Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Visita del Santo Padre Leone XIV alla Basilica di San Paolo fuori le Mura, 20.05.2025


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Questo pomeriggio il Santo Padre Leone XIV si è recato nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per venerare il “Trofeo” dell’Apostolo Paolo.

Al Suo arrivo, il Santo Padre è stato accolto dal Padre Abate e dall’Arciprete della Basilica. Poi in processione, insieme ai monaci benedettini, è entrato in Basilica dalla Porta Santa e si è avviato verso l’abside. Arrivato alla Confessione, Papa Leone XIV è sceso per venerare il sepolcro di San Paolo. Quindi il Santo Padre si è rivolto ai presenti per introdurre la lettura di un brano della Lettera di San Paolo Apostolo ai Romani. Poi, dopo un breve momento di silenzio, si è recato all’altare per venerare il Trofeo dell’Apostolo.

Al termine, dopo la benedizione apostolica, il Papa si è congedato per rientrare in Vaticano.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre ha pronunciato nel corso della celebrazione:

Omelia del Santo Padre

 

Il brano biblico che abbiamo ascoltato è l'inizio di una bellissima lettera indirizzata da San Paolo ai cristiani di Roma, il cui messaggio ruota attorno a tre grandi temi: la grazia, la fede e la giustizia. Mentre affidiamo all'intercessione dell'Apostolo delle genti l'inizio di questo nuovo Pontificato, riflettiamo insieme sul suo messaggio.

San Paolo dice prima di tutto di aver avuto da Dio la grazia della chiamata (cfr Rm 1,5). Riconosce, cioè, che il suo incontro con Cristo e il suo ministero sono legati all'amore con cui Dio lo ha preceduto, chiamandolo ad un'esistenza nuova mentre era ancora lontano dal Vangelo e perseguitava la Chiesa. Sant’Agostino – anche lui un convertito – parla della stessa esperienza dicendo: «Cosa potremo noi scegliere, se prima non siamo stati scelti noi stessi? In effetti, se non siamo stati prima amati, non possiamo nemmeno amare» (Discorso 34, 2). Alla radice di ogni vocazione c’è Dio: la sua misericordia, la sua bontà, generosa come quella di una madre (cfr Is 66,12-14), che naturalmente, attraverso il suo stesso corpo, nutre il suo bambino quando è ancora incapace di alimentarsi da solo (cfr S. Agostino, Esp. sul Salmo 130, 9).

Paolo, però, nello stesso brano, parla anche di «obbedienza della fede» (Rm 1,5), e pure qui condivide ciò che ha vissuto. Il Signore, infatti, apparendogli sulla via di Damasco (cfr At 9,1-30), non lo ha privato della sua libertà, ma gli ha lasciato la possibilità di una scelta, di una obbedienza frutto di fatica, di lotte interiori ed esteriori, che lui ha accettato di affrontare. La salvezza non viene per incanto, ma per un mistero di grazia e di fede, di amore preveniente di Dio, e di adesione fiduciosa e libera da parte dell’uomo (cfr 2Tm 1,12).

Mentre allora ringraziamo il Signore per la chiamata con cui ha trasformato la vita di Saulo, gli chiediamo di saper anche noi rispondere ai suoi inviti allo stesso modo, facendoci testimoni dell’amore «riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Gli chiediamo di saper coltivare e diffondere la sua carità, facendoci prossimi gli uni per gli altri (cfr Francesco, Omelia dei II Vespri nella Solennità della Conversione di San Paolo, 25 gennaio 2024), nella stessa gara di affetti che, dall’incontro con Cristo, ha spinto l'antico persecutore a farsi “tutto a tutti” (cfr 1Cor 9,19-23), fino al martirio. Così, per noi come per lui, nella debolezza della carne si rivelerà la potenza della fede in Dio che giustifica (cfr Rm 5,1-5).

Questa Basilica da secoli è affidata alla cura di una Comunità benedettina. Come non ricordare, allora, parlando dell’amore come fonte e motore dell'annuncio del Vangelo, gli insistenti appelli di San Benedetto, nella sua Regola, alla carità fraterna nel cenobio e all'ospitalità verso tutti (Regola, capp. LIII; LXIII)?

