MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XXVI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (16-21 AGOSTO 2011) ● MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
● TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE
● TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
● TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA
● TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA
Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI invia ai giovani e alle giovani del mondo, in occasione della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù che sarà celebrata dal 16 al 21 agosto 2011 a Madrid (Spagna):
● MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
"Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr Col 2,7)
Cari amici,
ripenso spesso alla Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney del 2008. Là abbiamo vissuto una grande festa della fede, durante la quale lo Spirito di Dio ha agito con forza, creando un’intensa comunione tra i partecipanti, venuti da ogni parte del mondo. Quel raduno, come i precedenti, ha portato frutti abbondanti nella vita di numerosi giovani e della Chiesa intera. Ora, il nostro sguardo si rivolge alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che avrà luogo a Madrid nell’agosto 2011. Già nel 1989, qualche mese prima della storica caduta del Muro di Berlino, il pellegrinaggio dei giovani fece tappa in Spagna, a Santiago de Compostela. Adesso, in un momento in cui l’Europa ha grande bisogno di ritrovare le sue radici cristiane, ci siamo dati appuntamento a Madrid, con il tema: "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr Col 2,7). Vi invito pertanto a questo evento così importante per la Chiesa in Europa e per la Chiesa universale. E vorrei che tutti i giovani, sia coloro che condividono la nostra fede in Gesù Cristo, sia quanti esitano, sono dubbiosi o non credono in Lui, potessero vivere questa esperienza, che può essere decisiva per la vita: l’esperienza del Signore Gesù risorto e vivo e del suo amore per ciascuno di noi.
1. Alle sorgenti delle vostre più grandi aspirazioni
In ogni epoca, anche ai nostri giorni, numerosi giovani sentono il profondo desiderio che le relazioni tra le persone siano vissute nella verità e nella solidarietà. Molti manifestano l’aspirazione a costruire rapporti autentici di amicizia, a conoscere il vero amore, a fondare una famiglia unita, a raggiungere una stabilità personale e una reale sicurezza, che possano garantire un futuro sereno e felice. Certamente, ricordando la mia giovinezza, so che stabilità e sicurezza non sono le questioni che occupano di più la mente dei giovani. Sì, la domanda del posto di lavoro e con ciò quella di avere un terreno sicuro sotto i piedi è un problema grande e pressante, ma allo stesso tempo la gioventù rimane comunque l’età in cui si è alla ricerca della vita più grande. Se penso ai miei anni di allora: semplicemente non volevamo perderci nella normalità della vita borghese. Volevamo ciò che è grande, nuovo. Volevamo trovare la vita stessa nella sua vastità e bellezza. Certamente, ciò dipendeva anche dalla nostra situazione. Durante la dittatura nazionalsocialista e nella guerra noi siamo stati, per così dire, "rinchiusi" dal potere dominante. Quindi, volevamo uscire all’aperto per entrare nell’ampiezza delle possibilità dell’essere uomo. Ma credo che, in un certo senso, questo impulso di andare oltre all’abituale ci sia in ogni generazione. È parte dell’essere giovane desiderare qualcosa di più della quotidianità regolare di un impiego sicuro e sentire l’anelito per ciò che è realmente grande. Si tratta solo di un sogno vuoto che svanisce quando si diventa adulti? No, l’uomo è veramente creato per ciò che è grande, per l’infinito. Qualsiasi altra cosa è insufficiente. Sant’Agostino aveva ragione: il nostro cuore è inquieto sino a quando non riposa in Te. Il desiderio della vita più grande è un segno del fatto che ci ha creati Lui, che portiamo la sua "impronta". Dio è vita, e per questo ogni creatura tende alla vita; in modo unico e speciale la persona umana, fatta ad immagine di Dio, aspira all’amore, alla gioia e alla pace. Allora comprendiamo che è un controsenso pretendere di eliminare Dio per far vivere l’uomo! Dio è la sorgente della vita; eliminarlo equivale a separarsi da questa fonte e, inevitabilmente, privarsi della pienezza e della gioia: "la creatura, infatti, senza il Creatore svanisce" (Con. Ecum. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 36). La cultura attuale, in alcune aree del mondo, soprattutto in Occidente, tende ad escludere Dio, o a considerare la fede come un fatto privato, senza alcuna rilevanza nella vita sociale. Mentre l’insieme dei valori che sono alla base della società proviene dal Vangelo – come il senso della dignità della persona, della solidarietà, del lavoro e della famiglia –, si constata una sorta di "eclissi di Dio", una certa amnesia, se non un vero rifiuto del Cristianesimo e una negazione del tesoro della fede ricevuta, col rischio di perdere la propria identità profonda.
Per questo motivo, cari amici, vi invito a intensificare il vostro cammino di fede in Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo. Voi siete il futuro della società e della Chiesa! Come scriveva l’apostolo Paolo ai cristiani della città di Colossi, è vitale avere delle radici, della basi solide! E questo è particolarmente vero oggi, quando molti non hanno punti di riferimento stabili per costruire la loro vita, diventando così profondamente insicuri. Il relativismo diffuso, secondo il quale tutto si equivale e non esiste alcuna verità, né alcun punto di riferimento assoluto, non genera la vera libertà, ma instabilità, smarrimento, conformismo alle mode del momento. Voi giovani avete il diritto di ricevere dalle generazioni che vi precedono punti fermi per fare le vostre scelte e costruire la vostra vita, come una giovane pianta ha bisogno di un solido sostegno finché crescono le radici, per diventare, poi, un albero robusto, capace di portare frutto.
2. Radicati e fondati in Cristo
Per mettere in luce l’importanza della fede nella vita dei credenti, vorrei soffermarmi su ciascuno dei tre termini che san Paolo utilizza in questa sua espressione: "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr Col 2,7). Vi possiamo scorgere tre immagini: "radicato" evoca l’albero e le radici che lo alimentano; "fondato" si riferisce alla costruzione di una casa; "saldo" rimanda alla crescita della forza fisica o morale. Si tratta di immagini molto eloquenti. Prima di commentarle, va notato semplicemente che nel testo originale i tre termini, dal punto di vista grammaticale, sono dei passivi: ciò significa che è Cristo stesso che prende l’iniziativa di radicare, fondare e rendere saldi i credenti.
La prima immagine è quella dell’albero, fermamente piantato al suolo tramite le radici, che lo rendono stabile e lo alimentano. Senza radici, sarebbe trascinato via dal vento, e morirebbe. Quali sono le nostre radici? Naturalmente i genitori, la famiglia e la cultura del nostro Paese, che sono una componente molto importante della nostra identità. La Bibbia ne svela un’altra. Il profeta Geremia scrive: "Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti" (Ger 17,7-8). Stendere le radici, per il profeta, significa riporre la propria fiducia in Dio. Da Lui attingiamo la nostra vita; senza di Lui non potremmo vivere veramente. "Dio ci ha donato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio" (1 Gv 5,11). Gesù stesso si presenta come nostra vita (cfr Gv 14,6). Perciò la fede cristiana non è solo credere a delle verità, ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo, è l’incontro con il Figlio di Dio, che dà a tutta l’esistenza un dinamismo nuovo. Quando entriamo in rapporto personale con Lui, Cristo ci rivela la nostra identità, e, nella sua amicizia, la vita cresce e si realizza in pienezza. C’è un momento, da giovani, in cui ognuno di noi si domanda: che senso ha la mia vita, quale scopo, quale direzione dovrei darle? E’ una fase fondamentale, che può turbare l’animo, a volte anche a lungo. Si pensa al tipo di lavoro da intraprendere, a quali relazioni sociali stabilire, a quali affetti sviluppare… In questo contesto, ripenso alla mia giovinezza. In qualche modo ho avuto ben presto la consapevolezza che il Signore mi voleva sacerdote. Ma poi, dopo la Guerra, quando in seminario e all’università ero in cammino verso questa meta, ho dovuto riconquistare questa certezza. Ho dovuto chiedermi: è questa veramente la mia strada? È veramente questa la volontà del Signore per me? Sarò capace di rimanere fedele a Lui e di essere totalmente disponibile per Lui, al Suo servizio? Una tale decisione deve anche essere sofferta. Non può essere diversamente. Ma poi è sorta la certezza: è bene così! Sì, il Signore mi vuole, pertanto mi darà anche la forza. Nell’ascoltarLo, nell’andare insieme con Lui divento veramente me stesso. Non conta la realizzazione dei miei propri desideri, ma la Sua volontà. Così la vita diventa autentica.
Come le radici dell’albero lo tengono saldamente piantato nel terreno, così le fondamenta danno alla casa una stabilità duratura. Mediante la fede, noi siamo fondati in Cristo (cfr Col 2,7), come una casa è costruita sulle fondamenta. Nella storia sacra abbiamo numerosi esempi di santi che hanno edificato la loro vita sulla Parola di Dio. Il primo è Abramo. Il nostro padre nella fede obbedì a Dio che gli chiedeva di lasciare la casa paterna per incamminarsi verso un Paese sconosciuto. "Abramo credette a Dio e gli fu accreditato come giustizia, ed egli fu chiamato amico di Dio" (Gc 2,23). Essere fondati in Cristo significa rispondere concretamente alla chiamata di Dio, fidandosi di Lui e mettendo in pratica la sua Parola. Gesù stesso ammonisce i suoi discepoli: "Perché mi invocate: «Signore, Signore!» e non fate quello che dico?" (Lc 6,46). E, ricorrendo all’immagine della costruzione della casa, aggiunge: "Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica… è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene" (Lc 6,47-48).
Cari amici, costruite la vostra casa sulla roccia, come l’uomo che "ha scavato molto profondo". Cercate anche voi, tutti i giorni, di seguire la Parola di Cristo. Sentitelo come il vero Amico con cui condividere il cammino della vostra vita. Con Lui accanto sarete capaci di affrontare con coraggio e speranza le difficoltà, i problemi, anche le delusioni e le sconfitte. Vi vengono presentate continuamente proposte più facili, ma voi stessi vi accorgete che si rivelano ingannevoli, non vi danno serenità e gioia. Solo la Parola di Dio ci indica la via autentica, solo la fede che ci è stata trasmessa è la luce che illumina il cammino. Accogliete con gratitudine questo dono spirituale che avete ricevuto dalle vostre famiglie e impegnatevi a rispondere con responsabilità alla chiamata di Dio, diventando adulti nella fede. Non credete a coloro che vi dicono che non avete bisogno degli altri per costruire la vostra vita! Appoggiatevi, invece, alla fede dei vostri cari, alla fede della Chiesa, e ringraziate il Signore di averla ricevuta e di averla fatta vostra!
3. Saldi nella fede
Siate "radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" (cfr Col 2,7). La Lettera da cui è tratto questo invito, è stata scritta da san Paolo per rispondere a un bisogno preciso dei cristiani della città di Colossi. Quella comunità, infatti, era minacciata dall’influsso di certe tendenze culturali dell’epoca, che distoglievano i fedeli dal Vangelo. Il nostro contesto culturale, cari giovani, ha numerose analogie con quello dei Colossesi di allora. Infatti, c’è una forte corrente di pensiero laicista che vuole emarginare Dio dalla vita delle persone e della società, prospettando e tentando di creare un "paradiso" senza di Lui. Ma l’esperienza insegna che il mondo senza Dio diventa un "inferno": prevalgono gli egoismi, le divisioni nelle famiglie, l’odio tra le persone e tra i popoli, la mancanza di amore, di gioia e di speranza. Al contrario, là dove le persone e i popoli accolgono la presenza di Dio, lo adorano nella verità e ascoltano la sua voce, si costruisce concretamente la civiltà dell’amore, in cui ciascuno viene rispettato nella sua dignità, cresce la comunione, con i frutti che essa porta. Vi sono però dei cristiani che si lasciano sedurre dal modo di pensare laicista, oppure sono attratti da correnti religiose che allontanano dalla fede in Gesù Cristo. Altri, senza aderire a questi richiami, hanno semplicemente lasciato raffreddare la loro fede, con inevitabili conseguenze negative sul piano morale.
Ai fratelli contagiati da idee estranee al Vangelo, l’apostolo Paolo ricorda la potenza di Cristo morto e risorto. Questo mistero è il fondamento della nostra vita, il centro della fede cristiana. Tutte le filosofie che lo ignorano, considerandolo "stoltezza" (1 Cor 1,23), mostrano i loro limiti davanti alle grandi domande che abitano il cuore dell’uomo. Per questo anch’io, come Successore dell’apostolo Pietro, desidero confermarvi nella fede (cfr Lc 22,32). Noi crediamo fermamente che Gesù Cristo si è offerto sulla Croce per donarci il suo amore; nella sua passione, ha portato le nostre sofferenze, ha preso su di sé i nostri peccati, ci ha ottenuto il perdono e ci ha riconciliati con Dio Padre, aprendoci la via della vita eterna. In questo modo siamo stati liberati da ciò che più intralcia la nostra vita: la schiavitù del peccato, e possiamo amare tutti, persino i nemici, e condividere questo amore con i fratelli più poveri e in difficoltà.
Cari amici, spesso la Croce ci fa paura, perché sembra essere la negazione della vita. In realtà, è il contrario! Essa è il "sì" di Dio all’uomo, l’espressione massima del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Infatti, dal cuore di Gesù aperto sulla croce è sgorgata questa vita divina, sempre disponibile per chi accetta di alzare gli occhi verso il Crocifisso. Dunque, non posso che invitarvi ad accogliere la Croce di Gesù, segno dell’amore di Dio, come fonte di vita nuova. Al di fuori di Cristo morto e risorto, non vi è salvezza! Lui solo può liberare il mondo dal male e far crescere il Regno di giustizia, di pace e di amore al quale tutti aspiriamo.
