary to recognize and support the extraordinary steps accomplished within the European integration process, especially in the field of instruments and policies for financial reform.

- The publicity about some financial bad practice and the corresponding penalties contributes to a crisis in trust between finance and public opinion. A real “peace building” process is required, in which different parties agree to relinquish some positions and to convert to the goal of the common good. In terms of the financial and economic wellbeing of communities, this specifically means that the values of integrity, honesty and transparency must become part of the fabric of each business, and not just a public relations campaign.

B.      GIVING   CHANGE    IN    FINANCE    A   HUMAN    AND    ETHICAL PERSPECTIVE

 

No matter what the verdict is about their past role and the cost of the financial crisis, the fact is that banking and the financial sector are undergoing profound change, both through added regulation and through internally promoted reform. The call to give this reform a human and ethical perspective can be translated into practical ways and processes, both from the micro-economic and macro-economic standpoints. This includes an acknowledged ethical approach to finance, but it also involves another dimension, which can be summarized in the idea of “inclusive finance”, i.e. “finance that helps fight exclusion”.

1.   Begin at the level of the corporation

In order to create ethical sectors or segments of the economy and world finance and thus build ethics into finance as a whole, the proper place to begin is the corporation: there is a human being at the beginning and end of each and every transaction be it with customers, employees, suppliers or shareholders. This needs to be recognized, sometimes against the demands of technology and regulation, and it requires a change in managerial logics.Work is the basic instrument for economic inclusion, and the greatest possibilities of job creation lie at the level of small enterprise and in a more flexible redistribution of employment among adaptable and creative companies. This requires from banking and financial institutions a renewed approach to decentralized lending, which can come about either through greater autonomy of local branches or through non-regulated credit intermediation. The process is complex when at the same time more cautious underwriting conditions need to be applied and when excessive regulation can lead borrowers to use less secure financial resources. Existing banks and credit institutions need to make this an objective and lead the process towards more personalized and decentralized lending to small and medium-sized businesses and to reorganization projects with one or several SMEs.

 

 

 

 

 

A business model based on very high expected returns on equity that require excessive leverage must be revised. The financial sector must build a new business model, with reasonable risk-based return targets, consistent with the banks’ essential role in economic development, but not excessively different from levels of profitability in the economy as a whole.

To rebuild trust towards the financial sector it is essential that more comprehensive and balanced information be offered to all by the financial sector itself. Practices based on ‘regulatory arbitrage’ (taking advantage of differences in regulations) should be voluntarily curtailed. The Church’s support is needed to clearly denounce fraud and corruption, especially through money-laundering.

The complexity of financial products and processes in a globalized world require transparency, i.e. that financial institutions simplify and clarify product information and protection in such a way that consumers can clearly understand the risks and benefits involved. The way investors are categorized as “retail customers” requiring protection or as apparently well informed customers must be reconsidered in order to avoid risky mis-selling to unprepared institutions.

Financial institutions need to maintain the ethical principle that “debts are there to be paid”. However, to the extent that excessive leverage, especially in households, is a serious obstacle to healthy consumption, fair and equitable deleveraging should become a common policy where both creditors and debtors share the risk and the level playing field is respected among all financial institutions.

        7.   Integrate intergenerational perspective

All financial reform proposals, including those concerning bank bail-in and bail-out processes must take into account the effects on pension funds and the sharing of risk between present earners, pensioners and future generations.

Some are convinced that large banks can become leaders in the building of ethics into finance; others believe this will require the creation of smaller entities. In any case, and despite recent shortcomings, financial institutions have also become what they are in developing processes of risk reduction through diversification, good reporting and control, productive use of limited financial resources, applied technology and intensive training of personnel. These achievements can be of enormous value in the construction of a financial sector which helps fight exclusion.

 

9.   Support financial institutions with a strong orientation to social development

Financial institutions with a strong development orientation have a supportive role to play: they can help identify

emerging enterprises, they can prepare them for entry into capital markets and they can facilitate the organization of funds where small enterprises can have easy participative access.10.    Help and guide microfinance

Involvement of global financial institutions from developed countries can help control microfinance –avoiding the risk of usury and help develop microcredit to deepen financial inclusion through programmes of partnership covering a whole range of suppliers.

11.   Use mobile money for inclusion

Mobile devices and the broadening acceptance of digital money are a significant tool in fighting financial exclusion. Digitizing government disbursements, health services and supply chains can be decisive for inclusion and set the groundwork for further developments in credit, savings and insurance at the service of development.

 

 

D.      ETHICS, MOTIVATION AND EDUCATION

 

    13.    Make unethical behaviour prohibitively expensive

A true construction of financial ethics can only be obtained through corporate-led internal change and education of the young. In the meantime, regulators are also focusing on ethics; while it is difficult to drive ethical behaviour through regulation,al behaviour can however be made prohibitively expensive, both through regulation and internal corporate governance.Incentives and bonus policies should be linked to long term group objectives, and never to short term profit performance. The incentive structure should be independent from short term share price performance.

 

Business and financial education should include substantially more history and philosophy to avoid transmitting an apparently “neutral” or “value-free” framework and to cultivate the capacity for critical analysis. This is in the interest of students and the financial industry’s sustainability. Teachers in these subjects should be valued and better remunerated.

 

Financial institutions should establish the necessary structures to allow employees to express their concerns in a free and protected way. They should also feel encouraged to channel their suggestions for improvement.

 

To rebuild long term trust the financial sector should help in setting up initiatives for consumer education and financial literacy, especially from the point of view of family stability and careful financial management of family resources.

 

The financial sector needs to motivate young people to work in financial institutions; this will not be easily managed without rediscovering and reformulating a mission statement, where the financial sector, far from remaining enclosed and focused on itself, puts itself at the service of the entire economy and society: finance with a purpose.

[00326-02.01] [Original text: English]

Traduzione in lingua italiana

…l'economia e la finanza, in quanto strumenti, possono esser mal utilizzati quando chi li gestisce ha solo riferimenti egoistici. Così si può riuscire a trasformare strumenti di per buoni in strumenti dannosi. Ma è la ragione oscurata dell'uomo a produrre queste conseguenze, non lo strumento di per stesso. Perciò non è lo strumento a dover essere chiamato in causa ma l'uomo, la sua coscienza morale e la sua responsabilità personale e sociale.

(Benedetto XVI, Caritas in Veritate 36)

 

 

…Una riforma finanziaria che non ignori l’etica richiederebbe un vigoroso cambio di atteggiamento da parte dei dirigenti politici, che esorto ad affrontare questa sfida con determinazione e con lungimiranza, senza ignorare, naturalmente, la specificità di ogni contesto. Il denaro deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli. Vi esorto alla solidarietà disinteressata e ad un ritorno dell’economia e della finanza ad un’etica in favore dell’essere umano. (Francesco, ‘Evangelii Gaudium’ 58)

 

A queste affermazioni e ad appelli simili ispirati all’insegnamento in materia sociale della Chiesa Cattolica è possibile far seguire raccomandazioni pratiche? Per cercare di rispondere a tale quesito la Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice ha organizzato due seminari a cui hanno partecipato banchieri, organi di controllo, economisti e specialisti in etica finanziaria. Un panorama esaustivo del dibattito tenutosi è disponibile nel sito della Fondazione www.centesimusannus.org.