Ma vorrei concludere richiamando le parole che, più di mille anni dopo, un altro Benedetto, Papa Benedetto XVI, rivolgeva ai giovani: «Cari amici – diceva – Dio ci ama. Questa è la grande verità della nostra vita e che dà senso a tutto il resto […]. All’origine della nostra esistenza c’è un progetto d’amore di Dio», e la fede ci porta ad «aprire il nostro cuore a questo mistero di amore e a vivere come persone che si riconoscono amate da Dio» (Omelia nella Veglia di preghiera con i giovani, Madrid, 20 agosto 2011).

È qui la radice, semplice e unica, di ogni missione, anche della mia, come successore di Pietro ed erede dello zelo apostolico di Paolo. Mi dia il Signore la grazia di rispondere fedelmente alla sua chiamata.

 

[00567-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Le passage biblique que nous avons entendu est le début d’une très belle lettre adressée par saint Paul aux chrétiens de Rome, dont le message s'articule autour de trois grands thèmes : la grâce, la foi et la justice. Alors que nous confions à l'intercession de l'Apôtre des nations le début de ce nouveau pontificat, réfléchissons ensemble à son message.

Saint Paul dit tout d'abord qu'il a reçu de Dieu la grâce de l'appel (cf. Rm 1, 5). Il reconnaît, en effet, que sa rencontre avec le Christ et son ministère sont liés à l'amour par lequel Dieu l'a précédé, l'appelant à une nouvelle existence alors qu'il était encore loin de l'Évangile et qu'il persécutait l'Église. Saint Augustin, lui aussi converti, parle de la même expérience en disant : « Que pouvons-nous choisir, si nous n'avons pas d'abord été choisis ? En effet, si nous n'avons pas d'abord été aimés, nous ne pouvons même pas aimer » (Discours 34, 2). À la racine de toute vocation, il y a Dieu : sa miséricorde, sa bonté généreuse comme celle d'une mère (cf. Is 66, 12-14) qui, naturellement, nourrit son enfant à travers son propre corps lorsqu'il est encore incapable de se nourrir seul (cf. S. Augustin, Commentaire du Ps 130, 9).

Paul, cependant, dans le même passage, parle aussi d'« obéissance de la foi » (Rm 1, 5), et là aussi, il partage ce qu'il a vécu. En effet, le Seigneur, en lui apparaissant sur le chemin de Damas (cf. Ac 9, 1-30), ne l'a pas privé de sa liberté, mais lui a laissé la possibilité d'un choix, d'une obéissance fruit d'efforts, de luttes intérieures et extérieures, qu'il a accepté d'affronter. Le salut ne vient pas par enchantement, mais par un mystère de grâce et de foi, d'amour prévenant de Dieu et d'adhésion confiante et libre de la part de l'homme (cf. 2 Tm 1, 12).

Alors que nous rendons grâce au Seigneur pour l'appel qui a transformé la vie de Saul, nous lui demandons de nous rendre capables de répondre de la même manière à ses invitations, en devenant témoins de l'amour « répandu dans nos cœurs par le Saint-Esprit qui nous a été donné » (Rm 5, 5). Nous lui demandons de savoir cultiver et diffuser sa charité, en nous rendant proches les uns des autres (cf. François, Homélie des 2nd Vêpres de la solennité de la Conversion de saint Paul, 25 janvier 2024), dans la même course à l'amour qui, depuis sa rencontre avec le Christ, a poussé l'ancien persécuteur à se faire « tout à tous » (cf. 1 Co 9, 19-23) jusqu'au martyre. Ainsi, pour nous comme pour lui, dans la faiblesse de la chair se révélera la puissance de la foi en Dieu qui justifie (cf. Rm 5, 1-5).

Depuis des siècles, cette basilique est confiée aux soins d'une communauté bénédictine. Comment ne pas rappeler, alors, en parlant de l'amour comme source et moteur de l'annonce de l'Évangile, les appels insistants de saint Benoît, dans sa Règle, à la charité fraternelle dans le monastère et à l'hospitalité envers tous (Règle, chap. LIII ; LXIII)?

Mais je voudrais conclure en rappelant les paroles que, plus de mille ans après, un autre Benoît, le pape Benoît XVI, adressait aux jeunes : « Chers amis, disait-il, Dieu nous aime. C'est la grande vérité de notre vie et celle qui donne tout son sens au reste [...]. À l'origine de notre existence, il y a un projet d'amour de Dieu », et la foi nous conduit à «ouvrir notre cœur à ce mystère d'amour et à vivre comme des personnes qui se reconnaissent aimées de Dieu » (Homélie lors de la veillée de prière avec les jeunes, Madrid, 20 août 2011).

