Intervento dell’Em.mo Card. Michael Czerny S.J
Intervento di Fr. Frédéric-Marie Le Méhauté
Intervento di p.s. Clémence
Alle ore 12,00 di oggi, presso la Sala Stampa della Santa Sede, Via della Conciliazione, 54, ha avuto luogo la Conferenza Stampa di presentazione dell’Esortazione Apostolica “Dilexi te” del Santo Padre Leone XIV sull’amore verso i poveri.
Sono intervenuti: Em.mo Card. Michael Czerny S.J., Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; Em.mo Card. Konrad Krajewski, Prefetto del Dicastero per il Servizio della Carità; Fr. Frédéric-Marie Le Méhauté, Provinciale dei Frati Minori diFrancia/Belgio, dottore in teologia; p.s. Clémence, Piccola Sorella di Gesù della Fraternità delle Tre Fontane.
Pubblichiamo di seguito alcuni interventi:
Intervento dell’Em.mo Card. Michael Czerny S.J
Testo in lingua inglese
Traduzione in lingua italiana
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua spagnola
Testo in lingua inglese
1.The face of the poor as an epiphany of the Kingdom of God (8-12)
In the healing of wounds, whether physical, social or spiritual, the Church proclaims that the Kingdom of God embraces the vulnerable. In every act of care such as visiting the sick (Mt 25:36), the Christian community experiencessalvation as a concrete relationshipwith those who bear the marks of the Cross in their flesh.
Poverty, a huge social problem, is also atheologicaltheme: through the poor, God speaks to the Church (“Dilexi te,I have loved you” [1]), faith becomes real in mercy and service that break down barriers, and God’s people experience the beatitude of “the poor in spirit.”[2]
2.From structures of sin to the conversion of social structures (90-98)
Recent Church teaching understands thatpoverty results from structures of sin.Selfishness and indifference solidify in economic and cultural systems. The “economy that kills”[3]measures human value in terms of productivity, consumption and profit. This “dominant mentality” makes it acceptable to discard the weak and unproductive, and thus deserves the label “social sin”.
Beyond donations and other assistance, the Church's response denounces the false impartiality of the market, proposes models of development, promotes justice, aims for theconversion of structures. This fosters a form of communal orsocial repentancethat restores dignity to the invisible and helps them to develop more fully.
3.Poverty as active subjectivity and principle of evangelisation (99-102)
St John Paul II urged the poor tobecome protagonists of ecclesial and social transformation.Popular movements (80-81)with their “moral energy,”[4]demonstrate that justice arises from including the excluded. Besides suffering privation, the poor can be “bearers of hope” and “builders of a common destiny.”[5]Let the Church assist them,be evangelised by them, recognise the Spirit at work in them, and together proclaim the Gospel.
4.Education, Eucharist and Service: promoting integral development (68-72, 108-114)
Promoting integral human development, according to the Social Teaching of the Church, intertwineseducation, Eucharist and service.
•Educationis the first act of justice, because it frees people from spiritual poverty and prepares them for social responsibility.
•The Eucharistbrings diverse people together,nourishes the community and missions ittocharity and solidarity.
•Serviceissocial love in concrete form: care for the poor and for our common home.
Thus, the Church offers mercy to the world, promoting a civilisation in which every person is recognised as the image of God.
5.Charity generates peace and universal fraternity (108-114)
InDilexi te,Pope Leo joins Pope Francis in declaring: there will beno peace as long as the poor and the planet are neglected and abused.
Christian peace isreconciling and reconciled justice. The poor, Mother Teresa said, “do not need our pity but our respectful love.”[6]Treating them with dignity is the first act of peace. Only a society with the discarded at its centre can be truly peaceful, and only a world of such societies can be at peace.
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[1]Addressed to Philadelphia, a poor and powerless Christian community, unimportant but faithful, treated instead with violence and contempt: “You have but little power… and they will realize that I have loved you” (Revelation 3:8-9).
[2]Matthew 5:3.
[3]Evangelii Gaudium, 92-93.
[4]PopeFrancis,Adress to the Participants in the World Meeting of Popular Movements, 28 October 2014.
[5]PopeFrancis,Adress to the Participants in the World Meeting of Popular Movements, 28 October 2014.
[6]Dilexi te,77.
[01298-EN.01] [Testo originale: Inglese]
Traduzione in lingua italiana
1. Il volto dei poveri come epifania del Regno di Dio (8-12)
Nella guarigione delle ferite, siano esse fisiche, sociali o spirituali, la Chiesa proclama che il Regno di Dio abbracci i vulnerabili. In ogni atto di cura, come la visita ai malati (Mt 25,36), la comunità cristiana sperimenta lasalvezza come relazione concretacon coloro che portano i segni della Croce nella loro carne.
La povertà, un enorme problema sociale, è anche un temateologico: attraverso i poveri, Dio parla alla Chiesa («Dilexi te,ti ho amato»[1]) la fede diventa reale nella misericordia e nel servizio che abbattono le barriere ed il popolo di Dio sperimenta la beatitudine dei «poveri in spirito»[2]
2. Dalle strutture del peccato alla conversione delle strutture sociali (90-98)
Il recente insegnamento della Chiesa comprende chela povertà deriva dalle strutture del peccato.L'egoismo e l'indifferenza si consolidano nei sistemi economici e culturali. L'“economia che uccide”[3]misura il valore umano in termini di produttività, consumo e profitto. Questa «mentalità dominante» rende accettabile lo scarto dei deboli e degli improduttivi, e merita quindi l'etichetta di «peccato sociale».
Al di là delle donazioni e di altre forme di assistenza, la risposta della Chiesa denuncia la falsa imparzialità del mercato, propone modelli di sviluppo, promuove la giustizia, mira allaconversione delle strutture. Ciò favorisce una forma dipentimento socialeche restituisce dignità agli invisibili e li aiuta a svilupparsi più pienamente.
3. La povertà come soggettività attiva e principio di evangelizzazione (99-102)
San Giovanni Paolo II esortava i poveri adiventare protagonisti della trasformazione ecclesiale e sociale.I movimenti popolari (80-81)con la loro «energia morale»[4]dimostrano che la giustizia nasce dall'inclusione degli esclusi. Oltre a soffrire privazioni, i poveri possono essere «portatori di speranza» e «costruttori di un destino comune»[5]. La Chiesa li assista,si lasci evangelizzare da loro, riconosca lo Spirito all'opera in loro e proclami insieme il Vangelo.
