CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL CONVEGNO DI STUDI PER RICORDARE IL XX ANNIVERSARIO DELLA PROMULGAZIONE DEL CODICE DI DIRITTO CANONICO ORIENTALE (8-9 OTTOBRE 2010) ● INTERVENTO DI S.E. MONS. FRANCESCO COCCOPALMERIO
● INTERVENTO DI S.E. MONS. CYRIL VASIL’
● INTERVENTO DI S.E. MONS. JUAN IGNACIO ARRIETA OCHOA DE CHINCHETRU
● INTERVENTO DI P. MICHAEL J. KUCHERA, S.J.
● SCHEDA INFORMATIVA SULLE CHIESE CATTOLICHE ORIENTALI
● SCHEDA INFORMATIVA SULLA PRODUZIONE DEL DIRITTO PARTICOLARE DELLE CHIESE SUI IURIS
Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula "Giovanni Paolo II" della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Convegno di Studi per ricordare il XX anniversario della promulgazione del Codice di Diritto Canonico Orientale (8-9 ottobre 2010).
Intervengono: S.E. Mons. Francesco Coccopalmerio, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi; S.E. Mons. Cyril Vasil’, S.I., Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali; S.E. Mons. Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, Segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi; Rev.mo P. Michael J. Kuchera, Decano della Facoltà di Diritto Canonico Orientale del Pontificio Istituto Orientale.
Pubblichiamo di seguito gli interventi alla Conferenza Stampa e due schede informative:
● INTERVENTO DI S.E. MONS. FRANCESCO COCCOPALMERIO
Gli obiettivi e le finalità del Convegno di Studio
Giunti al ventennale della promulgazione del Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium ci è sembrato doveroso commemorarne l’anniversario con un Convegno di studio che avrà inizio domani 8 ottobre 2010, alle ore 9.00.
Il Convegno organizzato dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi con la preziosa collaborazione della Congregazione per le Chiese Orientali, del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e del Pontificio Istituto Orientale è strutturato in tre sessioni che toccheranno tre grandi tematiche: l’evoluzione storica della codificazione orientale, l’attività legislativa delle Chiese Orientali e gli aspetti ecumenici del diritto orientale.
Nella prima sessione, nella mattinata, dopo le prolusioni dei capi dei suddetti Dicasteri e del Decano della Facoltà del Diritto Canonico del PIO, due relatori illustreranno la storia e le novità della codificazione orientale e la sua rilevanza in questi venti anni di vigenza nella vita della Chiesa Cattolica, specialmente per le Chiese orientali sui iuris.
La seconda sessione, pomeridiana, tratterà dell’attività legislativa delle Chiese orientali sui iuris alla luce del CCEO. Si è pensato di animare il dibattito con una tavola rotonda che attirerà l’attenzione dei partecipanti sulle sfide, le problematiche e le difficoltà che queste Chiese hanno incontrato nel loro lavoro di redazione del proprio diritto particolare.
Alla fine della seconda sessione, il Pontificio Istituto Orientale conferirà solennemente il Dottorato honoris causa al Professor Carl Gerold Fürst per il suo grande contributo alla codificazione e all’insegnamento del Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium.
La terza sessione di sabato mattina è volta agli aspetti ecumenici del diritto orientale e in particolar modo del rapporto con il diritto canonico delle Chiese ortodosse. Vi saranno anche due relatori ortodossi.
In questa sessione renderemo omaggio alla memoria del nostro amato fratello Mons. Eleuterio Fortino, da poco ritornato alla casa del Padre, e dell’immenso sforzo che egli ha profuso per favorire e promuovere l’unità dei cristiani.
Il logo scelto per il convegno è un’immagine presa dal Pedalion che raffigura tre navicelle che procedono insieme in un’unica direzione. Tale raffigurazione sta ad indicare la singolarità e l’unicità di ogni chiesa sui iuris orientale e nello stesso tempo il procedere insieme in un’unica direzione sta a significare l’unità di intenti che le unisce e le fa dirigere verso la medesima meta.
Chiudo manifestando soddisfazione sia per la riuscita collaborazione tra tre Dicasteri vaticani ed un Pontificio Istituto che rende di fatto questo Convegno una manifestazione a carattere interdicasteriale, sia per la numerosa presenza qualificata di studiosi, cultori ed operatori del diritto canonico, professori e studenti per un totale di oltre 400 iscritti, tra i quali esponenti del mondo ortodosso e di altre Chiese e confessioni cristiane. Ringrazio anche la Société du Droit des Eglises orientales di Vienna che ha aderito al Convegno e che sarà presente con un intervento del Vice Presidente, Prof. Konstantinos Pitsakis.
Infine, chiuderà il Convegno l’Udienza del Santo Padre prevista per le ore 12.00 nella Sala Clementina.
[01352-01.01] [Testo originale: Italiano]
● INTERVENTO DI S.E. MONS. CYRIL VASIL’
Il Ventennale dell'entrata in vigore del Codex Canonum Ecciesiarum Orientalium ha indotto il Pontificio Consiglio per i testi legislativi, in collaborazione con la Congregazione per le Chiese orientali, il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e il Pontifico Istituto Orientale a promuovere Il Convegno di studio "Il Codice delle Chiese Orientali" che si articola in tre tematiche:
- La storia
- Le legislazioni particolari
- Le prospettive ecumeniche.
Per quanto riguarda l’aspetto storico, è ben nota l'assoluta rilevanza della promulgazione del CCEO che vide giungere ad un felice approdo ricerche e discussioni approfondite, durate lunghi anni e iniziate nel 1927 sotto il Pontificato di Pio XI.
Valutare ora, all'inizio del nuovo Millennio, l'incidenza sul tessuto ecclesiale di questo fondamentale corpus normativo, fare emergere la sua ricchezza disciplinare, spirituale e di dialogo, e studiarne ulteriori potenzialità applicative sono gli elementi che si articolano nell’attesa dei lavori del Convegno di studio che oggi stiamo presentando.
Secondo la classica definizione di San Tommaso, ogni legge è "ordinatio rationis ad bonum commune et ab eo, qui curam communitatis habet, promulgata" (I.a-II.ae,Q.CX, art. 4, ad 1). Questa definizione comune vale ovviamente anche per i canoni che regolano la disciplina ecclesiastica, ma possiamo aggiungere che questi canoni non sono il risultato solo della ordinatio rationis, ma anche il risultato della incessante preghiera della Chiesa, espressione della sua lunga tradizione spirituale e disciplinare e della saggezza di quei sacri pastori che rivestiti della potestà, conferita loro da Cristo per il bene delle anime, illuminati da uno solo e medesimo Spirito avevano stabilito le cose che sono vantaggiose e perciò a ragione possono chiamarsi sacri.
