Testo in lingua italiana
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Testo in lingua italiana
Introduzione
La via del Calvario passa in mezzo alle nostre strade di tutti i giorni. Noi, Signore, andiamo solitamente nella direzione opposta alla tua. Proprio così può capitarci di incontrare il tuo volto, di incrociare il tuo sguardo. Noi procediamo come sempre e tu vieni verso di noi. I tuoi occhi ci leggono il cuore. Allora esitiamo a proseguire come se nulla fosse successo. Possiamo voltarci, guardarti, seguirti. Possiamo immedesimarci nel tuo cammino e intuire che è meglio cambiare direzione.
Dal Vangelo secondo Marco (10,21)
Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».
Gesù è il tuo nome e davvero in te «Dio salva». Il Dio di Abramo che chiama, il Dio di Isacco che provvede, il Dio di Giacobbe che benedice, il Dio di Israele che libera: nel tuo sguardo, Signore che attraversi Gerusalemme, c’è un’intera rivelazione. Nei tuoi passi che escono dalla città c’è il nostro esodo verso una terra nuova. Sei venuto a cambiare il mondo: significa per noi cambiare direzione, vedere la bontà delle tue tracce, lasciare lavorare nel nostro cuore la memoria dei tuoi occhi.
La Via Crucis è la preghiera di chi si muove. Interrompe i nostri percorsi consueti, affinché dalla stanchezza andiamo verso la gioia. È vero, ci costa la via di Gesù: in questo mondo che calcola tutto, la gratuità ha un caro prezzo. Nel dono, però, tutto rifiorisce: una città divisa in fazioni e lacerata dai conflitti va verso la riconciliazione; una religiosità inaridita riscopre la fecondità delle promesse di Dio; persino un cuore di pietra può cambiarsi in un cuore di carne. Soltanto, occorre ascoltare l’invito: «Vieni! Seguimi!». E fidarsi di quello sguardo d’amore.
I stazione
Gesù è condannato a morte
Dal Vangelo secondo Luca (23,13-16)
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà».
Non andò così. Non ti rimise in libertà. Eppure, sarebbe potuta andare diversamente. È il drammatico gioco delle nostre libertà. Quello per cui, Signore, tanto ci hai stimati. Hai dato fiducia a Erode, a Pilato, ad amici e nemici. Sei irrevocabile nella fiducia con cui ti metti nelle nostre mani. Possiamo trarne meraviglie: liberando chi è ingiustamente accusato, approfondendo la complessità delle situazioni, contrastando i giudizi che uccidono. Persino Erode avrebbe potuto seguire la santa inquietudine che lo attraeva a te: non lo ha fatto, nemmeno quando si trovò finalmente in tua presenza. Pilato avrebbe potuto liberarti: già ti aveva assolto. Non lo ha fatto. La via della croce, Gesù, è una possibilità che già troppe volte abbiamo lasciato cadere. Lo confessiamo: prigionieri dei ruoli da cui non siamo voluti uscire, preoccupati dei fastidi di un cambio di direzione. Tu sei ancora, silenziosamente, davanti a noi: in ogni sorella e in ogni fratello esposti a giudizi e pregiudizi. Ritornano argomenti religiosi, cavilli giuridici, l’apparente buon senso che non si coinvolge nel destino altrui: mille ragioni ci tirano dalla parte di Erode, dei sacerdoti, di Pilato e della folla. Eppure, può andare diversamente. Tu, Gesù, non te ne lavi le mani. Ami ancora, in silenzio. La tua scelta l’hai fatta, e ora tocca a noi.
Preghiamo dicendo: Apri il mio cuore, Gesù
Quando davanti a me c’è una persona giudicata.
Quando le mie certezze sono pregiudizi.
Quando mi condiziona la rigidità.
Quando il bene segretamente mi attrae.
Quando vorrei avere coraggio, ma ho paura di rimetterci.
Apri il mio cuore, Gesù
Apri il mio cuore, Gesù
Apri il mio cuore, Gesù
Apri il mio cuore, Gesù
Apri il mio cuore, Gesù
II stazione
Gesù è caricato della croce
Dal Vangelo secondo Luca (9,43b-45)
Mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.
Da mesi, forse da anni, quel peso era sulle tue spalle, Gesù. Quando ne parlavi, nessuno ti dava retta: resistenza invincibile, anche solo a intuire. Non te la sei cercata, ma hai sentito la croce venire verso di te, sempre più distintamente. Se l’hai accolta, è perché ne avvertivi, oltre che il peso, la responsabilità. La strada della tua croce, Gesù, non è solo in salita. È la tua discesa verso coloro che hai amato, verso il mondo che Dio ama. È una risposta, un’assunzione di responsabilità. Costa, come costano i legami più veri, gli amori più belli. Il peso che porti racconta il respiro che ti muove, quello Spirito “che è Signore e dà la vita”. Chissà perché temiamo persino di interrogarti, su questo. In realtà, siamo noi ad avere il fiato corto, a forza di evitare responsabilità. Basterebbe non scappare e restare: tra coloro che ci hai dato, nei contesti in cui ci hai posto. Legarci, sentendo che solo così smettiamo di essere prigionieri di noi stessi. Pesa più l’egoismo della croce. Pesa più l’indifferenza della condivisione. Lo aveva annunciato il profeta: Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano in te riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi (cfr Is 40,30-31).
Preghiamo dicendo: Liberaci dalla stanchezza, Signore
Se ci affanniamo attorno a noi stessi. Liberaci dalla stanchezza, Signore!
Se ci pare di non avere forze per dedicarci agli altri. Liberaci dalla stanchezza, Signore!
Se cerchiamo scuse per scansare le responsabilità. Liberaci dalla stanchezza, Signore!
Se abbiamo talenti e competenze da mettere in campo. Liberaci dalla stanchezza, Signore!
Se il nostro cuore vibra ancora davanti all’ingiustizia. Liberaci dalla stanchezza, Signore!
III stazione
Gesù cade per la prima volta
Dal Vangelo secondo Luca (10,13-15)
«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!».
Fu come un primo toccare il fondo e ti uscirono parole dure, Gesù, per quei luoghi che ti erano tanto cari. Il seme della tua parola pareva caduto nel vuoto e così ciascuno dei tuoi gesti di liberazione. Ogni profeta si è sentito cadere nel vuoto dell’insuccesso, per avanzare ancora, poi, nelle vie di Dio. La tua vita, Gesù, è una parabola: non cadi mai invano nella nostra terra. Persino quella prima volta, la delusione fu presto interrotta dalla gioia dei tuoi, che avevi inviato: tornavano a te dalla loro missione e ti narravano i segni del Regno di Dio. Allora tu esultasti di gioia spontanea, prorompente, che fa balzare in piedi con un’energia contagiosa. Benedicesti il Padre, che nasconde i suoi disegni ai dotti e agli intelligenti per rivelarli a piccoli. Anche la via della croce è tracciata a fondo nella terra: i grandi se ne distaccano, vorrebbero toccare il cielo. Invece il cielo è qui, si è abbassato, lo si incontra persino cadendo, rimanendo a terra. Ci raccontano, i costruttori di Babele, che non si può sbagliare e chi cade è perduto. È il cantiere dell’inferno. L’economia di Dio invece non uccide, non scarta, non schiaccia. È umile, fedele alla terra. La tua via, Gesù, è la via delle Beatitudini. Non distrugge, ma coltiva, ripara, custodisce.
Preghiamo dicendo: Venga il tuo Regno
Per coloro che si sentono falliti.
A contestare un’economia che uccide.
A ridare forza a chi è caduto.
Nelle società competitive e fra chi insegue i primi posti.
In chi giace alle frontiere e sente finito il suo viaggio.
Venga il tuo Regno
Venga il tuo Regno
Venga il tuo Regno
Venga il tuo Regno
Venga il tuo Regno
IV stazione
Gesù incontra sua Madre
Dal Vangelo secondo Luca (8,19-21)
E andarono da lui la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti». Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».
Tua madre c’è, sulla via della croce: fu lei la tua prima discepola. Con delicata determinazione, con la sua intelligenza che nel cuore custodisce e ripensa, tua madre c’è. Dall’istante in cui le fu proposto di accoglierti in grembo si voltò, si convertì a te. Piegò le sue vie alle tue. Non fu una rinuncia, ma una scoperta continua, fino al Calvario: seguirti è lasciarti andare; averti è fare spazio alla tua novità. Lo sa ogni madre: un figlio sorprende. Figlio amato, tu riconosci che tua madre e tuoi fratelli sono quelli che ascoltano e si lasciano cambiare. Non parlano, ma fanno. In Dio le parole sono fatti, le promesse sono realtà: sulla via della croce, o Madre, sei fra le poche che lo ricorda. Ora è il Figlio che ha bisogno di te: lui sente che tu non disperi. Sente che stai generando ancora nel tuo grembo la Parola. Anche noi, Gesù, riusciamo a seguirti generati da chi ti ha seguito. Anche noi siamo rimessi al mondo dalla fede di tua madre e di innumerevoli testimoni che generano anche là dove tutto parla di morte. Quella volta, in Galilea, erano stati loro a volerti vedere. Ora, salendo al Calvario, tu stesso cerchi lo sguardo di chi ascolta e mette in pratica. Indicibile intesa. Alleanza indissolubile.
Preghiamo dicendo: Ecco mia madre
Maria ascolta e parla.
Maria domanda e riflette.
Maria esce di casa e viaggia decisa.
Maria gioisce e consola.
Maria accoglie e si prende cura.
Maria rischia e protegge.
Maria non teme giudizi e insinuazioni.
Maria attende e rimane.
Maria orienta e accompagna.
Maria non concede nulla alla morte.
Ecco mia madre
Ecco mia madre
Ecco mia madre
Ecco mia madre
Ecco mia madre
Ecco mia madre
Ecco mia madre
Ecco mia madre
Ecco mia madre
Ecco mia madre
V stazione
Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la croce
Dal Vangelo secondo Luca (23,26)
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.
Non si offrì, lo fermarono. Simone tornava dal suo lavoro e gli misero addosso la croce di un condannato. Avrà avuto il fisico adatto, ma certo la sua direzione era un’altra, il suo programma era un altro. In Dio ci si può imbattere così. Chissà perché, Gesù, quel nome – Simone di Cirene – divenne presto indimenticabile fra i tuoi discepoli. Sulla via della croce loro non c’erano e noi nemmeno, Simone invece sì. Vale fino a oggi: mentre qualcuno offre tutto di sé, si può essere altrove, persino in fuga, oppure si può venire coinvolti. Noi crediamo, Gesù, di ricordare il nome di Simone perché quell’imprevisto lo cambiò per sempre. Non smise più di pensarti. Diventò parte del tuo corpo, testimone di prima mano della tua differenza da qualsiasi altro condannato. Simone di Cirene si trovò addosso la tua croce senza averla chiesta, come il giogo di cui un giorno avevi parlato: «Il mio giogo è dolce, il mio peso è leggero» (cfr Mt 11,30). Anche gli animali lavorano meglio, se avanzano insieme. E tu, Gesù, ami coinvolgerci nel tuo lavoro, che dissoda la terra, perché sia nuovamente seminata. Noi abbiamo bisogno di questa sorprendente leggerezza. Abbiamo bisogno di chi ci fermi, talvolta, e ci metta sulle spalle qualche pezzo di realtà che va semplicemente portato. Si può lavorare tutto il giorno, ma senza di te si disperde. Invano faticano i costruttori, invano veglia il custode della città che Dio non costruisce (cfr Sal 127). Ecco: sulla via della croce sorge la Gerusalemme nuova. E noi, come Simone di Cirene, cambiamo strada e lavoriamo con te.
Preghiamo dicendo: Ferma la nostra corsa, Signore
Quando andiamo per la nostra strada, senza guardare in faccia nessuno.
Ferma la nostra corsa, Signore
Quando le notizie non ci commuovono. Ferma la nostra corsa, Signore
Quando le persone diventano numeri. Ferma la nostra corsa, Signore
Quando per ascoltare non c’è mai tempo. Ferma la nostra corsa, Signore
Quando abbiamo fretta di decidere. Ferma la nostra corsa, Signore
Quando i cambiamenti di programma non sono ammessi. Ferma la nostra corsa, Signore
VI stazione
La Veronica asciuga il volto di Gesù
Dal Vangelo secondo Luca (9,29-31)
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Dal Libro dei Salmi (27,8-9a)
Il mio cuore ripete il tuo invito: «Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto.
Nel tuo volto, Gesù, vediamo il tuo cuore. La tua decisione ti si legge negli occhi, scava il tuo viso, rende i tuoi lineamenti espressione di un’attenzione inconfondibile. Ti accorgi di Veronica, come di me. Io cerco il tuo volto, che racconta la decisione di amarci sino all’ultimo respiro: e anche oltre, perché forte come la morte è l’amore (cfr Ct 8,6). A cambiarci il cuore è il tuo volto, che vorrei fissare e custodire. Tu ti consegni a noi, giorno dopo giorno, nel volto di ogni essere umano, memoria viva della tua incarnazione. Ogni volta che ci volgiamo al più piccolo, infatti, diamo attenzione alle tue membra e tu resti con noi. Così ci illumini il cuore e l’espressione del viso. Invece di respingere, ora accogliamo. Sulla via della croce il nostro volto, come il tuo, può finalmente diventare raggiante e diffondere benedizione. Ne hai impressa in noi la memoria, presentimento del tuo ritorno, quando ci riconoscerai al primo sguardo, uno a uno. Allora, forse, ti somiglieremo. E saremo faccia a faccia, in un dialogo senza fine, nell’intimità di cui mai saremo stanchi, famiglia di Dio.
Preghiamo dicendo: Imprimi in noi il tuo ricordo, Gesù
Se il nostro volto è inespressivo
Se il nostro cuore è distaccato
Se i nostri gesti dividono
Se le nostre scelte feriscono
Se i nostri progetti escludono
Imprimi in noi il tuo ricordo, Gesù Imprimi in noi il tuo ricordo, Gesù Imprimi in noi il tuo ricordo, Gesù Imprimi in noi il tuo ricordo, Gesù Imprimi in noi il tuo ricordo, Gesù
VII stazione
Gesù cade per la seconda volta
Dal Vangelo secondo Luca (15, 2-6)
I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta"».
Cadere e rialzarsi; cadere e ancora rialzarsi. Così ci hai insegnato a leggere, Gesù, l’avventura della vita umana. Umana perché aperta. Alle macchine noi non consentiamo di sbagliare: le pretendiamo perfette. Le persone invece tentennano, si distraggono, si perdono. Eppure, conoscono la gioia: quella dei nuovi inizi, quella delle rinascite. Gli umani non vengono alla luce meccanicamente, ma artigianalmente: siamo pezzi unici, intreccio di grazia e di responsabilità. Gesù, ti sei fatto uno di noi; non hai temuto di inciampare e di cadere. Chi ne prova imbarazzo, chi ostenta infallibilità, chi nasconde le proprie cadute e non perdona quelle altrui rinnega la via che tu hai scelto. Tu sei, Gesù, il Signore della gioia. In te siamo tutti ritrovati e portati a casa, come l’unica pecora che si era smarrita. Disumana è l’economia in cui novantanove vale più di uno. Eppure, abbiamo costruito un mondo che funziona così: un mondo di calcoli e algoritmi, di logiche fredde e interessi implacabili. La legge della tua casa, economia divina, è un’altra, Signore. Volgerci a te, che cadi e ti rialzi, è un cambio di rotta e un cambio di passo. Conversione che ridona gioia e ci porta a casa.