Nonostante la diversa estrazione professionale e culturale dei partecipanti, il gruppo ha convenuto su alcune raccomandazioni pratiche. Queste non sono esaustive pretendono di spiegare le ragioni che hanno condotto il gruppo a farle proprie, dettagliano in modo completo le cause che possono renderne difficile la applicazione. La pubblicazione di queste raccomandazioni tende piuttosto a promuovere la prosecuzione del dibattito e dell’elaborazione in un momento in cui molti chiedono un rinnovamento su basi etiche dell’industria finanziaria.

A.       CONTESTO GENERALE

- Per essere posta al servizio della persona umana l’attività economica necessita di essere inserita in un contesto etico. Il mercato può funzionare unicamente se si basa su un presupposto etico e prevale la fiducia reciproca. Ogni qual volta il rispetto delle leggi è infranto sono i poveri a pagare i prezzi più alti. Al di là dell’aspetto meramente legale, il mancato rispetto dei principi etici colpisce anche e soprattutto loro. Sono i poveri che pagano il prezzo della corruzione; sono loro che subiscono anche il costo del protezionismo; ancora loro sono quelli che pagano le inefficienze dei servizi pubblici e soffrono le conseguenze delle condotte criminali in campo finanziario.

- Sia per attuare una riforma finanziaria sia  per lottare contro la povertà, un approccio che parta dal basso e che tragga origine nell’operare dei gruppi a livello locale o tra le persone direttamente coinvolte, offre delle opportunità che necessitano di essere gradualmente trasformate in azioni concrete che vanno a loro volta accuratamente monitorate. Questo approccio è sempre complesso e a volte deviante; richiede una solida cultura della governance basata sulla dignità personale, sull’interesse al bene comune, sulla sussidiarietà e la solidarietà; tali esigenze sono profondamente in corrispondenza con l’insegnamento etico e sociale della Chiesa Cattolica. Le soluzioni macroeconomiche sono generalmente del tipo top down (dall’alto verso il basso) ed hanno un carattere prevalentemente tecnico, un’area questa in cui la Chiesa Cattolica non è particolarmente competente. Al contrario le soluzioni collegate alla cultura della governance, che necessita sia dell’approccio dall’alto (top down) sia di quello dal basso (bottom up), sono di natura etica e sociale ed appartengono alla sfera dei compiti e responsabilità che sono propri anche della Chiesa.

-  Il dibattito nei paesi sviluppati, contrassegnato dall’ansia e da atteggiamenti difensivisti, è prigioniero dello scetticismo e delle varie manifestazioni del populismo. E’ nella natura stessa della Chiesa aver riguardo alle problematiche secondo un’ottica mondiale, ben oltre le affatiganti polemiche basate su considerazioni puramente  nazionali. In questo senso è necessario riconoscere e sostenere gli straordinari risultati conseguiti nel processo di integrazione europea specialmente in tema di strumenti e politiche di riforma finanziaria.

- La notorietà di alcuni errati comportamenti in materia finanziaria e delle sanzioni comminate per tali errori contribuisce alla mancanza di fiducia istauratasi fra ambiente finanziario ed opinione pubblica. E’ necessario un vero e proprio processo “di ricostruzione della pace” tale che ciascuna parte accetti di rinunciare ad alcune posizioni e si converta all’obiettivo del bene comune. Tradotto in termini di benessere economico e finanziario delle comunità coinvolte questo significa in particolare che i valori della integrità, onestà e trasparenza debbano diventare parte dell’intima trama su cui si fonda ciascuna impresa finanziaria, e non una campagna di relazioni pubbliche.

 

B.       CONFERIRE AI CAMBIAMENTI IN CAMPO FINANZIARIO UN CONNOTATO UMANO ED ETICO

Qualunque sia il verdetto su quanto avvenuto e sul costo che ha comportato la crisi finanziaria, è un fatto che l’attività bancaria e il settore finanziario in generale stiano subendo profondi cambiamenti, sia come risposta ad una più stretta regolamentazione sia attraverso riforme promosse dall’interno. Il richiamo a conferire a queste riforme una prospettiva umana ed etica può trovare espressione attraverso dei processi concreti sia sotto il profilo micro-economico sia sotto quello macro- economico. Ciò comporta il riconoscimento della necessità di una rinnovata etica professionale, ma comporta anche l’idea di una ulteriore requisito che può essere sintetizzato nella formula “finanza inclusiva” ossia “finanza che assecondi la lotta alla esclusione”.

 

             1.         Iniziare dalle singole entità

Per cominciare a costruire segmenti o settori etici della economia ed estendere gradualmente la motivazione etica a tutta la finanza mondiale è necessario prendere a riferimento iniziale le singole società finanziarie: c’è un essere umano all’inizio e alla fine di ciascuna transazione riguardi questa un cliente, un dipendente, un fornitore o un azionista. Questo processo deve trovare riconoscimento anche quando la tecnologia e le norme regolamentari sembrano tendere in senso contrario, e necessita di un cambiamento delle logiche manageriali.

2.         Facilitare la creazione di posti di lavoro mediante la erogazione su base decentralizzata di prestiti

Il principale strumento di inclusione economica è il lavoro e la più ampia possibilità di creare nuovi posti di lavoro risiede nel far leva su imprese di piccole e medie dimensioni e su un sistema più adattabile alla redistribuzione della occupazione fra società capaci di adeguarsi all’evoluzione del mercato e provviste di creatività. Ciò comporta per il settore bancario e le istituzioni finanziarie in generale un approccio di tipo nuovo alla problematica dei prestiti decentrati dal momento che può essere realizzato o conferendo alle agenzie locali un più ampio margine di autonomia o con lo sviluppo della finanza non bancaria, e quindi non regolamentata. L’adozione di maggiori margini di autonomia è una operazione complessa dato che le banche vengono obbligate a modalità di sottoscrizione dei prestiti più caute mentre un eccesso di regole sull’attività bancaria può indurre, chi ne abbia bisogno, a far ricorso a canali alternativi di finanziamento meno sicuri. Le banche attualmente operanti sul mercato devono pertanto porsi l’obiettivo della soluzione a questo problema e farsi carico di guidare il processo di erogazione del credito adottando procedure meno impersonali e maggiormente decentralizzate nei confronti dell’impresa piccola e media, dando corso a progetti di riorganizzazione che coinvolgano una o più PMI.

