Discorso del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Questa mattina, il Santo Padre Leone XIV ha incontrato i Membri del Collegio Cardinalizio, ai quali ha rivolto un discorso, seguito da una conversazione che ha ripreso alcuni temi e proposte emersi negli interventi delle Congregazioni Generali. Pubblichiamo di seguito il testo del discorso pronunciato dal Santo Padre:
Discorso del Santo Padre
Tante grazie, Eminenza. Prima di prendere i posti cominciamo con una preghiera, chiedendo che il Signore continui ad accompagnare questo Collegio e soprattutto tutta la Chiesa con questo spirito, anche entusiasmo, però di profonda fede. Preghiamo insieme in latino.
Pater noster… Ave Maria…
Nella prima parte di questo incontro c’è un piccolo discorso con le riflessioni che vorrei condividere con voi. Ma poi ci sarà una seconda parte, un po’ come l’esperienza che molti di voi avete chiesto, di una specie di condivisione con il Collegio Cardinalizio per poter sentire quali consigli, suggerimenti, proposte, cose molto concrete, di cui si è già parlato un po’ nei giorni prima del Conclave.
Fratelli Cardinali!
Saluto e ringrazio tutti voi per questo incontro e per i giorni che lo hanno preceduto, dolorosi per la perdita del Santo Padre Francesco, impegnativi per le responsabilità affrontate insieme e al tempo stesso, secondo la promessa che Gesù stesso ci ha fatto, ricchi di grazia e di consolazione nello Spirito (cfr Gv 14,25-27).
Voi, cari Cardinali, siete i più stretti collaboratori del Papa, e ciò mi è di grande conforto nell'accettare un giogo chiaramente di gran lunga superiore alle mie forze, come a quelle di chiunque. La vostra presenza mi ricorda che il Signore, che mi ha affidato questa missione, non mi lascia solo nel portarne la responsabilità. So prima di tutto di poter contare sempre, sempre sul suo aiuto, l’aiuto del Signore, e, per sua Grazia e Provvidenza, sulla vicinanza vostra e di tanti fratelli e sorelle che in tutto il mondo credono in Dio, amano la Chiesa e sostengono con la preghiera e con le buone opere il Vicario di Cristo.
Ringrazio il Decano del Collegio Cardinalizio, Cardinale Giovanni Battista Re – merita un applauso, almeno uno se non di più –, la cui sapienza, frutto di una lunga vita e di tanti anni di fedele servizio alla Sede Apostolica, ci ha molto aiutato in questo tempo. Ringrazio il Camerlengo di Santa Romana Chiesa, Cardinale Kevin Joseph Farrell – credo che è qui presente –, per il prezioso e impegnativo ruolo che ha svolto nel tempo della Sede Vacante e della Convocazione del Conclave. Rivolgo il mio pensiero anche ai fratelli Cardinali che, per ragioni di salute, non hanno potuto essere presenti e con voi mi stringo a loro in comunione di affetto e di preghiera.
In questo momento, ad un tempo triste e lieto, provvidenzialmente avvolto dalla luce della Pasqua, vorrei che guardassimo assieme alla dipartita del compianto Santo Padre Francesco e al Conclave come a un evento pasquale, una tappa del lungo esodo attraverso cui il Signore continua a guidarci verso la pienezza della vita; e in questa prospettiva affidiamo al «Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione» (2Cor 1,3) l’anima del defunto Pontefice e anche il futuro della Chiesa.
Il Papa, a cominciare da San Pietro e fino a me, suo indegno Successore, è un umile servitore di Dio e dei fratelli, non altro che questo. Bene lo hanno mostrato gli esempi di tanti miei Predecessori, da ultimo quello di Papa Francesco stesso, con il suo stile di piena dedizione nel servizio e sobria essenzialità nella vita, di abbandono in Dio nel tempo della missione e di serena fiducia nel momento del ritorno alla Casa del Padre. Raccogliamo questa preziosa eredità e riprendiamo il cammino, animati dalla stessa speranza che viene dalla fede.
È il Risorto, presente in mezzo a noi, che protegge e guida la Chiesa e che continua a ravvivarla nella speranza, attraverso l’amore «riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato» (Rm 5,5). A noi spetta farci docili ascoltatori della sua voce e fedeli ministri dei suoi disegni di salvezza, ricordando che Dio ama comunicarsi, più che nel fragore del tuono e del terremoto, nel «sussurro di una brezza leggera» (1Re 19,12) o, come alcuni traducono, in una “sottile voce di silenzio”. È questo l’incontro importante, da non perdere, e a cui educare e accompagnare tutto il santo Popolo di Dio che ci è affidato.
Nei giorni scorsi, abbiamo potuto vedere la bellezza e sentire la forza di questa immensa comunità, che con tanto affetto e devozione ha salutato e pianto il suo Pastore, accompagnandolo con la fede e con la preghiera nel momento del suo definitivo incontro con il Signore. Abbiamo visto qual è la vera grandezza della Chiesa, che vive nella varietà delle sue membra unite all’unico Capo, Cristo, «pastore e custode» (1Pt 2,25) delle nostre anime. Essa è il grembo da cui anche noi siamo stati generati e al tempo stesso il gregge (cfr Gv 21,15-17), il campo (cfr Mc 4,1-20) che ci è dato perché lo curiamo e lo coltiviamo, lo alimentiamo con i Sacramenti della salvezza e lo fecondiamo con il seme della Parola, così che, solido nella concordia ed entusiasta nella missione, cammini, come già gli Israeliti nel deserto, all’ombra della nube e alla luce del fuoco di Dio (cfr Es 13,21).
E in proposito vorrei che insieme, oggi, rinnovassimo la nostra piena adesione, in tale cammino, alla via che ormai da decenni la Chiesa universale sta percorrendo sulla scia del Concilio Vaticano II. Papa Francesco ne ha richiamato e attualizzato magistralmente i contenuti nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, di cui voglio sottolineare alcune istanze fondamentali: il ritorno al primato di Cristo nell’annuncio (cfr n. 11); la conversione missionaria di tutta la comunità cristiana (cfr n. 9); la crescita nella collegialità e nella sinodalità (cfr n. 33); l’attenzione al sensus fidei (cfr nn. 119-120), specialmente nelle sue forme più proprie e inclusive, come la pietà popolare (cfr n. 123); la cura amorevole degli ultimi, e degli scartati (cfr n. 53); il dialogo coraggioso e fiducioso con il mondo contemporaneo nelle sue varie componenti e realtà (cfr n. 84; Concilio Vaticano II, Cost. Past. Gaudium et spes, 1-2).
Si tratta di principi del Vangelo che da sempre animano e ispirano la vita e l’opera della Famiglia di Dio, di valori attraverso i quali il volto misericordioso del Padre si è rivelato e continua a rivelarsi nel Figlio fatto uomo, speranza ultima di chiunque cerchi con animo sincero la verità, la giustizia, la pace e la fraternità (cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Spe salvi, 2; Francesco, Bolla Spes non confundit, 3).
Proprio sentendomi chiamato a proseguire in questa scia, ho pensato di prendere il nome di Leone XIV. Diverse sono le ragioni, però principalmente perché il Papa Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro.
Fratelli carissimi, vorrei concludere questa prima parte del il nostro incontro facendo mio – e proponendo anche a voi – l’auspicio che San Paolo VI, nel 1963, pose all’inizio del suo Ministero petrino: «Passi su tutto il mondo come una grande fiamma di fede e di amore che accenda tutti gli uomini di buona volontà, ne rischiari le vie della collaborazione reciproca, e attiri sull’umanità, ancora e sempre, l’abbondanza delle divine compiacenze, la forza stessa di Dio, senza l’aiuto del Quale, nulla è valido, nulla è santo» (Messaggio all’intera Famiglia Umana Qui fausto die, 22 giugno 1963).
Siano questi anche i nostri sentimenti, da tradurre in preghiera e impegno, con l’aiuto del Signore. Grazie!
[00526-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Merci beaucoup, Éminence. Avant de prendre place, commençons par une prière, en demandant au Seigneur de continuer à accompagner ce Collège et surtout toute l'Église dans cet esprit, avec enthousiasme, mais aussi avec une foi profonde. Prions ensemble en latin.
Pater noster… Ave Maria…
Dans la première partie de cette rencontre, il y aura une petit discours avec quelques réflexions que j'aimerais partager avec vous. Mais ensuite, il y aura une deuxième partie, un peu comme l'expérience que beaucoup d'entre vous ont demandée, une sorte de partage avec le Collège cardinalice afin de pouvoir entendre quels conseils, suggestions, propositions, des choses très concrètes, dont on a déjà un peu parlé dans les jours qui ont précédé le Conclave.
