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Statement by H.E. Archbishop Silvano M. Tomasi, Permanent Representative of the Holy See to the United Nations and Other International Organizations in Geneva at the 21st Special Session of the Human Rights Council on the human rights situation in the Occupied Palestinian Territory including East Jerusalem (Geneva, 23 July 2014), 24.07.2014


Testo in lingua inglese

Traduzione in lingua italiana

 

Pubblichiamo di seguito l’intervento pronunciato ieri, 23 luglio, dall’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra durante la 21ma sessione speciale del Consiglio per i Diritti umani dedicata alla situazione dei diritti umani nei territori occupati palestinesi, compresa Gerusalemme est:

Testo in lingua inglese

Mr. President,

As the number of people killed, wounded, uprooted from their homes, continues to increase in the conflict between Israel and some Palestinian groups, particularly in the Gaza Strip, the voice of reason seems submerged by the blast of arms. Violence will lead nowhere either now or in the future. The perpetration of injustices and the violation of human rights, especially the right to life and to live in peace and security, sow fresh seeds of hatred and resentment. A culture of violence is being consolidated, the fruits of which are destruction and death. In the long run, there can be no winners in the current tragedy, only more suffering. Most of the victims are civilians, who by international humanitarian law, should be protected. The United Nations estimates that approximately seventy percent of Palestinians killed have been innocent civilians. This is just as intolerable as the rockets missiles directed indiscriminately toward civilian targets in Israel. Consciences are paralyzed by a climate of protracted violence, which seeks to impose solution through the annihilation of the other. Demonizing others, however, does not eliminate their rights. Instead, the way to the future, lies in recognizing our common humanity.

In his Pilgrimage to the Holy Land, Pope Francis demanded that the present unacceptable situation of the Israeli-Palestinian conflict be brought to an end.1 "For the good of all," he said, "there is a need to intensify efforts and initiatives aimed at creating the conditions for a stable peace based on justice, on the recognition of the rights of every individual, and on mutual security. The time has come for everyone to find the courage to be generous and creative in the service of the common good, the courage to forge a peace which rests on the acknowledgment by all of the right of two States to exist and to live in peace and security within internationally recognized borders."2 The legitimate aspiration to security, on one side, and to decent living conditions, on the other, with access to the normal means of existence like medicines, water and jobs, for example, reflects a fundamental human right, without which peace is very difficult to preserve.

The worsening situation in Gaza is an incessant reminder of the necessity to arrive at a cease-fire immediately and to start negotiating a lasting peace. "Peace will bring countless benefits for the peoples of this region and for the world as a whole," adds Pope Francis, "and so it must resolutely be pursued, even if each side has to make certain sacrifices." It becomes a responsibility of the international community to engage in earnest in the pursuit of peace and to help the parties in this horrible conflict reach some understanding in order to stop the violence and look to the future with mutual trust.

Mr. President,

The Delegation of the Holy See reiterates its view that violence never pays. Violence will only lead to more suffering, devastation and death, and will prevent peace from becoming a reality. The strategy of violence can be contagious and become uncontrollable. To combat violence and its detrimental consequences we must avoid becoming accustomed to killing. At a time where brutality is common and human rights violations are ubiquitous, we must not become indifferent but respond positively in order to attenuate the conflict which concerns us all.

The media should report in a fair and unbiased manner the tragedy of all who are suffering because of the conflict, in order to facilitate the development of an impartial dialogue that acknowledges the rights of everyone, respects the just concerns of the international community, and benefits from the solidarity of the international community in supporting a serious effort to attain peace. With an eye to the future, the vicious circle of retribution and retaliation must cease. With violence, men and women will continue to live as enemies and adversaries, but with peace they can live as brothers and sisters.3

Thank you, Mr. President.