C'est là que réside la racine, simple et unique, de toute mission, y compris la mienne, en tant que successeur de Pierre et héritier du zèle apostolique de Paul. Que le Seigneur me donne la grâce de répondre fidèlement à son appel.

[00567-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

The passage of Scripture that we have just heard is the opening of a beautiful letter written by Saint Paul to the Christians of Rome. Its message revolves around three great themes: grace, faith and justification. As we entrust the beginning of this new Pontificate to the intercession of the Apostle of the Gentiles, let us reflect together on that message.

Saint Paul starts by saying that he received from God the grace of his vocation (cf. Rom 1:5). He acknowledges, in other words, that his encounter with Christ and his own ministry were the fruit of God’s prior love, which called him to a new life while he was still far from the Gospel and persecuting the Church. Saint Augustine, who was also a convert, spoke of the same experience in these words: “How can we choose, unless we have first been chosen? We cannot love, unless someone has loved us first” (Serm. 34, 2). At the root of every vocation, God is present, in his mercy and his goodness, as generous as that of a mother (cf. Is 66:11-13) who nourishes her child with her own body for as long as the child is unable to feed itself (cf. SAINT AUGUSTINE, Enn. in Ps. 130, 9).

In the same passage, Paul also speaks of “the obedience of faith” (Rom 1:5), and here too he shares his own experience. When the Lord appeared to him on the road to Damascus (cf. Acts 9:1-30), he did not take away his freedom, but gave him the opportunity to make a decision, to choose an obedience that would prove costly and entail interior and exterior struggles, which Paul proved willing to face. Salvation does not come about by magic, but by a mysterious interplay of grace and faith, of God’s prevenient love and of our trusting and free acceptance (cf. 2 Tim 1:12).

As we thank the Lord for the calling that changed Saul’s life, let us ask him to enable us to respond in the same way to his grace, and to become, ourselves, witnesses of the love “poured into our hearts through the Holy Spirit who has been given to us” (Rom 5:5). Let us ask the Lord for the grace to cultivate and spread his charity, and to become true neighbours to one another (cf. FRANCIS, Homily at Second Vespers of the Solemnity of the Conversion of Saint Paul, 25 January 2024). Let us compete in showing the love that, following his encounter with Christ, drove the former persecutor to become “all things to all people” (cf. 1 Cor 9:19-23), even to the point of martyrdom. In this way, for us as for Paul, the weakness of the flesh will show the power of faith in God that brings justification (cf. Rom 5:1-5).

For centuries, this Basilica has been entrusted to the care of a Benedictine community. How can we fail to mention, then, as we speak of love as the source and driving force of the preaching of the Gospel, the insistent appeals of Saint Benedict, in his Rule, to fraternal charity in the monastery and hospitality towards all (Rule, cc. LIII; LXIII).

I would like to conclude, though, by recalling the words that, more than a thousand years later, another Benedict, Pope Benedict XVI, addressed to young people: “Dear friends,” he said, “God loves us. This is the great truth of our life; it is what makes everything else meaningful.” Indeed, “our life originates as part of a loving plan of God,” and faith leads us to “open our hearts to this mystery of love and to live as men and women conscious of being loved by God” (Homily at the Prayer Vigil with Young People, Madrid, 20 August 2011).

Here we see, in all its simplicity and uniqueness, the basis of every mission, including my own mission as the Successor of Peter and the heir to Paul’s apostolic zeal. May the Lord grant me the grace to respond faithfully to his call.

[00567-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Der Abschnitt aus der Heiligen Schrift, den wir gehört haben, ist der Anfang eines wunderbaren Briefes des heiligen Paulus an die Christen in Rom, dessen Botschaft drei bedeutende Themen umfasst: die Gnade, den Glauben und die Gerechtigkeit. Vertrauen wir den Beginn dieses neuen Pontifikats der Fürsprache des Völkerapostels an und denken wir gemeinsam über seine Botschaft nach.