4. Credere in Gesù Cristo senza vederlo
Nel Vangelo ci viene descritta l’esperienza di fede dell’apostolo Tommaso nell’accogliere il mistero della Croce e Risurrezione di Cristo. Tommaso fa parte dei Dodici apostoli; ha seguito Gesù; è testimone diretto delle sue guarigioni, dei miracoli; ha ascoltato le sue parole; ha vissuto lo smarrimento davanti alla sua morte. La sera di Pasqua il Signore appare ai discepoli, ma Tommaso non è presente, e quando gli viene riferito che Gesù è vivo e si è mostrato, dichiara: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo" (Gv 20,25).
Noi pure vorremmo poter vedere Gesù, poter parlare con Lui, sentire ancora più fortemente la sua presenza. Oggi per molti, l’accesso a Gesù si è fatto difficile. Circolano così tante immagini di Gesù che si spacciano per scientifiche e Gli tolgono la sua grandezza, la singolarità della Sua persona. Pertanto, durante lunghi anni di studio e meditazione, maturò in me il pensiero di trasmettere un po’ del mio personale incontro con Gesù in un libro: quasi per aiutare a vedere, udire, toccare il Signore, nel quale Dio ci è venuto incontro per farsi conoscere. Gesù stesso, infatti, apparendo nuovamente dopo otto giorni ai discepoli, dice a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!" (Gv 20,27). Anche a noi è possibile avere un contatto sensibile con Gesù, mettere, per così dire, la mano sui segni della sua Passione, i segni del suo amore: nei Sacramenti Egli si fa particolarmente vicino a noi, si dona a noi. Cari giovani, imparate a "vedere", a "incontrare" Gesù nell’Eucaristia, dove è presente e vicino fino a farsi cibo per il nostro cammino; nel Sacramento della Penitenza, in cui il Signore manifesta la sua misericordia nell’offrirci sempre il suo perdono. Riconoscete e servite Gesù anche nei poveri, nei malati, nei fratelli che sono in difficoltà e hanno bisogno di aiuto.
Aprite e coltivate un dialogo personale con Gesù Cristo, nella fede. Conoscetelo mediante la lettura dei Vangeli e del Catechismo della Chiesa Cattolica; entrate in colloquio con Lui nella preghiera, dategli la vostra fiducia: non la tradirà mai! "La fede è innanzitutto un’adesione personale dell’uomo a Dio; al tempo stesso ed inseparabilmente, è l’assenso libero a tutta la verità che Dio ha rivelato" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 150). Così potrete acquisire una fede matura, solida, che non sarà fondata unicamente su un sentimento religioso o su un vago ricordo del catechismo della vostra infanzia. Potrete conoscere Dio e vivere autenticamente di Lui, come l’apostolo Tommaso, quando manifesta con forza la sua fede in Gesù: "Mio Signore e mio Dio!".
5. Sorretti dalla fede della Chiesa, per essere testimoni
In quel momento Gesù esclama: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!" (Gv 20,29). Egli pensa al cammino della Chiesa, fondata sulla fede dei testimoni oculari: gli Apostoli. Comprendiamo allora che la nostra fede personale in Cristo, nata dal dialogo con Lui, è legata alla fede della Chiesa: non siamo credenti isolati, ma, mediante il Battesimo, siamo membri di questa grande famiglia, ed è la fede professata dalla Chiesa che dona sicurezza alla nostra fede personale. Il Credo che proclamiamo nella Messa domenicale ci protegge proprio dal pericolo di credere in un Dio che non è quello che Gesù ci ha rivelato: "Ogni credente è come un anello nella grande catena dei credenti. Io non posso credere senza essere sorretto dalla fede degli altri, e, con la mia fede, contribuisco a sostenere la fede degli altri" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 166). Ringraziamo sempre il Signore per il dono della Chiesa; essa ci fa progredire con sicurezza nella fede, che ci dà la vera vita (cfr Gv 20,31).
Nella storia della Chiesa, i santi e i martiri hanno attinto dalla Croce gloriosa di Cristo la forza per essere fedeli a Dio fino al dono di se stessi; nella fede hanno trovato la forza per vincere le proprie debolezze e superare ogni avversità. Infatti, come dice l’apostolo Giovanni, "chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?" (1 Gv 5,5). E la vittoria che nasce dalla fede è quella dell’amore. Quanti cristiani sono stati e sono una testimonianza vivente della forza della fede che si esprime nella carità: sono stati artigiani di pace, promotori di giustizia, animatori di un mondo più umano, un mondo secondo Dio; si sono impegnati nei vari ambiti della vita sociale, con competenza e professionalità, contribuendo efficacemente al bene di tutti. La carità che scaturisce dalla fede li ha condotti ad una testimonianza molto concreta, negli atti e nelle parole: Cristo non è un bene solo per noi stessi, è il bene più prezioso che abbiamo da condividere con gli altri. Nell’era della globalizzazione, siate testimoni della speranza cristiana nel mondo intero: sono molti coloro che desiderano ricevere questa speranza! Davanti al sepolcro dell’amico Lazzaro, morto da quattro giorni, Gesù, prima di richiamarlo alla vita, disse a sua sorella Marta: "Se crederai, vedrai la gloria di Dio" (cfr Gv 11,40). Anche voi, se crederete, se saprete vivere e testimoniare la vostra fede ogni giorno, diventerete strumento per far ritrovare ad altri giovani come voi il senso e la gioia della vita, che nasce dall’incontro con Cristo!
6. Verso la Giornata Mondiale di Madrid
Cari amici, vi rinnovo l’invito a venire alla Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Con gioia profonda, attendo ciascuno di voi personalmente: Cristo vuole rendervi saldi nella fede mediante la Chiesa. La scelta di credere in Cristo e di seguirlo non è facile; è ostacolata dalle nostre infedeltà personali e da tante voci che indicano vie più facili. Non lasciatevi scoraggiare, cercate piuttosto il sostegno della Comunità cristiana, il sostegno della Chiesa! Nel corso di quest’anno preparatevi intensamente all’appuntamento di Madrid con i vostri Vescovi, i vostri sacerdoti e i responsabili di pastorale giovanile nelle diocesi, nelle comunità parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti. La qualità del nostro incontro dipenderà soprattutto dalla preparazione spirituale, dalla preghiera, dall’ascolto comune della Parola di Dio e dal sostegno reciproco.
Cari giovani, la Chiesa conta su di voi! Ha bisogno della vostra fede viva, della vostra carità creativa e del dinamismo della vostra speranza. La vostra presenza rinnova la Chiesa, la ringiovanisce e le dona nuovo slancio. Per questo le Giornate Mondiali della Gioventù sono una grazia non solo per voi, ma per tutto il Popolo di Dio. La Chiesa in Spagna si sta preparando attivamente per accogliervi e vivere insieme l’esperienza gioiosa della fede. Ringrazio le diocesi, le parrocchie, i santuari, le comunità religiose, le associazioni e i movimenti ecclesiali, che lavorano con generosità alla preparazione di questo evento. Il Signore non mancherà di benedirli. La Vergine Maria accompagni questo cammino di preparazione. Ella, all’annuncio dell’Angelo, accolse con fede la Parola di Dio; con fede acconsentì all’opera che Dio stava compiendo in lei. Pronunciando il suo "fiat", il suo "sì", ricevette il dono di una carità immensa, che la spinse a donare tutta se stessa a Dio. Interceda per ciascuno e ciascuna di voi, affinché nella prossima Giornata Mondiale possiate crescere nella fede e nell’amore. Vi assicuro il mio paterno ricordo nella preghiera e vi benedico di cuore.
Dal Vaticano, 6 agosto 2010, Festa della Trasfigurazione del Signore.
BENEDICTUS PP XVI
[01149-01.01] [Testo originale: Italiano]
● TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE
"Enracinés et fondés en Christ, affermis dans la foi" (cf. Col 2, 7)
Chers jeunes,
Très souvent je repense aux Journées Mondiales de la Jeunesse de Sydney en 2008. Nous y avons vécu une grande fête de la foi, durant laquelle l’Esprit de Dieu a agi avec puissance, créant une intense communion entre tous les participants, venus du monde entier. Ce rassemblement, comme les précédents, a porté des fruits abondants dans la vie de nombreux jeunes et de l’Eglise entière. A présent notre regard se tourne vers la prochaine Journée Mondiale de la Jeunesse, qui aura lieu à Madrid en août 2011. Déjà, en 1989, quelques mois avant la chute historique du mur de Berlin, le pèlerinage des jeunes faisait étape en Espagne, à Saint-Jacques-de-Compostelle. A présent, à l’heure où l’Europe a un très grand besoin de retrouver ses racines chrétiennes, nous avons rendez-vous à Madrid, avec le thème : « Enracinés et fondés en Christ, affermis dans la foi (cf. Col 2, 7) ». Je vous invite donc à cet événement si important pour l’Eglise en Europe et pour l’Eglise universelle. Et je voudrais que tous les jeunes, aussi bien ceux qui partagent notre foi en Jésus Christ, que ceux qui hésitent, doutent ou ne croient pas en Lui, puissent vivre cette expérience qui peut être décisive pour leur vie : faire l’expérience du Seigneur Jésus ressuscité et vivant, et de son amour pour chacun de nous.
1. Aux sources de vos plus grandes aspirations
A chaque époque, et de nos jours encore, de nombreux jeunes sont habités par le profond désir que les relations entre les personnes soient vécues dans la vérité et dans la solidarité. Beaucoup manifestent l’aspiration à construire de vraies relations d’amitié, à connaître un amour vrai, à fonder une famille unie, à atteindre une stabilité personnelle et une réelle sécurité, qui puissent leur garantir un avenir serein et heureux.
Certes, me souvenant de ma jeunesse, je sais bien que stabilité et sécurité ne sont pas des questions qui occupent le plus l’esprit des jeunes. S’il est vrai que la recherche d’un emploi qui permette d’avoir une situation stable est un problème important et urgent, il reste que la jeunesse est en même temps l’âge de la recherche d’un grand idéal de vie. Si je pense à mes années d’alors, nous voulions simplement ne pas nous perdre dans la normalité d’une vie bourgeoise. Nous voulions ce qui est grand, nouveau. Nous voulions trouver la vie elle-même dans sa grandeur et sa beauté. Bien sûr, cela dépendait aussi de notre situation. Durant la dictature du national-socialisme et la guerre nous avons été, pour ainsi dire, « enfermés » par le pouvoir dominant. Nous voulions donc sortir à l’air libre et entrer dans toutes les potentialités de l’être humain. Je crois que, dans un certain sens, cet élan qui pousse à sortir de l’habitude existe à toutes les générations. Désirer quelque chose de plus que la routine quotidienne d’un emploi stable et aspirer à ce qui est réellement grand, tout cela fait partie de la jeunesse. Est-ce seulement un rêve inconsistant, qui s’évanouit quand on devient adulte ? Non, car l’homme est vraiment créé pour ce qui est grand, pour l’infini. Tout le reste est insuffisant, insatisfaisant. Saint Augustin avait raison : notre cœur est inquiet tant qu’il ne repose en Toi. Le désir d’une vie plus grande est un signe du fait qu’Il nous a créés, que nous portons son «empreinte». Dieu est vie, et pour cela, chaque créature tend vers la vie. De façon unique et spéciale, la personne humaine, faite à l’image et la ressemblance de Dieu, aspire à l’amour, à la joie et à la paix.
Nous comprenons alors que c’est un contresens de prétendre éliminer Dieu pour faire vivre l’homme ! Dieu est la source de la vie : l’éliminer équivaut à se séparer de cette source et, inévitablement, se priver de la plénitude et de la joie : « en effet, la créature sans Créateur s’évanouit » (Concile Œcum.Vatican II, Const. Gaudium et Spes, 36). La culture actuelle, dans certaines régions du monde, surtout en Occident, tend à exclure Dieu ou à considérer la foi comme un fait privé, sans aucune pertinence pour la vie sociale. Alors que toutes valeurs qui fondent la société proviennent de l’Evangile – comme le sens de la dignité de la personne, de la solidarité, du travail et de la famille –, on constate une sorte d’ « éclipse de Dieu », une certaine amnésie, voire un réel refus du christianisme et un reniement du trésor de la foi reçue, au risque de perdre sa propre identité profonde.
Pour cette raison, chers amis, je vous invite à intensifier votre chemin de foi en Dieu, le Père de notre Seigneur Jésus Christ. Vous êtes l’avenir de la société et de l’Eglise ! Comme l’apôtre Paul l’écrivait aux chrétiens de la ville de Colosse, il est vital d’avoir des racines, des fondements solides ! Et cela est particulièrement vrai aujourd’hui, quand beaucoup de jeunes n’ont pas de repères stables pour construire leur vie, ce qui engendre en eux une grande insécurité. Le relativisme ambiant, qui consiste à dire que tout se vaut et qu’il n’y a aucune vérité ni aucun repère absolu, n’engendre pas la vraie liberté mais instabilité, déception, conformisme aux modes du moment. Vous, les jeunes, vous avez le droit de recevoir des générations qui vous précèdent des repères clairs pour faire vos choix et construire votre vie, comme une jeune plante a besoin d’un tuteur, durant le temps nécessaire pour pousser des racines, pour devenir un arbre solide, capable de donner du fruit.
2. Enracinés et fondés dans le Christ
Pour mettre en lumière l’importance de la foi en Dieu dans la vie des croyants, je voudrais m’arrêter sur les trois expressions employées par saint Paul dans cette citation : « Enracinés et fondés en Christ, affermis dans la foi ». Nous pouvons y voir trois images. « Enraciné » évoque l’arbre et les racines qui le nourrissent. « Fondé » se réfère à la construction de la maison. « Affermi » renvoie à la croissance de la force physique ou morale. Ces images sont très parlantes. Avant de les expliquer, je note simplement que dans le texte original grec, il s’agit, du point de vue grammatical, de passifs : cela signifie que c’est le Christ lui-même qui a l’initiative d’enraciner, de fonder et d’affermir les croyants.
