Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Alle ore 11.00 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Leone XIV ha incontrato i Rappresentanti dei Media convenuti a Roma per il Conclave.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto loro:
Discorso del Santo Padre
Buongiorno! Good morning, and thank you for this wonderful reception! They say when they clap at the beginning it doesn’t matter much… If you are still awake at the end, and you still want to applaud… Thank you very much!
[traduzione italiana: Buongiorno e grazie per questa bellissima accoglienza! Dicono che quando si applaude all’inizio non vale granché! Se alla fine sarete ancora svegli e vorrete ancora applaudire, grazie mille!]
Fratelli e sorelle!
Do il benvenuto a voi, rappresentanti dei media di tutto il mondo. Vi ringrazio per il lavoro che avete fatto e state facendo in questo tempo, che per la Chiesa è essenzialmente un tempo di Grazia.
Nel “Discorso della montagna” Gesù ha proclamato: «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9). Si tratta di una Beatitudine che ci sfida tutti e che vi riguarda da vicino, chiamando ciascuno all’impegno di portare avanti una comunicazione diversa, che non ricerca il consenso a tutti i costi, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione, non separa mai la ricerca della verità dall’amore con cui umilmente dobbiamo cercarla. La pace comincia da ognuno di noi: dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri; e, in questo senso, il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza: dobbiamo dire “no” alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra.
Permettetemi allora di ribadire oggi la solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati per aver cercato di raccontare la verità, e con queste parole anche chiedere la liberazione di questi giornalisti incarcerati. La Chiesa riconosce in questi testimoni – penso a coloro che raccontano la guerra anche a costo della vita – il coraggio di chi difende la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere. La sofferenza di questi giornalisti imprigionati interpella la coscienza delle Nazioni e della comunità internazionale, richiamando tutti noi a custodire il bene prezioso della libertà di espressione e di stampa.
Grazie, cari amici, per il vostro servizio alla verità. Voi siete stati a Roma in queste settimane per raccontare la Chiesa, la sua varietà e, insieme, la sua unità. Avete accompagnato i riti della Settimana Santa; avete poi raccontato il dolore per la morte di Papa Francesco, avvenuta però nella luce della Pasqua. Quella stessa fede pasquale ci ha introdotti nello spirito del Conclave, che vi ha visti particolarmente impegnati in giornate faticose; e, anche in questa occasione, siete riusciti a narrare la bellezza dell’amore di Cristo che ci unisce tutti e ci fa essere un unico popolo, guidato dal Buon Pastore.
Viviamo tempi difficili da percorrere e da raccontare, che rappresentano una sfida per tutti noi e che non dobbiamo fuggire. Al contrario, essi chiedono a ciascuno, nei nostri diversi ruoli e servizi, di non cedere mai alla mediocrità. La Chiesa deve accettare la sfida del tempo e, allo stesso modo, non possono esistere una comunicazione e un giornalismo fuori dal tempo e dalla storia. Come ci ricorda Sant’Agostino, che diceva: “Viviamo bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi” (cfr Discorso 80, 8).
Grazie, dunque, di quanto avete fatto per uscire dagli stereotipi e dai luoghi comuni, attraverso i quali leggiamo spesso la vita cristiana e la stessa vita della Chiesa. Grazie, perché siete riusciti a cogliere l’essenziale di quel che siamo, e a trasmetterlo con ogni mezzo al mondo intero.
Oggi, una delle sfide più importanti è quella di promuovere una comunicazione capace di farci uscire dalla “torre di Babele” in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi. Perciò, il vostro servizio, con le parole che usate e lo stile che adottate, è importante. La comunicazione, infatti, non è solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto. E guardando all’evoluzione tecnologica, questa missione diventa ancora più necessaria. Penso, in particolare, all’intelligenza artificiale col suo potenziale immenso, che richiede, però, responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l’umanità. E questa responsabilità riguarda tutti, in proporzione all’età e ai ruoli sociali.
Cari amici, impareremo con il tempo a conoscerci meglio. Abbiamo vissuto – possiamo dire insieme – giorni davvero speciali. Li abbiamo, li avete condivisi con ogni mezzo di comunicazione: la TV, la radio, il web, i social. Vorrei tanto che ognuno di noi potesse dire di essi che ci hanno svelato un pizzico del mistero della nostra umanità, e che ci hanno lasciato un desiderio di amore e di pace. Per questo ripeto a voi oggi l’invito fatto da Papa Francesco nel suo ultimo messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività. Non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana.
Voi siete in prima linea nel narrare i conflitti e le speranze di pace, le situazioni di ingiustizia e di povertà, e il lavoro silenzioso di tanti per un mondo migliore. Per questo vi chiedo di scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace.
Grazie a tutti voi. Che Dio vi benedica!
[00533-IT.02] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Bonjour, et merci pour cet accueil formidable ! On dit que les applaudissements au début n'ont pas beaucoup d'importance... Si vous êtes encore réveillés à la fin et que vous avez encore envie d'applaudir... Merci beaucoup !
Frères et sœurs !
Je vous souhaite la bienvenue, représentants des médias du monde entier. Je vous remercie pour le travail que vous avez accompli et que vous accomplissez en ce moment, qui est essentiellement un temps de grâce pour l'Église.
Dans le « Discours sur la montagne », Jésus a proclamé : « Heureux les artisans de paix » (Mt 5, 9). Il s'agit d'une béatitude qui nous interpelle tous et qui vous concerne particulièrement, appelant chacun à s'engager à promouvoir une communication différente, qui ne recherche pas le consensus à tout prix, qui ne se revêt pas de mots agressifs, qui n'épouse pas le modèle de la compétition, qui ne sépare jamais la recherche de la vérité de l'amour avec lequel nous devons humblement la rechercher. La paix commence par chacun de nous : par la manière dont nous regardons les autres, dont nous les écoutons, dont nous parlons d'eux ; et, en ce sens, la manière dont nous communiquons est d'une importance fondamentale : nous devons dire « non » à la guerre des mots et des images, nous devons rejeter le paradigme de la guerre.