Der heilige Paulus sagt zuallererst, dass er die Gnade der Berufung von Gott erhalten habe (vgl. Röm 1,5). Er erkennt also, dass seine Begegnung mit Christus und sein Dienst mit jener Liebe verbunden sind, mit der Gott ihm zuvorgekommen ist und ihn zu einem neuen Leben berufen hat, als er vom Evangelium noch weit entfernt war und die Kirche verfolgte. Der heilige Augustinus – ebenfalls ein Konvertit – spricht von derselben Erfahrung, wenn er sagt: »Was werden wir wählen können, wenn wir nicht zuvor selbst erwählt worden sind? Denn wenn wir nicht zuvor geliebt worden sind, können wir noch nicht einmal lieben« (Sermo 34, 2). Am Ursprung jeder Berufung steht Gott: Seine Barmherzigkeit und seine Güte sind so großherzig wie die einer Mutter (vgl. Jes 66,12-14), die ihr Kind auf natürliche Weise durch ihren eigenen Leib nährt, solange es noch nicht in der Lage ist, sich selbst zu ernähren (vgl. Hl. Augustinus, Enarr. in Ps. 130, 9).

Paulus spricht jedoch im selben Abschnitt auch vom »Glaubensgehorsam« (Röm 1,5) und teilt wiederum die Erfahrungen, die er gemacht hat. Als der Herr ihm auf dem Weg nach Damaskus erschienen ist (vgl. Apg 9,1-30), hat er ihm nämlich nicht seine Freiheit genommen, sondern die Möglichkeit einer Wahl gelassen, eines Gehorsams als Ergebnis von Anstrengung, inneren und äußeren Kämpfen, denen er sich zu stellen bereit war. Die Erlösung ereignet nicht wie von Zauberhand, sondern durch ein Geheimnis der Gnade und des Glaubens, der zuvorkommenden Liebe Gottes sowie der vertrauensvollen und freien Zustimmung des Menschen (vgl. 2 Tim 1,12).

Während wir also dem Herrn für die Berufung danken, durch die er das Leben des Saulus verwandelt hat, bitten wir ihn darum, dass wir auf dieselbe Weise auf seine Einladungen antworten können, indem wir Zeugen jener Liebe werden, die »ausgegossen [ist] in unsere Herzen durch den Heiligen Geist, der uns gegeben ist« (Röm 5,5). Wir bitten ihn, dass wir fähig werden, seine Liebe zu pflegen und weiterzugeben, indem wir einander zu Nächsten werden (vgl. Franziskus, Homilie bei der zweiten Vesper am Hochfest der Bekehrung des Apostels Paulus, 25. Januar 2024) und zwar in demselben Eifer an Liebe, der den einstigen Verfolger seit der Begegnung mit Christus dazu gedrängt hat, „allen alles zu werden“ – bis zum Martyrium (vgl. 1 Kor 9,19-23). So wird sich für uns wie für ihn in der Schwäche des Fleisches die Kraft des Glaubens an Gott offenbaren, der gerecht macht (vgl. Röm 5,1-5).

Diese Basilika ist seit Jahrhunderten der Obhut einer Benediktinergemeinschaft anvertraut. Wie könnte man da, wenn von der Liebe als Quelle und Triebkraft der Verkündigung des Evangeliums die Rede ist (vgl. Regel, Kap. LIII; LXIII), die eindringlichen Worte des heiligen Benedikt vergessen, mit denen er in seiner Regel an die brüderliche Liebe im Kloster und an die Gastfreundschaft gegenüber allen Menschen appelliert?

Schließen möchte ich jedoch mit den Worten, die mehr als tausend Jahre später ein anderer Benedikt, Papst Benedikt XVI., an die Jugendlichen richtete: »Liebe Freunde«, sagte er, »Gott liebt uns. Das ist die große Wahrheit unseres Lebens, die allem anderen Sinn gibt. […] am Anfang unserer Existenz gibt es einen Liebesplan Gottes«, und der Glaube ist es, der »uns diesem Geheimnis der Liebe unser Herz öffnen lässt und als Menschen leben lässt, die sich von Gott geliebt wissen« (Homilie bei der Gebetsvigil mit den Jugendlichen, Madrid, 20. August 2011).

Dies ist die schlichte und einzige Wurzel jeder Sendung, auch der meinen als Nachfolger Petri und Erbe des apostolischen Eifers des Paulus. Der Herr schenke mir die Gnade, seinem Ruf treu zu folgen.