La première image est celle de l’arbre, solidement planté au sol par ses racines, qui le stabilisent et le nourrissent. Sans racines, il serait emporté par le vent et mourrait. Quelles sont nos racines ? Il y a bien sûr nos parents, notre famille et la culture de notre pays, qui constituent un aspect très important de notre identité. La Bible en dévoile un autre. Le prophète Jérémie écrit: « Béni l’homme qui se confie dans le Seigneur, dont le Seigneur est la foi. Il ressemble à un arbre planté au bord des eaux, qui tend ses racines vers le courant : il ne redoute rien quand arrive la chaleur, son feuillage reste vert ; dans une année de sécheresse, il est sans inquiétude et ne cesse de porter du fruit. » (Jr 17, 7-8).
Etendre ses racines, c’est donc pour Jérémie mettre sa confiance en Dieu, dans la foi. En Dieu nous puisons notre vie. Sans lui nous ne pouvons pas vivre vraiment. « Dieu nous a donné la vie éternelle et cette vie est dans son Fils » (cf. 1 Jn 5, 11). Et Jésus lui-même se présente comme notre vie (cf. Jn 14, 6). C’est pourquoi la foi chrétienne ne consiste pas seulement à croire en des vérités, mais c’est avant tout (…) une relation personnelle avec Jésus Christ. C’est la rencontre avec le Fils de Dieu qui donne à notre vie un dynamisme nouveau. Quand nous entrons dans une relation personnelle avec Lui, le Christ nous révèle notre propre identité, et, dans cette amitié, la vie grandit et se réalise en plénitude.
Il y a un moment, durant la jeunesse, où chacun de nous se demande : quel sens a ma vie ? Quel but, quelle direction ai-je le désir de lui donner ? C’est une étape fondamentale, qui peut tourmenter l’âme, parfois même longtemps. On pense au genre de travail à entreprendre, aux relations sociales à établir, aux relations sentimentales à développer … Dans ce contexte, je repense à ma jeunesse. D’une certaine façon, j’ai bien eu conscience que le Seigneur me voulait comme prêtre. Mais ensuite, après la guerre, quand au séminaire et à l’université j’étais en chemin vers ce but, j’ai eu à reconquérir cette certitude. J’ai dû me demander : est-ce vraiment ma voie ? Est-ce vraiment la volonté du Seigneur pour moi ? Serais-je capable de Lui rester fidèle et d’être totalement disponible, à son service ? Prendre une telle décision ne se fait pas sans souffrance. Il ne peut en être autrement. Mais ensuite a jailli la certitude : c’est bien cela ! Oui, le Seigneur me veut, Il me donnera donc la force. En l’écoutant, en marchant avec Lui, je deviens vraiment moi-même. Ce qui importe, ce n’est pas la réalisation de mes propres désirs, mais (.) Sa volonté. Ainsi, la vie devient authentique.
De même que l’arbre a des racines qui le tiennent solidement accroché à la terre, de même les fondations donnent à la maison une stabilité durable. Par la foi, nous sommes fondés en Christ (cf. Col 2, 6), comme une maison est construite sur ses fondations. Dans l’histoire sainte, nous avons de nombreux exemples de saints qui ont fondé leur vie sur la Parole de Dieu. Abraham est le premier d’entre eux. Notre « père dans la foi » obéit à Dieu qui lui demandait de quitter la maison de son père pour marcher vers un pays inconnu. « Abraham crut à Dieu, cela lui fut compté comme justice, et il fut appelé ami de Dieu » (Jc 2, 23) . Etre fondé en Christ, c’est répondre concrètement à l’appel de Dieu, en mettant notre confiance en Lui et en mettant en pratique sa Parole. Jésus lui-même met en garde ses disciples : «Pourquoi m'appelez-vous : 'Seigneur ! Seigneur !' et ne faites-vous pas ce que je dis ?» (Lc 6, 46). Et, faisant alors appel à l’image de la construction de la maison, il ajoute : «Quiconque vient à moi, écoute mes paroles et les met en pratique, je vais vous montrer à qui il est comparable. Il est comparable à un homme qui, bâtissant une maison, a creusé, creusé profond, et posé les fondations sur le roc. La crue survenant, le torrent s'est rué sur cette maison, mais il n'a pas pu l'ébranler parce qu'elle était bien bâtie. Mais celui au contraire qui a écouté et n’a pas mis en pratique est comparable à un homme qui aurait bâti sa maison à même le sol, sans fondations. Le torrent s'est rué sur elle, et aussitôt elle s'est écroulée ; et le désastre survenu à cette maison a été grand ! » (Lc 6, 46-49).
Chers amis, construisez votre maison sur le roc, comme cet homme qui « a creusé profond ». Vous aussi, efforcez-vous tous les jours de suivre la Parole du Christ. Ecoutez-le comme l’Ami véritable avec qui partager le chemin de votre vie. Avec Lui à vos côtés, vous serez capables d’affronter avec courage et espérance les difficultés, les problèmes, ainsi que les déceptions et les échecs. Sans cesse vous sont présentées des propositions plus faciles, mais vous vous rendez compte vous-mêmes qu’il s’agit de leurres, qu’elles ne donnent ni sérénité, ni joie. Seule la Parole de Dieu nous indique la voie véritable, seule la foi qui nous a été transmise est la lumière qui illumine notre chemin. Accueillez avec gratitude ce don spirituel que vous avez reçu de votre famille et engagez-vous à répondre de façon responsable à l’appel de Dieu, devenant adultes dans la foi. Ne croyez pas ceux qui vous disent que vous n’avez pas besoin des autres pour construire votre vie ! Appuyez-vous au contraire sur la foi de vos proches, sur la foi de l’Eglise, et remerciez le Seigneur de l’avoir reçue et de l’avoir faite vôtre !
3. Affermis dans la foi
Soyez « enracinés et fondés en Christ, affermis dans la foi » (cf. Col 2, 7). La lettre d’où vient cette citation a été écrite par saint Paul pour répondre à un besoin précis des chrétiens de la ville de Colosse. Cette communauté, en effet, était menacée par l’influence de certaines tendances de la culture de l’époque, qui détournaient les fidèles de l’Evangile. Notre contexte culturel, chers jeunes, a de nombreuses ressemblances avec celui des Colossiens d’alors. En effet, il y a un fort courant « laïciste », qui veut supprimer Dieu de la vie des personnes et de la société, projetant et tentant de créer un «paradis» sans Lui. Or l’expérience enseigne qu’un monde sans Dieu est un «enfer» où prévalent les égoïsmes, les divisions dans les familles, la haine entre les personnes et les peuples, le manque d’amour, de joie et d’espérance. A l’inverse, là où les personnes et les peuples vivent dans la présence de Dieu, l’adorent en vérité et écoutent sa voix, là se construit très concrètement la civilisation de l’amour, où chacun est respecté dans sa dignité, où la communion grandit, avec tous ses fruits. Il y a cependant des chrétiens qui se laissent séduire par le mode de penser laïciste, ou qui sont attirés par des courants religieux qui éloignent de la foi en Jésus Christ. D’autres, sans adhérer à de telles approches, ont simplement laissé refroidir leur foi au Christ, ce qui a d’inévitables conséquences négatives sur le plan moral.
Aux frères contaminés par ces idées étrangères à l’Evangile, l’apôtre Paul rappelle la puissance du Christ mort et ressuscité. Ce mystère est le fondement de notre vie, le centre de la foi chrétienne. Toutes les philosophies qui l’ignorent, le considérant comme « folie » (1 Co 1, 23), montrent leurs limites devant les grandes questions qui habitent le cœur de l’homme. C’est pourquoi moi aussi, en tant que successeur de l’apôtre Pierre, je désire vous affermir dans la foi (cf. Lc 22, 32). Nous croyons fermement que le Christ Jésus s’est offert sur la Croix pour nous donner son amour. Dans sa passion, il a porté nos souffrances, il a pris sur lui nos péchés, il nous a obtenu le pardon et nous a réconciliés avec Dieu le Père, nous donnant accès à la vie éternelle. De cette façon, nous avons été libérés de ce qui entrave le plus notre vie : l’esclavage du péché. Nous pouvons alors aimer tous les hommes, jusqu’à nos ennemis, et partager cet amour avec les plus pauvres et les plus éprouvés de nos frères.
Chers amis, la Croix nous fait souvent peur, car elle semble être la négation de la vie. En réalité, c’est le contraire ! Elle est le «oui» de Dieu à l’homme, l’expression extrême de son amour et la source d’où jaillit la vie. Car du cœur de Jésus ouvert sur la Croix a jailli cette vie divine, toujours disponible pour celui qui accepte de lever les yeux vers le Crucifié. Je ne peux donc que vous inviter à accueillir la Croix de Jésus, signe de l’amour de Dieu, comme source de vie nouvelle. En dehors du Christ mort et ressuscité, il n’y a pas de salut ! Lui seul peut libérer le monde du mal et faire grandir le Royaume de justice, de paix et d’amour auquel nous aspirons tous.
4. Croire en Jésus sans le voir
Dans l’Evangile est décrite l’expérience de foi de l’apôtre saint Thomas dans l’accueil du mystère de la Croix et de la Résurrection du Christ. Thomas fait partie des Douze apôtres. Il a suivi Jésus, il a été témoin direct des guérisons, des miracles qu’il opérait. Il a écouté ses paroles. Il s’est senti perdu, face à sa mort. Le soir de Pâques, le Seigneur est apparu à ses disciples, mais Thomas n’était pas présent. Et quand il lui a été dit que Jésus était vivant et s’était montré, il déclara : «Si je ne vois pas dans ses mains la marque des clous, si je ne mets pas mon doigt dans la marque des clous, et si je ne mets pas la main dans son côté, je ne croirai pas !» (Jn 20, 25)
Nous aussi nous voudrions pouvoir voir Jésus, pouvoir parler avec Lui, sentir encore plus fortement sa présence. Aujourd’hui, pour beaucoup de personnes l’accès à Jésus est devenu difficile. Ainsi, de nombreuses images de Jésus sont en circulation, qui se prétendent scientifiques et lui retirent sa grandeur, la singularité de sa personne. C’est pourquoi, durant de longues années d’étude et de méditation, a mûri en moi l’idée de transmettre dans un livre un peu de ce qu’est ma rencontre personnelle avec Jésus: pour aider quasiment à voir, entendre, toucher le Seigneur, en qui Dieu est venu nous rencontrer pour se faire connaître.
Jésus lui-même, en effet, apparaissant de nouveau huit jours après aux disciples, dit à Thomas : «Porte ton doigt ici : voici mes mains ; avance ta main, et mets-la dans mon côté, et ne deviens pas incrédule, mais croyant» (Jn 20, 26-27). Nous aussi nous pouvons avoir un contact sensible avec Jésus, mettre, pour ainsi dire, la main sur les signes de sa Passion, les signes de son amour : dans les Sacrements, Il se fait particulièrement proche de nous, Il se donne à nous. Chers jeunes, apprenez à «voir», à «rencontrer» Jésus dans l’Eucharistie, là où Il est présent et proche jusqu’à se faire nourriture pour notre chemin ; dans le Sacrement de la Pénitence, dans lequel le Seigneur manifeste sa miséricorde en offrant son pardon. Reconnaissez et servez Jésus aussi dans les pauvres, les malades, les frères qui sont en difficulté et ont besoin d’aide.
Ouvrez et cultivez un dialogue personnel avec Jésus Christ, dans la foi. Connaissez-le par la lecture des Evangiles et du Catéchisme de l’Eglise Catholique. Entrez dans un dialogue avec Lui par la prière, donnez-lui votre confiance : il ne la trahira jamais ! «La foi est d’abord une adhésion personnelle de l’homme à Dieu ; elle est en même temps, et inséparablement, l’assentiment libre à toute la vérité que Dieu a révélé» (Catéchisme de l’Eglise Catholique, 150). Ainsi vous pourrez acquérir une foi mûre, solide, qui ne sera pas fondée uniquement sur un sentiment religieux ou sur un vague souvenir du catéchisme de votre enfance. Vous pourrez connaître Dieu et véritablement vivre de lui, comme l’apôtre Thomas quand il manifeste sa foi en Jésus en s’exclamant avec force: « Mon Seigneur et mon Dieu ! »
5. Soutenus par la foi de l’Eglise, pour être témoins
A ce moment, Jésus s’exclama : « Parce que tu me vois, tu crois. Heureux ceux qui n’ont pas vu et qui ont cru» (Jn 20, 28). Il pensait au chemin de l’Eglise, fondée sur la foi des témoins oculaires, les Apôtres. Nous comprenons alors que notre foi personnelle en Christ, née d’un dialogue irremplaçable avec lui, est liée à la foi de l’Eglise : nous ne sommes pas des croyants isolés, mais, par le Baptême, nous sommes membres de cette grande famille, et c’est la foi professée par l’Eglise qui donne assurance à notre foi personnelle. Le Credo que nous proclamons lors de la Messe du dimanche nous protège justement du danger de croire en un Dieu qui n’est pas celui que Jésus nous a révélé : «Chaque croyant est ainsi comme un maillon dans la grande chaîne des croyants. Je ne peux croire sans être porté par la foi des autres, et par ma foi, je contribue à porter la foi des autres» (Catéchisme de l’Eglise Catholique, 166). Remercions sans cesse le Seigneur pour le don de l’Eglise. Elle nous fait progresser avec assurance dans la foi, qui nous donne la vraie vie (cf. Jn 20, 31).