Permettez-moi donc de réaffirmer aujourd'hui la solidarité de l'Église avec les journalistes emprisonnés pour avoir recherché à rapporter la vérité, et par ces paroles, de demander la libération de ces journalistes emprisonnés. L'Église reconnaît dans ces témoins – je pense à ceux qui racontent la guerre au prix de leur vie – le courage de ceux qui défendent la dignité, la justice et le droit des peuples à être informés, car seuls des peuples informés peuvent faire des choix libres. La souffrance de ces journalistes emprisonnés interpelle la conscience des nations et de la communauté internationale, nous appelant tous à préserver le bien précieux que sont la liberté d'expression et la liberté de la presse.
Merci, chers amis, pour votre service à la vérité. Vous avez été à Rome ces dernières semaines pour raconter l'Église, sa diversité et, en même temps, son unité. Vous avez accompagné les rites de la Semaine Sainte ; vous avez ensuite raconté la douleur causée par la mort du pape François, survenue cependant dans la lumière de Pâques. Cette même foi pascale nous a introduits dans l'esprit du Conclave, qui vous a vu particulièrement engagés pendant ces journées fatigantes ; et, même en cette occasion, vous avez su raconter la beauté de l'amour du Christ qui nous unit tous et fait de nous un seul peuple, guidé par le Bon Pasteur.
Nous vivons des temps difficiles à traverser et à raconter, qui représentent un défi pour nous tous et que nous ne devons pas fuir. Au contraire, ils exigent de chacun, dans nos différents rôles et services, de ne jamais céder à la médiocrité. L'Église doit relever le défi de son temps et, de la même manière, il ne peut y avoir de communication et de journalisme hors du temps et de l'histoire. Comme nous le rappelle saint Augustin, qui disait : « Vivons bien, et les temps seront bons. Nous sommes les temps » (Discours 311).
Merci donc pour ce que vous avez fait pour sortir des stéréotypes et des lieux communs à travers lesquels nous lisons souvent la vie chrétienne et la vie même de l'Église. Merci d'avoir su saisir l'essentiel de ce que nous sommes et de l'avoir transmis par tous les moyens au monde entier.
Aujourd'hui, l'un des défis les plus importants est de promouvoir une communication capable de nous faire sortir de la « tour de Babel » dans laquelle nous nous trouvons parfois, de la confusion des langages sans amour, souvent idéologiques ou partisans. C'est pourquoi votre service, avec les mots que vous utilisez et le style que vous adoptez, est important. En effet, la communication n'est pas seulement la transmission d'informations, mais aussi la création d'une culture, d'environnements humains et numériques qui deviennent des espaces de dialogue et de confrontation. Et si l'on considère l'évolution technologique, cette mission devient encore plus nécessaire. Je pense en particulier à l'intelligence artificielle, avec son immense potentiel, qui exige toutefois responsabilité et discernement pour orienter les outils vers le bien de tous, afin qu'ils puissent produire des bénéfices pour l'humanité. Et cette responsabilité concerne tout le monde, proportionnellement à l'âge et aux rôles sociaux.
Chers amis, nous apprendrons avec le temps à mieux nous connaître. Nous avons vécu – nous pouvons le dire ensemble – des jours vraiment particuliers. Nous les avons partagés avec tous les moyens de communication : la télévision, la radio, le web, les réseaux sociaux. Je souhaite vivement que chacun de nous puisse dire qu'ils nous ont révélé un peu du mystère de notre humanité et qu'ils nous ont laissé un désir d'amour et de paix. C'est pourquoi je vous répète aujourd'hui l'invitation lancée par le pape François dans son dernier message pour la prochaine Journée mondiale des communications sociales : désarmons la communication de tout préjugé, rancœur, fanatisme et haine ; purifions-la de toute agressivité. Nous n'avons pas besoin d'une communication bruyante, musclée, mais plutôt d'une communication capable d'écouter, de recueillir la voix des faibles qui n'ont pas de voix. Désarmons les mots et nous contribuerons à désarmer la Terre. Une communication désarmée et désarmante nous permet de partager un regard différent sur le monde et d'agir en cohérence avec notre dignité humaine.
Vous êtes en première ligne pour raconter les conflits et les espoirs de paix, les situations d'injustice et de pauvreté, ainsi que le travail silencieux de tant de personnes pour un monde meilleur. C'est pourquoi je vous demande de choisir avec conscience et courage la voie d'une communication de paix.
Merci. Que Dieu vous bénisse ! Et au revoir.
[00533-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Good morning and thank you for this wonderful reception! They say when they clap at the beginning it does not matter much, if you are still awake at the end and you still want to applaud…thank you very much!
Brothers and sisters,
I welcome you, representatives of the media from around the world. Thank you for the work you have done and continue to do in these days, which is truly a time of grace for the Church.
In the Sermon on the Mount, Jesus proclaimed: “Blessed are the peacemakers” (Mt 5:9). This is a Beatitude that challenges all of us, but it is particularly relevant to you, calling each one of you to strive for a different kind of communication, one that does not seek consensus at all costs, does not use aggressive words, does not follow the culture of competition and never separates the search for truth from the love with which we must humbly seek it. Peace begins with each one of us: in the way we look at others, listen to others and speak about others. In this sense, the way we communicate is of fundamental importance: we must say “no” to the war of words and images, we must reject the paradigm of war.
Let me, therefore, reiterate today the Church’s solidarity with journalists who are imprisoned for seeking to report the truth, and with these words I also ask for the release of these imprisoned journalists. The Church recognises in these witnesses – I am thinking of those who report on war even at the cost of their lives – the courage of those who defend dignity, justice and the right of people to be informed, because only informed individuals can make free choices. The suffering of these imprisoned journalists challenges the conscience of nations and the international community, calling on all of us to safeguard the precious gift of free speech and of the press.
