Omelia del Santo Padre
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Alle ore 10.00 di oggi, V Domenica di Pasqua, il Santo Padre Leone XIV ha presieduto, sul sagrato della Basilica Vaticana, la Santa Messa per l’inizio ufficiale del Suo ministero petrino.
Prima della Celebrazione Eucaristica il Papa è sceso, con i Patriarchi delle Chiese Orientali, al Sepolcro di San Pietro sotto la Basilica Vaticana e vi ha sostato in preghiera, incensando poi il Trophaeum Apostolico.
Risalendo in Basilica, il Santo Padre si è unito alla processione dei Cardinali concelebranti che, preceduta dai diaconi che portavano il Pallio pastorale, l’Anello del Pescatore e l’Evangeliario, ha raggiunto l’altare sul sagrato della Basilica al canto delle Laudes Regiae.
Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la proclamazione del Vangelo, hanno avuto luogo i riti specifici dell’inizio del pontificato: l’imposizione del Pallio da parte del Cardinale Diacono Mario Zenari, con una preghiera recitata dal Cardinale Presbitero Fridolin Ambongo Besungu, O.F.M. Cap., la consegna dell’Anello del Pescatore da parte del Cardinale Vescovo Luis Antonio Tagle e l’obbedienza prestata al Santo Padre da tre Cardinali a nome di tutto il Collegio: il Card. Frank Leo (per l’America del Nord), il Card. Jaime Spengler, O.F.M., (per l’America del Sud) e il Card. John Ribat, M.S.C., (per l’Oceania). Hanno prestato obbedienza al Santo Padre anche alcuni rappresentanti del Popolo di Dio: il Vescovo di Callao (Perù) S.E. Mons. Luis Alberto Barrera, M.C.C.J., il Presbitero Rev.do Guillermo Inca Pereda, il Diacono Teodoro Mandato, i Religiosi: Sr. Oonah O’Shea, Presidente dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali, e P. Arturo Sosa, S.I., Presidente dell’Unione dei Superiori Generali, una coppia di sposi, Rafael Santa Maria e Ana María Olguín, e i giovani Josemaria Diaz e Sheyla Cruz.
Nel corso della Santa Messa, concelebrata con i Cardinali, i Patriarchi e gli Arcivescovi Maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche, il Santo Padre Leone XIV ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito:
Omelia del Santo Padre
Cari fratelli Cardinali,
fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
distinte Autorità e Membri del Corpo Diplomatico!
Un saluto ai pellegrini venuti in occasione del Giubileo delle Confraternite!
Fratelli e sorelle, saluto tutti voi, con il cuore colmo di gratitudine, all’inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te» (Le Confessioni, 1, 1.1).
In questi ultimi giorni, abbiamo vissuto un tempo particolarmente intenso. La morte di Papa Francesco ha riempito di tristezza il nostro cuore e, in quelle ore difficili, ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano «come pecore senza pastore» (Mt 9,36). Proprio nel giorno di Pasqua, però, abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione e, nella luce della Risurrezione, abbiamo affrontato questo momento nella certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo, lo raduna quando è disperso e «lo custodisce come un pastore il suo gregge» (Ger 31,10).
In questo spirito di fede, il Collegio dei Cardinali si è riunito per il Conclave; arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi. Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia.
Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia.
Amore e unità: queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù.
Ce lo narra il brano del Vangelo, che ci conduce sul lago di Tiberiade, lo stesso dove Gesù aveva iniziato la missione ricevuta dal Padre: “pescare” l’umanità per salvarla dalle acque del male e della morte. Passando sulla riva di quel lago, aveva chiamato Pietro e gli altri primi discepoli a essere come Lui “pescatori di uomini”; e ora, dopo la risurrezione, tocca proprio a loro portare avanti questa missione, gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio.
Come può Pietro portare avanti questo compito? Il Vangelo ci dice che è possibile solo perché ha sperimentato nella propria vita l’amore infinito e incondizionato di Dio, anche nell’ora del fallimento e del rinnegamento. Per questo, quando è Gesù a rivolgersi a Pietro, il Vangelo usa il verbo greco agapao, che si riferisce all’amore che Dio ha per noi, al suo offrirsi senza riserve e senza calcoli, diverso da quello usato per la risposta di Pietro, che invece descrive l’amore di amicizia, che ci scambiamo tra di noi.
Quando Gesù chiede a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21,16), si riferisce dunque all’amore del Padre. È come se Gesù gli dicesse: solo se hai conosciuto e sperimentato questo amore di Dio, che non viene mai meno, potrai pascere i miei agnelli; solo nell’amore di Dio Padre potrai amare i tuoi fratelli con un “di più”, cioè offrendo la vita per i tuoi fratelli.
A Pietro, dunque, è affidato il compito di “amare di più” e di donare la sua vita per il gregge. Il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù.
Lui – afferma lo stesso Apostolo Pietro – «è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo» (At 4,11). E se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive» (1Pt 2,5), chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma Sant’Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9).
Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.
In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.
Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.
Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Lett. enc. Rerum novarum, 21).
Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità.
Insieme, come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi.
[00552-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua inglese
Dear Brother Cardinals,
Brother Bishops and Priests,
Distinguished Authorities and Members of the Diplomatic Corps.
Greetings to the pilgrims who have come for the Jubilee of Confraternities!
I greet all of you with a heart full of gratitude at the beginning of the ministry that has been entrusted to me. Saint Augustine wrote: Lord, “you have made us for yourself, and our heart is restless until it rests in you” (Confessions, I: 1,1).
In these days, we have experienced intense emotions. The death of Pope Francis filled our hearts with sadness. In those difficult hours, we felt like the crowds that the Gospel says were “like sheep without a shepherd” (Mt 9:36). Then, on Easter Sunday, we received his final blessing and, in the light of the resurrection, we experienced the days that followed in the certainty that the Lord never abandons his people, but gathers them when they are scattered and guards them “as a shepherd guards his flock” (Jer 31:10).
In this spirit of faith, the College of Cardinals met for the conclave. Coming from different backgrounds and experiences, we placed in God’s hands our desire to elect the new Successor of Peter, the Bishop of Rome, a shepherd capable of preserving the rich heritage of the Christian faith and, at the same time, looking to the future, in order to confront the questions, concerns and challenges of today’s world. Accompanied by your prayers, we could feel the working of the Holy Spirit, who was able to bring us into harmony, like musical instruments, so that our heartstrings could vibrate in a single melody.