Sulla base dei sacri canoni che costituiscono il fondamento comune dell’ordinamento canonico di tutte le chiese che hanno la loro origine nelle venerabili tradizioni alessandrina, antiochena, armena, caldea e costantinopolitana, dopo una lunga e qualificata preparazione, nei tempi recenti, e precisamente 20 anni fa, colui, qui curam comunitatis habet, cioè colui che "presiede alla carità" ha promulgato un Codice che regola la disciplina ecclesiastica comune a tutte le chiese orientali cattoliche. In questo modo è stato ristabilito un "codex communis" per tutte le chiese orientali cattoliche, attuando in questa maniera un sostanziale ritorno alla situazione canonica del primo millennio, nel quale le chiese d’Oriente rispettavano un ordine canonico basato sui sacri canoni che costituivano un Codice per tutte le chiese orientali.
Da una parte perciò parliamo di ristabilimento del codice comune, mentre d’altra parte si può affermare l’assoluta novità dell’evento, non solo in quanto si tratta del primo codice canonico comune a tutte le chiese cattoliche orientali che sia stato promulgato dal Romano Pontefice, ma anche per altri motivi che incidono fortemente nella vita della chiesa. Mi riferisco soprattutto a larghi orizzonti e alle dimensioni veramente universali che dovrebbero caratterizzare il cuore e la mente di ogni cattolico, anzi, di ogni battezzato.
Ne accenno alcuni, auspicando che il Convegno di studio, non sia solo una celebrazione commemorativa dell’entrata in vigore del CCEO, ma promuova ulteriormente, oltre il progresso della scienza canonica ed umana, anche la crescita in questa nuova mentalità di comunione tra diversi nel reciproco rispetto, che è la sola via per raggiungere il vero scopo della disciplina ecclesiastica - salus animarum.
In primo luogo rilevo che con il CCEO ha avuto il compimento l’iter iniziato da Leone XIII con raggiungimento della piena l’uguaglianza di tutte le chiese d’Oriente e d’Occidente che "aequali pollent dignitate" e " aequali concreduntur pastorali gubernio Romani Pontificis".
In secondo luogo con il CCEO si è realizzato pienamente quanto stava al cuore dei Romani Pontefici fin dal 1917 quando è stato promulgato il CIC. I Pontefici sentirono come una dolorosa lacuna nella disciplina ecclesiastica il fatto che con il CIC si è provveduto alla tranquilitas ordinis della chiesa latina, mentre per la tranquilitas delle chiese orientali non esisteva un adeguato Codice. Questa preoccupazione ha segnato l’istituzione della Congregazione per la Chiesa Orientale, del Pontificio Istituto Orientale e tutto il lungo iter della codificazione canonica orientale fino all’attuale Codice. Ci auguriamo che il Convegno di studio segni un ulteriore passo sulla via indicata dal Papa in questo ordine che, assegnando il primato all’amore, alla grazia e ai carismi, rende più agevole contemporaneamente il loro organico sviluppo nella vita della società ecclesiale, sia anche delle singole persone che ad essa appartengono.
In terzo luogo sottolineo che con il CCEO non solo si disdice ogni mentalità ristrettiva del concetto della chiesa, ma si mette in piena luce che la chiesa di Cristo abbraccia tutta la diversità delle chiese sui iuris unite in una mirabile comunione sotto lo stesso pastore.
In questa prospettiva rilevo come il medesimo supremo legislatore, Giovanni Paolo II, nell’atto della presentazione solenne del Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium alla XXVIII Congregazione generale del Sinodo dei vescovi il 25 ottobre 1990, ha sottolineato il suo ardente desiderio, che il CCEO, - in quanto completamento del magistero proposto dal Concilio Vaticano II, mediante il quale si porta a compimento l’ordinamento canonico della chiesa universale -, venga bene accolto da tutta la chiesa cattolica, sia dalle chiese orientali per le quali ha valore della legge, sia da tutto l’episcopato della chiesa latina nel mondo intero e venga considerato come appartenente al patrimonio disciplinare della chiesa universale.
È ancora in questa prospettiva che si colloca unico Corpus iuris canonici delineato da Giovanni Paolo II come costituito dal CIC, CCEO e la Cost. Ap. Pastor Bonus e il suo auspicio di un appropriato studio comparativo di entrambi i Codici. Il Papa loda in anticipo tutte le iniziative che favoriscano una maggiore conoscenza di tutto ciò che costituisce una legittima "in unum conspirans varietas". Spero che il nostro Convegno di studio meriti questa lode anticipata del Pontefice.
Infine va sottolineata la dimensione ecumenica del CCEO, in armonia, per usare le parole del Papa, con quanto "la chiesa cattolica proclama nel nome del Redentore dell’uomo circa i diritti fondamentali di ogni persona umana e di ogni battezzato ed i diritti di ogni chiesa non solo all’esistenza, ma anche al progresso, allo sviluppo e alla fioritura". Segni, dunque, il simposio, un ulteriore passo verso "una completa reciprocità nel rispetto di così fondamentali valori umani e cristiani" in un fecondo dialogo ecumenico di coloro che si amano in Cristo.
Nella vita quotidiana, l’applicazione di molte norme del CCEO nei confronti delle Chiese orientali è effettuata attraverso l’operato della Congregazione per le Chiese orientali. L’attuale Pontefice, Benedetto XVI, nella Sua storica visita nella sede della Congregazione, il 9 giugno 2007, annunciando la nomina del nuovo Prefetto Sua Eminenza Reverendissima cardinale Sandri, fra l’altro diceva:
"…la Congregazione si porrà accanto alle Chiese Orientali per promuoverne il cammino nel rispetto delle loro prerogative e responsabilità" (Benedetto XVI, il 9.06.2007 alla CCO).
Partendo dal citato discorso del Pontefice, in vista dell’ulteriore approfondimento, mi permetto di concentrare la nostra attenzione alle seguenti parole:
"il cammino nel rispetto delle loro prerogative e responsabilità."
Il cammino inteso come un sviluppo istituzionale e amministrativo.
Negli ultimi 20 anni diverse Chiese orientali cattoliche hanno cambiato il loro status giuridico, avanzando di grado, verso la struttura più consona alla tradizione orientale e alla loro vocazione ecclesiale: la Chiesa malabarese, la Chiesa malankarese e la Chiesa romena sono diventate le Chiese arcivescovili maggiori, la Chiesa Slovacca è diventata la Chiesa metropolitana sui iuris.
Per le altre Chiese non è stato finora possibile arrivare ad un avanzamento da tempo richiesto e oggettivamente consono con la loro reale situazione.
Il Santo Padre Benedetto XVI nel suo discorso già menzionato ha detto: "Elogio la più corretta applicazione della collegialità sinodale…." (Benedetto XVI, il 9.06.2007 alla CCO). Queste sue parole possiamo comprenderle come un invito alla sempre più responsabile applicazione del principio di sinodalità, specialmente nelle Chiese patriarcali e arcivescovili maggiori. L’esperienza ci insegna che con i diritti è connesso anche il dovere dell’uso responsabile del proprio diritto.