Thank you, dear friends, for your service to the truth. You have been in Rome these past few weeks to report on the Church, its diversity and, at the same time, its unity. You were present during the liturgies of Holy Week and then reported on the sorrow felt over the death of Pope Francis, which nevertheless took place in the light of Easter. That same Easter faith drew us into the spirit of the Conclave, during which you worked long and tiring days. Yet, even on this occasion, you managed to recount the beauty of Christ’s love that unites and makes us one people, guided by the Good Shepherd.
We are living in times that are both difficult to navigate and to recount. They present a challenge for all of us but it is one that we should not run away from. On the contrary, they demand that each one of us, in our different roles and services, never give in to mediocrity. The Church must face the challenges posed by the times. In the same way, communication and journalism do not exist outside of time and history. Saint Augustine reminds of this when he said, “Let us live well and the times will be good. We are the times” (Discourse 80.8).
Thank you, therefore, for what you have done to move beyond stereotypes and clichés through which we often interpret Christian life and the life of the Church itself. Thank you because you have captured the essence of who we are and conveyed it to the whole world through every form of media possible.
Today, one of the most important challenges is to promote communication that can bring us out of the “Tower of Babel” in which we sometimes find ourselves, out of the confusion of loveless languages that are often ideological or partisan. Therefore, your service, with the words you use and the style you adopt, is crucial. As you know, communication is not only the transmission of information, but it is also the creation of a culture, of human and digital environments that become spaces for dialogue and discussion. In looking at how technology is developing, this mission becomes ever more necessary. I am thinking in particular of artificial intelligence, with its immense potential, which nevertheless requires responsibility and discernment in order to ensure that it can be used for the good of all, so that it can benefit all of humanity. This responsibility concerns everyone in proportion to his or her age and role in society.
Dear friends, we will get to know each other better over time. We have experienced – we can say together – truly special days. We have shared them through every form of media: TV, radio, internet, and social media. I sincerely hope that each of us can say that these days unveiled a little bit of the mystery of our humanity and left us with a desire for love and peace. For this reason, I repeat to you today the invitation made by Pope Francis in his message for this year’s World Day of Social Communications: let us disarm communication of all prejudice and resentment, fanaticism and even hatred; let us free it from aggression. We do not need loud, forceful communication, but rather communication that is capable of listening and of gathering the voices of the weak who have no voice. Let us disarm words and we will help to disarm the world. Disarmed and disarming communication allows us to share a different view of the world and to act in a manner consistent with our human dignity.
You are at the forefront of reporting on conflicts and aspirations for peace, on situations of injustice and poverty, and on the silent work of so many people striving to create a better world. For this reason, I ask you to choose consciously and courageously the path of communication in favour of peace.
Thank you all and may God bless you!
[00533-EN.02] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Guten Tag!
(weiter auf Englisch)
Guten Morgen und vielen Dank für diesen wunderbaren Empfang! Wenn die Leute am Anfang klatschen, so heißt es, hat das nicht viel zu bedeuten ... Wenn Sie am Ende noch wach sind und Sie immer noch klatschen wollen ... Vielen herzlichen Dank!
(weiter auf Italienisch)
Liebe Brüder und Schwestern!
Ich heiße Sie, die Medienvertreter aus aller Welt, herzlich willkommen. Ich danke Ihnen für die Arbeit, die Sie in dieser Zeit, die für die Kirche vor allem eine Zeit der Gnade ist, geleistet haben und weiterhin leisten.
In der „Bergpredigt“ verkündete Jesus: »Selig, die Frieden stiften« (Mt 5,9). Diese Seligpreisung fordert uns alle heraus, und gilt ganz besonders Ihnen, indem sie jeden einzelnen auffordert, sich für eine andere Art der Kommunikation einzusetzen, die nicht um jeden Preis auf Zuspruch aus ist, die nicht aggressive Worte benutzt, die nicht dem Prinzip des Wettbewerbs folgt und die die Suche nach der Wahrheit niemals von der Liebe trennt, mit der wir sie demütig suchen sollen. Der Friede beginnt bei jedem von uns: damit, wie wir auf unsere Mitmenschen blicken, ihnen zuhören, über sie sprechen; und in diesem Sinne ist die Art und Weise wie wir kommunizieren von grundlegender Bedeutung: Wir müssen „Nein“ sagen zum Krieg der Worte und Bilder, wir müssen das Paradigma des Krieges zurückweisen.
Gestatten Sie mir heute daher, erneut die Solidarität der Kirche mit den Journalisten zu bekräftigen, die inhaftiert sind, weil sie sich darum bemüht haben, die Wahrheit zu berichten, und mit diesen Worten auch die Freilassung dieser inhaftierten Journalisten zu fordern. Die Kirche erkennt in diesen Zeugen – ich denke dabei an diejenigen, die auch unter Einsatz ihres Lebens über den Krieg berichten – den Mut jener, die die Würde, die Gerechtigkeit und das Recht der Völker auf Information verteidigen, denn nur informierte Menschen können freie Entscheidungen treffen. Das Leiden dieser inhaftierten Journalisten fragt das Gewissen der Nationen und der internationalen Gemeinschaft an und ruft uns alle dazu auf, das kostbare Gut der Meinungs- und Pressefreiheit zu bewahren.
Vielen Dank, liebe Freunde, für Ihren Dienst an der Wahrheit. Sie waren in diesen Wochen in Rom, um über die Kirche, ihre Vielfalt und zugleich ihre Einheit zu berichten. Sie haben die Liturgien der Karwoche begleitet und anschließend von der Trauer über den Tod von Papst Franziskus berichtet, der sich allerdings im Licht des Osterfestes ereignet hat. Und derselbe österliche Glaube hat uns in den Geist des Konklaves eingeführt – das waren für Sie besonders anstrengende und fordernde Tage. Auch bei dieser Gelegenheit ist es Ihnen gelungen, von der Schönheit der Liebe Christi zu erzählen, die uns alle verbindet und uns zu einem einzigen Volk macht, das vom Guten Hirten geführt wird.