4. Educazione, Eucaristia e servizio: promuovere lo sviluppo integrale (68-72, 108-114)
La promozione dello sviluppo umano integrale, secondo la dottrina sociale della Chiesa, intrecciaeducazione, Eucaristia e servizio.
·L'educazioneè il primo atto di giustizia, perché libera le persone dalla povertà spirituale e le prepara alla responsabilità sociale.
·L'Eucaristiariunisce persone diverse,nutre la comunità e la orientaalla carità e alla solidarietà.
·Il servizioè amore sociale in forma concreta: cura dei poveri e della nostra casa comune.
Così, la Chiesa offre misericordia al mondo, promuovendo una civiltà in cui ogni persona è riconosciuta come immagine di Dio.
5. La carità genera pace e fraternità universale (108-114)
InDilexi te,Papa Leone si unisce a Papa Francesco nel dichiarare: non ci saràpace finché i poveri ed il pianeta saranno trascurati e maltrattati.
La pace cristiana ègiustizia riconciliatrice e riconciliata. I poveri, diceva Madre Teresa, «non hanno bisogno della nostra pietà, ma del nostro amore rispettoso»[6]. Trattarli con dignità è il primo atto di pace. Solo una società che pone al centro gli emarginati può essere veramente pacifica, e solo un mondo composto da società di questo tipo può essere in pace.
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[1]Rivolto a Filadelfia, una comunità cristiana povera e impotente, insignificante ma fedele, trattata invece con violenza e disprezzo: «Hai poca forza... e loro si renderanno conto che ti ho amato» (Apocalisse 3,8-9).
[2]Matteo 5,3.
[3]Evangelii Gaudium, 92-93.
[4]Papa Francesco, Discorso ai partecipanti all'Incontro mondiale dei movimenti popolari, 28 ottobre 2014.
[5]Papa Francesco, Discorso ai partecipanti all'Incontro mondiale dei movimenti popolari, 28 ottobre 2014.
[6] Dilexi te, 77.
[01298-IT.01] [Testo originale: Inglese]
Traduzione in lingua francese
1. Le visage des pauvres comme épiphanie du Royaume de Dieu (8-12)
En guérissant les blessures, qu'elles soient physiques, sociales ou spirituelles, l'Église proclame que le Royaume de Dieu embrasse les personnes vulnérables. Dans chaque acte de sollicitude, tel que la visite aux malades (Mt 25, 36), la communauté chrétienne fait l'expérience du salut dans la relation concrète avec ceux qui portent les marques de la Croix dans leur chair.
La pauvreté, énorme problème social, est également un thème théologique : à travers les pauvres, Dieu parle à l'Église («Dilexi te,je t'ai aimé »[1]), la foi devient réelle dans la miséricorde et le service qui brisent les barrières, et le peuple de Dieu fait l'expérience de la béatitude des « pauvres en esprit»[2].
2. Des structures du péché à la conversion des structures sociales (90-98)
L'enseignement récent de l'Église comprend que la pauvreté résulte des structures du péché. L'égoïsme et l'indifférence se solidifient dans les systèmes économiques et culturels. L'« économie qui tue »[3]mesure la valeur humaine en termes de productivité, de consommation et de profit. Cette « mentalité dominante » rend acceptable le rejet des personnes faibles et improductives, et mérite donc le qualificatif de « péché social ».
Au-delà des dons et autres formes d'aide, la réponse de l'Église dénonce la fausse impartialité du marché, propose des modèles de développement, promeut la justice et vise la conversion des structures. Cela favorise une forme de repentir social ou communautaire qui redonne leur dignité aux invisibles et les aide à se développer plus pleinement.
3. La pauvreté comme subjectivité active et principe d'évangélisation (99-102)
Saint Jean-Paul II a exhorté les pauvres à devenir les protagonistes de la transformation ecclésiale et sociale. Les mouvements populaires (80-81), avec leur « énergie morale»[4], démontrent que la justice naît de l'inclusion des exclus. Outre les privations qu'ils subissent, les pauvres peuvent également être « porteurs d'espoir » et « bâtisseurs d'une destinée commune » [5]. Que l'Église les aide, se laisse évangéliser par eux, reconnaisse l'Esprit à l'œuvre en eux et proclame avec eux l'Évangile.
4. Éducation, Eucharistie et service : promouvoir le développement intégral (68-72, 108-114)
La promotion du développement humain intégral, selon l'enseignement social de l'Église, associe l'éducation, l'Eucharistie et le service.
·L'éducation est le premier acte de justice, car elle libère les personnes de la pauvreté spirituelle et les prépare à la responsabilité sociale.
·L'Eucharistie rassemble des personnes diverses, nourrit la communauté et la missionne à la charité et à la solidarité.
·Le service est l'amour social sous une forme concrète : le souci des pauvres et de notre maison commune.
Ainsi, l'Église offre sa miséricorde au monde, en promouvant une civilisation dans laquelle chaque personne est reconnue comme l'image de Dieu.
5. La charité engendre la paix et la fraternité universelle (108-114)
DansDilexi te,le pape Léon rejoint le pape François en déclarant : il n'y aura pas de paix tant que les pauvres et la planète seront négligés et maltraités.
La paix chrétienne est une justice réconciliatrice et réconciliée. Les pauvres, disait Mère Teresa, « n'ont pas besoin de notre pitié, mais de notre amour respectueux »[6]. Les traiter avec dignité est le premier acte de paix. Seule une société centrée sur les exclus peut être véritablement pacifique, et seul un monde composé de telles sociétés peut être en paix.
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[1]Adressé à Philadelphie, une communauté chrétienne pauvre et impuissante, insignifiante mais fidèle, traitée avec violence et mépris :«Sans avoir beaucoup de puissance…alors ils connaîtront que moi, je t’ai aimé.» (Ap 3,8-9)
[2]Mt5, 3
[3]Evangelii Gaudium, 92-93
[4]Pape François, Discours aux participants à la Rencontre mondiale des mouvements populaires, 28 octobre 2014.
[5]Id.
