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SINTESI DELLA DICHIARAZIONE DOMINUS IESUS CIRCA L’UNICITÀ E L’UNIVERSALITÀ SALVIFICA DI GESÙ CRISTO E DELLA CHIESA, 05.09.2000


Pubblichiamo di seguito, in diverse lingue, una sintesi - a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede - della Dichiarazione "Dominus Iesus" circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa.

È a disposizione dei giornalisti accreditati anche il testo integrale del Documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, che viene presentato oggi alle ore 11.30 con una Conferenza Stampa nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede.

Sintesi in lingua italiana

Introduzione

Nel vivace dibattito contemporaneo sul rapporto tra Cristianesimo e altre religioni non manca, tra i teologi cattolici, chi afferma che tutte le religioni siano vie ugualmente valide di salvezza. Si tratta di teorie relativistiche, che negano o considerano superate alcune fondamentali verità della fede cattolica circa il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù, il carattere ispirato dei libri della Sacra Scrittura, l’inscindibile unità personale tra il Verbo eterno e Gesù di Nazareth, l’unità dell’economia del Verbo incarnato e dello Spirito Santo, l’unicità e l’universalità salvifica del mistero dell’incarnazione, passione e morte di Nostro Signore Gesù Cristo, la mediazione salvifica universale della Chiesa, l’inseparabilità - pur nella distinzione - tra il Regno di Dio, Regno di Cristo e la Chiesa, la sussistenza nella Chiesa cattolica dell’unica Chiesa di Cristo.

Queste teorie si fondano su alcuni diffusi presupposti di natura sia filosofica sia teologica. La Dichiarazione ne segnala alcuni, come, ad esempio, la convinzione della completa inafferrabilità e inesprimibilità della verità divina, nemmeno da parte della rivelazione cristiana; l’atteggiamento relativistico nei confronti della verità, per cui ciò che è vero per alcuni non lo sarebbe per altri; la contrapposizione radicale che ci sarebbe tra mentalità logica occidentale e mentalità simbolica orientale; il soggettivismo esasperato di chi considera la ragione come unica fonte di conoscenza; lo svuotamento metafisico del mistero dell’incarnazione; l’eclettismo di chi, nella ricerca teologica, assume idee derivate da differenti contesti filosofici e religiosi, senza badare né alla loro coerenza e connessione sistematica, né alla loro compatibilità con la verità cristiana; la tendenza, infine, a leggere e interpretare la Sacra Scrittura fuori della Tradizione e dal Magistero della Chiesa.

Tenendo conto di questo dibattito, già la Commissione Teologica Internazionale aveva pubblicato nel 1997 un documento, Il Cristianesimo e le religioni, che, con ampiezza di riferimenti biblici e di motivazioni teologiche, aveva mostrato l’infondatezza di una teologia pluralistica delle religioni, ribadendo invece l’unicità e l’universalità salvifica del mistero di Cristo e della Chiesa, fonte di ogni salvezza all’interno e fuori del Cristianesimo. Data, però, l’enorme e rapida diffusione della mentalità relativistica e pluralistica, la Congregazione per la Dottrina della Fede interviene ora con la presente Dichiarazione per riproporre e chiarire alcune verità di fede, seguendo in ciò l’esempio dell’Apostolo Paolo ai fedeli di Corinto: "Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto" (1Cor 15,3).

In concreto la Dichiarazione si articola in sei punti, che riassumono i dati essenziali della dottrina di fede cattolica sulla considerazione del significato e del valore salvifico delle altre religioni.

I. Pienezza e definitività della rivelazione di Gesù Cristo

Contro la tesi che sostiene il carattere limitato, incompleto e imperfetto della rivelazione di Gesù, la quale sarebbe complementare a quella presente nelle altre religioni, la Dichiarazione ribadisce la fede cattolica circa la piena e completa rivelazione in Gesù Cristo del mistero salvifico di Dio. Essendo Gesù vero Dio e vero uomo, le sue parole e le sue opere manifestano la totalità e la definitività della rivelazione del mistero di Dio, anche se la profondità di tale mistero rimane in se stesso trascendente e inesauribile. Di conseguenza, pur ammettendo che le altre religioni non raramente riflettono un raggio di quella Verità, che illumina tutti gli uomini (cf. Dich. Nostra aetate, n. 2), si riafferma che la qualifica di testi ispirati viene riservata solo ai libri canonici dell’Antico e del Nuovo Testamento, che, in quanto ispirati dallo Spirito Santo, hanno Dio come autore e insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità su Dio e sulla salvezza dell’umanità. La Dichiarazione insegna inoltre che deve essere fermamente ritenuta la distinzione tra la fede teologale, che è l’adesione alla verità rivelata da Dio Uno e Trino e la credenza nelle altre religioni, che è esperienza religiosa ancora alla ricerca della verità assoluta e priva dell’assenso a Dio che si rivela.

II. Logos incarnato e lo Spirito Santo nell’opera di salvezza

Contro la tesi di una doppia economia salvifica, quella del Verbo eterno, che sarebbe universale e quindi valida anche al di fuori della Chiesa, e quella del Verbo incarnato, che sarebbe limitata ai soli cristiani, la Dichiarazione ribadisce l’unicità dell’economia salvifica dell’unico Verbo incarnato che è Gesù Cristo, Figlio unigenito del Padre. Il suo mistero di incarnazione, morte e risurrezione è la fonte unica e universale di salvezza per l’umanità intera. Il mistero di Cristo ha, infatti, una sua intrinseca unità, che si estende dalla elezione eterna in Dio alla parusia: "In lui [il Padre] ci ha scelti prima della creazione del mondo" (Ef 1,4). Gesù è il mediatore e il redentore universale. Per questo, è altrettanto erronea l’ipotesi di una economia salvifica dello Spirito Santo con un carattere più universale di quella del Verbo incarnato, crocifisso e risorto. Lo Spirito Santo è infatti lo Spirito del Cristo risorto e la sua azione non si pone al di fuori o accanto a quella di Cristo. Si tratta infatti di una unica economia trinitaria, voluta dal Padre e realizzata nel mistero di Cristo con la cooperazione dello Spirito Santo.

III. Unicità e universalità del mistero salvifico di Gesù Cristo

Di conseguenza la Dichiarazione riafferma l’unicità e l’universalità salvifica del mistero di Cristo, che nel suo evento di incarnazione, morte e risurrezione ha portato a compimento la storia della salvezza, che ha in lui la sua pienezza, il suo centro e la sua fonte. Certo, l’unica mediazione di Cristo non esclude delle mediazioni partecipate di vario tipo e ordine; esse, tuttavia, attingono significato e valore unicamente da quella di Cristo e non possono essere intese come parallele o complementari. Proposte di un agire salvifico di Dio al di fuori dell’unica mediazione di Cristo risultano contrarie alla fede cattolica.

IV. Unicità e unità della Chiesa

Il Signore Gesù continua la sua presenza e la sua opera di salvezza nella Chiesa ed attraverso la Chiesa, che è suo Corpo. Così come il capo e le membra di un corpo vivo pur non identificandosi sono inseparabili, Cristo e la Chiesa non possono essere confusi ma neanche separati.

Perciò, in connessione con l’unicità e l’universalità della mediazione salvifica di Gesù Cristo, deve essere fermamente creduta come verità di fede cattolica l’unicità della Chiesa da lui fondata. I fedeli sono tenuti a professare che esiste una continuità storica tra la Chiesa fondata da Cristo e la Chiesa Cattolica. Infatti, l’unica Chiesa di Cristo "sussiste nella Chiesa Cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui" (Cost. dogm. Lumen gentium, n. 8). Per quanto riguarda "l’esistenza di numerosi elementi di santificazione e di verità al di fuori della sua compagine" (ibidem), ovvero nelle Chiese e Comunità ecclesiali che non sono ancora in piena comunione con la Chiesa Cattolica, bisogna affermare che "il loro valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità che è stata affidata alla Chiesa Cattolica" (Decr. Unitatis redintegratio, n. 3).

Le Chiese che non accettano la dottrina cattolica del Primato del Vescovo di Roma, restano unite alla Chiesa Cattolica per mezzo di strettissimi vincoli, quali la successione apostolica e la valida Eucaristia. Perciò anche in queste Chiese particolari è presente e operante la Chiesa di Cristo, sebbene manchi la piena comunione con la Chiesa cattolica. Invece le comunità ecclesiali che non hanno conservato l’Episcopato valido e la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico, non sono Chiese in senso proprio; tuttavia i battezzati in queste comunità sono in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa Cattolica. "Perciò le stesse Chiese e comunità separate, quantunque crediamo che abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso." (Decr. Unitatis redintegratio, n. 3).

V. Chiesa, Regno di Dio e Regno di Cristo

La missione della Chiesa è "di annunciare il Regno di Cristo e di Dio e di instaurarlo tra tutte le genti; di questo Regno essa costituisce sulla terra il germe e l’inizio" (Cost. dogm. Lumen gentium, n. 5). Da un lato, la Chiesa è "segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità del genere umano" (ibidem, n. 1), quindi segno e strumento del Regno: chiamata ad annunciarlo e ad instaurarlo. Dall’altro lato, la Chiesa è il "popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (ibidem, n. 4): essa è dunque "il Regno di Cristo già presente in mistero" (ibidem, n. 3), costituendone perciò il germe e l’inizio. Possono esistere diverse spiegazioni teologiche su questi argomenti. Tuttavia non si può negare o svuotare in alcun modo l’intima connessione tra Cristo, il Regno e la Chiesa. Infatti, "il Regno di Dio, che conosciamo dalla Rivelazione, non può essere disgiunto né da Cristo né dalla Chiesa" (Lett. Enc. Redemptoris missio, n. 18).

Il Regno di Dio non si identifica però con la Chiesa nella sua realtà visibile e sociale. Infatti, non si deve escludere "l’opera di Cristo e dello Spirito fuori dei confini visibili della Chiesa" (ibidem). Nel considerare i rapporti tra Regno di Dio, Regno di Cristo e Chiesa è comunque necessario evitare accentuazioni unilaterali, come è il caso di quelle che nel parlare del Regno di Dio passano sotto silenzio Cristo, privilegiano il mistero della creazione ma tacciono sul mistero della redenzione, perché - dicono - Cristo non può essere compreso da chi non ha la fede cristiana, mentre popoli, culture e religioni diverse si possono ritrovare nell’unica realtà divina, quale che sia il suo nome. Inoltre, il Regno, quale essi lo intendono, finisce con l’emarginare o sottovalutare la Chiesa. In pratica negano l’unicità del rapporto che Cristo e la Chiesa hanno con il Regno di Dio.