Preghiamo dicendo: Rialzaci, Dio, nostra salvezza
Siamo bambini che a volte piangono.
Siamo adolescenti che si sentono insicuri.
Siamo giovani che troppi adulti disprezzano.
Siamo adulti che hanno sbagliato.
Siamo anziani che vogliono ancora sognare.
Rialzaci, Dio, nostra salvezza
Rialzaci, Dio, nostra salvezza
Rialzaci, Dio, nostra salvezza
Rialzaci, Dio, nostra salvezza
Rialzaci, Dio, nostra salvezza
VIII stazione
Gesù incontra le donne di Gerusalemme
Dal Vangelo secondo Luca (23,27-31)
Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: "Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato". Allora cominceranno a dire ai monti: "Cadete su di noi!", e alle colline: "Copriteci!". Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
Nelle donne hai riconosciuto da sempre, Gesù, una particolare corrispondenza col cuore di Dio. Per questo, nella grande moltitudine di popolo che quel giorno cambiò direzione e ti seguiva, immediatamente vedesti le donne e, ancora una volta, stabilisti con loro un’intesa speciale. La città è diversa quando se ne portano gli abitanti in grembo, quando se ne allattano i bambini: quando, insomma, non si conosce soltanto il registro del dominio, ma le cose si vivono dal di dentro. Alle donne che per dovere svolgono il rito della compassione, tu colpisci il cuore. Nel cuore, infatti, si collegano gli avvenimenti e nascono pensieri e decisioni. «Non piangete per me». Il cuore di Dio vibra per il suo popolo, genera una nuova città: «Piangete su voi stesse e sui vostri figli». Esiste un pianto, infatti, in cui tutto rinasce. Occorrono, però, lacrime di ripensamento, di cui non vergognarsi, lacrime da non rinchiudere nel privato. La nostra convivenza ferita, o Signore, in questo mondo a pezzi, ha bisogno di lacrime sincere, non di circostanza. Altrimenti si avvera quanto predissero gli apocalittici: non generiamo più nulla e poi tutto crolla. La fede, invece, sposta le montagne. Monti e colli non ci cadono addosso, ma in mezzo a loro si apre una strada. È la tua strada, Gesù: una via in salita, su cui gli apostoli ti hanno abbandonato, ma le tue discepole – madri della Chiesa – ti hanno seguito.
Preghiamo dicendo: Donaci un cuore materno, Gesù
Hai popolato di sante donne la storia della Chiesa. Donaci un cuore materno, Gesù
Hai sconfessato la prepotenza e il dominio. Donaci un cuore materno, Gesù
Hai raccolto e consolato le lacrime delle madri. Donaci un cuore materno, Gesù
Hai affidato alle donne il messaggio della risurrezione. Donaci un cuore materno, Gesù
Hai ispirato nella Chiesa nuovi carismi e sensibilità. Donaci un cuore materno, Gesù
IX stazione
Gesù cade per la terza volta
Dal Vangelo secondo Luca (7,44-49)
[Gesù] disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?».
Non solo una o due volte, Gesù: tu cadi ancora. Cadevi già da bambino, come ogni bambino. Così hai compreso e accolto la nostra umanità, che cade e cade ancora. Se il peccato ci allontana, il tuo esistere senza peccato ti avvicina a ogni peccatore, ti unisce indissolubilmente alle sue cadute. E questo muove a conversione. Scandalo per chi prende le distanze dagli altri e da sé stesso. Scandalo di chi vive diviso in due, tra ciò che dovrebbe essere e ciò che realmente è. Nella tua misericordia, Gesù, cade ogni ipocrisia. Le maschere, le belle facciate non servono più. Dio vede il cuore. Ama il cuore. Scalda il cuore. E così mi rialzi e mi rimetti in cammino su strade mai percorse, audaci, generose. Chi sei, Gesù, che perdoni anche i peccati? Di nuovo a terra, sulla via della croce, sei il Salvatore di questa nostra terra. Non soltanto la abitiamo, ma ne siamo plasmati. Tu, in terra, ci modelli ancora, come un abile vasaio.
Preghiamo dicendo: Noi siamo argilla nelle tue mani
Quando le cose sembrano non poter cambiare, ricordaci: Noi siamo argilla nelle tue mani
Quando dei conflitti non si vede la fine, ricordaci: Noi siamo argilla nelle tue mani
Quando la tecnologia ci illude di onnipotenza, ricordaci: Noi siamo argilla nelle tue mani
Quando i successi ci distaccano dalla terra, ricordaci: Noi siamo argilla nelle tue mani
Quando ci preoccupa più l’apparenza del cuore, ricordaci: Noi siamo argilla nelle tue mani
X stazione
Gesù è spogliato delle vesti
Dal libro di Giobbe (1,20-22)
Allora Giobbe si alzò e si stracciò il mantello; si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse:
«Nudo uscii dal grembo di mia madre, e nudo vi ritornerò.
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!».
In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto.
Non ti spogli, vieni spogliato. La differenza è chiara a tutti noi, Gesù. Solo chi ci ama può accogliere la nostra nudità fra le sue mani e nel suo sguardo. Temiamo, invece, gli occhi di chi non ci conosce e sa solo possedere. Sei spogliato ed esposto a tutti, ma tu trasformi persino l’umiliazione in familiarità. Vuoi rivelarti intimo persino a chi ti distrugge, guardi a coloro che ti spogliano come a persone amate che il Padre ti ha dato. Qui c’è più della pazienza di Giobbe, persino più della sua fede. In te lo Sposo che si lascia prendere, toccare e volge tutto al bene. Ci lasci le tue vesti, come reliquie di un amore consumato. Sono in mano nostra, perché tu sei stato da noi, sei stato con noi. Noi abbiamo tenuto le tue vesti e ora le tiriamo a sorte, ma la sorte, qui, è favorevole non a uno, ma a tutti. Ci conosci uno a uno, per salvare tutti, tutti, tutti. E se la Chiesa ti appare oggi come una veste lacerata, insegnaci a ritessere la nostra fraternità, fondata sul tuo dono. Siamo il tuo corpo, la tua tunica indivisibile, la tua Sposa. Lo siamo insieme. Per noi la sorte è caduta su luoghi deliziosi; è magnifica la nostra eredità (cfr Sal 16,6).
Preghiamo dicendo: Dona alla tua Chiesa pace e unità
Signore Gesù, che vedi divisi i tuoi discepoli. Dona alla tua Chiesa pace e unità
Signore Gesù, che porti le ferite della nostra storia. Dona alla tua Chiesa pace e unità
Signore Gesù, che conosci la fragilità dei nostri amori. Dona alla tua Chiesa pace e unità
Signore Gesù, che ci vuoi membra del tuo corpo. Dona alla tua Chiesa pace e unità
Signore Gesù, che vesti la tunica della misericordia. Dona alla tua Chiesa pace e unità
XI stazione
Gesù è inchiodato sulla croce
Dal Vangelo secondo Luca (23,32-34a)
Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori. Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Niente ci spaventa più dell’immobilità. E tu sei inchiodato, immobilizzato, bloccato. Lo sei, però, insieme ad altri: mai solo, determinato a rivelarti anche in croce come il Dio con noi. La rivelazione non si ferma, non si inchioda. Tu, Gesù, ci mostri che in ogni circostanza c’è una scelta da fare. È questa la vertigine della libertà. Nemmeno sulla croce sei neutralizzato: tu decidi per chi sei lì. Tu dai attenzione all’uno e all’altro dei crocifissi con te: lasci scivolare gli insulti di uno e accogli l’invocazione dell’altro. Tu dai attenzione a chi ti crocifigge e sai leggere il cuore di chi non sa ciò che fa. Tu dai attenzione al cielo: lo vorresti più chiaro, ma squarci la barriera del buio con la luce dell’intercessione. Inchiodato, infatti, intercedi: ti metti in mezzo tra le parti, fra gli opposti. E li porti a Dio, perché la tua croce fa cadere i muri, cancella i debiti, annulla le sentenze, stabilisce la riconciliazione. Sei il vero Giubileo. Convertici a te, Gesù, che inchiodato tutto puoi.
Preghiamo dicendo: Insegnaci ad amare
Quando abbiamo le forze e quando ci pare di non averne più. Insegnaci ad amare
Quando siamo immobilizzati da leggi o da decisioni ingiuste. Insegnaci ad amare
Quando siamo contrastati da chi non vuole verità e giustizia. Insegnaci ad amare
Quando siamo tentati di disperare. Insegnaci ad amare
Quando si dice “non c’è più niente da fare”. Insegnaci ad amare
XII stazione
Gesù muore sulla croce
Dal Vangelo secondo Luca (23,45-49)
Il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.
Dove siamo noi sul Calvario? Sotto la croce? Un po’ a distanza? Lontano? O forse, come gli apostoli, non ci siamo più. Tu spiri, e questo respiro, ultimo e primo, chiede solo di essere accolto. Signore Gesù, piega le nostre strade verso il tuo dono. Non permettere che il tuo soffio di vita sia disperso. Il nostro buio cerca luce. I nostri templi vogliono rimanere definitivamente aperti. Ora il Santo non è più oltre il velo: il suo segreto è offerto a tutti. Lo percepisce un militare, che osservando da vicino come muori riconosce un nuovo tipo di forza. Lo comprende la folla che aveva gridato contro di te: prima distante, incontra adesso lo spettacolo di un amore mai visto, bellezza che fa ricredere. A chi ti guarda morire, Signore, tu dai tempo di tornare battendosi il petto: colpendosi il cuore, perché vada in frantumi la sua durezza. A noi, Gesù, che spesso ti guardiamo ancora da lontano, concedi di vivere nella memoria di te, perché un giorno, quando verrai, anche la morte ci trovi vivi.
Preghiamo dicendo: Spirito Santo, vieni!
Ci siamo mantenuti a distanza dalle piaghe del Signore. Spirito Santo, vieni!
Davanti al fratello caduto ci siamo voltati dall’altra parte. Spirito Santo, vieni!
I misericordiosi e i poveri di spirito sembrano perdenti. Spirito Santo, vieni!
Credenti e non credenti stanno davanti al crocifisso. Spirito Santo, vieni!
Il mondo intero cerca un nuovo inizio. Spirito Santo, vieni!
XIII stazione
Gesù è deposto dalla croce
Dal Vangelo secondo Luca (23,50-53a)
Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatea, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce.
Il tuo corpo, finalmente, è fra le mani di un uomo buono e giusto. Tu sei avvolto nel sonno della morte, Gesù, ma a caricarsi di te è un cuore vivo, che ha scelto. Giuseppe non era di quelli che dicono e non fanno. “Non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri”, dice il Vangelo. Ed è una buona notizia: ti abbraccia, Gesù, uno che non ha abbracciato l’opinione comune. Si carica di te uno che si è caricato delle proprie responsabilità. Sei al tuo posto, Gesù, in grembo a Giuseppe d’Arimatea, che “aspettava il Regno di Dio”. Sei al tuo posto fra chi spera ancora, fra chi non si rassegna a pensare che l’ingiustizia è inevitabile. Tu rompi la catena dell’ineluttabile, Gesù. Rompi gli automatismi che distruggono la casa comune e la fraternità. A quelli che attendono il tuo Regno dai il coraggio di presentarsi all’autorità: come Mosè al Faraone, come Giuseppe d’Arimatea a Pilato. Ci abiliti a grandi responsabilità, ci rendi audaci. Così, sei morto e ancora regni. E per noi, Gesù, servire te è regnare.
Preghiamo dicendo: Servire te è regnare
Dando da mangiare agli affamati. Servire te è regnare
Dando da bere agli assetati. Servire te è regnare
Vestendo chi è nudo. Servire te è regnare
Ospitando i forestieri. Servire te è regnare
Visitando i malati. Servire te è regnare
Visitando i carcerati. Servire te è regnare
Seppellendo i morti. Servire te è regnare
XIV stazione
Gesù è deposto nel sepolcro
Dal Vangelo secondo Luca (23,53b-56)
Lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto.
In un sistema che non si ferma mai, Gesù, tu vivi il tuo sabato. Lo vivono anche le donne, alle quali aromi e profumi vorrebbero già parlare di risurrezione. Insegnaci a non fare niente, quando ci è chiesto solo di aspettare. Educaci ai tempi della terra, che non sono quelli dell’artificio. Deposto nel sepolcro, Gesù, condividi la condizione che tutti ci accomuna e raggiungi gli abissi che tanto ci spaventano. Vedi come li sfuggiamo, moltiplicando le nostre attività. Giriamo spesso a vuoto, ma il sabato splende con le sue luci: ci educa e ci chiede riposo. Vita divina, vita a misura d’uomo, quella che conosce la pace del sabato. «Siederanno ognuno tranquillo sotto la vite e sotto il fico e più nessuno li spaventerà» (Mi 4,4), profetizzava Michea. E Zaccaria, a fargli eco: «In quel giorno – oracolo del Signore – ogni uomo inviterà il suo vicino sotto la sua vite e sotto il suo fico» (cfr Zc 3,10). Gesù, che sembri dormire nel mondo in tempesta, portaci tutti nella pace del sabato. Allora la creazione intera ci apparirà molto bella e buona, destinata alla risurrezione. E sarà pace sul tuo popolo e fra tutte le nazioni.
Preghiamo dicendo: Venga la tua pace
Per la terra, l’aria e l’acqua. Venga la tua pace
Per i giusti e per gli ingiusti. Venga la tua pace
Per chi è invisibile e senza voce. Venga la tua pace
Per chi non ha potere né denaro. Venga la tua pace
Per chi attende un germoglio giusto. Venga la tua pace
Invocazione conclusiva
«“Laudato si’, mi’ Signore”, cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella […]. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo» (Enc. Laudato si’, 1-2).
«“Fratelli tutti” – scriveva ancora San Francesco – per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo» (Enc. Fratelli tutti, 1).
«“Ci ha amati”, dice San Paolo riferendosi a Cristo […], per farci scoprire che da questo amore nulla “potrà mai separarci”» (Enc. Dilexit nos, 1).
Abbiamo percorso la Via della Croce; ci siamo volti all’amore da cui nulla potrà separaci. Ora, mentre il Re dorme e un grande silenzio scende su tutta la terra, facendo nostre le parole di San Francesco invochiamo il dono della conversione del cuore.
Alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio.
Dammi fede retta,
speranza certa,
carità perfetta
e umiltà profonda.
Dammi, Signore, senno e discernimento
per compiere la tua vera e santa volontà. Amen.