Dans l’histoire de l’Eglise, les saints et les martyrs ont puisé au pied de la Croix glorieuse du Christ la force d’être fidèles à Dieu jusqu’au don d’eux-mêmes. Dans la foi, ils ont trouvé la force pour vaincre leurs propres faiblesses et dépasser chaque adversité. Car, comme le dit l’apôtre Jean : «Quel est le vainqueur du monde, sinon celui qui croit que Jésus est le Fils de Dieu ? » (1 Jn 5, 5). Et la victoire qui naît de la foi est celle de l’amour. Tant de chrétiens ont été et sont un témoignage vivant de la force de la foi qui s’exprime par la charité : ils ont été artisans de paix, promoteurs de justice, acteurs d’un monde plus humain, un monde selon Dieu. Ils se sont engagés dans divers domaines de la vie sociale, avec compétence et professionnalisme, contribuant efficacement au bien de tous. La charité qui jaillit de la foi les a conduits à un témoignage très concret, en actes et en paroles : le Christ n’est pas seulement un bien pour nous-mêmes, il est le bien le plus précieux que nous avons à partager avec les autres. Et à l’heure de la mondialisation, soyez les témoins de l’espérance chrétienne dans le monde entier : nombreux sont ceux qui désirent recevoir cette espérance ! Devant le tombeau de son ami Lazare, qui était mort depuis quatre jours, et avant de le ramener à la vie, Jésus dit à Marthe : «Si tu crois, tu verras la gloire de Dieu » (Jn 11, 40). Vous aussi, si vous croyez, si vous savez vivre et témoigner de votre foi chaque jour, vous deviendrez instruments pour faire retrouver à d’autres jeunes comme vous le sens et la joie de la vie, qui naît de la rencontre avec le Christ !
6. Vers la Journée Mondiale de Madrid
Chers amis, je vous renouvelle l’invitation à venir à la Journée Mondiale de la Jeunesse à Madrid. Avec une joie profonde, je vous attends chacun personnellement : le Christ lui-même veut vous affermir dans la foi par l’Eglise. Le choix de croire en Christ et de le suivre n’est jamais facile. Il est toujours entravé par nos infidélités personnelles et par tant de voix qui indiquent des sentiers plus faciles. Ne vous laissez pas décourager, cherchez plutôt le soutien de la communauté chrétienne, le soutien de l’Eglise ! Au cours de cette année, préparez-vous intensément au rendez-vous de Madrid avec vos évêques, vos prêtres et les responsables de la pastorale des jeunes dans les diocèses, les communautés paroissiales, les associations et les mouvements. La qualité de notre rencontre dépendra pour une grande part de la préparation spirituelle, de la prière, de l’écoute commune de la Parole de Dieu et du soutien mutuel.
Chers jeunes, l’Eglise compte sur vous ! Elle a besoin de votre foi vivante, de votre charité créative et du dynamisme de votre espérance. Votre présence renouvelle l’Eglise, la rajeunit et lui donne un élan nouveau. C’est pourquoi les Journées Mondiales de la Jeunesse sont une grâce non seulement pour vous mais aussi pour tout le Peuple de Dieu. L’Eglise en Espagne se prépare activement pour vous accueillir et vivre avec vous la joyeuse expérience de la foi. Je remercie les diocèses, les paroisses, les sanctuaires, les communautés religieuses, les associations et les mouvements ecclésiaux, qui travaillent avec générosité à la préparation de cet événement. Le Seigneur ne manquera pas de les bénir.
Que la Vierge Marie accompagne ce chemin de préparation ! A l’annonce de l’Ange, elle a accueilli avec foi la Parole de Dieu. Avec foi, elle a consenti à l’œuvre que Dieu accomplissait en elle. En prononçant son «fiat», son «oui», elle a reçu le don d’une charité immense, qui la poussait à se donner tout entière à Dieu. Qu’elle intercède pour chacun et chacune de vous, afin que durant cette prochaine Journée Mondiale, vous puissiez grandir dans la foi et l’amour ! Je vous assure de ma pensée paternelle pour vous dans la prière et je vous bénis de tout cœur.
Du Vatican, le 6 août 2010, fête de la Transfiguration du Seigneur.
BENEDICTUS PP XVI
[01149-03.01] [Texte original: Italien]
● TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
"Planted and built up in Jesus Christ, firm in the faith" (cf. Col 2:7)
Dear Friends,
I often think back on the World Youth Day held in Sydney in 2008. There we had an experience of a great festival of faith in which the Spirit of God was actively at work, building deep communion among the participants who had come from all over the world. That gathering, like those on previous occasions, bore rich fruit in the lives of many young people and in the life of the whole Church. Now we are looking forward to the next World Youth Day, to be held in Madrid in August 2011. Back in 1989, several months before the historic fall of the Berlin Wall, this pilgrimage of young people halted in Spain, in Santiago de Compostela. Now, at a time when Europe greatly needs to rediscover its Christian roots, our meeting will take place in Madrid with the theme: "Planted and built up in Jesus Christ, firm in the faith" (cf. Col 2:7). I encourage you to take part in this event, which is so important for the Church in Europe and for the universal Church. I would like all young people – those who share our faith in Jesus Christ, but also those who are wavering or uncertain, or who do not believe in him – to share this experience, which can prove decisive for their lives. It is an experience of the Lord Jesus, risen and alive, and of his love for each of us.
1. At the source of your deepest aspirations
In every period of history, including our own, many young people experience a deep desire for personal relationships marked by truth and solidarity. Many of them yearn to build authentic friendships, to know true love, to start a family that will remain united, to achieve personal fulfilment and real security, all of which are the guarantee of a serene and happy future. In thinking of my own youth, I realize that stability and security are not the questions that most occupy the minds of young people. True enough, it is important to have a job and thus to have firm ground beneath our feet, yet the years of our youth are also a time when we are seeking to get the most out of life. When I think back on that time, I remember above all that we were not willing to settle for a conventional middle-class life. We wanted something great, something new. We wanted to discover life itself, in all its grandeur and beauty. Naturally, part of that was due to the times we lived in. During the Nazi dictatorship and the war, we were, so to speak, "hemmed in" by the dominant power structure. So we wanted to break out into the open, to experience the whole range of human possibilities. I think that, to some extent, this urge to break out of the ordinary is present in every generation. Part of being young is desiring something beyond everyday life and a secure job, a yearning for something really truly greater. Is this simply an empty dream that fades away as we become older? No! Men and women were created for something great, for infinity. Nothing else will ever be enough. Saint Augustine was right when he said "our hearts are restless till they find their rest in you". The desire for a more meaningful life is a sign that God created us and that we bear his "imprint". God is life, and that is why every creature reaches out towards life. Because human beings are made in the image of God, we do this in a unique and special way. We reach out for love, joy and peace. So we can see how absurd it is to think that we can truly live by removing God from the picture! God is the source of life. To set God aside is to separate ourselves from that source and, inevitably, to deprive ourselves of fulfilment and joy: "without the Creator, the creature fades into nothingness" (Second Vatican Council, Gaudium et Spes, 36). In some parts of the world, particularly in the West, today’s culture tends to exclude God, and to consider faith a purely private issue with no relevance for the life of society. Even though the set of values underpinning society comes from the Gospel – values like the sense of the dignity of the person, of solidarity, of work and of the family –, we see a certain "eclipse of God" taking place, a kind of amnesia which, albeit not an outright rejection of Christianity, is nonetheless a denial of the treasure of our faith, a denial that could lead to the loss of our deepest identity.
For this reason, dear friends, I encourage you to strengthen your faith in God, the Father of our Lord Jesus Christ. You are the future of society and of the Church! As the Apostle Paul wrote to the Christians of Colossae, it is vital to have roots, a solid foundation! This is particularly true today. Many people have no stable points of reference on which to build their lives, and so they end up deeply insecure. There is a growing mentality of relativism, which holds that everything is equally valid, that truth and absolute points of reference do not exist. But this way of thinking does not lead to true freedom, but rather to instability, confusion and blind conformity to the fads of the moment. As young people, you are entitled to receive from previous generations solid points of reference to help you to make choices and on which to build your lives: like a young plant which needs solid support until it can sink deep roots and become a sturdy tree capable of bearing fruit.
2. Planted and built up in Jesus Christ
In order to highlight the importance of faith in the lives of believers, I would like to reflect with you on each of the three terms used by Saint Paul in the expression: "Planted and built up in Jesus Christ, firm in the faith" (cf. Col 2:7). We can distinguish three images: "planted" calls to mind a tree and the roots that feed it; "built up" refers to the construction of a house; "firm" indicates growth in physical or moral strength. These images are very eloquent. Before commenting on them, I would like to point out that grammatically all three terms in the original text are in the passive voice. This means that it is Christ himself who takes the initiative to plant, build up and confirm the faithful.
The first image is that of a tree which is firmly planted thanks to its roots, which keep it upright and give it nourishment. Without those roots, it would be blown away by the wind and would die. What are our roots? Naturally our parents, our families and the culture of our country are very important elements of our personal identity. But the Bible reveals a further element. The prophet Jeremiah wrote: "Blessed are those who trust in the Lord, whose trust is the Lord. They shall be like a tree planted by water, sending out its roots by the stream. It shall not fear when heat comes, and its leaves shall stay green; in the year of drought it is not anxious, and it does not cease to bear fruit" (Jer 17:7-8). For the prophet, to send out roots means to put one’s trust in God. From him we draw our life. Without him, we cannot truly live. "God gave us eternal life, and this life is in his Son" (1 Jn 5:11). Jesus himself tells us that he is our life (cf. Jn 14:6). Consequently, Christian faith is not only a matter of believing that certain things are true, but above all a personal relationship with Jesus Christ. It is an encounter with the Son of God that gives new energy to the whole of our existence. When we enter into a personal relationship with him, Christ reveals our true identity and, in friendship with him, our life grows towards complete fulfilment. There is a moment, when we are young, when each of us wonders: what meaning does my life have? What purpose and direction should I give to it? This is a very important moment, and it can worry us, perhaps for some time. We start wondering about the kind of work we should take up, the kind of relationships we should establish, the friendships we should cultivate... Here, once more, I think of my own youth. I was somehow aware quite early on that the Lord wanted me to be a priest. Then later, after the war, when I was in the seminary and at university on the way towards that goal, I had to recapture that certainty. I had to ask myself: is this really the path I was meant to take? Is this really God’s will for me? Will I be able to remain faithful to him and completely at his service? A decision like this demands a certain struggle. It cannot be otherwise. But then came the certainty: this is the right thing! Yes, the Lord wants me, and he will give me strength. If I listen to him and walk with him, I become truly myself. What counts is not the fulfilment of my desires, but of his will. In this way life becomes authentic.
Just as the roots of a tree keep it firmly planted in the soil, so the foundations of a house give it long-lasting stability. Through faith, we have been built up in Jesus Christ (cfr Col 2:7), even as a house is built on its foundations. Sacred history provides many examples of saints who built their lives on the word of God. The first is Abraham, our father in faith, who obeyed God when he was asked to leave his ancestral home and to set out for an unknown land. "Abraham believed God, and it was reckoned to him as righteousness, and he was called the friend of God" (Jas 2:23). Being built up in Jesus Christ means responding positively to God’s call, trusting in him and putting his word into practice. Jesus himself reprimanded his disciples: "Why do you call me ‘Lord, Lord’, and do not do what I tell you?" (Lk 6:46). He went on to use the image of building a house: "I will show you what someone is like who comes to me, listens to my words, and acts on them. That one is like a person building a house, who dug deeply and laid the foundation on rock; when the flood came, the river burst against that house but could not shake it because it had been well built" (Lk 6:47-48).
Dear friends, build your own house on rock, just like the person who "dug deeply". Try each day to follow Christ’s word. Listen to him as a true friend with whom you can share your path in life. With him at your side, you will find courage and hope to face difficulties and problems, and even to overcome disappointments and set-backs. You are constantly being offered easier choices, but you yourselves know that these are ultimately deceptive and cannot bring you serenity and joy. Only the word of God can show us the authentic way, and only the faith we have received is the light which shines on our path. Gratefully accept this spiritual gift which you have received from your families; strive to respond responsibly to God’s call, and to grow in your faith. Do not believe those who tell you that you don’t need others to build up your life! Find support in the faith of those who are dear to you, in the faith of the Church, and thank the Lord that you have received it and have made it your own!
3. Firm in the faith
You are "planted and built up in Jesus Christ, firm in the faith" (cf. Col 2:7). The Letter from which these words are taken was written by Saint Paul in order to respond to a specific need of the Christians in the city of Colossae. That community was threatened by the influence of certain cultural trends that were turning the faithful away from the Gospel. Our own cultural context, dear young people, is not unlike that of the ancient Colossians. Indeed, there is a strong current of secularist thought that aims to make God marginal in the lives of people and society by proposing and attempting to create a "paradise" without him. Yet experience tells us that a world without God becomes a "hell": filled with selfishness, broken families, hatred between individuals and nations, and a great deficit of love, joy and hope. On the other hand, wherever individuals and nations accept God’s presence, worship him in truth and listen to his voice, then the civilization of love is being built, a civilization in which the dignity of all is respected, and communion increases, with all its benefits. Yet some Christians allow themselves to be seduced by secularism or attracted by religious currents that draw them away from faith in Jesus Christ. There are others who, while not yielding to these enticements, have simply allowed their faith to grow cold, with inevitable negative effects on their moral lives.
To those Christians influenced by ideas alien to the Gospel the Apostle Paul spoke of the power of Christ’s death and resurrection. This mystery is the foundation of our lives and the centre of Christian faith. All philosophies that disregard it and consider it "foolishness" (1 Cor 1:23) reveal their limitations with respect to the great questions deep in the hearts of human beings. As the Successor of the Apostle Peter, I too want to confirm you in the faith (cf. Lk 22:32). We firmly believe that Jesus Christ offered himself on the Cross in order to give us his love. In his passion, he bore our sufferings, took upon himself our sins, obtained forgiveness for us and reconciled us with God the Father, opening for us the way to eternal life. Thus we were freed from the thing that most encumbers our lives: the slavery of sin. We can love everyone, even our enemies, and we can share this love with the poorest of our brothers and sisters and all those in difficulty.
Dear friends, the Cross often frightens us because it seems to be a denial of life. In fact, the opposite is true! It is God’s "yes" to mankind, the supreme expression of his love and the source from which eternal life flows. Indeed, it is from Jesus’ heart, pierced on the Cross, that this divine life streamed forth, ever accessible to those who raise their eyes towards the Crucified One. I can only urge you, then, to embrace the Cross of Jesus, the sign of God’s love, as the source of new life. Apart from Jesus Christ risen from the dead, there can be no salvation! He alone can free the world from evil and bring about the growth of the Kingdom of justice, peace and love to which we all aspire.