[6]Dilexi te,77
[01298-FR.01] [Testo originale: Inglese]
Traduzione in lingua spagnola
1. El rostro de los pobres como epifanía del Reino de Dios (8-12)
En la curación de las heridas, ya sean físicas, sociales o espirituales, la Iglesia proclama que el Reino de Dios abraza a los vulnerables. En cada acto de cuidado, por ejemplo, visitar a los enfermos (Mt 25, 36), la comunidad cristiana experimentala salvación a travésuna relación concretacon aquellos que llevan en su carne las marcas de la Cruz.
La pobreza, un enorme problema social, es también un temateológico: a través de los pobres, Dios habla a la Iglesia («Dilexi te,te he amado»[1]), la fe se hace realidad en la misericordia y en el servicio que derriban barreras, y el pueblo de Dios experimenta la bienaventuranza de «los pobres de espíritu»[2].
2. De las estructuras del pecado a la conversión de las estructuras sociales (90-98)
La reciente enseñanza de la Iglesia reconoce ala pobreza como el resultado de las estructuras del pecado.El egoísmo y la indiferencia se consolidan en los sistemas económicos y culturales. La «economía que mata» [3]cuantifica el valor humano en términos de productividad, consumo y beneficio. Esta «mentalidad dominante» hace que sea aceptable descartar a los débiles y a los improductivos, y por lo tanto merece la etiqueta de «pecado social».
Más allá de las donaciones y otras ayudas, la respuesta de la Iglesia denuncia la falsa imparcialidad del mercado, propone modelos de desarrollo, promueve la justicia y apunta a laconversión de las estructuras. Esto fomenta una forma de arrepentimiento comunitario osocialque devuelve la dignidad a los invisibles y les ayuda a desarrollarse más plenamente.
3. La pobreza como subjetividad activa y principio de evangelización (99-102)
San Juan Pablo II alentó a los pobres aconvertirse en protagonistas de la transformación eclesial y social.Los movimientos populares (80-81), con su «energía moral» [4], demuestran que la justicia surge de la inclusión de los excluidos. Además de sufrir privaciones, los pobres pueden ser «portadores de esperanza» y «constructores de un destino común»[5]. Que la Iglesia los ayude,se evangelice por ellos, reconozca la obra del Espíritu en ellos y proclame juntos el Evangelio.
4. Educación, Eucaristía y servicio: promover el desarrollo integral (68-72, 108-114)
La promoción del desarrollo humano integral, según la Doctrina Social de la Iglesia, entrelazala educación, la Eucaristía y el servicio.
•La educaciónes el primer acto de justicia, porque libera a las personas de la pobreza espiritual y las prepara para la responsabilidad social.
•La Eucaristíareúne a personas diferentes,alimenta a la comunidad y la envíaa vivir la caridad y la solidaridad.
•El servicioes el amor social en forma concreta: cuidado de los pobres y de nuestra casa común.
De este modo, la Iglesia ofrece misericordia al mundo, promueve una civilización en la que cada persona sea reconocida como imagen de Dios.
5. La caridad genera paz y fraternidad universal (108-114)
EnDilexi te,el Papa León XIV se suma al Papa Francisco al declarar que no habrápaz mientras se descuide y se abuse de los pobres y del planeta.
La paz cristiana esjusticia reconciliadora y reconciliada. Los pobres, decía la Madre Teresa, «no necesitan nuestra compasión, sino nuestro amor respetuoso» [6]. Tratarlos con dignidad es el primer acto de paz. Solo una sociedad que coloca en el centro a los descartados puede ser verdaderamente pacífica, y solo un mundo formado por sociedades así, puede estar en paz.
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[1]Dirigido a Filadelfia, una comunidad cristiana pobre e impotente, sin importancia pero fiel, tratada en cambio con violencia y desprecio: «Tienes poco poder... y ellos se darán cuenta de que yo te he amado» (Apocalipsis 3, 8-9).
[2]Mateo 5, 3.
[3]Evangelii Gaudium, 92-93.
[4]Papa Francisco, Discurso a los participantes en el Encuentro Mundial de Movimientos Populares, 28 de octubre de 2014.
[5]Papa Francisco, Discurso a los participantes en el Encuentro Mundial de Movimientos Populares, 28 de octubre de 2014.
[6]Dilexi te,77
[01298-ES.01] [Testo originale: Inglese]
Intervento di P. Frédéric-Marie Le Méhauté
Testo in lingua italiana
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua spagnola
Testo in lingua italiana
Prendere seriamente l’amore di Cristo … a partire dagli ultimi
Il punto di partenza di Dilexit te è l’amore di Dio per una comunità debole, “esposta alla violenza e al disprezzo” (1). Il Santo Padre ricorda che al di là delle definizioni di povertà, “i poveri non sono lì per caso né per un destino cieco e amaro” (14). Sono le “strutture di peccato che creano povertà e disuguaglianze estreme” (90-98). La nostra attenzione deve andare a queste persone “più deboli, più miserabili e più sofferenti” (2) e, in particolare, alle donne, che a volte sono “doppiamente povere” (12). Non si tratta solo di combattere le cause strutturali della povertà, ma anche di raggiungere concretamente coloro che sono spesso lontani dalla nostra attenzione, per vivere “con loro e come loro” (101).
Dobbiamo essere realisti: “Ci sentiamo più a nostro agio senza i poveri” (114). Essi sconvolgono le nostre abitudini, ci mettono di fronte a dei limiti umani che preferiamo ignorare. Il Papa ci invita a cambiare prospettiva. I poveri non sono soltanto un problema. Essi “sono una ‘questione di famiglia’, sono ‘dei nostri’ ” (104), “fratelli e sorelle da accogliere” (56) perché Dio stesso li sceglie per primo. “È a loro anzitutto che si rivolge la parola di speranza e di liberazione del Signore” (21). Questa scelta privilegiata di Dio può metterci a disagio. Preferiremmo un Dio imparziale. Certo, la salvezza è per tutti ma non ci giunge al di fuori di relazioni concrete (52). Laddove la nostra logica mondana si costruisce a partire dai forti e rifiuta chi non può parteciparvi, la logica di Dio parte dagli esclusi, dalla “pietra scartata” (Sal 117,22) per realizzare il suo Regno.