3.         Fissare obiettivi di rendimento sul capitale investito nel settore bancario e finanziario ragionevoli

Va rivisto il modello di business consistente nell’aspettativa di ritorni di utile molto alti sul capitale investito fondati su un livello eccessivo di leverage. Il settore finanziario deve perseguire un nuovo modello di business con obiettivi di utile in relazione ai rischi che si vanno ad assumere che sia in assonanza con il ruolo essenziale che la banca deve assolvere nello sviluppo della economia e quindi preveda ritorni non eccessivamente differenti dai livelli di profitto conseguiti dalla economia nel suo complesso.

            4.         Combattere le frodi, la corruzione, gli abusi e le pratiche illecite

Per ricreare fiducia nei confronti del settore finanziario è essenziale che una informativa più esaustiva ed equilibrata sia fornita al pubblico per iniziativa dello stesso settore finanziario. Alcune pratiche di sfruttamento degli “arbitraggi regolamentari” (che sfruttano le differenze esistenti nella regolamentazione fra vari paesi) andrebbero eliminate su base volontaria per iniziativa degli stessi soggetti coinvolti. Il sostegno della Chiesa si rende indispensabile a tale riguardo nel denunciare fermamente le frodi e la corruzione, specialmente quando tali pratiche assumono i connotati del riciclaggio del denaro.

            5.         Rendere più efficace la protezione del consumatore

La complessità dei prodotti e dei processi finanziari in un mondo globalizzato richiede trasparenza, in altri termini necessita che le istituzioni finanziarie semplifichino e chiariscano bene la natura dei prodotti che propongono rendendo altresì chiara la comprensione dei rischi e dei benefici che possano conseguire al loro acquisto. Il modo in cui si applica la classificazione dei clienti tra retail (che richiedono protezione) e istituzionali (teoricamente ben informati) va rivista per evitare i casi in cui delle istituzioni poco preparate siano oggetto di vendite ingannevoli.

6.         Esplorare secondo quali processi sia possibile una ragionevole ed equa riduzione di indebitamento delle famiglie

Le istituzioni finanziarie non possono derogare al principio etico “che i debiti debbano essere onorati”. Tuttavia nella misura in cui il rapporto fra indebitamento e reddito risulti eccessivo e possa essere di ostacolo, principalmente per un sano rilancio dei consumi delle famiglie, si dovrebbero perseguire politiche mirate ad una ragionevole ed equa riduzione dell’indebitamento e  verso prodotti dove i rischi vengano condivisi fra creditori e debitori senza pregiudicare l’uguaglianza di condizioni per tutte le istituzioni finanziarie.

7.         Integrare le iniziative da intraprendere in una prospettiva che tenga conto degli effetti intergenerazionali

Qualunque proposta di riforma finanziaria, comprese quelle che fanno riferimento al salvataggio di istituzioni finanziarie attuato mediante contributo alla ricostruzione del capitale da parte  dei creditori ed obbligazionisti (bail-in) o dello stato (bail-out), debbono tener conto degli effetti che tali azioni possono produrre sui fondi pensione e sulla distribuzione temporale dei rischi fra percettori attuali del reddito rispetto ai pensionati e a quelli delle generazioni future.

            8.         Mobilizzare la competenza delle banche per una finanza inclusiva

E’ opinione di alcuni che in modo specifico le grandi banche possano essere di guida nell’adozione di principi etici in campo finanziario; altri invece sostengono che tale obiettivo sia meglio perseguibile da parte di entità più piccole. In tutti i casi e nonostante i difetti appalesatisi recentemente, le istituzioni finanziarie sono diventate ciò che sono attualmente diversificando gli impegni per contenere i rischi, sviluppando accurate metodologie di reportistica e controllo, mediante un uso produttivo di risorse finanziarie limitate, e ancora attraverso l’applicazione di nuove tecnologie e un intenso addestramento del personale. I risultati conseguiti possono essere di enorme valore nella edificazione di un sistema finanziario che contribuisca a combattere la esclusione.

C.       UNA FINANZA PER I POVERI

 

      9.         Sostenere le istituzioni finanziarie con forte orientamento allo sviluppo sociale

Le istituzioni finanziarie  con spiccata vocazione allo sviluppo hanno un importante  ruolo da giocare: anzitutto possono essere di ausilio nella identificazione di imprese emergenti dotate di buon potenziale, possono predisporle per un ingresso nel mercato dei capitali e possono partecipare alla creazione di fondi di investimento a cui le piccole imprese abbiano più facile accesso in chiave partecipativa.

      10.       Aiuto e guida alla micro-finanza

Il coinvolgimento di istituzioni finanziarie di paesi sviluppati operanti in chiave globale può essere di valido aiuto al controllo della micro-finanza ovviando il rischio dell’usura, con ciò permettendo anche che il micro-credito possa realizzare efficacemente l’obiettivo della inclusione finanziaria con l’applicazione ad un largo spettro di produttori di beni e servizi.

11.       L’uso di strumenti monetari legati a tecnologie mobili come strumento che faciliti la inclusione

I dispositivi mobili e la graduale diffusione di mezzi di pagamento attuati per via digitale costituiscono un significativo strumento per combattere la esclusione finanziaria. La digitalizzazione dei pagamenti effettuati dal settore pubblico, dei servizi legati alla salute, e quelli concernenti le catene logistiche possono essere risolutivi per favorire questa inclusione e porre le basi per ulteriori sviluppi nel campo del credito, dei risparmi e delle assicurazioni al servizio dello sviluppo.

12.       Promuovere  un  fondo  di  solidarietà  in  vece  di  una  tassazione  sulle  transazioni finanziarie o sul capitale

Cresce la preoccupazione relativa alla divaricazione dei redditi tra paesi e all’interno stesso di ciascun paese che porta alcuni a proporre una tassa sulle transazioni finanziarie o sul capitale; tuttavia tale tassa potrebbe risultare di difficile applicazione e avere carattere confiscatorio. La Chiesa potrebbe sostenere e promuovere l’idea di una contribuzione volontaria che non sarebbe gestita direttamente dai singoli governi ma potrebbe affluire in un fondo internazionale di solidarietà a sostegno di ben motivate cause a servizio dei poveri.

 

D.       ETICA, MOTIVAZIONI E PROCESSI EDUCATIVI

 

    13.       Rendere i comportamenti contrari all’etica proibitivamente costosi

Una costruzione solida dell’etica finanziaria è possibile solo se realizzata attraverso un processo interno alle società che punti ad un cambiamento culturale ed educativo dei giovani. Allo stesso tempo i regolatori vorrebbero anche loro imporre principi etici; mentre però è difficile imporre una linea di condotta etica con la semplice introduzione di norme regolatorie, i comportamenti che deroghino dall’etica possono però essere fortemente penalizzati economicamente, sia per normativa interna che esterna.