I was chosen, without any merit of my own, and now, with fear and trembling, I come to you as a brother, who desires to be the servant of your faith and your joy, walking with you on the path of God’s love, for he wants us all to be united in one family.
Love and unity: these are the two dimensions of the mission entrusted to Peter by Jesus.
We see this in today’s Gospel, which takes us to the Sea of Galilee, where Jesus began the mission he received from the Father: to be a “fisher” of humanity in order to draw it up from the waters of evil and death. Walking along the shore, he had called Peter and the other first disciples to be, like him, “fishers of men”. Now, after the resurrection, it is up to them to carry on this mission, to cast their nets again and again, to bring the hope of the Gospel into the “waters” of the world, to sail the seas of life so that all may experience God’s embrace.
How can Peter carry out this task? The Gospel tells us that it is possible only because his own life was touched by the infinite and unconditional love of God, even in the hour of his failure and denial. For this reason, when Jesus addresses Peter, the Gospel uses the Greek verb agapáo, which refers to the love that God has for us, to the offering of himself without reserve and without calculation. Whereas the verb used in Peter’s response describes the love of friendship that we have for one another.
Consequently, when Jesus asks Peter, “Simon, son of John, do you love me more than these?” (Jn 21:16), he is referring to the love of the Father. It is as if Jesus said to him, “Only if you have known and experienced this love of God, which never fails, will you be able to feed my lambs. Only in the love of God the Father will you be able to love your brothers and sisters with that same ‘more’, that is, by offering your life for your brothers and sisters.”
Peter is thus entrusted with the task of “loving more” and giving his life for the flock. The ministry of Peter is distinguished precisely by this self-sacrificing love, because the Church of Rome presides in charity and its true authority is the charity of Christ. It is never a question of capturing others by force, by religious propaganda or by means of power. Instead, it is always and only a question of loving as Jesus did.
The Apostle Peter himself tells us that Jesus “is the stone that was rejected by you, the builders, and has become the cornerstone” (Acts 4:11). Moreover, if the rock is Christ, Peter must shepherd the flock without ever yielding to the temptation to be an autocrat, lording it over those entrusted to him (cf. 1 Pet 5:3). On the contrary, he is called to serve the faith of his brothers and sisters, and to walk alongside them, for all of us are “living stones” (1 Pet 2:5), called through our baptism to build God’s house in fraternal communion, in the harmony of the Spirit, in the coexistence of diversity. In the words of Saint Augustine: “The Church consists of all those who are in harmony with their brothers and sisters and who love their neighbour” (Serm. 359,9).
Brothers and sisters, I would like that our first great desire be for a united Church, a sign of unity and communion, which becomes a leaven for a reconciled world.
In this our time, we still see too much discord, too many wounds caused by hatred, violence, prejudice, the fear of difference, and an economic paradigm that exploits the Earth’s resources and marginalises the poorest. For our part, we want to be a small leaven of unity, communion and fraternity within the world. We want to say to the world, with humility and joy: Look to Christ! Come closer to him! Welcome his word that enlightens and consoles! Listen to his offer of love and become his one family: in the one Christ, we are one. This is the path to follow together, among ourselves but also with our sister Christian churches, with those who follow other religious paths, with those who are searching for God, with all women and men of good will, in order to build a new world where peace reigns!
This is the missionary spirit that must animate us; not closing ourselves off in our small groups, nor feeling superior to the world. We are called to offer God’s love to everyone, in order to achieve that unity which does not cancel out differences but values the personal history of each person and the social and religious culture of every people.
Brothers and sisters, this is the hour for love! The heart of the Gospel is the love of God that makes us brothers and sisters. With my predecessor Leo XIII, we can ask ourselves today: If this criterion “were to prevail in the world, would not every conflict cease and peace return?” (Rerum Novarum, 20).
With the light and the strength of the Holy Spirit, let us build a Church founded on God’s love, a sign of unity, a missionary Church that opens its arms to the world, proclaims the word, allows itself to be made “restless” by history, and becomes a leaven of harmony for humanity.
Together, as one people, as brothers and sisters, let us walk towards God and love one another.
[00552-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Liebe Brüder Kardinäle,
Brüder im Bischofs- und Priesteramt,
verehrte Autoritäten und Mitglieder des Diplomatischen Korps!!
Ein herzlicher Gruß an die Pilger, die anlässlich des Jubiläums der Bruderschaften angereist sind!
Brüder und Schwestern, ich grüße euch alle am Beginn des mir anvertrauten Dienstes mit großer Dankbarkeit im Herzen. Der heilige Augustinus schrieb: »Geschaffen hast du uns im Hinblick auf dich, [Herr], und unruhig ist unser Herz, bis es ruhet in dir « (Bekenntnisse, 1,1).
In den letzten Tagen haben wir eine besonders intensive Zeit erlebt. Der Tod von Papst Franziskus hat unsere Herzen mit Trauer erfüllt und in diesen schwierigen Stunden haben wir uns gefühlt wie diese vielen Menschen, von denen das Evangelium sagt, sie seien gewesen »wie Schafe, die keinen Hirten haben« (Mt 9,36). Gerade am Ostersonntag jedoch haben wir seinen letzten Segen empfangen, und so haben wir diesen Moment im Licht der Auferstehung in der Gewissheit erlebt, dass der Herr sein Volk niemals verlässt, dass er es sammeln wird, wenn es zerstreut ist, und es »hüten [wird] wie ein Hirt seine Herde« (Jer 31,10).
In dieser gläubigen Gesinnung hat sich das Kardinalskollegium zum Konklave versammelt. Von unterschiedlicher Herkunft, haben wir unseren Wunsch, den neuen Nachfolger Petri zu wählen, den Bischof von Rom, einen Hirten, der das reiche Erbe des christlichen Glaubens bewahren und zugleich den Blick weit in die Zukunft richten kann, um den Fragen, Sorgen und Herausforderungen der heutigen Zeit zu begegnen, in Gottes Hände gelegt. Begleitet von euren Gebeten haben wir das Wirken des Heiligen Geistes gespürt, der die verschiedenen Musikinstrumente aufeinander abgestimmt und die Saiten unserer Herzen in einer einzigen Melodie zum Schwingen gebracht hat.
Ich wurde ohne jegliches Verdienst ausgewählt und komme mit Furcht und Zittern zu euch als ein Bruder, der sich zum Diener eures Glaubens und eurer Freude machen und mit euch auf dem Weg der Liebe Gottes wandeln möchte, der möchte, dass wir alle eine einzige Familie sind.