[00486-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Introduction
Le chemin du Calvaire passe par nos chemins de tous les jours. Seigneur, nous allons généralement dans la direction opposée à la tienne. Il se peut que nous rencontrions ton visage, que nous croisions ton regard. Nous avançons comme d’habitude et tu viens vers nous. Tes yeux lisent dans nos cœurs. Nous hésitons alors à continuer comme si de rien n’était. Il est possible de nous retourner, de te regarder, de te suivre. Il est possible de nous engager sur ta route et nous rendre compte qu’il vaut mieux changer de direction.
De l’Évangile selon saint Marc (10, 21)
Alors Jésus fixa sur lui son regard et l’aima. Et il lui dit: «Une seule chose te manque: va, ce que tu as, vends-le et donne-le aux pauvres, et tu auras un trésor dans le ciel; puis, viens, suis-moi».
Jésus est ton nom et en toi, vraiment, «Dieu sauve». Le Dieu d’Abraham qui appelle, le Dieu d’Isaac qui pourvoit, le Dieu de Jacob qui bénit, le Dieu d’Israël qui libère : dans ton regard, ô Seigneur qui parcours Jérusalem, il y a toute une révélation. Dans tes pas qui te font sortir de la ville, il y a notre exode vers une terre nouvelle. Tu es venu pour changer le monde. Pour nous cela signifie changer de direction, voir la bonté de tes pas, laisser agir dans nos cœurs la mémoire de ton regard.
La Via Crucis est la prière de ceux qui bougent. Elle interrompt nos chemins habituels afin que nous passions de la lassitude à la joie. Certes, le chemin qu’emprunte Jésus nous coûte; dans ce monde qui calcule tout, la gratuité a un prix élevé. Mais tout refleuritdans le don: une ville divisée en factions et déchirée par les conflits marche vers la réconciliation; une religiosité desséchée redécouvre la fécondité des promesses de Dieu ; même un cœur de pierre peut se transformer en cœur de chair. Seulement, l’invitation «Viens ! Suis-moi!» doit être entendue, et il faut faire confiance à ce regard d’amour.
1ère Station
Jésus est condamné à mort
De l’Évangile selon saint Luc (23, 13-16)
Ayant convoqué les grands prêtres, les chefs et le peuple, Pilate leur dit: «Vous m’avez présenté cet homme comme détournant le peuple, et voici que moi je l’ai interrogé devant vous, et je n’ai trouvé en cet homme aucun motif de condamnation pour ce dont vous l’accusez. Hérode non plus d’ailleurs, puisqu’il l’a renvoyé devant nous. Vous le voyez; cet homme n’a rien fait qui mérite la mort. Je le relâcherai donc, après l’avoir châtié».
Les choses ne se sont pas passées ainsi. Il ne t’a pas remis en liberté. Pourtant, cela aurait pu se passer différemment. Tel est le jeu dramatique de notre liberté pour laquelle, Seigneur, tu nous as tant estimés. Tu as fait confiance à Hérode, à Pilate, à tes amis et à tes ennemis. Tu es irrévocable dans la confiance avec laquelle tu t’es remis entre nos mains. Nous pouvons en être étonnés : en libérant ceux qui sont accusés injustement, en approfondissant la complexité des situations, en contrant les jugements qui tuent. Hérode aussi aurait pu suivre la sainte inquiétude qui l’attirait vers toi : il ne l’a pas fait, même lorsqu’il s’est trouvé en ta présence. Pilate aurait pu te libérer : il t’avait déjà acquitté. Il ne l’a pas fait. Jésus, nous avons déjà trop souvent abandonné le chemin de la croix, nous le confessons : prisonniers des rôles dont nous n’avons pas voulu sortir, inquiets des inconvénients qu’aurait un changement de direction. Tu es encore silencieusement devant nous, en toute sœur et en tout frère exposé au jugement et aux préjugés. Arguments religieux, tracasseries juridiques, bon sens apparent qui ne s’intéresse pas au sort des autres : mille arguments nous mettent du côté d’Hérode, des prêtres, de Pilate et de la foule. Il peut cependant en être autrement. Toi, Jésus, tu ne t’en laves pas les mains. Tu aimes encore, en silence. Tu as fait ton choix, et maintenant c’est notre tour.
Prions en disant : Ouvre mon cœur, Jésus
Quand il y a devant moi une personne jugée. Ouvre mon cœur, Jésus
Quand mes certitudes sont des préjugés. Ouvre mon cœur, Jésus
Quand la rigidité me conditionne. Ouvre mon cœur, Jésus
Quand le bien m’attire secrètement. Ouvre mon cœur, Jésus
Quand je voudrais avoir du courage,
mais que j’ai peur de le perdre. Ouvre mon cœur, Jésus
2ème Station
Jésus est chargé de la croix
De l’Évangile selon saint Luc (9, 43b-45)
Comme tous étaient étonnés de tout ce qu’il faisait, il dit à ses disciples: «Vous, mettez-vous bien dans les oreilles les paroles que voici: le Fils de l’homme va être livré aux mains des hommes ». Mais ils ne comprenaient pas cette parole; elle leur demeurait voilée pour qu’ils n’en saisissent pas le sens, et ils craignaient de l’interroger sur cette parole.
Pendant des mois, peut-être des années, ce fardeau a pesé sur tes épaules, Jésus. Quand tu en parlais, personne ne t’écoutait : résistance invincible, même seulement à deviner. La croix, tu l’as vue de plus en plus distinctement s’approcher de toi. Tu l’as accueillie car tu en as senti la responsabilité plus que le poids. Le chemin de ta croix, Jésus, n’est pas seulement une montée. Il est une descente vers ceux que tu as aimés, vers le monde que Dieu aime. Il est une réponse, une prise de responsabilité. Il coûte, comme coûtent les liens les plus vrais, les amours les plus beaux. Le poids que tu portes exprime le souffle qui t’anime, cet Esprit « qui est Seigneur et qui donne la vie ». Voilà peut-être pourquoi nous avons peur de t’interroger: en réalité, c’est nous qui sommes à bout de souffle à force de fuir les responsabilités. Il suffirait de ne pas fuir et de rester parmi ceux que tu nous as donnés, dans les contextes où tu nous as placés; nous y attacher en pensant que c’est seulement ainsi que nous cesserons d’être prisonniers de nous-mêmes. L’égoïsme est plus lourd que la croix. L’indifférence est plus lourde que le partage. Le prophète l’avait annoncé : les jeunes aussi peinent et se fatiguent, les adultes trébuchent et tombent ; mais ceux qui espèrent en toi reprennent des forces, ils se donnent des ailes comme les aigles, ils courent sans se lasser, ils marchent sans se fatiguer (cf. Is 40, 30-31).
Prions en disant : Délivre-nous de la lassitude, Seigneur
Si nous éprouvons de la tristesse
envers nous-mêmes Délivre-nous de la lassitude, Seigneur
Si nous semblons ne pas avoir la force de
nous consacrer aux autres. Délivre-nous de la lassitude, Seigneur
Si nous cherchons des excuses pour fuir
nos responsabilités. Délivre-nous de la lassitude, Seigneur
Si nous avons des talents et des compétences
à faire valoir. Délivre-nous de la lassitude, Seigneur
Si notre cœur vibre encore face à l’injustice. Délivre-nous de la lassitude, Seigneur
3ème Station
Jésus tombe pour la première fois
De l’Évangile selon saint Luc (10, 13-15)
«Malheur à toi, Chorazeïn! Malheur à toi, Bethsaïde! Car, si les miracles qui ont eu lieu chez vous avaient eu lieu à Tyr et à Sidon, il y a longtemps que, sous le sac et assises dans la cendre, elles se seraient repenties. Aussi bien, pour Tyr et Sidon il y aura moins de rigueur, lors du Jugement, que pour vous. Et toi, Capharnaüm, crois-tu que tu seras élevée jusqu’au ciel ? Jusqu’à l’Hadès tu descendras!»
C’était comme toucher le fond pour la première fois, et des paroles dures sont sorties de toi, Jésus, pour ces lieux qui t’étaient si chers. La semence de ta parole semblait tombée dans le vide et chacun de tes gestes de délivrance aussi. Tous les prophètes se sont sentis tomber dans le vide de l’échec, pour ensuite avancer à nouveau sur les voies de Dieu. Ta vie, Jésus, est une parabole : tu ne tombes jamais en vain sur notre terre. Même cette fois-là, la joie des tiens que tu avais envoyés avait vite interrompu ta déception: revenus de leur mission ils te rapportaient les signes du Royaume de Dieu. Alors tu t’es réjoui d’une joie spontanée, éclatante, qui fait bondir avec une énergie contagieuse. Tu as béni le Père qui cache ses desseins aux savants et aux intelligents pour les révéler aux petits. Le chemin de croix est tracé en profondeur sur la terre : les grands s’en détachent et voudraient toucher le ciel. Pourtant, le ciel est là, il s’est abaissé, on le rejoint même en tombant, en restant sur le sol. Les bâtisseurs de Babel nous disent qu’il ne faut pas se tromper et que celui qui tombe est perdu. C’est le chantier de l’enfer. L’économie de Dieu, au contraire, ne tue pas, ne jette pas, n’écrase pas. Elle est humble, fidèle à la terre. Ta voie, Jésus, est la voie des Béatitudes. Elle ne détruit pas, mais cultive, répare, garde.
Prions en disant : Que ton Règne vienne
Pour ceux qui pensent avoir échoué. Que ton Règne vienne
Pour ceux qui contestent une économie qui tue. Que ton Règne vienne
Pour ceux qui redonnent de la force à ceux qui sont tombés. Que ton Règne vienne
Dans les sociétés compétitives et parmi ceux qui courent
après les premières places. Que ton Règne vienne
Pour ceux qui se trouvent aux frontières et qui pensent
que leur voyage est terminé. Que ton Règne vienne
4ème station
Jésus rencontre sa Mère
De l’Évangile selon saint Luc (8, 19-21)
La mère et les frères de Jésus vinrent le trouver, mais ils ne pouvaient pas arriver jusqu’à lui à cause de la foule. On le lui fit savoir: «Ta mère et tes frères sont là dehors, qui veulent te voir ». Il leur répondit: «Ma mère et mes frères sont ceux qui écoutent la parole de Dieu et la mettent en pratique».
Ta mère est là, sur le chemin de la croix: elle a été ton premier disciple. Avec sa détermination délicate, avec son intelligence qui garde et reconsidère dans son cœur… ta mère est là. Dès que lui fut proposé de t’accueillir en son sein, elle s’est convertie, elle s’est tournée vers toi. Elle a plié sa volonté à la tienne. Te suivre, c’est te laisser partir, ce n’est pas un renoncement, mais une découverte continue jusqu’au Calvaire. T’avoir, c’est faire place à ta nouveauté. Toutes les mères le savent: un fils, cela surprend. Fils bien-aimé, tu reconnais que ta mère et tes frères sont ceux qui écoutent et se laissent changer. Ils ne parlent pas, ils font. En Dieu, les paroles sont des actes, les promesses sont réalité. Sur le chemin de la croix, ô Mère, tu es l’une des rares à t’en souvenir. Maintenant, c’est le Fils qui a besoin de toi. Il sent que tu ne désespères pas. Il sent que tu engendres encore la Parole en ton sein. Nous aussi, Jésus, nous arrivons à te suivre, engendrés par ceux qui t’ont suivi. Nous aussi, nous sommes mis de nouveau au monde par la foi de ta mère et par d’innombrables témoins qui engendrent, même là où tout parle de mort. Cette fois-là, en Galilée, ce sont eux qui voulaient te voir. Maintenant, tu cherches en montant au Calvaire le regard de ceux qui écoutent et mettent en pratique. Entente indicible. Alliance indissoluble.
Prions en disant: Voici ma mère
Marie écoute et parle. Voici ma mère
Marie demande et réfléchit. Voici ma mère
Marie sort de chez elle et voyage avec détermination. Voici ma mère
Marie se réjouit et console. Voici ma mère
Marie accueille et prend soin. Voici ma mère
Maria prend des risques et protège. Voici ma mère
Maria ne craint pas les jugements et les insinuations. Voici ma mère
Marie attend et reste. Voici ma mère
Marie oriente et accompagne. Voici ma mère
Marie ne cède rien à la mort. Voici ma mère
5ème station
Jésus est aidé par le Cyrénéen à porter la croix
De l’Évangile selon saint Luc (23, 26)
Comme ils l’emmenaient, ils prirent un certain Simon de Cyrène, qui revenait des champs, et ils le chargèrent de la croix pour qu’il la porte derrière Jésus.
Il ne s’est pas offert, ils l’ont arrêté. Simon revenait de son travail et ils ont mis sur lui la croix d’un condamné. Il avait peut-être le physique indiqué, mais il allait dans une autre direction, son programme était autre. Il est possible de rencontrer Dieu ainsi. Jésus, qui sait pourquoi ce nom – Simon de Cyrène – est vite devenu inoubliable pour tes disciples? Sur le chemin de la croix, ils n’étaient pas là et nous non plus, mais Simon était là. C’est encore vrai aujourd’hui: lorsque quelqu’un s’offre entièrement, on peut être ailleurs, même en fuite; on peut aussi se sentir impliqué. Jésus, nous nous souvenons du nom de Simon parce que cet événement inattendu l’a changé pour toujours. Il n’a jamais plus cessé de penser à toi. Il est devenu une partie de toi-même, un témoin direct de ta différence avec tout autre condamné. Simon de Cyrène s’est retrouvé à porter ta croix sans l’avoir demandé, comme le joug dont tu avais autrefois parlé: «Mon joug est facile à porter, et mon fardeau, léger» (Mt 11, 30). Les animaux travaillent mieux s’ils avancent ensemble. Et toi, Jésus, tu aimes nous impliquer dans ton travail de défrichage de la terre pour qu’elle soit à nouveau ensemencée. Nous avons besoin de cette surprenante légèreté. Nous avons besoin de ceux qui nous arrêtent parfois, et mettent sur nos épaules quelque part de réalité qu’il faut simplement porter. On peut travailler toute la journée, mais, sans toi, on se perd, les bâtisseurs travaillent en vain, le gardien de la ville que Dieu ne construit pas veille en vain (cf. Ps 127). Sur le chemin de la croix, la nouvelle Jérusalem se dresse. Et nous, comme Simon de Cyrène, nous changeons de route et travaillons avec toi.
Prions en disant: Arrête notre course, Seigneur
Lorsque nous suivons notre propre chemin,
sans regarder personne en face. Arrête notre course, Seigneur
Lorsque les nouvelles ne nous émeuvent pas. Arrête notre course, Seigneur
Lorsque les personnes deviennent des nombres. Arrête notre course, Seigneur
Lorsqu’il n’y a jamais de temps pour écouter. Arrête notre course, Seigneur
Lorsque nous sommes pressés de décider. Arrête notre course, Seigneur
Lorsque les changements de programme
ne sont pas autorisés. Arrête notre course, Seigneur
6ème station
Véronique essuie le visage de Jésus
De l’Évangile selon saint Luc (9, 29-31)
Pendant qu’il priait, l’aspect de son visage devint autre, et son vêtement devint d’une blancheur éblouissante. Voici que deux hommes s’entretenaient avec lui: c’étaient Moïse et Élie, apparus dans la gloire. Ils parlaient de son départ qui allait s’accomplir à Jérusalem.