    14.       Fissare incentivi basati sui risultati conseguiti sul lungo termine

Gli incentivi e le politiche di bonus andrebbero legati/e ad obiettivi di lungo periodo e mai ad andamenti di breve periodo. La struttura degli incentivi nelle società quotate dovrebbe prescindere dai corsi azionari sul breve periodo.

    15.       Arricchire l’educazione finanziaria e agli affari

I programmi educativi in materia di business e di finanza dovrebbero recepire contenuti propri della storia e filosofia per evitare di trasmettere nozioni che si pretendono “neutrali” e “prive di riferimenti a valori ideali”, e favorire invece la capacità di analisi critica. Questo nell’interesse stesso degli studenti e della capacità dell’industria finanziaria di perpetuare la propria attività nel tempo. Gli insegnanti di queste materie dovrebbero essere valutati e meglio remunerati.

           16.       Favorire la libertà di giudizio

Le istituzioni finanziarie dovrebbero creare le strutture necessarie perché al loro interno ci sia la possibilità per i dipendenti di esprimersi con piena libertà di giudizio. Dovrebbero in altre parole trovare incoraggiamento a far pervenire i loro suggerimenti di miglioramento.

    17.       Promuovere l’educazione anche dell’utilizzatore dei servizi finanziari

Può contribuire al ristabilimento della fiducia reciproca nel settore finanziario anche porre in atto iniziative di formazione dirette agli utilizzatori dei servizi finanziari che li guidi nell’apprendimento dell’equilibrio e della gestione attenta delle risorse familiari.

            18.     Reinventare missioni e motivazioni

Il settore finanziario ha la necessità di motivare meglio i giovani che lavorano all’interno di strutture finanziarie; ciò non sarà facilmente attuabile se non riscoprendo e riformulando i principi stessi della missione a cui sono chiamati a collaborare, laddove il settore finanziario - lungi dal rimanere ripiegato in stesso - va posto al servizio dell’intera economia e di tutta la società secondo la formula: Finance with a purpose.

 [00326-02.01] [Testo originale: Italiano]

Dichiarazione 2015: "Un'economia di mercato finanziaria: un'imprenditorialità per lo sviluppo umano"

Testo  in  lingua Inglese

Traduzione  in  lingua italiana

Testo  in  lingua Inglese

2015 STATEMENT

A REFORMED MARKET ECONOMY: ENTREPRENEURSHIP FOR HUMAN DEVELOPMENT

 

When Pope Francis says "thou shalt not to an economy of exclusion and inequality - such an economy kills", all those who are professionally involved in economic life may feel directly concerned; in good faith many will probably accept to put their active life under review and try to understand what concrete steps it takes, not only to say "No to an economy of exclusion, to the new idolatry of money, to a financial system which rules rather than serves, to the inequality which spawns violence…" (Evangelii Gaudium, chapter two), but to effectively promote reforms which support inclusion and dynamic solidarity. This is what members and friends of the Fondazione Centesimus Annus have done during 2014; the present document is a brief summary of their findings (the Summary of meetings held from September 2013 to October 2014. Full presentations and reports can be found on the Foundations website: www.centesimusannus.org).

  1. GENERAL FRAMEWORK
  2. The world-wide demand for transparency constantly brings cases of bad practice and wrongdoings in economic life and finance to the knowledge of the public; although this can be considered a positive trend, it contributes however to increase a gap in trust between economic actors and public opinion, where the whole is often taken for the part and a general negative judgment is made on the market economy.

    In the meantime, ambitious regulatory reforms are being promoted in the Western economies, partly through supranational governance bodies, especially in the financial sector; simultaneously, a wide-ranging movement towards responsible economic behaviour and sustainable use of resources is transforming many areas of business.

    These too are positive trends, but they require a stronger human and ethical direction: the vision of Catholic Social Teaching can contribute to make the new frameworks creative and positive for all.

    Wherever the rule of law is not respected and, even more, wherever the economy lacks an essential ethical reference, it is almost always the poorer part of populations who pay the highest price. Those who are less protected pay the price of corruption; they often pay the price of protectionism and egoistic defensive strategies; they pay the price of inefficiency in public administration and they suffer the consequences of economic mismanagement and crime. There is no simple definition of poverty, there are many ways of being poor and Christians have tried to understand poverty and be close to the poor for centuries. Now the emphasis changes: reforming the market economy against some of its ills is an urgent task, also from the point of view of the Christian preferential choice for the poor.

    Experience shows that economic development, driven by entrepreneurship and practical innovation at all levels, is the key driving force to reduce poverty. Economic growth may generate winners and losers and this requires specific action to help the poor help themselves. But development and the market with sound economic policies are the only contexts in which poverty has been effectively reduced in large numbers.

    The economy of abundant consumption and extensive services creates new needs and produces new tensions within the traditional ethical frameworks. The commitment to family life, the responsibility to act for the purpose of the common good, the learning process to seek the true good life are permanent demands of human development which economic growth does not solve by itself. The role of Christians here is to rethink and develop new answers and proposals, so as to translate the permanent principles of the primacy of the human person, subsidiarity and solidarity and the common good into actions which may be effective in the world of today.

    The role of the public institutions (Supranational, State, Regions…) is essential to set the framework for sound economic policies, and the market economy can prosper in different institutional environments. The essential condition is that entrepreneurial initiative is free to develop and can apply itself to human development. This is true for business and jobs, but also for social and civic projects: both sectors need systematic management expertise, transparency and good governance.

    In poor countries, as a complement to general economic policies introduced from the top, there is immense potential for applying entrepreneurial management systems to the construction of development projects starting from the bottom of local communities. Good governance practice, transparency rules, the latest communication technologies, well-managed microfinance, the integration of supply chains are elements which can transform life for whole communities. A participative approach will allow the people involved to freely control their own economic future as families and groups.

    In rich countries, where welfare systems proved generally resilient during the recent crisis years, the competition from new and efficient productions in low-middle income countries has contributed to wage stagnation, a pressure to reduce labor cost and the increase of unemployment, precariousness and poverty in the midst of abundance. In

    this context it is essential to rediscover that work and job satisfaction are basic needs. The wrong education policies and inflexible labour rules generate casual, short-term jobs as well as inadequate qualification for available jobs, and they can lead to persistent unemployment. Relying only on centralized and impersonal public programs may induce a "welfare trap" which can lead to social exclusion. A sustainable answer to these ills requires a renewed understanding of labor and virtue, in contrast to the two extremes of market individualism and state interventionism, where economic effort and civil courage are prized, and where both responsibility and power are devolved to the most appropriate level consistent with human flourishing.

  3. A ROLE FOR SOLIDARITY IN BUSINESS DECISIONS
  4. Every economic decision involves a degree of solidarity, the same way as any human act: human persons are a totality, inserted in a network of relations, where gift and fraternity in fact co-exist with the natural yearning for individual satisfaction. And business decisions are made by real humans.