4. Believing in Jesus Christ without having seen him
In the Gospel we find a description of the Apostle Thomas’s experience of faith when he accepted the mystery of the Cross and resurrection of Christ. Thomas was one of the twelve Apostles. He followed Jesus and was an eyewitness of his healings and miracles. He listened to his words, and he experienced dismay at Jesus’ death. That Easter evening when the Lord appeared to the disciples, Thomas was not present. When he was told that Jesus was alive and had shown himself, Thomas stated: "Unless I see the mark of the nails in his hands, and put my finger in the mark of the nails and my hand in his side, I will not believe" (Jn 20:25).
We too want to be able to see Jesus, to speak with him and to feel his presence even more powerfully. For many people today, it has become difficult to approach Jesus. There are so many images of Jesus in circulation which, while claiming to be scientific, detract from his greatness and the uniqueness of his person. That is why, after many years of study and reflection, I thought of sharing something of my own personal encounter with Jesus by writing a book. It was a way to help others see, hear and touch the Lord in whom God came to us in order to make himself known. Jesus himself, when he appeared again to his disciples a week later, said to Thomas: "Put your finger here and see my hands. Reach out your hand and put it in my side. Do not doubt but believe" (Jn 20:27). We too can have tangible contact with Jesus and put our hand, so to speak, upon the signs of his Passion, the signs of his love. It is in the sacraments that he draws particularly near to us and gives himself to us. Dear young people, learn to "see" and to "meet" Jesus in the Eucharist, where he is present and close to us, and even becomes food for our journey. In the sacrament of Penance the Lord reveals his mercy and always grants us his forgiveness. Recognize and serve Jesus in the poor, the sick, and in our brothers and sisters who are in difficulty and in need of help.
Enter into a personal dialogue with Jesus Christ and cultivate it in faith. Get to know him better by reading the Gospels and the Catechism of the Catholic Church. Converse with him in prayer, and place your trust in him. He will never betray that trust! "Faith is first of all a personal adherence of man to God. At the same time, and inseparably, it is a free assent to the whole truth that God has revealed" (Catechism of the Catholic Church, 150). Thus you will acquire a mature and solid faith, one which will not be based simply on religious sentiment or on a vague memory of the catechism you studied as a child. You will come to know God and to live authentically in union with him, like the Apostle Thomas who showed his firm faith in Jesus in the words: "My Lord and my God!".
5. Sustained by the faith of the Church, in order to be witnesses
Jesus said to Thomas: "Have you believed because you have seen me? Blessed are those who have not seen and yet have come to believe" (Jn 20:29). He was thinking of the path the Church was to follow, based on the faith of eyewitnesses: the Apostles. Thus we come to see that our personal faith in Christ, which comes into being through dialogue with him, is bound to the faith of the Church. We do not believe as isolated individuals, but rather, through Baptism, we are members of this great family; it is the faith professed by the Church which reinforces our personal faith. The Creed that we proclaim at Sunday Mass protects us from the danger of believing in a God other than the one revealed by Christ: "Each believer is thus a link in the great chain of believers. I cannot believe without being carried by the faith of others, and by my faith I help support others in the faith" (Catechism of the Catholic Church, 166). Let us always thank the Lord for the gift of the Church, for the Church helps us to advance securely in the faith that gives us true life (cf. Jn 20:31).
In the history of the Church, the saints and the martyrs have always drawn from the glorious Cross of Christ the strength to be faithful to God even to the point of offering their own lives. In faith they found the strength to overcome their weaknesses and to prevail over every adversity. Indeed, as the Apostle John says, "Who is it that conquers the world but the one who believes that Jesus is the Son of God?" (1 Jn 5:5). The victory born of faith is that of love. There have been, and still are, many Christians who are living witnesses of the power of faith that is expressed in charity. They have been peacemakers, promoters of justice and workers for a more humane world, a world in accordance with God’s plan. With competence and professionalism, they have been committed in different sectors of the life of society, contributing effectively to the welfare of all. The charity that comes from faith led them to offer concrete witness by their actions and words. Christ is not a treasure meant for us alone; he is the most precious treasure we have, one that is meant to be shared with others. In our age of globalization, be witnesses of Christian hope all over the world. How many people long to receive this hope! Standing before the tomb of his friend Lazarus, who had died four days earlier, as he was about to call the dead man back to life, Jesus said to Lazarus’ sister Martha: "If you believe, you will see the glory of God" (cf. Jn 11:40). In the same way, if you believe, and if you are able to live out your faith and bear witness to it every day, you will become a means of helping other young people like yourselves to find the meaning and joy of life, which is born of an encounter with Christ!
6. On the way to World Youth Day in Madrid
Dear friends, once again I invite you to attend World Youth Day in Madrid. I await each of you with great joy. Jesus Christ wishes to make you firm in faith through the Church. The decision to believe in Jesus Christ and to follow him is not an easy one. It is hindered by our personal failures and by the many voices that point us towards easier paths. Do not be discouraged. Rather, look for the support of the Christian community, the support of the Church! Throughout this year, carefully prepare for the meeting in Madrid with the bishops, priests and youth leaders in your dioceses, parish communities, associations and movements. The quality of our meeting will depend above all on our spiritual preparation, our prayer, our common hearing of the word of God and our mutual support.
Dear young people, the Church depends on you! She needs your lively faith, your creative charity and the energy of your hope. Your presence renews, rejuvenates and gives new energy to the Church. That is why World Youth Days are a grace, not only for you, but for the entire People of God. The Church in Spain is actively preparing to welcome you and to share this joyful experience of faith with you. I thank the dioceses, parishes, shrines, religious communities, ecclesial associations and movements, and all who are hard at work in preparing for this event. The Lord will not fail to grant them his blessings. May the Virgin Mary accompany you along this path of preparation. At the message of the angel, she received God’s word with faith. It was in faith that she consented to what God was accomplishing in her. By proclaiming her "fiat", her "yes", she received the gift of immense charity which led her to give herself entirely to God. May she intercede for each one of you so that, in the coming World Youth Day you may grow in faith and love. I assure you of a paternal remembrance in my prayers and I give you my heartfelt blessing.
From the Vatican, 6 August 2010, Feast of the Transfiguration of the Lord.
BENEDICTUS PP XVI
[01149-02.01] [Original text: Italian]
● TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA
«In Christus verwurzelt und auf ihn gegründet, fest im Glauben » (vgl. Kol 2,7)
Liebe Freunde!
Oft denke ich an den Weltjugendtag 2008 in Sydney zurück. Dort haben wir ein großes Fest des Glaubens erlebt, bei dem der Geist Gottes kraftvoll gewirkt und unter den Teilnehmern, die aus aller Welt gekommen waren, tiefe Gemeinschaft erzeugt hat. Jenes Treffen hat, ebenso wie die vorherigen, im Leben zahlreicher Jugendlicher und der ganzen Kirche reiche Frucht getragen. Jetzt richtet sich unser Blick auf den nächsten Weltjugendtag, der im August 2011 in Madrid stattfinden wird. Schon 1989, einige Monate vor dem historischen Fall der Berliner Mauer, hat die Wallfahrt der Jugendlichen in Spanien in Santiago de Compostela Station gemacht. Jetzt, in einem Augenblick, in dem Europa dringend seine christlichen Wurzeln wiederentdecken muß, haben wir uns in Madrid verabredet unter dem Thema: »In Christus verwurzelt und auf ihn gegründet, fest im Glauben« (vgl. Kol 2,7). Ich lade euch also zu diesem für die Kirche in Europa und für die Universalkirche so wichtigen Ereignis ein. Und ich möchte, daß alle Jugendlichen – sowohl jene, die unseren Glauben an Jesus Christus teilen, als auch jene, die zögern, Zweifel haben oder nicht an ihn glauben – diese Erfahrung machen können, die für das Leben entscheidend sein kann: die Erfahrung des auferstandenen und lebendigen Herrn Jesus Christus und seiner Liebe zu einem jeden von uns.
1. An den Quellen eurer größten Wünsche
In jeder Epoche, auch in unseren Tagen, wünschen zahlreiche Jugendliche zutiefst, daß die zwischenmenschlichen Beziehungen in Wahrheit und Solidarität gelebt werden. Viele sind bestrebt, echte Freundschaftsbeziehungen aufzubauen, die wahre Liebe kennenzulernen, eine Familie zu gründen, die zusammenhält, persönliche Stabilität und wirkliche Sicherheit zu erlangen, die eine ruhige und glückliche Zukunft gewährleisten können. Sicher – aus meiner eigenen Jugendzeit weiß ich, daß Stabilität und Sicherheit nicht die Fragen sind, die einen jungen Menschen am meisten umtreiben. Ja, die Frage eines Arbeitsplatzes und damit eines sicheren Bodens unter den Füßen ist ein großes und drängendes Problem, aber zugleich ist doch die Jugend die Zeit, in der man nach dem größeren Leben Ausschau hält. Wenn ich an meine frühen Jahre zurückdenke – wir wollten einfach nicht in der Gewöhnlichkeit eines bürgerlichen Lebens aufgehen. Wir wollten das Große, das Neue. Wir wollten das Leben selbst in seiner Weite und Schönheit finden. Gewiß, das hing auch mit unserer Situation zusammen. In der Nazi-Diktatur und im Krieg waren wir sozusagen eingesperrt gewesen durch die herrschende Macht. Nun wollten wir ins Freie, in die Weite der Möglichkeiten des Menschseins hinein. Aber ich glaube, in irgendeiner Weise gibt es diesen Drang über das Gewöhnliche hinaus in jeder Generation. Es gehört zum Jungsein, daß man sich mehr wünscht als den geregelten Alltag eines gesicherten Berufs und daß man von der Sehnsucht nach dem wirklich Großen umgetrieben wird. Ist dies nur ein leerer Traum, der mit dem Erwachsenwerden zerrinnt? Nein, der Mensch ist wirklich zum Großen, für das Unendliche geschaffen. Alles andere ist zu wenig. Augustinus hatte recht: Unruhig ist unser Herz, bis es Ruhe findet bei dir. Verlangen nach dem größeren Leben ist ein Zeichen dafür, daß er uns erschaffen hat, daß wir seine »Prägung« tragen. Gott ist Leben, und daher ist jedes Geschöpf auf das Leben gerichtet; in einzigartiger und besonderer Weise strebt der Mensch, der als Abbild Gottes erschaffen ist, nach Liebe, Freude und Frieden. So verstehen wir, daß es widersinnig ist, sich anzumaßen, Gott zu beseitigen, um den Menschen leben zu lassen! Gott ist die Quelle des Lebens; ihn zu beseitigen bedeutet, sich von dieser Quelle zu trennen und sich zwangsläufig der Fülle und der Freude zu berauben: »Denn das Geschöpf sinkt ohne den Schöpfer ins Nichts« (Zweites Vatikanisches Ökumenisches Konzil, Konstitution Gaudium et spes, 36). Die derzeitige Kultur in einigen Teilen der Welt, vor allem im Westen, neigt dazu, Gott auszuschließen oder den Glauben als Privatangelegenheit ohne jegliche Bedeutung für das gesellschaftliche Leben zu betrachten. Während die gesamten Werte, die der Gesellschaft zugrunde liegen, vom Evangelium herkommen – wie der Sinn für die Würde der Person, für Solidarität, für Arbeit und Familie –, ist eine Art »Gottesfinsternis« festzustellen, ein gewisser Gedächtnisschwund, wenn nicht sogar eine ausgesprochene Ablehnung des Christentums und eine Zurückweisung des empfangenen Glaubensguts, wobei die Gefahr besteht, die eigene tiefere Identität zu verlieren.
Aus diesem Grund, liebe Freunde, lade ich euch ein, euren Weg des Glaubens an Gott, den Vater unseres Herrn Jesus Christus, entschlossen zu gehen. Ihr seid die Zukunft der Gesellschaft und der Kirche! Wie der Apostel Paulus an die Christen der Stadt Kolossä schrieb, ist es lebenswichtig, Wurzeln zu haben, solide Grundlagen! Und das gilt besonders in der heutigen Zeit, in der viele keine festen Bezugspunkte haben, um ihr Leben aufzubauen, und so zutiefst unsicher werden. Der weitverbreitete Relativismus, demzufolge alles gleich gültig und es weder eine Wahrheit noch einen absoluten Bezugspunkt gibt, bringt keine wahre Freiheit hervor, sondern Instabilität, Verwirrung, Anpassung an die Modeströmungen des jeweiligen Augenblicks. Ihr Jugendlichen habt das Recht, von euren Vorgängergenerationen Fixpunkte zu erhalten, um eure Entscheidungen zu treffen und euer Leben aufzubauen – ebenso wie eine junge Pflanze einen festen Halt braucht, bis ihre Wurzeln wachsen, um dann zu einem starken Baum zu werden, der fähig ist, Frucht zu tragen.
2. In Christus verwurzelt und auf ihn gegründet
Um die Bedeutung des Glaubens im Leben der Gläubigen deutlich zu machen, möchte ich bei den drei Begriffen verweilen, die Paulus in seinem Wort gebraucht: »In Christus verwurzelt und auf ihn gegründet, fest im Glauben« (vgl. Kol 2,7). Wir können da drei Bilder ausmachen: »Verwurzelt« läßt an den Baum denken und an die Wurzeln, die ihn nähren; »gegründet« bezieht sich auf den Bau eines Hauses; »fest« verweist auf die Zunahme der körperlichen oder moralischen Stärke. Es sind sehr aussagekräftige Bilder. Bevor ich sie kommentiere, möchte ich nur darauf hinweisen, daß die drei Begriffe im Originaltext vom grammatischen Gesichtspunkt her Passive sind: Das bedeutet, daß Christus selbst die Initiative ergreift, die Gläubigen zu verwurzeln, zu gründen und fest zu machen.