Liebe und Einheit: Dies sind die beiden Dimensionen der Sendung, die Jesus Petrus anvertraut hat.
Das berichtet uns der Abschnitt aus dem Evangelium, der uns an den See von Tiberias führt, an denselben Ort, an dem Jesus die ihm vom Vater anvertraute Sendung begonnen hatte: die Menschheit aus den Wassern des Bösen und des Todes zu „fischen“ und sie zu retten. Als er am Ufer jenes Sees entlangging, hatte er Petrus und die anderen ersten Jünger berufen, wie er „Menschenfischer“ zu sein; und nun, nach der Auferstehung, ist es an ihnen, diese Sendung fortzuführen, immer wieder neu das Netz auszuwerfen, um die Hoffnung des Evangeliums in die Wasser der Welt einzutauchen und das Meer des Lebens zu befahren, damit alle in die Umarmung Gottes finden.
Wie kann Petrus diese Aufgabe erfüllen? Das Evangelium sagt uns, dass dies nur möglich ist, weil er in seinem Leben die unendliche und bedingungslose Liebe Gottes erfahren hat, auch in der Stunde des Versagens und der Verleugnung. Deshalb verwendet das Evangelium, als Jesus sich an Petrus wendet, das griechische Verb agapao, das die Liebe Gottes zu uns bezeichnet, seine vorbehaltlose und selbstlose Hingabe, im Gegensatz zu dem Verb, das für die Antwort des Petrus verwendet wird, welches die Freundesliebe meint, die wir einander entgegenbringen.
Als Jesus Petrus fragt: »Simon, Sohn des Johannes, liebst du mich?« (Joh 21,16), bezieht er sich also auf die Liebe des Vaters. Es ist, als würde Jesus ihm sagen: Nur wenn du diese Liebe Gottes, die niemals versiegt, erkannt und erfahren hast, kannst du meine Lämmer weiden; nur in der Liebe Gottes, des Vaters, kannst du deine Brüder mit jenem „Mehr“ lieben, das darin besteht, dein Leben für deine Brüder und Schwestern hinzugeben.
Petrus wird also die Aufgabe übertragen, „mehr zu lieben“ und sein Leben für die Herde hinzugeben. Das Petrusamt ist gerade durch diese aufopfernde Liebe gekennzeichnet, denn die Kirche von Rom hat den Vorsitz in der Liebe, und ihre wahre Autorität ist die Liebe Christi. Es geht niemals darum, andere durch Zwang, religiöse Propaganda oder Machtmittel zu vereinnahmen, sondern immer und ausschließlich darum, so zu lieben, wie Jesus es getan hat.
Er – so sagt ebendieser Apostel Petrus – »ist der Stein, der von euch Bauleuten verworfen wurde, der aber zum Eckstein geworden ist« (Apg 4,11). Und wenn der Stein Christus ist, muss Petrus die Herde weiden, ohne je der Versuchung zu erliegen, ein einsamer Anführer oder ein über den anderen stehender Chef zu sein, der sich zum Beherrscher der ihm anvertrauten Menschen macht (vgl. 1 Petr 5,3); im Gegenteil, von ihm wird verlangt, dem Glauben der Brüder und Schwestern zu dienen, indem er mit ihnen gemeinsam auf dem Weg ist: Denn wir alle sind »lebendige Steine« (1 Petr 2,5) und durch unsere Taufe dazu berufen, das Haus Gottes in geschwisterlicher Gemeinschaft, im Einklang des Heiligen Geistes und in einem Zusammenleben in Verschiedenheit aufzubauen. Der heilige Augustinus sagt: »Die Kirche besteht aus all denen, die mit ihren Brüdern in Eintracht leben und den Nächsten lieben« (Sermo 359,9).
Liebe Brüder und Schwestern, ich würde mir wünschen, dass dies unser erstes großes Verlangen ist: eine geeinte Kirche, als Zeichen der Einheit und der Gemeinschaft, die zum Ferment einer versöhnten Welt wird.
In unserer Zeit erleben wir noch immer zu viel Zwietracht, zu viele Wunden, die durch Hass, Gewalt, Vorurteile, Angst vor dem Anderen und durch ein Wirtschaftsmodell verursacht werden, das die Ressourcen der Erde ausbeutet und die Ärmsten an den Rand drängt. Und wir möchten in diesem Teig ein kleines Stückchen Sauerteig sein, das Einheit, Gemeinschaft und Geschwisterlichkeit fördert. Wir möchten der Welt mit Demut und Freude sagen: Schaut auf Christus! Kommt zu ihm! Nehmt sein Wort an, das erleuchtet und tröstet! Hört auf sein Angebot der Liebe, damit ihr zu seiner einen Familie werdet: In dem einen Christus sind wir eins. Und das ist der Weg, der gemeinsam zu gehen ist, innerhalb der Kirche, aber auch mit den christlichen Schwesterkirchen, mit denen, die andere religiöse Wege gehen, mit denen, die die Unruhe der Suche nach Gott in sich tragen, mit allen Frauen und Männern guten Willens, um eine neue Welt aufzubauen, in der der Friede herrscht.
Dies ist der missionarische Geist, der uns beseelen muss, ohne dass wir uns in unserer kleinen Gruppe verschließen oder uns der Welt überlegen fühlen. Wir sind gerufen, allen Menschen die Liebe Gottes zu bringen, damit jene Einheit Wirklichkeit wird, die die Unterschiede nicht aufhebt, sondern die persönliche Geschichte jedes Einzelnen und die soziale und religiöse Kultur jedes Volkes zur Geltung bringt.
Brüder und Schwestern, dies ist die Stunde der Liebe! Die Liebe Gottes, die uns zu Brüdern und Schwestern macht, ist der Kern des Evangeliums, und mit meinem Vorgänger Leo XIII. können wir uns heute fragen: Wenn dieses Kriterium »in der Welt die Oberhand gewinnen würde, würde dann nicht jeder Zwist sofort aufhören und wieder Friede einkehren?« (Enzyklika Rerum novarum, 21)
Lasst uns im Licht und mit der Kraft des Heiligen Geistes an einer Kirche bauen, die auf der Liebe Gottes gegründet und ein Zeichen der Einheit ist, an einer missionarischen Kirche, die ihre Arme der Welt gegenüber öffnet, die das Wort verkündet, die sich von der Geschichte herausfordern lässt und die zum Sauerteig der Eintracht für die Menschheit wird.
Gehen wir gemeinsam, als ein Volk, alle Brüder und Schwestern, auf Gott zu und lieben wir einander.
