Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Celebrazione Eucaristica nel secondo giorno dei Novendiali, 27.04.2025


Omelia del Card. Pietro Parolin

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 10.30 di oggi, II domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, nel II giorno dei Novendiali, sul sagrato della Basilica di San Pietro, ha avuto luogo la Celebrazione Eucaristica in suffragio del Romano Pontefice Francesco, presieduta dall’Em.mo Card. Pietro Parolin, già Segretario di Stato.

Nel secondo giorno dei Novendiali sono stati invitati in modo particolare i dipendenti e i fedeli della Città del Vaticano. Erano presenti anche numerosi adolescenti convenuti a Roma per il Giubileo ad essi dedicato. Secondo i dati ufficiali, erano presenti circa 200.000 fedeli.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che l’Em.mo Card. Pietro Parolin ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica:

Omelia del Card. Pietro Parolin

Cari fratelli e sorelle,

Gesù Risorto si presenta ai suoi discepoli, mentre si trovano nel cenacolo dove si sono rinchiusi per paura, con le porte sbarrate (Gv 20,19). Il loro stato d’animo è turbato e il loro cuore è nella tristezza, perché il Maestro e Pastore che avevano seguito lasciando tutto è stato inchiodato sulla croce. Hanno vissuto cose terribili e si sentono orfani, soli, smarriti, minacciati e indifesi.

L’immagine iniziale che il Vangelo ci offre in questa domenica può rappresentare bene anche lo stato d’animo di tutti noi, della Chiesa e del mondo intero. Il Pastore che il Signore ha donato al suo popolo, Papa Francesco, ha terminato la sua vita terrena e ci ha lasciati. Il dolore per la sua dipartita, il senso di tristezza che ci assale, il turbamento che avvertiamo nel cuore, la sensazione di smarrimento: stiamo vivendo tutto questo, come gli apostoli addolorati per la morte di Gesù.

Eppure, il Vangelo ci dice che proprio in questi momenti di oscurità il Signore viene a noi con la luce della risurrezione, per rischiarare i nostri cuori. Papa Francesco ce lo ha ricordato fin dalla sua elezione e ce lo ha ripetuto spesso, mettendo al centro del pontificato quella gioia del Vangelo che – come scriveva in Evangelii gaudium - «riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (n. 1).

La gioia pasquale, che ci sostiene nell’ora della prova e della tristezza, oggi è qualcosa che si può quasi toccare in questa piazza; la si vede impressa soprattutto nei vostri volti, cari ragazzi e adolescenti che siete venuti da tutto il mondo a celebrare il Giubileo. Venite da tante parti: da tutte le Diocesi d’Italia, dall’Europa, dagli Stati Uniti all’America Latina, dall’Africa all’Asia, dagli Emirati Arabi … con voi è realmente presente il mondo intero!

A voi rivolgo un saluto speciale, col desiderio di farvi sentire l’abbraccio della Chiesa e l’affetto di Papa Francesco, che avrebbe desiderato incontrarvi, guardarvi negli occhi, passare in mezzo a voi per salutarvi.

Di fronte alle tante sfide che siete chiamati ad affrontare – ricordo, ad esempio, quella della tecnologia e dell’intelligenza artificiale che caratterizza in modo particolare la nostra epoca – non dimenticate mai di alimentare la vostra vita con la vera speranza che ha il volto di Gesù Cristo. Nulla sarà troppo grande o troppo impegnativo con Lui! Con Lui non sarete mai soli né abbandonati a voi stessi, nemmeno nei momenti più brutti! Egli viene ad incontrarvi là dove siete, per darvi il coraggio di vivere, di condividere le vostre esperienze, i vostri pensieri, i vostri doni, i vostri sogni, di vedere nel volto di chi è vicino o lontano un fratello e una sorella da amare, ai quali avete tanto da dare e tanto da ricevere, per aiutarvi ad essere generosi, fedeli e responsabili nella vita che vi attende, per farvi comprendere ciò che più vale nella vita: l’amore che tutto comprende e tutto spera (cfr. 1Cor 13,7).

Oggi, II domenica di Pasqua, domenica in Albis, celebriamo la festa della Misericordia.

Proprio la misericordia del Padre, più grande dei nostri limiti e dei nostri calcoli, è ciò che ha caratterizzato il Magistero di Papa Francesco e la sua intensa attività apostolica, insieme all’ansia di annunciarla e condividerla con tutti – l’annuncio della buona novella, l’evangelizzazione – che è stato il programma del suo pontificato. Egli ci ha ricordato che “misericordia” è il nome stesso di Dio, e, pertanto, nessuno può porre un limite al suo amore misericordioso con il quale Egli vuole rialzarci e renderci persone nuove.

È importante accogliere come un tesoro prezioso questa indicazione su cui Papa Francesco ha tanto insistito. E – permettetemi di dire – il nostro affetto per lui, che si sta manifestando in queste ore, non deve restare una semplice emozione del momento; la Sua eredità dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri.

La misericordia ci riporta al cuore della fede. Ci ricorda che non dobbiamo interpretare il nostro rapporto con Dio e il nostro essere Chiesa secondo categorie umane o mondane, perché la buona notizia del Vangelo è anzitutto la scoperta di essere amati da un Dio che ha viscere di compassione e di tenerezza per ciascuno di noi a prescindere dai nostri meriti; ci ricorda, inoltre, che la nostra vita è intessuta di misericordia: noi possiamo rialzarci dopo le nostre cadute e guardare al futuro solo se abbiamo qualcuno che ci ama senza limiti e ci perdona. E, perciò, siamo chiamati all’impegno di vivere le nostre relazioni non più secondo i criteri del calcolo o accecati dall’egoismo, ma aprendoci al dialogo con l’altro, accogliendo chi incontriamo lungo il cammino e perdonando le sue debolezze e i suoi errori. Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco.

Gesù ci mostra questo volto misericordioso di Dio nella sua predicazione e nei gesti che compie; e, come abbiamo ascoltato, presentandosi nel Cenacolo dopo la risurrezione, offre il dono della pace e dice: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,23). Così, il Signore Risorto stabilisce che i suoi discepoli, la sua Chiesa, siano strumenti della misericordia per l’umanità per coloro che desiderano accogliere l’amore e il perdono di Dio. Papa Francesco è stato testimone luminoso di una Chiesa che si china con tenerezza verso chi è ferito e guarisce con il balsamo della misericordia; e ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita.

Fratelli e sorelle, proprio nella domenica della misericordia ricordiamo con affetto il nostro amato Papa Francesco. Questo ricordo è particolarmente vivo tra i dipendenti e i fedeli della Città del Vaticano, molti dei quali sono qui presenti, e che vorrei ringraziare per il servizio che svolgono quotidianamente. A voi, a noi tutti, al mondo intero, Papa Francesco rivolge il suo abbraccio dal Cielo.

Ci affidiamo alla Beata Vergine Maria, a cui Lui era così devotamente legato tanto da scegliere di riposare nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Lei ci protegga, interceda per noi, vegli sulla Chiesa, sostenga il cammino dell’umanità nella pace e nella fraternità. Amen.

[00507-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

 

Chers frères et sœurs,

Jésus ressuscité apparaît à ses disciples, alors qu'ils se trouvent dans le cénacle où ils se sont enfermés par peur, les portes verrouillées (Cf. Jn 20, 19). Leur état d'esprit est troublé et leur cœur est triste, car le Maître et le Pasteur qu'ils avaient suivi en abandonnant tout a été cloué sur la croix. Ils ont vécu des choses terribles et se sentent orphelins, seuls, perdus, menacés et sans défense.