Guardando il mosaico delle Chiese orientali cattoliche, specialmente in Europa, vediamo che le singole Chiese camminano a velocità differenziate. Spesso si tratta anche delle Chiese che hanno una comune tradizione e storia. Specialmente nell’Est Europeo, dopo il cambio dell’assetto geopolitico, siamo stati testimoni della nascita di alcune nuove chiese, o dello sbriciolamento delle strutture ecclesiali in nuove circoscrizioni ecclesiastiche senza una univoca collocazione giuridico amministrativa. Il futuro indicherà quale è la strada che deve prendere un ulteriore sviluppo di queste comunità, quale deve essere il loro cammino.
Non dobbiamo dimenticare anche il fatto che ci sono alcune comunità degli orientali cattolici che dal punto di vista organizzativo devono ancora solo cominciare il loro cammino. Si tratta di comunità con le sedi vacanti da decenni e senza la gerarchia vera e propria, come, o anche quelle che purtroppo finora non hanno una formale struttura gerarchica.
In questo contesto, specialmente per quanto riguarda la situazione in Europa, va notato un contributo positivo degli incontri dei gerarchi di tutte le chiese e circoscrizioni di rito bizantino in Europa che si svolgono con cadenza annuale per trattare in maniera fraterna, rispettosa e costruttiva diversi aspetti di vita pastorale, di aggiornamento teologico, liturgico e giuridico. Pur non trattandosi per il momento di quell’Assemblea dei Gerarchi di diverse Chiese sui iuris di cui si parla nel c. 322 del CCEO, il cammino intrapreso in questi incontri comincia a portare i frutti di una reciproca conoscenza, di condivisione delle problematiche di interesse comune, di crescita del senso di solidarietà fra le nostre chiese. Credo che per questo tipo di incontri vale l’elogio pronunciato da Benedetto XVI: "Elogio … la verifica puntuale dello sviluppo ecclesiale suscitato dalla ritrovata libertà religiosa" (Benedetto XVI, il 9.06.2007 alla CCO).
Fenomeno delle migrazioni.
Continua Benedetto XVI: "Uno sforzo intelligente è, infine, richiesto anche per affrontare il serio fenomeno delle migrazioni, che talora priva le comunità tanto provate delle migliori risorse. Occorre garantire ai migranti adeguata accoglienza nel nuovo contesto e l’indispensabile legame con la propria tradizione religiosa" (Benedetto XVI, il 9.06.2007 alla CCO).
Le chiese orientali cattoliche sono oggi fortemente colpite da una ondata migratoria dei propri fedeli verso le terre del più ricco Occidente. Le ragioni della migrazione sono differenti, le guerre civili, la povertà, il miraggio del miracolo economico occidentale. Alle soglie del III millennio il fenomeno della migrazione rappresenta probabilmente la maggiore sfida pastorale ed ecclesiologica delle Chiese orientali cattoliche.
Con gioia vediamo la crescita delle strutture amministrative per le singole Chiese orientali fuori dei loro territori tradizionali.
Una attenzione particolare meritano i fedeli che si trasferiscono dal vicino e Medio Oriente in Europa e nelle Americhe. In questo contesto è lecito, anzi doveroso chiedersi se oggi vengono efficacemente sfruttati tutti gli strumenti e meccanismi previsti già dall’attuale normativa e legislazione canonica per la cura pastorale di questi fedeli (CCEO, Erga migrante caritas Christi, ecc.). In genere possiamo dire che i pastori della Chiesa latina in Occidente sono oggi molto comprensivi e generosi nell’aiutare nascenti comunità orientali (spetta ai presuli orientali il compito di conoscere bene la situazione degli orientali emigrati attraverso i visitatori e presentare le loro esigenze alle istanze ecclesiali competenti, per trovare tutti insieme i mezzi più adeguati e le strutture più consone per garantire la cura pastorale di questi fedeli).
Ecumenismo, dialogo interreligioso e le sfide della modernità e del post-modernità.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha espresso il desiderio che le Chiese Orientali "fioriscano e assolvano con rinnovato vigore apostolico la missione loro affidata […] di promuovere l’unità di tutti i cristiani, specialmente orientali, secondo il decreto sull’ecumenismo […], in primo luogo con la preghiera, l’esempio della vita, la scrupolosa fedeltà alle antiche tradizioni orientali, la mutua e più profonda conoscenza, la collaborazione e la fraterna stima delle cose e degli animi" (Orientalium Ecclesiarum, 1). Favorite da una plurisecolare consuetudine di vita, esse dovranno farsi carico della sfida interreligiosa, in spirito di verità, rispetto e reciprocità, affinché culture e tradizioni diverse trovino vicendevole ospitalità nel nome dell’unico Dio (cfr At 2,9-11)" (Benedetto XVI, il 9.06.2007 alla CCO).
Il Concilio Vaticano II ricorda agli orientali una specifica missione loro affidata […] di promuovere l’unità di tutti i cristiani, specialmente orientali … con …la scrupolosa fedeltà alle antiche tradizioni orientali. Oltre un discorso ampio sull’ecumenismo, il Convegno di studio ci permetterà di fare una seria riflessione sul modo come attuano le chiese orientali cattoliche questo invito alla scrupolosa fedeltà alle antiche tradizioni orientali. Un modo relativamente semplice, anche se solo parziale, sarebbe quello di fare un test, un esame in quale misura le nostre Chiese orientali cattoliche hanno adempiuto gli inviti normativi dell’Istruzione della Congregazione per le Chiese orientali per l’applicazione delle prescrizioni liturgiche del CCEO (Istruzione del 6.01.1996).
La fedeltà alla Chiesa, all’invito del Concilio ecumenico, alla normativa canonica e alle istruzioni della Congregazione per le Chiese orientali si verifica non tanto attraverso i vaghi sentimenti e i proclami teorici, quanto attraverso i fatti concreti, portati avanti con coerenza e fedeltà in primo luogo dai pastori delle singole Chiese orientali.
Anche questo aspetto potrà essere verificato nell’ambito del nostro Convegno di studio.
[01353-01.01] [Testo originale: Italiano]
● INTERVENTO DI S.E. MONS. JUAN IGNACIO ARRIETA OCHOA DE CHINCHETRU
Sviluppo del diritto particolare e prospettiva ecumenica
Nel promuovere il presente Convegno, in occasione del XX Anniversario della promulgazione del Codex Canonum Eccleriarum Orientalium, il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi cerca un’occasione per riflettere in modo collegiale su quanto è stato fatto finora per portare a pieno sviluppo il suddetto Codex, nell’intento di stimolare l’evoluzione futura e, dove occorra e così venga richiesto, di contribuire col proprio lavoro al pieno sviluppo delle norme.
Da questo intento hanno avuto origine le due prospettive – ecumenica e di diritto particolare – che interessano il Convegno, oltre al momento commemorativo della prima mattinata. Dirò brevemente qualcosa su uno e l’altro aspetto.
Il Codice orientale è la norma comune alle 23 Chiese sui iuris della Chiesa cattolica, raggruppate attorno alle cinque grandi tradizioni orientali: alessandrina, antiochena, armena, caldea e bizantina. Queste 23 Chiese si chiamano sui iuris perché possiedono, ciascuna, una propria autonomia organizzativa e disciplinare: hanno un proprio Capo – sottoposto al Successore di Pietro – e possiedono capacità di emanare un diritto proprio che sviluppi le norme comuni a tutte le Chiese d’oriente stabilite dal Codex.