Du livre des Psaumes (27, 8-9a)
Mon cœur m’a redit ta parole: «Cherchez ma face».
C’est ta face, Seigneur, que je cherche: ne me cache pas ta face.
Dans ton visage, Jésus, nous voyons ton cœur. Ta détermination se lit dans ton regard, elle creuse ton visage, tes traits révèlent une incomparable attention. Tu remarques la présence de Véronique, comme de la mienne. Je cherche ton visage qui exprime ta décision de nous aimer jusqu’au dernier souffle; et même au-delà, car l’amour est fort comme la mort (cf. Ct 8, 6). Ton visage, que je voudrais fixer et conserver, change notre cœur. Tu te livres à nous, jour après jour, dans le visage de tout être humain, mémoire vivante de ton incarnation. Chaque fois que nous nous tournons vers le plus petit, en effet, nous prêtons attention à tes membres et tu es avec nous. Tu éclaires ainsi notre cœur et l’expression de notre visage. Au lieu de rejeter, à présent nous accueillons. Sur le chemin de la croix, notre visage peut enfin rayonner comme le tien et répandre la bénédiction. Tu en as gravé la mémoire en nous, pressentiment de ton retour lorsque tu nous reconnaîtras au premier regard, individuellement. Alors, peut-être, nous te ressemblerons. Et nous serons face à face, dans un dialogue sans fin, dans l’intimité dont nous ne serons jamais fatigués, famille de Dieu.
Prions en disant: Imprime ton souvenir en nous, Jésus
Si notre visage est sans expression Imprime ton souvenir en nous, Jésus
Si notre cœur est distant Imprime ton souvenir en nous, Jésus
Si nos gestes divisent Imprime ton souvenir en nous, Jésus
Si nos choix blessent Imprime ton souvenir en nous, Jésus
Si nos projets excluent Imprime ton souvenir en nous, Jésus
7ème station
Jésus tombe pour la deuxième fois
De l’Évangile selon saint Luc (15, 2-6)
Les pharisiens et les scribes récriminaient contre lui: «Cet homme fait bon accueil aux pécheurs, et il mange avec eux!». Alors Jésus leur dit cette parabole. «Si l’un de vous a cent brebis et qu’il en perd une, n’abandonne-t-il pas les quatre-vingt-dix-neuf autres dans le désert pour aller chercher celle qui est perdue, jusqu’à ce qu’il la retrouve? Quand il l’a retrouvée, il la prend sur ses épaules, tout joyeux, et, de retour chez lui, il rassemble ses amis et ses voisins pour leur dire: “Réjouissez-vous avec moi, car j’ai retrouvé ma brebis, celle qui était perdue!”»
Tomber et se relever; tomber et se relever encore. C’est ainsi, Jésus, que tu nous as appris à comprendre l’aventure de la vie humaine. Humaine parce qu’ouverte. Nous n’acceptons pas que les machines fassent des erreurs, nous voulons qu’elles soient parfaites. Les personnes, en revanche, faiblissent, se laissent distraire, se perdent. Pourtant, elles connaissent la joie, celle des nouveaux départs, des renaissances. Les humains ne viennent pas au monde mécaniquement, mais artisanalement: nous sommes des pièces uniques, mélanges de grâce et de responsabilité. Jésus, tu t’es fait l’un de nous; tu n’as pas eu peur de trébucher et de tomber. Ceux qui en sont gênés, ceux qui font étalage d’infaillibilité, ceux qui cachent leurs propres chutes et ne pardonnent pas celles des autres, refusent le chemin que tu as choisi. Tu es, Jésus, le Seigneur de la joie. En toi, nous sommes tous retrouvés et ramenés à la maison, comme la brebis unique qui s’était égarée. Inhumaine est l’économie où quatre-vingt-dix-neuf valent plus qu’un seul. Pourtant, nous avons construit un monde qui fonctionne ainsi: un monde de calculs et d’algorithmes, de logiques froides et d’intérêts implacables. La loi de ta maison, économie divine, est autre, Seigneur. Se tourner vers toi qui tombes et te relèves, c’est changer de cap et de rythme. Une conversion qui redonne de la joie et nous ramène à la maison.
Prions en disant: Relève-nous, Dieu, notre salut
Nous sommes des enfants qui pleurent parfois. Relève-nous, Dieu, notre salut
Nous sommes des adolescents
qui ne se sentent pas en sécurité Relève-nous, Dieu, notre salut
Nous sommes des jeunes que trop d’adultes méprisent. Relève-nous, Dieu, notre salut
Nous sommes des adultes qui ont fait des erreurs. Relève-nous, Dieu, notre salut
Nous sommes des personnes âgées
qui veulent encore rêver. Relève-nous, Dieu, notre salut
8ème station
Jésus rencontre les femmes de Jérusalem
Évangile selon Luc (23, 27-31)
Le peuple, en grande foule, le suivait, ainsi que des femmes qui se frappaient la poitrine et se lamentaient sur Jésus. Il se retourna et leur dit : « Filles de Jérusalem, ne pleurez pas sur moi ! Pleurez plutôt sur vous-mêmes et sur vos enfants ! Voici venir des jours où l’on dira : “Heureuses les femmes stériles, celles qui n’ont pas enfanté, celles qui n’ont pas allaité !”Alors on dira aux montagnes : “Tombez sur nous”, et aux collines: “Cachez-nous”. Car si l’on traite ainsi l’arbre vert, que deviendra l’arbre sec ? »
Jésus, tu as toujours reconnu chez les femmes une correspondance particulière avec le cœur de Dieu. C’est pourquoi tu les as immédiatement aperçues dans la grande foule qui a changé de direction et t’a suivi, et tu as établi une fois de plus avec elles une relation particulière. La ville est différente quand les habitants sont portés sur le sein, quand les enfants sont allaités; quand les choses sont vécues de l’intérieur, et pas seulement sur le registre de la domination. Tu touches le cœur des femmes qui accomplissent par devoir le rite de la compassion. C’est en effet dans le cœur que les événements se rassemblent et que naissent les pensées et les décisions. « Ne pleurez pas pour moi ». Le cœur de Dieu vibre pour son peuple, il engendre une nouvelle cité : « Pleurez sur vous-mêmes et sur vos enfants». Il existe en effet des pleurs où tout renaît. Des larmes de repentir dont on ne doit pas avoir honte sont nécessaires, des larmes qu’il ne faut pas garder pour soi. Seigneur, notre vivre ensemble blessée dans ce monde en morceaux a besoin de larmes sincères, et non de circonstance. Sinon, ce que prédisent les apocalypses se réalisera : nous n’engendrerons plus rien, et ensuite tout s’effondrera. La foi, au contraire, déplace les montagnes. Les montagnes et les collines ne tombent pas sur nous, mais une route s’ouvre au milieu d’elles. C’est ta route, Jésus : une route en montée, sur laquelle les apôtres t’ont abandonné, mais où tes disciples - les mères de l’Église – t’ont suivi.
Prions en disant : Jésus, donne-nous un cœur maternel!
Tu as rempli l’histoire de l'Église de saintes femmes. Jésus, donne-nous un cœur maternel!
Tu as renié l’arrogance et la domination. Jésus, donne-nous un cœur maternel!
Tu as recueilli et consolé les larmes des mères. Jésus, donne-nous un cœur maternel!
Tu as confié aux femmes le message de la résurrection.
Jésus, donne-nous un cœur maternel!
Tu as inspiré à l’Église de nouveaux charismes et de nouvelles sensibilités.
Jésus, donne-nous un cœur maternel!
9ème station
Jésus tombe pour la troisième fois
Extrait de l’Évangile selon saint Luc (7, 44-49)
[Jésus] dit à Simon : « Tu vois cette femme ? Je suis entré dans ta maison, et tu ne m’as pas versé de l’eau sur les pieds; elle, elle les a mouillés de ses larmes et essuyés avec ses cheveux. Tu ne m’as pas embrassé ; elle, depuis qu’elle est entrée, n’a pas cessé d’embrasser mes pieds. Tu n’as pas fait d’onction sur ma tête ; elle, elle a répandu du parfum sur mes pieds. Voilà pourquoi je te le dis : ses péchés, ses nombreux péchés, sont pardonnés, puisqu’elle a montré beaucoup d’amour. Mais celui à qui on pardonne peu montre peu d’amour ». Il dit alors à la femme: « Tes péchés sont pardonnés ». Les convives se mirent à dire en eux-mêmes : « Qui est cet homme, qui va jusqu’à pardonner les péchés ? »
Tu tombes encore Jésus, pas seulement une ou deux fois. Tu tombais déjà quand tu étais enfant, comme tous les enfants. Tu as de cette manière compris et accueilli notre humanité qui tombe et tombe encore. Si le péché nous éloigne, ton existence sans péché te rapproche de tout pécheur et t’unit indissolublement à ses chutes. Et cela pousse à la conversion. Scandale pour ceux qui prennent leurs distances avec les autres et avec eux-mêmes. Scandale pour ceux qui vivent coupés en deux, entre ce qu’ils devraient être et ce qu’ils sont réellement. Jésus, l’hypocrisie tombe devant ta miséricorde. Les masques, les belles façades ne servent plus à rien. Dieu voit le cœur. Il aime le cœur. Il réchauffe le cœur. C’est ainsi que tu me relèves et me remets en marche sur des voies jamais encore parcourues, audacieuses, généreuses. Qui es-tu, Jésus, pour pardonner même les péchés ? De nouveau à terre sur le chemin de la croix, tu es le Sauveur de notre terre. Non seulement nous l’habitons mais nous en sommes faits. Toi, à terre, tu nous modèles encore, comme un habile potier.
Prions en disant : Nous sommes de l’argile entre tes mains
Quand les choses semblent ne pas pouvoir changer, rappelle-nous :
Nous sommes de l’argile entre tes mains
Quand les conflits semblent sans fin, rappelle-nous :
Nous sommes de l'argile entre tes mains
Quand la technologie nous fait croire à la toute-puissance, rappelle-nous :
Nous sommes de l'argile entre tes mains
Lorsque les succès nous détachent de la terre, rappelle-nous :
Nous sommes de l'argile entre tes mains
Lorsque nous nous préoccupons davantage de l'apparence que du cœur, rappelle-nous:
Nous sommes de l'argile entre tes mains
10ème station
Jésus est dépouillé de ses vêtements
Du livre de Job (1, 20-22)
Alors Job se leva, il déchira son manteau et se rasa la tête, il se jeta à terre et se prosterna. Puis il dit: « Nu je suis sorti du ventre de ma mère, nu j’y retournerai. Le Seigneur a donné, le Seigneur a repris : Que le nom du Seigneur soit béni ! » En tout cela, Job ne commit pas de péché. Il n’adressa à Dieu aucune parole déplacée.
Tu ne te dépouilles pas, tu es dépouillé. La différence est claire pour nous tous, Jésus. Seul celui qui nous aime peut accueillir notre nudité entre ses mains et sous son regard. Nous craignons, en revanche, le regard de celui qui ne nous connaît pas et ne sait que posséder. Tu es dévêtu et exposé à tous, mais tu transformes l’humiliation en familiarité. Tu veux te faire intime même de celui qui te détruit, tu regardes celui qui te dépouille comme une personne aimée que le Père t’a donnée. Il y a ici plus que la patience de Job, plus que sa foi. Tu es l’Époux qui se laisse prendre, toucher et qui transforme tout en bien. Tu nous laisses tes vêtements comme les reliques d’un amour consommé. Ils sont entre nos mains car tu es venu à nous, tu as été parmi nous. Nous avons gardé tes vêtements et maintenant nous les tirons au sort, mais le sort, ici, est favorable non pas à un seul, mais à tous. Tu nous connais individuellement pour sauver tout le monde, tout le monde, tout le monde. Et si l’Église t’apparait aujourd’hui comme un vêtement déchiré, apprends-nous à retisser notre fraternité, fondée sur ton don. Nous sommes ton Corps, ta tunique indivisible, ton Épouse. Nous le sommes ensemble. Le sort nous a placés dans des lieux délicieux ; notre héritage est magnifique (cf. Ps 16, 6).
Prions en disant : Donne à ton Église la paix et l'unité
Seigneur Jésus, toi qui vois tes disciples divisés.
Donne à ton Église la paix et l'unité
Seigneur Jésus, toi qui portes les blessures de notre histoire.
Donne à ton Église la paix et l'unité
Seigneur Jésus, toi qui connais la fragilité de nos amours.
Donne à ton Église la paix et l'unité
Seigneur Jésus, qui veux que nous soyons les membres de ton corps.
Donne à ton Église la paix et l'unité
Seigneur Jésus, qui portes la tunique de la miséricorde.
Donne à ton Église la paix et l'unité
11ème station
Jésus est cloué sur la croix
Évangile selon Luc (23, 32-34a)
Ils emmenaient aussi avec Jésus deux autres, des malfaiteurs, pour les exécuter. Lorsqu’ils furent arrivés au lieu-dit : Le Crâne (ou Calvaire), là ils crucifièrent Jésus, avec les deux malfaiteurs, l’un à droite et l’autre à gauche. Jésus disait : « Père, pardonne-leur : ils ne savent pas ce qu’ils font. » Puis, ils partagèrent ses vêtements et les tirèrent au sort.
Rien n’est plus effrayant que l’immobilité. Et tu es cloué, immobilisé, bloqué. Mais tu l’es avec d’autres : jamais seul, déterminé à te révéler, même sur la croix, comme le Dieu avec nous. La révélation ne peut être arrêtée, elle ne peut être clouée. Toi, Jésus, tu nous montres qu’en toute circonstance il y a un choix à faire. C’est le vertige de la liberté. Même sur la croix, tu n’es pas neutralisé : tu décides pour qui tu es là. Tu accordes de l’attention à l’un et à l’autre des crucifiés avec toi. Tu laisses glisser les insultes de l’un et tu accueilles la prière de l’autre. Tu prêtes attention à celui qui te crucifie et tu sais lire dans le cœur de celui qui ne sait pas ce qu’il fait. Tu prêtes attention au ciel : tu voudrais qu’il soit plus clair, mais tu déchires la barrière de l’obscurité par la lumière de l’intercession. Cloué, en effet, tu intercèdes : tu te places entre les parties, entre les opposés. Et tu les conduits à Dieu, car ta croix fait tomber les murs, efface les dettes, annule les jugements, établit la réconciliation. Tu es le véritable Jubilé. Convertis-nous à toi, Jésus qui, cloué, peux tout.
Prions en disant : Apprends-nous à aimer
Quand nous avons la force et quand nous avons l’impression de ne plus en avoir.
Apprends-nous à aimer
Quand nous sommes paralysés par des lois ou des décisions injustes.
Apprends-nous à aimer
Quand nous sommes confrontés à ceux qui ne veulent ni vérité ni justice.
Apprends-nous à aimer
Quand nous sommes tentés de désespérer.
Apprends-nous à aimer
Quand on dit “il n’y a plus rien à faire”.