VI. La Chiesa e le religioni in rapporto alla salvezza

Da quanto è stato sopra ricordato, derivano anche alcuni punti necessari e irrinunciabili per l’approfondimento teologico circa il rapporto della Chiesa e delle religioni con la salvezza. Innanzitutto, deve essere fermamente creduto che la "Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo è il mediatore e la via della salvezza; ed egli si rende presente a noi nel suo Corpo che è la Chiesa" (Cost. dogm. Lumen gentium, n. 14). Questa dottrina non va contrapposta alla volontà salvifica universale di Dio; perciò "è necessario tener congiunte queste due verità, cioè la reale possibilità della salvezza in Cristo per tutti gli uomini e la necessità della Chiesa in ordine a tale salvezza" (Lett. Enc. Redemptoris missio, n. 9). Per coloro i quali non sono formalmente membri della Chiesa, "la salvezza di Cristo è accessibile in virtù di una grazia che, pur avendo una misteriosa relazione con la Chiesa, non li introduce formalmente in essa, ma li illumina in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale. Questa grazia proviene da Cristo, è frutto del suo sacrificio ed è comunicata dallo Spirito Santo" (ibidem, n. 10).

Circa il modo in cui la grazia salvifica di Dio arriva ai singoli non cristiani, il Concilio Vaticano II si limitò ad affermare che Dio la dona "attraverso vie a lui note" (Decr. Ad gentes, n. 7). La teologia sta cercando di approfondire questo argomento. Tuttavia è chiaro che sarebbe contrario alla fede cattolica considerare la Chiesa come una via di salvezza accanto a quelle costituite dalle altre religioni.

Certamente, le varie tradizioni religiose contengono e offrono elementi di religiosità che fanno parte di "quanto opera lo Spirito nel cuore degli uomini e nella storia dei popoli, nelle culture e nelle religioni" (Lett. Enc. Redemptoris missio, n. 29). Ad essi tuttavia non può essere attribuita l’origine divina e l’efficacia salvifica ex opere operato, che è propria dei sacramenti cristiani. D’altronde non si può ignorare che altri riti, in quanto dipendenti da superstizioni o da altri errori (cf. 1 Cor 10, 20-21), costituiscono piuttosto un ostacolo per la salvezza.

Con la venuta di Gesù Cristo salvatore, Dio ha voluto che la Chiesa da Lui fondata fosse lo strumento per la salvezza di tutta l’umanità. Questa verità di fede niente toglie al fatto che la Chiesa consideri le religioni del mondo con sincero rispetto, ma nel contempo esclude radicalmente quella mentalità indifferentista improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che "una religione vale l’altra" ( Lett. Enc. Redemptoris missio, n. 36). Come esigenza dell’amore a tutti gli uomini, la Chiesa "annuncia, ed è tenuta ad annunciare, incessantemente Cristo che è "la via, la verità e la vita" (Gv 14,6), in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e nel quale Dio ha riconciliato a sé tutte le cose" (Dich. Nostra aetate, n. 2).

Conclusione

La presente Dichiarazione ha inteso riproporre e chiarire alcune verità di fede, di fronte ad alcune proposte problematiche o anche erronee.

I Padri del Concilio Vaticano II, trattando il tema della vera religione, affermarono: "Noi crediamo che questa unica vera religione sussiste nella Chiesa cattolica e apostolica, alla quale il Signore Gesù ha affidato il compito di diffonderla tra tutti gli uomini, dicendo agli apostoli: "Andate dunque, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20). E tutti quanti gli uomini sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ciò che riguarda Dio e la sua Chiesa e, una volta conosciuta, ad abbracciarla e custodirla" (Dich. Dignitatis humanae, n. 1).

[01760-01.01] [Testo originale: Italiano]

Sintesi in lingua inglese

Introduction

In the lively contemporary debate on the relationship between Christianity and the other religions, some Catholic theologians have argued that all religions may be equally valid ways of salvation. Relativistic theories have been presented that either deny or view as superseded certain fundamental truths of the Catholic faith regarding the definitive and complete character of the revelation of Jesus, the inspired nature of the books of Sacred Scripture, the inseparable personal unity between the Eternal Word and Jesus of Nazareth, the unicity and salvific universality of the mystery of the incarnation, passion, death, and resurrection of Our Lord Jesus Christ, the universal salvific mediation of the Church, the inseparability - while recognizing the distinction - of the kingdom of God, the kingdom of Christ, and the Church, and the subsistence of the one Church of Christ in the Catholic Church.

Such theories are based on philosophical and theological presuppositions which have become quite common. The Declaration highlights some of these; for example, the conviction of the total elusiveness and inexpressibility of divine truth, even by Christian revelation; relativistic attitudes toward truth itself, which would hold that what is true for some would not be true for others; the radical opposition posited between the logical mentality of the West and the symbolic mentality of the East; the subjectivism which regards reason as the only source of knowledge; the metaphysical emptying of the mystery of the incarnation; the eclecticism of those who, in theological research, uncritically absorb ideas from a variety of philosophical and religious contexts without regard for consistency, systematic connection, or compatibility with Christian truth; finally, the tendency to read and to interpret Sacred Scripture outside the Tradition and Magisterium of the Church.

Because of this debate, the International Theological Commission published a document in 1997 entitled Christianity and the World Religions, which illustrated, with ample biblical references and theological arguments, the lack of foundation of pluralistic theologies of religions, and which reasserted the unicity and salvific universality of the mystery of Christ and the Church, as the source of all salvation both inside and outside Christianity. Given, however, the rapid spread of the relativistic and pluralistic mentality, the Congregation for the Doctrine of the Faith has intervened with the present Declaration in order to set forth and clarify certain truths of the faith, following St. Paul’s example: "I handed on to you as of first importance what I myself received" (1 Cor 15:3).

The Declaration is structured in six sections, which summarize the essential elements of the doctrine of the Catholic faith on the meaning and salvific value of the other religions.

I. The fullness and definitiveness of the revelation of Jesus Christ

Against the theory of the limited, incomplete, or imperfect character of the revelation of Jesus Christ, which would be complementary to that found in other religions, the Declaration reiterates the teaching of the Catholic faith regarding the full and complete revelation of the salvific mystery of God in Jesus Christ. Since Jesus is true God and true man, his words and deeds manifest the totality and definitiveness of the revelation of the mystery of God, even if the depth of that mystery remains in itself transcendent and inexhaustible. Consequently, while admitting that other religions not infrequently reflect a ray of that Truth which enlightens all men (cf. Second Vatican Council, Declaration Nostra aetate, 2), the Declaration reaffirms that the designation of inspired texts is reserved for the canonical books of the Old and New Testaments, because these are inspired by the Holy Spirit, have God as their author, and teach firmly, faithfully, and without error the truth about God and human salvation. The Declaration also states that the distinction must be firmly held between theological faith, which is adherence to the truth revealed by the One and Triune God, and belief in the other religions, which is religious experience still in search of the absolute truth and still lacking assent to God who reveals himself.

II. The Incarnate Logos and the Holy Spirit in the work of salvation

Against the thesis of a twofold salvific economy, that of the eternal Word, which would be universal and valid also outside the Church, and that of the incarnate Word, which would be limited to Christians, the Declaration reasserts the unicity of the of the salvific economy of the one incarnate Word, Jesus Christ, the only-begotten Son of the Father. The mystery of his incarnation, death, and resurrection is the sole and universal source of salvation for all humanity. Indeed, the mystery of Christ has its own intrinsic unity, which extends from the eternal choice in God to the parousia: "he [the Father] chose us in Christ before the foundation of the world" (Eph 1:4). Jesus is the mediator and the universal redeemer. Thus, the theory of a salvific economy of the Holy Spirit with a more universal character than that of the incarnate Word, crucified and risen, is erroneous. The Holy Spirit is the Spirit of the risen Christ, and his action cannot be placed outside or alongside that of Christ. There is a single trinitarian economy, willed by the Father and realized in the mystery of Christ by the working of the Holy Spirit.

III. The Unicity and universality of the salvific mystery of Jesus Christ

The Declaration reasserts the unicity and salvific universality of the mystery of Jesus Christ, who through the event of his incarnation, death, and resurrection has brought the history of salvation to fulfilment; in Jesus Christ, salvation history has its fullness, its centre, and its source. At the same time, however, Christ’s unique mediation does not exclude participated forms of mediation of various types and degrees; these, however, receive meaning and value only from that of Christ and cannot be understood as parallel or complementary. Theories of a salvific action of God beyond the unique mediation of Christ are contrary to the Catholic faith.

IV. Unicity and unity of the Church

The Lord Jesus continues his presence and his work of salvation in the Church and by means of the Church, which is his body. Just as the head and members of a living body, though not identical, are inseparable, so too Christ and the Church can neither be confused nor separated.

Therefore, in connection with the unicity and universality of the salvific mediation of Jesus Christ, the unicity of the Church founded by him must be firmly believed as a truth of Catholic faith. The Catholic faithful are required to profess that there is an historical continuity between the Church founded by Christ and the Catholic Church. In fact, this one Church of Christ "subsists in the Catholic Church, governed by the Successor of Peter and by the Bishops in communion with him"(Second Vatican Council, Dogmatic Constitution Lumen gentium, 8). With regard to the "many elements of sanctification and truth"(ibid.) which exist outside the structure of the Church, that is to say, in those Churches and ecclesial communities which are not yet in full communion with the Catholic Church, it must be stated that "they derive their efficacy from the very fullness of grace and truth entrusted to the Catholic Church"(Second Vatican Council, Decree Unitatis redintegratio, 3).

Those Churches which do not accept the Catholic doctrine of the Primacy of the Bishop of Rome remain united to the Catholic Church by means of the closest bonds, that is, by apostolic succession and a valid Eucharist. Therefore, the Church of Christ is present and operative also in these Churches, even though they lack full communion with the Catholic Church. On the other hand, the ecclesial communities which have not preserved the valid Episcopate and the genuine and integral substance of the Eucharistic mystery, are not Churches in the proper sense; however, those who are baptized in these communities are in a certain communion, albeit imperfect, with the Catholic Church. "Therefore, these separated Churches and communities as such, though we believe they suffer from defects, have by no means been deprived of significance and importance in the mystery of salvation" (Second Vatican Council, Decree Unitatis redintegratio, 3).

V. The Church: kingdom of God and kingdom of Christ

The mission of the Church is "to proclaim and establish among all peoples the kingdom of Christ and of God, and she is, on earth, the seed and the beginning of that kingdom" (Lumen gentium, 5). On the one hand, the Church is the "sign and instrument of intimate union with God and of the unity of the entire human race" (ibid., 1) and thus the sign and instrument of the kingdom: she is called to announce and to establish the kingdom. On the other hand, the Church is the "people gathered by the unity of the Father, the Son, and the Holy Spirit"(ibid., 4): she is therefore "the kingdom of Christ already present in mystery" (ibid., 3) and constitutes its seed and beginning. There can be various theological explanations of these questions. However, the intimate connection between Christ, the kingdom, and the Church cannot be denied or emptied in any way. In fact, the kingdom of God which we know from revelation "cannot be detached either from Christ or from the Church" (John Paul II, Encyclical Letter Redemptoris missio, 18).