L'image initiale que l'Évangile nous offre en ce dimanche peut aussi bien représenter l'état d'esprit de chacun de nous, de l'Église et du monde entier. Le Pasteur que le Seigneur a donné à son peuple, le pape François, a terminé sa vie terrestre et nous a quittés. La douleur de son départ, le sentiment de tristesse qui nous assaille, le trouble que nous ressentons dans notre cœur, le sentiment de désorientation : nous vivons tout cela, comme les apôtres affligés par la mort de Jésus.

Pourtant, l'Évangile nous dit que c'est précisément dans ces moments d'obscurité que le Seigneur vient à nous avec la lumière de la résurrection, pour éclairer nos cœurs. Le pape François nous l'a rappelé dès son élection et nous l'a répété souvent, en plaçant au centre de son pontificat cette joie de l'Évangile qui, comme il l'écrit dans Evangelii gaudium, « remplit le cœur et toute la vie de ceux qui rencontrent Jésus. Ceux qui se laissent sauver par lui sont libérés du péché, de la tristesse, du vide intérieur, de l’isolement. Avec Jésus Christ la joie naît et renaît toujours » (n° 1).

La joie pascale, qui nous soutient à l'heure de l'épreuve et de la tristesse, est aujourd'hui quelque chose que l'on peut presque toucher sur cette place ; elle est surtout imprimée sur vos visages, chers jeunes et adolescents venus du monde entier pour célébrer le Jubilé. Vous venez de partout : de tous les diocèses d'Italie, d'Europe, des États-Unis, d'Amérique latine, d'Afrique, d'Asie, des Émirats arabes... Avec vous, le monde entier est vraiment présent !

Je vous adresse un salut particulier, avec le souhait que vous ressentiez l'étreinte de l'Église et l'affection du pape François, qui aurait tant souhaité vous rencontrer, vous regarder dans les yeux, passer parmi vous pour vous saluer.

Face aux nombreux défis auxquels vous êtes appelés à faire face – je pense, par exemple, à celui de la technologie et de l'intelligence artificielle qui caractérise particulièrement notre époque –, n'oubliez jamais d'alimenter votre vie avec la véritable espérance qui a le visage de Jésus Christ. Avec lui, rien ne sera trop grand ni trop difficile ! Avec lui, vous ne serez jamais seuls ni abandonnés à vous-mêmes, même dans les moments les plus difficiles ! Il vient à votre rencontre là où vous êtes, pour vous donner le courage de vivre, de partager vos expériences, vos pensées, vos dons, vos rêves, de voir dans le visage de ceux qui sont proches ou lointains un frère et une sœur à aimer, à qui vous avez tant à donner et tant à recevoir, pour vous aider à être généreux, fidèles et responsables dans la vie qui vous attend, pour vous faire comprendre ce qui a le plus de valeur dans la vie : l'amour qui comprend tout et espère tout (cf. 1 Co 13, 7).

Aujourd'hui, deuxième dimanche de Pâques, dimanche in Albis, nous célébrons la fête de la Miséricorde.

C'est précisément la miséricorde du Père, plus grande que nos limites et nos calculs, qui a caractérisé le magistère du pape François et son intense activité apostolique, ainsi que son désir ardent de l'annoncer et de la partager avec tous – l'annonce de la Bonne Nouvelle, l'évangélisation – qui a été le programme de son pontificat. Il nous a rappelé que “miséricorde” est le nom même de Dieu et que, par conséquent, personne ne peut mettre une limite à son amour miséricordieux par lequel Il veut nous relever et faire de nous des personnes nouvelles.

Il est important d'accueillir comme un trésor précieux cette indication sur laquelle le pape François a tant insisté. Et – permettez-moi de le dire – notre affection pour lui, qui se manifeste en ces heures, ne doit pas rester une simple émotion du moment ; nous devons accueillir son héritage et le faire devenir vie vécue, en nous ouvrant à la miséricorde de Dieu et en devenant nous aussi miséricordieux les uns envers les autres.

La miséricorde nous ramène au cœur de la foi. Elle nous rappelle que nous ne devons pas interpréter notre relation avec Dieu et notre appartenance à l'Église selon des catégories humaines ou mondaines, car la bonne nouvelle de l'Évangile est avant tout la découverte d'être aimé par un Dieu qui a des entrailles de compassion et de tendresse pour chacun de nous, indépendamment de nos mérites ; elle nous rappelle également que notre vie est tissée de miséricorde : nous ne pouvons nous relever après nos chutes et regarder vers l'avenir que si nous avons quelqu'un qui nous aime sans limites et qui nous pardonne. C'est pourquoi nous sommes appelés à nous engager à vivre nos relations non plus selon des critères calculateurs ou aveuglés par l'égoïsme, mais en nous ouvrant au dialogue avec l'autre, en accueillant ceux que nous rencontrons sur notre chemin et en pardonnant leurs faiblesses et leurs erreurs. Seule la miséricorde guérit et crée un monde nouveau, éteignant les feux de la méfiance, de la haine et de la violence : c'est le grand enseignement du pape François.

Jésus nous montre ce visage miséricordieux de Dieu dans sa prédication et dans les gestes qu'il accomplit ; et, comme nous l'avons entendu, en se présentant dans le Cénacle après sa résurrection, il offre le don de la paix et dit : « À qui vous remettrez ses péchés, ils seront remis ; à qui vous maintiendrez ses péchés, ils seront maintenus » (Jn 20, 23). Ainsi, le Seigneur ressuscité établit que ses disciples, son Église, sont des instruments de miséricorde pour l'humanité, pour ceux qui désirent accueillir l'amour et le pardon de Dieu. Le pape François a été un témoin lumineux d'une Église qui se penche avec tendresse vers ceux qui sont blessés et les guérit avec le baume de la miséricorde ; et il nous a rappelé qu'il ne peut y avoir de paix sans la reconnaissance de l'autre, sans l'attention aux plus faibles et, surtout, il ne peut jamais y avoir de paix si nous n'apprenons pas à nous pardonner mutuellement, en utilisant entre nous la même miséricorde que Dieu a pour notre vie.

Frères et sœurs, en ce dimanche de la miséricorde, nous nous souvenons avec affection de notre bien-aimé Pape François. Ce souvenir est particulièrement vivant parmi les employés et les fidèles de la Cité du Vatican, dont beaucoup sont ici présents, et que je tiens à remercier pour le service qu'ils accomplissent chaque jour. À vous, à nous tous, au monde entier, le Pape François adresse son étreinte depuis le Ciel.

Nous nous confions à la Bienheureuse Vierge Marie, à laquelle Il était si pieusement attaché qu'Il a choisi de reposer dans la basilique Sainte-Marie-Majeure. Qu'Elle nous protège, intercède pour nous, veille sur l'Église, soutienne le cheminement de l'humanité dans la paix et la fraternité. Amen.

[00507-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

 

Dear brothers and sisters,

The risen Jesus appears to his disciples while they are in the Upper Room where they have fearfully shut themselves in, with the doors locked (Jn 20:19). Their state of mind is disturbed and their hearts are full of sadness, because the Master and Shepherd they had followed, leaving everything behind, has been nailed to the cross. They experienced terrible things and feel orphaned, alone, lost, threatened and helpless.

The opening image that the Gospel offers us on this Sunday can also well represent the state of mind of all of us, of the Church, and of the entire world. The shepherd whom the Lord gave to his people, Pope Francis, has ended his earthly life and has left us. The grief at his departure, the sense of sadness that assails us, the turmoil we feel in our hearts, the sense of bewilderment: we are experiencing all of this, like the apostles grieving over the death of Jesus.