Wir leben in Zeiten, die schwer zu bewältigen und in Worte zu fassen sind, die für uns alle eine Herausforderung darstellen und vor denen wir nicht davonlaufen dürfen. Im Gegenteil, sie verlangen von einem jeden von uns, dass wir in unseren unterschiedlichen Rollen und Diensten niemals der Mittelmäßigkeit nachgeben. Die Kirche muss sich der Herausforderung der Zeit stellen und ebenso kann es keine Kommunikation und keinen Journalismus außerhalb der Zeit und der Geschichte geben. Daran erinnert uns der heilige Augustinus, der sagte: »Lasst uns gut leben, dann werden die Zeiten gut sein Wir sind die Zeiten« (vgl. Sermo 80,8).
Vielen Dank also für das, was Sie getan haben, um Klischees und Gemeinplätze zu überwinden, anhand derer wir oft das christliche Leben und das Leben der Kirche betrachten. Vielen Dank, denn es ist Ihnen gelungen, das, was uns ausmacht und was wir sind, zu erfassen und über die verschiedenen Medien der ganzen Welt zu vermitteln.
Heute besteht eine der wichtigsten Herausforderungen darin, zu einer Kommunikation zu finden, die in der Lage ist, uns aus dem „Turm zu Babel“ herauszuführen, in dem wir uns manchmal befinden, aus der Verwirrung eines lieblosen, oft ideologischen oder parteiischen Sprachgebrauchs. Daher ist Ihr Dienst mit den Worten, die Sie verwenden, und dem Stil, den Sie pflegen, von großer Bedeutung. Kommunikation ist nämlich nicht bloß die Übermittlung von Informationen, sondern Schaffung einer Kultur, menschlicher und digitaler Umgebungen, die zu Räumen des Dialogs und des Austauschs werden. Und angesichts der technologischen Entwicklung wird diese Aufgabe zusehends notwendiger. Ich denke dabei insbesondere an die künstliche Intelligenz mit ihrem riesigen Potenzial, das jedoch Verantwortung und Urteilsvermögen erfordert, um diese Werkzeuge zum Wohle aller einzusetzen, so dass sie der Menschheit zum Guten gereichen. Und diese Verantwortung betrifft alle, je nach ihrem Alter und ihrer Rolle in der Gesellschaft.
Liebe Freunde, mit der Zeit werden wir uns besser kennenlernen. Wir haben – das können wir gemeinsam sagen – wirklich besondere Tage erlebt. Wir haben, Sie haben sie über alle Medien geteilt: Fernsehen, Radio, Internet, soziale Netzwerke. Ich wünsche mir sehr, dass jeder von uns sagen kann, dass diese Tage uns ein bisschen etwas vom Geheimnis unseres Menschseins gezeigt und in uns den Wunsch nach Liebe und Frieden geweckt haben. Deshalb wiederhole ich heute die Einladung, die Papst Franziskus in seiner letzten Botschaft zum kommenden Welttag der sozialen Kommunikationsmittel ausspricht: Befreien wir die Kommunikation von allen Vorurteilen, Ressentiments, Fanatismus und Hass; befreien wir sie von Aggressivität. Wir brauchen keine laute, muskulöse Kommunikation, sondern vielmehr eine Kommunikation, die zuhören kann, die die Stimme der Schwachen, die keine Stimme haben, aufzugreifen vermag. Entschärfen wir die Worte, und wir werden dazu beitragen, die Erde zu entwaffnen. Eine entschärfte und entwaffnende Kommunikation ermöglicht uns einen gemeinsamen anderen Blick auf die Welt und ein Handeln, das unserer Menschenwürde entspricht.
Sie stehen an vorderster Front, wenn es darum geht, über Konflikte und Friedenshoffnungen, über Ungerechtigkeit und Armut sowie über die stille Arbeit vieler Menschen für eine bessere Welt zu berichten. Deshalb bitte ich Sie, sich bewusst und mutig für den Weg einer Kommunikation des Friedens zu entscheiden.
Vielen Dank Ihnen allen. Gott segne Sie!
[00533-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Buenos días, y muchas gracias por esta maravillosa acogida. Dicen que cuando se aplaude al comenzar, no tiene mucha importancia. Pero, si están todavía despiertos al finalizar y aún quieren aplaudir, se lo agradezco mucho.
Hermanos y hermanas:
Les doy la bienvenida a ustedes, representantes de los medios de comunicación de todo el mundo. Les agradezco el trabajo que han hecho y están haciendo en este tiempo, que para la Iglesia es esencialmente un tiempo de gracia.
En el “Sermón de la montaña” Jesús proclamó: «Felices los que trabajan por la paz» (Mt 5,9). Se trata de una bienaventuranza que nos desafía a todos y que nos toca de cerca, llamando a cada uno a comprometerse en la realización de un tipo de comunicación diferente, que no busca el consenso a cualquier coste, no se reviste de palabras agresivas, no asume el modelo de la competición, no separa nunca la investigación de la verdad del amor con el que humildemente debemos buscarla. La paz comienza por cada uno de nosotros, por el modo en el que miramos a los demás, escuchamos a los demás, hablamos de los demás; y, en este sentido, el modo en que comunicamos tiene una importancia fundamental; debemos decir “no” a la guerra de las palabras y de las imágenes, debemos rechazar el paradigma de la guerra.
Permítanme entonces reiterar hoy la solidaridad de la Iglesia con los periodistas encarcelados por haber intentado contar la verdad, y por medio de estas palabras también pedir la liberación de los mismos. La Iglesia reconoce en estos testigos —pienso en aquellos que informan sobre la guerra incluso a costa de la vida— la valentía de quien defiende la dignidad, la justicia y el derecho de los pueblos a estar informados, porque sólo los pueblos informados pueden tomar decisiones con libertad. El sufrimiento de estos periodistas detenidos interpela la conciencia de las naciones y de la comunidad internacional, pidiéndonos a todos que custodiemos el bien precioso de la libertad de expresión y de prensa.