[00552-DE.01] [Original sprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Queridos hermanos cardenales,
hermanos en el episcopado y en el sacerdocio,
distinguidas autoridades y miembros del Cuerpo diplomático.
Un saludo a los peregrinos que han venido con ocasión del Jubileo de las Cofradías.
Hermanos y hermanas, los saludo a todos con el corazón lleno de gratitud, al inicio del ministerio que me ha sido confiado. Escribía san Agustín: «Nos has hecho para ti, [Señor,] y nuestro corazón está inquieto hasta que descanse en ti» (Confesiones, 1,1.1).
En estos últimos días, hemos vivido un tiempo particularmente intenso. La muerte del Papa Francisco ha llenado de tristeza nuestros corazones y, en esas horas difíciles, nos hemos sentido como esas multitudes que el Evangelio describe «como ovejas que no tienen pastor» (Mt 9,36). Precisamente en el día de Pascua recibimos su última bendición y, a la luz de la resurrección, afrontamos ese momento con la certeza de que el Señor nunca abandona a su pueblo, lo reúne cuando está disperso y lo cuida «como un pastor a su rebaño» (Jr 31,10).
Con este espíritu de fe, el Colegio de los cardenales se reunió para el cónclave; llegando con historias personales y caminos diferentes, hemos puesto en las manos de Dios el deseo de elegir al nuevo sucesor de Pedro, el Obispo de Roma, un pastor capaz de custodiar el rico patrimonio de la fe cristiana y, al mismo tiempo, de mirar más allá, para saber afrontar los interrogantes, las inquietudes y los desafíos de hoy. Acompañados por sus oraciones, hemos experimentado la obra del Espíritu Santo, que ha sabido armonizar los distintos instrumentos musicales, haciendo vibrar las cuerdas de nuestro corazón en una única melodía.
Fui elegido sin tener ningún mérito y, con temor y trepidación, vengo a ustedes como un hermano que quiere hacerse siervo de su fe y de su alegría, caminando con ustedes por el camino del amor de Dios, que nos quiere a todos unidos en una única familia.
Amor y unidad: estas son las dos dimensiones de la misión que Jesús confió a Pedro.
Nos lo narra ese pasaje del Evangelio que nos conduce al lago de Tiberíades, el mismo donde Jesús había comenzado la misión recibida del Padre: “pescar” a la humanidad para salvarla de las aguas del mal y de la muerte. Pasando por la orilla de ese lago, había llamado a Pedro y a los primeros discípulos a ser como Él “pescadores de hombres”; y ahora, después de la resurrección, les corresponde precisamente a ellos llevar adelante esta misión: no dejar de lanzar la red para sumergir la esperanza del Evangelio en las aguas del mundo; navegar en el mar de la vida para que todos puedan reunirse en el abrazo de Dios.
¿Cómo puede Pedro llevar a cabo esta tarea? El Evangelio nos dice que es posible sólo porque ha experimentado en su propia vida el amor infinito e incondicional de Dios, incluso en la hora del fracaso y la negación. Por eso, cuando es Jesús quien se dirige a Pedro, el Evangelio usa el verbo griego agapao —que se refiere al amor que Dios tiene por nosotros, a su entrega sin reservas ni cálculos—, diferente al verbo usado para la respuesta de Pedro, que en cambio describe el amor de amistad, que intercambiamos entre nosotros.
Cuando Jesús le pregunta a Pedro: «Simón, hijo de Juan, ¿me amas?» (Jn 21,16), indica pues el amor del Padre. Es como si Jesús le dijera: sólo si has conocido y experimentado el amor de Dios, que nunca falla, podrás apacentar a mis corderos; sólo en el amor de Dios Padre podrás amar a tus hermanos “aún más”, es decir, hasta ofrecer la vida por ellos.
A Pedro, pues, se le confía la tarea de “amar aún más” y de dar su vida por el rebaño. El ministerio de Pedro está marcado precisamente por este amor oblativo, porque la Iglesia de Roma preside en la caridad y su verdadera autoridad es la caridad de Cristo. No se trata nunca de atrapar a los demás con el sometimiento, con la propaganda religiosa o con los medios del poder, sino que se trata siempre y solamente de amar como lo hizo Jesús.
Él —afirma el mismo apóstol Pedro— «es la piedra que ustedes, los constructores, han rechazado, y ha llegado a ser la piedra angular» (Hch 4,11). Y si la piedra es Cristo, Pedro debe apacentar el rebaño sin ceder nunca a la tentación de ser un líder solitario o un jefe que está por encima de los demás, haciéndose dueño de las personas que le han sido confiadas (cf. 1 P 5,3); por el contrario, a él se le pide servir a la fe de sus hermanos, caminando junto con ellos. Todos, en efecto, hemos sido constituidos «piedras vivas» (1 P 2,5), llamados con nuestro Bautismo a construir el edificio de Dios en la comunión fraterna, en la armonía del Espíritu, en la convivencia de las diferencias. Como afirma san Agustín: «Todos los que viven en concordia con los hermanos y aman a sus prójimos son los que componen la Iglesia» (Sermón 359,9).
Hermanos y hermanas, quisiera que este fuera nuestro primer gran deseo: una Iglesia unida, signo de unidad y comunión, que se convierta en fermento para un mundo reconciliado.
En nuestro tiempo, vemos aún demasiada discordia, demasiadas heridas causadas por el odio, la violencia, los prejuicios, el miedo a lo diferente, por un paradigma económico que explota los recursos de la tierra y margina a los más pobres. Y nosotros queremos ser, dentro de esta masa, una pequeña levadura de unidad, de comunión y de fraternidad. Nosotros queremos decirle al mundo, con humildad y alegría: ¡miren a Cristo! ¡Acérquense a Él! ¡Acojan su Palabra que ilumina y consuela! Escuchen su propuesta de amor para formar su única familia: en el único Cristo nosotros somos uno. Y esta es la vía que hemos de recorrer juntos, unidos entre nosotros, pero también con las Iglesias cristianas hermanas, con quienes transitan otros caminos religiosos, con aquellos que cultivan la inquietud de la búsqueda de Dios, con todas las mujeres y los hombres de buena voluntad, para construir un mundo nuevo donde reine la paz.
Este es el espíritu misionero que debe animarnos, sin encerrarnos en nuestro pequeño grupo ni sentirnos superiores al mundo; estamos llamados a ofrecer el amor de Dios a todos, para que se realice esa unidad que no anula las diferencias, sino que valora la historia personal de cada uno y la cultura social y religiosa de cada pueblo.