Yet, the Gospel tells us that it is precisely in these moments of darkness that the Lord comes to us with the light of the resurrection, to illuminate our hearts. Pope Francis reminded us of this since his election and often repeated it to us, placing at the centre of his pontificate that joy of the Gospel which, as he wrote in Evangelii Gaudium, “fills the hearts and lives of all who encounter Jesus. Those who accept his offer of salvation are set free from sin, sorrow, inner emptiness and loneliness. With Christ joy is constantly born anew” (n. 1).

The joy of Easter, which sustains us in this time of trial and sadness, is something that can almost be touched in this square today; you can see it etched above all in your faces, dear children and young people who have come from all over the world to celebrate the Jubilee. You come from so many places: from all of the dioceses of Italy, from Europe, from the United States to Latin America, from Africa to Asia, from the United Arab Emirates… with you here, the whole world is truly present!

I address a special greeting to you, with the desire to make you feel the embrace of the Church and the affection of Pope Francis, who would have liked to meet you, to look into your eyes, and to pass among you to greet you.

In light of the many challenges you are called to confront - I think, for example, of the technology and artificial intelligence that characterise our age in a particular way - never forget to nourish your lives with the true hope that has the face of Jesus Christ. Nothing will be too great or too challenging with him! With him you will never be alone or abandoned, not even in the worst of times! He comes to meet you where you are, to give you the courage to live, to share your experiences, your thoughts, your gifts, and your dreams. He comes to you in the face of those near or far, a brother and sister to love, to whom you have so much to give and from whom so much to receive, to help you to be generous, faithful and responsible as you move forward in life. He wants to help you to understand what is most valuable in life: the love that encompasses all things and hopes all things (cf. 1 Cor 13:7).

Today, on the Second Sunday of Easter, Dominica in Albis, we celebrate the Feast of Divine Mercy.

It is precisely the Father’s mercy, which is greater than our limitations and calculations, that characterised the Magisterium of Pope Francis and his intense apostolic activity. Likewise the eagerness to proclaim and share God’s mercy with all - the proclamation of the Good News, evangelisation - was the principal theme of his pontificate. He reminded us that “mercy” is the very name of God, and, therefore, no one can put a limit on his merciful love with which he wants to raise us up and make us new people.

It is important to welcome as a precious treasure this principle on which Pope Francis insisted so much. And - allow me to say - our affection for him, which is being manifested in this time, must not remain a mere emotion of the moment; we must welcome his legacy and make it part of our lives, opening ourselves to God’s mercy and also being merciful to one another.

Mercy takes us back to the heart of faith. It reminds us that we do not have to interpret our relationship with God and our being Church according to human or worldly categories. The good news of the Gospel is first and foremost the discovery of being loved by a God who has compassionate and tender feelings for each one of us, regardless of our merits. It also reminds us that our life is woven with mercy: we can only get back up after our falls and look to the future if we have someone who loves us without limits and forgives us. Therefore, we are called to the commitment of living our relationships no longer according to the criteria of calculation or blinded by selfishness, but by opening ourselves to dialogue with others, welcoming those we meet along the way and forgiving their weaknesses and mistakes. Only mercy heals and creates a new world, putting out the fires of distrust, hatred and violence: this is the great teaching of Pope Francis.

Jesus shows us this merciful face of God in his preaching and in the deeds he performs. Furthermore, as we have heard, when he presents himself in the Upper Room after the resurrection, he offers the gift of peace and says: “If you forgive the sins of any, they are forgiven them; if you retain the sins of any, they are retained” (Jn 20:23). Thus, the risen Lord directs his disciples, his Church, to be instruments of mercy for humanity for those willing to accept God’s love and forgiveness. Pope Francis was a shining witness of a Church that bends down with tenderness towards those who are wounded and heals with the balm of mercy. He reminded us that there can be no peace without the recognition of the other, without attention to those who are weaker and, above all, there can never be peace if we do not learn to forgive one another, showing each another the same mercy that God shows us.

Brothers and sisters, precisely on Divine Mercy Sunday we remember our beloved Pope Francis with affection. Indeed, such memories are particularly vivid among the employees and faithful of Vatican City, many of whom are present here, and whom I would like to thank for the service they perform every day. To you, to all of us, to the whole world, Pope Francis extends his embrace from Heaven.

We entrust ourselves to the Blessed Virgin Mary, to whom he was so devoted that he chose to be buried in the Basilica of Saint Mary Major. May she protect us, intercede for us, watch over the Church, and support the journey of humanity in peace and fraternity. Amen.

[00507-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

 

Liebe Brüder und Schwestern,

Der auferstandene Jesus erscheint seinen Jüngern, während sie sich aus Angst im Abendmahlssaal eingeschlossen haben und die Türen verriegelt sind (Joh 20,19). Ihre Gemütsverfassung ist aufgewühlt, und ihre Herzen sind voller Trauer, da der Meister und Hirte, dem sie gefolgt waren und für den sie alles aufgegeben hatten, ans Kreuz genagelt worden war. Sie haben Schreckliches erlebt und fühlen sich verwaist, allein, verloren, bedroht und schutzlos.

Das erste Bild, das uns das Evangelium an diesem Sonntag vermittelt, mag auch die Stimmung von uns allen, der Kirche und der ganzen Welt, gut widerspiegeln. Der Hirte, den der Herr seinem Volk geschenkt hat, Papst Franziskus, ist aus seinem irdischen Leben geschieden und hat uns verlassen. Der Schmerz angesichts seines Todes, die Traurigkeit, die uns überkommt, die Betroffenheit, die wir in unseren Herzen spüren, das Gefühl der Verlorenheit: All das erleben wir gerade, wie die Apostel, die um den Tod Jesu trauerten.

Und doch sagt uns das Evangelium, dass gerade in solchen dunklen Momenten der Herr mit dem Licht der Auferstehung zu uns kommt, um unsere Herzen zu erhellen. Papst Franziskus hat uns seit seiner Wahl immer wieder daran erinnert und die Freude des Evangeliums in den Mittelpunkt seines Pontifikats gestellt, die – wie er in Evangelii gaudium schrieb – »das Herz und das gesamte Leben derer [erfüllt], die Jesus begegnen. Diejenigen, die sich von ihm retten lassen, sind befreit von der Sünde, von der Traurigkeit, von der inneren Leere und von der Vereinsamung. Mit Jesus Christus kommt immer – und immer wieder – die Freude« (Nr. 1).

Die Osterfreude, die uns in Zeiten der Prüfung und der Traurigkeit Kraft gibt, ist heute auf diesem Platz deutlich zu spüren. Sie spiegelt sich vor allem in euren Gesichtern wider, liebe Jugendliche, die ihr aus aller Welt gekommen seid, um das Heilige Jahr zu feiern. Ihr kommt aus vielen verschiedenen Gegenden: aus allen Diözesen Italiens, aus Europa, aus den Vereinigten Staaten, aus Lateinamerika, aus Afrika, aus Asien, aus den Arabischen Emiraten … durch euch ist wirklich die ganze Welt hier vertreten!

Ich grüße euch ganz besonders und möchte euch gern die Umarmung der Kirche und die Zuneigung von Papst Franziskus spüren lassen, der euch so gern getroffen hätte und sich gewünscht hätte, euch in die Augen zu schauen und durch eure Reihen zu fahren, um euch zu grüßen.