Gracias, queridos amigos, por su servicio a la verdad. Ustedes han estado en Roma durante estas semanas para informar sobre la Iglesia, su diversidad y, junto a ella, su unidad. Han acompañado los ritos de la Semana Santa, después han trasmitido el dolor por la muerte del Papa Francisco, acaecida sin embargo a la luz de la Pascua. Esa misma fe pascual nos ha introducido en el espíritu del cónclave, que les ha visto particularmente comprometidos en jornadas fatigosas y, también en esta ocasión, han conseguido comunicar la belleza del amor de Cristo que nos une a todos y nos hace ser un único pueblo, guiado por el Buen Pastor.
Vivimos tiempos difíciles de atravesar y describir, que representan un desafío para todos nosotros, de los que no debemos escapar. Por el contrario, nos piden a cada uno que, en nuestras distintas responsabilidades y servicios, no cedamos nunca a la mediocridad. La Iglesia debe aceptar el desafío del tiempo y, del mismo modo, no pueden existir una comunicación y un periodismo fuera del tiempo y de la historia. Como nos recuerda san Agustín, que decía: «Vivamos bien, y serán buenos los tiempos. Los tiempos somos nosotros» (Sermón 80,8).
Gracias, por todo lo que han hecho para abandonar los estereotipos y los lugares comunes, a través de los cuales leemos frecuentemente la vida cristiana y la misma vida de la Iglesia. Gracias, porque han conseguido percibir lo esencial de lo que somos y trasmitirlo al mundo entero gracias a los distintos medios de comunicación.
Hoy, uno de los desafíos más importantes es el de promover una comunicación capaz de hacernos salir de la “torre de Babel” en la que a veces nos encontramos, de la confusión de lenguajes sin amor, frecuentemente ideológicos y facciosos. Por eso, su servicio, con las palabras que usan y el estilo que adoptan, es importante. La comunicación, de hecho, no es sólo trasmisión de informaciones, sino creación de una cultura, de ambientes humanos y digitales que sean espacios de diálogo y de contraste. Y, considerando la evolución tecnológica, esta misión se hace más necesaria aún. Pienso, particularmente, en la inteligencia artificial con su potencial inmenso, que requiere, sin embargo, responsabilidad y discernimiento para orientar los instrumentos al bien de todos, de modo que puedan producir beneficios para la humanidad. Y esta responsabilidad nos concierne a todos, de acuerdo a la edad y a los roles sociales.
Queridos amigos, aprenderemos con el tiempo a conocernos mejor. Hemos vivido —podemos decir juntos— días verdaderamente especiales. Los hemos, los han compartido a través de los distintos medios de comunicación: la televisión, la radio, la web y las redes sociales. Quisiera que cada uno de nosotros pudiera decir que ellos nos han desvelado una pizca del misterio de nuestra humanidad, y que nos han dejado un deseo de amor y de paz. Por eso, hoy les repito a ustedes la invitación que hizo el Papa Francisco en su último mensaje para la Jornada Mundial de las Comunicaciones Sociales. Desarmemos la comunicación de cualquier prejuicio, rencor, fanatismo y odio; purifiquémosla de la agresividad. No sirve una comunicación estridente, de fuerza, sino más bien una comunicación capaz de escucha, de recoger la voz de los débiles que no tienen voz. Desarmemos las palabras y contribuiremos a desarmar la tierra. Una comunicación desarmada y desarmante nos permite compartir una mirada distinta sobre el mundo y actuar de modo coherente con nuestra dignidad humana.
Ustedes están en primera línea para describir los conflictos y las esperanzas de paz, las situaciones de injusticia y de pobreza, así como el trabajo silencioso de muchos en favor de un mundo mejor. Por eso les pido que elijan de forma juiciosa y valiente el camino de una comunicación para la paz.
Gracias a todos. Que Dios los bendiga.
[00533-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Bom dia e obrigado por esta maravilhoso acolhimento! Dizem que quando se aplaude ao início não importa muito... Se estiverdes ainda despertos ao final e quiserdes aplaudir... muito obrigado!
Irmãos e irmãs!
A todos vós, representantes dos meios de comunicação social do mundo inteiro, dou as boas-vindas. Agradeço o trabalho que realizastes e realizais neste tempo que, para a Igreja, é essencialmente um tempo de Graça.
No “Sermão da Montanha”, Jesus proclamou: «Felizes os pacificadores» (Mt 5, 9). Esta é uma bem-aventurança que nos interpela a todos e vos diz respeito de perto, chamando cada um ao compromisso de levar adiante uma comunicação diferente, que não procura o consenso a qualquer custo, que não se reveste de palavras agressivas, que não adere ao modelo da competição, que nunca separa a busca da verdade do amor com que humildemente a devemos procurar. A paz começa em cada um de nós: na forma como olhamos para os outros, ouvimos os outros, falamos dos outros; e, neste sentido, a forma como comunicamos adquire uma importância fundamental: temos de dizer “não” à guerra das palavras e das imagens, temos de rejeitar o paradigma da guerra.
Permiti-me, então, que hoje reitere a solidariedade da Igreja para com os jornalistas presos por terem procurado relatar a verdade, e que, com estas palavras, peça a libertação desses jornalistas que se encontram na prisão. A Igreja reconhece nestes testemunhos - penso naqueles que narram a guerra mesmo à custa da própria vida - a coragem de quem defende a dignidade, a justiça e o direito dos povos a serem informados, porque só os povos informados podem fazer escolhas livres. O sofrimento destes jornalistas presos interpela a consciência das nações e da comunidade internacional, chamando-nos a todos a salvaguardar o bem precioso da liberdade de expressão e de imprensa.
Obrigado, caros amigos, pelo vosso serviço à verdade. Estivestes em Roma nestas semanas para noticiar a Igreja, a sua variedade e, ao mesmo tempo, a sua unidade. Acompanhastes os ritos da Semana Santa; narrastes a dor pela morte do Papa Francisco que, porém, ocorreu à luz da Páscoa. Essa mesma fé pascal introduziu-nos no espírito do Conclave, que vos viu particularmente ocupados em dias cansativos; e, também nesta ocasião, conseguistes narrar a beleza do amor de Cristo que nos une a todos e faz de nós um só povo, guiado pelo Bom Pastor.
