DICASTERIUM
PRO COMMUNICATIONE
DIREZIONE EDITORIALE
13 ottobre 2023
Intervista al Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin
Testo in lingua italiana
Traduzione in lingua inglese
Parolin: L’attacco a Israele è stato disumano, la legittima difesa non colpisca i civili
I media vaticani a colloquio con il Cardinale Segretario di Stato: la priorità è la liberazione degli ostaggi, la Santa Sede pronta a qualsiasi mediazione necessaria
Andrea Tornielli – Roberto Cetera
«La Santa Sede è pronta a qualsiasi mediazione necessaria, come sempre...». Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, a sei giorni dall’attacco terroristico contro Israele, definisce “disumano” l’attacco perpetrato sabato scorso, rilancia l’appello di Papa Francesco per la liberazione di tutti gli ostaggi nelle mani di Hamas. Parolin chiede proporzionalità nella legittima difesa di Israele esprimendo preoccupazione per le vittime civili dei bombardamenti su Gaza e ribadisce che, nonostante quanto sta accadendo, per una pace che sia davvero giusta bisogna arrivare alla soluzione dei due Stati «che permetterebbe a Palestinesi ed Israeliani di vivere fianco a fianco, in pace e sicurezza».
Eminenza, tutti i conflitti sono terribili. Ma in quanto apprendiamo dall’alba di sabato scorso risulta un crescendo di efferatezze mai viste prima. Assistiamo ad un totale smarrimento dell’umano. Vi sono, a suo avviso, ancora margini per evitare il peggio?
L’attacco terroristico compiuto da Hamas e da altre milizie sabato scorso contro migliaia di israeliani che stavano per celebrare il giorno della Simchat Torah, a conclusione della settimana della festa di Sukkot, è disumano. La Santa Sede esprime totale e ferma condanna. Inoltre, siamo in ansia per gli uomini, donne, bambini e anziani che sono tenuti in ostaggio a Gaza. Esprimiamo vicinanza alle famiglie colpite, la cui stragrande maggioranza sono ebree, preghiamo per loro, per quanti sono ancora sotto shock, per i feriti. È necessario recuperare il senso della ragione, abbandonare la logica cieca dell’odio e rifiutare la violenza come soluzione. È diritto di chi è attaccato difendersi, ma anche la legittima difesa deve rispettare il parametro della proporzionalità. Non so che margine di dialogo ci possa essere tra Israele e la milizia di Hamas, ma, se ci fosse e speriamo che ci sia, lo si dovrebbe percorrere subito e senza indugio. Questo per evitare altro spargimento di sangue, come sta avvenendo a Gaza, dove ci sono molte vittime civili innocenti a seguito degli attacchi dell’esercito israeliano.
Papa Francesco ribadisce che la pace si costruisce sulla giustizia. Non esiste pace che non sia giusta. In che termini si declina oggi questa istanza di giustizia per entrambe le parti in conflitto?
La pace non può che fondarsi sulla giustizia. I latini amavano dire: “Opus iustitiae pax”, non ci può essere pace fra gli uomini senza giustizia. A me sembra che la maggiore giustizia possibile in Terrasanta sia la soluzione di due Stati, che permetterebbe a Palestinesi ed Israeliani di vivere fianco a fianco, in pace e sicurezza, venendo incontro alle aspirazioni di gran parte di essi. Questa soluzione, che è prevista dalla Comunità internazionale, ultimamente è sembrata ad alcuni, sia da una parte che dall’altra, non più realizzabile. Per altri non lo è mai stata. La Santa Sede è convinta del contrario e continua a sostenerla. Adesso, però, cosa è giusto? È giusto che gli ostaggi vengano riconsegnati subito, anche quelli che Hamas detiene dagli scorsi conflitti: in questo senso rinnovo con forza il vibrante appello lanciato e ripetuto dal Santo Padre Francesco in questi giorni. È giusto che nella legittima difesa Israele non metta in pericolo i civili palestinesi che vivono a Gaza. È giusto, indispensabile direi, che in questo conflitto – come in ogni altro – il diritto umanitario sia pienamente rispettato.