Vergesst angesichts der vielen Herausforderungen, denen ihr euch stellen müsst – ich denke beispielsweise an die Themen Technologie und künstliche Intelligenz, die unsere Zeit besonders prägen –, niemals, euer Leben mit der wahren Hoffnung zu nähren, die in Jesus Christus Gestalt angenommen hat. Mit ihm wird euch nichts zu groß oder zu schwer sein! Mit ihm werdet ihr niemals allein oder euch selbst überlassen sein, auch in den schlimmsten Momenten nicht! Er kommt euch entgegen, wo immer ihr seid, um euch den Mut zu geben, euer Leben zu leben, eure Erfahrungen, eure Gedanken, eure Gaben, eure Träume zu teilen, und in den Gesichtern der Menschen, die euch nah oder fern sind, einen Bruder oder eine Schwester zu sehen, denen ihr Liebe schenken sollt, denen ihr so viel zu geben und von denen ihr so viel zu empfangen habt, um euch zu helfen, großzügig, treu und verantwortungsbewusst zu sein in dem Leben, das vor euch liegt, um euch verstehen zu lassen, was im Leben am meisten zählt: die Liebe, die alles versteht und alles hofft (vgl. 1 Kor 13,7).

Heute, am zweiten Sonntag nach Ostern, dem Weißen Sonntag, feiern wir das Fest der Barmherzigkeit.

Gerade die Barmherzigkeit des Vaters, die unsere Grenzen und Berechnungen übersteigt, hat das Lehramt von Papst Franziskus und sein intensives apostolisches Wirken geprägt, ebenso wie sein Bestreben, diese Barmherzigkeit zu verkünden und mit allen zu teilen. Die Verkündigung der Frohen Botschaft, die Evangelisierung, war das Leitmotiv seines Pontifikats. Er hat uns daran erinnert, dass „Barmherzigkeit“ der Name Gottes ist und dass daher niemand seiner barmherzigen Liebe, mit der er uns aufrichten und zu neuen Menschen machen will, Grenzen setzen kann.

Es ist wichtig, dass wir diese von Papst Franziskus so eindringlich hervorgehobene Botschaft wie einen kostbaren Schatz bewahren. Und – wenn ich das sagen darf – unsere Zuneigung zu ihm, die sich in diesen Stunden so deutlich zeigt, darf nicht nur eine momentane Emotion bleiben. Wir müssen sein Vermächtnis annehmen und es mit Leben füllen, indem wir uns der Barmherzigkeit Gottes öffnen und auch selbst barmherzig miteinander umgehen.

Die Barmherzigkeit führt uns zurück zum Kern des Glaubens. Sie erinnert uns daran, dass wir unsere Beziehung zu Gott und unser kirchliches Leben nicht nach menschlichen oder weltlichen Maßstäben betrachten dürfen, denn die Frohe Botschaft des Evangeliums ist in erster Linie die Entdeckung, von einem Gott geliebt zu sein, der Mitgefühl und Zärtlichkeit für jeden von uns empfindet, unabhängig von unseren Verdiensten. Sie erinnert uns außerdem daran, dass unser Leben von Barmherzigkeit durchdrungen ist: Wir können nur dann nach unseren Niederlagen wieder aufstehen und in die Zukunft blicken, wenn wir jemanden haben, der uns bedingungslos liebt und uns vergibt. Deshalb sind wir aufgerufen, unsere Beziehungen nicht mehr nach berechnenden Kriterien oder blind vor Egoismus zu leben, sondern uns dem Dialog mit den anderen zu öffnen, diejenigen anzunehmen, denen wir auf unserem Weg begegnen, und ihnen ihre Schwächen und Fehler zu vergeben. Nur Barmherzigkeit heilt und schafft eine neue Welt, indem sie das Feuer des Misstrauens, des Hasses und der Gewalt löscht: Das ist die großartige Lehre von Papst Franziskus.

Jesus zeigt uns dieses barmherzige Antlitz Gottes in seiner Verkündigung und in seinen Taten; und wie wir gehört haben, schenkt er uns bei seinem Erscheinen im Abendmahlssaal nach der Auferstehung den Frieden und sagt: »Denen ihr die Sünden erlasst, denen sind sie erlassen; denen ihr sie behaltet, sind sie behalten« (Joh 20,23). Damit erklärt der auferstandene Herr, dass seine Jünger, seine Kirche, Werkzeuge der Barmherzigkeit für die Menschheit sein sollen, für alle, die Gottes Liebe und Vergebung annehmen wollen. Papst Franziskus war ein lichter Zeuge einer Kirche, die sich mit Zärtlichkeit den Verwundeten zuwendet und sie mit dem Balsam der Barmherzigkeit heilt; und er hat uns daran erinnert, dass es keinen Frieden geben kann ohne die Anerkennung des anderen, ohne Aufmerksamkeit für die Schwächsten und vor allem kann es niemals Frieden geben, wenn wir nicht lernen, einander zu vergeben und untereinander dieselbe Barmherzigkeit walten zu lassen, die Gott uns allen entgegenbringt.

Brüder und Schwestern, gerade am Sonntag der Barmherzigkeit gedenken wir mit Zuneigung unseres geliebten Papstes Franziskus. Diese Erinnerung ist besonders lebendig unter den Mitarbeitern und Gläubigen der Vatikanstadt, von denen viele hier anwesend sind und denen ich für ihren Dienst danken möchte, den sie täglich leisten. Euch, uns alle, die ganze Welt schließt Papst Franziskus vom Himmel aus in seine Arme.

Wir vertrauen uns der seligen Jungfrau Maria an, der er so sehr verbunden war, dass er die Basilika Santa Maria Maggiore zu seiner letzten Ruhestätte erwählte. Sie möge uns beschützen, für uns Fürsprache einlegen, über die Kirche wachen und die Menschheit auf ihrem Weg in Frieden und Geschwisterlichkeit begleiten. Amen.

[00507-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Jesús Resucitado se presenta ante sus discípulos, mientras se encuentran en el cenáculo donde se han encerrado por miedo, atrancando las puertas (Jn 20,19). Su estado de ánimo está turbado y su corazón hundido en la tristeza, porque el Maestro y Pastor que habían seguido dejándolo todo, fue clavado en la cruz. Vivieron cosas terribles y se sienten huérfanos, solos, perdidos, amenazados e indefensos.

La imagen inicial que el Evangelio nos ofrece en este domingo puede representar el estado de ánimo de todos nosotros, de la Iglesia y del mundo entero. El Pastor que el Señor donó a su pueblo, el Papa Francisco, terminó su vida terrena y nos ha dejado. El dolor de su partida, el sentido de tristeza que nos embarga, la turbación que percibimos en el corazón, la sensación de pérdida, todo esto lo estamos viviendo, como los apóstoles acongojados por la muerte de Jesús.

Y, sin embargo, el Evangelio nos dice que precisamente en estos momentos de oscuridad el Señor se presenta ante nosotros con la luz de la resurrección, para iluminar nuestros corazones. El Papa Francisco nos lo ha recordado desde su elección y lo ha repetido con frecuencia, poniendo en el centro de su pontificado esa alegría del Evangelio que —como escribía en Evangelii gaudium— «llena el corazón y la vida entera de los que se encuentran con Jesús. Quienes se dejan salvar por Él son liberados del pecado, de la tristeza, del vacío interior, del aislamiento. Con Jesucristo siempre nace y renace la alegría» (n. 1).