Apprends-nous à aimer
12ème station
Jésus meurt sur la croix
De l’Évangile selon saint Luc (23, 45-49)
Le soleil s’était caché. Le rideau du Sanctuaire se déchira par le milieu. Alors, Jésus poussa un grand cri: «Père, entre tes mains je remets mon esprit.» Et après avoir dit cela, il expira. À la vue de ce qui s’était passé, le centurion rendit gloire à Dieu: «Celui-ci était réellement un homme juste.» Et toute la foule des gens qui s’étaient rassemblés pour ce spectacle, observant ce qui se passait, s’en retournaient en se frappant la poitrine. Tous ses amis, ainsi que les femmes qui le suivaient depuis la Galilée, se tenaient plus loin pour regarder.
Où sommes-nous sur le Calvaire? Sous la croix? Un peu à distance? Loin? Ou peut-être comme les apôtres, ne pas y être. Tu respires, et ce souffle, dernier et premier, demande seulement à être accueilli. Seigneur Jésus, oriente nos chemins vers ton don. Ne permets pas que ton souffle de vie soit dispersé. Nos ténèbres cherchent la lumière. Nos temples veulent rester ouverts définitivement. Désormais, le Saint n’est plus au-delà du voile : son secret est offert à tous. Un soldat le perçoit en voyant de près comment tu meurs, il reconnaît un nouveau genre de force. La foule qui avait crié contre toi le comprend: d’abord distante, elle assiste maintenant au spectacle d’un amour jamais vu, d’une beauté qui fait croire à nouveau. Seigneur, tu donnes à ceux qui te regardent mourir le temps de revenir en se frappant la poitrine, en se frappant le cœur afin de briser sa dureté. Jésus, accorde-nous, qui te regardons encore souvent à distance, de vivre dans ton souvenir, pour qu’un jour, lorsque tu viendras, la mort même nous trouve vivants.
Prions en disant : Esprit Saint, viens !
Nous nous sommes tenus à distance des plaies du Seigneur. Esprit Saint, viens !
Devant notre frère tombé, nous nous sommes détournés. Esprit Saint, viens !
Les miséricordieux et les pauvres en esprit semblent perdants. Esprit Saint, viens !
Croyants et non croyants se tiennent devant le crucifié. Esprit Saint, viens !
Le monde entier cherche un nouveau départ. Esprit Saint, viens!
13ème station
Jésus est descendu de la croix
De l’Évangile selon saint Luc (23, 50-53)
Alors arriva un membre du Conseil, nommé Joseph; c’était un homme bon et juste, qui n’avait donné son accord ni à leur délibération, ni à leurs actes.Il était d’Arimathie, ville de Judée, et il attendait le règne de Dieu. Il alla trouver Pilate et demanda le corps de Jésus. Puis il le descendit de la croix.
Ton corps est enfin entre les mains d’un homme bon et juste. Tu es environné du sommeil de la mort, Jésus, mais tu as choisi un cœur ardant pour s’occuper de toi. Joseph n’était pas de ceux qui disent et ne font pas. Il n’avait pas adhéré à la décision ni à l’action des autres, dit l’Évangile. Et c’est une bonne nouvelle : celui qui n’a pas embrassé l’opinion commune te prend dans ses bras, Jésus. Tu es pris en charge par celui qui a pris en charge ses responsabilités. Tu es à ta place, Jésus, sur le sein de Joseph d’Arimathie qui “attendait le Royaume de Dieu”. Tu es à ta place parmi ceux qui espèrent encore, parmi ceux qui ne se résignent pas à penser que l’injustice est inévitable. Tu brises la chaîne de l’inéluctable, Jésus. Tu brises les automatismes qui détruisent la maison commune et la fraternité. Tu donnes à ceux qui attendent ton Royaume le courage de se présenter à l’autorité : comme Moïse devant Pharaon, comme Joseph d’Arimathie devant Pilate. Tu nous confies de grandes responsabilités, tu nous rends audacieux. Ainsi, tu es mort et tu règnes encore. Et pour nous, Jésus, te servir, c’est régner.
Prions en disant : Te servir, c’est régner
En nourrissant les affamés. Te servir, c’est régner
En donnant à boire à ceux qui ont soif. Te servir, c’est régner
En couvrant ceux qui sont nus. Te servir, c’est régner
En donnant l’hospitalité aux étrangers. Te servir, c’est régner
En visitant les malades. Te servir, c'est régner
En visitant les prisonniers. Te servir, c'est régner
En enterrant les morts. Te servir, c'est régner
14ème station
Jésus est déposé dans le sépulcre
De l’Évangile selon saint Luc (23, 53-56)
Il l’enveloppa dans un linceul et le mit dans un tombeau taillé dans le roc, où personne encore n’avait été déposé. C’était le jour de la Préparation de la fête, et déjà brillaient les lumières du sabbat. Les femmes qui avaient accompagné Jésus depuis la Galilée suivirent Joseph. Elles regardèrent le tombeau pour voir comment le corps avait été placé. Puis elles s’en retournèrent et préparèrent aromates et parfums. Et, durant le sabbat, elles observèrent le repos prescrit.
Dans un système qui ne s’arrête jamais, Jésus, tu vis ton sabbat. Les femmes le vivent aussi, elles dont les arômes et les parfums voudraient déjà parler de résurrection. Tu nous apprends à ne rien faire, quand il nous est demandé seulement d’attendre. Tu nous éduques aux temps de la terre, qui ne sont pas ceux de l’artifice. Déposé dans le sépulcre, Jésus, tu partages la condition que nous avons tous en commun et tu atteins les profondeurs qui nous font si peur. Vois comment nous les fuyons en multipliant nos activités. Nous tournons souvent en rond, mais le sabbat brille de ses lumières : il nous éduque et nous demande du repos. Vie divine, vie à mesure d’homme, celle qui connaît la paix du sabbat. « Chacun pourra s’asseoir sous sa vigne et son figuier, et personne pour l’inquiéter » (Mi 4, 4), prophétisait Michée. Et Zacharie lui fait écho : « Ce jour-là –oracle du Seigneur de l’univers–, vous vous inviterez l’un l’autre sous la vigne et sous le figuier » (cf. Za 3, 10). Jésus, toi qui sembles dormir dans la tempête du monde, introduis-nous dans la paix du sabbat. Alors toute la création nous apparaîtra belle et bonne, destinée à la résurrection. Et ce sera la paix sur ton peuple et sur toutes les nations.
Prions en disant : Que vienne ta paix
Pour la terre, l’air et l'eau. Que vienne ta paix
Pour les justes et les injustes. Que vienne ta paix
Pour ceux qui sont invisibles et les sans-voix. Que vienne ta paix
Pour ceux qui n’ont ni pouvoir ni argent. Que vienne ta paix
Pour ceux qui attendent un germe de justice. Que vienne ta paix
Invocation conclusive
« Laudato si’, mi’ Signore »,- « Loué sois-tu, mon Seigneur », chantait saint François d’Assise. Dans ce beau cantique, il nous rappelait que notre maison commune est aussi comme une sœur […]. Cette sœur crie en raison des dégâts que nous lui causons» (Enc. Laudato si’, nn. 1-2).
«Fratelli tutti», écrivait saint François d’Assise, en s’adressant à tous ses frères et sœurs, pour leur proposer un mode de vie au goût de l’Évangile» (Enc. Fratelli tutti, n. 1).
« Il nous a aimés » dit saint Paul, en parlant du Christ […], nous faisant découvrir que rien “ne pourra nous séparer” de son amour» Enc. Dilexit nos, n. 1).
Nous avons parcouru le chemin de croix, nous nous sommes tournés vers l’amour dont rien ne peut nous séparer. Maintenant, alors que le Roi dort et qu’un grand silence descend sur toute la terre, faisant nôtres les paroles de saint François, invoquons le don de la conversion du cœur.
Dieu haut et glorieux
éclaire les ténèbres de mon cœur.
Donne-moi une foi droite,
une espérance certaine,
une charité parfaite
et une profonde humilité.
Donne-moi, Seigneur, la sagesse et le discernement
pour faire ta vraie et sainte volonté. Amen.
[00486-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Introduction
The road to Calvary passes through the streets we tread each day. Usually, Lord, we are walking in the other direction, and so it may just happen that we encounter you, catch sight of your face, meet your gaze. We are going about our way as usual, and you are coming towards us. Your eyes look into our hearts. Then we find it hard to continue on, as if nothing happened. We can turn around, contemplate you and follow you. We can walk in your footsteps and come to realize that it was good for us to change direction.
From the Gospel according to Mark (10:21)
Jesus, looking at him, loved him and said, “You lack one thing; go, sell what you own, and give the money to the poor, and you will have treasure in heaven; then come, follow me.”
Your name is Jesus, and truly in you “God saves.” The God of Abraham who calls, the God of Isaac who provides, the God of Jacob who blesses, the God of Israel who liberates: in your gaze, Lord, as you pass through Jerusalem, an entire revelation is contained. The steps you take as you leave the city can foreshadow our own exodus to a new land. You came to change the world: for us, that means changing direction, seeing the goodness of your path, letting the memory of your glance transform our hearts.
The Stations of the Cross is the prayer of people on the move. It disrupts our usual routine and enables us to pass from weariness and apathy towards true joy. Yes, following the path of Jesus has a price: in this world that puts a price on everything, gratuitousness proves costly. In that gift, however, everything blossoms anew: a city split into factions and torn by conflict can move towards reconciliation; an arid piety can rediscover the freshness of God’s promises; and a heart of stone can turn into a heart of flesh. We need only hear his invitation: “Come! Follow me!” And trust in that gaze of love.
First Station
Jesus is condemned to death
From the Gospel according to Luke (23:13-16)
Pilate then called together the chief priests, the leaders, and the people, and said to them, “You brought me this man as one who was perverting the people; and here I have examined him in your presence and have not found this man guilty of any of your charges against him. Neither has Herod, for he sent him back to us. Indeed, he has done nothing to deserve death. I will therefore have him flogged and release him.”
It did not work out that way. Pilate did not set you free. Yet, it might have gone differently. Such is the dramatic interplay of our individual freedoms. That was what you so greatly respected in us, Lord. You trusted Herod, Pilate, your friends and your enemies alike. You never take back the trust with which you place yourself in our hands. We can learn marvellous lessons from this: how to free those unjustly accused, how to acknowledge the complexity of situations, how to protest lethal judgements. Even Herod could have followed the holy restlessness that attracted him to you: yet he chose not to, even when he was finally in your presence. Pilate could have freed you: he had already acquitted you. He chose not to. The way of the cross, Jesus, is a possibility that we have already too many times failed to consider. Let us admit it: we have been prisoners of the roles we choose to continue playing, fearful of the challenge of a change in the direction of our lives. Yet you are always there, silently standing before us, in every one of our sisters and brothers exposed to judgement and bigotry. Religious disputes, legal quibbles, the so-called common sense that keeps us from getting involved in the fate of others: a thousand reasons drag us to the side of Herod, the priests, Pilate and the crowd. Yet, it could be otherwise. You, Jesus, do not wash your hands of all this. You continue to love, in silence. You have made your choice, and now it is our turn.
Let us pray, saying: Open my heart, Jesus!
When I see someone I have already judged, Open my heart, Jesus!
When my certainties are simply prejudices, Open my heart, Jesus!
When I am harsh and unbending, Open my heart, Jesus!
When goodness quietly attracts me, Open my heart, Jesus!
When I want to be strong, but fear my frailty, Open my heart, Jesus!
Second Station
Jesus carries his cross
From the Gospel according to Luke (9:43-45)
While everyone was amazed at all that he was doing, he said to his disciples, “Let these words sink into your ears: The Son of Man is going to be betrayed into human hands.” But they did not understand this saying; its meaning was concealed from them, so that they could not perceive it. And they were afraid to ask him about this saying.
For months, perhaps years, you bore that burden, Jesus. When you spoke of it, no one listened to you: there was invincible resistance even to thinking about it. You did not ask for the cross, yet you felt it, ever more clearly, moving towards you. If you accepted it, it was because you felt not only its burden, but also its responsibility. The way of your cross, Jesus, is not only uphill. It is also your descent towards those whom you loved, towards this world that God loves. It is a response, an acceptance of responsibility. The cross has its price, as do all the deepest bonds, the greatest loves. The burden you bear speaks of the Spirit that moves you, the Holy Spirit “who is Lord, the giver of life.” Why, really, are we afraid even to question you about this? In truth, we are the ones who gasp, out of breath, as a result of our attempts to flee responsibility. All we need do is to stop running away and to remain in the company of those you have given us, in the situations where you have placed us. To bind ourselves to them, recognizing that only in this way can we stop being prisoners of ourselves. Selfishness burdens us more than the cross. Indifference burdens us more than sharing. The prophet had foretold it: Even youths will faint and be weary, and the young will fall exhausted; but those who wait for the Lord shall renew their strength, they shall mount up with wings like eagles, they shall run and not be weary, they shall walk and not faint (Is 40:30-31).
Let us pray, saying: Deliver us from weariness, Lord
If we feel burdened by life, Deliver us from weariness, Lord!
If we lack the will to help others, Deliver us from weariness, Lord!
If we seek excuses to shirk our duties, Deliver us from weariness, Lord!
If we have talents and skills to share, Deliver us from weariness, Lord!
If our hearts rebel against injustice, Deliver us from weariness, Lord!
Third Station
Jesus falls the first time
From the Gospel according to Luke (10:13-15)
“Woe to you, Chorazin! Woe to you, Bethsaida! For if the deeds of power done in you had been done in Tyre and Sidon, they would have repented long ago, sitting in sackcloth and ashes. But at the judgement it will be more tolerable for Tyre and Sidon than for you. And you, Capernaum, will you be exalted to heaven? No, you will be brought down to Hades.”
It was like hitting rock bottom, and you spoke harsh words, Jesus, about those places that were so dear to you. The seed of your word seemed to have fallen into the abyss, as did all your acts of deliverance. Every prophet felt himself plunging into the abyss of failure, only then to get up and keep walking in the ways of God. Your life, Jesus, is a parable: on the soil of our lives, you never fall in vain. Even at that first fall, your disappointment was soon interrupted by the joy of remembering the disciples whom you had sent out: they returned from their mission and told you of the signs of the Kingdom of God. Then you rejoiced with a spontaneous, overflowing joy that made you leap to your feet with contagious energy. You blessed the Father, who conceals his plans from the wise and the learned in order to reveal them to the little ones. Even the way of the cross is traced close to the earth. The mighty withdraw from it; they desire to grasp at heaven. Yet heaven is here below; it hangs low, and we can encounter it even when we fall flat on the ground. Today’s builders of Babel tell us that there is no room for losers, and that those who fall along the way are losers. Theirs is the construction site of Hell. God’s economy, on the other hand, does not kill, discard or crush. It is lowly, faithful to the earth. Your way, Jesus, is the way of the Beatitudes. It does not crush, but cultivates, repairs and protects.
Let us pray, saying: May your kingdom come!
For those who think they have failed, May your kingdom come!
To challenge an economy that kills, May your kingdom come!
To restore strength to those who have fallen, May your kingdom come!