Frères Cardinaux !
Je vous salue et vous remercie tous pour cette rencontre et pour les jours qui l'ont précédée, douloureux pour la perte du Saint-Père François, exigeants en raison des responsabilités que nous avons affrontées ensemble et en même temps, selon la promesse que Jésus lui-même nous a faite, riches en grâces et en consolations dans l'Esprit (cf. Jn 14, 25-27).
Vous êtes, chers Cardinaux, les plus proches collaborateurs du Pape, et c'est pour moi un grand réconfort dans l'acceptation d'un fardeau qui est manifestement bien au-delà de mes forces, comme de celles de n'importe qui d'autre. Votre présence me rappelle que le Seigneur, qui m'a confié cette mission, ne me laisse pas seul pour en porter la responsabilité. Je sais avant tout que je peux toujours, toujours, compter sur son aide, l’aide du Seigneur, et, par sa Grâce et sa Providence, sur votre proximité et celle de nombre de frères et sœurs qui, dans le monde entier, croient en Dieu, aiment l'Église et soutiennent le Vicaire du Christ par la prière et les bonnes œuvres.
Je remercie le Doyen du Collège des Cardinaux, le Cardinal Giovanni Battista Re – il mérite un applaudissement, un au moins sinon plus – dont la sagesse, fruit d'une longue vie et de nombreuses années de service fidèle au Siège Apostolique, nous a beaucoup aidés en cette période. Je remercie le Camerlingue de la Sainte Église romaine, le Cardinal Kevin Joseph Farrell – je crois qu’il est ici présent – pour le rôle précieux et exigeant qu'il a joué pendant la vacance du Siège et la convocation du Conclave. J'adresse également mes pensées à mes frères cardinaux qui, pour des raisons de santé, n'ont pu être présents et je m'associe à eux en communion d'affection et de prière.
En ce moment, à la fois triste et heureux, providentiellement enveloppé de la lumière de Pâques, je voudrais que nous regardions ensemble le départ du regretté Pape François et le Conclave comme un événement pascal, l'étape d'un long exode à travers lequel le Seigneur continue de nous guider vers la plénitude de la vie ; et dans cette perspective, nous confions au « Père miséricordieux et Dieu de toute consolation » (2 Co 1, 3) l'âme du défunt Pontife et aussi l'avenir de l'Église.
Le Pape, depuis saint Pierre jusqu'à moi, son indigne successeur, est un humble serviteur de Dieu et de ses frères, et rien d'autre. Les exemples de tant de mes prédécesseurs l'ont bien montré, et plus récemment celui du Pape François lui-même, avec son style de dévouement total dans le service et de sobre manière d'être dans la vie, d'abandon à Dieu pendant le temps de la mission et de confiance sereine au moment du retour à la maison du Père. Recueillons ce précieux héritage et remettons-nous en route, animés par la même espérance qui naît de la foi.
C'est le Ressuscité, présent parmi nous, qui protège et guide l'Église et qui continue à la faire revivre dans l'espérance, par l'amour « répandu dans nos cœurs par l'Esprit Saint qui nous a été donné » (Rm 5, 5). Il nous appartient de nous faire les auditeurs dociles de sa voix et les ministres fidèles de ses desseins de salut, en nous rappelant que Dieu aime se communiquer, plus que dans le fracas du tonnerre et des tremblements de terre, dans le « murmure d'une brise légère » (1 R 19, 12) ou, comme certains le traduisent, dans une « voix subtile de silence ». Telle est la rencontre importante, à ne pas manquer, à laquelle il faut éduquer et accompagner tout le saint peuple de Dieu qui nous est confié.
Ces derniers jours, nous avons pu voir la beauté et sentir la force de cette immense communauté qui a salué et pleuré son pasteur avec beaucoup d'affection et de dévotion, l'accompagnant avec foi et prière au moment de sa rencontre définitive avec le Seigneur. Nous avons vu quelle est la véritable grandeur de l'Église, qui vit dans la diversité de ses membres unis à l'unique Tête, le Christ, « pasteur et gardien » (1P2,25) de nos âmes. Elle est le sein dans lequel nous sommes engendrés et, en même temps, le troupeau (cf. Jn 21, 15-17), le champ (cf. Mc 4, 1-20) qui nous est donné pour que nous le soignions et le cultivions, que nous le nourrissions des sacrements du salut et que nous le fécondions avec la semence de la Parole, de sorte que, ferme dans la concorde et enthousiaste dans la mission, il puisse marcher, comme autrefois les Israélites dans le désert, à l'ombre de la nuée et à la lumière du feu de Dieu (cf. Ex 13, 21).
Et à cet égard, je voudrais que nous renouvelions ensemble, aujourd'hui, notre pleine adhésion au chemin que l'Église universelle suit depuis des décennies dans le sillage du Concile Vatican II. Le Pape François en a magistralement rappelé et actualisé le contenu dans l'Exhortation apostolique Evangelii gaudium, dont je voudrais souligner quelques aspects fondamentaux : le retour à la primauté du Christ dans l'annonce (cf. n° 11) ; la conversion missionnaire de toute la communauté chrétienne (cf. n° 9) ; la croissance dans la collégialité et la synodalité (cf. n° 33); l'attention au sensus fidei (cf. nos 119-120), en particulier dans ses formes les plus authentiques et les plus inclusives, comme la piété populaire (cf. n° 123) ; l'attention affectueuse aux plus petits et aux laissés-pour-compte (cf. n° 53) ; le dialogue courageux et confiant avec le monde contemporain dans ses diverses composantes et réalités (cf. n° 84 ; Concile Vatican II, Constitution pastorale Gaudium et spes, 1-2).
Il s'agit de principes évangéliques qui ont toujours animé et inspiré la vie et l'œuvre de la Famille de Dieu, de valeurs à travers lesquelles le visage miséricordieux du Père s'est révélé et continue de se révéler dans le Fils fait homme, espérance ultime de quiconque recherche sincèrement la vérité, la justice, la paix et la fraternité (cf. Benoît XVI, Lett. enc. Spe salvi, 2 ; François, Bulle Spes non confundit, n. 3).
C'est précisément parce que je me sens appelé à poursuivre dans ce sillage que j'ai pensé à prendre le nom de Léon XIV. Il y a plusieurs raisons, mais principalement parce que le Pape Léon XIII, avec l'encyclique historique Rerum novarum, a abordé la question sociale dans le contexte de la première grande révolution industrielle ; et aujourd'hui l'Église offre à tous son héritage de doctrine sociale pour répondre à une autre révolution industrielle et aux développements de l'intelligence artificielle, qui posent de nouveaux défis pour la défense de la dignité humaine, de la justice et du travail.
Chers frères, je voudrais conclure cette première partie de notre rencontre en faisant mien - et en vous proposant également - le souhait que saint Paul VI, en 1963, plaçait au début de son ministère pétrinien : « Qu'elle passe sur le monde entier comme une grande flamme de foi et d'amour qui enflamme tous les hommes de bonne volonté, éclaire leurs chemins de collaboration mutuelle et attire sur l'humanité, encore et toujours, l'abondance de la divine complaisance, la puissance même de Dieu, sans l'aide duquel rien n'est valable, rien n'est saint » (Message à toute la famille humaine Qui fausto die, 22 juin 1963).
Que ces sentiments soient aussi les nôtres, à traduire en prière et en engagement, avec l'aide du Seigneur. Merci!
[00526-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Thank you very much, Your Eminence. Before taking our seats, let us begin with a prayer, asking the Lord to continue to accompany this College, and above all the entire Church with this spirit, with enthusiasm, but also with deep faith. Let us pray together in Latin.
Pater noster… Ave Maria…
In the first part of this meeting, there will be a short talk with some reflections that I would like to share with you. But then there will be a second part, a bit like the opportunity that many of you had asked for: a sort of dialogue with the College of Cardinals to hear what advice, suggestions, proposals, concrete things, which have already been discussed in the days leading up to the Conclave.
Dear Brother Cardinals,
I greet all of you with gratitude for this meeting and for the days that preceded it. Days that were sad because of the loss of the Holy Father Pope Francis and demanding due to the responsibilities we confronted together, yet at the same time, in accordance with the promise Jesus himself made to us, days rich in grace and consolation in the Spirit (cf. Jn 14:25-27).