However, the kingdom of God is not identified with the Church in her visible and social reality. Indeed, "the action of Christ and the Spirit outside the Church’s visible boundaries" must not be excluded (ibid.). In considering the relationship between the kingdom of God, the kingdom of Christ, and the Church, it is necessary to avoid one-sided emphases, as is the case of those who, in speaking about the kingdom of God, are silent about Christ, or put great stress on the mystery of creation, but remain silent about the mystery of redemption, because - they say - Christ cannot be understood by those who lack Christian faith, whereas different peoples, cultures and religions are capable of finding common ground in the one divine reality, by whatever name it is called. Furthermore, the kingdom, as they understand it, ends up either leaving very little room for the Church or undervaluing the Church. These approaches deny the unicity of the relationship which Christ and the Church have with the kingdom of God.

VI. The Church and the other religions in relation to salvation

From what has been stated above, some points follow that are necessary for theological reflection as it explores the relationship of the Church and of the other religions to salvation. Above all, it must be firmly believed that "the Church, a pilgrim now on earth, is necessary for salvation: the one Christ is the mediator and the way of salvation; he is present to us in his body which is the Church" (Lumen gentium, 14). This doctrine must not be set against the universal salvific will of God; rather, "it is necessary to keep these two truths together, namely, the real possibility of salvation in Christ for all mankind and the necessity of the Church for this salvation" (Redemptoris missio, 9). For those who are not formally members of the Church, "salvation in Christ is accessible by virtue of a grace which, while having a mysterious relationship to the Church, does not make them formally part of the Church, but enlightens them in a way which is accommodated to their spiritual and material situation. This grace comes from Christ; it is the result of his sacrifice and is communicated by the Holy Spirit" (ibid.).

With regard to the way in which the salvific grace of God comes to individual non-Christians, the Second Vatican Council limited itself to the statement that God bestows it "in ways known to himself" (Second Vatican Council, Decree Ad gentes, 7). Theology is currently seeking to understand this question more deeply. At the same time, however, it is clear that it would be contrary to the Catholic faith to consider the Church as a way of salvation alongside those constituted by the other religions.

Certainly, the various religious traditions contain and offer religious elements that are part of what "the Spirit brings about in human hearts and in the history of peoples, in cultures, and religions" (Redemptoris missio, 29). One cannot attribute to these, however, a divine origin or an ex opere operato salvific efficacy, which is proper to the Christian sacraments. Furthermore, it cannot be overlooked that other rituals, insofar as they follow from superstitions or other errors (cf. 1 Cor 10:20–21), constitute an obstacle to salvation.

With the coming of the Saviour Jesus Christ, God has willed that the Church founded by him be the instrument of salvation for all humanity. This truth of faith does not lessen the sincere respect which the Church has for the religions of the world, but at the same time it rules out, in a radical way, that mentality of indifferentism "characterized by a religious relativism which leads to the belief that ‘one religion is as good as another’"(Redemptoris missio, 36). As demanded by her love for all people, the Church "proclaims and is in duty bound to proclaim without fail, Christ who is ‘the way, the truth, and the life’ (Jn 14:6). In him, in whom God reconciled all things to himself (cf. 2 Cor 5:18–19), men find the fullness of their religious life"(Nostra aetate, 2).

Conclusion

The intention of the present Declaration is to reiterate and clarify certain truths of the faith in the face of problematic and even erroneous propositions.

In treating the question of the true religion, the Fathers of the Second Vatican Council taught: "We believe that this one true religion continues to exist in the Catholic and Apostolic Church, to which the Lord Jesus entrusted the task of spreading it among all people. Thus, he said to the Apostles: ‘Go therefore and make disciples of all nations baptizing them in the name of the Father and of the Son and of the Holy Spirit, teaching them to observe all that I have commanded you’ (Mt 28: 19–20). Especially in those things that concern God and his Church, all persons are required to seek the truth, and when they come to know it, to embrace it and hold fast to it" (Second Vatican Council, Declaration Dignitatis humanae, 1).

[01761-02.01] [Original text: English]

Sintesi in lingua francese

Introduction

Dans le vif débat contemporain sur le rapport entre le Christianisme et les autres religions, certains théologiens catholiques affirment que toutes les religions sont également valides comme moyens de salut. Il s’agit de théories relativistes qui refusent ou retiennent comme dépassées des vérités fondamentales pour la foi catholique sur le caractère définitif et complet de la révélation de Jésus, l’inspiration des livres de la Sainte Écriture, l’indivisible unité personnelle entre le Verbe éternel et Jésus de Nazareth, l’unité de l’économie du Verbe incarné et du Saint-Esprit, l’unicité et l’universalité salvifique du mystère de l’incarnation, de la passion et de la mort de Notre Seigneur Jésus-Christ, la médiation salvifique universelle de l’Église, la non-séparation (quoique dans la distinction) entre le Royaume de Dieu, le Royaume du Christ et l’Église, la subsistance de l’unique Église du Christ dans l’Église catholique.

Ces théories s’appuient sur certains présupposés de nature philosophique ou théologique. La Déclaration en signale quelques-uns comme par exemple la conviction que la vérité sur Dieu est insaisissable et ineffable, même par la révélation chrétienne; l’attitude relativiste vis-à-vis de la vérité, entraînant que ce qui est vrai pour certains ne le serait pas pour d’autres; l’opposition radicale qu’on établit entre la mentalité logique occidentale et la mentalité symbolique orientale; le subjectivisme exaspéré qui tient la raison comme seule source de connaissance; la privation du mystère de l’incarnation de sa dimension métaphysique; l’éclectisme qui, dans la recherche théologique, prend des idées dans différents contextes philosophiques et religieux, sans se soucier ni de leur cohérence systématique ni de leur compatibilité avec la vérité chrétienne; la tendance finalement à lire et à interpréter la Sainte Écriture en dehors de la Tradition et du Magistère de l’Église.

Tenant compte de ce débat, la Commission Théologique Internationale avait déjà publié en 1997 un document Le Christianisme et les religions. En s’appuyant sur de nombreuses références bibliques et réflexions théologiques, on y montrait que la théologie pluraliste des religions n’a pas de fondement, et on y réitérait l’annonce de l’unicité et de l’universalité salvifique de Jésus-Christ et de l’Église, toujours source du salut, à l’intérieur comme hors du Christianisme. Cependant, à cause de la diffusion rapide et massive d’une mentalité relativiste empreinte d’un pluralisme mal compris, la Congrégation pour la Doctrine de la Foi intervient maintenant avec la présente Déclaration pour proclamer à nouveau et éclairer certaines vérités de foi, en suivant ici l’exemple de l’apôtre Paul face aux Corinthiens: «Je vous ai donc transmis en premier lieu ce que j’avais moi-même reçu» (1 Co 15,3).

Concrètement, la Déclaration compte six points, qui résument les données essentielles de la doctrine de la foi catholique sur la signification et la valeur salvifique des autres religions.

I. La révélation de Jésus-Christ, complète et définitive

Contre la thèse qui soutient le caractère limité, incomplet et imparfait de la révélation de Jésus-Christ, qui compléterait la révélation présente dans les autres religions, la Déclaration rappelle la foi catholique sur la révélation complète et définitive en Jésus-Christ du mystère salvifique de Dieu. Jésus étant vraiment Dieu et vraiment homme, ses mots et ses œuvres portent en eux le caractère total et définitif de la révélation du mystère de Dieu, qui demeure cependant en lui-même transcendant et inépuisable. Par conséquent, tout en admettant que les autres religions apportent souvent un rayon de la vérité qui illumine tous les hommes(cf. Décl. Nostra aetate, n. 2), on réaffirme que la qualification de textes inspirés ne doit être réservée qu’aux livres canoniques de l’Ancien et du Nouveau Testament, qui, en tant qu’inspirés par le Saint-Esprit, ont Dieu pour auteur et enseignent fermement, fidèlement et sans erreur la vérité sur Dieu et sur le salut de l’humanité. La Déclaration enseigne par ailleurs qu’on doit tenir fermement la distinction entre la foi théologale, qui est l’accueil de la vérité révélée par le Dieu Un et Trine, et la croyance dans les autres religions, qui est une expérience religieuse encore à la recherche de la vérité absolue, et encore privée de l’assentiment à Dieu qui se révèle.

II. Le Logos incarné et le Saint-Esprit dans l’œuvre du salut

Contre la thèse d’une double économie salvifique, une économie du Verbe éternel, universelle et donc également valide en dehors de l’Église, et une économie du Verbe incarné, limitée aux seuls chrétiens, la Déclaration réaffirme l’unicité de l’économie salvifique du seul Verbe incarné qui est Jésus-Christ, Fils unique du Père. Le mystère de son incarnation, de sa mort et de sa résurrection est la source unique et universelle de salut pour l’humanité entière. Le mystère du Christ en effet a une unité intrinsèque, de l’élection éternelle en Dieu jusqu’à la parousie: «[Le Père] nous a élus en lui [le Christ], dès avant la fondation du monde» (Ep 1,4). Jésus-Christ est le médiateur et rédempteur universel. Est donc aussi erronée l’hypothèse d’une économie salvifique de l’Esprit Saint au caractère plus universel que celle du Verbe incarné, crucifié et ressuscité. Le Saint-Esprit est en effet l’Esprit du Christ ressuscité et n’agit pas à côté ou en dehors du Christ. Il n’y a qu’une seule économie trinitaire, voulue par le Père, et réalisée dans le mystère du Christ avec la coopération du Saint-Esprit.

III. Unicité et universalité du mystère salvifique de Jésus-Christ

La Déclaration réaffirme par conséquent l’unicité et l’universalité salvifique du mystère de Jésus-Christ, qui par son incarnation, sa mort et sa résurrection a accompli l’histoire du salut, dont il est la plénitude, le centre et la source. Certes, l’unique médiation du Christ n’exclut pas des médiations participées, de types et d’ordres divers, mais elles tirent leur sens et leur valeur uniquement de celle du Christ, et elles ne peuvent être considérées comme parallèles ou complémentaires. Les solutions qui envisageraient une action salvifique de Dieu hors de l’unique médiation du Christ seraient contraires à la foi catholique.

IV. Unicité et unité de l’Église

La présence et l’œuvre de salut du Seigneur Jésus continuent en effet dans l’Église et à travers l’Église qui est son Corps. Et comme la tête et les membres d’un corps vivant sont inséparables mais distincts, le Christ et l’Église ne peuvent être ni confondus ni séparés.