[00567-DE.01] [Original sprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

La lectura bíblica que hemos escuchado es el comienzo de la bellísima carta que san Pablo dirige a los cristianos de Roma, cuyo mensaje gira en torno a tres grandes temas: la gracia, la fe y la justicia. Mientras encomendamos el inicio de este nuevo pontificado a la intercesión del Apóstol de las gentes, reflexionemos juntos sobre su mensaje.

En primer lugar, san Pablo afirma haber recibido de Dios la gracia de la llamada (cf. Rm 1,5). Es decir, reconoce que su encuentro con Cristo y su ministerio están vinculados al amor con el que Dios lo ha precedido, llamándolo a una vida nueva mientras aún estaba lejos del Evangelio y perseguía a la Iglesia. San Agustín —también él un convertido— habla de la misma experiencia diciendo: «¿Qué vamos a elegir, a no ser que antes seamos elegidos nosotros? De hecho, no amamos si antes no somos amados» (Sermón 34,1.2). En la raíz de toda vocación está Dios, su misericordia, su bondad, generosa como la de una madre (cf. Is 66,12-14), que naturalmente, a través de su mismo cuerpo, nutre a su niño cuando todavía es incapaz de alimentarse por sí solo (cf. S. Agustín, Comentario al salmo 130,9).

Pero Pablo, en el mismo versículo, habla también de «la obediencia de la fe» (Rm 1,5), y además en él comparte lo que ha vivido. El Señor, en efecto, apareciéndosele en el camino de Damasco (cf. Hch 9,1-30), no le quito su libertad, sino que dio la posibilidad de decidir, de obedecer como fruto de un esfuerzo, de luchas interiores y exteriores, que él aceptó afrontar. La salvación no aparece por encanto, sino por un misterio de gracia y de fe, del amor de Dios que nos precede, y de la adhesión confiada y libre por parte del hombre (cf. 2 Tm 1,12).

Mientras agradecemos al Señor la llamada con la que transformó la vida de Saulo, le pedimos que también nosotros sepamos responder del mismo modo a sus invitaciones, haciéndonos testigos del amor que «ha sido derramado en nuestros corazones por el Espíritu Santo, que nos ha sido dado» (Rm 5,5). Le pedimos que sepamos cultivar y difundir su caridad, haciéndonos prójimos los unos de los otros (cf. Francisco, Homilía de las II Vísperas de la Solemnidad de la Conversión de san Pablo, 25 enero 2024), en la misma carrera de afectos que, desde el encuentro con Cristo, impulsó al antiguo perseguidor a hacerse «todo para todos» (1 Co 9,22), hasta el martirio. De ese modo, para nosotros como para él, en la debilidad de la carne se revela la potencia de la fe en Dios que justifica (cf. Rm 5,1-5).

Esta basílica desde hace siglos está encomendada al cuidado de una comunidad benedictina. ¿Cómo no recordar, entonces, hablando del amor como fuente y motor del anuncio del Evangelio, las insistentes exhortaciones de san Benito, en su regla, a la caridad fraterna en el cenobio y a la hospitalidad para con todos (cf. Regla, cap. LIII, LXIII)?

Quisiera concluir evocando las palabras que, más de mil años después, otro Benedicto, el Papa Benedicto XVI, dirigía a los jóvenes: «Queridos amigos —decía—, Dios nos ama. Ésta es la gran verdad de nuestra vida y que da sentido a todo lo demás. […] En el origen de nuestra existencia hay un proyecto de amor de Dios», y la fe nos lleva a «abrir nuestro corazón a este misterio de amor y a vivir como personas que se saben amadas por Dios» (Homilía en la Vigilia de oración con los jóvenes, Madrid, 20 agosto 2011).

Aquí está la raíz, simple y única, de toda misión, incluso de la mía, como sucesor de Pedro y heredero del celo apostólico de Pablo. Que el Señor me conceda la gracia de responder fielmente a su llamada.

[00567-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

A passagem bíblica que ouvimos é o início de uma linda carta dirigida por São Paulo aos cristãos de Roma, cuja mensagem gira em torno de três grandes temas: a graça, a fé e a justiça. Ao confiarmos o início deste novo Pontificado à intercessão do Apóstolo dos Gentios, meditemos juntos sobre a sua mensagem.