La alegría pascual, que nos sostiene en la hora de la prueba y de la tristeza, es algo que hoy se puede casi tocar en esta plaza; la vemos impresa sobre todo en los rostros de ustedes, queridos chicos y adolescentes que han llegado desde todo el mundo a celebrar el Jubileo. Vienen de muchas partes: de todas las diócesis de Italia, de Europa, de los Estados Unidos, de América Latina, de África, de Asia, de los Emiratos Árabes, etc., con ustedes se hace presente realmente el mundo entero.

A ustedes les dirijo un saludo especial, con el deseo de hacerles sentir el abrazo de la Iglesia y el afecto del Papa Francisco, que habría deseado encontrarlos, mirándolos a los ojos, y pasando entre ustedes para saludarlos.

Ante los numerosos desafíos que están llamados a afrontar
—recuerdo, por ejemplo, el de la tecnología y de la inteligencia artificial que caracteriza en modo particular nuestra época— no olviden nunca alimentar su vida con la verdadera esperanza, que tiene el rostro de Jesucristo. Nada será demasiado grande o demasiado arduo con Él. Con Él no estarán nunca solos ni abandonados, ni siquiera en los momentos más duros. Él viene a encontrarse con ustedes allí donde están, para darles el coraje de vivir, de compartir sus experiencias, sus pensamientos, sus dones, sus sueños, de ver en el rostro de quien está cerca o lejos a un hermano y una hermana a quien amar, a los que tenemos tanto que dar y de los que tenemos tanto que recibir, para ayudarles a ser generosos, fieles y responsables en la vida que les espera, para hacerles comprender lo que realmente tiene valor en la vida: el amor que todo lo comprende y que todo lo espera (cf. 1 Co 13,7).

Hoy, segundo domingo de Pascua, domingo in Albis, celebramos la fiesta de la Misericordia.

Precisamente la misericordia del Padre, más grande que nuestros límites y que nuestros cálculos, es aquello que ha caracterizado el Magisterio del Papa Francisco y su intensa actividad apostólica, junto al deseo de anunciarla y compartirla con todos —el anuncio de la Buena noticia, la evangelización— que fue el programa de su pontificado. Él nos ha recordado que “misericordia” es el nombre mismo de Dios y, por lo tanto, nadie puede poner un límite a su amor misericordioso, con el que Él quiere volver a levantarnos y hacernos personas nuevas.

Es importante acoger como un tesoro precioso esta indicación sobre la que el Papa Francisco tanto insistió. Y —permítanme decirlo— nuestro afecto por él, que se está manifestando en estas horas, no debe quedar como una simple emoción del momento, debemos acoger su herencia y hacerla vida, abriéndonos a la misericordia de Dios y siendo nosotros también misericordiosos los unos con los otros.

La misericordia nos transporta al corazón de la fe. Nos recuerda que no debemos interpretar nuestra relación con Dios y nuestro ser Iglesia según categorías humanas o mundanas, porque la buena noticia del Evangelio es sobre todo el descubrirnos amados por un Dios que tiene entrañas de compasión y de ternura para cada uno de nosotros independientemente de nuestros méritos; nos recuerda, además, que nuestra vida está tejida por la misericordia. Nosotros podemos levantarnos después de caer y mirar al futuro sólo si tenemos a alguien que nos ama sin límites y nos perdona. Y, por eso, se nos pide comprometernos a no vivir ya nuestras relaciones según criterios de conveniencia o cegados por el egoísmo, sino abriéndonos al diálogo con el otro, acogiendo a quien encontramos en el camino y perdonando sus debilidades y sus errores. Sólo la misericordia sana y crea un mundo nuevo, apagando los fuegos de la desconfianza, del odio y de la violencia. Esta es la gran enseñanza del Papa Francisco.

Jesús nos muestra este rostro misericordioso de Dios en su predicación y en los gestos que realiza; y, como hemos escuchado, presentándose en el cenáculo después de la resurrección, ofrece el don de la paz y dice: «Los pecados serán perdonados a los que ustedes se los perdonen, y serán retenidos a los que ustedes se los retengan» (Jn 20,23). Así, el Señor Resucitado establece que sus discípulos, su Iglesia, sean instrumentos de misericordia para la humanidad, para aquellos que desean acoger el amor y el perdón de Dios. El Papa Francisco fue testigo luminoso de una Iglesia que se inclina con ternura hacia quien está herido y sana con el bálsamo de la misericordia; y nos ha recordado que no puede haber paz sin que reconozcamos el valor del otro, sin la atención al que es más débil y, sobre todo, no puede haber nunca paz si no aprendemos a perdonarnos recíprocamente, usando entre nosotros la misma misericordia que Dios tiene para con nuestra vida.

Hermanos y hermanas, precisamente en el domingo de la misericordia recordamos con afecto a nuestro amado Papa Francisco. Este recuerdo está particularmente vivo entre los empleados y fieles de la Ciudad del Vaticano, muchos de los cuales están aquí presentes, a ellos les quiero agradecer el servicio que realizan cada día. A ustedes, a todos nosotros, al mundo entero, el Papa Francisco nos envía su abrazo desde el cielo.

Nos encomendamos a la Bienaventurada Virgen María, a la que Él estaba tan devotamente unido que ha elegido reposar en la Basílica de Santa María la Mayor. Que ella nos proteja, interceda por nosotros, vele por la Iglesia, y sostenga el camino de la humanidad en la paz y en la fraternidad. Amén.

[00507-ES.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

 

Queridos irmãos e irmãs,

Jesus Ressuscitado aparece aos seus discípulos, enquanto estavam encerrados com medo no cenáculo, com as portas fechadas (Jo 20, 19). O estado de espírito dos discípulos está perturbado e o seu coração triste, porque o Mestre e Pastor, que tinham seguido deixando tudo, foi pregado na cruz. Viveram coisas terríveis e sentem-se órfãos, sozinhos, perdidos, ameaçados e indefesos.

A imagem inicial que o Evangelho nos oferece neste domingo pode representar bem o estado de espírito de todos nós, da Igreja e do mundo inteiro. O Pastor que o Senhor deu ao seu povo, o Papa Francisco, terminou a sua vida terrena e deixou-nos. A dor pela sua partida, o sentimento de tristeza que nos assalta, a perturbação que sentimos no coração, a sensação de desorientação: estamos a viver tudo isto, como os apóstolos entristecidos pela morte do Senhor.

No entanto, o Evangelho diz-nos que é precisamente nestes momentos de escuridão que o Senhor vem até nós com a luz da ressurreição, para iluminar os nossos corações. O Papa Francisco lembrou-nos disso desde a sua eleição e repetiu-o a nós muitas vezes, colocando no centro do seu pontificado a alegria do Evangelho que – como escreveu na Evangelii gaudium – «enche o coração e a vida inteira daqueles que se encontram com Jesus. Quantos se deixam salvar por Ele são libertados do pecado, da tristeza, do vazio interior, do isolamento. Com Jesus Cristo, renasce sem cessar a alegria» (n. 1).

A alegria pascal, que nos sustenta na hora da provação e da tristeza, hoje é algo que quase se pode tocar nesta praça; é visível sobretudo nos vossos rostos, queridos meninos e adolescentes que viestes de todo o mundo para celebrar o Jubileu. Vós vindes de muitos lugares: das dioceses da Itália e da Europa, dos Estados Unidos à América Latina, da África à Ásia, dos Emirados Árabes... convosco está aqui realmente presente o mundo inteiro!

A todos vós, dirijo uma saudação especial, com o desejo de vos fazer sentir o abraço da Igreja e o carinho do Papa Francisco, que teria desejado encontrar-vos, olhar-vos nos olhos e passar no meio de vós para vos saudar.