You, dear Cardinals, are the closest collaborators of the Pope. This has proved a great comfort to me in accepting a yoke clearly far beyond my own limited powers, as it would be for any of us. Your presence reminds me that the Lord, who has entrusted me with this mission, will not leave me alone in bearing its responsibility. I know, before all else, that I can always count on his help, the help of the Lord, and through his grace and providence, on your closeness and that of so many of our brothers and sisters throughout the world who believe in God, love the Church and support the Vicar of Christ by their prayers and good works.
I thank the Dean of the College of Cardinals, Cardinal Giovanni Battista Re – who deserves applause, at least once, if not more – whose wisdom, the fruit of a long life and many years of faithful service to the Apostolic See, has helped us greatly during this time. I thank the Camerlengo of the Holy Roman Church, Cardinal Kevin Joseph Farrell – I believe he is present today – for the important and demanding work that he has done throughout the period of the Vacant See and for the convocation of the Conclave. My thoughts also go to our brother Cardinals who, for reasons of health, were unable to be present, and I join you in embracing them in communion of affection and prayer.
At this moment, both sad and joyful, providentially bathed in the light of Easter, I would like all of us to see the passing of our beloved Holy Father Pope Francis and the Conclave as a paschal event, a stage in that long exodus through which the Lord continues to guide us towards the fullness of life. In this perspective, we entrust to the “merciful Father and God of all consolation” (2 Cor 1:3) the soul of the late Pontiff and also the future of the Church.
Beginning with Saint Peter and up to myself, his unworthy Successor, the Pope has been a humble servant of God and of his brothers and sisters, and nothing more than this. It has been clearly seen in the example of so many of my Predecessors, and most recently by Pope Francis himself, with his example of complete dedication to service and to sober simplicity of life, his abandonment to God throughout his ministry and his serene trust at the moment of his return to the Father’s house. Let us take up this precious legacy and continue on the journey, inspired by the same hope that is born of faith.
It is the Risen Lord, present among us, who protects and guides the Church, and continues to fill her with hope through the love “poured into our hearts through the Holy Spirit who has been given to us” (Rom 5:5). It is up to us to be docile listeners to his voice and faithful ministers of his plan of salvation, mindful that God loves to communicate himself, not in the roar of thunder and earthquakes, but in the “whisper of a gentle breeze” (1 Kings 19:12) or, as some translate it, in a “sound of sheer silence.” It is this essential and important encounter to which we must guide and accompany all the holy People of God entrusted to our care.
In these days, we have been able to see the beauty and feel the strength of this immense community, which with such affection and devotion has greeted and mourned its Shepherd, accompanying him with faith and prayer at the time of his final encounter with the Lord. We have seen the true grandeur of the Church, which is alive in the rich variety of her members in union with her one Head, Christ, “the shepherd and guardian” (1 Peter 2:25) of our souls. She is the womb from which we were born and at the same time the flock (cf. Jn 21:15-17), the field (cf. Mk 4:1-20) entrusted to us to protect and cultivate, to nourish with the sacraments of salvation and to make fruitful by our sowing the seed of the Word, so that, steadfast in one accord and enthusiastic in mission, she may press forward, like the Israelites in the desert, in the shadow of the cloud and in the light of God’s fire (cf. Ex 13:21).
In this regard, I would like us to renew together today our complete commitment to the path that the universal Church has now followed for decades in the wake of the Second Vatican Council. Pope Francis masterfully and concretely set it forth in the Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, from which I would like to highlight several fundamental points: the return to the primacy of Christ in proclamation (cf. No. 11); the missionary conversion of the entire Christian community (cf. No. 9); growth in collegiality and synodality (cf. No. 33); attention to the sensus fidei (cf. Nos. 119-120), especially in its most authentic and inclusive forms, such as popular piety (cf. No. 123); loving care for the least and the rejected (cf. No. 53); courageous and trusting dialogue with the contemporary world in its various components and realities (cf. No. 84; Second Vatican Council, Pastoral Constitution Gaudium et Spes, 1-2).
These are evangelical principles that have always inspired and guided the life and activity of God’s Family. In these values, the merciful face of the Father has been revealed and continues to be revealed in his incarnate Son, the ultimate hope of all who sincerely seek truth, justice, peace and fraternity (cf. Benedict XVI, Spe Salvi, 2; Francis, Spes Non Confundit, 3).
Sensing myself called to continue in this same path, I chose to take the name Leo XIV. There are different reasons for this, but mainly because Pope Leo XIII in his historic Encyclical Rerum Novarum addressed the social question in the context of the first great industrial revolution. In our own day, the Church offers to everyone the treasury of her social teaching in response to another industrial revolution and to developments in the field of artificial intelligence that pose new challenges for the defence of human dignity, justice and labour.
Dear brothers, I would like to conclude the first part of our meeting by making my own – and proposing to you as well – the hope that Saint Paul VI expressed at the inauguration of his Petrine Ministry in 1963: “May it pass over the whole world like a great flame of faith and love kindled in all men and women of good will. May it shed light on paths of mutual cooperation and bless humanity abundantly, now and always, with the very strength of God, without whose help nothing is valid, nothing is holy” (Message Qui Fausto Die addressed to the entire human family, 22 June 1963).
May these also be our sentiments, to be translated into prayer and commitment, with the Lord’s help. Thank you!
[00526-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua spagnola
Muchas gracias, Eminencia:
Antes de sentarnos comencemos con una oración, pidiendo que el Señor siga acompañando el Colegio y a toda la Iglesia con este espíritu y entusiasmo, que es sin embargo de profunda fe. Recemos juntos en latín: Pater noster… Ave María…
En la primera parte del encuentro hay un pequeño discurso con las reflexiones que quisiera compartir con ustedes. Pero después habrá una segunda parte, que muchos han solicitado, será una especie de diálogo con el Colegio Cardenalicio en el cual poder escuchar los consejos, las sugerencias, las propuestas concretas, de las cuales ya se ha hablado en los días anteriores al cónclave.
Hermanos cardenales:
Los saludo y les agradezco a todos por este encuentro y por los días que lo han precedido, dolorosos por la pérdida del Santo Padre Francisco, arduos por las responsabilidades afrontadas juntos y, al mismo tiempo, según la promesa que Jesús mismo nos ha hecho, ricos de gracia y de consolación en el Espíritu (cf. Jn 14,25-27).
Ustedes, queridos cardenales, son los más estrechos colaboradores del Papa, y esto me sirve de consuelo al aceptar un yugo que claramente supera no sólo mis fuerzas, sino a las de cualquier otro. Su presencia me recuerda que el Señor, que me ha confiado esta misión, no me deja solo con la carga de esta responsabilidad. Ante todo, sé que cuento siempre, siempre, con su auxilio, el auxilio del Señor, y, por su Gracia y Providencia, con la cercanía de ustedes y de tantos hermanos y hermanas que en el mundo entero creen en Dios, aman a la Iglesia y sostienen con la oración y las buenas obras al Vicario de Cristo.
Mi agradecimiento al Decano del Colegio Cardenalicio, el cardenal Giovanni Battista Re —merece un aplauso, al menos uno, si no más— que, con su sabiduría, fruto de una larga vida y de muchos años de fiel servicio a la Sede Apostólica, nos ha ayudado mucho en este tiempo. También agradezco al Camarlengo de la santa Iglesia romana, el cardenal Kevin Joseph Farrell —creo que está aquí presente—, por el valioso y difícil papel que ha desempeñado durante el tiempo de la Sede Vacante y la convocación del cónclave. Dirijo también mi pensamiento a los hermanos cardenales que, por razones de salud, no han podido estar presentes y, junto con ustedes, me uno a ellos en comunión de afecto y oración.
En este momento, a la vez triste y alegre, envuelto providencialmente en la luz de la Pascua, quisiera que contempláramos juntos el tránsito del recordado Santo Padre Francisco y el cónclave como un acontecimiento pascual, una etapa del largo éxodo a través del cual el Señor sigue guiándonos hacia la plenitud de la vida. En esta perspectiva, confiamos al «Padre de las misericordias y Dios de todo consuelo» (2 Co 1,3) el alma del Pontífice difunto y también el futuro de la Iglesia.
El Papa, desde san Pedro hasta mí, su indigno sucesor, es un humilde siervo de Dios y de los hermanos, y nada más que esto. Lo han demostrado bien los ejemplos de muchos de mis predecesores, como el del Papa Francisco mismo, con su estilo de total dedicación al servicio y de sobria esencialidad de vida, de abandono en Dios durante el tiempo de la misión y de serena confianza en el momento del retorno a la Casa del Padre. Recojamos esta valiosa herencia y retomemos el camino, animados por la misma esperanza que nos viene de la fe.