L’impegno per i poveri non è dunque solo una conseguenza della nostra fede. È un’epifania, “un atto quasi liturgico” (61) poiché “non si può separare il culto di Dio dall’attenzione ai poveri” (40). “In questo appello a riconoscerlo nei poveri e nei sofferenti, si rivela il cuore stesso di Cristo” (3). “L’amore per i poveri (…) è la garanzia evangelica di una Chiesa fedele al cuore di Dio” (103) e una comunità che pretendesse di “restare in silenzio senza preoccuparsi in maniera creativa” dei poveri è destinata a perdere il proprio vigore evangelico (113).
Dilexi te ricorda la necessità di impegnarsi per i poveri, di donare ai poveri, soprattutto attraverso l'elemosina (115-119). Ma insiste affinché impariamo ad agire con loro. L'accelerazione dei problemi contemporanei “non è stata solo subita, ma anche affrontata e pensata dai poveri” (82). Dobbiamo insistere su questo termine: i poveri hanno un pensiero. Vale a dire, possono essere attori e non solo "oggetti della nostra compassione" (79) o delle nostre politiche, possono aiutarci ad analizzare i problemi e soprattutto sono portatori di soluzioni reali. Muoverci per comprenderli a partire da loro è quindi una necessità perché “la realtà si vede meglio dai margini e i poveri sono dotati di un'intelligenza particolare, indispensabile alla Chiesa e all'umanità” (82). Imparare da questa intelligenza ci permette di percepire meglio la logica mondana che opera nella società e nella Chiesa. È a partire da questa intelligenza che Dilexi te denuncia una politica o un'economia dominate da una “minoranza felice” (92) che monopolizza la ricchezza e impone “sacrifici al popolo per raggiungere determinati obiettivi che riguardano i potenti” (93).
In sintesi, Dilexi te articola una teologia della rivelazione che scaturisce dalla misericordia verso i più poveri, da un'ecclesiologia della diaconia come criterio di verità e da un'etica sociale che si unisce, con la mano tesa, alla lotta per la giustizia. Le ultime parole sono programmatiche di una Chiesa “che non pone limiti all'amore, che non conosce nemici da combattere ma solo uomini e donne da amare” (120). Ogni persona indigente dovrebbe poter sentire queste parole per lei: “Io ti ho amato”. Questa è la promessa e la nostra bussola per seguire ed “imitare il Cristo povero, nudo e disprezzato” (64), per costruire una società e una Chiesa dove “nessuno si senta abbandonato” (21).
P. Frédéric-Marie Le Méhauté
[01299-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Prendre au sérieux l’amour du Christ… à partir des derniers.
Le point de départ de Dilexi te est l’amour de Dieu pour une communauté faible, «exposée à la violence et au mépris» (1). Le pape rappelle qu’au-delà des définitions de la pauvreté, «les pauvres ne sont pas là par hasard ni en raison d’un destin aveugle et amer» (14). Ce sont des «structures de péchés qui créent pauvreté et inégalités extrêmes» (90-98). Notre attention doit aller à ces personnes «plus faibles, plus misérables et plus souffrantes» (2) et en particulier les femmes, parfois «doublement pauvres» (12). Il ne s’agit pas seulement de combattre les causes structurelles de la pauvreté, mais aussi de rejoindre concrètement celles et ceux qui sont souvent loin de notre attention, pour vivre «avec eux et comme eux» (101).
Il faut être réaliste: «Nous nous sentons plus à l’aise sans les pauvres» (114). Ils bousculent nos habitudes, nous confrontent à des limites humaines que nous préférons ignorer. Le pape invite à déplacer notre regard. Les pauvres ne sont pas seulement un problème. Ils «sont une “question de famille”; ils sont “des nôtres”» (104), «des frères et sœurs à accueillir» (56) parce que Dieu lui-même les choisit le premier. «C’est d’abord à eux que s’adresse la parole d’espérance et de libération du Seigneur» (21). Ce choix privilégié de Dieu peut nous mettre mal à l’aise. Nous préférerions un Dieu impartial. Certes le salut est pour tous. Mais il ne nous advient pas hors de relations concrètes (52). Là où nos logiques mondaines construisent à partir des forts et rejettent ceux qui ne peuvent participer, la logique de Dieu part de l’exclu, de la «pierre rejetée» (Ps117,22) pour faire advenir son Royaume.
L’engagement envers les pauvres n’est donc pas seulement une conséquence de notre foi. Il est une épiphanie, «un acte quasi liturgique» (61) car «on ne peut séparer le culte de Dieu de l’attention aux pauvres» (40). «Dans cet appel à le reconnaître dans les pauvres et les souffrants, se révèle le cœur même du Christ» (3). «L’amour des pauvres (…) est la garantie évangélique d’une Église fidèle au cœur de Dieu» (103) et une communauté qui prétendrait «rester tranquille sans se préoccuper de manière créative» des pauvres est vouée à perdre sa vigueur évangélique (113).
Dilexi te rappelle la nécessité de s’engager pour les pauvres, de donner aux pauvres, en particulier à travers l’aumône (115-119). Mais il insiste pour que nous apprenions à agir avec eux. L’accélération des problèmes contemporains «n’a pas seulement été subie mais aussi affrontée et pensée par les pauvres» (82). Il faut insister sur ce terme: les pauvres ont une pensée. C’est-à-dire que ceux-ci peuvent être acteurs et pas seulement «objets de notre compassion» (79) ou de nos politiques, qu’ils peuvent nous aider à analyser les problèmes et surtout qu’ils sont porteurs de vraies solutions. Nous déplacer pour comprendre à partir d’eux est donc une nécessité car «la réalité se voit mieux à partir des marges et que les pauvres sont dotés d’une intelligence particulière, indispensable à l’Église et à l’humanité» (82). Apprendre de cette intelligence nous permet de mieux percevoir les logiques mondaines à l’œuvre dans la société, dans l’Église. C’est à partir de cette intelligence que Dilexi te dénonce une politique ou une économie dominée par une «minorité heureuse» (92) qui accaparent les richesses et imposent «des sacrifices au peuple pour atteindre certains objectifs qui concernent les puissants» (93).
En résumé, Dilexi te articule une théologie de la révélation qui jaillit de la miséricorde engagée auprès des plus pauvres, une ecclésiologie de la diaconie comme critère de vérité, et une éthique sociale qui joint la main tendue au combat pour la justice. Les derniers mots sont programmatiques d’une Église «qui ne met pas de limites à l’amour, qui ne connait pas d’ennemis à combattre mais seulement des hommes et des femmes à aimer» (120). Chaque personne précaire devrait pouvoir entendre pour elle: «Je t’ai aimé». Voilà la promesse et notre boussole pour suivre et «imiter le Christ pauvre, nu et méprisé» (64), pour construire une société et une Église où «personne ne doit plus se sentir abandonné» (21).