Diante dos muitos desafios que estais chamados a enfrentar – recordo, por exemplo, o da tecnologia e da inteligência artificial, que caracteriza particularmente a nossa época –, nunca esqueçais de alimentar a vossa vida com a verdadeira esperança, que tem o rosto de Jesus Cristo Ressuscitado e vivo na sua Igreja. Com Ele, nada será demasiado grande ou difícil! Com Ele, nunca estareis sozinhos nem abandonados a vós mesmos, nem sequer nos momentos mais sombrios! Ele vem ao vosso encontro ali onde vos encontrais, para vos dar coragem para viver, para partilhar as vossas experiências, as vossas preocupações, os vossos dons, os vossos sonhos, coragem para ver no rosto de quem está próximo ou distante um irmão e uma irmã a amar, a quem tendes tanto para dar e de quem tendes tanto para receber, coragem para vos ajudar a ser generosos, fiéis e responsáveis na vida que vos espera, para vos fazer compreender o que mais importa na vida: o amor que tudo compreende e tudo espera (cf. 1 Cor 13, 7).

Hoje, segundo domingo da Páscoa, Domingo in Albis, celebramos a festa da Divina Misericórdia.

É precisamente a misericórdia do Pai, maior do que os nossos limites e os nossos cálculos, que caracterizou o Magistério do Papa Francisco e a sua intensa atividade apostólica, juntamente com o desejo de a anunciar e partilhar com todos – o anúncio da boa nova, a evangelização –, que foi o programa do seu pontificado. Ele lembrou-nos que «misericórdia» é nome próprio de Deus e, portanto, ninguém pode colocar limites ao seu amor misericordioso, com o qual Ele quer levantar-nos e tornar-nos pessoas novas.

É importante acolher como um precioso tesouro esta indicação na qual o Papa Francisco tanto insistiu. E – permiti-me dizê-lo – o nosso carinho por ele, que se manifesta nestas horas, não deve permanecer uma simples emoção do momento; devemos acolher o seu legado e torná-lo vida vivida, abrindo-nos à misericórdia de Deus e tornando-nos também nós misericordiosos uns para com os outros.

A misericórdia leva-nos de novo ao coração da fé. Lembra-nos que não devemos interpretar a nossa relação com Deus e o nosso ser Igreja segundo categorias humanas ou mundanas, porque a boa notícia do Evangelho é, antes de mais nada, a descoberta de sermos amados por um Deus que tem entranhas de compaixão e ternura por cada um de nós, independentemente dos nossos méritos; lembra-nos, além disso, que a nossa vida é tecida de misericórdia: só podemos levantar-nos após as nossas quedas e olhar para o futuro se temos alguém que nos ama sem limites e nos perdoa. E, por isso, somos chamados a comprometer-nos em viver as nossas relações não já segundo critérios calculistas ou ofuscados pelo egoísmo, mas abrindo-nos ao diálogo com o outro, acolhendo quem encontramos no caminho e perdoando as suas fraquezas e os seus erros. Só a misericórdia cura e cria um mundo novo, extinguindo os focos de desconfiança, ódio e violência: este é o grande ensinamento do Papa Francisco.

Jesus mostra-nos este rosto misericordioso de Deus na sua pregação e nos gestos que realiza; e, como ouvimos, ao apresentar-se no Cenáculo após a ressurreição, oferece o dom da paz e diz: «Àqueles a quem perdoardes os pecados, ficarão perdoados; àqueles a quem os retiverdes, ficarão retidos» (Jo 20, 23). Assim, o Senhor Ressuscitado determina que os seus discípulos, a sua Igreja, sejam instrumentos de misericórdia para a humanidade, para aqueles que desejam acolher o amor e o perdão de Deus. O Papa Francisco foi testemunha luminosa de uma Igreja que se inclina com ternura perante os feridos e cura com o bálsamo da misericórdia; e recordou-nos que não pode haver paz sem o reconhecimento do outro, sem a atenção aos mais fracos e, sobretudo, nunca pode haver paz se não aprendermos a perdoar-nos reciprocamente, usando entre nós a mesma misericórdia que Deus tem para com a nossa vida.

Irmãos e irmãs, precisamente neste domingo da misericórdia, recordamos com carinho o nosso amado Papa Francisco. Esta memória está particularmente viva entre os funcionários e fiéis da Cidade do Vaticano, muitos dos quais estão aqui presentes, e a quem gostaria de agradecer pelo serviço que prestam diariamente. A vós, a todos nós, ao mundo inteiro, o Papa Francisco envia do Céu o seu abraço.

Confiemo-nos à Virgem Maria, a quem ele estava tão devotamente ligado que escolheu repousar na Basílica de Santa Maria Maior. Que Ela nos proteja, interceda por nós, vele pela Igreja e sustente o caminho da humanidade na paz e na fraternidade. Amém.

[00507-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Drodzy Bracia i Siostry,

Zmartwychwstały Jezus ukazuje się swoim uczniom, podczas gdy oni przebywają w Wieczerniku, zamknięci i przerażeni, za zabarykadowanymi drzwiami (J 20, 19). Przeżywają niepokój ducha, a ich serca są pogrążone w smutku, ponieważ Mistrz i Pasterz, za którym podążali, pozostawiając wszystko, został przybity do krzyża. Przeżyli straszne rzeczy i czują się osieroceni, samotni, zagubieni, zagrożeni i bezradni.

Obraz początkowy, który Ewangelia ukazuje nam w tę niedzielę, może również dobrze oddawać stan ducha nas wszystkich, Kościoła i całego świata. Pasterz, którego Pan dał swojemu ludowi, Papież Franciszek, zakończył swoje ziemskie życie i opuścił nas. Żal z powodu jego odejścia, poczucie smutku, które nas ogarnia, niepokój, który odczuwamy w naszych sercach, poczucie zagubienia – wszystko to dziś przeżywamy, podobnie jak Apostołowie bolejący po śmierci Jezusa.

A jednak Ewangelia mówi nam, że właśnie w takich chwilach ciemności Pan przychodzi do nas ze światłem zmartwychwstania, aby rozpalić nasze serca. Papież Franciszek przypominał nam o tym od chwili swojego wyboru i często nam to powtarzał, stawiając w centrum swojego pontyfikatu radość Ewangelii, która – jak napisał w Evangelii gaudium – „napełnia serce oraz całe życie tych, którzy spotykają się z Jezusem. Ci, którzy pozwalają, żeby ich zbawił, zostają wyzwoleni od grzechu, od smutku, od wewnętrznej pustki, od izolacji. Z Jezusem Chrystusem rodzi się zawsze i odradza radość” (n. 1).

Radość paschalna, która podtrzymuje nas w godzinie próby i smutku, dzisiaj, na tym placu, jest czymś niemal namacalnym. Widać ją przede wszystkim na waszych twarzach, drodzy młodzi, chłopcy i dziewczęta, którzy przybyliście z całego świata, aby świętować Jubileusz. Przyjechaliście z tak wielu miejsc: ze wszystkich diecezji Włoch, z Europy, ze Stanów Zjednoczonych i z Ameryki Łacińskiej, z Afryki i Azji, z Emiratów Arabskich... Naprawdę, dzięki wam cały świat jest tu obecny!

Do was kieruję specjalne pozdrowienie, pragnąc, abyście poczuli przytulenie Kościoła i życzliwość Papieża Franciszka, który pragnął z wami się spotkać, spojrzeć wam w oczy, przechodzić między wami, aby was pozdrowić.