Occorre, dunque, che ciascuna di queste 23 Chiese sui iuris sviluppi, d’accordo con la tradizione ecclesiale di ciascuna, quei settori della disciplina che il Codex riserva ad ogni Chiesa. Questa rappresenta, infatti, una condizione necessaria per proteggere l’identità propria a ciascuna di queste comunità di fedeli – che è un tesoro per l’intera Chiesa di Cristo – e perché ogni gruppo di fedeli orientali possa inserirsi serenamente nei diversi Paesi nel contesto di una società in continua trasformazione e movimento.
Per ragioni di natura molto diversa – mancanza della necessaria serenità sociale in alcuni casi, dei necessari studi previ in altri, o per altre motivazioni – solo poche di queste 23 Chiese sono riuscite, in questi 20 anni, a predisporre un proprio diritto particolare, e in alcuni di questi casi, tali norme sono ancora provvisorie e parziali. Di fatto, hanno emanato leggi integrative o complementari alcune Chiese Patriarcali, come quella Maronita, che possiede un corpo completo diviso in otto parti, la Melkita, la Sira, la Copta, che hanno norme ad experimentum, e anche la Rutena che ha elaborato norme di carattere liturgico. Nelle restanti Chiese la produzione del proprio diritto particolare è ancora in fase di studio.
A ciò risponde l’impostazione che si è voluta dare a questo incontro commemorativo della promulgazione del Codex Canonum Eccleriarum Orientalium. Inoltre, il nostro Pontificio Consiglio, con la collaborazione della Congregazione per le Chiese orientali e del Pontificio Istituto Orientale, si sta adoperando anche con altre iniziative per collaborare a un soddisfacente completamento di questo diritto particolare.
L’altro versante del Convegno, legato strettamente a quanto stiamo considerando, è di natura ecumenica.
È comprensibile, infatti, che nella prospettiva del dialogo ecumenico al quale guarda la Chiesa con speranza e fede, la tradizione giuridica vissuta dalla Chiesa di oriente è quella che in miglior modo offre un linguaggio che più adeguatamente possa essere recepito come comune da parte delle Chiese che oggi sono ancora separate dalla comunione piena con la Chiesa di Roma. Dette tradizioni giuridiche orientali sono, inoltre, vivi esempi di come sia possibile l’armonia con la tradizione latina predominante nella Chiesa di Roma, soprattutto nel secondo Millennio.
È con l’aiuto di questi strumenti giuridici e di queste tradizioni disciplinari che la Chiesa cerca di capire meglio le tradizioni e la disciplina delle Chiese non ancora in piena comunione, ricercando così nella tradizione cattolica di oriente strumenti che siano validi per una piena unità. Detti strumenti esistenti oggi nella disciplina cattolica d’Oriente fanno vedere come l’unità non sia contraddittoria con la varietà di tradizioni e di discipline, le quali non sono altro che arricchimento del patrimonio comune.
Si comprende perciò l’interesse che deve avere la Chiesa nel considerare le genuine peculiarità di tutte queste tradizioni cattoliche orientali, nel rispetto di quel fattore di unità dell’intero gregge che Gesù affidò a Pietro a ai suoi successori.
[01354-01.01] [Testo originale: Italiano]
● INTERVENTO DI P. MICHAEL J. KUCHERA, S.J.
L’insegnamento del diritto canonico orientale
La Facoltà di Diritto Canonico Orientale presso il Pontificio Istituto Orientale, sita in Roma in Piazza S. Maria Maggiore, è stata formalmente eretta con decreto di Paolo VI il 7 luglio 1971. Tuttavia l’insegnamento del diritto canonico orientale era presente nell’Istituto già dalla fondazione dello stesso, ossia nel 1917, anno in cui Benedetto XV provvide a creare l’istituzione scientifica ed accademica (15 ottobre 1917).
Il primo corso di diritto canonico presso l’Istituto apparve infatti nell’anno accademico 1918-1919. Tale corso, denominato ius ecclesiasticum orientale fu impartito dal padre agostiniano Souarn. Successivamente, nel 1922 l’Istituto fu affidato da Pio XI alla Compagnia di Gesù, che ne prese così la leadership nell’anno accademico 1922-1923. La stretta relazione tra le facoltà di diritto canonico della Università Gregoriana e dell’Istituto Orientale furono mantenute fino al Concilio Vaticano II, quando un "aggiornamento" del Concilio richiese una maggior specializzazione nel trattare le materie relative alle Chiese Orientali Cattoliche. Questo processo di specializzazione è culminato certamente con la promulgazione del Codice dei Canoni per le Chiese Orientali, ad opera di Giovanni Paolo II, il 18 ottobre 1990.
A partire dal 7 luglio 1971 fu eretta la facoltà di diritto canonico orientale, unica al mondo che possa conferire i tre gradi accademici di licenza, dottorato e diploma.
La facoltà ha svolto un ruolo primario nello sviluppo del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. Infatti se prima della promulgazione del Codice i nostri professori erano coinvolti nel processo di codificazione, oggi partecipano spesso agli organismi e dicasteri della Curia Romana come consultori circa lo stesso Codice.
Inoltre molti studenti della nostra facoltà – sia nel passato che al presente sono assurti agli onori gerarchici e a ranghi particolarmente elevati nella Chiesa. Speciale è stato il ruolo nella Facoltà del Rev. P. Professore Ivan Žužek sj, che fu prosegretario e Segretario della Commissione Pontificia per la Revisione del Codice Orientale (1972-1977; 1978-1990). Durante tale arco di tempo la Commissione Pontificia provvide a pubblicare una serie denominata Nuntia, con la quale si raccolsero gli atti ufficiali della Commissione in relazione all’iter dei canoni; tale collana consta di ben 31 volumi (1973-1990). Al termine dell’opera di codificazione, il Giovanni Paolo II provvide a nominare il P. Žužek Sottosegretario del Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Lagislativi (1991-1995).
Oggi il compito principale della nostra facoltà è quello di investigare e insegnare la normativa giuridica riguardo al Codice dei Canoni per le Chiese Orientali.
La nostra Facoltà è l’unica facoltà che offre un curriculum formativo di corsi sulle fonti del diritto canonico orientale, rappresentate dalle varie tradizioni dell’Oriente Cristiano – Bizantina, Alessandrina, Antiochena, Caldea, Armena – con i relativi diritti particolari delle maggiori chiese. Ovviamente l’insegnamento del Codice, con i suoi 1546 canoni, è senza dubbio l’aspetto preponderante dell’insegnamento. Ma oltre alle materie del Codice si cerca di fornire anche una preparazione giuridica generale con altre materie (quali diritto pubblico, diritto internazionale e delle organizzazioni internazionali, diritto concordatario, ecc.). Inoltre il contatto e lo scambio con Chiese Ortodosse fa sì che vi sia uno studio attento sui sacri canoni del Primo Millennio, canoni comuni alla tradizione bizantina, ma anche comuni alle tradizioni Nestoriana, Copta-Monofisita. Infine lo studio del Codice Orientale è costantemente inserito nell’insegnamento, ma anche nella riflessione scientifica, da una doverosa comparazione con la normativa del Codice Latino (Codex Iuris Canonici del 1983). Parimenti lo studio della Curia Romana, riformata dalla Constitutio apostolica ‘Pastor bonus’ completa la formazione canonistica degli studenti.