Hermanos, hermanas, ¡esta es la hora del amor! La caridad de Dios, que nos hace hermanos entre nosotros, es el corazón del Evangelio. Con mi predecesor León XIII, hoy podemos preguntarnos: si esta caridad prevaleciera en el mundo, «¿no parece que acabaría por extinguirse bien pronto toda lucha allí donde ella entrara en vigor en la sociedad civil?» (Carta enc. Rerum novarum, 20).
Con la luz y la fuerza del Espíritu Santo, construyamos una Iglesia fundada en el amor de Dios y signo de unidad, una Iglesia misionera, que abre los brazos al mundo, que anuncia la Palabra, que se deja cuestionar por la historia, y que se convierte en fermento de concordia para la humanidad.
Juntos, como un solo pueblo, todos como hermanos, caminemos hacia Dios y amémonos los unos a los otros.
[00552-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Queridos irmãos Cardeais,
Irmãos no episcopado e no sacerdócio,
Distintas Autoridades e Membros do Corpo Diplomático!
Saúdo os peregrinos que vieram para o Jubileu das Irmandades!
Irmãos e irmãs,
no início do ministério que me foi confiado, a todos cumprimento com o coração cheio de gratidão. Escreveu Santo Agostinho: «Fizeste-nos para Vós, [Senhor,] e o nosso coração está inquieto enquanto não repousar em Vós» (Confissões, 1,1.1).
Nos últimos dias, vivemos tempos particularmente intensos. A morte do Papa Francisco encheu os nossos corações de tristeza e, naquelas horas difíceis, sentimo-nos como as multidões que o Evangelho diz serem «como ovelhas sem pastor» (Mt 9, 36). No entanto, precisamente no dia de Páscoa, recebemos a sua última bênção e, à luz da ressurreição, enfrentámos este momento na certeza de que o Senhor nunca abandona o seu povo, mas congrega-o quando se dispersa e guarda-o «como o pastor ao seu rebanho» (Jr 31, 10).
Neste espírito de fé, o Colégio Cardinalício reuniu-se para o Conclave. Chegando com histórias diferentes e a partir de caminhos diversos, colocámos nas mãos de Deus o desejo de eleger o novo sucessor de Pedro, o Bispo de Roma, um pastor capaz de guardar o rico património da fé cristã e, ao mesmo tempo, de olhar para longe, para ir ao encontro das interrogações, das inquietações e dos desafios de hoje. Acompanhados pela vossa oração, sentimos a ação do Espírito Santo, que soube harmonizar os diferentes instrumentos musicais e fez vibrar as cordas do nosso coração numa única melodia.
Fui escolhido sem qualquer mérito e, com temor e tremor, venho até vós como um irmão que deseja fazer-se servo da vossa fé e da vossa alegria, percorrendo convosco o caminho do amor de Deus, que nos quer a todos unidos numa única família.
Amor e unidade: estas são as duas dimensões da missão que Jesus confiou a Pedro.
É o que nos narra o trecho do Evangelho, que nos leva ao lago de Tiberíades, o mesmo onde Jesus iniciou a missão recebida do Pai: “pescar” a humanidade, resgatando-a das águas do mal e da morte. Ao passar pela margem daquele lago, chamou Pedro e os outros primeiros discípulos para serem como Ele, “pescadores de homens”, e agora, após a ressurreição, cabe-lhes precisamente a eles levar em frente esta missão, lançar sempre e novamente a rede imergindo nas águas do mundo a esperança do Evangelho, e navegar no mar da vida para que todos se possam reencontrar no abraço de Deus.
Como pode Pedro levar adiante essa tarefa? O Evangelho diz-nos que isso só é possível porque ele experimentou na própria vida o amor infinito e incondicional de Deus, mesmo na hora do fracasso e da negação. Por isso, quando Jesus se dirige a Pedro, o Evangelho usa o verbo grego agapao, que se refere ao amor que Deus tem por nós, à sua entrega sem reservas nem cálculos, diferente do usado na resposta de Pedro, que descreve o amor de amizade que cultivamos entre nós.
Quando Jesus pergunta a Pedro – «Simão, filho de João, tu amas-me?» (Jo 21, 16) – refere-se ao amor do Pai. É como se Jesus lhe dissesse: só se conheceste e experimentaste este amor de Deus, que nunca falha, poderás apascentar as minhas ovelhas; só no amor de Deus Pai poderás amar os teus irmãos com «algo mais», isto é, oferecendo a vida por eles.
A Pedro, portanto, é confiada a tarefa de «amar mais» e dar a sua vida pelo rebanho. O ministério de Pedro é marcado precisamente por este amor oblativo, porque a Igreja de Roma preside na caridade e a sua verdadeira autoridade é a caridade de Cristo. Não se trata nunca de capturar os outros com a prepotência, com a propaganda religiosa ou com os meios do poder, mas trata-se sempre e apenas de amar como fez Jesus.
Ele é – afirma o próprio apóstolo Pedro – «a pedra que vós, os construtores, desprezastes e que se transformou em pedra angular» (Act 4, 11). E se a pedra é Cristo, Pedro deve apascentar o rebanho sem nunca ceder à tentação de ser um líder solitário ou um chefe colocado acima dos outros, tornando-se dominador das pessoas que lhe foram confiadas (cf. 1 Pe 5, 3); pelo contrário, é-lhe pedido que sirva a fé dos irmãos, caminhando com eles: todos nós, com efeito, somos «pedras vivas» (1 Pe 2, 5), chamados pelo nosso Batismo a construir o edifício de Deus na comunhão fraterna, na harmonia do Espírito, na convivência das diversidades. Como afirma Santo Agostinho: «A Igreja é constituída por todos aqueles que mantêm a concórdia com os irmãos e que amam o próximo» (Sermão 359, 9).
Irmãos e irmãs, gostaria que fosse este o nosso primeiro grande desejo: uma Igreja unida, sinal de unidade e comunhão, que se torne fermento para um mundo reconciliado.
No nosso tempo, ainda vemos demasiada discórdia, demasiadas feridas causadas pelo ódio, a violência, os preconceitos, o medo do diferente, por um paradigma económico que explora os recursos da Terra e marginaliza os mais pobres. E nós queremos ser, dentro desta massa, um pequeno fermento de unidade, comunhão e fraternidade. Queremos dizer ao mundo, com humildade e alegria: Olhai para Cristo! Aproximai-vos d’Ele! Acolhei a sua Palavra que ilumina e consola! Escutai a sua proposta de amor para vos tornardes a sua única família. No único Cristo somos um. E este é o caminho a percorrer juntos – entre nós, mas também com as Igrejas cristãs irmãs, com aqueles que percorrem outros caminhos religiosos, com quem cultiva a inquietação da busca de Deus, com todas as mulheres e todos os homens de boa vontade – para construirmos um mundo novo onde reine a paz.