Fr. Frédéric-Marie Le Méhauté
[01299-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Taking Seriously the Love of Christ…from the last
The point of departure of Dilexi te is the love of God for a weak community, “exposed to violence and contempt” (1). The pope recalls that beyond definitions of poverty, “the poor are not so by chance nor by reason of a blind and bitter destiny” (14). There are “sinful structures that create extreme poverty and inequalities” (90-98). Our attention should go to these “weakest, most miserable and most suffering” persons (2) and in particular to women, sometimes “doubly poor” (12). It is not only a matter of combatting the structural causes of poverty, but also of concretely joining those who are often far from our attention, to live “with them and like them” (101).
We must be realistic: “We feel more at ease without the poor” (114). They upset our habits; they make us face human limits that we prefer to ignore. The pope invites us to change our gaze. The poor are not only a problem. They “are a family matter”; they are “ours” (104), “brothers and sisters to welcome” (56) because God himself chose them first. “It is to them that the word of hope and liberation of the Lord is first addressed” (21). This privileged choice of God can make us feel uneasy. We would prefer an impartial God. Certainly, salvation is for everyone. But it does not come to us outside of concrete relationships (52). Where our mundane logic constructs the world from the point of view of the strong and rejects those who cannot participate, the logic of God starts with the excluded with the “stone rejected” (Ps 117:22) to make his Kingdom come.
Engagement with the poor is, therefore, not only a consequence of our faith. It is an epiphany, “an almost liturgical act” (61) because “one cannot separate the worship of God from attention to the poor” (40). “In this appeal to recognize him in the poor and the suffering, is revealed the heart of Christ himself” (3). “The love of the poor (…) is the evangelical guarantee of a Church faithful to the heart of God” (103) and a community that tries “to stay tranquil without trying in a creative way to assist” the poor is destined to lose its evangelical vigor (113),
Dilexi te recalls the need to engage for the poor, to give to the poor, in particular through almsgiving (115-119). But it insists that we learn to act with them. The acceleration of contemporary problems “is not only to be endured but also confronted and analyzed by the poor” (82). This theme must be insisted on: the poor have a thought. That is, they can be actors and not only “objects of our compassion” (79) or of our politics, that they can help us analyze problems and especially that they are carriers of true solutions. Understanding this from their point of view is essential because “reality is better seen from the margins and [that] the poor are given a particular intelligence, indispensable to the Church and humanity” (82). Learning this permits us to better perceive the worldly logic at work in society, in the Church. It is from this understanding that Dilexi te denounces a politics and an economy dominated by a “happy minority” (92) that monopolizes riches and imposes “sacrifices on people to achieve certain objectives that concern the powerful” (93).
In summary, Dilexi te articulates a theology of revelation that gushes out mercy towards the most poor, an ecclesiology of service as a criterion of truth, and a social ethic that joins a hand stretched out to fight for justice. The last words are programmatic for a Church “that puts no limits on love, that knows no enemies to fight but only men and women to love” (120). Each person in difficulty should be able to hear individually “I have loved you.” This is the promise and our compass to follow and “imitating the poor Christ, naked and despised” (64) to construct a society and a Church where “no one should feel abandoned any more” (21).
Fr. Frédéric-Marie Le Méhauté
[01299-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua spagnola
Tomarse en serio al amor de Cristo... a partir de los últimos.
El punto de partida de Dilexi te es el profundo amor de Dios por una comunidad frágil, aquella que se encuentra “expuesta a la violencia y al desprecio” (1). El Papa recuerda que, más allá de las definiciones de pobreza, “los pobres no están ahí por casualidad ni por un destino ciego y amargo” (14). Son “las estructuras del pecado las que generan pobreza y desigualdades extremas” (90-98). Debemos dirigir nuestra atención hacia estas personas “más débiles, desdichadas y que más sufren” (2) y, en particular, hacia las mujeres, a veces “doblemente pobres” (12). No se trata solo de combatir las causas estructurales de la pobreza, sino también de acercarse concretamente a quienes a menudo están lejos de nuestra atención, para vivir “con ellos y como ellos” (101).
No podemos ignorar esta realidad: “Nos sentimos más cómodos sin los pobres” (114). Su presencia altera nuestras costumbres y nos enfrenta a límites humanos que preferimos ignorar. El Papa nos invita a cambiar de perspectiva. Los pobres no deben ser vistos solo como un problema. Son “una ‘cuestión de familia’; son ‘de los nuestros’” (104), “hermanos y hermanas a quienes acoger” (56) porque Dios mismo los elige en primer lugar. “Es a ellos a quienes se dirige en primer lugar la palabra de esperanza y liberación del Señor” (21). Esta opción preferencial de Dios puede incomodarnos. Preferiríamos un Dios imparcial. Sin embargo, si bien la salvación está destinada a todos, llega precisamente en el marco de relaciones concretas (52). Mientras que nuestra lógica mundana se construye a partir de los poderosos y excluye a quienes no pueden participar, la lógica de Dios parte de los excluidos, de la “piedra desechada” (Sal 117,22) para así realizar su Reino.
El compromiso con los pobres no es solo una consecuencia de nuestra fe, sino que es una epifanía, “un acto casi litúrgico” (61), dado que “no se puede separar el culto a Dios de la atención a los pobres” (40). “En esta llamada a reconocerlo en los pobres y en los que sufren se revela el corazón mismo de Cristo” (3). “El amor a los pobres (...) es la garantía evangélica de una Iglesia fiel al corazón de Dios” (103) y una comunidad que elija “permanecer tranquila sin preocuparse de manera creativa” por los pobres está destinada a perder su vigor evangélico (113).