Es el Resucitado, presente en medio de nosotros, quien protege y guía a la Iglesia, y continúa a reavivarla en la esperanza, a través del amor que «ha sido derramado en nuestros corazones por el Espíritu Santo, que nos ha sido dado» (Rm 5,5). A nosotros nos toca ser dóciles oyentes de su voz y ministros fieles de sus designios de salvación, recordando que Dios ama comunicarse, más que en el fragor del trueno o del terremoto, en «el rumor de una brisa suave» (1 R 19,12) o, como lo traducen algunos, en una “sutil voz de silencio”. Este es el encuentro importante, que no hay que perder, y hacia el cual hay que educar y acompañar a todo el santo Pueblo de Dios que nos ha sido confiado.
En los días pasados hemos podido ver la belleza y sentir la fuerza de esta inmensa comunidad que, con tanto afecto y devoción, ha despedido y llorado a su Pastor, acompañándolo con la fe y la oración hasta su encuentro definitivo con el Señor. Hemos visto cuál es la verdadera grandeza de la Iglesia, que vive en la variedad de sus miembros, unidos a su única Cabeza, Cristo «Pastor y Guardián» (1 P 2,25) de nuestras almas. Ella es el vientre en el que también nosotros fuimos generados y, al mismo tiempo, la grey (cf. Jn 21,15-17), el campo (cf. Mc 4, 1-20) que se nos ha entregado para que lo cuidemos y lo cultivemos, lo alimentemos con los Sacramentos de salvación y lo fecundemos con la semilla de la Palabra, de manera que, sólido en la concordia y entusiasta en la misión, camine, como una vez los israelitas en el desierto, a la sombra de la nube y a la luz del fuego de Dios (cf. Ex 13,21).
Y a este propósito, quisiera que renováramos juntos, hoy, nuestra plena adhesión a ese camino, a la vía que desde hace ya decenios la Iglesia universal está recorriendo tras las huellas del Concilio Vaticano II. El Papa Francisco ha recordado y actualizado magistralmente su contenido en la Exhortación apostólica Evangelii gaudium, de la que me gustaría destacar algunas notas fundamentales: el regreso al primado de Cristo en el anuncio (cf. n. 11); la conversión misionera de toda la comunidad cristiana (cf. n. 9); el crecimiento en la colegialidad y en sinodalidad (cf. n. 33); la atención al sensus fidei (cf. nn. 119-120), especialmente en sus formas más propias e inclusivas, como la piedad popular (cf. 123); el cuidado amoroso de los débiles y descartados (cf.n. 53); el diálogo valiente y confiado con el mundo contemporáneo en sus diferentes componentes y realidades (cf. n. 84, Concilio Vaticano II, Const. past. Gaudium et spes, 1-2).
Se trata de los principios del Evangelio que animan e inspiran, desde siempre, la vida y la obra de la Familia de Dios; de los valores a través de los cuales el rostro misericordioso del Padre se ha revelado y continúa a revelarse en el Hijo hecho hombre, esperanza última de todos los que busquen con ánimo sincero la verdad, la justicia, la paz y la fraternidad (cf. Benedicto XVI, Carta enc. Spe salvi, 2; Francisco, Bulla Spes non confundit, 3).
Precisamente, al sentirme llamado a proseguir este camino, pensé tomar el nombre de León XIV. Hay varias razones, pero la principal es porque el Papa León XIII, con la histórica Encíclica Rerum novarum, afrontó la cuestión social en el contexto de la primera gran revolución industrial y hoy la Iglesia ofrece a todos, su patrimonio de doctrina social para responder a otra revolución industrial y a los desarrollos de la inteligencia artificial, que comportan nuevos desafíos en la defensa de la dignidad humana, de la justicia y el trabajo.
Queridos hermanos, quisiera terminar esta primera parte de nuestro encuentro haciendo mío ―y proponiéndoselo también a ustedes― el deseo que san pablo VI, en 1963, expresó en el inicio de su ministerio petrino: «Que sobre el mundo entero pase una gran llama de fe y de amor que ilumine a todos los hombres de buena voluntad, allanando los caminos de la colaboración recíproca y que atraiga sobre la humanidad, la abundancia de la benevolencia divina, la fuerza misma de Dios, sin cuya ayuda nada vale ni nada es santo» (Primer Mensaje al mundo entero Qui fausto die, 22 junio 1963).
Que sean también estos nuestros sentimientos y, con la ayuda del Señor, los traduzcamos en oración y compromiso. Gracias.
[00526-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua tedesca
Vielen Dank, Eminenz. Bevor wir Platz nehmen, wollen wir mit einem Gebet beginnen und darum bitten, dass der Herr dieses Kollegium und vor allem die ganze Kirche weiterhin mit diesem Geist, auch mit Begeisterung, aber in tiefem Glauben, begleiten möge. Lasst uns gemeinsam auf Latein beten.
Pater noster… Ave Maria…
Im ersten Teil dieses Treffens gibt es eine kurze Ansprache mit ein paar Gedanken, die ich mit euch teilen will. Aber dann kommt noch ein zweiter Teil, so wie viele von euch es sich gewünscht haben, wo wir uns im Kardinalskollegium austauschen, um zu hören, welche Ratschläge, Empfehlungen, Vorschläge und ganz konkreten Dinge es gibt, über die in den Tagen vor dem Konklave schon ein bisschen gesprochen wurde.
Brüder Kardinäle!
Ich grüße euch und danke euch allen für diese Begegnung und für die Tage zuvor, die schmerzlich waren wegen des Verlusts des Heiligen Vaters Franziskus, herausfordernd wegen der Verantwortung, der wir uns gemeinsam gestellt haben, zugleich aber reich an Gnade und Trost im Heiligen Geist, gemäß der Verheißung, die Jesus selbst uns gegeben hat (vgl. Joh 14,25-27).
Ihr, liebe Kardinäle, seid die engsten Mitarbeiter des Papstes, und das ist ein großer Trost für mich, wenn ich nun ein Joch auf mich nehme, das meine Kräfte und die eines jeden Menschen bei weitem übersteigt. Eure Anwesenheit erinnert mich daran, dass der Herr, der mir diese Aufgabe anvertraut hat, mich bei der Übernahme dieser Verantwortung nicht allein lässt. Ich weiß vor allem, dass ich immer, immer auf seine Hilfe zählen kann, auf die Hilfe des Herrn, und, durch seine Gnade und Vorsehung, auf die Nähe von euch und von vielen Brüdern und Schwestern, die in der ganzen Welt an Gott glauben, die Kirche lieben und den Stellvertreter Christi mit ihrem Gebet und guten Werken unterstützen.
Ich danke dem Dekan des Kardinalskollegiums, Kardinal Giovanni Battista Re – er verdient einen Applaus, mindestens einen, wenn nicht mehrere –, dessen Weisheit, Frucht eines langen Lebens und vieler Jahre treuen Dienstes für den Apostolischen Stuhl, uns in dieser Zeit sehr geholfen hat. Ich danke dem Camerlengo der Heiligen Römischen Kirche, Kardinal Kevin Joseph Farrell – ich glaube er ist hier anwesend –, für die wichtige und anspruchsvolle Aufgabe, die er in der Zeit der Sedisvakanz und der Einberufung des Konklaves übernommen hat. Ich denke auch an diejenigen Brüder Kardinäle, die aus gesundheitlichen Gründen nicht anwesend sein konnten, und zusammen mit euch verbinde ich mich mit ihnen in der liebevollen Gemeinschaft des Gebets.
In diesem Moment, der zugleich traurig und freudig und dank der Vorsehung in das Licht des Osterfestes gehüllt ist, möchte ich, dass wir den Heimgang unseres verstorbenen Heiligen Vaters Franziskus und das Konklave zusammen als ein österliches Ereignis betrachten, als einen Wegabschnitt des langen Exodus, durch den der Herr uns weiterhin zur Fülle des Lebens führt; und in dieser Perspektive vertrauen wir dem »Vater des Erbarmens und Gott allen Trostes« (2 Kor 1,3) die Seele des verstorbenen Papstes und auch die Zukunft der Kirche an.