Este é o espírito missionário que nos deve animar, sem nos fecharmos no nosso pequeno grupo nem nos sentirmos superiores ao mundo; somos chamados a oferecer a todos o amor de Deus, para que se realize aquela unidade que não anula as diferenças, mas valoriza a história pessoal de cada um e a cultura social e religiosa de cada povo.
Irmãos, irmãs, esta é a hora do amor! A caridade de Deus, que faz de nós irmãos, é o coração do Evangelho e, com o meu predecessor Leão XIII, podemos hoje perguntar-nos: «Não se veria em breve prazo estabelecer-se a pacificação, se estes ensinamentos pudessem vir a prevalecer nas sociedades?» (Carta enc. Rerum novarum, 14)
Com a luz e a força do Espírito Santo, construamos uma Igreja fundada no amor de Deus e sinal de unidade, uma Igreja missionária, que abre os braços ao mundo, que anuncia a Palavra, que se deixa inquietar pela história e que se torna fermento de concórdia para a humanidade.
Juntos, como único povo, todos irmãos, caminhemos ao encontro de Deus e amemo-nos uns aos outros.
[00552-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Drodzy Bracia Kardynałowie,
Bracia w biskupstwie i kapłaństwie,
Dostojni Przedstawiciele Władz oraz Członkowie Korpusu Dyplomatycznego!
Pozdrowienia dla pielgrzymów przybyłych na Jubileusz Bractw!
Bracia i Siostry!
Pozdrawiam was wszystkich – z sercem przepełnionym wdzięcznością – na początku posługi, która została mi powierzona. Św. Augustyn pisał: „Stworzyłeś nas bowiem jako skierowanych ku Tobie. I niespokojne jest serce nasze, dopóki w Tobie [, Panie,] nie spocznie” (Wyznania, I, 1, 1).
W ostatnich dniach, przeżywaliśmy szczególnie intensywny czas. Śmierć Papieża Franciszka napełniła nasze serca smutkiem, a w tych trudnych godzinach, czuliśmy się jak owe tłumy, o których Ewangelia mówi, że były „jak owce niemające pasterza” (por. Mt 9, 36). Właśnie w dzień Wielkanocy, otrzymaliśmy jego ostatnie błogosławieństwo, a w świetle Zmartwychwstania przeżyliśmy ten moment w pewności, że Pan nigdy nie opuszcza swego ludu – że gromadzi go, gdy jest rozproszony, i „czuwa nad nim jak pasterz nad swą trzodą” (Jr 31, 10).
W tym duchu wiary, Kolegium Kardynalskie zgromadziło się na Konklawe. Przybywając z różnym bagażem historii i różnymi drogami, złożyliśmy w ręce Boga pragnienie wyboru nowego następcy Piotra, Biskupa Rzymu – pasterza, który potrafiłby strzec bogatego dziedzictwa chrześcijańskiej wiary, a zarazem umiejącego patrzeć dalej, wychodząc naprzeciw pytaniom, niepokojom i wyzwaniom naszych czasów. Wspierani waszą modlitwą, doświadczyliśmy działania Ducha Świętego, który potrafił zestroić różne instrumenty muzyczne, poruszając struny naszych serc, by zabrzmiały jedną melodią.
Zostałem wybrany nie mając żadnych zasług. Z bojaźnią i drżeniem przychodzę do Was jako brat, który pragnie stać się sługą waszej wiary i waszej radości, podążając z wami drogą miłości Boga, który pragnie, abyśmy wszyscy byli zjednoczeni w jedną rodzinę.
Miłość i jedność – oto są dwa wymiary misji, powierzonej Piotrowi przez Jezusa.
Opowiada o tym fragment Ewangelii, który prowadzi nas nad Jezioro Tyberiadzkie – to samo, nad którym Jezus rozpoczął misję otrzymaną od Ojca: „łowić” ludzkość, aby ocalić ją z wód zła i śmierci. Przechodząc brzegiem tego jeziora, powołał Piotra i innych pierwszych uczniów, aby byli, tak jak On, „rybakami ludzi”; a teraz, po Zmartwychwstaniu, to właśnie oni mają kontynuować tę misję, stale na nowo zarzucać sieci, by rzucić w wody świata nadzieję Ewangelii; żeglować po morzu życia, aby wszyscy mogli odnaleźć się w objęciach Boga.
A jak Piotr może kontynuować to zadanie? Ewangelia mówi nam, że jest to możliwe tylko dlatego, że w swoim życiu doświadczył nieskończonej i bezwarunkowej miłości Boga, także w chwili upadku i zaparcia się. Dlatego, kiedy Jezus zwraca się do Piotra, Ewangelia używa greckiego czasownika agapao, który odnosi się do miłości, jaką Bóg ma do nas, do Jego ofiarowania się, bez zastrzeżeń i kalkulacji. Natomiast w odpowiedzi Piotra użyty jest inny czasownik, taki, który opisuje miłość przyjaźni, jaką darzymy się nawzajem.
Kiedy Jezus pyta Piotra: „Szymonie, synu Jana, czy miłujesz Mnie?” (J 21, 16), odnosi się więc do miłości Ojca. To tak, jakby Jezus mówił: tylko jeśli poznałeś i doświadczyłeś tej miłości Boga, która nigdy nie ustaje, będziesz mógł paść owce moje; tylko w miłości Boga Ojca zdołasz kochać swoich braci „więcej”, czyli składając ofiarę życia za swoich braci.
Piotrowi zatem, powierzone jest zadanie „miłować więcej” i oddać swoje życie za owczarnię. Posługa Piotra jest naznaczona właśnie tą miłością ofiarną, ponieważ Kościół Rzymski przewodniczy w miłości, a jego prawdziwą władzę stanowi miłość Chrystusa. Nigdy nie chodzi o zdobywanie innych poprzez dominację, religijną propagandę czy za pomocą narzędzi władzy, lecz chodzi zawsze i wyłącznie o to, by miłować tak, jak czynił to Jezus.