    Entrepreneurial initiative never relies only on personal greed. Against many cases of mismanagement, corruption and lack of accountability – which are permanent temptations of economic life – it is also possible to build areas of the market economy which serve directly the common good, based on a positive moral culture centered on the dignity of the person and the value of labor.

    The dangerously over-sized volume of private and public debt in rich countries is growing more than investment. Thus the debt passed on to the next generations, at least partly used for present consumption, may become a net burden without the compensation of lasting equipments. There is need for reintroducing the long term perspective through new initiatives bringing the young in contact with the old, thus fostering full participation of different generations in a new social ethos open to solidarity.

  5. FINANCE WITH THE PURPOSE OF THE COMMON GOOD
  6. In the last few years, financial global development as a fact has been accompanied by amplified economic volatility. On the background of the resilience shown by some banks and the heavy public cost of the bail-out processes of others, the financial sector is undergoing profound change, both through added regulation and through internally promoted reform. The call to give this reform a human and ethical perspective can be translated into practical ways which, in addition to the acknowledged ethical approach to finance, also involve the idea of "inclusive finance", i.e. "finance that helps fight exclusion". The Foundation’s special group on finance has formulated this in "The Dublin Proposals on Finance and the Common Good" which principally include the following ideas:

    1. Change in managerial culture and behaviour: there is a human being at the beginning and end of each and every transaction. This may go against the demands of technology and regulation.
    2. Helping job creation through decentralized lending: the greatest possibilities of job creation lie at the level of small enterprise and in a more flexible redistribution of employment among adaptable and creative companies, and this requires decentralized lending from banks and from non-regulated credit intermediation.
    3. Fighting fraud, corruption and abuses: effectively implement zero tolerance of unethical practice, including "regulatory arbitrage" practices; make unethical behaviour punitively expensive.
    4. Promote stability and clarity of legislation to mitigate the cost of bureaucracy and the difficulties of interpreting regulation, which is one of the roots of corruption.
    5. Make consumer protection more effective through transparency and simplification. Explore fair and equitable deleveraging for over-indebted households through risk sharing by creditors and debtors. Promote family financial education.
    6. Promote and support long term investment especially through institutions capable of "patient" financing which involve public and private funds and require adequate legal and tax arrangements.
    7. Mobilize financial technology for inclusive finance through the use of mobile devices and the digitization of government disbursements, of health services and of supply chains.
    8. Enrich financial education to avoid transmitting future finance managers a "value-free" framework, by cultivating ethical reflexion, the ability to understand history and the capacity to exercize critical analysis.
    9. Redefine the financial business model with moderate profit objectives and long term incentives and bonus policies.

    To start these processes and give them enough strength, it will be necessary to reformulate the mission statement of finance in terms of service to the entire economy and society, without which no young people will feel motivated to work in financial institutions.

  7. POVERTY AND THE "RESPONSIBILITY TO PROTECT"
    1. Develop a corporate culture of service to society
    2. Putting business enterprise to the service of common good is not primarily a question of legal ownership structures, but rather a cultural fact which permeates all corporate policies from investment to product design, from the use of resources to sales policies, from personnel management to financial plans. This requires investing in a corporate culture of solidarity balanced by subsidiarity, with management taking the lead and giving example.

    3. Promote intermediate bodies
    4. To foster these ideas, all those who have the capacity should promote or participate in intermediate bodies which autonomously sustain solidarity and contribute in practical terms to harmonize concepts and interests that would otherwise be in conflict. There actually are a growing number of foundations and charitable associations, some of them initiated by business; this positive trend in turn creates a need for transparency and independent evaluation systems so as to avoid abuse and inefficiency, and to encourage the good use of charitable initiative.

    5. Connect entitlements with duties
    6. Losers in economic growth need special protection and added opportunities, but it is crucial to connect rights and entitlements with obligations and duties. To be sustainable, welfare systems must link work and apprenticeship with receiving a benefit.

    7. Decentralize mutual help
    8. Both in low income countries and in developed economies, redistribution through income tax and social insurance schemes are essential. But there is a danger of nurturing a passive attitude and excessive dependence on the public sector. A real alternative can be found in many existing or in new decentralized mutually helpful schemes which combine universal entitlement with personalized provisions; these should be actively supported by business and accompanied by suitable legal and tax arrangements.

    9. Build on co-responsibility at corporate level
    10. In the present crisis co-responsibility has materialized often through solidarity contracts which allow a company to avoid failure or catastrophe restructuring. This can be developed in the form of inclusion of all people working in and around a company; it requires transparency to allow risk sharing and establish proportionate rewards among employers and employees, but also among investors and owners, shareholders and managers, lenders and borrowers, producers and consumers, in a free and flexible legal context.

    11. Promote apprenticeship and transitional monitoring
    12. Following best practice in some European countries where unemployment remains low, a wider effort is needed, also through dedicated tax breaks and lower contribution to social security, to diffuse programs of apprenticeship and transitional mentoring for the youth where young employees are hired at lower salaries and paired up with elder employees who can provide mentoring and training to the next generation.

    13. Develop inter-generational solidarity systems

 

Whatever the past merits of the market economy in overcoming poverty in parts of the world, a Christian inspired approach necessarily has to envisage the present state and the permanence in many places of the wicked problems of poverty and under- development. While a mounting euphoria of the Western world trivialized the wisdom enshrined in traditional precautionary principles and let hubris proliferate – with the ensuing crisis and depression -, others remained trapped in the negative circles of poverty. The drama of insufficient emergency response to catastrophe – natural or man-made – and immigration are two aspects by which the disquieting truths of inequality are brought again and again to the fore.

In cases of natural disasters, the duty is not only to act quickly, but also intelligently. Contacts between groups within the Church in donor countries and in the receiving countries can be essential to increase the donors’ generosity and also to direct external help towards longer term development needs, of which the immediate emergency may be just an indicator. Man-made humanitarian crises tend to disappear from the priorities in front of natural disasters (as was evident for example in the coincident tsunami in Southeast Asia and the Darfur genocide in 2004). There is reluctance to intervene in man-made crises, even when the latter are responsible of unlimited numbers of human victims. The drama of child soldiers in many conflicts tests international policies of non-intervention, as does the suffering of Christians and other ethnic groups in the Middle East. The Church’s teaching clearly affirms that the "responsibility to protect" – or the obligation to intervene – has shifted away from individual countries and has been entrusted to the international community.

In the issues of development there are positive trends that make significant contributions to the impact of policies and alleviation of poverty, mainly through better quantitative analysis, better scientific data on "behavioural economics" and through private-public collaboration in financing and monitoring development projects. But institutional structures will never be enough: the human person is integral and human beings are beyond measure. As many examples suggest, the key to development requires the mobilization of people, from the bottom up, and with a fully human dimension, including freedom, moral agency, goodness, virtue and vocation.