São Paulo diz, primeiramente, que recebeu de Deus a graça da vocação (cf. Rm 1, 5). Ou seja, reconhece que o seu encontro com Cristo e o seu ministério estão ligados ao amor com que Deus o amou primeiro, chamando-o a uma nova existência, quando ele ainda estava longe do Evangelho e perseguia a Igreja. Santo Agostinho - também ele convertido - fala da mesma experiência, dizendo: «Mas o que podemos escolher, se antes não formos escolhidos? Porque não conseguiremos amar, se antes não formos amados» (Sermão 34, 2). Na raiz de toda a vocação está Deus: a sua misericórdia, a sua bondade, generosa como a de uma mãe (cf. Is 66, 12-14), que naturalmente, através do seu próprio corpo, alimenta o seu filho quando este ainda não é capaz de se alimentar a si mesmo (cf. Santo Agostinho, Comentário aos Salmos, 130, 9).

Mas Paulo, no mesmo trecho, fala também da «obediência da fé» (Rm 1, 5), e também aqui partilha a sua experiência. Com efeito, o Senhor, ao aparecer-lhe no caminho de Damasco (cf. Act 9, 1-30), não o privou da liberdade, mas deixou-lhe a possibilidade de uma escolha, de uma obediência que era fruto do esforço, de lutas interiores e exteriores, que ele aceitou enfrentar. A salvação não acontece por magia, mas por um mistério de graça e de , do amor prévio de Deus e da adesão confiante e livre do homem (cf. 2Tm 1, 12).

Ao mesmo tempo que agradecemos ao Senhor a vocação com que transformou a vida de Saulo, pedimos-lhe que saibamos responder do mesmo modo aos seus convites, tornando-nos testemunhas do amor «derramado nos nossos corações pelo Espírito Santo que nos foi dado» (Rm 5, 5). Pedimos-lhe que saibamos cultivar e difundir a sua caridade, tornando-nos próximos uns dos outros (cf. Francisco, Homilia das segundas vésperas da Solenidade da Conversão de São Paulo, 25 de janeiro de 2024), no mesmo combate de sentimentos que, a partir do encontro com Cristo, levou o antigo perseguidor a fazer-se «tudo para todos» (1 Cor 9, 22), até ao martírio. Assim, na fraqueza da carne, para nós como para ele, revelar-se-á o poder da fé no Deus que justifica (cf. Rm 5, 1-5).

Esta Basílica está confiada, há séculos, aos cuidados de uma comunidade beneditina. Falando, portanto, do amor como fonte e motor do anúncio do Evangelho, como não recordar os insistentes apelos de São Bento, na sua Regra, à caridade fraterna no mosteiro e à hospitalidade para com todos (Regra, capítulos LIII; LXIII)?

Mas gostaria de concluir recordando as palavras que, mais de mil anos depois, outro Bento, o Papa Bento XVI, dirigiu aos jovens: «Queridos amigos – disse – Deus ama-nos. Esta é a grande verdade da nossa vida e que dá sentido a tudo o mais. [...] na origem da nossa existência, há um projeto de amor de Deus» e a fé «nos leva a abrir o nosso coração a este mistério de amor e a viver como pessoas que se sabem amadas por Deus» (Homilia na Vigília de Oração com os jovens, Madrid, 20 de agosto de 2011).

Esta é a raiz, simples e única, de toda a missão, incluindo a minha, como sucessor de Pedro e herdeiro do zelo apostólico de Paulo. Que o Senhor me dê a graça de corresponder fielmente ao seu chamamento.

[00567-PO.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Fragment biblijny, który usłyszeliśmy, jest początkiem pięknego listu, jaki św. Paweł skierował do chrześcijan w Rzymie, a którego przesłanie koncentruje się wokół trzech wielkich tematów: łaski, wiary i usprawiedliwienia. Powierzając wstawiennictwu Apostoła Narodów początek tego nowego Pontyfikatu, rozważmy wspólnie to przesłanie.

Święty Paweł mówi przede wszystkim, że otrzymał od Boga łaskę powołania (por. Rz 1, 5). Uznaje zatem, że jego spotkanie z Chrystusem i posługa są związane z miłością, którą Bóg go uprzedził, powołując go do nowego życia, gdy był jeszcze daleki od Ewangelii i prześladował Kościół. Św. Augustyn – również nawrócony – mówi o tym samym doświadczeniu, stwierdzając: „Lecz cóż możemy wybrać, jeśli nie zostaliśmy wybrani? (…) Nie miłujemy, jeżeli wpierw nie zostaliśmy umiłowani” (Kazanie 34, 2). U początku każdego powołania jest Bóg: Jego miłosierdzie, Jego dobroć, hojna niczym dobroć matki (por. Iz 66, 12-14), która w sposób naturalny karmi swoje dziecko poprzez własne ciało, gdy jest ono jeszcze niezdolne do samodzielnego odżywiania się (por. Św. Augustyn, Objaśnienie Psalmu 130, 9).