On – jak stwierdza sam Apostoł Piotr – „jest kamieniem, odrzuconym przez was, budujących, tym, który stał się głowicą węgła” (Dz 4, 11). Jeśli zatem, tym kamieniem jest Chrystus, to Piotr ma paść owczarnię, nie ulegając nigdy pokusie, by stać się samotnym wodzem, lub przywódcą wynoszącym się ponad innych, który czyni się panem powierzonych sobie osób (por. 1 P 5, 3). Wręcz przeciwnie – od niego wymaga się, aby służył wierze braci, idąc razem z nimi. Wszyscy bowiem, jesteśmy „żywymi kamieniami” (1 P 2, 5), wezwanymi w chrzcie świętym do budowania Bożego domu w jedności braterskiej, w harmonii Ducha i we współistnieniu różnorodności. Jak mówi św. Augustyn: „Kościół tworzą wszyscy ci, którzy trwają w zgodzie z braćmi i którzy miłują bliźniego” (Mowa 359, 9).
Chciałbym, bracia i siostry, aby to było naszym pierwszym wielkim pragnieniem: Kościół zjednoczony, znak jedności i komunii, który staje się zaczynem pojednanego świata.
W naszych czasach, wciąż widzimy zbyt wiele niezgody, zbyt wiele ran zadanych przez nienawiść, przemoc, uprzedzenia, lęk przed innym, przez paradygmat ekonomiczny, który wyzyskuje zasoby Ziemi i marginalizuje najuboższych. A my chcemy być, w tym cieście, małym zaczynem jedności, komunii, braterstwa. Z pokorą i radością chcemy powiedzieć światu: spójrzcie na Chrystusa! Zbliżcie się do Niego! Przyjmijcie Jego Słowo, które oświeca i pociesza! Posłuchajcie Jego propozycji miłości, aby stać się Jego jedyną rodziną: w jedynym Chrystusie my jesteśmy jedno. I to jest droga, którą mamy iść razem, w naszym gronie, ale także z siostrzanymi Kościołami chrześcijańskimi, z tymi, którzy podążają innymi drogami religijnymi, z tymi, którzy noszą w sobie niepokój poszukiwania Boga, ze wszystkimi kobietami i mężczyznami dobrej woli, aby budować nowy świat, w którym królować będzie pokój.
Oto jest duch misyjny, który powinien nas ożywiać – bez zamykania się we własnym, wąskim kręgu i bez poczucia wyższości nad światem. Jesteśmy wezwani, aby nieść wszystkim miłość Boga, aby mogła się urzeczywistniać ta jedność, która nie zaciera różnic, lecz docenia wartość osobistej historii każdego człowieka, oraz społecznej i religijnej kultury każdego narodu.
Bracia i siostry, to jest godzina miłości! Miłość miłosierna Boga, która czyni nas braćmi i siostrami, stanowi serce Ewangelii. Dzisiaj, wraz z moim poprzednikiem Leonem XIII, możemy zadać sobie pytanie: „czyżbyśmy w krótkim czasie nie ujrzeli końca walki [i przywrócenia pokoju], gdyby te zasady zapanowały w życiu społecznym?” (Rerum novarum, 21).
Światłem i mocą Ducha Świętego, budujmy Kościół oparty na miłości Boga i będący znakiem jedności, Kościół misyjny, który otwiera ramiona na świat, głosi Słowo, pozwala, by go niepokoiła historia, i który staje się zaczynem zgody dla ludzkości.
Razem, jako jeden lud, jako fratelli tutti, idźmy ku Bogu i miłujmy się wzajemnie.
[00552-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
عظة قداسة البابا لاوُن الرَّابع عشر
في القدّاس الإلهيّ في بداية حبريّته
يوم الأحد 18 أيَّار/مايو 2025
ساحة القدّيس بطرس
الإخوة الكرادلة الأعزّاء،
الإخوة الأساقفة والكهنة،
السُّلطات وأعضاء السّلك الدّبلوماسيّ المحترمين،
تحيّة للحجّاج الذين جاءوا في مناسبة يوبيل الأخويّات،
الإخوة والأخوات،
أحيّيكم جميعًا من قلبي المُفعم بالشُّكر، في بداية الخدمة التي أُوكلت إليّ. كتب القدّيس أغسطينس: "خلقتنا لك، يا الله، ولن يهدأ قلبُنا حتّى يستقرّ فيك" (الاعترافات، 1، 1. 1).
عشنا في الأيّام الأخيرة مرحلة فريدة. فقد ملأت وفاة البابا فرنسيس قلوبنا بالحزن، وفي تلك السّاعات العصيبة، شعرنا أنفسنا مثل الجموع التي وصفها الإنجيل بأنّها "كَغَنَمٍ لا راعِيَ لَها" (راجع متّى 9، 36). لكن، في يوم عيد الفصح نفسه، نِلنا بركته الأخيرة، وفي نور القيامة، واجهنا هذه اللحظة بثقة بأنّ الرّبّ يسوع لا يترك شعبه أبدًا، بل يجمعه عندما يتشتّت، و "يَحفَظُه، كما يَحفَظُ الرَّاعي قَطيعَه" (إرميا 31، 10).
بروح الإيمان هذه، اجتمع مجمع الكرادلة في الاجتماع المغلق لانتخاب البابا (الكونكلاف): جئنا ولكلّ واحد منّا تاريخه وطريقه، ووضعنا بين يدي الله إرادتنا في أن ننتخب خليفةً جديدًا لبطرس، أسقف روما، وراعيًا قادرًا على أن يحرس تراث الإيمان المسيحيّ الغنيّ، وفي الوقت نفسه، قادرًا أن ينظر إلى المستقبل البعيد، ويواجه أسئلة ومخاوف وتحدّيات اليوم. وبمرافقة صلواتكم لنا، شعرنا بعمل الرّوح القدس، الذي استطاع أن يوحِّدَ أنغام الآلات المختلفة، وجعل أوتار قلوبنا تخفق بنغمة واحدة.
تمّ اختياري من دون أيّ استحقاق، وبمخافة وارتعاد، أتيت إليكم، أخًا يريد أن يكون خادمًا لإيمانكم وفرحكم، ويسير معكم على طريق محبّة الله، الذي يريدنا كلّنا متّحدين في عائلة واحدة.
المحبّة والوَحدة: هذان هما البُعدان الأساسيّان للرّسالة التي أوكلها يسوع إلى بطرس.