Vivemos tempos difíceis de atravessar e narrar, que representam um desafio para todos nós, do qual não devemos fugir. Pelo contrário, estes tempos pedem a cada um de nós, nas nossas diferentes funções e serviços, que nunca cedamos à mediocridade. A Igreja deve aceitar o desafio do tempo e, do mesmo modo, não pode haver comunicação e jornalismo fora do tempo e da história. Como nos recorda Santo Agostinho, que dizia: «Vivamos bem e os tempos serão bons! Nós somos os tempos» (Sermão 80, 8).
Obrigado, portanto, pelo que fizestes para sair dos estereótipos e dos clichés através dos quais muitas vezes lemos a vida cristã e a vida da própria Igreja. Obrigado, porque conseguistes captar o essencial daquilo que somos e transmiti-lo por todos os meios ao mundo inteiro.
Hoje, um dos desafios mais importantes é promover uma comunicação capaz de nos fazer sair da “torre de Babel” em que, por vezes, nos encontramos, sair da confusão de linguagens sem amor, muitas vezes ideológicas ou sectárias. Por isso, o vosso serviço, com as palavras que usais e o estilo que empregais, é importante. Com efeito, a comunicação não é apenas a transmissão de informações, mas a criação de uma cultura, de ambientes humanos e digitais que se tornam espaços de diálogo e de confronto de ideias. E, olhando para a evolução tecnológica, esta missão torna-se ainda mais necessária. Penso, particularmente, na inteligência artificial com o seu imenso potencial que, no entanto, exige responsabilidade e discernimento para orientar as ferramentas para o bem de todos, a fim de que possam produzir benefícios para a humanidade. E esta responsabilidade diz respeito a todos, em proporção à idade e aos papéis sociais.
Caros amigos, com o tempo aprenderemos a conhecer-nos melhor. Temos vivido – podemos dizer juntos – dias muito especiais. Partilhámo-los com todos os meios de comunicação: televisão, rádio, Internet e redes sociais. Gostaria que cada um de nós pudesse dizer que estes meios nos revelaram um pouco do mistério da nossa humanidade e que nos deixaram um desejo de amor e de paz. É por isso que vos repito hoje o convite feito pelo Papa Francisco na sua última mensagem para o próximo Dia Mundial das Comunicações Sociais: desarmemos a comunicação de todos os preconceitos, rancores, fanatismos e ódios; limpemo-la da agressividade. Não precisamos de uma comunicação beligerante e musculosa, mas sim de uma comunicação capaz de escutar, de recolher a voz dos fracos que não têm voz. Desarmemos as palavras e ajudaremos a desarmar a Terra. Uma comunicação desarmada e desarmante permite-nos partilhar uma visão diferente do mundo e agir de forma coerente com a nossa dignidade humana
Vós estais na linha da frente, narrando conflitos e esperanças de paz, situações de injustiça, de pobreza, e o trabalho silencioso de tantos por um mundo melhor. É por isso que vos peço que escolhais, de forma consciente e corajosa, o caminho da comunicação da paz.
Obrigado a todos vós. Deus vos abençoe!
[00533-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Good morning and thank you for this wonderful reception! They say when they clap at the beginning it does not matter much… If you are still awake at the end, and still want to applaud… thank you very much!
[Dzień dobry i dziękuję za wspaniałe przyjęcie! Mówi się, że oklaski na początku nie mają większego znaczenia… Jeśli jednak na końcu nadal nie zaśniecie i nadal będziecie mieli ochotę klaskać… bardzo wam dziękuję!]
Bracia i Siostry!
Serdecznie witam was, przedstawicieli mediów z całego świata. Dziękuję wam za waszą pracę – zarówno tę wykonaną, jak i tę, którą wciąż wykonujecie w tych dniach, które są prawdziwie czasem łaski dla Kościoła.
W „Kazaniu na Górze” Jezus ogłosił: „Błogosławieni, którzy wprowadzają pokój” (Mt 5, 9). Chodzi o błogosławieństwo, które stawia wyzwania wobec każdego z nas, ale które w szczególny sposób odnosi się do was, wzywając każdego z was do dążenia do innej komunikacji – takiej, która nie dąży do konsensusu za wszelką cenę, nie posługuje się słowami pełnymi agresji, nie opiera się na modelu rywalizacji, i nigdy nie oddziela poszukiwania prawdy od miłości, z jaką mamy jej pokornie szukać. Pokój zaczyna się od każdego z nas: od sposobu, w jaki patrzymy na innych, jak ich słuchamy i jak o nich mówimy. W tym sensie sposób komunikowania się ma znaczenie fundamentalne: musimy powiedzieć „nie” wojnie słów i obrazów, musimy odrzucić paradygmat wojny.
Pozwólcie zatem, że dziś ponownie wyrażę solidarność Kościoła z dziennikarzami uwięzionymi za to, że próbowali mówić prawdę, a tymi słowami również proszę o uwolnienie tych uwięzionych dziennikarzy. Kościół dostrzega w tych świadkach – myślę tu o tych, którzy relacjonują wojny, nawet za cenę własnego życia – odwagę tych, którzy bronią godności, sprawiedliwości oraz prawa ludów do informacji, ponieważ tylko poinformowani obywatele mogą dokonywać wolnych wyborów. Cierpienie tych uwięzionych dziennikarzy porusza sumienia narodów i wspólnoty międzynarodowej, wzywając nas wszystkich do troski o ten cenny dar, jakim jest wolność słowa i wolność prasy.
Dziękuję, drodzy przyjaciele, za waszą służbę prawdzie. Przebywaliście w Rzymie przez ostatnie tygodnie, aby mówić o Kościele – o jego różnorodności, a zarazem o jego jedności. Towarzyszyliście liturgii Wielkiego Tygodnia, a potem opowiadaliście światu o bólu spowodowanym przez śmierć Papieża Franciszka, która nadeszła jednak w świetle Wielkanocy. Ta sama wiara paschalna wprowadziła nas w ducha Konklawe, podczas którego pracowaliście szczególnie intensywnie w tych trudnych dniach; i również przy tej okazji, udało wam się ukazać piękno miłości Chrystusa, która jednoczy nas wszystkich i sprawia, że jesteśmy jednym ludem, prowadzonym przez Dobrego Pasterza.