Der Papst, vom heiligen Petrus bis hin zu mir, seinem unwürdigen Nachfolger, ist ein einfacher Diener Gottes und seiner Brüder und Schwestern, und nichts anderes als dies. Das sieht man schön an den Beispielen vieler meiner Vorgänger, wie zuletzt an Papst Franziskus: an seinem hingebungsvollen Dienst und seinem nüchternen, auf das Wesentliche bedachten Lebensstil, daran, wie er sich in seiner Sendung ganz Gott überlassen hat und an dem ruhigen Vertrauen im Moment seiner Rückkehr in das Haus des Vaters. Nehmen wir dieses kostbare Erbe an und nehmen wir unseren Weg wieder auf, beseelt von derselben Hoffnung, die aus dem Glauben kommt.
Der in unserer Mitte gegenwärtige Auferstandene ist es, der die Kirche beschützt und leitet und sie durch die Liebe, die »durch den Heiligen Geist, der uns gegeben ist, in unsere Herzen ausgegossen ist« (vgl. Röm 5,5), immer wieder neu mit Hoffnung erfüllt. An uns ist es, folgsam auf seine Stimme zu hören und zu treuen Dienern seiner Heilspläne zu werden, eingedenk dessen, dass Gott sich lieber durch ein »sanftes, leises Säuseln« (1 Kön 19,12) oder, wie manche übersetzen, durch eine „sanfte Stimme der Stille“ mitteilt, als durch Donnergrollen und Erdbeben. Dies ist die wichtige Begegnung, die wir nicht verpassen dürfen und zu der wir das ganze heilige Volk Gottes, das uns anvertraut ist, hinführen und begleiten sollen.
In den vergangenen Tagen haben wir die Schönheit sehen und die Stärke dieser riesigen Gemeinschaft spüren können, die ihren Hirten mit so viel Zuneigung und Verehrung verabschiedet und betrauert und ihn im Augenblick seiner endgültigen Begegnung mit dem Herrn im Glauben und im Gebet begleitet hat. Wir haben gesehen, was die wahre Größe der Kirche ist, deren verschiedene Glieder vereint sind mit dem einen Haupt, mit Christus, dem »Hirten und Hüter« (1 Petr 2,25) unserer Seelen. Sie ist der Mutterschoß, aus dem auch wir hervorgegangen sind, und sie ist zugleich die Herde (vgl. Joh 21,15-17), der Acker (vgl. Mk 4,1-20), der uns anvertraut ist, damit wir ihn pflegen, ihn bestellen, ihn mit den Sakramenten des Heils nähren und mit dem Samen des Wortes befruchten, so dass sie, gefestigt in der Eintracht und begeistert in der Mission, im Schatten der Wolke und im Licht des Feuers Gottes wandelt, wie einst die Israeliten in der Wüste (vgl. Ex 13,21).
Und in diesem Zusammenhang möchte ich, dass wir heute gemeinsam unsere volle Zustimmung zu diesem Weg erneuern, den die Weltkirche seit Jahrzehnten in der Folge des Zweiten Vatikanischen Konzils eingeschlagen hat. Papst Franziskus hat dessen Inhalte in dem Apostolischen Schreiben Evangelii gaudium ausgezeichnet in Erinnerung gerufen und aktualisiert, von denen ich einige grundlegende Aspekte hervorheben möchte: die Rückkehr zum Primat Christi in der Verkündigung (vgl. Nr. 11); die missionarische Umkehr der gesamten christlichen Gemeinschaft (vgl. Nr. 9); das Wachstum in der Kollegialität und der Synodalität (vgl. Nr. 33); die Aufmerksamkeit für den sensus fidei (vgl. Nr. 119-120), insbesondere in seinen typischsten und inklusivsten Formen, wie der Volksfrömmigkeit (vgl. Nr. 123); die liebevolle Sorge für die Geringsten der Ausgestoßenen (vgl. Nr. 53); den mutigen und vertrauensvollen Dialog mit der heutigen Welt und ihren verschiedenen Elementen und Gegebenheiten (vgl. Nr. 84; Zweites Vatikanisches Konzil, Pastoralkonstitution Gaudium et spes, 1-2).
Es handelt sich dabei um Grundsätze des Evangeliums, die das Leben und Wirken der Familie Gottes seit jeher beseelt und inspiriert haben, um Werte, durch die sich das barmherzige Antlitz des Vaters offenbart hat und sich weiterhin im menschgewordenen Sohn offenbart, der die letzte Hoffnung eines jeden ist, der aufrichtig nach Wahrheit, Gerechtigkeit, Frieden und Geschwisterlichkeit sucht (vgl. Benedikt XVI., Enzyklika Spe salvi, 2; Franziskus, Bulle Spes non confundit, 3).
Gerade weil ich mich berufen fühle, diesen Weg weiterzugehen, habe ich mir überlegt, den Namen Leo XIV. anzunehmen. Es gibt verschiedene Gründe, aber in erster Linie, weil Papst Leo XIII. mit der berühmten Enzyklika Rerum novarum die soziale Frage im Zusammenhang mit der ersten großen industriellen Revolution angesprochen hat. Und heute bietet die Kirche allen den Schatz ihrer Soziallehre an, um auf eine weitere industrielle Revolution und auf die Entwicklungen der künstlichen Intelligenz zu antworten, die neue Herausforderungen im Hinblick auf die Verteidigung der Menschenwürde, der Gerechtigkeit und der Arbeit mit sich bringen.
Liebe Brüder, ich möchte diesen ersten Teil unserer Begegnung damit beschließen, dass ich mir den Wunsch zu eigen mache – und ihn auch euch nahelege –, den der heilige Paul VI. 1963 an den Anfang seines Petrusamtes stellte: »Möge die Kraft Gottes, ohne dessen Hilfe nichts gültig und nichts heilig ist, auf die ganze Welt wie eine große Flamme des Glaubens und der Liebe herabkommen, die alle Menschen guten Willens entflamme, ihre Wege der gegenseitigen Zusammenarbeit erhelle und der Menschheit weiterhin und immer die Fülle des göttlichen Wohlwollens zuteilwerden lasse« (Botschaft an die ganze Menschheitsfamilie Qui fausto die, 22. Juni 1963).
Möge dies auch unser Empfinden sein, das es gilt, mit der Hilfe des Herrn zum Gebet und zu hingebungsvollem Dienst werden zu lassen. Danke!
[00526-DE.01] [Original sprache: Italienisch]
Traduzione in lingua portoghese
Muito obrigado, Eminência! Antes de tomarmos os nossos lugares, comecemos com uma oração, pedindo que o Senhor continue a acompanhar este Colégio e, sobretudo, toda a Igreja com este espírito, também com entusiasmo, mas com profunda fé. Rezemos juntos, em latim:
Pater noster... Ave Maria...
Na primeira parte deste encontro, há uma pequena reflexão que gostaria de partilhar convosco. Depois, haverá uma segunda parte, algo como a experiência que foi pedida por muitos de vós, uma espécie de partilha com o Colégio Cardinalício, para poder ouvir quais os conselhos, sugestões, propostas, coisas muito concretas, das quais já se falou um pouco nos dias que antecederam o Conclave.
Irmãos Cardeais!
Saúdo e agradeço a todos vós por este encontro e pelos dias que o precederam, que foram dolorosos pela perda do Papa Francisco e exigentes pela responsabilidade que enfrentamos juntos, mas, ao mesmo tempo, ricos de graça e consolação no Espírito, segundo a promessa que o próprio Jesus nos fez (cf. Jo 14, 25-27).
Queridos Cardeais, vós sois os colaboradores mais próximos do Papa, e isto é de grande conforto para mim, que aceitei um fardo claramente muito superior às minhas forças, assim como o seria para qualquer outra pessoa. A vossa presença recorda-me que o Senhor, tendo-me confiado esta missão, não me deixa sozinho a carregar tal responsabilidade. Sei, primeiramente, que posso contar sempre – sempre! – com a vossa ajuda, com a ajuda do Senhor, e, pela sua Graça e Providência, com a vossa proximidade e a de tantos irmãos e irmãs que, em todo o mundo, acreditam em Deus, amam a Igreja e apoiam o Vigário de Cristo com a oração e as boas obras.
Agradeço ao Decano do Colégio Cardinalício, Cardeal Giovanni Battista Re – que merece um aplauso! Pelo menos um, se não mais –, cuja sabedoria, fruto de uma longa vida e de muitos anos de fiel serviço à Sé Apostólica, nos ajudou muito neste tempo. Agradeço ao Camerlengo da Santa Igreja Romana, Cardeal Kevin Joseph Farrell – acredito que ele está aqui presente –, pelo precioso e árduo papel que desempenhou durante o tempo da Sede Vacante e da Convocação do Conclave. Dirijo também o meu pensamento aos irmãos Cardeais que, por motivos de saúde, não puderam estar presentes e, convosco, uno-me a eles em comunhão de afeto e oração.