Par conséquent, compte tenu de l’unicité et de l’universalité de la médiation salvifique de Jésus-Christ, on doit croire fermement comme vérité de foi catholique en l’unicité de l’Église fondée par le Christ. Les fidèles sont tenus de professer qu’il existe une continuité historique entre l’Église instituée par le Christ et l’Église catholique. En effet, cette unique Église du Christ «c’est dans l’Église catholique qu’elle se trouve, gouvernée par le successeur de Pierre et les Évêques qui sont en communion avec lui» (Const. dogm. Lumen gentium, n. 8). En ce qui concerne les «éléments nombreux de sanctification et de vérité [qui] subsistent hors de ses structures» (ibidem), c’est-à-dire dans les Églises et Communautés ecclésiales qui ne sont pas encore en pleine communion avec l’Église catholique, il faut affirmer queleur «force dérive de la plénitude de grâce et de vérité qui a été confiée à l’Église catholique» (Décr. Unitatis redintegratio, n. 3).

Les Églises qui n’acceptent pas la doctrine catholique du Primat de l’Évêque de Rome, restent unies à l’Église catholique par des liens très étroits comme la succession apostolique et l’Eucharistie valide. Par conséquent, l’Église du Christ est présente et agissante dans ces Églises particulières, malgré l’absence de la pleine communion avec l’Église catholique. En revanche, les Communautés ecclésiales qui n’ont pas conservé l’épiscopat valide et la substance authentique et intégrale du mystère eucharistique, ne sont pas des Églises au sens propre; toutefois, les baptisés de ces Communautés se trouvent dans une certaine communion bien qu’imparfaite avec l’Église catholique. «En conséquence, ces Églises et Communautés séparées, bien que nous les croyions souffrir de déficiences, ne sont nullement dépourvues de signification et de valeur dans le mystère du salut» (Décr. Unitatis redintegratio, n. 3).

V. Église, Royaume de Dieu et Royaume du Christ

La mission de l’Église est «d’annoncer le Royaume du Christ et de Dieu et de l’instaurer dans toutes les nations, formant de ce Royaume le germe et le commencement sur la terre» (Const. dogm. Lumen gentium, n. 5). D’un côté, l’Église est «le signe et le moyen de l’union intime avec Dieu et de l’unité de tout le genre humain» (ibidem, n. 1). Elle est donc signe et instrument du Royaume: appelée à l’annoncer et à l’instaurer. De l’autre côté, l’Église est le «peuple qui tire son unité de l’unité du Père et du Fils et de l’Esprit Saint» (ibidem, n. 4); elle est ainsi «le règne du Christ déjà mystérieusement présent» (ibidem, n. 3), puisqu’elle en constitue le germe et le principe. Diverses explications théologiques peuvent exister sur ces problèmes. Cependant, aucune de ces explications possibles ne doit refuser ou réduire à néant le lien étroit entre le Christ, le Royaume et l’Église. En effet, le «Royaume de Dieu tel que nous le connaissons par la Révélation» ne peut être séparé «ni du Christ ni de l’Église» (Encycl. Redemptoris missio, n. 18).

Le Royaume de Dieu ne s’identifie cependant pas avec l’Église dans sa réalité visible et sociale. Car on ne doit pas oublier «l’action du Christ et de l’Esprit Saint hors des limites visibles de l’Église» (ibidem). En considérant les rapports entre le Royaume de Dieu, le Royaume du Christ et l’Église, il est de toute manière nécessaire d’éviter des formulations unilatérales comme celles qui, pour parler du Royaume, gardent le silence sur le Christ, privilégient le mystère de la création mais se taisent sur le mystère de la rédemption parce que - dit-on - le Christ ne peut être compris par ceux qui n’ont pas la foi chrétienne, alors que les peuples, les cultures et les diverses religions peuvent se rencontrer autour de l’unique réalité divine, quel que soit son nom. Le Royaume tel qu’elles l’entendent, finit par marginaliser ou sous-estimer l’Église. Ces thèses nient pratiquement l’unicité du rapport du Christ et de l’Église avec le Royaume de Dieu.

VI. L’Église et les religions face au salut

Ce qui a été jusqu’ici rappelé impose nécessairement des étapes au chemin que la théologie doit parcourir pour élucider le rapport de l’Église et des religions non chrétiennes avec le salut. On doit avant tout croire fermement que l’«Église en marche sur la terre est nécessaire au salut. Seul, en effet, le Christ est médiateur et voie de salut: or, il nous devient présent en son Corps qui est l’Église» (Const. dogm. Lumen gentium, n. 14). Cette doctrine ne doit pas être opposée à la volonté salvifique universelle de Dieu; aussi, «il est nécessaire de tenir ensemble ces deux vérités, à savoir la possibilité réelle du salut dans le Christ pour tous les hommes et la nécessité de l’Église pour le salut» (Encycl. Redemptoris missio, n. 9). Pour ceux qui ne sont pas formellement membres de l’Église, «le salut du Christ est accessible en vertu d’une grâce qui, tout en ayant une relation mystérieuse avec l’Église, ne les y introduit pas formellement mais les éclaire d’une manière adaptée à leur état d’esprit et à leur cadre de vie. Cette grâce vient du Christ, elle est le fruit de son sacrifice et elle est communiquée par l’Esprit Saint» (ibidem, n. 10).

Sur la modalité de transmission aux non-chrétiens de la grâce salvifique de Dieu, le Concile Vatican II s’est contenté d’affirmer que Dieu la donne «par des voies connues de lui» (Décr. Ad gentes, n. 7). La théologie cherche à approfondir cette idée. Cependant, il serait clairement contraire à la foi catholique de considérer l’Église comme un chemin de salut parmi d’autres.

Certes, les différentes traditions religieuses contiennent et proposent des éléments de religiosité qui font partie de «ce que l’Esprit fait dans le cœur des hommes et dans l’histoire des peuples, dans les cultures et les religions» (Encycl. Redemptoris missio, n. 29). On ne peut cependant leur attribuer l’origine divine et l’efficacité salvifique ex opere operato qui sont propres aux sacrements chrétiens. Par ailleurs, on ne peut ignorer que d’autres rites naissent de superstitions ou d’erreurs semblables (cf. 1 Co 10,20-21) et constituent plutôt un obstacle au salut.

Avec l’avènement de Jésus-Christ sauveur, Dieu a voulu que l’Église par lui fondée fût l’instrument du salut de toute l’humanité. Cette vérité de foi n’enlève rien à la considération respectueuse et sincère de l’Église pour les religions du monde, mais en même temps, elle exclut radicalement la mentalité indifférentiste «imprégnée d’un relativisme religieux qui porte à considérer que "toutes les religions se valent"» (Encycl. Redemptoris missio, n. 36). Comme exigence d’amour pour tous les hommes, l’Église «annonce, et est tenue d’annoncer sans cesse, le Christ qui est "la voie, la vérité et la vie" (Jn14,6), dans lequel les hommes doivent trouver la plénitude de la vie religieuse et dans lequel Dieu s’est réconcilié toutes choses» (Décl. Nostra aetate, n. 2).

Conclusion

La présente Déclaration a voulu proclamer à nouveau et éclairer certaines vérités de foi vis-à-vis de certaines propositions problématiques voire même erronées.

À propos de la vraie religion, les Pères du Concile Vatican II ont affirmé: «Cette unique et vraie religion, nous croyons qu’elle subsiste dans l’Église catholique et apostolique à qui le Seigneur Jésus a confié le mandat de la faire connaître à tous les hommes, lorsqu’il dit aux apôtres: "Allez, de toutes les nations faites des disciples, les baptisant au nom du Père et du Fils et du Saint-Esprit, et leur apprenant à observer tout ce que je vous ai prescrit" (Mt 28,19-20). Tous les hommes, d’autre part, sont tenus de chercher la vérité, surtout en ce qui concerne Dieu et son Église; et quand ils l’ont connue, de l’embrasser et de lui être fidèles» (Décl. Dignitatis humanae, n. 1).

[01762-03.01] [Texte original: Français]

Sintesi in lingua tedesca

Einleitung

In der gegenwärtigen lebhaften Diskussion über die Beziehung zwischen dem Christentum und den anderen Religionen fehlt es nicht an katholischen Theologen, die behaupten, alle Religionen seien in gleicher Weise Heilswege. Es handelt sich um relativistische Theorien, die einige Grundwahrheiten des katholischen Glaubens leugnen oder als überholt betrachten: den endgültigen und vollständigen Charakter der Offenbarung Jesu Christi; die Inspiration der Bücher der Heiligen Schrift; die untrennbare personale Einheit zwischen dem ewigen Wort und Jesus von Nazaret; die Einheit der Heilsordnung des fleischgewordenen Wortes und des Heiligen Geistes; die Einzigkeit und Heilsuniversalität des Mysteriums unseres Herrn Jesus Christus in seiner Menschwerdung, seinem Leiden und Sterben; die universale Heilsmittlerschaft der Kirche; die Untrennbarkeit – wenn auch Unterscheidbarkeit – zwischen dem Reich Gottes, dem Reich Christi und der Kirche; die Subsistenz der einen Kirche Christi in der katholischen Kirche.

Diese Theorien haben ihre Wurzeln in einigen verbreiteten Voraussetzungen philosophischer wie auch theologischer Natur. Die Erklärung zählt einige davon auf, wie zum Beispiel die Überzeugung, dass die göttliche Wahrheit nicht fassbar und nicht aussprechbar ist, nicht einmal durch die christliche Offenbarung; die relativistische Haltung gegenüber der Wahrheit, weswegen das, was für die einen wahr ist, es nicht für andere wäre; der radikale Gegensatz, der zwischen der logischen Denkweise im Abendland und der symbolischen Denkweise im Orient besteht; der Subjektivismus jener, die den Verstand als einzige Quelle der Erkenntnis annehmen; die metaphysische Entleerung des Ereignisses der Menschwerdung; der Eklektizismus jener, die in der theologischen Forschung Ideen übernehmen, die aus unterschiedlichen philosophischen und religiösen Strömungen stammen, ohne sich um deren Logik und systematischen Zusammenhang sowie deren Vereinbarkeit mit der christlichen Wahrheit zu kümmern; schließlich die Tendenz, die Heilige Schrift ohne Rücksicht auf die Überlieferung und das kirchliche Lehramt zu lesen und zu erklären.