Das erste Bild ist das des Baumes, der fest in den Boden eingepflanzt ist durch die Wurzeln, die ihm Stabilität geben und ihn nähren. Ohne Wurzeln würde er vom Wind fortgerissen werden und sterben. Was sind unsere Wurzeln? Natürlich die Eltern, die Familie und die Kultur unseres Landes; sie sind ein sehr wichtiger Bestandteil unserer Identität. Die Bibel offenbart noch einen weiteren. Der Prophet Jeremia schreibt: »Gesegnet der Mann, der auf den Herrn sich verläßt und dessen Hoffnung der Herr ist. Er ist wie ein Baum, der am Wasser gepflanzt ist und am Bach seine Wurzeln ausstreckt: Er hat nichts zu fürchten, wenn Hitze kommt; seine Blätter bleiben grün; auch in einem trockenen Jahr ist er ohne Sorge, unablässig bringt er seine Früchte« (Jer 17,7-8). Die Wurzeln auszustrecken bedeutet für den Propheten, sein Vertrauen auf Gott zu setzen. Aus ihm schöpfen wir unser Leben; ohne ihn könnten wir nicht wirklich leben, da »Gott uns das ewige Leben gegeben hat; und dieses Leben ist in seinem Sohn« (1 Joh 5,11). Jesus selbst offenbart sich als unser Leben (vgl. Joh 14,6). Daher ist der christliche Glaube nicht nur das Glauben an Wahrheiten, sondern er ist vor allem eine persönliche Beziehung zu Jesus Christus; er ist die Begegnung mit dem Sohn Gottes, die dem ganzen Leben eine neue Dynamik verleiht. Wenn wir eine persönliche Beziehung zu ihm knüpfen, dann offenbart uns Christus unsere Identität, und in seiner Freundschaft wächst das Leben und wird in Fülle verwirklicht. In der Jugend gibt es einen Augenblick, in dem jeder von uns sich fragt: Welchen Sinn hat mein Leben, welches Ziel, welche Richtung soll ich ihm geben? Dies ist eine grundlegende Phase, die innere Unruhe hervorrufen kann, die manchmal auch lange anhält. Man denkt darüber nach, welchen Beruf man ergreifen, welche gesellschaftlichen Beziehungen man knüpfen, welche Zuneigungen man entwickeln soll … Ich denke bei dieser Szene an meine eigene Jugend zurück. Irgendwie hatte ich früh gewußt, daß der Herr mich als Priester haben will. Aber als ich dann nach dem Krieg im Seminar und in der Universität auf dem Weg dahin war, mußte ich doch diese Gewißheit neu erringen, mußte mich fragen: Ist es wirklich mein Weg? Ist es wirklich der Wille des Herrn für mich? Bin ich fähig, ein Leben lang ihm die Treue zu halten und ganz für ihn, für seinen Dienst da zu sein? Die Entscheidung dafür muß auch erlitten werden. Anders geht es nicht. Aber dann kam doch das Wissen: Es ist gut so. Ja, der Herr will mich, und dann gibt er mir auch die Kraft dazu. Im Hören auf ihn, im Mitgehen mit ihm werde ich wirklich ich selber. Nicht die Erfüllung meiner eigenen Wünsche zählt, sondern sein Wille. Dann wird das Leben richtig.
Wie die Wurzeln den Baum fest im Boden verankert halten, so gibt das Fundament dem Haus dauerhafte Stabilität. Durch den Glauben sind wir auf Christus gegründet (vgl. Kol 2,7), wie ein Haus auf dem Fundament erbaut ist. In der Heilsgeschichte haben wir zahlreiche Beispiele von Heiligen, die ihr Leben auf das Wort Gottes gebaut haben. Der erste ist Abraham. Unser Vater im Glauben gehorchte Gott, der ihn aufforderte, sein Vaterhaus zu verlassen und in ein unbekanntes Land zu ziehen. »Abraham glaubte Gott, und das wurde ihm als Gerechtigkeit angerechnet, und er wurde Freund Gottes genannt« (Jak 2,23). Auf Christus gegründet zu sein bedeutet, konkret auf Gottes Ruf zu antworten, ihm zu vertrauen und sein Wort in die Tat umzusetzen. Jesus selbst ermahnt seine Jünger: »Was sagt ihr zu mir: Herr! Herr!, und tut nicht, was ich sage?« (Lk 6,46). Und dann fügt er hinzu, indem er das Bild vom Bau des Hauses aufgreift: »Wer zu mir kommt und meine Worte hört und danach handelt … ist wie ein Mann, der ein Haus baute und dabei die Erde tief aushob und das Fundament auf einen Felsen stellte. Als nun ein Hochwasser kam und die Flutwelle gegen das Haus prallte, konnte sie es nicht erschüttern, weil es gut gebaut war« (Lk 6,47–48).
Liebe Freunde, baut euer Haus auf dem Felsen, wie der Mann, der »die Erde tief aushob«. Versucht auch ihr, jeden Tag dem Wort Christi zu folgen. Betrachtet ihn als den wahren Freund, mit dem ihr euren Lebensweg teilen könnt. Mit ihm an eurer Seite werdet ihr fähig sein, den Schwierigkeiten, den Problemen und auch den Enttäuschungen und Niederlagen mit Mut und Hoffnung entgegenzutreten. Euch werden immerzu leichtere Angebote gemacht, aber ihr werdet selbst merken, daß sie sich als trügerisch erweisen, euch keinen Frieden und keine Freude schenken. Nur das Wort Gottes weist uns den wahren Weg, nur der Glaube, der an uns weitergegeben wurde, ist das Licht, das den Weg erleuchtet. Nehmt dieses geistliche Geschenk, das ihr von euren Familien empfangen habt, dankbar an, und bemüht euch, verantwortungsvoll auf den Ruf Gottes zu antworten und im Glauben erwachsen zu werden. Schenkt jenen, die euch sagen, daß ihr die anderen nicht braucht, um euer Leben aufzubauen, keinen Glauben! Stützt euch vielmehr auf den Glauben derer, die euch nahestehen, auf den Glauben der Kirche, und dankt dem Herrn, daß ihr ihn empfangen und angenommen habt!
3. Fest im Glauben
Seid »in Christus verwurzelt und auf ihn gegründet, fest im Glauben« (vgl. Kol 2,7). Der Brief, dem diese Aufforderung entnommen ist, wurde vom heiligen Paulus als Antwort auf eine bestimmte Notlage der Christen in der Stadt Kolossä geschrieben. Die Gemeinde dort war nämlich vom Einfluß gewisser kultureller Tendenzen der damaligen Zeit bedroht, welche die Gläubigen vom Evangelium abbrachten. Unser kulturelles Umfeld, liebe Jugendliche, besitzt zahlreiche Übereinstimmungen mit dem der damaligen Kolosser. Es gibt eine starke laizistische Denkströmung, die Gott aus dem Leben der Menschen und der Gesellschaft ausgrenzen will, indem sie ein »Paradies« ohne ihn in Aussicht stellt und herzustellen versucht. Aber die Erfahrung lehrt, daß die Welt ohne Gott zu einer »Hölle« wird, in der Egoismen, Spaltungen innerhalb der Familien, Haß zwischen Menschen und Völkern, Mangel an Liebe, an Freude und an Hoffnung vorherrschen. Wo die Menschen und Völker dagegen die Gegenwart Gottes annehmen, ihn in der Wahrheit anbeten und auf seine Stimme hören, wird die Zivilisation der Liebe konkret aufgebaut, in der jeder in seiner Würde geachtet wird; dort wächst die Gemeinschaft mit den Früchten, die sie hervorbringt. Es gibt jedoch Christen, die sich von der laizistischen Denkweise verführen lassen oder von religiösen Strömungen angezogen werden, die vom Glauben an Jesus Christus wegführen. Andere haben, ohne diesen Lockrufen zu folgen, einfach ihren Glauben erkalten lassen, was zwangsläufig negative Folgen auf sittlicher Ebene nach sich zieht.
Der Apostel Paulus ruft den Brüdern, die von Ideen angesteckt sind, die dem Evangelium fremd sind, die Kraft des gestorbenen und auferstandenen Christus in Erinnerung. Dieses Geheimnis ist das Fundament unseres Lebens, der Mittelpunkt des christlichen Glaubens. Alle Philosophien, die es verschmähen und als »Torheit« betrachten (1 Kor 1,23), offenbaren ihre Grenzen angesichts der großen Fragen, die im Herzen des Menschen wohnen. Deshalb möchte auch ich als Nachfolger des Apostels Petrus euch im Glauben stärken (vgl. Lk 22,32). Wir glauben fest daran, daß Jesus Christus sich am Kreuz hingegeben hat, um uns seine Liebe zu schenken; in seinem Leiden hat er unser Leid getragen, unsere Sünden auf sich genommen, uns Vergebung erlangt und mit Gott, dem Vater, versöhnt und uns den Weg zum ewigen Leben geöffnet. Auf diese Weise wurden wir von dem befreit, was unser Leben am meisten behindert: die Knechtschaft der Sünde. Und so können wir alle lieben, sogar die Feinde, und diese Liebe mit den armen und notleidenden Brüdern teilen.
Liebe Freunde, oft macht das Kreuz uns Angst, weil es die Verneinung des Lebens zu sein scheint. In Wirklichkeit ist das Gegenteil der Fall! Es ist das »Ja« Gottes zum Menschen, der höchste Ausdruck seiner Liebe und die Quelle, aus der das ewige Leben entspringt. Aus dem am Kreuz geöffneten Herzen Jesu ist in der Tat das göttliche Leben geflossen, das demjenigen, der bereit ist, die Augen zum Gekreuzigten zu erheben, stets offen steht. Ich kann euch daher nur einladen, das Kreuz Jesu, das Zeichen der Liebe Gottes, als Quelle neuen Lebens anzunehmen. Außer dem gestorbenen und auferstandenen Christus gibt es kein Heil! Nur er kann die Welt vom Bösen befreien und das Reich der Gerechtigkeit, des Friedens und der Liebe wachsen lassen, nach dem wir alle streben.
4. An Jesus Christus glauben, ohne ihn zu sehen
Das Evangelium schildert uns die Glaubenserfahrung des Apostels Thomas, wie er das Geheimnis des Kreuzes und der Auferstehung Christi annimmt. Thomas gehört zu den zwölf Aposteln; er ist Jesus nachgefolgt; er ist Augenzeuge seiner Heilungen und Wunder; er hat seine Worte gehört; er hat die Verwirrung angesichts seines Todes erlebt. Am Abend des Ostertages erscheint der Herr den Jüngern, aber Thomas ist nicht dabei, und als ihm berichtet wird, daß Jesus lebt und sich gezeigt hat, sagt er: »Wenn ich nicht die Male der Nägel an seinen Händen sehe und wenn ich meinen Finger nicht in die Male der Nägel und meine Hand nicht in seine Seite lege, glaube ich nicht« (Joh 20,25).
Auch wir möchten Jesus sehen und mit ihm sprechen können, seine Gegenwart noch stärker spüren. Heute ist der Zugang zu Jesus für viele schwierig geworden. Es gehen so viele Jesusbilder um, die sich als wissenschaftlich ausgeben und ihm seine Größe, das Einzigartige seiner Person wegnehmen. Deswegen ist in mir in langen Jahren des Studiums und der Meditation der Gedanke gereift, etwas von meiner eigenen Begegnung mit Jesus in einem Buch weiterzugeben: gleichsam um anderen zu helfen, den Herrn zu sehen, zu hören, zu berühren, in dem Gott zu uns gekommen ist, damit wir ihn kennenlernen. Als Jesus acht Tage später den Jüngern noch einmal erscheint, sagt er selbst zu Thomas: »Streck deinen Finger aus – hier sind meine Hände! Streck deine Hand aus und leg sie in meine Seite, und sei nicht ungläubig, sondern gläubig!« (Joh 20,27). Auch wir können Jesus spürbar berühren, können sozusagen die Hand auf die Zeichen seines Leidens, die Zeichen seiner Liebe legen: In den Sakramenten ist er uns besonders nahe, schenkt er sich uns hin. Liebe Jugendliche, lernt, Jesus zu »sehen«, ihm zu »begegnen«: in der Eucharistie, in der er so gegenwärtig und nahe ist, daß er zur Speise auf unserem Weg wird, und im Bußsakrament, wo der Herr seine Barmherzigkeit erweist, indem er uns stets seine Vergebung anbietet. Erkennt und dient Jesus auch in den Armen, in den Kranken, in den Brüdern, die in Not sind und Hilfe brauchen.
Knüpft und pflegt einen persönlichen Dialog mit Jesus Christus im Glauben. Lernt ihn kennen durch das Lesen der Evangelien und des Katechismus der Katholischen Kirche; kommt im Gebet mit ihm ins Gespräch, schenkt ihm euer Vertrauen: Er wird es niemals enttäuschen! »Der Glaube ist eine persönliche Bindung des Menschen an Gott und zugleich, untrennbar davon, freie Zustimmung zu der ganzen von Gott geoffenbarten Wahrheit« (Katechismus der Katholischen Kirche, 150). So könnt ihr einen reifen, festen Glauben erlangen, der nicht nur auf einem religiösen Gefühl oder auf einer vagen Erinnerung an den Religionsunterricht eurer Kindheit gründet. Ihr könnt Gott kennenlernen und wirklich aus ihm leben wie der Apostel Thomas, als er mit Nachdruck seinen Glauben an Jesus bezeugt: »Mein Herr und mein Gott!«.