Paweł jednak, w tym samym fragmencie, mówi również o „posłuszeństwie wierze” (Rz 1, 5), i także tutaj dzieli się tym co przeżył. Pan bowiem, ukazując mu się w drodze do Damaszku (por. Dz 9, 1–30), nie odebrał mu wolności, lecz pozostawił mu możliwości: wyboru; posłuszeństwa, które było owocem trudu; walk wewnętrznych i zewnętrznych, które zgodził się podjąć. Zbawienie nie dokonuje się za sprawą magii, lecz poprzez misterium łaski i wiary, uprzedzającej miłości Boga oraz ufnej i wolnej odpowiedzi człowieka (por. 2 Tm 1, 12).

Dziękując zatem Panu za powołanie, przez które przemienił życie Szawła, prośmy Go, abyśmy i my umieli odpowiadać w ten sam sposób na Jego wezwania, stając się świadkami miłości „rozlanej w sercach naszych przez Ducha Świętego, który został nam dany” (Rz 5, 5). Prośmy Go, abyśmy umieli pielęgnować i szerzyć Jego miłość, stając się bliźnimi jedni dla drugich (por. Franciszek, Homilia podczas II Nieszporów w Uroczystość Nawrócenia św. Pawła, 25 stycznia 2024), w tym samym współzawodnictwie miłości, które – po spotkaniu z Chrystusem – skłoniło dawnego prześladowcę do tego, by stać się „wszystkim dla wszystkich” (por. 1 Kor 9, 19–23), aż po męczeństwo. Tak również nam, jak i jemu, w słabości ciała objawi się moc wiary w Boga, który usprawiedliwia (por. Rz 5, 1–5).

Ta Bazylika od wieków jest powierzona opiece Wspólnoty benedyktyńskiej. Jak można więc nie przypomnieć, mówiąc o miłości jako źródle i motorze głoszenia Ewangelii, o usilnych apelach św. Benedykta, zawartych w jego Regule, [które nawołują] do miłości braterskiej w klasztorze oraz gościnności wobec wszystkich (Reguła, rozdz. LIII, LXIII)?

Chciałbym zakończyć, przypominając jeszcze słowa, które ponad tysiąc lat później skierował do młodych inny Benedykt – Papież Benedykt XVI: „Drodzy przyjaciele, Bóg nas kocha. To jest wielka prawda naszego życia i to ona nadaje sens wszystkiemu innemu. (…) U początków naszego istnienia jest pełen miłości zamysł Boga”, a wiara „prowadzi nas do otwarcia naszego serca na tę tajemnicę miłości i do życia jako osoby świadome, że są kochane przez Boga” (Homilia podczas czuwania modlitewnego z młodzieżą, Madryt, 20 sierpnia 2011).

Tu znajduje się prosty i jedyny początek każdej misji, również mojej, jako następcy Piotra i spadkobiercy apostolskiego zapału Pawła. Niech Pan udzieli mi łaski, abym wiernie odpowiedział na Jego wezwanie.

[00567-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا لاوُن الرَّابع عشر

في الاحتفال الليتورجي

يوم الثّلاثاء 20 أيَّار/مايو 2025

بازيليكا القدّيس بولس خارج الأسوار

مقطع الكتاب المقدّس الذي أصغينا إليه هو بداية رسالة جميلة جدًّا كتبها القدّيس بولس إلى المسيحيّين في روما، وتتكلّم على ثلاثة مواضيع كبيرة: النّعمة، والإيمان، والعدل. وبينما نَكِلُ إلى شفاعة رسول الأمم بداية حَبرِيَّتي الجديدة، لنتأمّل معًا في رسالته.