Neste momento, ao mesmo tempo triste e alegre, providencialmente envolto pela luz da Páscoa, gostaria que olhássemos juntos para a partida do saudoso Papa Francisco e para o Conclave como um acontecimento pascal, uma etapa do longo êxodo através do qual o Senhor continua a guiar-nos em direção à plenitude da vida. E, nesta perspectiva, confiamos ao «Pai das misericórdias e Deus de toda a consolação» (2Cor 1, 3) a alma do falecido Pontífice e também o futuro da Igreja.
O Papa, começando por São Pedro até mim, seu indigno Sucessor, é um humilde servo de Deus e dos irmãos, nada mais do que isso. Demonstram-no bem os exemplos de tantos dos meus Predecessores, o último dos quais o próprio Papa Francisco, com o seu estilo de total dedicação ao serviço e sobriedade essencial na vida, de abandono em Deus no tempo da missão e de serena confiança no momento da partida para a Casa do Pai. Acolhamos esta preciosa herança e retomemos o caminho, animados pela mesma esperança que vem da fé.
É o Ressuscitado, presente no meio de nós, que protege e guia a Igreja e que continua a reavivá-la na esperança, através do amor «derramado nos nossos corações pelo Espírito Santo que nos foi dado» (Rm 5, 5). Cabe a cada um de nós tornarmo-nos ouvintes dóceis da sua voz e ministros fiéis dos seus desígnios de salvação, recordando que Deus gosta de se comunicar, mais do que no estrondo do trovão e do terremoto, no «murmúrio de uma brisa suave» (1Rs 19, 12) ou, como alguns traduzem, numa “leve voz de silêncio”. Este é o encontro importante, a que não se pode faltar, e para o qual devemos educar e acompanhar todo o santo Povo de Deus que nos está confiado.
Nos últimos dias, pudemos ver a beleza e sentir a força desta imensa comunidade, que com tanto carinho e devoção saudou e chorou o seu Pastor, acompanhando-o com a fé e a oração no momento do seu encontro definitivo com o Senhor. Vimos qual é a verdadeira grandeza da Igreja, que vive na variedade dos seus membros unidos à única Cabeça, que é Cristo, «Pastor e Guarda» (1Pe 2, 25) das nossas almas. Ela é o seio onde também nós fomos gerados e, ao mesmo tempo, o rebanho (cf. Jo 21, 15-17), o campo (cf. Mc 4, 1-20) que nos foi dado para que o cuidemos e cultivemos, o alimentemos com os Sacramentos da salvação e o fecundemos com a semente da Palavra, para que, firme na concórdia e entusiasta na missão, caminhe, como outrora os israelitas no deserto, à sombra da nuvem e à luz da chama de Deus (cf. Ex 13, 21).
A este respeito, gostaria que hoje renovássemos juntos a nossa plena adesão a este caminho, que a Igreja universal percorre há décadas na esteira do Concílio Vaticano II. O Papa Francisco recordou e atualizou magistralmente os seus conteúdos na Exortação Apostólica Evangelii gaudium, da qual gostaria de sublinhar alguns pontos fundamentais: o regresso ao primado de Cristo no anúncio (cf. n. 11); a conversão missionária de toda a comunidade cristã (cf. n. 9); o crescimento na colegialidade e na sinodalidade (cf. n. 33); a atenção ao sensus fidei (cf. nn. 119-120), especialmente nas suas formas mais próprias e inclusivas, como a piedade popular (cf. n. 123); o cuidado amoroso com os marginalizados e os excluídos (cf. n. 53); o diálogo corajoso e confiante com o mundo contemporâneo nas suas várias componentes e realidades (cf. n. 84; Concílio Vaticano II, Const. past. Gaudium et spes, 1-2).
Trata-se de princípios do Evangelho que sempre animaram e inspiraram a vida e o agir da Família de Deus, valores através dos quais o rosto misericordioso do Pai se revelou e continua a revelar-se no Filho feito homem, última esperança de quem procura com sinceridade a verdade, a justiça, a paz e a fraternidade (cf. Bento XVI, Cart. enc. Spe salvi, 2; Francisco, Bula Spes non confundit, 3).
Justamente por me sentir chamado a seguir nessa linha, pensei em adotar o nome de Leão XIV. Na verdade, são várias as razões, mas a principal é porque o Papa Leão XIII, com a histórica Encíclica Rerum novarum, abordou a questão social no contexto da primeira grande revolução industrial; e, hoje, a Igreja oferece a todos a riqueza de sua doutrina social para responder a outra revolução industrial e aos desenvolvimentos da inteligência artificial, que trazem novos desafios para a defesa da dignidade humana, da justiça e do trabalho.
Queridos irmãos, gostaria de concluir esta primeira parte do nosso encontro fazendo meu – e propondo-o também a vós – o desejo que São Paulo VI, em 1963, colocou no início do seu ministério petrino: «Passe pelo mundo inteiro, como uma grande chama de fé e de amor que inflame todos os homens de boa vontade, ilumine os caminhos da colaboração recíproca e atraia sobre a humanidade, agora e sempre, a abundância das divinas complacências, a própria força de Deus, sem a ajuda de quem nada é válido, nada é santo» (Mensagem à Família Humana Qui fausto die, 22 de junho de 1963).
Sejam esses também os nossos sentimentos, a serem traduzidos em oração e empenho, com a ajuda do Senhor. Obrigado!
[00526-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Dziękuję bardzo, Eminencjo. Zanim zajmiemy miejsca, zacznijmy od modlitwy, prosząc Pana, aby nadal towarzyszył temu Kolegium, a przede wszystkim całemu Kościołowi, w tym duchu, także z entuzjazmem, ale i głęboką wiarą. Módlmy się razem po łacinie.
Pater noster… Ave Maria…
W pierwszej części tego spotkania będzie krótkie przemówienie, podczas którego podzielę się z wami kilkoma refleksjami. Potem odbędzie się druga część, nieco podobna do tego, o co prosiło wielu z was, czyli rodzaj wymiany myśli z Kolegium Kardynalskim, aby wysłuchać rad, sugestii, propozycji, bardzo konkretnych spraw, o których już nieco mówiło się w dniach poprzedzających Konklawe.
Bracia Kardynałowie!
Pozdrawiam i dziękuję Wam wszystkim za to spotkanie i za dni, które je poprzedziły, bolesne z powodu utraty Ojca Świętego Franciszka, wymagające z racji podjętych wspólnie obowiązków, a jednocześnie, zgodnie z obietnicą, jaką sam Jezus nam dał, pełne łaski i pocieszenia w Duchu (por. J 14, 25-27).
Wy, drodzy Kardynałowie, jesteście najbliższymi współpracownikami Papieża, co jest dla mnie wielkim pokrzepieniem w przyjmowaniu jarzma, które wyraźnie przewyższa moje siły, jak i siły kogokolwiek innego. Wasza obecność przypomina mi, że Pan Bóg, który powierzył mi tę misję, nie pozostawia mnie samego w ponoszeniu za nią odpowiedzialności. Wiem przede wszystkim, że zawsze, zawsze mogę liczyć na Jego pomoc, pomoc Pana, oraz, dzięki Jego łasce i Opatrzności, na bliskość waszą i wielu braci i sióstr na całym świecie, którzy wierzą w Boga, kochają Kościół i wspierają modlitwą i dobrymi uczynkami Wikariusza Chrystusa.
Dziękuję Dziekanowi Kolegium Kardynalskiego, Kardynałowi Giovanniemu Battiście Re – zasługuje on na oklaski, przynajmniej na jedne, jeśli nie na więcej – którego mądrość, owoc długiego życia i wielu lat wiernej służby Stolicy Apostolskiej, bardzo nam pomogła w tym czasie. Dziękuję Kamerlingowi Świętego Kościoła Rzymskiego, Kardynałowi Kevinowi Josephowi Farrellowi – chyba jest tu obecny – za cenną i wymagającą rolę, jaką pełnił w okresie Sede Vacante i zwołania Konklawe. Myślą jestem również z braćmi Kardynałami, którzy ze względów zdrowotnych nie mogli być obecni, i wraz z wami obejmuję ich serdeczną miłością i modlitwą.
