Questo pomeriggio, alle ore 18, nell’Aula Paolo VI, ha luogo un Concerto in onore del Santo Padre Benedetto XVI, offerto dall’ENI.
In programma musiche di Franz Joseph Haydn, Arvo Pärt e Ludwig van Beethoven eseguite dall’Orchestra e dal Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, dirette dal Maestro Neeme Järvi, solista il Maestro Andrea Lucchesini.
Al termine del concerto, il Papa rivolge agli artisti e a tutti i presenti il discorso che riportiamo di seguito:
● DISCORSO DEL SANTO PADRE
Venerati Fratelli,
illustri Signori e Signore, cari fratelli e sorelle!
Desidero prima di tutto rivolgere il mio sentito ringraziamento all’ENI, nella persona del Presidente, Prof. Roberto Poli, che ha cortesemente introdotto questa serata. Già da tempo l’ENI aveva offerto di organizzare un concerto in concomitanza con i lavori di restauro dei prospetti laterali della Basilica di San Pietro. Dopo aver realizzato la memorabile pulitura della facciata, ammirata da milioni di pellegrini durante il Giubileo del 2000, questa ulteriore, grande opera è in pieno svolgimento: entrando in Vaticano dall’Arco delle Campane o dal Petriano, si rimane colpiti – guardando la parte già ultimata – dall’aspetto del travertino, che appare come mai l’abbiamo veduto, quasi morbido e vellutato. Anche questo è un grande lavoro "di orchestra", e meritano un applauso tutti coloro che lo dirigono e quanti lo eseguono, con maestria e con fatica!
E così l’ENI ha pensato ad un concerto – forse per compensare i rumori che inevitabilmente questi lavori producono! Per questo sono stati chiamati l’Orchestra e il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, vale a dire due istituzioni che, per la loro storia, la qualità della loro arte e il suono tipicamente "italiano", rappresentano Roma e l’Italia nel panorama musicale mondiale. A tutti gli Orchestrali e i Coristi vorrei porgere le mie congratulazioni, con l’augurio di potersi sempre rinnovare nello spirito, per dare vita – come questa sera – ad opere immortali. In particolare, esprimo vivo apprezzamento al Direttore Neeme Järvi, al pianista Andrea Lucchesini e al Maestro del Coro Ciro Visco. Un saluto speciale anche al gruppo di poveri, assistiti dalla Caritas diocesana, che ho voluto invitare per vivere con noi questo momento di gioia.
Ed ora una breve riflessione sulla musica che abbiamo ascoltato: una sinfonia di Haydn, del gruppo delle "Londinesi", detta "La sorpresa", o "mit dem Paukenschlag" per il caratteristico uso del timpano nel secondo tempo; la Fantasia corale di Beethoven, un brano abbastanza atipico come genere nel panorama beethoveniano, ma che mostra sinteticamente le possibilità espressive della musica solistica, orchestrale e corale; e, collocata in mezzo, la Cecilia, vergine romana di Arvo Pärt. Le due opere di Haydn e di Beethoven hanno fatto risuonare tutta la ricchezza e la potenza della musica sinfonica del periodo classico e romantico: con essa il genio umano gareggia in creatività con la natura, dà vita ad armonie varie e multiformi, dove anche la voce umana partecipa di questo linguaggio, che è come un riflesso della grande sinfonia cosmica. Tale forma è caratteristica soprattutto del periodo romantico e tardo romantico, ma va oltre, rappresenta una dimensione universale dell’arte, un modo di concepire l’uomo e il suo posto nel mondo.
Invece l’opera di Pärt, pur avvalendosi anch’essa di uno strumento simile, un’orchestra sinfonica ed un coro, vuole dare voce ad un’altra realtà, che non appartiene al mondo naturale: dà voce alla testimonianza della fede in Cristo, che in una parola si dice "martirio". E’ interessante che questa testimonianza sia impersonata proprio da santa Cecilia: una martire che è anche la patrona della musica e del bel canto.
Bisogna dunque congratularsi anche con chi ha ideato il programma del concerto, perché l’accostamento di questo lavoro su santa Cecilia alle opere di Haydn e Beethoven offre un contrasto ricco di significato, che invita a riflettere. Il testo del martirio della Santa e il particolare stile che lo interpreta in chiave musicale, sembrano rappresentare il posto e il compito della fede nell’universo: in mezzo alle forze vitali della natura, che sono intorno all’uomo e anche dentro di lui, la fede è una forza diversa, che risponde a una parola profonda, "uscita dal silenzio", come direbbe sant’Ignazio di Antiochia. La parola della fede ha bisogno di un grande silenzio interiore, per ascoltare e obbedire ad una voce che è oltre il visibile e il tangibile. Questa voce parla anche attraverso i fenomeni della natura, perché è la potenza che ha creato e governa l’universo; ma per riconoscerla ci vuole un cuore umile e obbediente – come ci insegna anche la Santa di cui oggi facciamo memoria: santa Teresa di Gesù Bambino. La fede segue questa voce profonda là dove l’arte stessa da sola non può arrivare: la segue nella via della testimonianza, dell’offerta di se stessi per amore, come ha fatto Cecilia. Allora l’opera d’arte più bella, il capolavoro dell’essere umano è ogni suo atto di amore autentico, dal più piccolo – nel martirio quotidiano – fino all’estremo sacrificio. Qui la vita stessa si fa canto: un anticipo di quella sinfonia che canteremo insieme in Paradiso. Grazie di nuovo e buona serata.
[01317-01.01] [Testo originale: Italiano]
[B0588-XX.01]