Dilexi te nos recuerda la necesidad de comprometernos con los pobres, de donar a los pobres, en particular a través de la limosna (115-119). No obstante, resalta que es esencial aprender a actuar con ellos. La aceleración de los problemas contemporáneos “no solo ha sido sufrida, sino también afrontada y pensada por los pobres” (82). Este punto resulta vital: las personas en situación de pobreza poseen un pensamiento propio. En otras palabras, son sujetos activos y no simplemente “objetos de nuestra compasión” (79) o de nuestras políticas; pueden contribuir significativamente al análisis de problemas y, sobre todo, son portadores de soluciones reales. Es por eso que debemos ponernos en movimiento para comprenderles desde su perspectiva, ya que “la realidad se ve mejor desde los márgenes y los pobres están dotados de una inteligencia particular que es indispensable para la Iglesia y la humanidad” (82). Aprender de esta inteligencia nos permite percibir mejor las lógicas mundanas que operan en la sociedad y en la Iglesia. Partiendo de esta inteligencia, Dilexi te denuncia una política o una economía gobernadas por una “minoría feliz” (92), que acumula riquezas e impone “sacrificios al pueblo para alcanzar ciertos objetivos que conciernen a los poderosos” (93).
En síntesis, Dilexi te presenta una teología de la revelación que brota de la misericordia hacia los más pobres, de una eclesiología de la diaconía como criterio de verdad y de una ética social que vincula la solidaridad con la lucha por la justicia. Estas últimas palabras son programáticas de una Iglesia “que no pone límites al amor, que no conoce enemigos a los que combatir, sino solo hombres y mujeres a los que amar” (120). Toda persona en situación de pobreza debería poder escuchar: “Te he amado”. Esa es la promesa y nuestra brújula para seguir e “imitar a Cristo pobre, desnudo y despreciado” (64), con el propósito de construir una sociedad y una Iglesia en la que “nadie se sienta abandonado” (21).
Fr. Frédéric-Marie Le Méhauté
[01299-ES.01] [Texto original: Italiano]
Intervento di p.s. Clémence
Testo in lingua francese
Traduzione in lingua italiana
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua spagnola
Testo in lingua francese
Je voudrais tellement qu’en cette occasion soit assise à ma place Lacri, Pana ou une autre de ces femmes Roms venues de Roumanie avec qui nous avons partagé notre vie sur un terrain vague dans le sud de l’Italie pendant plusieurs années. Ces femmes qui comme nous le rappelle l’exhortation, de par leur situation d’exclusion, sont«doublement pauvres»mais en qui«nous trouvons […] les plus admirables gestes d’héroïsme quotidien dans la protection et dans le soin de la fragilité de leurs familles».[1]
Le souvenir d’Ancuza, entrant dans notre baraque, son sourire discret sur les lèvres et un grand pain encore chaud entre les mains, est encore vif en moi. Nous voyant, elle rompit le pain en deux et nous donna la moitié en nous disant«pour votre repas de ce soir».Témoins émerveillées de leur offrande, nous étions touchées par l’attention qu’ils nous portaient alors que nous savions les difficultés qu’ils avaient à gagner leur vie. Bien que pauvres matériellement, ils sont riches d’humanité!
Nombre d’entre eux n’ont pas étudié, mais possèdent en eux cette sagesse qui se forme à travers l’expérience de la précarité qui incite au partage et à la solidarité. Le Saint Père nous invite à reconnaître la«mystérieuse sagesse que Dieu veut nous communiquer à travers eux».[2]A leur exemple, redécouvrons la solidarité car, soucieux de préserver nos richesses, nous avons souvent vite fait de l’oublier.
«Je t’ai aimé»,cette phrase Luminiza l’a vécue de l’intérieur, expérimentée au plus profond de son cœur. Je nous vois encore assises sur le bord du lit dans sa baraque petite mais si soignée, et qui nous racontait:«j’étais cette brebis perdue, indisciplinée, et Lui, le Seigneur, il est venu me chercher, il m’a pris sur ses épaules, comme çaet il a fait route avec moi.»
Ce jour-là, j’ai admiré, mais aussi envié sa foi! Je pressentais clairement que sa relation avec le Seigneur était tellement plus simple, plus directe, plus concrète que la mienne. C’est pourquoi, je me retrouve tellement dans cette phrase de Dilexi te:«C’est une expérience surprenante […] et qui devient un véritable tournant dans notre vie personnelle, quand nous nous rendons compte que ce sont précisément les pauvres qui nous évangélisent.»[3]
Je ne peux pas passer sous silence ce moment de juin 2014 où un incendie involontaire a brûlé la moitié des baraques du terrain. Le peu que nous avions, tout comme une soixantaine d’autres familles, a été entièrement brûlé en quelques minutes. Plus de toit, plus de logement, plus de vêtements, plus de lieu où cuisiner… Tout était à recommencer. Et pourtant, ce jour-là, je n’ai entendu aucune lamentation parmi nos amis et voisins, seulement une litanie de louange:«grâce à Dieu, nous sommes tous vivants!», «Dieu nous a accompagné jusque-là, il ne nous abandonnera pas», «Demain, nous repartirons avec l’aide de Dieu».C’est à travers eux que j’ai découvert cette capacité à se centrer sur l’essentiel: la vie, le moment présent, dans l’abandon confiant à la Providence.En cela, ils ont et continuent à être mes «maîtres spirituels».[4]
Merci au Pape Léon pour le message qui nous est offert aujourd’hui, cet appel à«une Eglise pauvre et pour les pauvres»[5],mais surtout «avec les pauvres»[6]. Cette exhortation apostolique m’a permis de revisiter toutes ces années vécues parmi nos amis Roms et de découvrir combien ce que nous avons vécu ensemble était pour moi de l’ordre du sacrement, comme il est souligné dans le texte:«le pauvre n’est pas seulement une personne à aider, mais la présence sacramentelle du Seigneur».[7]
Ensemble,avec eux, comme nous y invite le Saint Père, mettons-nous au travail pour faire advenir cette«nouvelle civilisation où les pauvres [ne sont pas] des problèmes à résoudre, mais des frères et sœurs à accueillir» [8]car tous nous avons été aimés.
_________________
[1]Dilexi te P.4 (n°12) citation reprise de la Lett. enc.Fratelli tutti(3 octobre 2020), 23:AAS112 (2020), 977.