W tej chwili, smutnej i radosnej zarazem, opatrznościowo otoczonej światłem Wielkanocy, pragnę, abyśmy wspólnie spojrzeli na odejście zmarłego Ojca Świętego Franciszka i na Konklawe jako na wydarzenie paschalne, etap długiego exodusu, poprzez który Pan nadal prowadzi nas ku pełni życia; i w tej perspektywie powierzamy „Ojcu miłosierdzia i Bogu wszelkiej pociechy” (2 Kor 1, 3) duszę zmarłego Papieża, a także przyszłość Kościoła.
Papież, począwszy od św. Piotra, aż do mnie, jego niegodnego Następcy, jest pokornym sługą Boga i braci, niczym więcej. Dobrze pokazały to przykłady wielu moich Poprzedników, a ostatnio sam Papież Franciszek, swoim stylem pełnego oddania w służbie i powściągliwej prostoty życia, oddaniem się Bogu w czasie misji i pogodną ufnością w chwili powrotu do Domu Ojca. Przyjmijmy to cenne dziedzictwo i podejmijmy na nowo drogę, ożywieni tą samą nadzieją, która pochodzi z wiary.
To Zmartwychwstały, obecny pośród nas, chroni i prowadzi Kościół oraz ożywia go w nadziei, poprzez miłość „rozlaną w sercach naszych przez Ducha Świętego, który został nam dany” (Rz 5, 5). Naszym zadaniem jest być posłusznymi słuchaczami Jego głosu i wiernymi sługami Jego planów zbawienia, pamiętając, że Bóg kocha objawiać się nie tyle w huku grzmotu i trzęsieniu ziemi, ile w „szmerze delikatnego powiewu” (1 Krl 19, 12) lub, jak tłumaczą niektórzy, w „subtelnym głosie ciszy”. To jest ważne spotkanie, którego nie można przeoczyć, i do którego należy wychowywać i prowadzić cały święty Lud Boży, który został nam powierzony.
W ostatnich dniach mogliśmy zobaczyć piękno i poczuć siłę tej ogromnej wspólnoty, która z wielką serdecznością i oddaniem pożegnała i opłakiwała swojego Pasterza, towarzysząc mu wiarą i modlitwą w chwili jego ostatecznego spotkania z Panem. Widzieliśmy prawdziwą wielkość Kościoła, który żyje w różnorodności swoich członków zjednoczonych z jedyną Głową, Chrystusem, „Pasterzem i Stróżem” (1 P 2, 25) naszych dusz. Jest on łonem, z którego również my zostaliśmy zrodzeni, a jednocześnie jest owczarnią (por. J 21, 15-17), polem (por. Mk 4, 1-20), które zostało nam powierzone, abyśmy o nie dbali i uprawiali je, karmili Sakramentami zbawienia i napełniali życiodajnym nasieniem Słowa, tak aby silny w jedności i pełen entuzjazmu w misji, kroczył jak Izraelici na pustyni, w cieniu obłoku i w świetle ognia Bożego (por. Wj 13, 21).
I w tym kontekście chciałbym, abyśmy wspólnie, dzisiaj, odnowili nasze pełne przylgnięcie do tej drogi, którą już od dziesięcioleci podąża Kościół powszechny w ślad za Soborem Watykańskim II. Papież Franciszek magistralnie przywołał na nowo i uaktualnił jej treść w Adhortacji apostolskiej Evangelii gaudium, z której pragnę podkreślić kilka fundamentalnych postulatów: powrót do prymatu Chrystusa w głoszeniu (por. nr 11); misyjne nawrócenie całej wspólnoty chrześcijańskiej (por. nr 9); wzrost w kolegialności i synodalności (por. nr 33); uwaga na sensus fidei (por. nr 119-120), zwłaszcza w jego najbardziej właściwych i integracyjnych formach, takich jak pobożność ludowa (por. nr 123); pełna miłości troska o ostatnich i odrzuconych (por. nr 53); odważny i ufny dialog ze współczesnym światem w jego różnych wymiarach i rzeczywistościach (por. nr 84; Sobór Watykański II, Konstytucja duszpasterska Gaudium et spes, 1-2).
Chodzi o pryncypia Ewangelii, które od zawsze ożywiają i inspirują życie i dzieło Rodziny Bożej, wartości, poprzez które miłosierne oblicze Ojca objawiło się i nadal objawia się w Synu, który stał się człowiekiem, ostateczna nadzieja każdego, kto szczerym sercem szuka prawdy, sprawiedliwości, pokoju i braterstwa (por. Benedykt XVI, Encyklika Spe salvi, 2; Franciszek, Bulla Spes non confundit, 3).
Właśnie czując się powołany do kontynuowania tej drogi, postanowiłem przyjąć imię Leon XIV. Powody są różne, ale przede wszystkim dlatego, że Papież Leon XIII, w historycznej encyklice Rerum novarum, poruszył kwestię społeczną w kontekście pierwszej wielkiej rewolucji przemysłowej, a dziś Kościół dzieli się z wszystkimi swoim dziedzictwem nauki społecznej, aby odpowiedzieć na kolejną rewolucję przemysłową i rozwój sztucznej inteligencji, które stawiają nowe wyzwania w zakresie obrony godności ludzkiej, sprawiedliwości i pracy.
Najdrożsi bracia, chciałbym zakończyć tę pierwszą część naszego spotkania, przyjmując za swoje – i proponując również wam – życzenie, które św. Paweł VI wyraził na początku swojej posługi papieskiej w 1963 roku: „Niech przejdzie przez cały świat wielki płomień wiary i miłości, który rozpali wszystkich ludzi dobrej woli, oświeci drogi wzajemnej współpracy i przyciągnie do ludzkości, ponownie i zawsze, obfitość boskiej łaskawości, samą moc Boga, bez którego pomocy nic nie jest wartościowe, nic nie jest święte” (Orędzie do całej rodziny ludzkiej Qui fausto die, 22 czerwca 1963 r.).
Niech takie będą również nasze uczucia, które z pomocą Pana przełożymy na modlitwę i zaangażowanie. Dziękuję!
[00526-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
كلمة قداسة البابا لاوُن الرَّابع عشر
إلى مجمع الكرادلة
10 أيّار/مايو 2025
شكرًا جزيلًا لكم، أصحاب النّيافة. قبل أن نجلس، لنبدأ بصلاة، ولنطلب من الرّبّ يسوع أن يستمرّ في مرافقة هذا المجمع، وخاصّة كلّ الكنيسة، بهذه الرّوح، والاندفاع أيضًا، ولكن بإيمانٍ عميق. لنصلِّ معًا باللغة اللاتينيّة.
أبانا الذي في السّموات... السّلام عليك يا مريم...
في الجزء الأوّل من هذا اللقاء هناك كلمة قصيرة مع تأمّلات أودّ أن أشاركها معكم. وبعد ذلك سيكون هناك جزءٌ ثانٍ، يشبه إلى حدٍّ ما الخبرة التي طلبها الكثير منكم، وهو نوع من المشاركة مع مجمع الكرادلة، حتّى نستطيع أن نستمع ونتبادل النّصائح والاقتراحات والمقترحات والأمور العمليّة جدًّا، التي تكلّمنا عليها من قبل في الأيّام التي سبقت مجمع انتخاب البابا (الكونكلاف).
أيّها الإخوة الكرادلة،
أحيّيكم وأشكركم جميعًا على هذا اللقاء، وعلى الأيام التي سبقته، والتي كانت مؤلمة بسبب فقدان الأب الأقدس البابا فرنسيس، وكانت مليئة بالتّحديات نظرًا للمسؤوليّات التي واجهناها معًا، وفي الوقت نفسه، ووفقًا للوعد الذي قطعه لنا يسوع بنفسه، كانت غنيّة بالنّعمة والعزاء في الرّوح (راجع يوحنّا 14، 25-27).
أنتم، أيّها الكرادلة الأعزّاء، أقرب المعاونين للبابا، وهذا يبعث في نفسي عزاءً كبيرًا في قبولي لنير يتجاوز بوضوح قدراتي، كما هو الحال مع أيّ إنسان. حضوركم يذكّرني بأنّ الرّبّ يسوع، الذي أوكل إليّ هذه الرّسالة، لا يتركني وحيدًا في حمل هذه المسؤوليّة. أعلَم قبل كلّ شيء أنّني أستطيع أن أعتمد دائمًا على مساعدة الرّبّ يسوع، وبنعمته وعنايته الإلهيّة، على قربكم وقرب الإخوة والأخوات الكثيرين الذين يؤمنون بالله في جميع أنحاء العالم، ويحبّون الكنيسة، ويسندون نائب المسيح بالصّلاة والأعمال الصّالحة.
