MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL IV CONGRESSO INTERNAZIONALE
DELLA PIATTAFORMA UNIVERSITARIA DI RICERCA SULL'ISLAM (PLURIEL)
(Abu-Dhabi, 4-7 febbraio 2024)
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Cari fratelli e sorelle!
Porgo i miei cordiali saluti a voi che partecipate ad Abu Dhabi a questo Congresso internazionale di pluriel, la Piattaforma Universitaria di Ricerca sull’Islam, in occasione dei cinque anni dal Documento sulla Fratellanza Umana per la pace mondiale e la convivenza comune, che ho co-firmato con il mio amico e fratello, il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb. In quella occasione abbiamo chiesto che «questo Documento divenga oggetto di ricerca e di riflessione in tutte le scuole, nelle università e negli istituti di educazione e di formazione, al fine di contribuire a creare nuove generazioni che portino il bene e la pace e difendano ovunque il diritto degli oppressi e degli ultimi». Mi congratulo dunque vivamente con gli organizzatori di questo incontro accademico per il luogo e il tema che hanno scelto, «Impatto e prospettive del Documento», in un momento in cui la fratellanza e il vivere insieme sono rimessi in discussione dalle ingiustizie e dalle guerre che — lo ricordo — sono sempre sconfitte dell’umanità. Le radici di questi mali sono tre: la non conoscenza dell’altro, l’assenza di ascolto e la mancanza di flessibilità intellettuale. Tre mancanze dello spirito umano che distruggono la fratellanza e che è opportuno identificare bene per ritrovare la saggezza e la pace.
La non conoscenza dell’altro prima di tutto. Poiché i problemi di oggi e di domani resteranno insoluti se non impareremo a conoscerci, a stimarci e se resteremo isolati. Conoscere l’altro, costruire una fiducia reciproca, cambiare l’immagine negativa che possiamo avere di questo «altro», che è mio fratello in umanità, nelle pubblicazioni, nei discorsi e nell’insegnamento, è il modo per iniziare processi di pace accettabili per tutti. La pace senza una educazione basata sul rispetto e sulla conoscenza dell’altro, di fatto, non ha né valore né futuro. Se non vogliamo costruire una civiltà dell’anti-fratello, dove «l’altro diverso» è banalmente percepito come un nemico, se vogliamo al contrario costruire quel mondo tanto desiderato dove il dialogo è assunto come cammino, la collaborazione comune come condotta ordinaria, la conoscenza reciproca come metodo e criterio (cfr. Documento), allora la via da seguire oggi è quella dell’educazione al dialogo e all’incontro. Come ho detto nel mio ultimo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, dedicato all’intelligenza artificiale, «la pace, infatti, è il frutto di relazioni che riconoscono e accolgono l’altro nella sua inalienabile dignità» (Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace 2024, 8 dicembre 2023). L’intelligenza umana, da parte sua, è fondamentalmente razionale: si può sviluppare solo se resta curiosa e aperta a tutti i campi del reale, e se sa comunicare liberamente il frutto delle sue scoperte
Perciò, è necessario trovare il tempo per ascoltare, ascoltare mio fratello diverso, che non ho scelto, per poter vivere con lui sulla stessa terra. L’assenza di ascolto è la seconda trappola che nuoce alla fratellanza. Al contrario: ascoltare prima di parlare. «Sia ognuno pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira. Perché l’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio», dice san Giacomo (Gc 1, 19-20). Quanti mali si potrebbero evitare se ci fosse più ascolto, silenzio e al contempo parole vere, nelle famiglie, nelle comunità politiche o religiose, all’interno stesso delle università e tra i popoli e le culture! Il fatto di creare spazi di accoglienza dell’opinione diversa non è una perdita di tempo, ma un guadagno in umanità. Ricordiamoci che «senza il rapporto e il confronto con chi è diverso, è difficile avere una conoscenza chiara e completa di sé stessi e della propria terra, poiché le altre culture non sono nemici da cui bisogna difendersi, ma sono riflessi differenti della ricchezza inesauribile della vita umana» (Fratelli tutti, n. 147). Per dibattere occorre imparare ad ascoltare, ossia fare silenzio e rallentare, l’opposto della direzione attuale del nostro mondo postmoderno sempre agitato, pieno di immagini e di rumori. Dibattere sapendo però ascoltare e senza cedere all’emotività, senza temere neppure i «malintesi», che saranno sempre presenti e che fanno parte del gioco dell’incontro: ecco che cosa permetterà di giungere a una visione comune pacifica per costruire la fratellanza.
Ma dibattere presuppone un’educazione alla flessibilità intellettuale . La formazione e la ricerca devono mirare a rendere gli uomini e le donne dei nostri popoli non rigidi, ma duttili, vivi, aperti all’alterità, fraterni. Come ho detto durante la Conferenza internazionale per la Pace organizzata ad Al-Azhar, «la sapienza ricerca l’altro, superando la tentazione di irrigidirsi e di chiudersi; aperta e in movimento, umile e indagatrice al tempo stesso, essa sa valorizzare il passato e metterlo in dialogo con il presente, senza rinunciare a un’adeguata ermeneutica» (Discorso ai partecipanti alla Conferenza internazionale per la Pace, 28 aprile 2017). Cari fratelli e sorelle, facciamo in modo che il nostro sogno di fratellanza nella pace non si fermi alle parole! La parola «dialogo», in effetti, è di una ricchezza immensa e non può limitarsi a discutere attorno a un tavolo. «Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo “dialogare”» (Fratelli tutti, n. 198). Non abbiate paura di uscire dalle vostre discipline, restate curiosi, coltivate la flessibilità, ascoltate il mondo, non abbiate timore di questo mondo, ascoltate il fratello che non avete scelto, ma che Dio ha messo accanto a voi per insegnarvi ad amare. “Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4, 20).
Grazie per ciò che già fate, come ricercatori, studenti, voi uomini e donne curiosi che desiderate capire e cambiare il mondo. Vi incoraggio nel lavoro che intraprenderete durante questo Congresso e invoco la benedizione di Dio su voi tutti e sulle vostre famiglie.
Dal Vaticano, 4 febbraio 2024
Francesco
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L'Osservatore Romano, Anno CLXIV n. 29, lunedì 5 febbraio 2023. p. 11.
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