In a world of competition and competitors, May your kingdom come!
For those left behind, lacking hope for the future, May your kingdom come
Fourth Station
Jesus meets his Mother
From the Gospel according to Luke (8:19-21)
Then his mother and his brothers came to him, but they could not reach him because of the crowd. And he was told, “Your mother and your brothers are standing outside, wanting to see you.” But he said to them, “My mother and my brothers are those who hear the word of God and do it.”
Your Mother is there, on the way to the cross: she was your first disciple. With quiet determination, with the wisdom born of pondering all these things in her heart, your Mother is present. From the moment she was asked to welcome you in her womb, she turned to you. She bent her ways to yours. This was not a sacrifice but a continuous discovery, all the way to Calvary. To follow you is to let you go; to possess you is to make room for your newness. As every mother knows, children constantly surprise us. Beloved Son, you realize that your mother and your brothers and sisters are all those who hear your words and let themselves be changed, those who do not speak, but act. In God, words are deeds, promises are realities. On the way to the cross, O Mother, you are among the few who remember this. Now it is your Son who needs you: he knows that you do not despair. He senses that you continue to give birth to the Word in your heart. We too, Jesus, can follow you because we were begotten by your followers. We too can live in the world due to the faith of your Mother and of the countless witnesses who generate life even in those places where everything speaks of death. That time, in Galilee, it was they who wanted to see you. Now, as you ascend to Calvary, you seek the gaze of those who listen and act. An ineffable understanding. An unbreakable covenant.
Let us pray, saying: Behold my Mother!
Mary listens, then speaks: Behold my Mother!
Mary asks and reflects: Behold my Mother!
Mary sets out with determination: Behold my Mother!
Mary rejoices and consoles: Behold my Mother!
Mary welcomes and cares: Behold my Mother!
Mary risks and protects: Behold my Mother!
Mary has no fear of judgements and insinuations: Behold my Mother!
Mary stays and waits: Behold my Mother!
Mary guides and accompanies: Behold my Mother!
Mary concedes nothing to death: Behold my Mother!
Fifth Station
Jesus is helped by Simon of Cyrene to carry the cross
From the Gospel according to Luke (23:26)
As they led him away, they seized a man, Simon of Cyrene, who was coming from the country, and they laid the cross on him, and made him carry it behind Jesus.
He did not volunteer; they stopped him. Simon was returning from his work and they made him carry the cross of a condemned man. He may have had the right physique, but surely he had something else in mind, another set of things to do. Yet we can encounter God like that. Lord, who knows why that name — Simon of Cyrene — was never forgotten by your disciples. On the way to the cross they were not there, nor were we, but Simon was. It is true to this day: when someone offers himself completely, we can be elsewhere, even on the run, or we can choose to get involved. We believe, Lord, that the reason we remember Simon’s name was because that unexpected event changed him forever. After that, he never stopped thinking of you. He became part of your body, a first-hand witness of how you were unlike any other condemned man. Simon of Cyrene found himself, without having asked, bearing your cross, like the yoke of which you once said: “My yoke is easy, and my burden is light” (Mt 11:30). Even beasts plough better when they move forward together. You, Jesus, love to involve us in your work, which ploughs the earth so that it may be sown anew. We need the surprising lightness of your yoke. We need people who can stop us at times and put some burden on our shoulders, one that we have no choice but to bear. We can work all day long, but without you, it is in vain. Vain is the toil of the builders, in vain does the watchman keep watch over a city that God does not build (cf. Ps 127). On the way of the cross, the new Jerusalem is rising. May we, like Simon of Cyrene, alter our course and work with you.
Let us pray saying: Alter our course, Lord!
When we go our own way, eyes averted: Alter our course, Lord!
When news reports do not disturb us: Alter our course, Lord!
When faces become statistics: Alter our course, Lord!
When we never find time to listen: Alter our course, Lord!
When we make decisions in haste: Alter our course, Lord!
When we refuse to break out of our routine: Alter our course, Lord!
Sixth Station
Veronica wipes the face of Jesus
From the Gospel according to Luke (9:29-31)
While he was praying, the appearance of his face changed, and his clothes became dazzling white. Suddenly they saw two men, Moses and Elijah, talking to him. They appeared in glory and were speaking of his departure, which he was about to accomplish at Jerusalem.
From Psalm 27
“Come,” my heart says, “seek his face!”
Your face, Lord, do I seek. Do not hide your face from me.
Contemplating your face, Jesus, we see into your heart. In your eyes, we see your determination; it is etched into your face, which manifests your clear resolve. You see Veronica, as you do me. I too see your face, which tells of your decision to love us to your last breath and even beyond, for love is strong as death (cf. Song 8:6). Our hearts are changed by the sight of your face, which I long to contemplate and cherish. You deliver yourself into our hands, day by day, in the face of every man and woman we meet, a living reminder of your Incarnation. Whenever we turn to the least of our brothers and sisters, we see you, your flesh and your presence among us. In this way, you brighten our hearts and our facial expressions. Instead of rejecting others, we now accept them. On the way of the cross, our faces, like yours, can at last become radiant and a source of blessing. You have impressed the memory of your face in our hearts as a pledge of your return, when you will recognize each of us at first glance. Then, perhaps, we will come to be like you. Then we shall be — face to face, in eternal dialogue, in joyful intimacy — the family of God.
Let us pray, saying: Jesus, impress your memory upon us!
If our faces are expressionless: Jesus, impress your memory upon us!
If our hearts are indifferent: Jesus, impress your memory upon us!
If our actions are divisive: Jesus, impress your memory upon us!
If our choices cause hurt: Jesus, impress your memory upon us!
If our plans exclude others: Jesus, impress your memory upon us!
Seventh Station
Jesus falls the second time
From the Gospel according to Luke (15: 2-6)
And the Pharisees and the scribes were grumbling and saying, “This fellow welcomes sinners and eats with them.” So he told them this parable: “Which one of you, having a hundred sheep and losing one of them, does not leave the ninety-nine in the wilderness and go after the one that is lost until he finds it? When he has found it, he lays it on his shoulders and rejoices. And when he comes home, he calls together his friends and neighbours, saying to them, ‘Rejoice with me, for I have found my sheep that was lost.’”
Fall and get up again; fall and get up again. That is how you taught us, Jesus, to approach the adventure of human life. A life that is human because it is open to the future. We do not permit machines to make mistakes: we expect them to be perfect. People, on the other hand, get confused, distracted, lost. Yet they also know joy: the joy of new beginnings, the joy of rebirth. Humans are not mass-produced but handcrafted: we are unique treasures, a blend of grace and responsibility. Lord Jesus, you made yourself one of us; you were not afraid to stumble and fall. All those who are embarrassed by this, those who want to appear infallible, who hide their own falls yet refuse to pardon those of others, reject the path that you chose. You, Jesus, are the Lord of joy. In you, all of us were found and brought home, like the one sheep that had gone astray. An economy in which the ninety-nine are more important than the one is inhumane. Yet we have built a world that works like that: a world of calculation and algorithms, of cold logic and implacable interests. The law of your home, the divine economy, is different, Lord. When we turn our hearts to you, who fall and rise again, we experience a change of course and a change of pace. A conversion that restores our joy and brings us safely home.
Let us pray, saying: Raise us up, God, our salvation!
We are children who cry at times: Raise us up, God our salvation!
We are adolescents who feel insecure: Raise us up, God our salvation!
We are young people dismissed by many adults: Raise us up, God our salvation!
We are adults who have made mistakes: Raise us up, God our salvation!
We are elderly people who still want to dream: Raise us up, God our salvation!
Eighth Station
Jesus meets the women of Jerusalem
From the Gospel according to Luke (23:27-31)
A great number of the people followed him, and among them were women who were beating their breasts and wailing for him. But Jesus turned to them and said, “Daughters of Jerusalem, do not weep for me, but weep for yourselves and for your children. For the days are surely coming when they will say, ‘Blessed are the barren, and the wombs that never bore, and the breasts that never nursed.’ Then they will begin to say to the mountains, ‘Fall on us;’ and to the hills, ‘Cover us.’ For if they do this when the wood is green, what will happen when it is dry?”
In women, Lord, you always saw a special likeness to the heart of God. That is why, amid the great crowd of people who turned around and followed you that day, you immediately caught sight of the women and once again felt their closeness. A city is a different place when women care for those around them, when we see mothers holding their children and nursing them; then we look beyond power and profit, and sense the things that really matter. The wailing women find their hearts moved at the sight of your suffering. For the heart is where things connect, and thoughts and decisions are born. “Do not weep for me.” God’s heart throbs with love for his people; he creates a new city: “Weep for yourselves and for your children.” There is a kind of weeping, indeed, which can bring forth a new birth. It brings forth tears of regret, unabashed and unrestrained. Lord, our broken world, and the hurts and offences that tear our human family apart, call for tears that are heartfelt and not merely perfunctory. Otherwise, the apocalyptic visions will all come true: we will no longer generate life, and everything around us will collapse. Faith, on the other hand, can move mountains. The mountains and the hills will not crash down upon us, but a path will open up in their midst. It is your path, Jesus: an uphill path, a path on which the apostles abandoned you, while the faithful women — the mothers of the Church — continued to follow you.
Let us pray, saying: Jesus, grant us a maternal heart!
You filled the Church’s history with holy women: Jesus, grant us a maternal heart!
You disdained arrogance and domination: Jesus, grant us a maternal heart!
You embraced and consoled the tears of mothers: Jesus, grant us a maternal heart!
You made women the messengers of the resurrection: Jesus, grant us a maternal heart!
You inspire new charisms and missions in the Church: Jesus, grant us a maternal heart!
Ninth Station
Jesus falls the third time
From the Gospel according to Luke (7:44-49)
[Jesus] said to Simon, “Do you see this woman? I entered your house; you gave me no water for my feet, but she has bathed my feet with her tears and dried them with her hair. You gave me no kiss, but from the time I came in she has not stopped kissing my feet. You did not anoint my head with oil, but she has anointed my feet with ointment. Therefore, I tell you, her sins, which were many, have been forgiven; hence she has shown great love. But the one to whom little is forgiven, loves little.” Then he said to her, “Your sins are forgiven.” But those who were at the table with him began to say among themselves, “Who is this who even forgives sins?”
Not just once or twice, Jesus: you fall yet another time. When you were a child, like every child, you knew what it was to fall. In this way, you came to understand and embrace our humanity, which falls constantly. Sin distances us from one another, yet your sinless existence brings you close to every sinner, even amid their falls. And this invites them to conversion. That is a scandal for all those who keep their distance from others and even from themselves. It is a scandal for those who lead a double life, between what they should be and what they really are. Before your mercy, Jesus, all hypocrisy falls away. Our masks, our elegant veneers, are of no use. God sees into the heart. He loves the heart. He warms the heart. And so it is that you lift me up and set me on my way once more on paths yet untrodden, paths of boldness and generosity. Who are you, Jesus, who forgives even sins? Fallen to the ground on the way of the cross, you are the Saviour of this earth that we tread, this earth from which we were made. Here, on this earth, you continue to shape us, like a skillful potter.
Let us pray, saying: We are clay in your hands
When it seems that nothing can change, remind us: We are clay in your hands.
When conflicts seem interminable, remind us: We are clay in your hands.
When technology tempts us to feel all-powerful,
remind us: We are clay in your hands.
When prosperity estranges us from the earth,
remind us: We are clay in your hands.
When we are more concerned about appearances
than the heart, remind us: We are clay in your hands.
Tenth Station
Jesus is stripped of his garments
From the Book of Job (1:20-22)
Then Job arose, tore his robe, shaved his head, and fell on the ground and worshiped. He said, “Naked I came from my mother’s womb, and naked shall I return there; the Lord gave, and the Lord has taken away; blessed be the name of the Lord.” In all this Job did not sin or charge God with wrongdoing.
You do not remove your robe, it is stripped from you. The difference is clear to all of us, Jesus. Only one who loves us can see our nakedness and make it his own. We, on the other hand, are fearful of the eyes of those who do not know us, who are concerned only to possess us. Stripped naked, exposed to the view of all, you change even humiliation into intimacy. You want to reveal yourself completely even to those who kill you; you look upon those who strip you of everything as loved ones given to you by the Father. There is something greater here than the patience of Job, greater even than his faith. You are the Bridegroom who lets himself be taken and touched, who turns everything to good. You leave us your garments, like relics of a consummated love. They are now in our hands, a sign that you were with us, in our midst. We have kept your garments and now we cast lots for them, but the winner, here, is not just one, but all. You know each of us singly, so as to save us together: all of us, each and every one. And if the Church may appear today as a torn garment, teach us how to weave anew the fabric of our fraternity, grounded in your gift. We are your body, your seamless robe, your Bride. For so we are, all together. For our lots have fallen on goodly places; we have a splendid heritage (cf. Ps 16:6).
Let us pray, saying: Grant peace and unity to your Church
Lord Jesus, you see your disciples divided: Grant peace and unity to your Church!
Lord Jesus, you bear the wounds of our history: Grant peace and unity to your Church!
Lord Jesus, you know how frail is our love: Grant peace and unity to your Church!
Lord Jesus, you wish us to be members of your body: Grant peace and unity to your Church!
Lord Jesus, you are enrobed in mercy: Grant peace and unity to your Church!
Eleventh Station
Jesus is nailed to the cross
From the Gospel according to Luke (23:32-34)
Two others also, who were criminals, were led away to be put to death with him. When they came to the place that is called The Skull, they crucified Jesus there with the criminals, one on his right and one on his left. Then Jesus said, “Father, forgive them; for they do not know what they are doing.”
Nothing frightens us more than being unable to move. Yet here you are, bound, nailed, held fast. Still, you are not alone, but in the company of two others, resolved to reveal yourself even on the cross as “God with us.” Revelation never stops; it is not nailed to one place. Lord, you show us that in every situation there is a choice to be made. That is the amazing reality of our freedom. Not even on the cross are you stripped of your freedom: you decide why and for whom you are there. You are attentive to both the men crucified with you: you let slip the insults of one and you hear the plea of the other. You are even concerned for the men who crucify you: you peer into the hearts of those who “know not what they do.” You look up to the sky: you would like it clearer, yet you break through its barrier of gloom with the light of your intercession. Nailed to the cross you intercede: you “stand between” conflicting parties. And you bring them to God, because your cross tears down walls, cancels debts, quashes judgements, establishes reconciliation. You yourself are the true Jubilee. Convert us to you, Jesus; though nailed fast to the cross, you are able to do all things.
Let us pray, saying: Teach us to love
When we are strong and when we are not: Teach us to love.
When we are bound by unjust laws or decisions: Teach us to love.
When we are at odds with those uninterested in truth and justice: Teach us to love.
When we are tempted to despair: Teach us to love.
When everyone says, “There is nothing to be done:” Teach us to love.
Twelfth Station
Jesus dies on the cross
From the Gospel according to Luke (23:45-49)
The sun’s light failed; and the curtain of the temple was torn in two. Then Jesus, crying with a loud voice, said, “Father, into your hands I commend my spirit.” Having said this, he breathed his last. When the centurion saw what had taken place, he praised God and said, “Certainly this man was innocent.” And when all the crowds who had gathered there for this spectacle saw what had taken place, they returned home, beating their breasts. But all his acquaintances, including the women who had followed him from Galilee, stood at a distance, watching these things.