Żyjemy w czasach trudnych, zarówno do przeżywania, jak i do opowiedzenia. Stanowią one dla nas wszystkich wyzwanie, przed którym nie powinniśmy uciekać. Przeciwnie, wymagają one od każdego z nas, niezależnie od pełnionej roli i posługi, aby nie ulegać przeciętności. Kościół musi podjąć wyzwania czasu i, w ten sam sposób, komunikacja i dziennikarstwo nie mogą istnieć poza czasem i historią. Jak przypomina nam o tym św. Augustyn, mówiąc: „Żyjmy dobrze, a czasy będą dobre” (por. Sermo 80, 8). My jesteśmy czasami.
Dziękuję zatem za to, co zrobiliście, by wyjść poza stereotypy i slogany, poprzez które tak często odczytujemy życie chrześcijańskie i samo życie Kościoła. Dziękuję, ponieważ zdołaliście uchwycić istotę tego, kim jesteśmy, i przekazać to całemu światu za pośrednictwem wszystkich środków przekazu.
Dziś, jednym z najważniejszych wyzwań jest promowanie komunikacji, zdolnej wyprowadzić nas z „wieży Babel”, w której czasami się znajdujemy, z zamętu języków pozbawionych miłości, często ideologicznych lub stronniczych. Dlatego wasza posługa – słowa, których używacie i styl, który przyjmujecie – jest ważna. Komunikacja, bowiem, nie jest tylko przekazywaniem informacji, ale także tworzeniem kultury, środowisk ludzkich i cyfrowych, które stają się przestrzeniami dialogu i konfrontacji. A patrząc jak rozwija się technologia, ta misja staje się coraz bardziej konieczna. Myślę tu szczególnie o sztucznej inteligencji, z jej ogromnym potencjałem, która wymaga jednak odpowiedzialności i rozeznania, aby właściwie ją wykorzystać dla dobra wszystkich, tak aby mogła przynosić korzyści dla ludzkości. I ta odpowiedzialność dotyczy wszystkich, proporcjonalnie do wieku i roli w społeczeństwie.
Drodzy przyjaciele, z czasem poznamy się lepiej. Przeżyliśmy – możemy to wspólnie powiedzieć – dni naprawdę szczególne. Dzieliliśmy je za pośrednictwem wszystkich środków komunikacji: telewizji, radia, internetu i mediów społecznościowych. Chciałbym bardzo, aby każdy z nas mógł powiedzieć o tych dniach, że odsłoniły nam cząstkę tajemnicy naszego człowieczeństwa, i pozostawiły nam pragnienie miłości i pokoju. Z tego powodu powtarzam wam dzisiaj zachętę, którą Papież Franciszek skierował w swoim ostatnim przesłaniu na najbliższy Światowy Dzień Środków Społecznego Przekazu: rozbrójmy komunikację z wszelkich uprzedzeń i urazów, fanatyzmu i nienawiści; oczyśćmy ją z agresji. Nie potrzeba głośnej, brutalnej komunikacji, lecz raczej komunikacji, która potrafi słuchać, zbierać głos słabych, którzy nie mają głosu. Rozbrójmy słowa, a przyczynimy się do rozbrojenia Ziemi. Rozbrojona i rozbrajająca komunikacja pozwoli nam podzielić się innym spojrzeniem na świat i działać w sposób zgodny z naszą ludzką godnością.
Jesteście na pierwszej linii frontu, informując o konfliktach i nadziejach na pokój, o sytuacjach niesprawiedliwości i ubóstwa oraz cichej pracy wielu ludzi, na rzecz lepszego świata. Z tego powodu proszę was, abyście świadomie i odważnie wybierali drogę komunikacji na rzecz pokoju.
Dziękuję wam wszystkim. Niech Bóg wam błogosławi!
[00533-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
كلمة قداسة البابا لاوُن الرَّابع عشر
إلى العاملين في وسائل التّواصل والإعلام
12 أيّار/مايو 2025
قاعة بولس السّادس
صباح الخير، وشكرًا على هذا الاستقبال الجميل! يقولون إنّ التّصفيق في البداية لا يهمّ كثيرًا... إن كنتم لا تزالون مستيقظين في النّهاية، ولا تزالون ترغبون في التّصفيق [هذا ما يهمّ]... شكرًا جزيلًا لكم!
الإخوة والأخوات،
أرحّب بكم، أنتم ممثّلي وسائل الإعلام من جميع أنحاء العالم. أشكركم على العمل الذي قمتم به وتقومون به في هذا الوقت، الذي هو بشكل أساسيّ وقت نعمة بالنّسبة للكنيسة.
في ”العظة على الجبل“، قال يسوع: "طوبى لِلسَّاعينَ إِلى السَّلام" (متّى 5، 9). إنّها تطويبة تتحدّانا كلّنا، وهي موجَّهة إليكم بصورة خاصّة، وتدعو كلّ واحد إلى أن يلتزم ويحمل إعلامًا مختلفًا، لا يسعى إلى نيل الاستحسان بأيّ ثمن، ولا يلجأ إلى الألفاظ العدائيّة، ولا يسير بحسب منطق التّنافس، ولا يفصل أبدًا بين البحث عن الحقيقة وبين المحبّة التي يجب أن نتحلّى بها في سعينا المتواضع إليها. السّلام يبدأ من داخل كلّ واحد منّا: من الطّريقة التي ننظر بها إلى الآخرين، والتي نصغي بها إليهم، ونتكلّم عليهم. وبهذا المعنى، فإنّ الطّريقة التي نتواصل بها لها أهمّيّة أساسيّة: يجب أن نقول ”لا“ لحرب الكلمات والصّور، ويجب أن نرفض منطق الحرب.