Senza dubbio l’approccio teologico, storico, ecumenico e comparativo caratterizza i nostri programmi accademici ed anche la didattica delle singole materie, facendo si che gli studenti delle tradizioni cattoliche Orientali, di quelle Ortodosse e di quella Latina possano acquisire un substrato di conoscenze utili non solo per comprendere il fenomeno del "diritto", ma anche per realizzare un dialogo in profondità.
Nel passato anno accademico (2009-2010), la nostra facoltà ha avuto 103 studenti di cui 47 nel ciclo di licenza e 56 nel ciclo di dottorato. Gli studenti provengono da 22 differenti nazioni, tra questi 87 provengono dalle Chiese Cattoliche Orientali, mentre 8 dalla Chiesa Latina e 8 dalle varie Chiese Ortodosse. Il numero più considerevole di studenti proviene dall’India (33) e dall’Ucraina (27). Altrettanta varietà si riscontra tra i nostri professori, provenienti da varie Chiese (latina, orientali, ortodosse) e da varie nazioni (dall’Italia agli USA, dall’Ucraina alla Romania, all’Iraq). La dimensione ecumenica del corpo studentesco al Pontificio Istituto Orientale è dunque in totale sintonia con la missione stessa del Pontificio Istituto Orientale affidata da Pio XI ai Gesuiti, missione che il S. Padre stesso chiamò di "validi rematori".
La facoltà si presenta dunque come un corpo di docenti particolarmente esperti e parimenti ricerca docenti altamente qualificati nelle proprie specializzazioni. Alcuni dei nostri studenti – al termine dei propri studi – diventeranno docenti nei seminari o in atenei, giudici, ufficiali, superiori di gruppi religiosi (sia maschili che femminili), responsabili amministrativi e autorità nelle loro rispettive Chiese sui iuris. Un esempio è il nostro "ex alunno", Sua Santità Bartolomeo I° patriarca ecumenico di Costantinopoli che proprio negli anni sessanta del secolo scorso frequentò il Pontificio Istituto Orientale.
La Facoltà inoltre assolve la propria missione anche collaborando con altre istituzioni scientifiche ed accademiche aggregate al Pontificio Istituto Orientale. Così abbiamo l’Istituto di Diritto Canonico Orientale in Bangalore, India, ed altre istituzioni soprattutto dell’Est Europa. Lo scambio occasionale di visiting professors e l’organizzazione di convegni è un aspetto di vita della Facoltà. La facoltà inoltre pubblica una propria collana ben nota, Kanonika. Inoltre, autonoma, ma legata alla facoltà, è la collana on-line Iura Orientalia, un esperimento di pubblicazione in internet di diritti orientali antichi e moderni. La collana è giunta al sesto anno di vita. In sostanza la Facoltà si caratterizza per un’intensa attività non solo didattica, ma anche scientifica e congressuale, organizzando per esempio ogni anno una giornata scientifica su un tema monografico.
In poche parole il nostro proposito è quello di dare una solida formazione a coloro che poi saranno chiamati, subito dopo gli studi, ad operare direttamente per le proprie Chiese di appartenenza. In base ai vigenti Statuti (Art. 3): La natura e la specificità dell’Istituto è di essere a Roma sede di studi superiori di questioni orientali. Fine proprio dell’Istituto è conoscere più profondamente l’Oriente Cristiano, antico e moderno, nonché le condizioni concrete nelle quali versa, e promuovere la mutua comprensione fra i cristiani occidentali e orientali, secondo lo spirito del Concilio Vaticano II.
Il Pontificio Istituto Orientale e la Sua Facoltà di Diritto Canonico Orientale, da Benedetto XV a Benedetto XVI continua con spirito e umilità la propria missione, sperando di essere sempre all’altezza della situazione, per affrontare le sfide del mondo moderno.
[01355-01.01] [Testo originale: Italiano]
● SCHEDA INFORMATIVA SULLE CHIESE CATTOLICHE ORIENTALI
Le Chiese cattoliche orientali
Attualmente nella Chiesa Cattolica ci sono 23 Chiese sui iuris, 22 appartenenti alle cinque tradizioni orientali e una appartenente alla tradizione latina (Chiesa latina); l’Esarcato Apostolico di Serbia e Montenegro non è annoverata nell’Annuario Pontificio tra le Chiese sui iuris, anche se non manca chi lo consideri tale.
Le Chiese di tradizione Alessandrina:
- la Chiesa Patriarcale Copta: nel 1824 la Santa Sede creò un patriarcato per i cattolici copti, che però esisteva soltanto sulla carta. Papa Leone XIII con la lettera apostolica "Christi Domini" del 26 novembre 1895, ristabilì il Patriarcato cattolico copto di Alessandria.
L’attuale Patriarca è Sua Beatitudine Antonios Naguib che ha iniziato il suo ministero il 30 marzo 2006. La sede patriarcale si trova nel Cairo. I copti cattolici si trovano esclusivamente in Egitto e nel Sudan in numero di 210.000.
- La Chiesa Metropolitana sui iuris Etiopica: nel 1930 fu istituito un ordinariato per i fedeli di rito etiope in Eritrea, affidato ad un vescovo eritreo. Successivamente, nel 1951, fu istituito un esarcato apostolico di rito etiope ad Addis Abeba, e l'ordinariato per l'Eritrea fu elevato al rango di esarcato. Dieci anni dopo, il 9 aprile 1961, fu istituita una metropolia etiope, con Addis Abeba come sede metropolitana e Asmara (in Eritrea) e Adigrat (in Etiopia) come eparchie suffraganee. Nel 1995, due nuove eparchie, quelle di Barentu e di Keren, sono state erette in Eritrea.
Attualmente il Metropolita è S.E.R. Mons. Berhaneyesus Demerew Souraphiel, i fedeli sono 208.000, la lingua liturgica di questa Chiesa è Ge'ez, una lingua semitica caduta in disuso ormai da secoli.
Le Chiese di tradizione Antiochena:
- la Chiesa Patriarcale Sira: è la Chiesa degli ortodossi siriaci che si sono riuniti con Roma a partire dal 1783. La Chiesa ha una propria gerarchia, sotto l'autorità di un patriarca, che porta il titolo di Patriarca di Antiochia dei Siri.
Dal 20 gennaio 2009 il nuovo Patriarca è Sua Beatitudine Ignage Youssif III Younan . La sede è a Beirut (Libano), ma la maggior parte dei fedeli vivono in Iraq (42.000) e Siria (26.000), mentre 55.000 vivono nella diaspora: U.S.A., Venezuela.