Unter Berücksichtigung dieser Diskussion hat die Internationale Theologische Kommission 1997 ein Dokument mit dem Titel Das Christentum und die Religionen veröffentlicht. Darin wird mit einer Fülle von biblischen Verweisen und theologischen Begründungen aufgezeigt, dass eine pluralistische Theologie der Religionen nicht haltbar ist; zugleich wird die Einzigkeit und Heilsuniversalität des Mysteriums Christi und der Kirche bekräftigt als Quelle allen Heils in und außerhalb des Christentums. Weil sich die relativistische und pluralistische Mentalität außerordentlich stark und schnell ausgebreitet hat, greift die Kongregation für die Glaubenslehre nun mit der vorliegenden Erklärung ein, um einige Glaubenswahrheiten erneut vorzulegen und zu klären. Sie folgt dabei dem Beispiel des Apostels Paulus, der an die Gläubigen in Korinth schreibt: „Denn vor allem habe ich euch überliefert, was auch ich empfangen habe" (1 Kor 15,3).

Die Erklärung ist in sechs Abschnitte unterteilt, in denen die wesentlichen Inhalte der katholischen Glaubenslehre im Hinblick auf die Bedeutung und den Heilswert der anderen Religionen zusammengefasst sind.

I. Fülle und Endgültigkeit der Offenbarung Jesu Christi

Gegen die Meinung, dass die Offenbarung Jesu Christi begrenzt, unvollständig, unvollkommen und komplementär zu jener in den anderen Religionen sei, bekräftigt die Erklärung den katholischen Glauben, dass das Heilsmysterium Gottes in Jesus Christus ganz und vollständig geoffenbart ist. Weil Jesus wahrhaft Gott und wahrhaft Mensch ist, machen seine Worte und Werke das göttliche Mysterium in seiner Fülle und Endgültigkeit kund, obwohl die Tiefe dieses Mysteriums an sich transzendent und unerschöpflich bleibt. Auch wenn zugestanden wird, dass die anderen Religionen nicht selten einen Strahl jener Wahrheit erkennen lassen, die alle Menschen erleuchtet (vgl. Erklärung Nostra aetate, 2), wird folglich betont, dass die Bezeichnung inspirierte Schriften nur für die kanonischen Bücher des Alten und des Neuen Bundes gebraucht wird; vom Heiligen Geist inspiriert, haben diese Bücher Gott zum Urheber und lehren sicher, getreu und ohne Irrtum die Wahrheit über Gott und das Heil der Menschen. Die Erklärung lehrt weiterhin, dass mit Festigkeit an der Unterscheidung festgehalten werden muss zwischen dem theologalen Glauben, der Annahme der durch den einen und dreifaltigen Gott geoffenbarten Wahrheit, und der inneren Überzeugung in den anderen Religionen, der religiösen Erfahrung, die noch auf der Suche nach der absoluten Wahrheit ist und der die Zustimmung zum sich offenbarenden Gott fehlt.

II. Der fleischgewordene Logos und der Heilige Geist im Heilswerk

Gegen die Annahme einer doppelten Heilsordnung – einer Heilsordnung des ewigen Wortes, die universal und deshalb auch außerhalb der Kirche gelte, sowie einer Heilsordnung des fleischgewordenen Wortes, die sich auf die Christen allein beschränke - stellt die Erklärung heraus, dass es nur eine einzige Heilsordnung des einzigen fleischgewordenen Wortes gibt, das Jesus Christus, der eingeborene Sohn des Vaters, ist. Sein Mysterium der Menschwerdung, des Todes und der Auferstehung ist die einzige und universale Quelle des Heils für die ganze Menschheit. Das Mysterium Christi hat nämlich eine innere Einheit, die sich von seiner ewigen Erwählung in Gott bis zur Wiederkunft erstreckt: „In ihm hat er [der Vater] uns erwählt vor der Erschaffung der Welt" (Eph 1,4). Jesus ist der universale Mittler und Erlöser. Aus diesem Grund ist auch die Hypothese irrig, die von einer Heilsordnung des Heiligen Geistes spricht, die einen universaleren Charakter habe als die Heilsordnung des fleischgewordenen, gekreuzigten und auferstandenen Wortes. Denn der Heilige Geist ist der Geist des auferstandenen Christus, sein Wirken geschieht nicht außerhalb oder neben dem Wirken Christi. Es gibt nur die eine trinitarische Heilsordnung, die vom Vater gewollt ist und im Mysterium Christi unter Mitwirkung des Heiligen Geistes Wirklichkeit wird.

III. Einzigkeit und Universalität des Heilsmysteriums Jesu Christi

Die Erklärung bekräftigt die Einzigkeit und die Heilsuniversalität des Mysteriums Christi. Durch seine Menschwerdung, seinen Tod und seine Auferstehung hat Christus die Heilsgeschichte, die in ihm ihre Fülle, ihren Mittelpunkt und ihre Quelle findet, zur Vollendung gebracht. Die einzige Mittlerschaft Christi schließt gewiss teilhabende Mittlertätigkeiten verschiedener Art und Ordnung nicht aus; diese haben jedoch Bedeutung und Wert allein in Verbindung mit der Mittlerschaft Christi und können nicht als gleichrangig oder komplementär betrachtet werden. Vorschläge, die ein Heilswirken Gottes außerhalb der einzigen Mittlerschaft Christi annehmen, stehen in Gegensatz zum katholischen Glauben.

IV. Einzigkeit und Einheit der Kirche

Der Herr Jesus setzt seine Gegenwart und sein Heilswerk in der Kirche und durch die Kirche fort, die sein Leib ist. Wie das Haupt und die Glieder eines lebendigen Leibes zwar nicht identisch sind, aber auch nicht getrennt werden können, dürfen Christus und die Kirche nicht miteinander verwechselt, aber auch nicht voneinander getrennt werden.

Deshalb muss in Verbindung mit der Einzigkeit und der Universalität der Heilsmittlerschaft Jesu Christi die Einzigkeit der von ihm gestifteten Kirche als Wahrheit des katholischen Glaubens fest geglaubt werden. Die Gläubigen sind angehalten zu bekennen, dass es eine geschichtliche Kontinuität zwischen der von Christus gestifteten und der katholischen Kirche gibt. Die einzige Kirche Christi „ist verwirklicht in der katholischen Kirche, die vom Nachfolger Petri und von den Bischöfen in Gemeinschaft mit ihm geleitet wird" (Dogmatische Konstitution Lumen gentium, 8). Bezüglich der Tatsache, „dass außerhalb ihres sichtbaren Gefüges vielfältige Elemente der Heiligung und der Wahrheit zu finden sind" (ebd.), nämlich in den Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften, die nicht in voller Gemeinschaft mit der katholischen Kirche stehen, ist festzuhalten, dass „deren Wirksamkeit sich von der der katholischen Kirche anvertrauten Fülle der Gnade und Wahrheit herleitet" (Dekret Unitatis redintegratio, 3).

Die Kirchen, die die katholische Lehre vom Primat des Bischofs von Rom nicht annehmen, bleiben mit der katholischen Kirche durch engste Bande, wie die apostolische Sukzession und die gültige Eucharistie, verbunden. Deshalb ist die Kirche Christi auch in diesen Kirchen gegenwärtig und wirksam, obwohl ihnen die volle Gemeinschaft mit der katholischen Kirche fehlt. Die kirchlichen Gemeinschaften hingegen, die den gültigen Episkopat und die ursprüngliche und vollständige Wirklichkeit des eucharistischen Mysteriums nicht bewahrt haben, sind nicht Kirchen im eigentlichen Sinn; die in diesen Gemeinschaften Getauften stehen aber in einer gewissen, wenn auch nicht vollkommenen Gemeinschaft mit der Kirche. Deswegen „sind diese getrennten Kirchen und Gemeinschaften trotz der Mängel, die ihnen nach unserem Glauben anhaften, nicht ohne Bedeutung und Gewicht im Geheimnis des Heiles " (Dekret Unitatis redintegratio, 3).

V. Kirche, Reich Gottes und Reich Christi

Die Kirche ist gesandt, „das Reich Christi und Gottes anzukündigen und in allen Völkern zu begründen. So stellt sie Keim und Anfang dieses Reiches auf Erden dar" (Dogmatische Konstitution Lumen gentium, 5). Auf der einen Seite ist die Kirche „Zeichen und Werkzeug für die innigste Vereinigung mit Gott wie für die Einheit der ganzen Menschheit" (ebd., 1); sie ist darum Zeichen und Werkzeug für das Reich, sie ist gerufen, es zu verkünden und zu begründen. Auf der anderen Seite ist die Kirche „das von der Einheit des Vaters und des Sohnes und des Heiligen Geistes her geeinte Volk" (ebd., 4); sie ist also „das im Mysterium schon gegenwärtige Reich Christi" (ebd., 3) und bildet deshalb seinen Keim und seinen Anfang. Es sind verschiedene theologische Erklärungen dieser Themen zulässig. Die innige Verbundenheit zwischen Christus, dem Reich und der Kirche darf jedoch nicht geleugnet oder in irgendeiner Weise ausgehöhlt werden. In Wirklichkeit kann „das Reich Gottes, wie wir es von der Offenbarung her kennen, weder von Christus noch von der Kirche losgelöst werden" (Enyzklika Redemptoris missio, 18).

Das Reich Gottes ist aber nicht mit der Kirche in ihrer sichtbaren und gesellschaftlichen Wirklichkeit identisch. Es ist nämlich nicht richtig, wenn man das Werk Christi und des Geistes „auf ihre [der Kirche] sichtbaren Grenzen einengt" (ebd.). In der Erörterung der Beziehungen zwischen Reich Gottes, Reich Christi und Kirche ist es indes notwendig, einseitige Akzentuierungen zu vermeiden. Dies ist bei jenen der Fall, die im Zusammenhang mit der Rede vom Reich Gottes Christus mit Schweigen übergehen, dem Geheimnis der Schöpfung den Vorzug geben und nichts über das Geheimnis der Erlösung sagen, weil - wie sie meinen - Christus von jenen nicht verstanden werden kann, die nicht den christlichen Glauben haben, während verschiedene Völker, Kulturen und Religionen in der einzigen göttlichen Wirklichkeit, wie immer diese genannt werden mag, sich wiederfinden können. Darüber hinaus erliegt das Reich, wie sie es verstehen, der Gefahr, die Kirche an den Rand zu drängen oder sie unterzubewerten. Sie leugnen praktisch die einzigartige Beziehung, die zwischen Christus, der Kirche und dem Reich Gottes besteht.