اسمحوا لي، إذًا، أن أُجدّد اليوم تضامن الكنيسة مع الصّحفيّين المعتقلين بسبب سعيهم لقول الحقيقة، وبهذه الكلمات أطالب أيضًا بإطلاق سراحهم. الكنيسة ترى في هؤلاء الشّهود – أفكّر في الذين ينقلون وقائع الحروب حتّى ولو على حساب حياتهم – الشّجاعة في من يُدافع عن الكرامة والعدل وحقّ الشّعوب في المعرفة، لأنّ الشّعوب الواعية فقط يمكنها أن تختار بحرّيّة. معاناة هؤلاء الصّحفيّين المسجونين تُخاطب ضمير الأمم والمجتمع الدّولي، وتدعونا جميعًا إلى أن نكون حُرّاسًا للخير الثّمين الذي هو حرّيّة التّعبير والصّحافة.
شكرًا لكم، أيّها الأصدقاء الأعزّاء، على خدمتكم للحقيقة. كنتم في روما في هذه الأسابيع لتغطية أخبار الكنيسة، بتنوّعها ووحدتها في الوقت نفسه. رافقتم طقوس الأسبوع المقدّس، ثمّ نقلتم ألم فقدان البابا فرنسيس، الذي حدث في نور الفصح. وأدخلنا هذا الإيمان الفصحيّ نفسه في روح مجمع انتخاب البابا (الكونكلاف)، الذي شهدكم منشغلين بشكل خاصّ في أيّام شاقّة، وحتّى في هذه المناسبة، استطعتم أن ترووا جمال محبّة المسيح التي توحّدنا جميعًا وتجعلنا نكون شعبًا واحدًا، يقوده الرّاعي الصّالح.
نعيش أوقاتًا يصعب عيشها ويصعب الكلام عليها، وهي تمثّل تحدّيًا لنا جميعًا ينبغي ألّا نهرب منه. بل العكس، إنّها تطلب من كلّ واحد منّا، في مختلف أدوارنا وخدماتنا، ألّا نستسلم للفتور أبدًا. يجب على الكنيسة أن تقبل تحدّي الزّمن، وفي الوقت نفسه، لا يمكن أن يكون هناك تواصل أو صحافة مفصولَين عن الزّمن وعن التّاريخ. كما يُذكّرنا القدّيس أغسطينس، الذي قال: ”لنعِشْ جيّدًا وسيكون الزّمن جيّدًا، لأنّنا نحنُ الزّمن“ (راجع العظة 80، 8).
شكرًا لكم إذًا، على ما قمتم به من أجل الخروج من القوالب النّمطيّة والمفاهيم العامّة، التي من خلالها نقرأ مرارًا الحياة المسيحيّة وحياة الكنيسة نفسها. شكرًا لأنّكم استطعتم أن تدركوا جوهر ما نحن وما نقول، وتنقلوه إلى العالم بكلّ الوسائل الممكنة.
اليوم، من أهمّ التّحدّيات التي نواجهها هي تعزيز تواصل قادر أن يُخرجنا من ”برج بابل“ الذي نجد أنفسنا فيه أحيانًا، ومن فوضى اللغات الخالية من المحبّة، وهي مرارًا أيدولوجيّة أو متحيّزة. لذلك، فإنّ خدمتكم لها أهمّيّة كبيرة، بالكلمات التي تختارونها والأسلوب الذي تتّبعونه. في الواقع، التّواصل ليس مجرّد نقلٍ للمعلومات، بل هو خلق ثقافة، وبيئات إنسانيّة ورقميّة تصير مساحات للحوار والتّلاقي. ومع التّطوّر التّكنولوجيّ، تزداد ضرورة هذه الرّسالة. أفكّر بشكل خاصّ في الذّكاء الاصطناعيّ، وبإمكانيّاته الهائلة، لكنّه يتطلّب، في المقابل، مسؤوليّة وفطنة في التّمييز، لكي نوجّه هذه الأدوات إلى خير الجميع، وتعود بالفائدة على البشريّة. وهذه المسؤوليّة تقع على الجميع، على كلّ واحد بحسب عمره ودوره الاجتماعيّ.
أيّها الأصدقاء الأعزّاء، سنتعلّم مع مرور الوقت أن نتعرّف بعضنا على بعض بشكل أفضل. يمكن أن نقول إنَّا عشنا أيّامًا استثنائيّة حقًّا. شاركنا فيها، وشاركتم فيها بكلّ وسيلة من وسائل التّواصل: التّلفاز، والرّاديو، والإنترنت، ووسائل التّواصل الاجتماعيّ. أودّ كثيرًا أن يستطيع كلٌّ منّا أن يقول عن هذه الأيّام إنّها كشفت لنا شيئًا من سرّ إنسانيّتنا، وتركت فينا رغبة في المحبّة والسّلام. لذلك أُكرّر عليكم اليوم الدّعوة التي وجّهها البابا فرنسيس في رسالته الأخيرة في مناسبة اليوم العالميّ لوسائل التّواصل الاجتماعيّ: لنجرِّدْ وسائل التّواصل من كلّ الأحكام المسبقة، ومن الضّغينة والتعصّب والكراهية، ولنُطهّرها من العدوانيّة. لسنا بحاجة إلى تواصل صاخب أو استعراضي، بل إلى تواصل قادر على الإصغاء، وعلى سماع صوت الضّعفاء الذين لا صوت لهم. لننزع السّلاح من الكلمات، فنساهم في نزع السّلاح من الأرض. فالتّواصل المجرَّد من السّلاح، يُجرِّد من السّلاح، ويسمح لنا بأن نشارك في نظرة مختلفة إلى العالم، وأن نتصرّف بما ينسجم مع كرامتنا الإنسانيّة.
أنتم في الخطوط الأماميّة في نقل أخبار الصّراعات والرّجاء بالسّلام، وفي وصف أوضاع الظّلم والفقر، وفي إظهار الجهود الصّامتة التي يبذلها الكثيرون من أجل عالم أفضل. لذلك أطلب منكم أن تختاروا، بوعيٍ وشجاعة، طريق تواصلٍ يؤدّي إلى السّلام.
شكرًا لكم جميعًا. بارككم الله!
[00533-AR.01] [Testo originale: Italiano]
[B0309-XX.02]