يرويها لنا نصّ الإنجيل، الذي يقودنا إلى بحيرة طبريّة، وهو المكان نفسه الذي بدأ فيه يسوع رسالته التي تسلّمها من الآب: أن ”يصطاد“ البشريّة ليخلّصها من مياه الشّرّ والموت. عند مروره على شاطئ تلك البحيرة، دعا يسوع بطرس والتّلاميذ الأوائل الآخرين إلى أن يكونوا مثله” صيّادي بشر“، والآن، بعد قيامته من بين الأموات، عليهم هُم أن يواصلوا هذه الرّسالة، ويلقوا الشّباك دائمًا ومن جديد، ليضعوا في مياه العالم رجاء الإنجيل، ويُبحروا في بحر الحياة حتّى يستطيع الجميع أن يجدوا أنفسهم في عناق مع الله.
كيف يمكن أن يواصل بطرس هذه الرّسالة؟ الإنجيل يقول لنا إنّ ذلك كان ممكنًا فقط لأنّه اختبر بحياته محبّة الله اللامتناهية وغير المشروطة، حتّى في ساعة الفشل والإنكار. لذلك، عندما يتوجّه يسوع بالكلام إلى بطرس، يستخدم الإنجيل الفعل اليونانيّ ἀγαπάω، الذي يشير إلى محبّة الله لنا، وإلى تقديم ذاته بلا تحفّظ وبلا حساب، وهو مختلف عن الفعل المُستخدَم في ردّ بطرس، الذي يصف محبّة الصّداقة التي نتبادلها فيما بيننا.
عندما سأل يسوع بطرس: "يا سِمْعانُ بنَ يونا، أَتُحِبُّني" (يوحنّا 21، 16)، أشار إلى محبّة الآب. وكأنّ يسوع يقول له: إن عرفت واختبرت محبّة الله هذه، التي لا يحرمنا إيّاها أبدًا، إذّاك فقط يمكنك أن ترعى خرافي، وبمحبّة الله الآب فقط، يمكنك أن تحبّ إخوتك محبّة ”أكبر“، أي أن تبذل حياتك لأجلهم.
إذًا، أُوكل إلى بطرس أن ”يحبّ أكثر“، وأن يهب حياته من أجل القطيع. بهذا تتميّز خدمة بطرس، بالمحبّة المتفانية، لأنّ كنيسة روما ترأس بالمحبّة، وسلطتها الحقيقيّة هي محبّة المسيح. ليست سيطرة على الآخرين بالقوّة، أو بالدّعاية الدّينيّة، أو بوسائل السُّلطة، بل بالمحبّة فقط ودائمًا كما أحبّ يسوع.
قال بطرس الرّسول نفسه إنّ يسوع "هو الحَجَرُ الَّذي رَذَلتُموه أَنتُمُ البَنَّائين، فصارَ رَأسَ الزَّاوِيَة" (أعمال الرّسل 4، 11). وإذا كان المسيح هو الحجر، فعلى بطرس أن يرعى القطيع دون أن يستسلم أبدًا للتجربة في أن يكون قائدًا منفردًا أو رئيسًا فوق الآخرين، فيجعل من نفسه سيّدًا على الأشخاص الذين أوكلوا إليه (راجع 1 بطرس 5، 3) بل العكس، مطلوب منه أن يخدم إيمان الإخوة، ويسير معهم: في الحقيقة، نحن كلّنا صرنا "حِجارَةً حَيَّة" (1 بطرس 2، 5)، وكلّنا مدعوّون بمعموديّتنا إلى أن نبني بيت الله في شركة أخويّة، وفي الانسجام في الرّوح القدس، وفي العيش معًا بالتّنوّع. كما أكّد القدّيس أغسطينس: "الكنيسة تتألّف من كلّ الذين هُم على اتّفاق مع الإخوة ويحبّون القريب" (خطاب 359، 9).
أيّها الإخوة والأخوات، أودّ أن يكون هذا ما نطلبه أوّلًا: كنيسة متّحدة، علامة على الوَحدة والشّركة، فتصير خميرة لعالم مُتصالح.
في زماننا هذا، لا نزال نرى الكثير من الانقسامات، والجراح النّاتجة عن الكراهية، والعنف، والأحكام المسبقة، والخوف من المُختلِف عنّا، ومن أنماط اقتصاديّة تستنزف موارد الأرض وتهمّش الفقراء. ونحن نريد أن نكون، داخل هذه العجينة، خميرة صغيرة للوَحدة، والشّركة، والأخوّة. نريد أن نقول للعالم، بتواضع وفرح: انظروا إلى المسيح! اقتربوا منه! اقبلوا كلمته التي تُنير وتُعزّي! استمعوا إلى دعوته للمحبّة لكي نصير عائلته الوحيدة: في المسيح الواحد نحن واحد. هذه هي الطّريق التي يجب أن نسلكها معًا، فيما بيننا، ومع الكنائس المسيحيّة الشّقيقة، ومع الذين يتبعون مسارات دينيّة أخرى، ومع الذين يُنَمُّون في نفوسهم قلق البحث عن الله، ومع كلّ النّساء والرّجال ذوي الإرادة الصّالحة، لبناء عالم جديد يسوده السّلام.
هذا هو روح الرّسالة الذي يجب أن ينعشنا، دون أن ننغلق على أنفسنا في مجموعتنا الصّغيرة، ودون أن نشعر بأنّنا أرفع مستوى في العالم. نحن مدعوّون إلى أن نقدّم محبّة الله للجميع، حتّى تتحقّق الوَحدة التي لا تُلغي الاختلافات، بل تثمّن التّاريخ الشّخصيّ لكلّ شخص، والثّقافة الاجتماعيّة والدّينيّة لكلّ شعب.
أيّها الإخوة والأخوات، إنّها ساعة المحبّة! ومحبّة الله التي تجعلنا إخوة في ما بيننا هي قلب الإنجيل، ومع سلفي البابا لاوُن الثّالث عشر، يمكننا أن نتساءل اليوم: "إذا ساد هذا المعيار في العالم، ألن تتوقّف الخلافات على الفور، وربما يعود السّلام؟" (في الشّؤون الجديدة - Rerum novarum، 21).
بنور وقوّة الرّوح القدس، لِنَبْنِ كنيسة قائمة على محبّة الله وعلامة على الوَحدة، كنيسة مُرسَلَة، تفتح ذراعيها للعالم، وتُبشِّر بالكلمة، وتسمح للتّاريخ بأن يقلقها، وتصير خميرة انسجام ووفاق للبشريّة.
لِنَسِرْ معًا، شعبًا واحدًا، كلّنا إخوة، للِقاء الله، ولنُحبَّ بعضنا بعضًا.
[00552-AR.01] [Testo originale: Italiano]
[B0323-XX.02]