Migration is an example of the need for greater focus on the vocation of the human person. To begin with one should see not only the abuses, the tragedies of refugees and the lack of coordinated policies – all of which need to be addressed - but also the positive aspects of migration, the gifts it brings. Economic migration does not proceed from extreme poverty. It involves an investment, an economic calculation and, very often, a family-oriented plan. The question of unaccompanied minors is especially acute and requires a priority treatment based on the human person, as does the whole issue of migration.

Promote a world-wide solidarity effort

Both when discussing the new dimensions of inequality and the role of finance, the idea of an international tax based on financial turnover or on capital is often mentioned. These proposals would require international unanimity, unlikely to be forthcoming at the global level, and their effect could be confiscatory. Instead of a tax, the Catholic Church could support and promote the idea of voluntary contributions, not part of public finance, to endow new independent solidarity national funds aimed at supporting meritorious causes at the service of the poor. These funds should come together in a supranational network under guarantees of transparency and good governance.

 

[00327-02.01] [Original text: English]

Traduzione  in  lingua italiana

DICHIARAZIONE 2015

UN’ECONOMIA DI MERCATO RIFORMATA: UN’IMPRENDITORIALITÀ PER LO SVILUPPO UMANO

Quando Papa Francesco dice: “‘no a un’economia dell’esclusione e della iniquità - questa economia uccide”, tutti coloro che operano professionalmente nella vita economica si possono sentire direttamente coinvolti. Probabilmente molti, in buona fede, sono disposti a mettere sotto esame la propria vita lavorativa e a cercare di capire quali siano in concreto i passi da fare. Affinché le affermazioni che seguono non siano solo parole: No a un’economia dell’esclusione, No alla nuova idolatria del denaro, No a un denaro che governa invece di servire, No all’iniquità che genera violenza...” (Evangelii Gaudium, capitolo secondo), è necessario operare per promuovere efficacemente le riforme che sostengono l'integrazione e la solidarietà dinamica. Questo è ciò che i membri e gli amici della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice hanno fatto nel corso del 2014; il presente documento è una breve sintesi del loro lavoro (Il Riassunto degli incontri tenuti da Settembre 2013 ad Ottobre 2014. Le presentazioni e le relazioni integrali sono disponibili sul sito della Fondazione www.centesimusannus.org).

A.      QUADRO GENERALE

La domanda mondiale di trasparenza porta costantemente a conoscenza del largo pubblico casi di cattive pratiche e di malaffare nella vita economica e della finanza; sebbene ciò presenti alcuni aspetti positivi, è innegabile che contribuisce anche ad aumentare il divario in termini di fiducia tra gli attori economici e l'opinione pubblica, nella quale spesso si fa di tutt’erba un fascio e il giudizio negativo finisce per investire l’intera economia di mercato.

 

Nel frattempo, le economie occidentali promuovono ambiziose riforme nel campo normativo, anche attraverso organi sovranazionali, in particolare nel settore finanziario; nello stesso tempo, un ampio movimento a favore di un comportamento economico responsabile e dell'uso sostenibile delle risorse sta trasformando molte aree del business. Anche queste sono tendenze positive, ma richiedono una direzione umana e un’etica forte. La prospettiva della Dottrina sociale della Chiesa può contribuire a rendere positivi e fertili i nuovi scenari che si stanno aprendo.

Ovunque il rule of law non è rispettato e, ancor più, dove l'economia manca di un riferimento etico fondamentale, è quasi sempre la parte più povera della popolazione che paga il prezzo più alto. Sono i meno protetti a pagare il prezzo della corruzione; essi spesso corrispondono il prezzo del protezionismo e di egoistiche barriere difensive; essi pagano il prezzo dell’inefficienza della pubblica amministrazione e soffrono le conseguenze della cattiva gestione economica e della criminalità. Non esiste una univoca definizione di povertà, sono tante le forme di povertà e da secoli i cristiani cercano di capire che cosa essa sia e di essere vicino ai più poveri. Ora l'accento cambia: bisogna con urgenza riformare l'economia di mercato, agendo direttamente su alcuni suoi mali, anche dal punto di vista della scelta preferenziale per i poveri che è tipicamente cristiana.

L’esperienza dimostra come lo sviluppo economico, guidato  dallo spirito d’imprenditorialità e dalla innovazione tecnologica a tutti i livelli, sia la forza chiave e trainante per ridurre la povertà. La crescita economica può generare vincitori e vinti e ciò richiede un'azione specifica per aiutare i poveri ad essere di aiuto a loro stessi; resta il fatto che lo sviluppo e il mercato, accompagnati da politiche economiche sane, sono gli unici strumenti attraverso i quali la povertà è stata effettivamente notevolmente ridotta.

L'economia, basata sul consumo abbondante e servizi sempre più ampi, crea nuove esigenze e produce nuove tensioni all'interno dei sistemi etici tradizionali. L'impegno per la vita familiare, la responsabilità di agire per il bene comune, il processo di apprendimento per ricercare la natura positiva e autentica della vita sono esigenze permanenti dello sviluppo umano che la crescita economica non risolve da ; il ruolo dei cristiani è quello di ripensare e di sviluppare nuove risposte e inedite proposte, al fine di tradurre i principi permanenti del primato della persona umana, la sussidiarietà, la solidarietà e il bene comune, in azioni concrete che possano essere efficaci nel mondo contemporaneo.

Il ruolo dello Stato è essenziale per definire il quadro delle sane politiche economiche e l'economia di mercato può prosperare in diversi ambienti istituzionali. La condizione essenziale è che l'iniziativa imprenditoriale sia libera di esprimersi e di servire lo sviluppo umano; ciò è vero per le imprese e per l'occupazione, ma anche per i progetti sociali e civili; entrambi i settori hanno bisogno di un approccio manageriale sistematico che faccia ricorso alla competenza, di trasparenza e di una sana governance.

Nei paesi poveri, a complemento delle politiche economiche generali introdotte dall’alto,  esiste  un  immenso  potenziale  per  l'applicazione  di  sistemi  di  gestioneimprenditoriale, finalizzati alla realizzazione di progetti di sviluppo realizzati dal basso, al livello delle comunità locali. Buone pratiche di governance, regole di trasparenza, le più recenti tecnologie di comunicazione, micro-finanza ben gestita e l'integrazione delle catene dell’offerta sono tutti elementi che possono trasformare la vita di intere comunità; un approccio partecipativo permetterà alle persone coinvolte di controllare liberamente il proprio futuro economico, come famiglie e come gruppi.