أشكر عميد مجمع الكرادلة، الكاردينال جيوفانّي باتّيستا ري – إنّه يستحقّ التّصفيق، على الأقلّ مرّة واحدة إن لم يكن أكثر -، الذي ساعدتنا حكمته كثيرًا في هذا الزّمن، وهي ثمرة حياة طويلة وسنوات كثيرة من الخدمة الأمينة للكرسيّ الرّسوليّ. وأشكر الكاردينال كيفين جوزيف فارّيلّ، المدبّر للكنيسة الرّومانيّة المقدّسة – أعتقد أنّه حاضر هنا -، على دوره الثّمين والصّعب الذي قدّمه خلال فترة الكرسي الشّاغر وعقد مجمع انتخاب البابا (الكونكلاف). وأفكّر في الإخوة الكرادلة الذين لم يتمكّنوا من الحضور لأسباب صحّيّة، ومعكم أتّحد معهم بالمودة والصّلاة.
في هذه اللحظة، الحزينة والمليئة بالفرح في آنٍ واحد، والتي تغمرها عناية الله بنور الفصح، أودّ أن ننظر معًا إلى رحيل الأب الأقدس البابا فرنسيس وإلى مجمع انتخاب البابا (الكونكلاف) كحدث فصحيّ، ومرحلة من مراحل الخروج الطّويل الذي يواصل فيه الرّبّ يسوع قيادتنا نحو ملء الحياة. وفي هذا المنظور لنوكل روح البابا الرّاحل ومستقبل الكنيسة أيضًا إلى "أَبي الرَّأفَةِ وإِلهِ كُلِّ عَزاء" (2 قورنتس 1، 3).
البابا، من بطرس الرّسول ووصولًا إليَّ، أنا خليفته غير المستحق، هو خادم متواضع لله وللإخوة، لا أكثر من ذلك. وقد أظهَرَت ذلك جيِّدًا أمثلة كثير من أسلافي، وآخرهم البابا فرنسيس نفسه، بأسلوبه القائم على التّفاني الكامل في الخدمة والبساطة الجوهريّة في الحياة، والتوكل على الله في زمن الرّسالة، والثّقة الهادئة المطمئنّة في لحظة عودته إلى بيت الآب. لنستقبل هذا الإرث الثّمين ولنستأنف المسيرة، يدفعنا الرّجاء نفسه الذي ينبع من الإيمان.
إنّه الرّبّ القائم من بين الأموات، الحاضر في وسطنا، هو الذي يحمي الكنيسة ويقودها ويواصل إحياءها بالرّجاء، بالمحبّة التي "أُفيضَت في قُلوبِنا بِالرُّوحِ القُدُسِ الَّذي وُهِبَ لَنا" (روما 5، 5). ونحن مدعوّون إلى أن نصغي بوداعة إلى صوته، وأن نكون خدامًا أمناء لمخططاته الخلاصيّة، ونتذكّر أنّ الله يحبّ أن يتحدّث معنا لا في الرّعد والزلزال، بل في "صَوت نَسيم لَطيف" (1 ملوك 19، 12)، أو كما يترجمها البعض، في ”صوت صامت خفيف“. هذا هو اللقاء الهام، الذي لا يجوز أن نفوّته، والذي علينا أن نثقّف ونرافق فيه شعب الله المقدّس الذي نحن مؤتمنّون عليه.
في الأيّام الماضيّة، استطعنا أن نرى جمال جماعات المؤمنين الكثيرة هذه، وأن نشعر بقوّتها، التي ودّعت راعيها وبَكَتْهُ بمحبّة وإخلاص كبيرَين، ورافقتْهُ بالإيمان والصّلاة في لحظة لقائه النّهائيّ مع الرّبّ يسوع. رأينا ما هو سموّ الكنيسة الحقيقيّ، التي تعيش في تنوّع أعضائها المتّحدين بالرّأس الواحد، المسيح، "راعي نُفوسِكم وحارِسِها" (1بطرس 2، 25). إنّها الرّحم الذي وُلِدنا منه نحن أيضًا، وفي الوقت نفسه هي القطيع (راجع يوحنّا 21، 15-17)، والحقل (راجع مرقس 4، 1-20) الذي أُعطيّ لنا لنهتمّ به ونزرعه، ونغذّيه بأسرار الخلاص ونخصّبه ببذرة الكلمة، لكي تسير، راسخة في الوفاق ومندفعة في الرّسالة، كما سار بنو إسرائيل في الماضي في البرّيّة، في ظلّ الغمام وفي نور نار الله (راجع خروج 13، 21).
وفي هذا السّياق، أودّ أن نجدّد اليوم معًا التزامنا الكامل، في هذه المسيرة، بالطّريق الذي تسير فيه الكنيسة الجامعة منذ عقود، على خُطى المجمع الفاتيكانيّ الثّاني. ذكّر البابا فرنسيس بمضامين هذه المسيرة وفَعّلَهَا بطريقة بليغة في الإرشاد الرّسولي ”فرح الإنجيل“، الذي أريد أن أبيِّن منه بعض النّقاط الأساسيّة: العودة إلى أولويّة المسيح في إعلان البشارة (راجع 11)، والتّوبة في الرّسالة لكلّ الجماعة المسيحيّة (راجع 9)، والنّمو في الجماعة والسّينوديّة (راجع 33)، والانتباه إلى حسّ الإيمان (راجع 119-120)، وخاصّة في أشكاله الخاصّة والشّاملة، مثل التّقوى الشّعبيّة (راجع 123)، والعناية المُحِبَّة بالأخيرين والمهمّشين (راجع 53)، والحوار الشّجاع والمليء بالثّقة مع العالم المعاصر في مختلف جوانبه وواقعه (راجع 84، المجمع الفاتيكانيّ الثّاني، دستور رعائي في الكنيسة في عالم اليوم، فرح ورجاء، 1-2).
إنّها مبادئ الإنجيل التي طالما حرّكت وألهمت حياة وعمل عائلة الله، وهي قِيَمٌ من خلالها انكشف وجه الآب الرّحيم، ولا يزال ينكشف في الابن المتجسّد، الرّجاء الأخير لكلّ من يسعى بصدق إلى الحقّ والعدل والسّلام والأخوّة (راجع بنديكتس السّادس عشر، الرّسالة البابويّة العامّة، بالرّجاء مخلَّصون، 2؛ فرنسيس، مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل العادي، الرَّجاءُ لا يُخَيِّبُ، 3).
وعندما شعرت بأنّي مدعوٌّ إلى أن استمرّ على هذا المسار، فكّرت في أن أتّخذ اسم لاوُن الرّابع عشر. كانت الأسباب مختلفة، ولكن السّبب الرّئيسيّ كان لأنّ البابا لاوُن الثّالث عشر، بالرّسالة البابويّة العامّة التّاريخيّة ”في الشّؤون الجديدة - Rerum novarum“، تناول المسألة الاجتماعيّة في سياق أوّل ثورة صناعيّة كبرى، واليوم، تُقَدِّم الكنيسة للجميع تراثها من التّعليم الاجتماعيّ لتُجيب على ثورة صناعيّة جديدة وعلى تطوّرات الذّكاء الاصطناعيّ، التي تفرض تحدّيات جديدة للدّفاع عن كرامة الإنسان، والعدل، والعمل.
أيّها الإخوة الأعزّاء، أودّ أن أختم الجزء الأوّل من لقائنا هذا وأجعل الأمنيّة التي عبّر عنها القدّيس بولس السّادس سنة 1963 في بداية خدمته البطرسيّة، أمنيتي الخاصّة، وأقترحها عليكم أيضًا: "لتَجُب العالم بأسره شعلة كبيرة من الإيمان والمحبّة، وتضرم كلّ الأشخاص ذوي الإرادة الصّالحة، وتنير طرق التّعاون المتبادل، وتشدّ إلى الإنسانيّة، وتفيض دائمًا وأبدًا وفرة الرّضا الإلهيّ، وقوّة الله نفسها، الذي بدون مساعدته، لا شيء يُجدي، ولا شيء مقدّس" (رسالة إلى كلّ العائلة البشريّة، هذا هو اليوم السّعيد - Qui fausto die، 22 حزيران/يونيو 1963).
فلتكن هذه أيضًا مشاعرنا، ونترجمها إلى صلاة والتزام، بمعونة الله. شكرًا!
[00526-AR.01] [Testo originale: Italiano]
[B0304-XX.01]