COMMENTO ALLA NOTA
sulla “Doctrine of Discovery”
dell’Em.mo Card. José Tolentino de Mendonça
Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione
Parlando delle ingiustizie storiche e dei crimini di guerra nella sua enciclica Fratelli Tutti, Papa Francesco afferma che è facile oggi cadere nella tentazione di voltare pagina dicendo che ormai è passato molto tempo e che bisogna guardare avanti. No, per amor di Dio! Senza memoria non si va mai avanti, non si cresce senza una memoria integra e luminosa (Fratelli Tutti, 249)
Nella Nota sulla “Doctrine of Discovery” (pubblicata oggi dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione e dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale), la Santa Sede esamina attentamente la storia della Chiesa e la sua deplorevole associazione con la dottrina della scoperta, che è stata invocata da varie potenze coloniali contro le popolazioni indigene, in diverse parti del mondo, per giustificare l’espropriazione della loro storia e la sottovalutazione e l’eliminazione delle loro culture.
La nota riconosce che le bolle papali su cui le potenze coloniali appoggiarono le loro pretese non riflettevano adeguatamente la pari dignità e i diritti delle popolazioni indigene e che i documenti furono manipolati da quelle potenze per giustificare atti immorali contro di esse che furono perpetrati, a volte senza l’opposizione da parte delle autorità ecclesiastiche. La dottrina della scoperta non faceva parte dell’insegnamento della Chiesa Cattolica, ed è ripudiata in questa Nota; ma questa tragico evento ci ricorda la necessità di rimanere sempre più vigilanti nella nostra difesa della dignità di tutti gli uomini e della necessità di crescere nella conoscenza e nell’apprezzamento delle loro culture. Specificamente, come ci ha ricordato Papa Francesco nella sua Enciclica Laudato Si’: è indispensabile prestare speciale attenzione alle comunità aborigene con le loro tradizioni culturali... Per loro, infatti, la terra non è un bene economico, ma un dono di Dio e degli antenati che in essa riposano, uno spazio sacro con il quale hanno il bisogno di interagire per alimentare la loro identità e i loro valori (Laudato Sì, 146).
Questa Nota fa parte di quella che potremmo chiamare l’architettura della riconciliazione, ed è anche il prodotto dell’arte della riconciliazione, il processo in cui le persone si impegnano ad ascoltarsi, a parlarsi e a crescere nella comprensione reciproca. In tal senso, le intuizioni che informano questa Nota sono esse stesse il frutto di un rinnovato dialogo tra la Chiesa e i popoli indigeni. È ascoltando i popoli indigeni che la Chiesa sta imparando a comprendere le loro sofferenze, il passato e il presente, e le nostre mancanze. È nel dialogo culturale che siamo impegnati ad accompagnarli nella ricerca della riconciliazione e della guarigione. Dobbiamo vivere l’arte dell’incontro.