Where do we stand on Calvary? Beneath the cross? Somewhere nearby? At a safe distance? Or perhaps, like the apostles, no longer even there. You breathe your last, and this breath, both last and first, asks only to be received. Lord Jesus, direct our paths towards this, your gift. Do not allow your breath of life to be dispersed. Our darkness seeks light. Our temples want to remain ever open. Now the Holy One is no longer beyond the veil: his mystery is revealed to all. It is perceived by a soldier, who, watching you die, recognizes a new kind of power. The crowd that had cried out against you understands it: formerly distant, they now encounter the spectacle of an unprecedented love, a beauty that revives faith. To those who watch you die, Lord, you give an opportunity to repent, to return to you, and to beat our breast in order to shatter our hardness of heart. Jesus, grant that we, who all too often regard you from a distance, may always be mindful of you, so that when at last you come, death itself may find us alive.
Let us pray, saying: Holy Spirit, come!
We have kept our distance from the Lord’s wounds: Holy Spirit, come!
We have turned away from our brothers and sisters in need: Holy Spirit, come!
We have regarded the merciful and the poor in spirit as losers: Holy Spirit, come!
Believers and non-believers stand before your cross: Holy Spirit, come!
The whole world yearns for a new beginning: Holy Spirit, come!
Thirteenth Station
Jesus is taken down from the cross
From the Gospel according to Luke (23:50-53)
Now there was a good and righteous man named Joseph, who, though a member of the council, had not agreed to their plan and action. He came from the Jewish town of Arimathea, and he was waiting expectantly for the kingdom of God. This man went to Pilate and asked for the body of Jesus. Then he took it down, wrapped it in a linen cloth, and laid it in a rock-hewn tomb where no one had ever been laid.
Your body is now, at last, in the hands of a good and righteous man. You are shrouded in the sleep of death, Jesus, but a vibrant, generous heart has now chosen to stand by you. Joseph was not one of those who talk but then fail to act. “He had not agreed to their plan and action,” the Gospel tells us. And this is good news: someone who chose not to care for the opinion of others now cares for you, Jesus. You are cared for by someone who is concerned to do what he considers right. You are now in the hands of Joseph of Arimathea, one who “was waiting expectantly for the kingdom of God.” You are now in the hands of someone who continues to hope, one of those who refuse to think that injustice always prevails. You break the bonds of the inevitable, Jesus. You challenge the mindsets that devastate the earth, our common home, and human solidarity. You grant to those who “wait expectantly” for your kingdom the courage to speak to power: like Moses before Pharaoh, like Joseph of Arimathea before Pilate. You embolden us to take on great tasks. In this way, even in death, you continue to reign. For us, Jesus, to serve you is itself to reign.
Let us pray, saying: To serve you is to reign
When we feed the hungry: To serve you is to reign.
When we give drink to the thirsty: To serve you is to reign.
When we clothe the naked: To serve you is to reign.
When we welcome the stranger: To serve you is to reign.
When we visit the sick: To serve you is to reign.
When we visit prisoners: To serve you is to reign.
When we bury the dead: To serve you is to reign.
Fourteenth Station
Jesus is laid in the tomb
From the Gospel according to Luke (23:53-56)
[Joseph of Arimathea] wrapped [the body of Jesus] in a linen cloth, and laid it in a rock-hewn tomb where no one had ever been laid. It was the day of Preparation, and the Sabbath was beginning. The women who had come with him from Galilee followed, and they saw the tomb and how his body was laid. Then they returned, and prepared spices and ointments. On the Sabbath, they rested according to the commandment.
In a world of hectic activity, Jesus, you now experience your Sabbath. The women experience it too; their spices and ointments seem already to prefigure the resurrection. Teach us how to do nothing at those times when it is asked of us only to wait. Teach us sensitivity to the seasons of the earth, which are not those of our making. Laid in the tomb, Lord Jesus, you share in our common human condition, descending to the depths that so terrify us. You see how we try to escape them by keeping desperately busy. Often we end up merely going around in circles, but then the light of the Sabbath shines forth: it teaches us; it tells us of our need to rest. To experience a godly life, life on a truly human scale, a life that knows the peace of the Sabbath. This is what the prophet Micah foretold: “They shall all sit under their own vines and under their own fig trees, and no one shall make them afraid” (Mic 4:4). So too, Zechariah tells us: “On that day, says the Lord of hosts, you shall invite each other to come under your vine and fig tree” (Zech 3:10). Lord Jesus, who seem to sleep amid the tempests of this world, bring us all into the peace of the Sabbath rest. Then we shall see creation in all its beauty and goodness, destined for resurrection. Then there will be peace for your people and peace among the nations.
Let us pray, saying: May your peace come!
For earth, air and water: May your peace come!
For the just and the unjust alike: May your peace come!
For those who are overlooked and voiceless: May your peace come!
For the powerless and the poor: May your peace come!
For those who await a springtime of justice: May your peace come!
Concluding Reflections and Prayer
“‘Laudato sì, mi’ Signore’ — ‘Praise be to you, my Lord.’ In the words of this beautiful canticle, Saint Francis of Assisi reminds us that our common home is like a sister... This sister now cries out to us because of the harm we have inflicted on her” (Encyclical Letter Laudato Si’, 1-2).
“‘Fratelli tutti.’ With these words, Saint Francis addressed his brothers and sisters and proposed to them a way of life marked by the flavour of the Gospel” (Encyclical Letter Fratelli Tutti, 1).
“‘He loved us, Saint Paul says of Christ... in order to make us realize that nothing can ever ‘separate us’ from that love” (Encyclical Letter Dilexit Nos, 1).
We have walked the Stations of the Cross. We have turned towards the love from which nothing can ever separate us. Now, as the King sleeps and a great silence descends upon all the earth, let us pray, in the words of Saint Francis, for the gift of heartfelt conversion:
Most High and glorious God,
Cast your light into the darkness of my heart.
Grant me right faith,
firm hope,
perfect charity,
and profound humility.
Grant me, Lord, wisdom and understanding,
so that I may do your true and holy will. Amen.
[00486-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Einführung
Der Kreuzweg führt mitten durch die Straßen unseres Alltags. Wir, Herr, gehen für gewöhnlich in die entgegengesetzte Richtung zu der deinen. Gerade so kann es uns passieren, dass wir dein Angesicht sehen, dass wir deinen Blick kreuzen. Wir gehen unsere gewohnten Wege und du kommst auf uns zu. Deine Augen sehen in unsere Herzen. Dann zögern wir so weiterzugehen, als ob nichts geschehen wäre. Wir können uns umdrehen, dich ansehen, dir folgen. Wir können uns in deinen Weg hineinversetzen und erahnen, dass es besser ist, die Richtung zu ändern.
Aus dem Evangelium nach Markus (10,21)
Da sah ihn Jesus an, gewann ihn lieb und sagte: »Eines fehlt dir noch: Geh, verkaufe, was du hast, gib es den Armen und du wirst einen Schatz im Himmel haben; dann komm und folge mir nach!«
Jesus ist dein Name, und wahrlich, »Gott rettet« durch dich. Der Gott Abrahams, der ruft, der Gott Isaaks, der fürsorglich ist, der Gott Jakobs, der segnet, der Gott Israels, der befreit: in deinem Blick, Herr, der du durch Jerusalem gehst, liegt eine ganze Offenbarung. In deinen Schritten, die aus der Stadt hinausgehen, sehen wir unseren Aufbruch in ein neues Land. Du bist gekommen, um die Welt zu verändern: Das bedeutet für uns, die Richtung zu ändern, das Gute zu sehen, das du hinterlassen hast, und die Erinnerung an deinen Blick in unseren Herzen weiterwirken zu lassen.
Die Via Crucis ist das Gebet derer, die in Bewegung sind. Sie unterbricht unsere gewohnten Pfade, damit wir von der Müdigkeit zur Freude gelangen. Es ist wahr, dass der Weg Jesu uns einiges kostet: In dieser Welt, in der alles berechnet wird, hat die Freigebigkeit einen hohen Preis. Doch in der Hingabe erblüht alles neu: Eine in Parteiungen gespaltene und von Konflikten zerrissene Stadt nähert sich der Versöhnung; eine verdorrte Religiosität entdeckt wieder die Fruchtbarkeit der Verheißungen Gottes; selbst ein Herz aus Stein kann sich in ein Herz aus Fleisch verwandeln. Wir brauchen bloß auf die Einladung zu hören, »Komm und folge mir nach!«, und jenem liebevollen Blick vertrauen.
I. Station
Jesus wird zum Tode verurteilt
Aus dem Evangelium nach Lukas (23,13-17)
Pilatus rief die Hohepriester und die anderen führenden Männer und das Volk zusammen und sagte zu ihnen: »Ihr habt mir diesen Menschen hergebracht und behauptet, er wiegle das Volk auf. Und siehe, ich selbst habe ihn in eurer Gegenwart verhört und habe an diesem Menschen die Schuld, wegen der ihr ihn anklagt, nicht gefunden, auch Herodes nicht, denn er hat ihn zu uns zurückgeschickt. Ihr seht also: Er hat nichts getan, worauf die Todesstrafe steht. Daher will ich ihn auspeitschen lassen und dann freilassen.«
So ist es nicht gekommen. Er hat dich nicht freigelassen. Und doch hätte es auch anders gehen können. Das ist das dramatische Spiel unserer Freiheit. Das, wofür du, Herr, uns so sehr geschätzt hast. Du hast Herodes und Pilatus, Freunden und Feinden vertraut. Du bist unerschütterlich in dem Vertrauen, mit dem du dich in unsere Hände gibst. Daraus können Wunder entstehen: wenn wir zu Unrecht Angeklagte befreien, wenn wir die Vielschichtigkeit von Situationen ergründen, wenn wir uns Urteilen widersetzen, die töten. Selbst Herodes hätte der heiligen Unruhe folgen können, die ihn zu dir hinzog: Er tat es nicht, nicht einmal, als er schließlich vor dir stand. Pilatus hätte dich freilassen können: Er hatte dich bereits freigesprochen. Er tat es nicht. Der Kreuzweg, Jesus, ist eine Möglichkeit, die wir schon zu oft verworfen haben. Dazu bekennen wir uns, wir, die wir gefangen sind in den Rollen, die wir nicht ablegen wollten, weil uns die Unannehmlichkeiten eines Richtungswechsels Sorgen bereiteten. Du stehst weiterhin still vor uns: in jeder Schwester und jedem Bruder, die Urteilen und Vorurteilen ausgesetzt sind. Immer wieder gibt es religiöse Argumente, juristische Spitzfindigkeiten, einen scheinbar gesunden Menschenverstand, der sich vom Schicksal anderer nicht berühren lässt: Tausend Gründe ziehen uns auf die Seite von Herodes, den Priestern, Pilatus und der Volksmenge. Und doch kann es auch anders gehen. Jesus, du wäschst dir die Hände nicht rein. Du liebst weiter, im Stillen. Du hast Deine Entscheidung getroffen und jetzt sind wir an der Reihe.
Lasst uns beten: Öffne mein Herz, Jesus
Wenn eine verurteilte Person vor mir steht.
Öffne mein Herz, Jesus
Wenn meine Gewissheiten Vorurteile sind.
Öffne mein Herz, Jesus
Wenn Starrheit mein Leben bestimmt.
Öffne mein Herz, Jesus
Wenn mich das Gute heimlich anzieht.
Öffne mein Herz, Jesus
Wenn ich gern mutig wäre, aber Angst habe, etwas zu verlieren.
Öffne mein Herz, Jesus
II. Station
Jesus nimmt das Kreuz auf seine Schultern
Aus dem Evangelium nach Lukas (9,43b-45)
Und alle waren außer sich vor Staunen über die Größe Gottes. Alle Leute staunten über das, was Jesus tat; er aber sagte zu seinen Jüngern: »Behaltet diese Worte in euren Ohren: Der Menschensohn wird nämlich in die Hände von Menschen ausgeliefert werden.« Doch die Jünger verstanden den Sinn seiner Worte nicht; er blieb ihnen verborgen, sodass sie ihn nicht begriffen. Aber sie scheuten sich, Jesus zu fragen, was er damit sagen wollte.
Seit Monaten, vielleicht seit Jahren, lag diese Last auf deinen Schultern, Jesus. Wenn du davon sprachst, hat niemand auf dich gehört: ein unüberwindbarer Widerstand, der sich nur erahnen lässt. Du hast das Kreuz nicht gesucht, aber du hast gespürt, wie es immer deutlicher auf dich zukam. Du hast es angenommen, aber nur, weil du nicht bloß die Last, sondern auch die Verantwortung gespürt hast. Dein Kreuzweg, Jesus, führt nicht nur bergauf. Auf ihm steigtst du herab zu denen, die du geliebt hast, in die Welt, die Gott liebt. Er ist eine Antwort, Übernahme von Verantwortung. Er kostet etwas, so wie die wahrhaftigsten Bindungen und schönsten Liebesbeziehungen etwas kosten. Die Last, die du trägst, erzählt von dem Atem, der dich bewegt, von jenem Geist, „der Herr ist und lebendig macht“. Wer weiß, warum wir geradezu Angst haben, dich hierzu zu befragen. In Wirklichkeit sind wir es, die einen kurzen Atem haben, weil wir ständig der Verantwortung ausweichen. Es würde genügen, nicht wegzulaufen und zu bleiben: bei denen, die du uns gegeben hast; in dem Umfeld, in das du uns hineingestellt hast. Uns zu binden und dabei zu spüren, dass wir nur so aufhören, Gefangene unserer selbst zu sein. Der Egoismus ist belastender als das Kreuz. Die Gleichgültigkeit ist belastender als das Miteinander-Teilen. Der Prophet hatte es verkündet: Die Jungen werden müde und matt, junge Männer stolpern und stürzen. Die aber auf den Herrn hoffen, empfangen neue Kraft, wie Adlern wachsen ihnen Flügel. Sie laufen und werden nicht müde, sie gehen und werden nicht matt (Jes 40,30-31).
Lasst uns beten: Befreie uns von der Müdigkeit, Herr!
Wenn wir in unseren Sorgen um uns selbst kreisen.
Befreie uns von der Müdigkeit, Herr!
Wenn wir meinen, wir hätten keine Kraft, uns um andere zu kümmern.
Befreie uns von der Müdigkeit, Herr!
Wenn wir nach Ausreden suchen, um uns unserer Verantwortung zu entziehen.
Befreie uns von der Müdigkeit, Herr!
Wenn wir Talente und Fähigkeiten haben, die wir einbringen können.
Befreie uns von der Müdigkeit, Herr!
Wenn sich unser Herz von Ungerechtigkeit noch erschüttern lässt.
Befreie uns von der Müdigkeit, Herr!