[2]Dilexi te p. 37 (n°102) citation de …
[3]Dilexi te p. 41 (n°109)
[4]Dilexi te p. 22 (n°63)
[5]Dilexit te p. 13 (n°35)
[6]Dilexit te p. 39 (n°103)
[7]Dilexi te p. 16 (n°44)
[8] Dilexi te p. 19 (n°56)
[01300-FR.01] [Texto original: Francese]
Traduzione in lingua italiana
Vorrei tanto che in questa occasione al mio posto sedessero Lacri, Pana o un'altra delle donne rom giunte dalla Romania, con le quali abbiamo condiviso la vita per diversi anni in un terreno abbandonato nel sud Italia. Si tratta di donne che, come ci ricorda l'Esortazione, sono "doppiamente povere" a causa della loro situazione di esclusione, ma nelle quali "troviamo [...] i gesti più ammirevoli di eroismo quotidiano nella protezione e nella cura della fragilità delle loro famiglie"[1].
Il ricordo di Ancuza, che entrava nella nostra baracca con un sorriso discreto sulle labbra e una pagnotta ancora calda tra le mani, è ancora vivo nella mia mente. Nel vederci, spezzò il pane in due e ce ne diede la metà, dicendo: "per la vostra cena di stasera". Assistendo con stupore alla loro offerta, ci siamo commossi per l'attenzione che ci hanno dimostrato, ben conoscendo le difficoltà che incontravano nel guadagnarsi da vivere. Pur essendo poveri materialmente, essi sono ricchi di umanità!
Molti di loro non hanno studiato, ma possiedono quella saggezza che si forma dall'esperienza della precarietà, che incoraggia alla condivisione e alla solidarietà. Il Santo Padre ci invita a riconoscere la "misteriosa saggezza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro"[2]. Seguendo il loro esempio, noi riscopriamo la solidarietà dato che, nell’ansia di preservare le nostre ricchezze, spesso ce ne dimentichiamo in fretta.
"Io ti ho amato", Luminiza ha vissuto questa frase dal di dentro, l'ha sperimentata nel profondo del suo cuore. Riesco ancora a vederci sedute sul bordo del letto nella sua baracca, piccola ma curata, mentre ci diceva: "Ero una pecorella smarrita e ribelle, e Lui, il Signore, è venuto a cercarmi, mi ha preso sulle Sue spalle, così, e ha camminato con me".
Quel giorno ho ammirato, ma ho anche invidiato la sua fede! Sentivo chiaramente che il suo rapporto con il Signore era molto più semplice, più diretto e più concreto del mio. Per questo mi ritrovo così tanto in questa frase diDilexi te: “È un'esperienza sorprendente […] e che diventa una vera svolta nella nostra vita personale, quando ci rendiamo conto che sono proprio i poveri a evangelizzarci”[3].
Non posso ignorare quel momento del giugno 2014, quando un incendio accidentale distrusse metà delle baracche del terreno. Quel poco che avevamo, come circa altre sessanta famiglie, bruciò completamente in pochi minuti. Senza più un tetto, senza più un riparo, senza più vestiti, senza più un posto dove cucinare... Bisognava ricominciare tutto da capo. Eppure, quel giorno, non sentii alcun lamento dai nostri amici e vicini, solo una litania di lode: "Grazie a Dio, siamo tutti vivi!", "Dio ci ha accompagnati fin qui, non ci abbandonerà", "Domani ricominceremo con l'aiuto di Dio". È stato attraverso di loro che ho scoperto questa capacità di concentrarsi sulle cose essenziali: la vita e il momento presente, nell'abbandono fiducioso nella Provvidenza. In questo, essi sono stati e continuano ad essere i miei "maestri spirituali"[4].
Dico grazie a Papa Leone per il messaggio che ci viene offerto oggi, questo appello a “una Chiesa povera e per i poveri”[5], ma soprattutto “con i poveri”. La presente Esortazione Apostolica mi ha permesso di rivisitare tutti questi anni vissuti tra i nostri amici Rom e di scoprire quanto ciò che abbiamo vissuto insieme fosse per me di ordine sacramentale, come sottolinea il testo: “il povero non è solo una persona da aiutare, ma la presenza sacramentale del Signore”[6].
Insieme,con loro, come ci invita il Santo Padre, mettiamoci all’opera per realizzare questa “nuova civiltà in cui i poveri [non siano] problemi da risolvere, ma fratelli e sorelle da accogliere”[7], perché tutti siamo stati amati.
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[1]Dilexi te P.4 (n°12) citazione ripresa dalla Lett. enc.Fratelli tutti(3 ottobre 2020), 23:AAS112 (2020), 977.
[2]Dilexi te p. 37 (n°102) citazione di …
[3]Dilexi te p. 41 (n°109)
[4]Dilexi te p. 22 (n°63)
[5]Dilexit te p. 13 (n°35)
[6]Dilexi te p. 16 (n°44)
[7] Dilexi te p. 19 (n°56)
[01300-IT.01] [Texto original: Francese]
Traduzione in lingua inglese
I would prefer that on this occasion Lacri, Pana or another of the Roma women with whom we shared our life on an empty field in the south of Italy for several years would be seated in my place. These women who as we recalling in the Exhortation, due to their situation of exclusion, are “doubly poor” but in whom “we find […] the most admirable gestures of daily heroism in the protection and in the care of the fragility of their families.” (1)The memory of Ancuza, entering into our hut, her discreet smile on her lips and a big piece of bread that was still warm in her hands, is still alive in me. Seeing us, she broke the bread in two and gave us half,saying to us “for your meal this evening.” Astonished witnesses of their offering, we were touched by the attention that they gave us when we knew of the difficulties they had earning their living. Even though materially poor, they are rich in humanity!
Many of them have not studied, but they possess inside them this wisdom that is formed through the experience of fragility that leads to sharing and solidarity. The Holy Father invites us to recognize the “mysterious wisdom that God wants to communicate to us through them.” (2) By their example, we rediscover solidarity because, careful to reserve our riches, we have often tend to forget it.