Stoi przed wami wiele wyzwań, z którymi musicie się zmierzyć – przypominam, na przykład, te związane z technologią i sztuczną inteligencją, które szczególnie charakteryzują naszą epokę. Nigdy nie zapominajcie, aby wzmacniać swoje życie prawdziwą nadzieją, która ma oblicze Jezusa Chrystusa. Z Nim nic nie będzie zbyt wielkie ani zbyt wymagające! Z Nim nigdy nie będziecie sami, ani pozostawieni sami sobie, nawet w najgorszych chwilach! On przychodzi, aby spotkać was tam, gdzie jesteście, aby dać wam odwagę do życia, dzielenia się waszymi doświadczeniami, myślami, zdolnościami, marzeniami, abyście zobaczyli w twarzy bliskiego czy dalekiego brata i siostrę, których trzeba kochać, którym można tak wiele dać i tak wiele od nich otrzymać, aby pomóc wam być hojnymi, wiernymi i odpowiedzialnymi w życiu, które przed wami, pomóc wam zrozumieć co w życiu jest najcenniejsze – miłość, która wszystko rozumie i we wszystkim pokłada nadzieję (por. 1 Kor 13, 7).

Dzisiaj, w Drugą Niedzielę Wielkanocną, Niedzielę in Albis, obchodzimy Święto Miłosierdzia.

To właśnie miłosierdzie Ojca, większe niż nasze ograniczenia i kalkulacje, charakteryzowało Magisterium Papieża Franciszka i jego intensywną posługę apostolską. Towarzyszył jej zapał głoszenia miłosierdzia i dzielenia się nim ze wszystkimi – głoszenie Dobrej Nowiny, ewangelizacja – to było programem jego pontyfikatu. Przypomniał nam, że „miłosierdzie” jest właściwym imieniem Boga, a zatem nikt nie może postawić barier Jego miłosiernej miłości – tej, którą chce nas podnieść i uczynić nowymi ludźmi.

Dlatego jest ważne, aby to wskazanie, na które Papież Franciszek tak bardzo kładł nacisk, przyjąć jako cenny skarb. I – pozwólcie, że to powiem – nasze przywiązanie do niego, które uwidacznia się w tych chwilach, nie może pozostać jedynie chwilowym wzruszeniem. Musimy bowiem przyjąć jego dziedzictwo i wprowadzić je w życie, otwierając się na Boże miłosierdzie i stając się miłosiernymi dla siebie nawzajem.

Miłosierdzie prowadzi nas z powrotem do istoty wiary. Przypomina nam, że nie możemy interpretować naszej relacji z Bogiem i naszego bycia Kościołem według ludzkich lub światowych kryteriów, ponieważ Dobra Nowina Ewangelii polega przede wszystkim na odkryciu, że jesteśmy kochani przez Boga, który darzy każdego z nas współczuciem i czułością, niezależnie od naszych zasług. Przypomina nam również, że nasze życie jest utkane z miłosierdzia: możemy podnieść się po naszych upadkach i spojrzeć w przyszłość tylko wtedy, gdy mamy kogoś, kto nas bezgranicznie kocha i nam przebacza. Dlatego jesteśmy wezwani do zaangażowania się w przeżywanie naszych relacji już nie według kryteriów kalkulacji czy zaślepiającego egoizmu, ale otwierając się na dialog z drugim człowiekiem, przyjmując tych, których spotykamy na naszej drodze i wybaczając im ich słabości i błędy. Tylko miłosierdzie leczy i tworzy nowy świat, gasząc pożary nieufności, nienawiści i przemocy: to jest wielkie przesłanie Papieża Franciszka.

Jezus ukazuje nam to miłosierne oblicze Boga w swoim nauczaniu i w znakach, których dokonuje. Jak słyszeliśmy, pojawiając się w Wieczerniku po zmartwychwstaniu, ofiarowuje dar pokoju i mówi: „Którym odpuścicie grzechy, są im odpuszczone, a którym zatrzymacie grzechy, nie są im zatrzymane” (J 20, 23). W ten sposób, Zmartwychwstały Pan postanawia, że Jego uczniowie, Jego Kościół, będą narzędziami miłosierdzia dla ludzkości – dla tych, którzy chcą przyjąć Bożą miłość i przebaczenie. Papież Franciszek był wspaniałym świadkiem Kościoła, który pochyla się z czułością nad zranionym i leczy balsamem miłosierdzia; i przypomniał nam, że pokój nie jest możliwy bez dostrzeżenia drugiego, bez zwrócenia uwagi na tych, którzy są słabsi, a przede wszystkim nigdy nie będzie pokoju, jeśli nie nauczymy się przebaczać sobie nawzajem, okazując sobie nawzajem to samo miłosierdzie, jakim Bóg ogarnia nasze życie.

Bracia i siostry, właśnie w Niedzielę Miłosierdzia serdecznie wspominamy naszego ukochanego Papieża Franciszka. Ta pamięć jest szczególnie żywa wśród pracowników i wiernych Państwa Miasta Watykańskiego, z których wielu jest tu obecnych i którym chciałbym podziękować za codzienną posługę. Do was, do nas wszystkich, do całego świata, Papież Franciszek kieruje swoje pozdrowienie z Nieba.

Powierzajmy się Najświętszej Maryi Pannie, z którą był tak bardzo związany, że postanowił spocząć w Bazylice Matki Bożej Większej. Niech Ona nas chroni, wstawia się za nami, czuwa nad Kościołem, podtrzymuje drogę ludzkości ku pokojowi i braterstwu. Amen.

[00507-PL.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة

صاحب النّيافة الكاردينال بييترو بارولين

في الاحتفال الإفخارستيّ
في اليوم الثّاني من أيام الحداد التّسعة لوفاة البابا فرنسيس

الأحد الثّاني من الزّمن الفصحيّ

(أحد الرّحمة)

27 نيسان/أبريل 2025

ساحة القدّيس بطرس

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء،

تراءى يسوع القائم من بين الأموات لتلاميذه المجتمعين في العليّة، وكانوا في دار أُغْلِقَتْ أَبوابُها لأنّهم كانوا خائفين (راجع يوحنّا 20، 19). كانت حالتهم النّفسيّة مضطربة وقلوبهم حزينة، لأنّ المعلِّم والرّاعي الذي تبعوه وتركوا كلّ شيء من أجله، سُمِّرَ على الصّليب. عاشوا أحداثًا رهيبة، والآن يشعرون بأنفسهم أيتامًا وحيدين ضائعين مهدّدين لا حامِيَ لهم.

الصّورة الأولى التي يقدّمها لنا الإنجيل في هذا الأحد، تعبِّر جيّدًا أيضًا عن حالتنا النّفسية جميعًا، وهي حالة الكنيسة والعالم أجمع. فالرّاعي الذي أرسله الله لشعبه، البابا فرنسيس، أنهى حياته الأرضيّة ورحل عنّا. ونحن نتألّم لفراقه. الحزن يداهمنا، والاضطراب يملأ قلوبنا، والإحساس بالضّياع: كلّها مشاعر نعيشها مثل الرّسل الذين حلَّ بهم الهلع لموت يسوع.