Papa Francesco al termine dell’udienza di mercoledì scorso ha pronunciato un appello per la liberazione degli ostaggi e ha chiesto di risparmiare le vite degli innocenti. Vede lo spazio per un’iniziativa diplomatica della Santa Sede, analogamente a quanto intrapreso per il conflitto tra Russia e Ucraina?
Sì, la liberazione degli ostaggi israeliani e la protezione della vita degli innocenti a Gaza sono il cuore del problema creatosi con l’attacco di Hamas e la risposta dell’esercito israeliano. Sono al centro delle preoccupazioni di tutti noi, del Papa e dell’intera Comunità internazionale. La Santa Sede è pronta a qualsiasi mediazione necessaria, come sempre. Intanto cerca di parlare con le istanze i cui canali sono già aperti. Qualsiasi mediazione per far cessare il conflitto deve tuttavia tener conto di una serie di elementi che rendono la questione molto complessa ed articolata, come la questione degli insediamenti israeliani, della sicurezza e il nodo della città di Gerusalemme. Una soluzione si può trovare nel dialogo diretto fra Palestinesi ed Israeliani, incoraggiato e sostenuto dalla Comunità internazionale, anche se ora sarà tutto più difficile.
In due recenti interviste rilasciate all’Osservatore Romano dal Presidente palestinese Mahmud Abbas e dal Presidente israeliano Isaac Herzog, entrambi hanno espresso il loro apprezzamento per le costanti parole di pace che salgono dalla minoranza cristiana di Terra Santa, che è ‘sale’ di questa terra. Tuttavia i cristiani sono compressi dal conflitto e in una situazione di sofferenza. Desta preoccupazione la situazione della piccola comunità cristiana di Gaza, che rischia di estinguersi. Come possono essere aiutati ora, concretamente, i cristiani di Terra Santa?
Innanzitutto con la preghiera e la vicinanza spirituale e materiale. Queste mie parole intendono essere una rinnovata attestazione della affettuosa prossimità del Papa e della Santa Sede. I cristiani sono parte essenziale della terra in cui Gesù è nato, vissuto, morto e risorto. Nessuno può pensare né la Palestina né Israele senza la presenza cristiana, che è lì fin dagli inizi e sarà lì per sempre. È vero, ora la piccola comunità cattolica di Gaza – circa 150 famiglie – soffre tantissimo. E quando un membro soffre, tutta la Chiesa soffre, e quindi tutti soffriamo. Sappiamo che si sono radunati in parrocchia. Il parroco non è potuto rientrare e rimane a Betlemme. Tutto è fermo, paralizzato, come in una morsa di paura e rabbia. Preghiamo per gli israeliani, preghiamo per i palestinesi, preghiamo per i cristiani, gli ebrei e i musulmani: “Chiedete pace per Gerusalemme … Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: Su di te sia pace! Per la casa del Signore nostro Dio chiederò per te il bene” (Salmo 122).
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(Traduzione in lingua inglese)
Parolin: Attack on Israel ‘inhuman’, legitimate defense should not harm civilians
Cardinal Secretary of State Pietro Parolin speaks to Vatican Media about the outbreak of war in the Holy Land, saying the priority is the release of hostages and affirming that the Holy See is willing to mediate.
By Andrea Tornielli & Roberto Cetera
“The Holy See is ready for any necessary mediation, as always.” Six days after the terrorist attack on Israel, Cardinal Pietro Parolin, the Vatican Secretary of State, describes the attack last Saturday as "inhuman". In an interview with Vatican Media, he also reiterates Pope Francis's appeal for the release of all hostages held by Hamas, and calls for proportionality in Israel's legitimate defense. The Cardinal expresses concern for the civilian casualties in Gaza due to bombings, emphasizing that despite the ongoing events a truly just peace requires a two-state solution, "which would allow Palestinians and Israelis to live side by side in peace and security."
Q: Your Eminence, all conflicts are terrible, but as we learned last Saturday, there has been a crescendo of unprecedented cruelty. We are witnessing a total loss of humanity. Do you think there is still room to avoid the worst?