Nei paesi ricchi dove i sistemi di welfare si sono dimostrati generalmente più inattaccabili durante i recenti anni di crisi, la concorrenza da parte di nuove e più efficienti produzioni provenienti da paesi a basso o medio reddito, ha contribuito alla stagnazione dei salari, ad una pressione per ridurre i costi del lavoro e ad un aumento della disoccupazione, della precarietà e della povertà pur in presenza di aree di benessere. In questo contesto, è fondamentale riscoprire che il lavoro e le soddisfazioni che procura il lavorare sono bisogni fondamentali. Le politiche educative sbagliate e le regole del lavoro rigide generano posti di lavoro informali, a breve termine, così come una inadeguata  specializzazione può portare  ad una disoccupazione persistente. Programmi pubblici centralizzati ed astratti possono condurre alla “trappola del benessere”, che può provocare esclusione sociale. Una risposta sostenibile a questi mali richiede una rivisitazione di cosa sia il lavoro ed il modo virtuoso di realizzarlo, in contrasto con i due estremi dell'individualismo spinto di mercato e dell’interventismo statale, dove lo sforzo economico ed il coraggio civile siano valorizzati, e dove la responsabilità ed il potere si manifestano al più appropriato livello coerente con lo sviluppo dell’ideale umano.

B.    IL RUOLO DELLA SOLIDARIETÀ NELLE DECISIONI DI BUSINESS

Ogni decisione economica comporta un certo grado di solidarietà, allo stesso modo di qualsiasi atto umano; gli esseri umani costituiscono una totalità, inserita in una rete di relazioni, dove il dono e la fraternità coesistono nella realtà con il desiderio naturale della propria soddisfazione individuale. E le decisioni di business sono prese sempre da esseri umani reali.

L’iniziativa imprenditoriale non si basa solo sulla ricerca dell’utile personale. A dispetto di molti casi di cattiva gestione, di corruzione e di mancanza di responsabilità - che sono tentazioni permanenti nella vita economica - è possibile individuare anche aree dell'economia di mercato che servono il bene comune, basate su una cultura positiva che metta al centro la dignità della persona e il valore del lavoro.

1.        Sviluppare una cultura d’impresa al servizio della società

Mettere l’impresa al servizio del bene comune non è una questione che riguarda in primis l’assetto proprietario, quanto piuttosto un elemento culturale che permea tutte le politiche aziendali, dall’investimento alla progettazione del prodotto, dall'utilizzo delle risorse alle politiche commerciali, dalla gestione del personale ai piani finanziari. È necessario quindi investire su una cultura d’impresa aperta alla solidarietà, bilanciata dalla sussidiarietà, con il management che se ne faccia carico, fornendone l’esempio.

 

2.        La promozione dei corpi intermedi

Per far valere tali idee, tutti coloro che hanno la possibilità dovrebbero promuovere o partecipare a corpi intermedi che autonomamente sostengono la solidarietà  e contribuiscono in termini pratici ad armonizzare concetti ed interessi che altrimenti sarebbero in conflitto. In realtà, abbiamo un numero sempre maggiore di fondazioni e di associazioni di solidarietà, alcune delle quali avviate dalle stesse imprese; questo trend positivo crea, a sua volta, un bisogno di trasparenza e di sistemi di valutazione indipendenti, per evitare abusi ed inefficienze e per incoraggiare il miglior uso possibile delle iniziative benefiche.

3.        Collegare diritti e doveri

Coloro che in una fase di crescita economica si impoveriscono necessitano di una speciale protezione e di un surplus di opportunità, ma è fondamentale collegare tra loro diritti e doveri. Affinché siano sostenibili, i sistemi di welfare devono collegare il lavoro e l'apprendistato all’ottenimento di un beneficio.

4.        Decentrare gli interventi di aiuto

Sia nei paesi a basso reddito sia nelle economie sviluppate, la redistribuzione attraverso la fiscalità sul reddito e la previdenza sociale sono essenziali. Resta il pericolo che in tal modo si coltivi un atteggiamento passivo e di eccessiva dipendenza dal settore pubblico. Un’alternativa appropriata potrebbe consistere in una molteplicità di piani esistenti o nuovi basati sul concetto della decentralizzazione e combinino forme di assistenza universali con forme personalizzate integrative. Tali sistemi dovrebbero essere attivamente sostenuti dalle imprese e accompagnati da disposizioni giuridiche e fiscali adeguate.

5.        Costruire sulla corresponsabilità a livello societario

Nella crisi attuale, la corresponsabilità è spesso realizzata mediante contratti di solidarietà che consentono ad un’impresa di evitare il fallimento o una ristrutturazione catastrofica. Su questa base si può costruire e sviluppare una forma di inclusione che investa tutte le persone che lavorano o che ruotano intorno ad una società. Ciò richiede trasparenza, dal momento che si condividono i rischi e si stabiliscono le quote di rimunerazioni tra datori di lavoro e dipendenti, ma anche tra investitori e proprietari, azionisti e manager, creditori e debitori, produttori e consumatori, in un contesto legale libero e flessibile.

6.        Promuovere l'apprendistato e monitorare la transizione

Bisognerebbe seguire i migliori esempi di quei paesi europei dove la disoccupazione è rimasta bassa; è necessario uno sforzo maggiore, anche attraverso agevolazioni fiscali ad hoc ed un contributo meno oneroso destinato alla sicurezza sociale, andrebbero diffusi programmi di apprendistato per i giovani ed il monitoraggio della transizione, dove i giovani dipendenti possano essere assunti a stipendi più bassi ed in coppia con i dipendenti più anziani che, in tal modo, fornirebbero il monitoraggio e la formazione necessari per la prossima generazione.

7.        Sviluppare sistemi di solidarietà intergenerazionale

Il volume pericolosamente sovradimensionato del debito pubblico e privato nei paesi ricchi sta crescendo più degli investimenti. Così il debito trasmesso alle generazioni future, in parte destinato alla spesa corrente, rischia di diventare un peso netto, senza la compensazione di investimenti in conto capitale. C’è la necessità di reintrodurre la prospettiva a lungo termine mediante nuove iniziative e aiutando i giovani ad entrare in relazione con i più anziani, favorendo in tal modo la piena partecipazione di diverse generazioni ad un nuova etica sociale aperta alla solidarietà.

C.    UNA FINANZA FINALIZZATA AL BENE COMUNE

È un dato di fatto che, negli ultimi anni, lo sviluppo finanziario globale è stato accompagnato da un’alta volatilità economica. Sulla base della resilienza mostrata da alcune banche e del pesante costo pubblico dei processi di salvataggio di altre, il settore finanziario sta conoscendo profondi cambiamenti, sia per la regolamentazione che si è aggiunta a quella esistente sia per le proposte di riforma avanzate al suo interno. L’esigenza di dare a tale riforma un volto umano ed etico può essere tradotta concretamente in questo modo: oltre al tradizionale approccio etico alle questioni finanziarie, bisognerebbe prestare attenzione anche alla nozione di “finanza inclusiva”; vale a dire, di una “finanza che aiuta a combattere l'esclusione”. Un gruppo di esperti del settore finanziario, vicino alle posizioni della Fondazione, ha formulato nel documento “Proposte di Dublino su Finanza a Bene Comune” le seguenti idee:

1.        Mutamento della cultura e del comportamento manageriale: c’è sempre un essere umano all'inizio e alla fine di ogni transazione. Tale realtà potrebbe scontrarsi con le esigenze della tecnologia e della regolamentazione.