مع ذلك، في لحظات الظّلام هذه، يقول لنا الإنجيل إنّ الرّبّ يسوع يأتي إلينا بنور القيامة لينير قلوبنا. ذكّرنا البابا فرنسيس بذلك منذ انتخابه، وكرّر لنا ذلك مرارًا، فوضع في قلب حبريّته فرح الإنجيل الذي "يملأُ القلبَ والحياة كلّها للذين يلتقون يسوعَ. أولئك الذين ينقادون له فيخلِّصُهم يتحرّرون من الخطيئة والحزن والفراغ الداخليّ والعزلة. مع يسوعَ المسيح يولد الفرح ويولد دائمًا من جديد"، كما كتب في الإرشاد الرّسوليّ ”فرح الإنجيل“ (رقم 1).

فرح الفصح، الذي يعضدنا في ساعة التّجربة والحزن، حاضر اليوم بشكل ملموس في هذه السّاحة، ويمكن أن نراه خصوصًا في وجوهكم، أيّها الفتيان والفتيات الأعزّاء، الذين جئتم من جميع أنحاء العالم للاحتفال باليوبيل. جئتم من أماكن كثيرة: من جميع أبرشيّات إيطاليا، وأوروبا، ومن الولايات المتّحدة إلى أمريكا اللاتينيّة، ومن أفريقيا إلى آسيا، ومن الإمارات العربيّة المتّحدة... ومعكم، العالم كلّه حاضر حقًّا!

أوجّه إليكم تحيّة خاصّة، وأريد أن تشعروا بعناق الكنيسة لكم ومودّة البابا فرنسيس الذي كان يرغب في أن يلتقي بكم وينظر في عيونكم ويمرّ بينكم ليحيّيكم.

بين التّحدّيات الكثيرة التي أنتم مدعوّون إلى مواجهتها - وأذكر مثلًا تحدّيات التّكنولوجيا والذّكاء الاصطناعيّ التي تميّز عصرنا بشكل خاصّ - لا تنسوا أبدًا أن تغذّوا حياتكم بالرّجاء الحقيقيّ الذي هو وجه يسوع المسيح. فمعه لن يكون أيّ شيء أكبرَ أو أصعبَ من أن تحتملوه! ومعه لن تكونوا أبدًا وحيدين ولا متروكين، ولا حتّى في أسوأ الأوقات! هو يأتي للقائكم حيث أنتم، ليمنحكم الشّجاعة لأن تعيشوا، وتتشاركوا في خبراتكم وأفكاركم ومواهبكم وأحلامكم، ولتروا، في وجه كلّ قريب أو بعيد منكم، أخًا وأختًا تحبّونه، وتقدرون أن تعطوه الشّيء الكثير، وتأخذوا منه الشّيء الكثير. وذلك يساعدكم لتكونوا أسخياء وأمناء ومسؤولين في الحياة التي تنتظركم، وليجعلكم تفهمون ما هو الأهمّ في الحياة: المحبّة التي تدرك كلّ شيء وترجو كلّ شيء (راجع 1 قورنتس 13، 7).

هذا اليوم هو الأحد الثّاني للفصح، ”الأحد الأبيض“، نحتفل فيه بعيد الرّحمة الإلهيّة.

رحمة الآب، التي هي أكبر من حدودنا وحساباتنا، وهي الرّحمة التي ميّزت تعليم البابا فرنسيس ونشاطه الرّسولي المكثّف. كان همّه أن يبشِّر بها ويملأ بها قلوب الجميع - إعلان البشرى السّارّة، بشارة الإنجيل – هذا كان برنامج حبريّته. ذكّرنا أنّ ”الرّحمة“ هي اسم الله، وبالتّالي لا يمكن لأحد أن يضع حدًّا لمحبّته الرّحيمة التي يريد بها أن ينهضنا ويجعلنا أشخاصًا جددًا.

من المهمّ أن نقبل هذه التّوجيهات التي ألحَّ عليها البابا فرنسيس كثيرًا فهي كنز ثمين. واسمحوا لي بأن أقول إنّ مودّتنا له التي تتجلّى في هذه السّاعات، يجب ألّا تبقى مجرّد مشاعر في هذه اللحظة، بل يجب علينا أن نقبل إرثه ونجعل منه حياة نعيشها، ونفتح أنفسنا لرحمة الله ونصير نحن أيضًا رحماء بعضنا مع بعض.

الرّحمة تعيدنا إلى قلب الإيمان. إنّها تذكّرنا بألّا نقيِّم علاقتنا مع الله وكوننا كنيسة بحسب معايير بشريّة أو دنيويّة، لأنّ بشرى الإنجيل السّارة هي أوّلًا الاكتشاف بأنّ الله يحبّنا ويكنّ مشاعر الرّأفة والحنان لكلّ واحد منّا بغضّ النّظر عن استحقاقاتنا، وتذكّرنا أيضًا بأنّ حياتنا متشابكة مع الرّحمة: إذ يمكننا أن ننهض بعد سقوطنا وننظر إلى المستقبل فقط إن كان لنا من يحبّنا بدون حدود ويغفر لنا. ولذلك، نحن مدعوّون إلى أن نلتزم بأن نعيش علاقاتنا لا بحسب معايير الحسابات أو الأنانيّة التي تعمي بصيرتنا، بل أن نفتح أنفسنا على الحوار مع الآخر ونرحّب بالذين نلتقي بهم في مسيرتنا ونغفر لهم ضعفهم وأخطاءهم. فالرّحمة وحدها تشفي وتخلق عالمًا جديدًا وتطفئ نيران عدم الثّقة والكراهية والعنف: هذا هو تعليم البابا فرنسيس الكبير.

يسوع يُبيّن لنا وجه الله الرّحيم هذا في مواعِظِهِ وفي أعماله، وكما سمعنا في الإنجيل، عندما تراءى في العلّيّة بعد قيامته من بين الأموات، فإنّه منح الرّسل هبةَ السّلام، وقال: "مَن غَفَرتُم لَهم خَطاياهم تُغفَرُ لَهم، ومَن أَمسَكتُم عليهمِ الغُفْران يُمسَكُ علَيهم" (يوحنّا 20، 23). هكذا، حدّد الرّبّ يسوع القائم من بين الأموات، أن يكون تلاميذه، وكنيسته، أدوات رحمة للبشريّة للذين يرغبون أن يقبلوا محبّة الله وغفرانه. كان البابا فرنسيس شاهدًا ساطعًا لكنيسة تنحني بحنان على المجروحين وتداويهم ببلسم الرّحمة، وذكّرنا أنّه لا يمكن أن يكون سلام بدون الاعتراف بالآخر، وبدون الاهتمام بالأضعفين، وقبل كلّ شيء، لا يمكن أن يكون سلام أبدًا إن لم نتعلَّم أن نغفر بعضنا لبعض، وأن نرحم بعضنا بعضًا بمثل الرّحمة نفسها التي يرحمنا بها الله.

أيّها الإخوة والأخوات، في يوم أحد الرّحمة الإلهيّة، لنتذكّر محبّة البابا فرنسيس المحبوب. هذا التّذكار حيّ بشكل خاصّ بين موظّفي ومؤمني حاضرة الفاتيكان، الذين هم حاضرون هنا كثيرون، وأودّ أن أشكرهم على الخدمة التي يقومون بها يوميًّا. لكم ولنا جميعًا وللعالم بأسره، البابا فرنسيس يُحَيِّينا ويعانقنا من السّماء.

لنوكل أنفسنا إلى سيّدتنا مريم العذراء، التي كرَّمها تكريمًا خاصًّا لدرجة أنّه اختار أن يرقد في بازيليكا القدّيسة مريم الكبرى. فلتحفظنا ولتشفع لنا، ولتسهر على الكنيسة، ولتسند مسيرة البشريّة إلى السّلام والأخوّة. آمين.

[00507-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0282-XX.02]