“I have loved you”: Luminiza has lived this phrase on the inside, experienced at the deepest part of her heart. I see us still seated on the side of the bed in the small but clean hut, and that she told us: “I was the lost sheep, undisciplined, and He, the Lord, he came to find me, he took me on his shoulders, like that and he traveled with me.” That day, I admired, but I also envied her faith! I saw clearly that her relationship with the Lord was much simpler, more direct, more concrete than mine. That is why I see my elf in this phrase ofDilexi te: “It is a surprising experience […] and becomes a veritable turning point in our personal life, when we realize that it is precisely the poor who evangelize us.” (3)
I cannot pass over in silence the moment in June 2014 when an accidental fire burned half the huts of the field. The little that we had, along with about sixty other families, was entirely consumed in several minutes. No more shelter, no more housing, clothes, or places to prepare food…Everything had to start anew. And yet, on that day, I never heard a single complaint among our friends and neighbors, only a litany of praise: “thanks to God, we are all alive!”, “God has accompanied us this far, he will not abandon us,Tomorrow, we will set out again with the help of God.” It is through them that I discovered this capacity to center myself on the essential: life, the present moment, with confident abandonment to Providence. In this, they continue to be my “spiritual teachers.” (4)
Thanks be to Pope Leo for the message that he has offered us today, this call to be “a Church that is poor and for the poor,”(5) but especially “with the poor.” (6) This apostolic exhortation allowed me to revisit all those years lived among my Roma friends and to discover how what we had lived together was for me on the order of a sacrament, as is emphasized in the text: “the poor person is not only someone to help, but the sacramental presence of the Lord.” (7)
Togetherwith them, as the Holy Father invites us, let us set about to bring about this “new civilization where the poor [are not] problems to resolve, but brothers and sisters to welcome” (8) because we have all been loved.
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1.Dilexi te. P, 4 (n. 12) Citation of the Lett.Apos:Fratelli tutti(3 Octobe 2020), 23:AAS112 (2020, 977
2.Dilexi teP. 37( n. 102)
3.Dilexi teP. 41 (n. 109)
4.Dilexi teP. 22 (n. 63)
5.Dilexi teP. 13 (n. 35)
6.Dilexi teP. 39 (n. 103)
7.Dilexi teP.16 (n. 44)
8.Dilexi teP. 19 (n. 56)
[01300-EN.01] [Texto original: Francese]
Traduzione in lingua spagnola
Me gustaría mucho que en esta ocasión estuvieran sentadas en mi lugar Lacri, Pana u otra de las mujeres romaníes, procedentes de Rumanía. Con ellas compartimos nuestra vida durante varios años en un terreno abandonado en el sur de Italia. Se trata de mujeres que, como nos recuerda la Exhortación, son “doblemente pobres” debido a su situación de exclusión, pero en las que “encontramos [...] los gestos más admirables de heroísmo cotidiano en la protección y el cuidado de la fragilidad de sus familias”[1].
Aún sigue vivo en mi memoria el recuerdo de Ancuza entrando en nuestra chabola con una discreta sonrisa en los labios y un panecillo aún caliente en las manos. Al vernos, partió el pan en dos y nos dio la mitad diciéndonos: “Para la cena de esta noche”. Al presenciar su ofrenda, nos invadió una profunda emoción por la atención que nos prestaban, siendo conscientes de las dificultades a las que se enfrentaban para ganarse la vida. Aunque son pobres materialmente, ¡son ricos en humanidad!
Muchos de ellos no han estudiado, sin embargo, poseen esa sabiduría que se forja a través de la experiencia de la precariedad y que fomenta la solidaridad y el compartir. El Santo Padre nos invita a reconocer la “misteriosa sabiduría que Dios quiere comunicarnos a través de ellos”[2]. Siguiendo su ejemplo, redescubrimos la solidaridad, que a menudo olvidamos rápidamente en nuestro afán por preservar nuestras riquezas.
“Yo te he amado”, es una frase que Luminiza vivió desde dentro, experimentándola en lo más profundo de su corazón. Todavía puedo verla sentada en el borde de la cama de su pequeña pero cuidada chabola, mientras nos decía: “Yo era como una oveja perdida y rebelde, y Él, el Señor, vino a buscarme, me tomó sobre sus hombros, así, y caminó conmigo”.
¡Ese día admiré, pero también envidié, su fe! Sentía claramente que su relación con el Señor era mucho más sencilla, más directa y más concreta que la mía. Por eso, me identifico tanto con esta frase deDilexi te: “Es una experiencia sorprendente […] y que se convierte en un verdadero punto de inflexión en nuestra vida personal, cuando nos damos cuenta de que son precisamente los pobres quienes nos evangelizan”[3].
Nunca podré olvidar aquel momento del mes de junio de 2014 en el que un incendio accidental destruyó la mitad de las chabolas del terreno. Lo poco que teníamos se quemó por completo en pocos minutos, al igual que le ocurrió a otras sesenta familias. Nos quedamos sin un techo, sin un refugio, sin ropa, sin un lugar donde cocinar... Había que empezar de nuevo. Sin embargo, ese día no escuché ninguna queja entre nuestros amigos y vecinos, solo una letanía de alabanzas: “¡Gracias a Dios, todos estamos vivos!”, “Dios nos ha acompañado hasta aquí, no nos abandonará”, “Mañana volveremos a empezar con la ayuda de Dios”. A través de ellos descubrí esta capacidad de centrarse en lo esencial: la vida, el momento presente y la confianza en la Providencia. En esto, ellos han sido y siguen siendo mis “maestros espirituales”[4].
Doy las gracias al Papa León por el mensaje que nos ha hecho llegar hoy, en el que nos exhorta a “una Iglesia pobre y para los pobres”[5],pero, sobre todo, “con los pobres”[6]. Esta Exhortación Apostólica me ha dado la oportunidad de reflexionar sobre los años que viví entre nuestros amigos romaníes y de descubrir cuánto de lo que hemos vivido juntos ha sido para mí un sacramento, tal y como se destaca en el texto: “el pobre no es solo una persona a la que hay que ayudar, sino la presencia sacramental del Señor”[7].
Juntos,con ellos, como nos invita el Santo Padre, pongámonos manos a la obra para construir esta “nueva civilización en la que los pobres [no sean] problemas que resolver, sino hermanos y hermanas que acoger”[8]porque todos hemos sido amados.
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[1]Dilexi te P.4 (n°12) cita tomada de la carta enc. Fratelli tutti (3 de octubre de 2020),, 23:AAS112 (2020), 977.
[2]Dilexi te p. 37 (n°102) cita tomada de …
[3]Dilexi te p. 41 (n°109)
[4]Dilexi te p. 22 (n°63)
[5]Dilexit te p. 13 (n°35)
[6]Dilexit te p. 39 (n°103)
[7]Dilexi te p. 16 (n°44)
[8] Dilexi te p. 19 (n°56)
[01300-ES.01] [Texto original: Francese]
[B0729-XX.01]