- la Chiesa Patriarcale Maronita: la Chiesa maronita prende il nome dal suo fondatore, san Marone († 410), che la istituì nel IV secolo.
Il Patriarca di Antiochia dei Maroniti è Sua Beatitudine Em.ma il Sig. Card. Nasrallah Pierre Sfeir, con la sede a Bkerké, Libano, e un numero di tre milioni di fedeli. La Chiesa si trova in Libano, Cipro, Giordania, Israele, Palestina, Egitto, Siria, Argentina, Brasile, Messico, U.S.A., Canada, Australia.
- la Chiesa Arcivescovile Maggiore Siro-Malankarese: nel 1930 un piccolo gruppo di religiosi e fedeli della Chiesa malankarese ortodossa, guidati dal vescovo Geevarghese Mar Ivanios chiesero ed ottennero la comunione con la Chiesa cattolica da papa Pio XI che nel 1932 diede vita alla nuova Chiesa cattolica siro-malankarese con l'erezione di due diocesi e l'imposizione del pallio a Mar Ivanios. Il 10 febbraio 2005 papa Giovanni Paolo II elevò la chiesa alla dignità di arcivescovile maggiore.
L’Arcivescovo Maggiore è Sua Beatitudine Baselios Cleemis Thottunkal, con la sede a Trivandrum e un numero di oltre 410.000 fedeli.
La Chiesa di tradizione Armena:
- la Chiesa Patriarcale Armena: la Chiesa armeno-cattolica nata nel 1742 dalla Chiesa nazionale armena. Fu riconosciuta da papa Benedetto XIV (1740-1758). È presente con comunità in Libano, Iran, Iraq, Egitto, Siria, Turchia, Israele, Palestina ed in altre realtà della diaspora armena nel mondo. Il numero dei fedeli è stimato in 540.000 (2008). La sede della Chiesa è a Bzoummar, in Libano.
Il capo della Chiesa è il patriarca di Cilicia degli Armeni che ha sede a Beirut; l'attuale patriarca è Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX Tarmouni.
Le Chiese di tradizione Caldea:
- la Chiesa Patriarcale Caldea: nel 1551 alcuni vescovi e fedeli si riunirono presso l’antico monastero di Rabban Hormisda ed elessero a patriarca Yochanan (Giovanni) Sulaqa, abate del monastero. Successivamente inviarono Sulaqa a Roma, dove l’abate venne ascoltato da papa Giulio III. Sulaqa si convertì al cattolicesimo. Nel 1553 il papa creò il Patriarcato della Chiesa cattolica di rito caldeo. Nel 1830 venne fissata l’unione definitiva con Roma, quando papa Pio VIII attribuì al patriarca il titolo di Patriarca di Babilonia dei Caldei. La sede rimase fino al XX secolo la città assira di Mossul.
Il Patriarca di Babilonia dei Caldei ha la sede a Baghdad; l’attuale patriarca è Sua Beatitudine Em.ma il Sig. Card. Emmanuel III Delly. I fedeli sono circa un milione, di cui 250.000 vivono in Iraq, dove rappresentano la maggioranza dei fedeli cristiani. La Chiesa si trova anche in Iran, Gerusalemme, Libano, Siria, Egitto, Turchia, Australia, U.S.A.
- la Chiesa Arcivescovile Maggiore Siro-Malabarese: il 1662 (o il 1663) si considera la data di fondazione della Chiesa siro-malabarese. Nel 1896 furono fondati tre vicariati apostolici, alla cui guida vennero posti vescovi siro-malabaresi. Papa Pio XI diede vita nel 1923 ad una gerarchia propria per la chiesa siro-malabarese e nel 1934 diede il via ad un processo di de-latinizzazione dei riti che portò all’approvazione della nuova liturgia da parte di papa Pio XII nel 1957. Nel 1992 papa Giovanni Paolo II elevò la Chiesa ad arcivescovile maggiore nominando quale primo arcivescovo maggiore il cardinale Antony Padiyara (che è rimasto in carica fino alla scomparsa, nel 2000).
L’attuale Arcivescovo Maggiore è Sua Beatitudine Em.ma il Sig. Card. Varkey Vithayathil, con la sede a Ernakulam-Angamaly; il suo territorio è l’India specialmente lo Stato Kerala, il numero dei fedeli e di 3.600.000.
Le Chiese di tradizione Bizantina:
- la Chiesa Patriarcale Melkita: Nel 1724 la Chiesa melchita si divise in due rami, uno sotto l’influenza di Costantinopoli, detti "Ortodossi antiocheni", gli altri "Melchiti cattolici", che dichiararono formalmente l’unione con Roma nello stesso 1724. Oggi, i Melchiti cattolici sono presenti non solo in Medio oriente, ma anche in nazioni come il Canada, gli Stati Uniti d’America, il Brasile, l’Australia.
Il Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti è Sua Beatitudine Gregorio III Laham, con la sede a Damasco; il numero dei fedeli è di 1.200.000.
- la Chiesa Arcivescovile Maggiore Ucraina: fu concordata un’Unione, detta Unione di Brest, nel 1595 a Roma, poi ratificata a Brest Litovsk nel 1596: in quella occasione oltre all’arcieparchia metropolitana di Kiev ed altre eparchie dette della Rutenia Bianca, si unirono delle terre rimaste in territorio ucraino e cioè le eparchie della Volinia. L’Unione fu comunque ristabilita nel 1620 ed il Metropolita si stabilì nella città di Kiev. La Chiesa elevata allo statuto Arcivescovile Maggiore il 23 dicembre 1963, ha per capo l’arcivescovo maggiore di Kyïv-Halyč; la sede della Chiesa è stata ufficialmente trasferita dalla storica sede di Leopoli alla capitale Kiev il 6 dicembre 2004.
L’attuale titolare è Sua Beatitudine Em.ma il Sig. Card. Ljubomyr Huzar, con un numero di 4 284 082 fedeli, sparsi in tutto il mondo.
- la Chiesa Arcivescovile Maggiore Romena: preparata ad Alba Iulia nel sinodo del 1697 e decisa ufficialmente in quello del 7 ottobre 1698, l’unione con Roma fu solennemente ratificata nel sinodo di Alba Iulia del 7 maggio 1700. Il 9 maggio 1721 il papa Innocenzo XIII conferma con la bolla Rationi congruit la fondazione di un vescovado per gli "uniti di Transilvania", con la sede prima a Făgăraş e poi, dal 1737, a Blaj. Nel 1853, con la bolla Ecclesiam Christi ex omni lingua papa Pio IX istituì la metropolia greco-cattolica rumena nell’eparchia di Fagaras-Alba Iulia con tre diocesi suffraganee. La Chiesa è stata elevata allo statuto di Chiesa Arcivescovile Maggiore nel 16 dic. 2005, il suo capo è l’arcivescovo maggiore di Făgăraş e Alba Iulia che ha sede a Blaj.