The terrorist attack carried out by Hamas and other militias last Saturday against thousands of Israelis who were about to celebrate the day of Simchat Torah, concluding the week of the Sukkot festival, is inhuman. The Holy See expresses complete and firm condemnation. Furthermore, we are concerned for the men, women, children, and the elderly held hostage in Gaza. We express our solidarity with the affected families, the vast majority of whom are Jewish, and we pray for them, for those still in shock, for the wounded. It is necessary to regain a sense of reason, abandon the blind logic of hatred, and reject violence as a solution. It is the right of those who are attacked to defend themselves, but even legitimate defense must respect the parameter of proportionality. I do not know how much room for dialogue there can be between Israel and the Hamas militia, but if there is—and we hope there is—it should be pursued immediately and without delay. This is to avoid further bloodshed, as is happening in Gaza, where many innocent civilian victims have been caused by the Israeli army's attacks.
Q: Pope Francis reiterates that peace is built on justice. There is no peace that is not just. How is this call for justice for both parties in conflict articulated today?
Peace can only be based on justice. The Latins liked to say, "Opus iustitiae pax," there can be no peace among men without justice. It seems to me that the greatest possible justice in the Holy Land is the two-state solution, which would allow Palestinians and Israelis to live side by side in peace and security, meeting the aspirations of the majority. This solution, which is supported by the international community, has recently seemed to some, on both sides, to be no longer feasible. For others, it never was. The Holy See is convinced of the opposite and continues to support it. Now, however, what is just? It is just for the hostages to be returned immediately, even those held by Hamas since previous conflicts. In this sense, I strongly renew the heartfelt appeal made and repeated by Pope Francis in recent days. It is just that in Israel's legitimate defense, the lives of Palestinian civilians living in Gaza should not be endangered. It is just—indeed, essential—that in this conflict, as in any other, humanitarian law be fully respected.
Q: Pope Francis, at the end of this Wednesday's General Audience, made an appeal for the release of the hostages and asked for the lives of the innocent to be spared. Do you see room for a diplomatic initiative by the Holy See, similar to what has been undertaken for the conflict between Russia and Ukraine?
Yes, the release of Israeli hostages and the protection of innocent lives in Gaza are at the heart of the problem created by Hamas's attack and the response of the Israeli army. They are at the center of all of our concerns: the Pope and the entire international community. The Holy See is ready for any necessary mediation, as always. In the meantime, we try to speak with the institutions whose channels are already open. However, any mediation to end the conflict must take into account a series of elements that make the issue very complex and articulated, such as the issue of Israeli settlements, security, and the issue of the city of Jerusalem. A solution can be found in direct dialogue between Palestinians and Israelis, encouraged and supported by the international community, even though it will be more difficult now.
Q: In two recent interviews granted to L'Osservatore Romano by Palestinian President Mahmoud Abbas and Israeli President Isaac Herzog, both expressed their appreciation for the constant words of peace that come from the Christian minority of the Holy Land, which is the 'salt' of this land. However, Christians are hemmed in by the conflict and in a situation of suffering. The situation of the small Christian community in Gaza, which is at risk of extinction, is a cause for concern. How can the Christians of the Holy Land be helped concretely now?
First and foremost, with prayer and spiritual and material support. These words of mine are meant to be a renewed affirmation of the affectionate closeness of the Pope and the Holy See. Christians are an essential part of the land where Jesus was born, lived, died, and rose again. No one can imagine Palestine or Israel without a Christian presence, which has been there from the beginning and will be there forever. It is true that the small Catholic community in Gaza, about 150 families, is suffering immensely. When one member suffers, the whole Church suffers, and so we all suffer. We know they have gathered in the parish. The parish priest could not return and remains in Bethlehem. Everything is at a standstill, paralyzed, as if gripped by fear and anger. Let us pray for the Israelis; let us pray for the Palestinians; let us pray for Christians, Jews, and Muslims: For the peace of Jerusalem pray... For the sake of my brothers and friends I say, ‘Peace be with you.’ For the sake of the house of the Lord, our God, I pray for your good.” (Psalm 122:6-9).
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