Alle ore 17.30 di questo pomeriggio, Giovedì Santo, Giovanni Paolo II presiede, nella Patriarcale Basilica di San Pietro in Vaticano, la concelebrazione della Santa Messa nella Cena del Signore.
Nel corso della Liturgia si compie il rito della lavanda dei piedi a dodici Presbiteri.
Al momento della presentazione dei doni viene affidata al Papa un’offerta destinata agli indigeni e ai meticci più poveri tra i poveri in America Latina e nei Caraibi.
Al termine della celebrazione ha luogo la traslazione del SS.mo Sacramento alla Cappella della reposizione.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che Giovanni Paolo II pronuncia dopo la proclamazione del Santo Vangelo:
● OMELIA DEL SANTO PADRE
1. "Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13,1).
Queste parole, riportate nel brano evangelico appena proclamato, ben sottolineano il clima del Giovedì Santo. Esse ci fanno intuire i sentimenti provati da Cristo "nella notte in cui veniva tradito" (1 Cor 11, 23), e ci stimolano a partecipare con intensa e intima gratitudine al solenne rito che stiamo compiendo.
Questa sera entriamo nella Pasqua di Cristo, che costituisce il momento drammatico e conclusivo, lungamente preparato ed atteso, dell'esistenza terrena del Verbo di Dio. Gesù è venuto tra di noi non per essere servito, ma per servire, ed ha assunto su di sé i drammi e le speranze degli uomini di tutti i tempi. Anticipando misticamente il sacrificio della Croce, nel Cenacolo ha voluto restare con noi sotto le specie del pane e del vino ed ha affidato agli Apostoli e ai loro successori la missione e il potere di perpetuarne la memoria viva ed efficace nel rito eucaristico.
Questa celebrazione, pertanto, ci coinvolge misticamente tutti e ci immette nel Triduo Sacro, durante il quale anche noi impareremo dall'unico "Maestro e Signore" a "tendere le mani" per andare là dove ci chiama il compimento della volontà del Padre celeste.
2. "Fate questo in memoria di me" (1 Cor 11,24-25). Con questo comando, che ci impegna a ripetere il suo gesto, Gesù conclude l'istituzione del Sacramento dell'Altare. Anche al termine della lavanda dei piedi Egli ci invita ad imitarlo: "Vi ho dato l'esempio perché come ho fatto io facciate anche voi" (Gv 13,15). Stabilisce in tal modo un'intima correlazione tra l'Eucaristia, sacramento del suo dono sacrificale, e il comandamento dell'amore, che ci impegna ad accogliere e servire i fratelli.
Non si può disgiungere la partecipazione alla mensa del Signore dal dovere di amare il prossimo. Ogni volta che partecipiamo all'Eucaristia, anche noi pronunciamo il nostro "Amen" davanti al Corpo e al Sangue del Signore. Ci impegniamo in tal modo a far ciò che Cristo ha fatto, "lavare i piedi" dei fratelli, trasformandoci in immagine concreta e trasparente di Colui che "spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo" (Fil 2,7).
E' l'amore l'eredità più preziosa che Egli lascia a quanti chiama alla sua sequela. E' il suo amore, condiviso dai suoi discepoli, che questa sera viene offerto all'intera umanità.
3. "Chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (1 Cor 11,29). Grande dono è l'Eucaristia, ma anche una grande responsabilità per chi la riceve. Gesù, dinanzi a Pietro che è riluttante a farsi lavare i piedi, insiste sulla necessità di essere mondi per prendere parte al banchetto sacrificale dell'Eucaristia.
La tradizione della Chiesa ha sempre evidenziato il legame esistente tra l'Eucaristia e il sacramento della Riconciliazione. Ho voluto ribadirlo anch'io nella Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo di quest'anno, invitando anzitutto i presbiteri a considerare con rinnovato stupore la bellezza del Sacramento del perdono. Solo così potranno poi farlo riscoprire ai fedeli affidati alle loro cure pastorali.
Il sacramento della Penitenza restituisce ai battezzati la grazia divina perduta con il peccato mortale, e li dispone a ricevere degnamente l'Eucaristia. Inoltre, nel colloquio diretto che la sua celebrazione ordinaria comporta, il Sacramento può venire incontro all'esigenza di comunicazione personale, resa oggi sempre più difficile dai ritmi frenetici della società tecnologica. Con la sua opera illuminata e paziente il confessore può introdurre il penitente a quella comunione profonda con Cristo che il Sacramento ridona e l'Eucaristia porta a pieno compimento.
Possa la riscoperta del sacramento della Riconciliazione aiutare tutti i credenti ad accostarsi con rispetto e devozione alla Mensa del Corpo e del Sangue del Signore.
4. "Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13,1).
Ritorniamo spiritualmente nel Cenacolo! Ci raccogliamo con fede intorno all'Altare del Signore, facendo memoria dell'Ultima Cena. Ripetendo i gesti di Cristo, proclamiamo che la sua morte ha redento l'umanità dal peccato, e continua a dischiudere la speranza di un futuro di salvezza per gli uomini di ogni epoca.