5. Vom Glauben der Kirche getragen, um Zeugen zu sein
In jenem Augenblick ruft Jesus aus: »Weil du mich gesehen hast, glaubst du. Selig sind, die nicht sehen und doch glauben!« (Joh 20,29). Er denkt an den Weg der Kirche, die auf dem Glauben der Augenzeugen, der Apostel, gründet. So verstehen wir, daß unser persönlicher Glaube an Christus, der aus dem Dialog mit ihm entstanden ist, an den Glauben der Kirche gebunden ist: Wir sind keine isolierten Gläubigen, sondern wir sind durch die Taufe Glieder dieser großen Familie, und der von der Kirche bekannte Glaube schenkt unserem persönlichen Glauben Sicherheit. Das Glaubensbekenntnis, das wir in der Sonntagsmesse sprechen, schützt uns genau vor der Gefahr, an einen Gott zu glauben, der nicht der ist, den Jesus uns offenbart hat: »Jeder Glaubende ist so ein Glied in der großen Kette der Glaubenden. Ich kann nicht glauben, wenn ich nicht durch den Glauben anderer getragen bin, und ich trage durch meinen Glauben den Glauben anderer mit« (Katechismus der Katholischen Kirche, 166). Wir wollen dem Herrn stets für das Geschenk der Kirche danken; sie läßt uns sicher im Glauben voranschreiten, der uns das wahre Leben gibt (vgl. Joh 20,31).
In der Geschichte der Kirche haben die Heiligen und die Märtyrer aus dem glorreichen Kreuz Christi die Kraft geschöpft, Gott bis zur Selbsthingabe treu zu sein; im Glauben haben sie die Kraft gefunden, ihre eigenen Schwächen zu besiegen und alle Widrigkeiten zu überwinden. Denn, wie der Apostel Johannes sagt, »wer sonst besiegt die Welt, außer dem, der glaubt, daß Jesus der Sohn Gottes ist?« (1 Joh 5,5). Und der Sieg, der aus dem Glauben kommt, ist der Sieg der Liebe. Wie viele Christen waren und sind ein lebendiges Zeugnis von der Kraft des Glaubens, die in der Liebe zum Ausdruck kommt: Sie stifteten Frieden, förderten die Gerechtigkeit, setzten sich für eine menschlichere Welt ein, eine Welt nach dem Plan Gottes; sie haben sich in den verschiedenen Bereichen des gesellschaftlichen Lebens mit Sachverstand und Erfahrung eingebracht und haben so wirksam zum Wohl aller beigetragen. Die Liebe, die aus dem Glauben kommt, hat sie zu einem sehr konkreten Zeugnis geführt, in Worten und in Werken: Christus ist kein Gut, das nur für uns selbst bestimmt ist, er ist das kostbarste Gut, das wir haben, um es mit den anderen zu teilen. Im Zeitalter der Globalisierung sollt ihr Zeugen der christlichen Hoffnung in der ganzen Welt sein: Viele haben den Wunsch, diese Hoffnung zu empfangen! Vor dem Grab des Freundes Lazarus, der seit vier Tagen tot war, sagte Jesus, bevor er ihn ins Leben zurückrief, zu dessen Schwester Marta: »Wenn du glaubst, wirst du die Herrlichkeit Gottes sehen« (vgl. Joh 11,40). Wenn ihr glaubt, wenn ihr jeden Tag euren Glauben lebt und bezeugt, werdet auch ihr zum Werkzeug, durch das andere Jugendliche wie ihr den Sinn und die Freude des Lebens wiederentdecken, die aus der Begegnung mit Christus entsteht!
6. In Vorbereitung auf den Weltjugendtag in Madrid
Liebe Freunde, ich lade euch erneut ein, zum Weltjugendtag in Madrid zu kommen. Mit tiefer Freude erwarte ich jeden von euch persönlich: Christus will euch durch die Kirche im Glauben festigen. Die Entscheidung, an Christus zu glauben und ihm nachzufolgen, ist nicht einfach; sie wird behindert durch unsere vielfache persönliche Untreue und durch viele Stimmen, die leichtere Wege aufzeigen. Laßt euch nicht entmutigen, sondern sucht vielmehr die Unterstützung der christlichen Gemeinschaft, die Unterstützung der Kirche! Bereitet euch im Laufe dieses Jahres mit euren Bischöfen, euren Priestern und den Verantwortlichen für die Jugendpastoral in den Diözesen, in den Pfarrgemeinden, in den Verbänden und in den Bewegungen intensiv auf die Begegnung in Madrid vor. Die Qualität unseres Treffens hängt vor allem von der geistlichen Vorbereitung ab, vom Gebet, vom gemeinsamen Hören auf das Wort Gottes und von der gegenseitigen Unterstützung.
Liebe Jugendliche, die Kirche zählt auf euch! Sie braucht euren lebendigen Glauben, eure kreative Liebe und die Dynamik eurer Hoffnung. Eure Anwesenheit erneuert die Kirche, verjüngt sie und schenkt ihr neuen Schwung. Daher sind die Weltjugendtage nicht nur für euch, sondern für das ganze Gottesvolk eine Gnade. Die Kirche in Spanien bereitet sich tatkräftig darauf vor, euch aufzunehmen und gemeinsam die freudige Erfahrung des Glaubens zu leben. Ich danke den Diözesen, den Pfarreien, den Wallfahrtsstätten, den Ordensgemeinschaften sowie den kirchlichen Verbänden und Bewegungen, die großherzig an der Vorbereitung dieses Ereignisses arbeiten; der Herr wird sie reich segnen. Die Jungfrau Maria möge diesen Weg der Vorbereitung begleiten. Bei der Verkündigung des Engels nahm sie das Wort Gottes im Glauben an; im Glauben stimmte sie dem Werk zu, das Gott in ihr gerade vollbrachte. Als sie ihr »Fiat« – ihr »Ja« – sprach, empfing sie das Geschenk einer unermeßlichen Liebe, die sie drängte, sich ganz Gott hinzugeben. Möge sie für jeden und jede von euch Fürsprecherin sein, damit ihr auf dem kommenden Weltjugendtag im Glauben und in der Liebe wachsen könnt. Ich versichere euch mein väterliches Gebetsgedenken und segne euch von Herzen.
Aus dem Vatikan, am 6. August 2010, dem Fest der Verklärung des Herrn
BENEDICTUS PP XVI
[01149-05.01] [Originalsprache: Italienisch]
● TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA
"Arraigados y edificados en Cristo, firmes en la fe" (cf. Col 2, 7)
Queridos amigos
Pienso con frecuencia en la Jornada Mundial de la Juventud de Sydney, en el 2008. Allí vivimos una gran fiesta de la fe, en la que el Espíritu de Dios actuó con fuerza, creando una intensa comunión entre los participantes, venidos de todas las partes del mundo. Aquel encuentro, como los precedentes, ha dado frutos abundantes en la vida de muchos jóvenes y de toda la Iglesia. Nuestra mirada se dirige ahora a la próxima Jornada Mundial de la Juventud, que tendrá lugar en Madrid, en el mes de agosto de 2011. Ya en 1989, algunos meses antes de la histórica caída del Muro de Berlín, la peregrinación de los jóvenes hizo un alto en España, en Santiago de Compostela. Ahora, en un momento en que Europa tiene que volver a encontrar sus raíces cristianas, hemos fijado nuestro encuentro en Madrid, con el lema: «Arraigados y edificados en Cristo, firmes en la fe» (cf. Col 2, 7). Os invito a este evento tan importante para la Iglesia en Europa y para la Iglesia universal. Además, quisiera que todos los jóvenes, tanto los que comparten nuestra fe, como los que vacilan, dudan o no creen, puedan vivir esta experiencia, que puede ser decisiva para la vida: la experiencia del Señor Jesús resucitado y vivo, y de su amor por cada uno de nosotros.
1. En las fuentes de vuestras aspiraciones más grandes
En cada época, también en nuestros días, numerosos jóvenes sienten el profundo deseo de que las relaciones interpersonales se vivan en la verdad y la solidaridad. Muchos manifiestan la aspiración de construir relaciones auténticas de amistad, de conocer el verdadero amor, de fundar una familia unida, de adquirir una estabilidad personal y una seguridad real, que puedan garantizar un futuro sereno y feliz. Al recordar mi juventud, veo que, en realidad, la estabilidad y la seguridad no son las cuestiones que más ocupan la mente de los jóvenes. Sí, la cuestión del lugar de trabajo, y con ello la de tener el porvenir asegurado, es un problema grande y apremiante, pero al mismo tiempo la juventud sigue siendo la edad en la que se busca una vida más grande. Al pensar en mis años de entonces, sencillamente, no queríamos perdernos en la mediocridad de la vida aburguesada. Queríamos lo que era grande, nuevo. Queríamos encontrar la vida misma en su inmensidad y belleza. Ciertamente, eso dependía también de nuestra situación. Durante la dictadura nacionalsocialista y la guerra, estuvimos, por así decir, "encerrados" por el poder dominante. Por ello, queríamos salir afuera para entrar en la abundancia de las posibilidades del ser hombre. Pero creo que, en cierto sentido, este impulso de ir más allá de lo habitual está en cada generación. Desear algo más que la cotidianidad regular de un empleo seguro y sentir el anhelo de lo que es realmente grande forma parte del ser joven. ¿Se trata sólo de un sueño vacío que se desvanece cuando uno se hace adulto? No, el hombre en verdad está creado para lo que es grande, para el infinito. Cualquier otra cosa es insuficiente. San Agustín tenía razón: nuestro corazón está inquieto, hasta que no descansa en Ti. El deseo de la vida más grande es un signo de que Él nos ha creado, de que llevamos su "huella". Dios es vida, y cada criatura tiende a la vida; en un modo único y especial, la persona humana, hecha a imagen de Dios, aspira al amor, a la alegría y a la paz. Entonces comprendemos que es un contrasentido pretender eliminar a Dios para que el hombre viva. Dios es la fuente de la vida; eliminarlo equivale a separarse de esta fuente e, inevitablemente, privarse de la plenitud y la alegría: «sin el Creador la criatura se diluye» (Con. Ecum. Vaticano. II, Const. Gaudium et Spes, 36). La cultura actual, en algunas partes del mundo, sobre todo en Occidente, tiende a excluir a Dios, o a considerar la fe como un hecho privado, sin ninguna relevancia en la vida social. Aunque el conjunto de los valores, que son el fundamento de la sociedad, provenga del Evangelio – como el sentido de la dignidad de la persona, de la solidaridad, del trabajo y de la familia –, se constata una especie de "eclipse de Dios", una cierta amnesia, más aún, un verdadero rechazo del cristianismo y una negación del tesoro de la fe recibida, con el riesgo de perder aquello que más profundamente nos caracteriza. Por este motivo, queridos amigos, os invito a intensificar vuestro camino de fe en Dios, Padre de nuestro Señor Jesucristo. Vosotros sois el futuro de la sociedad y de la Iglesia. Como escribía el apóstol Pablo a los cristianos de la ciudad de Colosas, es vital tener raíces y bases sólidas. Esto es verdad, especialmente hoy, cuando muchos no tienen puntos de referencia estables para construir su vida, sintiéndose así profundamente inseguros. El relativismo que se ha difundido, y para el que todo da lo mismo y no existe ninguna verdad, ni un punto de referencia absoluto, no genera verdadera libertad, sino inestabilidad, desconcierto y un conformismo con las modas del momento. Vosotros, jóvenes, tenéis el derecho de recibir de las generaciones que os preceden puntos firmes para hacer vuestras opciones y construir vuestra vida, del mismo modo que una planta pequeña necesita un apoyo sólido hasta que crezcan sus raíces, para convertirse en un árbol robusto, capaz de dar fruto.
2. Arraigados y edificados en Cristo
Para poner de relieve la importancia de la fe en la vida de los creyentes, quisiera detenerme en tres términos que san Pablo utiliza en: «Arraigados y edificados en Cristo, firmes en la fe» (cf. Col 2, 7). Aquí podemos distinguir tres imágenes: "arraigado" evoca el árbol y las raíces que lo alimentan; "edificado" se refiere a la construcción; "firme" alude al crecimiento de la fuerza física o moral. Se trata de imágenes muy elocuentes. Antes de comentarlas, hay que señalar que en el texto original las tres expresiones, desde el punto de vista gramatical, están en pasivo: quiere decir, que es Cristo mismo quien toma la iniciativa de arraigar, edificar y hacer firmes a los creyentes.
La primera imagen es la del árbol, firmemente plantado en el suelo por medio de las raíces, que le dan estabilidad y alimento. Sin las raíces, sería llevado por el viento, y moriría. ¿Cuáles son nuestras raíces? Naturalmente, los padres, la familia y la cultura de nuestro país son un componente muy importante de nuestra identidad. La Biblia nos muestra otra más. El profeta Jeremías escribe: «Bendito quien confía en el Señor y pone en el Señor su confianza: será un árbol plantado junto al agua, que junto a la corriente echa raíces; cuando llegue el estío no lo sentirá, su hoja estará verde; en año de sequía no se inquieta, no deja de dar fruto» (Jer 17, 7-8). Echar raíces, para el profeta, significa volver a poner su confianza en Dios. De Él viene nuestra vida; sin Él no podríamos vivir de verdad. «Dios nos ha dado vida eterna y esta vida está en su Hijo» (1 Jn 5,11). Jesús mismo se presenta como nuestra vida (cf. Jn 14, 6). Por ello, la fe cristiana no es sólo creer en la verdad, sino sobre todo una relación personal con Jesucristo. El encuentro con el Hijo de Dios proporciona un dinamismo nuevo a toda la existencia. Cuando comenzamos a tener una relación personal con Él, Cristo nos revela nuestra identidad y, con su amistad, la vida crece y se realiza en plenitud. Existe un momento en la juventud en que cada uno se pregunta: ¿qué sentido tiene mi vida, qué finalidad, qué rumbo debo darle? Es una fase fundamental que puede turbar el ánimo, a veces durante mucho tiempo. Se piensa cuál será nuestro trabajo, las relaciones sociales que hay que establecer, qué afectos hay que desarrollar… En este contexto, vuelvo a pensar en mi juventud. En cierto modo, muy pronto tomé conciencia de que el Señor me quería sacerdote. Pero más adelante, después de la guerra, cuando en el seminario y en la universidad me dirigía hacia esa meta, tuve que reconquistar esa certeza. Tuve que preguntarme: ¿es éste de verdad mi camino? ¿Es de verdad la voluntad del Señor para mí? ¿Seré capaz de permanecerle fiel y estar totalmente a disposición de Él, a su servicio? Una decisión así también causa sufrimiento. No puede ser de otro modo. Pero después tuve la certeza: ¡así está bien! Sí, el Señor me quiere, por ello me dará también la fuerza. Escuchándole, estando con Él, llego a ser yo mismo. No cuenta la realización de mis propios deseos, sino su voluntad. Así, la vida se vuelve auténtica. Como las raíces del árbol lo mantienen plantado firmemente en la tierra, así los cimientos dan a la casa una estabilidad perdurable. Mediante la fe, estamos arraigados en Cristo (cf. Col 2, 7), así como una casa está construida sobre los cimientos. En la historia sagrada tenemos numerosos ejemplos de santos que han edificado su vida sobre la Palabra de Dios. El primero Abrahán. Nuestro padre en la fe obedeció a Dios, que le pedía dejar la casa paterna para encaminarse a un país desconocido. «Abrahán creyó a Dios y se le contó en su haber. Y en otro pasaje se le llama "amigo de Dios"» (St 2, 23). Estar arraigados en Cristo significa responder concretamente a la llamada de Dios, fiándose de Él y poniendo en práctica su Palabra. Jesús mismo reprende a sus discípulos: «¿Por qué me llamáis: "¡Señor, Señor!", y no hacéis lo que digo?» (Lc 6, 46). Y recurriendo a la imagen de la construcción de la casa, añade: «El que se acerca a mí, escucha mis palabras y las pone por obra… se parece a uno que edificaba una casa: cavó, ahondó y puso los cimientos sobre roca; vino una crecida, arremetió el río contra aquella casa, y no pudo tambalearla, porque estaba sólidamente construida» (Lc 6, 47-48).