VI. Die Kirche und die Religionen im Hinblick auf das Heil

Von dem, was oben in Erinnerung gerufen wurde, ergeben sich auch einige notwendige und unaufgebbare Punkte für die theologische Vertiefung bezüglich der Beziehung der Kirche und der Religionen mit dem Heil. Es ist vor allem fest zu glauben, dass die „pilgernde Kirche zum Heile notwendig ist. Der eine Christus ist Mittler und Weg zum Heil, der in seinem Leib, der Kirche, uns gegenwärtig wird" (Dogmatische Konstitution Lumen gentium, 14). Diese Lehre darf nicht dem allgemeinen Heilswillen Gottes entgegengesetzt werden; deswegen „muss man diese beiden Wahrheiten zusammen gegenwärtig haben, die tatsächlich gegebene Möglichkeit des Heiles in Christus für alle Menschen und die Notwendigkeit der Kirche für dieses Heil" (Enzyklika Redemptoris missio, 9). Für jene, die nicht formell Glieder der Kirche sind, „ist das Heil in Christus zugänglich kraft der Gnade, die sie zwar nicht förmlich in die Kirche eingliedert – obschon sie geheimnisvoll mit ihr verbunden sind -, aber ihnen in angemessener Weise innerlich und äußerlich Licht bringt. Diese Gnade kommt von Christus, sie ist Frucht seines Opfers und wird vom Heiligen Geist geschenkt" (ebd., 10).

Bezüglich der Weise, in der die heilbringende Gnade Gottes die einzelnen Nichtchristen erreicht, stellt das Zweite Vatikanische Konzil lediglich fest, dass Gott sie schenkt „auf Wegen, die er weiß" (Dekret Ad gentes, 7). Die Theologie ist damit beschäftigt, dieses Thema zu vertiefen. Es ist jedoch klar, dass es dem katholischen Glauben widerspräche, die Kirche als einen Heilsweg neben jenen in den anderen Religionen zu betrachten.

Gewiss enthalten und bieten die verschiedenen religiösen Traditionen Elemente der Religiosität, die zu dem gehören, was „der Geist im Herzen der Menschen und in der Geschichte der Völker, in den Kulturen und Religionen bewirkt" (Enzyklika Redemptoris missio, 29). Man kann ihnen aber nicht einen göttlichen Ursprung oder eine Heilswirksamkeit ex opere operato zuerkennen, die den christlichen Sakramenten eigen ist. Es kann auch nicht geleugnet werden, dass andere Riten, insofern sie von abergläubischen Praktiken oder anderen Irrtümern (vgl. 1 Kor 10,20-21) abhängig sind, eher ein Hindernis für das Heil darstellen.

Mit dem Kommen Jesu Christi, des Retters, hat Gott gewollt, dass die von ihm gestiftete Kirche das Werkzeug für das Heil der ganzen Menschheit sei. Diese Glaubenswahrheit nimmt nichts von der Tatsache weg, dass die Kirche die Religionen der Welt mit aufrichtiger Ehrfurcht betrachtet, schließt aber zugleich radikal jene Mentalität des Indifferentismus aus, die „durchdrungen ist von einem religiösen Relativismus, der zur Annahme führt, dass ‚eine Religion gleich viel gilt wie die andere‘" (Enzyklika Redemptoris missio, 36). So versteht man, dass die Kirche als Forderung der Liebe zu allen Menschen „unablässig verkündet und verkündigen muss Christus, der ist ‚der Weg und die Wahrheit und das Leben‘ (Joh 14,6), in dem die Menschen die Fülle des religiösen Lebens finden, in dem Gott alles mit sich versöhnt hat" (Erklärung Nostra aetate, 2).

Schluss

Die vorliegende Erklärung beabsichtigt, einige Glaubenswahrheiten im Hinblick auf verschiedene problematische oder auch irrige Auffassungen erneut vorzulegen und zu klären.

Bei der Erörterung des Themas der wahren Religion stellten die Väter des Zweiten Vatikanischen Konzils fest: Diese einzige wahre Religion, so glauben wir, ist verwirklicht in der katholischen, apostolischen Kirche, die von Jesus dem Herrn den Auftrag erhalten hat, sie unter allen Menschen zu verbreiten. Er sprach ja zu den Aposteln: ‚Geht zu allen Völkern, und macht alle Menschen zu meinen Jüngern; tauft sie auf den Namen des Vaters und des Sohnes und des Heiligen Geistes, und lehrt sie, alles zu befolgen, was ich euch geboten habe‘ (Mt 28,19-20). Alle Menschen sind ihrerseits verpflichtet, die Wahrheit, besonders in dem, was Gott und seine Kirche angeht, zu suchen und die erkannte Wahrheit aufzunehmen und zu bewahren" (Erklärung Dignitatis humanae, 1).

[01765-05.01] [Originalsprache: Deutsch]

Sintesi in lingua spagnola

En el agitado debate contemporáneo sobre la relación entre Cristianismo y otras religiones, no faltan entre los teólogos católicos quienes afirman que las religiones son caminos igualmente válidos de salvación. Se trata de teorías relativistas que niegan o consideran superables algunas verdades fundamentales de la fe católica acerca el carácter definitivo y completo de la revelación de Jesús, el carácter inspirado de los libros de la Sagrada Escritura, la inseparable unidad personal entre el Verbo eterno y Jesús de Nazaret, la unidad de la economía del Verbo encarnado y del Espíritu Santo, la unidad y universalidad salvífica del misterio de la encarnación, pasión y muerte de Nuestro Señor Jesucristo, la mediación salvífica universal de la Iglesia, la inseparabilidad -en la distinción- entre Reino de Dios, Reino de Cristo e Iglesia, la subsistencia de la única Iglesia de Cristo en la Iglesia católica.

Estas teorías se fundan sobre algunos presupuestos de naturaleza filosófica y teológica bastante difundidos. Entre estos, la Declaración señala, por ejemplo, la convicción de la inaferrablilidad y la inefabilidad de la verdad divina, ni siquiera por parte de la revelación cristiana; la actitud relativista con relación a la verdad, por la cual, aquello que es verdad para algunos no lo es para otros; la contraposición radical que habría entre la mentalidad lógica occidental y la mentalidad simbólica oriental; el subjetivismo exasperado de quien considera a la razón como única fuente de conocimiento; el vaciamiento metafísico del evento del misterio de la encarnación; el eclecticismo de quien, en la investigación teológica, asume ideas derivadas de diferentes contextos filosóficos y religiosos, sin preocuparse de su coherencia, conexión sistemática y compatibilidad con la verdad cristiana; la tendencia, en fin, a leer e interpretar la Sagrada Escritura fuera de la Tradición y el Magisterio de la Iglesia.

Teniendo en cuenta este debate, la Comisión Teológica Internacional ya había publicado en 1997 un documento, El Cristianismo y las religiones, que con amplitud de referencias bíblicas y motivaciones teológicas mostraba la falta de fundamento de una teología pluralista de las religiones, afirmando en cambio la unicidad y la universalidad salvífica del misterio de Cristo y de la Iglesia, fuente de toda salvación, dentro y fuera del cristianismo. Sin embargo, dada la enorme y rápida difusión de la mentalidad relativista y pluralista, la Congregación para la Doctrina de la Fe interviene ahora con la presente Declaración para reproponer y clarificar algunas verdades de fe, siguiendo el ejemplo del Apóstol Pablo a los fieles de Corinto: «Os transmití, en primer lugar, lo que a mi vez recibí» (1 Co 15,3).

En concreto la Declaración se articula en seis puntos, que resumen los datos esenciales de la doctrina de la fe católica sobre el significado y el valor salvífico de las otras religiones.

I. Plenitud y definitividad de la revelación de Jesucristo

Contra la tesis que sostiene el carácter limitado, incompleto e imperfecto de la revelación de Jesús, la cual sería una complemento de la revelación presente en otras religiones, la Declaración reafirma la fe católica acerca la plena y completa revelación en Jesucristo del misterio salvífico de Dios. Siendo Jesús verdadero Dios y verdadero hombre, sus palabras y sus acciones manifiestan en modo total y definitivo la revelación del misterio de Dios, aun cuando la profundidad de tal misterio permanece en si mismo trascendente e inagotable. En consecuencia, no obstante admitir que las otras religiones no raramente reflejan un rayo de aquella Verdad que ilumina a todos los hombre (cf. Nostra aetate, 2), se afirma nuevamente que la calificación de libros inspirados se reserva solamente a los libros canónicos del Antiguo y el Nuevo Testamento, que, en cuanto inspirados por el Espíritu Santo, tienen a Dios por Autor y enseñan con firmeza, fidelidad y sin error la verdad sobre Dios y la salvación de la humanidad. La Declaración enseña además que debe ser firmemente retenida la distinción entre fe teologal, que es la acogida de la verdad revelada por Dios Uno y trino, y la creencia en las otras religiones, que es una experiencia religiosa todavía en búsqueda de la verdad absoluta y carente todavía del asentimiento a Dios que se revela.

II. El Logos encarnado y el Espíritu Santo en la obra de la salvación

Contra la tesis de la doble economía salvífica: la del Verbo eterno, que sería universal y por lo tanto válida también fuera de la Iglesia, y aquella del Verbo encarnado, que estaría limitada solamente a los cristianos, la Declaración afirma la unicidad de la economía salvífica del único Verbo encarnado, Jesucristo, Hijo unigénito del Padre. Su misterio de encarnación, muerte y resurrección es la fuente única y universal de salvación para toda la humanidad. El misterio de Cristo tiene en efecto una intrínseca unidad, que se extiende desde la elección eterna de Dios hasta la parusía: Dios «nos ha elegido en él antes de la fundación del mundo» (Ef 1,4). Jesús es el mediador y redentor universal. Por esto, es asimismo errónea la hipótesis de una economía salvífica del Espíritu Santo investida de un carácter más universal de la economía del Verbo encarnado, crucificado y resucitado. El Espíritu Santo es de hecho el Espíritu de Cristo resucitado, y su acción no se pone fuera o al lado de la acción de Cristo. Se trata, en efecto, de una única economía trinitaria, querida por el Padre y realizada en el misterio de Cristo con la cooperación del Espíritu Santo.

III. Unicidad y universalidad del misterio salvífico de Jesucristo

En consecuencia la Declaración reafirma la unicidad y la universalidad salvífica del misterio de Cristo, que en su evento de encarnación, muerte y resurrección ha llevado a cumplimiento la historia de la salvación, la cual tiene en él su plenitud, su centro y su fuente. Ciertamente, la única mediación de Cristo no excluye mediaciones participadas de distintos tipos y orden; estos, sin embargo, obtienen su significado y su valor únicamente de la mediación de Cristo y no pueden entenderse como paralelas o complementarias. Las propuestas de un obrar salvífico de Dios fuera de la única mediación de Cristo resultan contrarias a la fe católica.

IV. Unicidad y unidad de la Iglesia

El Señor Jesús continúa su presencia y su obra de salvación en la Iglesia y a través de la Iglesia, que es su cuerpo. Así como la cabeza y los miembros de un cuerpo vivo a pesar de no identificarse entre sí son inseparables, Cristo y la Iglesia non pueden confundirse ni tampoco separarse.