القدّيس بولس يقول أوّلًا إنّ الله منحه نعمة الدّعوة (راجع رومة 5، 1). أيّ إنّه اعترف بأنّ لقاءه مع المسيح وخدمته مرتبطان بالمحبّة التي سبقه بها الله، إذ دعاه إلى حياة جديدة وهو لا يزال بعيدًا عن الإنجيل ويضطهد الكنيسة. القدّيس أغسطينس – وهو أيضًا مرتدّ إلى الإيمان – تكلّم على نفس الخبرة، قال: "ماذا نقدر أن نختار، إن لم يكن الله هو الذي اختارنا أوّلًا؟ في الحقيقة، إن لم يكن الله قد أحبّنا أوّلًا، فلن نستطيع نحن أن نحبّ" (كلمة 34، 2). الله هو في أصل كلّ دعوة: رحمته، وصلاحه، السّخيّ مثل الأمّ (راجع أشعيا 66، 12-14)، التي تُغذّي طبعًا طفلها من جسدها نفسه، حين يكون لا يزال غير قادر على أن يُغذّي نفسه بنفسه (راجع القدّيس أغسطينس، تفسير المزمور 130، 9).

ويتكلّم بولس في نفس المقطع أيضًا على "طاعة الإيمان" (رومة 1، 5)، وهنا أيضًا يُشرِكنا في خبرته. فالرّبّ يسوع، حين ظهر له على الطّريق إلى دمشق (راجع أعمال الرّسل 9، 1-30)، لم يحرمه حرِّيَّتَه، بل ترك له إمكانيّة الاختيار، والطّاعة ستكون ثمرة التّعب والصّراعات الدّاخليّة والخارجيّة، التي قَبِلَ أن يواجهها. فالخلاص لا يأتي من الغيب واللاشيء، بل من سرّ النّعمة والإيمان، ومن المحبّة التي يسبقنا بها الله، ومن قبولنا لحبّه بثقة وحرِّيَّة (راجع 2 طيموتاوس 1، 12).

لذلك، بينما نشكر الرّبّ يسوع على الدّعوة التي بها بدَّل حياة شاول، لنسأله أن يجعلنا نحن أيضًا قادرين على أن نستجيب لدعواته بالطّريقة نفسها، فنصير شهودًا للمحبّة التي "أُفيضَت في قُلوبِنا بِالرُّوحِ القُدُسِ الَّذي وُهِبَ لَنا" (رومة 5، 5). ولنسأله أن نعرف كيف نزرع وننشر محبّته، فنكون قريبين بعضنا من بعض (راجع عظة البابا فرنسيس في صلاة الغروب الثّانية يوم عيد اهتداء القدّيس بولس، 25 كانون الثّاني/يناير 2024)، بالحماس نفسه المليء بالمشاعر الذي دفع المضطهد السّابق، بلقائه مع المسيح، لأن يصير ”كُلّ شيء للجَمِيع“ (راجع 1 قورنتس 9، 19-23)، حتّى الاستشهاد. إذّاك، بالنّسبة لنا كما بالنّسبة له، في ضعف الجسد ستظهر فينا قوّة الإيمان بالله الذي يُبرّرنا (راجع رومة 5، 1-5).

أُوكِلَت هذه البازيليكا منذ قرون إلى رعاية جماعة الرّهبان البندكتان. فكيف لا نتذكّر، إذًا، ونحن نتكلّم على المحبّة بكونها ينبوع ومحرّك إعلان الإنجيل، نداءات القدّيس بندكتس المتكرّرة في قانونه إلى المحبّة الأخويّة في الدّير وحسن الاستقبال والضّيافة نحو الجميع (القانون، الفصول 53؛ 63)؟

أودّ أن أختتم وأُشير إلى كلام قاله بندكتس آخر بعد أكثر من ألف سنة، وهو البابا بندكتس السّادس عشر، الذي وجّهه إلى الشّباب، قال: "أيّها الأصدقاء الأعزّاء، الله يُحبّنا. هذه هي الحقيقة الأسمى في حياتنا، التي تُعطي معنًى لكلّ شيء [...]. في أصل حياتنا يوجد مشروع محبّة الله"، والإيمان يجعلنا "نفتح قلبنا على سّرّ المحبّة هذا، ونعيش مثل الأشخاص الذين يدركون أنّ الله يحبّهم" (عظة في عشيّة الصّلاة مع الشّباب، مدريد، ٢٠ آب/أغسطس 2011).

وهنا يكمن الأصل، البسيط والفريد، لكلّ رسالة، ولرسالتي خليفةً لبطرس ووارثًا لغَيرة بولس الرّسوليّة. ليمنحني الرّبّ يسوع النّعمة لأُجيب بأمانة على دعوته.

[00567-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0332-XX.02]