Tocca ai sacerdoti perpetuare il rito che, sotto le specie del pane e del vino, rende presente il sacrificio di Cristo in modo vero, reale e sostanziale, fino alla fine dei tempi. Tocca a tutti i cristiani farsi servi umili e attenti dei fratelli per collaborare alla loro salvezza. E' compito di ogni credente proclamare con la vita che il Figlio di Dio ha amato i suoi "fino alla fine". Questa sera, in un silenzio carico di mistero, si alimenta la nostra fede.
Uniti a tutta la Chiesa, annunciamo la tua morte, o Signore. Ripieni di gratitudine, gustiamo già la gioia della tua resurrezione. Pieni di fiducia, ci impegniamo a vivere nell'attesa del tuo ritorno glorioso. Oggi e sempre, o Cristo, nostro Redentore. Amen!
[00489-01.01] [Testo originale: Italiano]
● TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
1. "Having loved his own who were in the world, he loved them to the end" (Jn 13:1).
These words from the Gospel text just proclaimed clearly underline the climate of Holy Thursday. They give us an insight into what Christ felt "on the night when he was betrayed" (1 Cor 11:23), and they inspire us to take part with intense and personal gratitude in the solemn rite we are celebrating.
This evening we begin Christ’s Passover, constituting the tragic and concluding moment, long prepared and awaited, of the earthly existence of the Word of God. Jesus came among us not to be served but to serve, and he took upon himself the vicissitudes and hopes of the people of all time. Mystically anticipating the sacrifice of the Cross, in the Upper Room it was his wish to stay with us under the appearances of bread and wine, and he entrusted to the Apostles and their successors the mission and power to perpetuate the living and efficacious memory of that event in the Eucharist.
This celebration thus mystically involves all of us and introduces us into the Sacred Triduum, during which we too shall learn from the one "Master and Lord" to "stretch out our hands" and go to wherever we are called to fulfil the will of our heavenly Father.
2. "Do this in memory of me" (1 Cor 11:24,25). With this command, which commits us to repeating his gesture, Jesus concludes the institution of the Sacrament of the Altar. As he finishes the washing of the feet, he again invites us to imitate him: "For I have given you an example, that you also should do as I have done to you" (Jn 13:15). In this way he establishes an intimate connection between the Eucharist, the sacrament of his sacrificial gift, and the commandment of love which commits us to welcoming and serving our brothers and sisters.
Partaking of the Lord’s table cannot be separated from the duty of loving our neighbour. Each time we partake in the Eucharist, we too say our "Amen" before the Body and Blood of the Lord. In doing so we commit ourselves to doing what Christ has done, to "washing the feet" of our brothers and sisters, becoming a real and visible image of the One who "emptied himself, taking the form of a servant" (Phil 2:7).
Love is the most precious legacy which Christ leaves to those whom he calls to follow him. It is his love, shared by his disciples, which this evening is offered to all humanity.
3. "Any one who eats and drinks without discerning the body eats and drinks judgment upon himself" (1 Cor 11:29). The Eucharist is a great gift, but also a great responsibility for those who receive it. Before Peter, who is reluctant to have his feet washed, Jesus insists on the need to be unsullied in order to take part in the sacrificial banquet of the Eucharist.
The Church’s tradition has always stressed the link between the Eucharist and the Sacrament of Reconciliation. I too have wished to reaffirm this in my Letter to Priests for Holy Thursday this year, by inviting priests above all to consider with renewed wonder the beauty of the Sacrament of forgiveness. Only in this way will they be able to help the faithful entrusted to their pastoral care to rediscover the Sacrament.
The Sacrament of Penance restores to the baptized the divine grace lost by mortal sin, and disposes them to receive the Eucharist worthily. Furthermore, in the direct conversation which its ordinary celebration involves, the Sacrament can meet the need for personal communication, which has become more and more difficult nowadays as a result of the frenetic pace of our technological society. Through his enlightened and patient action, the confessor can bring the penitent into that profound communion with Christ which the Sacrament restores and which the Eucharist brings to full fruition.
May the rediscovery of the Sacrament of Reconciliation help all the faithful to draw near with respect and devotion to the Table of the Lord’s Body and Blood.
4. "Having loved his own who were in the world, he loved them to the end" (Jn 13:1).
Let us return in spirit to the Upper Room! Here we recollect ourselves in faith around the Altar of the Lord, as we commemorate the Last Supper. Repeat the gestures of Christ, we proclaim that his death has redeemed humanity from sin and continues to reveal the hope of a future of salvation for the men and women of every time and place.
Priests are called to perpetuate the rite which, under the appearances of bread and wine, makes present the sacrifice of Christ, truly, really and substantially, until the end of time. All Christians are called to become humble and attentive servants of their brothers and sisters, in order to cooperate in their salvation. It is the task of every believer to proclaim through his or her life that the Son of God loved his own "to the end". This evening, in a silence charged with mystery, our faith is nourished.
In union with the whole Church, we proclaim your death, O Lord. Filled with gratitude, we taste already the joy of your resurrection. Full of trust, we commit ourselves to living in expectation of your return in glory. Today and for ever, O Christ, our Redeemer. Amen!
[00495-02.01] [Original text: English]