Por ello, en conexión con la unicidad y la universalidad de la mediación salvífica de Jesucristo, se debe creer firmemente como verdad de fe católica la unidad de la Iglesia por él fundada. Los fieles están obligados a profesar que existe una continuidad histórica entre la Iglesia fundada por Cristo y la Iglesia Católica. En efecto, la única Iglesia de Cristo «subsiste en la Iglesia católica, gobernada por el sucesor de Pedro y por los Obispos en comunión con él» (Lumen gentium, 8). En relación a la existencia de numerosos elementos de santificación y de verdad fuera de su estructura visible (cf. ibid), o en las Iglesias y Comunidades eclesiales que no están todavía en plena comunión con la Iglesia Católica, es necesario afirmar que su eficacia «deriva de la misma plenitud de gracia y verdad que fue confiada a la Iglesia católica» (Unitatis et redintegratio, 3).

Las Iglesias que no aceptan la doctrina católica del Primado del Obispo de Roma permanecen unidas a la Iglesia Católica por medio de estrechísimos vínculos, como la sucesión apostólica y la Eucaristía válidamente consagrada. Por eso, también en estas Iglesias está presente y operante la Iglesia de Cristo, si bien falte la plena comunión con la Iglesia católica. Por el contrario, las Comunidades eclesiales que no han conservado el Episcopado válido y la genuina e íntegra sustancia del misterio eucarístico, no son Iglesia en sentido propio; sin embargo, los bautizados en estas Comunidades han sido incorporados por el Bautismo a Cristo y, por lo tanto, están en una cierta comunión, si bien imperfecta, con la Iglesia católica. «Por consiguiente, aunque creamos que las Iglesias y Comunidades separadas tienen sus defectos, no están desprovistas de sentido y de valor en el misterio de la salvación, porque el Espíritu de Cristo no ha rehusado servirse de ellas como medios de salvación» (Unitatis redintegratio, 3).

V. Iglesia, Reino de Dios y Reino de Cristo

La misión de la Iglesia es «anunciar el Reino de Cristo y de Dios, y establecerlo en medio de todas las gentes; [la Iglesia] constituye en la tierra el germen y el principio de este Reino» (Lumen gentium, 5). Por un lado la Iglesia es «signo e instrumento de la íntima unión con Dios y de la unidad de todo el género humano» (ibid, 1), y por lo tanto es signo e instrumento del Reino: llamada a anunciarlo e instaurarlo. Por otro lado, la Iglesia es el «pueblo reunido por la unidad del Padre, del Hijo y del Espíritu Santo» (ibid, 4): ella es así el «reino de Cristo presente ya en el misterio» (ibid, 3), constituyendo de ese modo su germen e inicio. Pueden darse distintas explicaciones teológicas sobre estos temas. Sin embargo, no se puede en ningún modo negar o vaciar de significado la íntima conexión que existe entre Cristo, el Reino y la Iglesia. En efecto, «el Reino de Dios que conocemos por la Revelación, no puede ser separado ni de Cristo ni de la Iglesia» (Redemptoris missio, 18).

El Reino de Dios no se identifica, sin embargo, con la realidad visible y social de la Iglesia. En efecto, no se debe excluir «la obra de Cristo y del Espíritu Santo fuera de los confines visibles de la Iglesia" (ibid). Al considerar las relaciones entre el Reino de Dios, el Reino de Cristo y la Iglesia, se hace necesario evitar acentuaciones unilaterales, como ocurre cuando se habla del Reino de Dios sin mencionar a Cristo, o se privilegia el misterio de la creación callando sobre el misterio de la redención. En tales casos, se aduce que Cristo no puede ser comprendido por quién no posee la fe cristiana, mientras pueblos, culturas y religiones diversas pueden reencontrarse en la única realidad divina, cualquiera sea su nombre. Así entendido, el Reino termina incluso por marginar y subestimar a la Iglesia. En la práctica se niega la unicidad de la relación que tienen Cristo y la Iglesia con el Reino de Dios.

VI. La Iglesia y las religiones en relación con la salvación

De cuanto se acaba de recordar, derivan también algunos puntos necesarios e irrenunciables para la profundización teológica de la relación que tienen la Iglesia y las religiones con la salvación. Ante todo, debe ser firmemente creído que la «Iglesia peregrinante es necesaria para la salvación, pues Cristo es el único Mediador y el camino de salvación, presente a nosotros en su Cuerpo, que es la Iglesia» (Lumen gentium, 14). Esta doctrina no se contrapone a la voluntad salvífica universal de Dios; por lo tanto, «es necesario, pues, mantener unidas estas dos verdades, o sea, la posibilidad real de la salvación en Cristo para todos los hombres y la necesidad de la Iglesia en orden a esta misma salvación» (Redemptoris missio, 9). Para aquellos que no son formal y visiblemente miembros de la Iglesia, «la salvación de Cristo es accesible en virtud de la gracia que, aun teniendo una misteriosa relación con la Iglesia, no les introduce formalmente en ella, sino que los ilumina de manera adecuada en su situación interior y ambiental. Esta gracia proviene de Cristo; es fruto de su sacrificio y es comunicada por el Espíritu Santo» (ibid, 10).

Acerca el modo en que la gracia salvífica de Dios llega a los individuos no cristianos, el Concilio Vaticano II se limitó a afirmar que Dios la dona «por caminos que Él sabe» (Ad gentes, 7). La teología está tratando de profundizar este argumento. Sin embargo, queda claro que sería contrario a la fe católica considerar a la Iglesia como un camino de salvación al lado de aquellos constituidos por las otras religiones.

Ciertamente, las diferentes tradiciones religiosas contienen y ofrecen elementos de religiosidad, que forman parte de «todo lo que el Espíritu obra en los hombres y en la historia de los pueblos, así como en las culturas y religiones» (Redemptoris missio, 29). A ellas, sin embargo, no se les puede atribuir un origen divino ni una eficacia salvífica ex opere operato, que es propia de los sacramentos cristianos. Por otro lado, no se puede ignorar que otros ritos no cristianos, en cuanto dependen de supersticiones o de otros errores (cf. 1 Co 10, 20-21), constituyen más bien un obstáculo para la salvación.

Con la venida de Jesucristo Salvador, Dios ha establecido a la Iglesia para la salvación de todos los hombres. Esta verdad de fe no quita nada al hecho de que la Iglesia considera las religiones del mundo con sincero respeto, pero al mismo tiempo excluye esa mentalidad indiferentista «marcada por un relativismo religioso que termina por pensar que "una religión es tan buena como otra"» (Redemptoris missio, 36). Como exigencia del amor a todos los hombres, la Iglesia «anuncia y tiene la obligación de anunciar constantemente a Cristo, que es "el Camino, la Verdad y la Vida" (Jn 14, 6), en quien los hombres encuentran la plenitud de la vida religiosa y en quien Dios reconcilió consigo todas las cosas» (Nostra aetate, 2).

Conclusión

La presente Declaración ha querido reproponer y aclarar algunas verdades de fe frente a propuestas problemáticas o incluso erróneas.

Al tratar el tema de la verdadera religión, los Padres del Concilio Vaticano II han afirmado: «Creemos que esta única religión verdadera subsiste en la Iglesia católica y apostólica, a la cual el Señor Jesús confió la obligación de difundirla a todos los hombres, diciendo a los Apóstoles: "Id, pues, y enseñad a todas las gentes, bautizándolas en el nombre del Padre y del Hijo y del Espíritu Santo, enseñándoles a observar todo cuanto yo os he mandado (Mt 28, 19-20)." Por su parte todos los hombres están obligados a buscar la verdad, sobre todo en lo referente a Dios y a su Iglesia, y, una vez conocida, a abrazarla y practicarla» (Dignitatis humanae, 1).

[01763-04.01] [Texto original: Español]

Sintesi in lingua portoghese

Introdução

No animado debate contemporâneo sobre a relação do Cristianismo com as outras religiões, não falta, entre os teólogos católicos, quem afirme que todas as religiões são caminhos igualmente válidos de salvação. São teorias relativistas, que negam ou consideram ultrapassadas algumas verdades fundamentais da fé católica sobre o carácter definitivo e completo da revelação de Jesus, sobre o carácter inspirado dos livros da Sagrada Escritura, a inseparável unidade pessoal entre o Verbo eterno e Jesus de Nazaré, a unidade da economia do Verbo Encarnado e do Espírito Santo, a unicidade e a universalidade salvífica do mistério da encarnação, paixão e morte de Nosso Senhor Jesus Cristo, a mediação salvífica universal da Igreja, a inseparabilidade - embora na distinção - entre Reino de Deus, Reino de Cristo e a Igreja, a subsisência na Igreja Católica da única Igreja de Cristo.

Tais teorias baseiam-se nalguns difusos pressupostos, de natureza tanto filosófica como teológica. A Declaração indica alguns, como, por exemplo, a convicção de que a verdade divina não pode ser totalmente apreendida e expressa, nem sequer pela revelação cristã; a atitude relativista perante a verdade, segundo a qual, o que é verdadeiro para uns não o é para outros; a contraposição radical que existiria entre a mentalidade lógica ocidental e a mentalidade simbólica oriental; o exacerbado subjectivismo dos que consideram a razão única fonte do conhecimento; o esvaziamento metafísico do mistério da encarnação; o eclectismo dos que, na investigação teológica, assumem ideias provenientes de diferentes contextos filosóficos e religiosos, sem se preocupar, nem com a sua coerência e ligação sistemática, nem com a sua compatibilidade com a verdade cristã; a tendência, enfim, a ler e interpretar a Sagrada Escritura à margem da Tradição e do Magistério da Igreja.

Perante este debate, já a Comissão Teológica Internacional publicou em 1997 um documento, O Cristianismo e as Religiões, que com abundância de referências bíblicas e motivações teológicas, mostrava a falta de fundamento de uma teologia pluralista das religiões, sublinhando, invés, a unicidade e a universalidade salvífica do mistério de Cristo e da Igreja, fonte de toda a salvação, dentro e fora do Cristianismo. Dada, porém, a enorme e rápida difusão da mentalidade relativista e pluralista, a Congregação para a Doutrina da Fé intervém agora com a presente Declaração, a fim de repropor e esclarecer algumas verdades de fé, seguindo com isso o exemplo do Apóstolo Paulo aos fiéis de Corinto: "Transmiti-vos pois, antes de mais, o que também eu recebi" (1Cor 15,3).

Concretamente, a Declaração articula-se em seis pontos, que resumem os dados essenciais da doutrina de fé católica sobre a consideração do significado e do valor salvífico das outras religiões.