_________________________________________________

1 Address of Pope Francis in Bethlehem, 25 May 2014.

2 Ibid.

3 Words of Pope Francis, Vatican Gardens, 8 June 2014.

[01182-02.01] [Original text: English]

Traduzione in lingua italiana

Signor Presidente,

mentre continua a crescere il numero di persone uccise, ferite, sradicate dalle proprie case nel conflitto tra Israele e alcuni gruppi palestinesi, particolarmente nella Striscia di Gaza, la voce della ragione sembra venire sommersa dal fragore delle armi. La violenza non porterà a nulla, né ora né in futuro. Le ingiustizie perpetrate e la violazione dei diritti umani, in special modo il diritto alla vita e a vivere in pace e sicurezza, gettano nuovi semi di odio e risentimento. Si sta consolidando una cultura della violenza, i cui frutti sono la distruzione e la morte. A lungo andare, non potranno esserci vincitori nell’attuale tragedia, soltanto ulteriori sofferenze. La maggior parte delle vittime è costituita da civili che, per la legge umanitaria internazionale, dovrebbero essere protetti. Le Nazioni Unite stimano che circa il settanta per cento dei palestinesi uccisi è costituito da civili innocenti. Ciò è intollerabile quanto i missili lanciati indiscriminatamente contro bersagli civili in Israele. Le coscienze sono paralizzate da un clima di prolungata violenza che cerca di imporre una soluzione attraverso l’annientamento dell’altro. Demonizzare gli altri, però, non elimina i loro diritti. Al contrario, la via verso il futuro risiede nel riconoscere la nostra umanità comune.

Durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa, Papa Francesco ha chiesto che si ponga fine alla presente, inaccettabile, situazione del conflitto israelo-palestinese (Discorso di Papa Francesco a Betlemme, 25 maggio 2014. "Per il bene di tutti", ha affermato, "si raddoppino dunque gli sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile, basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza. È giunto il momento per tutti di avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti" (Ibid). La legittima aspirazione alla sicurezza, da una parte, e a condizioni di vita decenti, dall’altra, con libero accesso a mezzi di sussistenza quali medicinali, acqua e lavoro, per esempio, riflette un diritto umano fondamentale, senza il quale è molto difficile conservare la pace.

Il peggioramento della situazione a Gaza ci ricorda di continuo quanto sia necessario arrivare a un cessate il fuoco immediato e dare inizio a negoziati per una pace duratura. "La pace porterà con sé innumerevoli benefici per i popoli di questa regione e per il mondo intero", ha aggiunto Papa Francesco. "Occorre dunque incamminarsi risolutamente verso di essa, anche rinunciando ognuno a qualche cosa". Spetta alla comunità internazionale intraprendere con zelo la ricerca della pace e aiutare le parti di questo orribile conflitto a raggiungere un accordo al fine di porre fine alla violenza e di guardare al futuro con reciproca fiducia.

Signor Presidente,

la Delegazione della Santa Sede reitera il suo punto di vista che la violenza non paga mai. La violenza porterà soltanto altre sofferenze, devastazione e morte, e impedirà che la pace divenga realtà. La strategia di violenza può essere contagiosa e diventare incontrollabile. Per combattere la violenza e le sue conseguenze dannose dobbiamo evitare di abituarci alle uccisioni. In un momento in cui la brutalità è pratica comune e le violazioni dei diritti umani sono onnipresenti, non dobbiamo diventare indifferenti ma reagire in modo concreto per ridurre il conflitto che riguarda tutti noi.

I media dovrebbero riportare in maniera giusta e priva di pregiudizi la tragedia di tutti coloro che soffrono a causa del conflitto, al fine di facilitare lo sviluppo di un dialogo imparziale che riconosca i diritti di tutti, rispetti le giuste preoccupazioni della comunità internazionale e tragga beneficio dalla solidarietà della comunità internazionale nel sostenere uno sforzo serio per ottenere la pace. Con un occhio al futuro, il circolo vizioso di ritorsioni e rappresaglie deve cessare. Con la violenza, uomini e donne continueranno a vivere da avversari o da nemici, ma con la pace potranno vivere da fratelli e sorelle (Papa Francesco, Giardini Vaticani, 8 giugno 2014).

Grazie, signor Presidente.

[01182-01.01] [Testo originale: Inglese]