Queridos amigos, construid vuestra casa sobre roca, como el hombre que "cavó y ahondó". Intentad también vosotros acoger cada día la Palabra de Cristo. Escuchadle como al verdadero Amigo con quien compartir el camino de vuestra vida. Con Él a vuestro lado seréis capaces de afrontar con valentía y esperanza las dificultades, los problemas, también las desilusiones y los fracasos. Continuamente se os presentarán propuestas más fáciles, pero vosotros mismos os daréis cuenta de que se revelan como engañosas, no dan serenidad ni alegría. Sólo la Palabra de Dios nos muestra la auténtica senda, sólo la fe que nos ha sido transmitida es la luz que ilumina el camino. Acoged con gratitud este don espiritual que habéis recibido de vuestras familias y esforzaos por responder con responsabilidad a la llamada de Dios, convirtiéndoos en adultos en la fe. No creáis a los que os digan que no necesitáis a los demás para construir vuestra vida. Apoyaos, en cambio, en la fe de vuestros seres queridos, en la fe de la Iglesia, y agradeced al Señor el haberla recibido y haberla hecho vuestra.
3. Firmes en la fe
Estad «arraigados y edificados en Cristo, firmes en la fe» (cf. Col 2, 7). La carta de la cual está tomada esta invitación, fue escrita por san Pablo para responder a una necesidad concreta de los cristianos de la ciudad de Colosas. Aquella comunidad, de hecho, estaba amenazada por la influencia de ciertas tendencias culturales de la época, que apartaban a los fieles del Evangelio. Nuestro contexto cultural, queridos jóvenes, tiene numerosas analogías con el de los colosenses de entonces. En efecto, hay una fuerte corriente de pensamiento laicista que quiere apartar a Dios de la vida de las personas y la sociedad, planteando e intentando crear un "paraíso" sin Él. Pero la experiencia enseña que el mundo sin Dios se convierte en un "infierno", donde prevalece el egoísmo, las divisiones en las familias, el odio entre las personas y los pueblos, la falta de amor, alegría y esperanza. En cambio, cuando las personas y los pueblos acogen la presencia de Dios, le adoran en verdad y escuchan su voz, se construye concretamente la civilización del amor, donde cada uno es respetado en su dignidad y crece la comunión, con los frutos que esto conlleva. Hay cristianos que se dejan seducir por el modo de pensar laicista, o son atraídos por corrientes religiosas que les alejan de la fe en Jesucristo. Otros, sin dejarse seducir por ellas, sencillamente han dejado que se enfriara su fe, con las inevitables consecuencias negativas en el plano moral. El apóstol Pablo recuerda a los hermanos, contagiados por las ideas contrarias al Evangelio, el poder de Cristo muerto y resucitado. Este misterio es el fundamento de nuestra vida, el centro de la fe cristiana. Todas las filosofías que lo ignoran, considerándolo "necedad" (1 Co 1, 23), muestran sus límites ante las grandes preguntas presentes en el corazón del hombre. Por ello, también yo, como Sucesor del apóstol Pedro, deseo confirmaros en la fe (cf. Lc 22, 32). Creemos firmemente que Jesucristo se entregó en la Cruz para ofrecernos su amor; en su pasión, soportó nuestros sufrimientos, cargó con nuestros pecados, nos consiguió el perdón y nos reconcilió con Dios Padre, abriéndonos el camino de la vida eterna. De este modo, hemos sido liberados de lo que más atenaza nuestra vida: la esclavitud del pecado, y podemos amar a todos, incluso a los enemigos, y compartir este amor con los hermanos más pobres y en dificultad.
Queridos amigos, la cruz a menudo nos da miedo, porque parece ser la negación de la vida. En realidad, es lo contrario. Es el "sí" de Dios al hombre, la expresión máxima de su amor y la fuente de donde mana la vida eterna. De hecho, del corazón de Jesús abierto en la cruz ha brotado la vida divina, siempre disponible para quien acepta mirar al Crucificado. Por eso, quiero invitaros a acoger la cruz de Jesús, signo del amor de Dios, como fuente de vida nueva. Sin Cristo, muerto y resucitado, no hay salvación. Sólo Él puede liberar al mundo del mal y hacer crecer el Reino de la justicia, la paz y el amor, al que todos aspiramos.
4. Creer en Jesucristo sin verlo
En el Evangelio se nos describe la experiencia de fe del apóstol Tomás cuando acoge el misterio de la cruz y resurrección de Cristo. Tomás, uno de los doce apóstoles, siguió a Jesús, fue testigo directo de sus curaciones y milagros, escuchó sus palabras, vivió el desconcierto ante su muerte. En la tarde de Pascua, el Señor se aparece a los discípulos, pero Tomás no está presente, y cuando le cuentan que Jesús está vivo y se les ha aparecido, dice: «Si no veo en sus manos la señal de los clavos, si no meto el dedo en el agujero de los clavos y no meto la mano en su costado, no lo creo» (Jn 20, 25). También nosotros quisiéramos poder ver a Jesús, poder hablar con Él, sentir más intensamente aún su presencia. A muchos se les hace hoy difícil el acceso a Jesús. Muchas de las imágenes que circulan de Jesús, y que se hacen pasar por científicas, le quitan su grandeza y la singularidad de su persona. Por ello, a lo largo de mis años de estudio y meditación, fui madurando la idea de transmitir en un libro algo de mi encuentro personal con Jesús, para ayudar de alguna forma a ver, escuchar y tocar al Señor, en quien Dios nos ha salido al encuentro para darse a conocer. De hecho, Jesús mismo, apareciéndose nuevamente a los discípulos después de ocho días, dice a Tomás: «Trae tu dedo, aquí tienes mis manos; trae tu mano y métela en mi costado, y no seas incrédulo, sino creyente» (
Jn 20, 27). También para nosotros es posible tener un contacto sensible con Jesús, meter, por así decir, la mano en las señales de su Pasión, las señales de su amor. En los Sacramentos, Él se nos acerca en modo particular, se nos entrega. Queridos jóvenes, aprended a "ver", a "encontrar" a Jesús en la Eucaristía, donde está presente y cercano hasta entregarse como alimento para nuestro camino; en el Sacramento de la Penitencia, donde el Señor manifiesta su misericordia ofreciéndonos siempre su perdón. Reconoced y servid a Jesús también en los pobres y enfermos, en los hermanos que están en dificultad y necesitan ayuda.
Entablad y cultivad un diálogo personal con Jesucristo, en la fe. Conocedle mediante la lectura de los Evangelios y del Catecismo de la Iglesia Católica; hablad con Él en la oración, confiad en Él. Nunca os traicionará. «La fe es ante todo una adhesión personal del hombre a Dios; es al mismo tiempo e inseparablemente el asentimiento libre a toda la verdad que Dios ha revelado» (Catecismo de la Iglesia Católica, 150). Así podréis adquirir una fe madura, sólida, que no se funda únicamente en un sentimiento religioso o en un vago recuerdo del catecismo de vuestra infancia. Podréis conocer a Dios y vivir auténticamente de Él, como el apóstol Tomás, cuando profesó abiertamente su fe en Jesús: «¡Señor mío y Dios mío!».
5. Sostenidos por la fe de la Iglesia, para ser testigos
En aquel momento Jesús exclama: «¿Porque me has visto has creído? Dichosos los que crean sin haber visto» (Jn 20, 29). Pensaba en el camino de la Iglesia, fundada sobre la fe de los testigos oculares: los Apóstoles. Comprendemos ahora que nuestra fe personal en Cristo, nacida del diálogo con Él, está vinculada a la fe de la Iglesia: no somos creyentes aislados, sino que, mediante el Bautismo, somos miembros de esta gran familia, y es la fe profesada por la Iglesia la que asegura nuestra fe personal. El Credo que proclamamos cada domingo en la Eucaristía nos protege precisamente del peligro de creer en un Dios que no es el que Jesús nos ha revelado: «Cada creyente es como un eslabón en la gran cadena de los creyentes. Yo no puedo creer sin ser sostenido por la fe de los otros, y por mi fe yo contribuyo a sostener la fe de los otros» (Catecismo de la Iglesia Católica, 166). Agradezcamos siempre al Señor el don de la Iglesia; ella nos hace progresar con seguridad en la fe, que nos da la verdadera vida (cf. Jn 20, 31). En la historia de la Iglesia, los santos y mártires han sacado de la cruz gloriosa la fuerza para ser fieles a Dios hasta la entrega de sí mismos; en la fe han encontrado la fuerza para vencer las propias debilidades y superar toda adversidad. De hecho, como dice el apóstol Juan: «¿quién es el que vence al mundo sino el que cree que Jesús es el Hijo de Dios?» (1 Jn 5, 5). La victoria que nace de la fe es la del amor. Cuántos cristianos han sido y son un testimonio vivo de la fuerza de la fe que se expresa en la caridad. Han sido artífices de paz, promotores de justicia, animadores de un mundo más humano, un mundo según Dios; se han comprometido en diferentes ámbitos de la vida social, con competencia y profesionalidad, contribuyendo eficazmente al bien de todos. La caridad que brota de la fe les ha llevado a dar un testimonio muy concreto, con la palabra y las obras. Cristo no es un bien sólo para nosotros mismos, sino que es el bien más precioso que tenemos que compartir con los demás. En la era de la globalización, sed testigos de la esperanza cristiana en el mundo entero: son muchos los que desean recibir esta esperanza. Ante la tumba del amigo Lázaro, muerto desde hacía cuatro días, Jesús, antes de volver a llamarlo a la vida, le dice a su hermana Marta: «Si crees, verás la gloria de Dios» (Jn 11, 40). También vosotros, si creéis, si sabéis vivir y dar cada día testimonio de vuestra fe, seréis un instrumento que ayudará a otros jóvenes como vosotros a encontrar el sentido y la alegría de la vida, que nace del encuentro con Cristo.
6. Hacia la Jornada Mundial de Madrid
Queridos amigos, os reitero la invitación a asistir a la Jornada Mundial de la Juventud en Madrid. Con profunda alegría, os espero a cada uno personalmente. Cristo quiere afianzaros en la fe por medio de la Iglesia. La elección de creer en Cristo y de seguirle no es fácil. Se ve obstaculizada por nuestras infidelidades personales y por muchas voces que nos sugieren vías más fáciles. No os desaniméis, buscad más bien el apoyo de la comunidad cristiana, el apoyo de la Iglesia. A lo largo de este año, preparaos intensamente para la cita de Madrid con vuestros obispos, sacerdotes y responsables de la pastoral juvenil en las diócesis, en las comunidades parroquiales, en las asociaciones y los movimientos. La calidad de nuestro encuentro dependerá, sobre todo, de la preparación espiritual, de la oración, de la escucha en común de la Palabra de Dios y del apoyo recíproco.
Queridos jóvenes, la Iglesia cuenta con vosotros. Necesita vuestra fe viva, vuestra caridad creativa y el dinamismo de vuestra esperanza. Vuestra presencia renueva la Iglesia, la rejuvenece y le da un nuevo impulso. Por ello, las Jornadas Mundiales de la Juventud son una gracia no sólo para vosotros, sino para todo el Pueblo de Dios. La Iglesia en España se está preparando intensamente para acogeros y vivir la experiencia gozosa de la fe. Agradezco a las diócesis, las parroquias, los santuarios, las comunidades religiosas, las asociaciones y los movimientos eclesiales, que están trabajando con generosidad en la preparación de este evento. El Señor no dejará de bendecirles. Que la Virgen María acompañe este camino de preparación. Ella, al anuncio del Ángel, acogió con fe la Palabra de Dios; con fe consintió que la obra de Dios se cumpliera en ella. Pronunciando su "fiat", su "sí", recibió el don de una caridad inmensa, que la impulsó a entregarse enteramente a Dios. Que Ella interceda por todos vosotros, para que en la próxima Jornada Mundial podáis crecer en la fe y en el amor. Os aseguro mi recuerdo paterno en la oración y os bendigo de corazón. Vaticano, 6 de agosto de 2010, Fiesta de la Transfiguración del Señor.
BENEDICTUS PP XVI
[01149-04.01] [Texto original: Italiano]
[B0514-XX.02]