I. Carácter pleno e definitivo da revelação de Jesus Cristo

Contra a tese que defende o carácter limitado, incompleto e imperfeito da revelação de Jesus, que seria complementar à contida nas outras religiões, a Declaração insiste na fé católica sobre a plena e completa revelação em Jesus Cristo do mistério salvífico de Deus. Sendo Jesus verdadeiro Deus e verdadeiro homem, as suas palavras e as suas obras manifestam a totalidade e o carácter definitivo da revelação do mistério de Deus, embora a profundidade desse mistério permaneça em si mesmo transcendente e inesgotável. Por conseguinte, embora admitindo que as demais religiões reflectem um raio daquela Verdade, que ilumina todos os homens (cf. Decl. Nostra aetate, n. 2), reafirma-se que a qualificação de textos inspirados é reservada apenas aos livros canónicos do Antigo e do Novo Testamento, que, sendo inspirados pelo Espírito Santo, têm Deus como autor e ensinam firmemente, fielmente e sem erro, a verdade sobre Deus e sobre a salvação da humanidade. A Declaração ensina, além disso, que deve ser firmemente mantida a distinção entre a fé teologal, que é adesão à verdade revelada por Deus Uno e Trino, e a crença nas outras religiões, que é experiência religiosa ainda à procura da verdade absoluta e carecida do assentimento a Deus que Se revela.

II. Logos Encarnado e o Espírito Santo na obra de salvação

Contra a tese de uma dupla economia de salvação, a do Verbo eterno, que seria universal e, portanto, válida também fora da Igreja, e a do Verbo Encarnado, que se limitaria apenas aos cristãos, a Declaração reitera a unicidade da economia salvífica do único Verbo Encarnado, que é Jesus Cristo, Filho unigénito do Pai. O seu mistério de encarnação, morte e ressurreição, é a fonte única e universal de salvação para a inteira humanidade. O mistério de Cristo tem, portanto, uma sua intrínseca unidade, que vai da escolha eterna feita em Deus à parusia: "N’Ele [o Pai] nos escolheu antes da criação do mundo" (Ef 1,4). Jesus é o mediador e o redentor universal. Por isso, é igualmente errónea a hipótese de uma economia salvífica do Espírito Santo com um carácter mais universal que a do Verbo Encarnado, crucificado e ressuscitado. O Espírito Santo é, de facto, o Espírito do Cristo ressuscitado e a sua acção não se coloca fora ou ao lado da de Cristo. Trata-se, com efeito, de uma única economia trinitária, querida pelo Pai e realizada no mistério de Cristo com a cooperação do Espírito Santo.

III. Unicidade e universalidade do mistério salvífico de Jesus Cristo

Por consequência, a Declaração reafirma a unicidade e a universalidade salvíficas do mistério de Cristo, que no seu evento de encarnação, morte e ressurreição, realizou a história de salvação, que tem n’Ele a sua plenitude, o seu centro e a sua fonte. É verdade que a única mediação de Cristo não exclui mediações participadas de vária espécie e ordem, mas estas obtêm significado e valor unicamente da de Cristo, não podendo conceber-se como paralelas ou complementares. Propostas de uma actuação salvífica de Deus fora da única mediação de Cristo são contrárias à fé católica.

IV. Unicidade e unidade da Igreja

O Senhor Jesus continua a estar presente e a operar a salvação na Igreja e através da Igreja, que é o seu Corpo. Como a Cabeça e os membros de um corpo vivo, embora não se identifiquem, são inseparáveis, assim Cristo e a Igreja não podem ser confundidos nem tão pouco separados.

Por conseguinte e em ligação com a unicidade e a universalidade da mediação salvífica de Jesus Cristo, deve crer-se firmemente como verdade de fé católica na unicidade da Igreja por Ele fundada. Os fiéis devem professar que existe uma continuidade histórica entre a Igreja fundada por Cristo e a Igreja Católica. De facto, a única Igreja de Cristo "subsiste na Igreja Católica, governada pelo Sucessor de Pedro e pelos Bispos em comunhão com ele" (Const. dogm. Lumen gentium, n. 8). No que concerne "a existência de vários elementos de santificação e de verdade fora do seu corpo (ibidem), há que afirmar que "o seu valor deriva da mesma plenitude da graça e da verdade que foi confiada à Igreja Católica" (Decr. Unitatis redintegratio, n. 3).

As Igrejas que não aceitam a doutrina católica do Primado do Bispo de Roma, mantêm-se unidas à Igreja Católica por estreitíssimos laços, como são a sucessão apostólica e a Eucaristia válida. Por isso, também nestas Igrejas particulares é presente e actuante a Igreja de Cristo, mesmo na ausência de plena comunhão com a Igreja Católica. Ao invés, as Comunidades eclesiais que não conservaram um válido Episcopado nem a genuína e íntegra substância do mistério eucarístico, não são Igrejas em sentido próprio; todavia, os baptizados nessas Comunidades estão numa certa comunhão, embora imperfeita, com a Igreja Católica. "Por isso, as próprias Igrejas e Comunidades separadas, embora pensemos que têm faltas, não se pode dizer que não tenham peso no mistério da salvação ou sejam vazias de significado". (Decr. Unitatis redintegratio, n. 3).

 

 

V. Igreja, Reino de Deus e Reino de Cristo

A missão da Igreja é "de anunciar e estabelecer em todas as gentes o Reino de Cristo e de Deus; constitui ela própria na terra o germe e o início deste Reino" (Const. dogm. Lumen gentium, n. 5). Por um lado, a Igreja é "sinal e instrumento da união íntima com Deus e da unidade de todo o género humano" (ibidem, n. 1); portanto, sinal e instrumento do Reino: chamada a anunciá-lo e a instaurá-lo; por outro, a Igreja é o "povo congregado na unidade do Pai e do Filho e do Espírito Santo" (ibidem, n. 4): ela é, portanto, o "Reino de Cristo já presente em mistério (ibidem, n. 3), constituindo, assim, o germe e início do mesmo. São possíveis diversas explicações teológicas destes temas; não se pode, todavia, de maneira nenhuma negar ou esvaziar o nexo íntimo entre Cristo, o Reino e a Igreja. De facto, "o Reino de Deus, que conhecemos através da Revelação, não se pode separar nem de Cristo nem da Igreja" (Carta enc. Redemptoris missio, n. 18).

O Reino de Deus, porém, não se identifica com a Igreja na sua realidade visível e social. Não se deve, com efeito, excluir "a obra de Cristo e do Espírito Santo além dos confins visíveis da Igreja (ibidem). Ao considerar as relações entre Reino de Deus, Reino de Cristo e Igreja, há todavia que evitar acentuações unilaterais, como são as que, ao falar do Reino de Deus, passam em silêncio Cristo; privilegiam o mistério da criação e nada dizem do mistério da redenção, porque - afirmam - Cristo não pode ser compreendido por quem não possui a fé cristã, ao passo que povos, culturas e religiões diferentes podem reencontrar-se na única realidade divina, qualquer que seja o seu nome. O Reino, como eles o entendem, acaba também por marginalizar ou minimizar a Igreja. Em prática, negam a unicidade da relação que Cristo e a Igreja têm com o Reino de Deus.

VI. A Igreja e as religiões em relação à salvação

De quanto acima foi recordado, derivam ainda alguns pontos, necessários e irrenunciáveis ao aprofundamento teológico da relação da Igreja e das religiões com a salvação. Antes de mais, deve crer-se firmemente que a "Igreja, peregrina na terra, é necessária para a salvação. Só Cristo é Mediador e caminho de salvação. Ora, Ele tor-Se-nos presente no seu Corpo que é a Igreja" (Const. dogm. Lumen gentium, n. 14). Esta doutrina não está em contradição com a vontade salvífica universal de Deus; por isso, "é necessário manter unidas estas duas verdades, ou seja, a possibilidade real da salvação em Cristo para todos os homens e a necessidade da Igreja em ordem a essa salvação" (Carta enc. Redemptoris missio, n. 9). Para aqueles que não são formalmente membros da Igreja, "a salvação de Cristo é possível em virtude de uma graça que, embora possuindo uma relação misteriosa com a Igreja, não os introduz formalmente nela, mas ilumina-os de forma adequada à sua situação interior e ambiental. Esta graça provém de Cristo, é fruto do seu sacrifício e é comunicada pelo Espírito Santo" (ibidem, n. 10).

Quanto ao modo como a graça salvífica de Deus chega a cada indivíduo não cristão, o Concílio Vaticano II limitou-se a afirmar que Deus a dá "por caminhos só por Ele conhecidos" (Decr. Ad gentes, n. 7). A teologia está procurando aprofundar este tema. Fique, todavia, claro que é contrário á fé católica considerar a Igreja como um caminho de salvação, ao lado dos constituídos pelas outras religiões.

Não há dúvida que várias tradições religiosas contêm e oferecem elementos de religiosidade que fazem parte de "quanto realiza o Espírito no coração dos homens e na história dos povos, nas culturas e nas religiões" (Carta enc. Redemptoris missio, n. 29). Não se lhes pode, porém, atribuir a origem divina e a eficácia salvífica ex opere operato, que é própria dos sacramentos cristãos. Por outro lado, não se pode ignorar que outros ritos, sendo dependentes de superstições ou de outros erros (cf. 1Cor 10, 20-21), são mais propriamente de obstáculo à salvação.

Com a vinda de Jesus Cristo salvador, Deus quis que a Igreja por Ele fundada fosse o instrumento para a salvação de toda a humanidade. Esta verdade de fé em nada contradiz o respeito sincero com que a Igreja considera as religiões do mundo, mas, ao mesmo tempo, exclui radicalmente a mentalidade indiferentista, imbuída de relativismo religioso, que leva a considerar que "uma religião vale tanto como a outra" (Carta enc. Redemptoris missio, n. 36). Como exigência do amor para com todos os homens, "a Igreja anuncia e tem o dever de anunciar constantemente a Cristo, que é ‘o caminho, a verdade e a vida’ (Jo 14,6), no qual os homens encontram a plenitude da vida religiosa e no qual Deus reconciliou todas as coisas consigo" (Decl. Nostra aetate, n. 2).

Conclusão

A presente Declaração quis repropor e esclarecer algumas verdades de fé, perante certas propostas problemáticas ou mesmo erróneas.

Os Padres do Concílio Vaticano II, ao debruçar-se sobre o tema da verdadeira religião, afirmaram: "Acreditamos que esta única verdadeira religião se verifica na Igreja Católica e Apostólica, à qual o Senhor Jesus confiou a missão de a difundir a todos os homens, dizendo aos Apóstolos: ‘Ide, pois, ensinai todos povos, baptizando-os em nome do Pai e do Filho e do Espírito Santo, ensinando-os a observar tudo quanto vos mandei’ (Mt 28,19-20). Por sua parte, todos os homens estão obrigados a procurar a verdade, sobretudo no que se refere a Deus e à sua Igreja, e a abraçá-la e pô-la em prática, uma vez conhecida" (Decl. Dignitatis humanae, n. 1).

[01764-06.01] [Texto original: Português]