L’attuale arcivescovo maggiore è Sua Beatitudine Lucian Mureşan. La Chiesa è suddivisa in sei eparchie delle quali cinque in Romania, riunite in una provincia ecclesiastica, e una negli Stati Uniti d’America immediatamente soggetta alla Santa Sede, con un numero di 737.900 fedeli.
- la Chiesa Metropolitana sui iuris Rutena: con l’Unione di Užhorod del 1646, la Chiesa rutena si riunì al resto della Chiesa cattolica. Nel XIX e XX secolo molti cattolici di rito bizantino emigrarono negli Stati Uniti d’America, soprattutto nelle città minerarie. La Chiesa rutena oggi consiste nell’Eparchia di Mukačeve in Ucraina immediatamente soggetta alla Santa Sede, nell’Arcieparchia di Pittsburgh con le sue tre eparchie suffraganee e nell’esarcato apostolico della Repubblica Ceca.
La sede di questa Chiesa si trova fuori territorio dell’Ucraina, nel Pittsburgh, Stati Uniti, attualmente la sede è vacante con il decesso nel 10 giugno 2010 di S.E.R. Mons. Basil Myron Schott. I fedeli sono in numero di 594.000.
- la Chiesa Metropolitana sui iuris Slovacca: l’Unione di Užhorod del 1646 fu unanimemente accettata sul territorio che include l’odierna Slovacchia orientale. Eretta il 22 settembre 1818, l’eparchia di Prešov fu sottratta nel 1937 dalla giurisdizione del primate d’Ungheria e resa immediatamente soggetta alla Santa Sede. Nel 1997, Giovanni Paolo II eresse l’esarcato apostolico di Košice. Il 30 gennaio 2008 papa Benedetto XVI ha riorganizzato la Chiesa rendendola metropolitana sui iuris con l’elevazione dell’Eparchia di Prešov a Metropolia, l’elevazione del Esarcato apostolico di Košice ad eparchia e l’erezione dell’Eparchia di Bratislava.
La sede della Chiesa è a Prešov e l’attuale Metropolita è S.E.R. Mons. Jan Bajak; i fedeli sono in numero di 350.000.
- la Chiesa sui iuris Albanese: prima unione si è cercata nel 1660, quando un arcivescovo ortodosso si unì alla Chiesa cattolica, ma nel 1765 fu abbandonata a causa di ostacoli posti dai governanti ottomani. Nel 1895 un gruppo di villaggi a sud-est di Elbasan nell’Albania centrale, decise di passare al cattolicesimo. Albania meridionale diventa nel 1939 una giurisdizione ecclesiastica separata, sotto la cura di un amministratore apostolico. La Chiesa è costituita nell’Amministrazione Apostolica dell’Albania Meridionale, con più di 3.600 fedeli.
L’attuale amministratore apostolico è il vescovo di origine croata, francescano di rito bizantino S.E.R. Mons. Hil Kabashi, che fu nominato nel 1996.
- la Chiesa sui iuris Bielorussa: con l’Unione di Brest (1595 – 96), erano entrati in piena comunione con la Sede di Roma numerosi cristiani bielorussi. Nel 1931 la Santa Sede inviò un vescovo nel ruolo di Visitatore apostolico. Nel 1939, fu nominato un esarca per i fedeli bielorussi di rito bizantino. Nell 1960 la Santa Sede nominò un Visitatore Apostolico per i fedeli bielorussi all’estero. All’inizio del 2005, la Chiesa greco-cattolica bielorussa aveva 20 parrocchie, 13 delle quali avevano ottenuto il riconoscimento statale. Nel 2003, le città di Minsk, Polatsk e Vitebsk avevano due parrocchie greco-cattoliche ciascuna, mentre Brest, Grodno, Mogilev, Molodechno e Lida ne avevano una. I fedeli legati permanentemente a queste parrocchie erano circa 3.000, mentre circa altri 4.000 vivevano fuori dalla portata pastorale delle parrocchie. C’erano 10 preti e 15 seminaristi. A Polatsk c’era un piccolo monastero Studita.
- la Chiesa sui iuris Bulgara: negli anni 1859-1861, i bulgari chiedono l’unione con Roma. Papa Pio IX accettò la loro richiesta e ordinò egli stesso l’archimandrita Joseph Sokolsky arcivescovo l’8 aprile 1861. Nel 1926, fu istituito un esarcato apostolico per i fedeli cattolici di rito bizantino. Al termine del 2004, l’esarcato apostolico di Sofia contava circa 10.000 battezzati in 21 parrocchie, assistiti da 5 sacerdoti eparchiali e 16 religiosi, con altri 17 religiosi e 41 religiose.
È attualmente retto da S.E.R. Mons. Christo Proykov.
- la Chiesa sui iuris Croata: nel 1611 viene creato un vescovo per gli ortodossi gradualmente passati al cattolicesimo in Croazia. Nel 1853 l’Eparchia diventa suffraganea dell’Arcivescovo di Zagabria. Nel 1966 si fa il trasferimento della sede eparchiale a Zagabria. Nel 2001 dall’Eparchia viene staccato l’Esarcato Apostolico per i Macedoni (circa 6000 fedeli) e nel 2003 viene staccato l’Esarcato Apostolico di Serbia e Montenegro (circa 25.000 fedeli).
L’eparchia di Križevci è attualmente guidata dal primate della Chiesa S.E.R. Mons. Nikola Kekić e comprende tutti i fedeli di rito bizantino di Croazia. Sede vescovile è la città di Križevci. Il territorio è suddiviso in 34 parrocchie con un totale di 15.311 fedeli.
- la Chiesa sui iuris Greca: le prime conversioni greche al cattolicesimo si verificarono alla fine del XIX secolo con la creazione di una Chiesa sui iuris. L’Esarcato Apostolico di Grecia per i fedeli di rito bizantino è stato eretto l’11 giugno 1932, nel 2004 contava 2.300 battezzati. È attualmente retta dal primate della Chiesa, S.E.R. Mons. Dimitrios Salachas. L’Esarcato Apostolico di Costantinopoli per tutti i fedeli di rito bizantino di Turchia è stato eretto l’11 giugno 1911, la sede è vacante dal 1957.L’amministratore apostolico è S.E.R. Mons. Louis Pelatre.
- la Chiesa sui iuris Italo-Albanese: è costituita da due eparchie e dall’Abbazia territoriale di Grottaferrata. L’eparchia di Lungro è stata eretta il 13 febbraio 1919 con la bolla Cattolici fideles di papa Benedetto XV. Nel 2004 contava 32.800 battezzati su 33.182 abitanti. È attualmente sede vacante, dopo l’accettazione alla rinuncia per limiti di età di S.E.R. Mons. Ercole Lupinacci nel 10 agosto 2010. Il territorio è suddiviso in 29 parrocchie. Il 26 ottobre 1937 la bolla Apostolica Sedes di papa Pio XI segnò l’erezione dell’eparchia di Piana dei Greci, con giurisdizione sui fedeli di rito bizantino della Sicilia. L’eparchia nel 2004 contava 28.500 battezzati su 30.000 abitanti. È attualmente retta dall’eparca S.E.R. Mons. Sotìr Ferrara. L’abbazia territoriale di Santa Maria di Grottaferrata comprende la sola abbazia di Grottaferrata. Nel 2004 contava 98 battezzati su 98 abitanti.