2.        Favorire la creazione di posti di lavoro attraverso il prestito decentrato: le migliori opportunità per la creazione di nuova occupazione sono al livello di piccola impresa e in una redistribuzione più flessibile del lavoro tra imprese flessibili e creative. Ciò richiede il prestito decentrato da parte delle banche e dell’intermediazione creditizia non regolamentata.

3.        Lottare contro la frode, la corruzione e gli abusi: attuare efficacemente politiche di tolleranza zero nei confronti della pratica immorale, tra cui  le pratiche di regulatory arbitrage e punire il comportamento non etico anche rendendolo costoso.

4.        Promuovere la certezza e la chiarezza della legislazione per ridurre i costi della burocrazia e quelli derivanti dalle difficoltà di interpretazione normativa, che è una delle cause della corruzione.

5.        Rendere la tutela dei consumatori più efficace attraverso la trasparenza e la semplificazione. Individuare forme di deleveraging corrette ed eque per famiglie eccessivamente indebitate attraverso la condivisione del rischio da parte di creditori e di debitori. Promuovere l'educazione finanziaria delle famiglie.

6.        Promuovere e sostenere gli investimenti a lungo termine, soprattutto attraverso le istituzioni capaci di agire finanziariamente in modo "paziente", che coinvolgano fondi pubblici e privati e che richiedano adeguate disposizioni giuridiche e fiscali.

7.        Ricorrere alla tecnologia finanziaria per la finanza inclusiva attraverso l'utilizzo di dispositivi mobili e la digitalizzazione degli esborsi pubblici, dei servizi sanitari e delle catene dell’offerta.

8.        Arricchire l’educazione finanziaria per evitare di trasmettere ai futuri manager finanziari dei contenuti “indipendenti dai valori”, coltivando invece la riflessione etica, la disponibilità a comprendere la storia e la capacità di esercitare la facoltà di analisi critica.

9.        Ridefinire il modello di business finanziario con obiettivi di profitto moderati, incentivazione a lungo termine e politiche di bonus.

Per avviare questi processi e dare loro la giusta forza, sarà necessario riformulare la missione della finanza in termini di servizio per l'intera economia e la società; contrariamente, i giovani responsabili non si sentiranno motivati a lavorare nelle istituzioni finanziarie.

 

D.    LA POVERTÀ E LA “RESPONSABILITÀ DI PROTEGGERE”

Quali che siano i meriti passati dell'economia di mercato, per superare la povertà in alcune parti del mondo, un approccio ispirato al cristianesimo deve necessariamente preoccuparsi dell’attuale situazione e della permanenza in molti luoghi di enormi problemi di povertà e di sottosviluppo. Mentre una crescente euforia proveniente dal mondo occidentale ha banalizzato la saggezza insita nel tradizionale principio di precauzione e ha lasciato che la tracotanza proliferasse - con la conseguente crisi e la depressione -, altri sono rimasti intrappolati nel circolo vizioso della povertà. Il dramma dell’inadeguatezza delle risposte alle emergenze ed alle catastrofi - naturali o provocate dall'uomo e l'immigrazione sono due aspetti per cui la realtà inquietante della disuguaglianza è sempre attuale.

In caso di catastrofi naturali, abbiamo il dovere non solo di agire rapidamente, ma anche in modo intelligente. Le relazioni che interessano i gruppi all'interno della Chiesa tra paesi donatori e paesi che ricevono sono fondamentali, tanto per aumentare la generosità dei donatori quanto per indirizzare gli aiuti esterni verso le esigenze di lungo periodo e di sviluppo, per le quali l'emergenza immediata potrebbe essere solo un indicatore. Le crisi umanitarie causate dall’uomo tendono a scomparire dalla gerarchia delle priorità di fronte alle calamità naturali (come è evidente per esempio nel caso dello tsunami nel Sud-Est asiatico che è coinciso con il genocidio nel Darfur nel 2004); c'è ritrosia ad intervenire nelle crisi provocate dall'uomo, anche quando gli stessi uomini sono responsabili di un numero elevatissimo di vittime. Il dramma dei bambini soldato in molti conflitti fotografa le politiche internazionali intervento, così come la sofferenza dei cristiani e di altri gruppi etnici nel Medio Oriente. L'insegnamento della Chiesa afferma con chiarezza che la responsabilità di proteggere - o l'obbligo di intervenire non è più rintracciabile in capo ai singoli paesi, dal momento che è stata affidata alla comunità internazionale.

 

Nel campo dello sviluppo, assistiamo ad alcuni trend positivi che impattano in modo significativo sulle politiche di riduzione della povertà: tra questi una migliore analisi quantitativa, dei dati scientifici più accurati sulla cosiddetta “economia comportamentale”, la collaborazione tra settore pubblico e privato nell’ambito del finanziamento e del monitoraggio dei progetti di sviluppo. Tuttavia, le strutture istituzionali non saranno mai sufficienti: la persona umana è unitaria e gli esseri umani sono al di di ogni possibilità di misurazione. Come molti esempi suggeriscono, la chiave dello sviluppo richiede la mobilitazione delle persone, dal basso verso l'alto, e una dimensione pienamente umana, compresi la libertà, il libero arbitrio, la bontà, la virtù e la vocazione.

Il fenomeno migratorio è un esempio che mostra quanto sia necessaria una maggiore attenzione alla vocazione della persona umana. Innanzitutto, bisognerebbero osservare non solo gli abusi, le tragedie dei rifugiati e la mancanza di politiche coordinate - che devono essere affrontate - ma anche gli aspetti positivi del fenomeno migratorio, i doni che esso porta con sé. La migrazione economica non procede dall’estrema povertà; si tratta di un investimento, di un calcolo economico e, molto spesso, di un piano familiare. La questione dei minori non accompagnati è particolarmente delicata e richiede un trattamento radicale basato sulla persona, così come  l'intera questione migratoria.

Promuovere una campagna mondiale di solidarietà

Quando si parla delle nuove dimensioni della disuguaglianza e del ruolo della finanza è spesso riportata la proposta di una tassa internazionale basata sul fatturato finanziario o sul capitale. Queste proposte richiedono l'unanimità internazionale, improbabile che sia prossima a livello globale, e il loro effetto potrebbe essere confiscatorio. Invece di una tassa, la Chiesa cattolica potrebbe sostenere e promuovere l’idea di contributi volontari, al di fuori della finanza pubblica, per dotare nuovi fondi di solidarietà nazionali indipendenti che sostengano cause meritevoli, al servizio dei poveri; questi fondi dovrebbero riunirsi in una rete sovranazionale ed essere soggetti a regole di trasparenza e di buon governo.

[00327-02.01] [Original text: English]

[B0148-XX.02]