È attualmente retta dall’archimandrita Emiliano Fabbricatore, O.S.B.I. L’abbazia viene fondata nel 1004 da San Nilo da Rossano, sul terreno di un’antica villa romana concesso ai monaci dal feudatario del luogo Gregorio I dei Conti di Tuscolo.
- la Chiesa sui iuris Macedone: costituita dall’Esarcato Apostolico di Macedonia, che fu fondato nel 1918, abolito poi nel 1924. Nel 2001, dopo la dissoluzione della Jugoslavia, la Santa Sede ristabilì l’Esarcato apostolico di Macedonia. la Santa Sede dal 2001 ha nominato i vescovi di rito latino di Skopje a capo dell’Esarcato Apostolico di Macedonia. Attualmente i membri della Chiesa greco-cattolica macedone ammontano a circa 11.400.
L’attuale esarca è S.E.R. Mons. Kiro Stojanov vescovo di Skopje.
- la Chiesa sui iuris Russa: si unì formalmente con Roma nel 1905. Nel 1917 fu fondato il primo esarcato apostolico per i cattolici russi e nel 1928, fu fondato un secondo esarcato apostolico a Harbin per i cattolici russi in Cina. I due esarcati ufficialmente esistono ancora ma non sono nominati nuovi vescovi
- la Chiesa sui iuris Ungherese: nel XVIII secolo molti ungheresi protestanti furono convertiti al cattolicesimo, adottando il rito bizantino. Nell’8 giugno 1912, Papa Pio X creò l’Eparchia di Hajdúdorog per le 162 parrocchie greco-cattoliche di lingua ungherese. Il 4 giugno 1924 viene eretto l’Esarcato Apostolico di Miskolc.
Il primate della Chiesa è S.E.R. Mons. Péter Fulop Kocsis vescovo dell’eparchia di Hajdudorog, con sede a Nyiregyhaza e circa 300.000 fedeli.
[01356-01.02]
● SCHEDA INFORMATIVA SULLA PRODUZIONE DEL DIRITTO PARTICOLARE DELLE CHIESE SUI IURIS
La produzione del diritto particolare delle Chiese sui iuris
Il Codex Canonum Eccleriarum Orientalium promulgato nel 1990 contiene la disciplina comune alle 23 Chiese sui iuris della Chiesa cattolica, integrate nelle cinque grandi tradizioni orientali. A causa di tale diversità, il Codex prevede che alcune delle sue norme siano "obbligatoriamente" emanate all’interno di ciascuna delle Chiese sui iuris, in modo da configurare una disciplina più adeguata alla rispettiva tradizione. In altri casi, invece, il Codex indica alcune materie che "possono" essere sviluppate nel diritto particolare, se i rispettivi Vescovi lo ritengono opportuno.
Modo di produzione del diritto particolare comune alle Chiese sui iuris
Di regola, nelle 6 Chiese Patriarcali (Copta, Sira, Maronita, Armena, Caldea e Melkita), e nelle 4 Chiese Arcivescovili Maggiori (Siro-Malancarese, Siro-Malabarese, Ucraina e Romena), il diritto particolare comune alla stessa Chiesa sui iuris è prodotto dal rispettivo Sinodo dei Vescovi ed è promulgato dal Patriarca (cann. 110 § 1, 111 § 3, 112 § 2 CCEO) o dall’Arcivescovo Maggiore (can. 152 CCEO) dopo aver informato il Santo Padre delle leggi che sono state fatte.
Invece, nelle 3 Chiese Metropolitane (Etiopica, Rutena, Slovacca), il diritto particolare è preparato dal Consiglio di Gerarchi e promulgato dal Metropolita solo dopo aver ricevuto notizia della ricezione di tali norme (actorum receptione) da parte della Santa Sede. La stessa cosa accade nelle 9 Chiese sui iuris di tradizione bizantina (Albanese, Bielorussa, Bulgara, Croata, Greca, Italo-Albanese, Macedone, Russa e Ungherese), dove il rispettivo Gerarca produce la legge particolare e la promulga una volta che abbia notizia della sua ricezione (can. 167 CCEO).
Ruolo della Curia Romana a proposito di questo diritto particolare
La presente organizzazione e distribuzione di competenze dei Dicasteri della Curia Romana è avvenuta con la cost. ap. Pastor Bonus, promulgata nel 1988, quando ancora non era stato ancora promulgato il Codex Iuris Ecclesiarium Orientalium.
In questo contesto, il diritto particolare prodotto in forma autonoma da ciascuna delle Chiese sui iuris è inviato alla Santa Sede e, concretamente, alla Congregazione per le Chiese orientali, che svolge su di esse tutte le competenze stabilite negli artt. 56-61 della cost. ap. Pastor Bonus.
In concreto, l’art. 56 della cost. ap. Pastor Bonus "La Congregazione tratta le materie concernenti le Chiese Orientali, sia circa le persone sia circa le cose", e l’art. 58 § 1 della stessa cost. ap. Pastor Bonus aggiunge che "La competenza di questa Congregazione si estende a tutti gli affari, che sono propri delle Chiese Orientali e che debbono essere deferiti alla Sede Apostolica, sia circa la struttura e l’ordinamento delle Chiese, sia circa l’esercizio delle funzioni di insegnare, di santificare e di governare, sia circa le persone, il loro stato, i loro diritti e doveri. Essa svolge anche tutto ciò che è prescritto dagli articoli 31 e 32 circa le relazioni quinquennali e le Visite "ad limina"
Il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi è tenuto informato dell’andamento di questo diritto particolare affinché possa realizzare le sue funzioni istituzionali che riguardano, specificamente, le norme comuni a tutte le Chiese sui iuris e anche il giudizio sulla congruenza delle norme inferiori dettate, in questo caso, dai Vescovi orientali o dai loro Sinodi i Consigli di Gerarchi, con le norme universali della Chiesa, conforme all’art. 158 della cost.ap. Pastor Bonus.
Infatti, una volta promulgato il Codex, nel 1990, una nota della Segreteria di Stato indicò, per riferimento alle funzioni stabilite due anni prima nella cost. ap. Pastor Bonus, che "La ‘mente’ di Sua Santità per la redazione della citata Costituzione Apostolica circa la Curia romana era che la competenza del Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi si estendesse all’intera Chiesa e non fosse limitata a quella latina. Adempio, pertanto, il venerato incarico di assicurarLe che il testo della "Pastor Bonus" va interpretato nel senso che la competenza del Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi comprende anche l’interpretazione autentica del ‘Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium’ e delle leggi comuni a tutte le Chiese Orientali" (Segreteria di Stato, Lettera al Presidente del Pontificio Consiglio del 27 febbraio 1991 N. 278.287/G.N., in "Communicationes" 23, 1991, pp. 14-15.
[01357-01.01]
[B0602-XX.02]