III. Station
Jesus fällt zum ersten Mal unter dem Kreuz
Aus dem Evangelium nach Lukas (10,13-15)
»Weh dir, Chorazin! Weh dir, Betsaida! Denn wenn in Tyrus und Sidon die Machttaten geschehen wären, die bei euch geschehen sind – längst schon wären sie in Sack und Asche umgekehrt. Doch Tyrus und Sidon wird es beim Gericht erträglicher ergehen als euch. Und du, Kafarnaum, wirst du etwa bis zum Himmel erhoben werden? Bis zur Unterwelt wirst du hinabsteigen!«
Es war wie ein erster Tiefpunkt und du, Jesus, hast harsche Worte für jene Orte gefunden, die dir so teuer waren. Die Saat deines Wortes schien ins Leere gefallen zu sein, ebenso wie jede deiner befreienden Gesten. Jeder Prophet hat das niederschmetternde Gefühl der Erfolglosigkeit erfahren, um dann wieder auf den Wegen Gottes weiterzugehen. Dein Leben, Jesus, ist ein Gleichnis: Du fällst nie vergebens in unseren Boden. Sogar bei jenem ersten Mal wurde die Enttäuschung schon bald unterbrochen von der Freude der Deinen, die du ausgesandt hattest: Sie kehrten von ihrer Mission zu dir zurück und berichteten dir von den Zeichen des Reiches Gottes. Da hast du in spontaner, überschwänglicher Freude gejubelt, deren ansteckende Energie uns mitreißt. Du hast den Vater gepriesen, der den Gelehrten und Klugen seine Pläne verbirgt, um sie den Unmündigen zu offenbaren. Auch der Kreuzweg ist tief in die Erde eingezeichnet: Die Mächtigen kommen ihr nicht nahe, sie würden gern den Himmel berühren. Doch der Himmel ist hier, er ist herabgekommen, man begegnet ihm sogar im Fallen, wenn man auf dem Boden bleibt. Die Erbauer von Babel sagen uns, dass man nichts falsch machen darf und dass diejenigen, die fallen, verloren sind. Das ist die Baustelle der Hölle. Die Ökonomie Gottes hingegen tötet nicht, sie sondert niemanden aus, erdrückt nicht. Sie ist demütig, der Erde treu. Dein Weg, Jesus, ist der Weg der Seligpreisungen. Er zerstört nicht, sondern pflegt, schützt und bewahrt.
Lasst uns beten: Dein Reich komme
Für diejenigen, die sich als Versager fühlen.
Dein Reich komme
Gegen eine Wirtschaft, die tötet.
Dein Reich komme
Um denen, die gefallen sind, wieder Kraft zu geben.
Dein Reich komme
In den Wettbewerbsgesellschaften und bei denen, die nach den ersten Plätzen streben.
Dein Reich komme
In denen, die an den Ländergrenzen lagern und sich am Ende ihres Weges wähnen.
Dein Reich komme
IV. Station
Jesus begegnet seiner Mutter
Aus dem Evangelium nach Lukas (8,19-21)
Es kamen aber seine Mutter und seine Brüder zu ihm; sie konnten jedoch wegen der vielen Leute nicht zu ihm gelangen. Da sagte man ihm: »Deine Mutter und deine Brüder stehen draußen und möchten dich sehen.« Er erwiderte ihnen: »Meine Mutter und meine Brüder sind die, die das Wort Gottes hören und tun.«
Deine Mutter ist da, am Kreuzweg: Sie war deine erste Jüngerin. Deine Mutter ist da mit sanfter Entschlossenheit, mit ihrem Verstand, der alles im Herzen bewahrt und bedenkt. Von dem Moment an, als sie nach ihrer Bereitschaft gefragt wurde, dich in ihrem Schoß aufzunehmen, wandte sie sich dir zu, kehrte sie sich dir zu. Sie hat ihre Wege nach den deinen ausgerichtet. Es war kein Verzicht, sondern eine fortwährende Entdeckung, bis hin zu Golgota: Dir zu folgen bedeutet, dich gehen zu lassen; dich bei sich zu haben, bedeutet, Platz für das Neue zu schaffen, das du schenkst. Jede Mutter weiß das: Ein Kind überrascht. Geliebter Sohn, du erkennst diejenigen als deine Mutter und deine Geschwister an, die zuhören und sich verändern lassen. Sie reden nicht, sondern handeln. Bei Gott sind Worte Taten, Verheißungen sind Wirklichkeit: Auf dem Kreuzweg, o Mutter, gehörst du zu den wenigen, die sich daran erinnern. Jetzt ist es der Sohn, der dich braucht: Er spürt, dass du nicht verzweifelst. Er spürt, dass du weiterhin in deinem Schoß das ewige Wort hervorbringst. Auch wir können dir, Jesus, nur folgen, weil wir Nachkommen derer sind, die dir gefolgt sind. Auch wir werden neu zur Welt gebracht durch den Glauben deiner Mutter und der zahllosen Zeugen, die selbst dort fruchtbar sind, wo alles vom Tod gezeichnet ist. Damals in Galiläa waren sie es, die dich sehen wollten. Nun, da du den Kalvarienberg hinaufsteigst, suchst du deinerseits den Blick derer, die hören und danach handeln. Unsagbares Einvernehmen. Unauflöslicher Bund.
Lasst uns beten: Siehe, meine Mutter
Maria hört zu und spricht. Siehe, meine Mutter
Maria fragt und sinnt nach. Siehe, meine Mutter
Maria verlässt das Haus und bricht entschlossen auf. Siehe, meine Mutter
Maria jubelt und tröstet. Siehe, meine Mutter
Maria nimmt auf und umsorgt. Siehe, meine Mutter
Maria wagt und beschützt. Siehe, meine Mutter
Maria fürchtet keine Urteile und Unterstellungen. Siehe, meine Mutter
Maria wartet und bleibt. Siehe, meine Mutter
Maria orientiert und begleitet. Siehe, meine Mutter
Maria gibt dem Tod keinen Raum. Siehe, meine Mutter
V. Station
Simon von Kyrene hilft Jesus das Kreuz tragen
Aus dem Evangelium nach Lukas (23,26)
Als sie Jesus hinausführten, ergriffen sie Simon, einen Mann aus Kyrene, der gerade vom Feld kam. Ihm luden sie das Kreuz auf, damit er es hinter Jesus hertrage.
Er bot sich nicht selbst an, sie hielten ihn dazu an. Simon war auf dem Rückweg von seiner Arbeit und sie luden ihm das Kreuz eines Verurteilten auf. Er hatte wohl einen passenden Körperbau, aber gewiss war sein Ziel ein anderes, seine Pläne waren andere. Gott kann man auf diese Weise begegnen. Wer weiß warum, Jesus, aber dieser Name – Simon von Kyrene – wurde unter deinen Jüngern bald unvergesslich. Auf dem Kreuzweg waren sie nicht dabei und wir auch nicht, aber Simon schon. Das gilt bis heute: Während einer alles gibt, kann man woanders sein, sogar auf der Flucht, oder man kann in die Angelegenheit hineinverwickelt werden. Wir glauben, Jesus, dass wir uns an den Namen von Simon erinnern, weil dieses unerwartete Ereignis ihn für immer verändert hat. Er hörte nicht mehr auf, an dich zu denken. Er wurde zu einem Teil deines Leibes, ein direkter Zeuge davon, wie sehr du dich von jedem anderen Verurteilten unterscheidest. Simon von Kyrene musste dein Kreuz tragen, ohne darum gebeten zu haben, wie das Joch, von dem du einst gesprochen hast: »Denn mein Joch ist sanft und meine Last ist leicht« (Mt 11,30). Auch die Tiere arbeiten besser, wenn sie sich gemeinsam vorwärtsbewegen. Und du, Jesus, liebst es, uns in dein Wirken mit einzubeziehen, das den Erdboden lockert, damit neu eingesät werden kann. Wir brauchen diese erstaunliche Leichtigkeit. Wir brauchen jemanden, der uns bisweilen anhält und uns ein Stück Wirklichkeit auf die Schultern lädt, das schlicht und einfach getragen werden muss. Man kann den ganzen Tag lang arbeiten, doch ohne dich ist es vergebens. Umsonst mühen sich die Bauleute, vergeblich wacht der Hüter der Stadt, wenn nicht Gott sie erbaut (vgl. Ps 127). So entsteht auf dem Kreuzweg das neue Jerusalem. Und wir schlagen, wie Simon von Kyrene, einen neuen Weg ein und arbeiten mit dir zusammen.
Lasst uns beten: Halte unser Eilen auf, Herr
Wenn wir unseren eigenen Weg gehen, ohne jemandem ins Gesicht zu sehen.
Halte unser Eilen auf, Herr
Wenn uns die Nachrichten nicht berühren.
Halte unser Eilen auf, Herr
Wenn Personen zu Zahlen werden.
Halte unser Eilen auf, Herr
Wenn wir nie Zeit haben, zuzuhören.
Halte unser Eilen auf, Herr
Wenn wir es eilig haben, zu entscheiden.
Halte unser Eilen auf, Herr
Wenn Planänderungen nicht zulässig sind.
Halte unser Eilen auf, Herr
VI. Station
Veronika reicht Jesus das Schweißtuch
Aus dem Evangelium nach Lukas (9,29-31)
Und während er betete, veränderte sich das Aussehen seines Gesichtes und sein Gewand wurde leuchtend weiß. Und siehe, es redeten zwei Männer mit ihm. Es waren Mose und Elija; sie erschienen in Herrlichkeit und sprachen von seinem Ende, das er in Jerusalem erfüllen sollte.
Aus dem Buch der Psalmen (27,8-9a)
Mein Herz denkt an dich: »Suchet mein Angesicht!«
Dein Angesicht, Herr, will ich suchen. Verbirg nicht dein Angesicht vor mir.
In deinem Angesicht, Jesus, sehen wir dein Herz. Wir sehen die Entschlossenheit in deinen Augen, sie zeichnet dein Gesicht, sie verleiht deinen Zügen einen Ausdruck von unverwechselbarer Aufmerksamkeit. Du nimmst Veronika wahr, so wie du mich wahrnimmst. Ich suche dein Angesicht, das von deiner Entschlossenheit zeugt, uns bis zum letzten Atemzug zu lieben: Und sogar darüber hinaus, denn »stark wie der Tod ist die Liebe« (Hld 8,6). Das, was unsere Herzen verändert, ist dein Angesicht, das ich gern betrachten und bewahren möchte. Du schenkst dich uns, Tag für Tag, im Antlitz eines jeden Menschen, das ein lebendiges Andenken an deine Menschwerdung ist. Denn jedes Mal, wenn wir uns den Geringsten zuwenden, widmen wir den Gliedern deines Leibes Aufmerksamkeit und du bleibst bei uns. So erhellst du unser Herz und unseren Blick. Statt abzuweisen, nehmen wir nun auf. Auf dem Kreuzweg kann unser Angesicht endlich strahlend werden wie das deine und Segen verbreiten. Du hast uns die Erinnerung daran eingeprägt, eine Vorahnung deiner Wiederkunft, wenn du uns auf den ersten Blick erkennen wirst, jeden einzelnen. Vielleicht werden wir dir dann ähnlich sein. Und wir werden eintreten in einen unaufhörlichen Dialog von Angesicht zu Angesicht, in einer Vertrautheit, derer wir als Familie Gottes nie müde werden.
Lasst uns beten: Präge deine Erinnerung in uns ein, Jesus
Wenn unser Gesicht ausdruckslos ist.
Präge deine Erinnerung in uns ein, Jesus
Wenn unser Herz unbeteiligt ist.
Präge deine Erinnerung in uns ein, Jesus
Wenn unsere Taten spalten.
Präge deine Erinnerung in uns ein, Jesus
Wenn unsere Entscheidungen verletzen.
Präge deine Erinnerung in uns ein, Jesus
Wenn unsere Pläne andere ausschließen.
Präge deine Erinnerung in uns ein, Jesus
VII. Station
Jesus fällt zum zweiten Mal unter dem Kreuz
Aus dem Evangelium nach Lukas (15,2-6)
Die Pharisäer und die Schriftgelehrten empörten sich darüber und sagten: »Dieser nimmt Sünder auf und isst mit ihnen.« Da erzählte er ihnen dieses Gleichnis und sagte: »Wenn einer von euch hundert Schafe hat und eins davon verliert, lässt er dann nicht die neunundneunzig in der Wüste zurück und geht dem verlorenen nach, bis er es findet? Und wenn er es gefunden hat, nimmt er es voll Freude auf die Schultern, und wenn er nach Hause kommt, ruft er die Freunde und Nachbarn zusammen und sagt zu ihnen: „Freut euch mit mir, denn ich habe mein Schaf wiedergefunden, das verloren war!“«.
Hinfallen und aufstehen; hinfallen und erneut aufstehen. So hast du, Jesus, uns gelehrt, das Abenteuer des menschlichen Lebens zu verstehen. Es ist menschlich, weil es offen ist. Maschinen dürfen keine Fehler machen: Wir erwarten, dass sie perfekt funktionieren. Menschen hingegen zögern, lassen sich ablenken, verirren sich. Doch sie kennen auch die Freude: des Neubeginns, der Neugeburt. Menschen entstehen nicht mechanisch – sie sind wie „handgemacht“: Wir sind Unikate, ein Flechtwerk von Gnade und Verantwortung. Jesus, du bist einer von uns geworden; du hattest keine Angst zu stolpern und zu fallen. Wem das peinlich ist, wer sich mit Unfehlbarkeit brüstet, wer seine Stürze verheimlicht und die Stürze anderer nicht verzeiht, der verleugnet den Weg, den du gewählt hast. Du, Jesus, bist der Herr der Freude. Durch dich werden wir alle wiedergefunden und nach Hause zurückgebracht, wie das eine Schaf, das sich verirrt hatte. Unmenschlich ist eine Wirtschaft, in der neunundneunzig mehr wert sind als einer. Und doch haben wir eine Welt errichtet, die so funktioniert: eine Welt der Berechnungen und Algorithmen, kalter Logik und unerbittlichen Interessen. Das Gesetz deines Hauses, der göttlichen Ökonomie, ist anders, Herr. Sich dir zuzuwenden, der du fällst und wieder aufstehst, bedeutet eine Kursänderung, einen Tempowechsel – eine Kehrtwende, die wieder Freude schenkt und uns nach Hause bringt.
Lasst uns beten: Richte uns wieder auf, Gott, unser Heil
Wir sind Kinder, die manchmal weinen.
Richte uns wieder auf, Gott unser Heil
Wir sind Jugendliche, die sich unsicher fühlen.
Richte uns wieder auf, Gott unser Heil
Wir sind junge Menschen, die von zu vielen Erwachsenen verachtet werden.
Richte uns wieder auf, Gott unser Heil
Wir sind Erwachsene, die Fehler gemacht haben.
Richte uns wieder auf, Gott unser Heil
Wir sind alte Menschen, die noch träumen wollen.
Richte uns wieder auf, Gott unser Heil
VIII. Station
Jesus begegnet den Frauen von Jerusalem
Aus dem Evangelium nach Lukas (23,27-31)
Es folgte ihm eine große Menge des Volkes, darunter auch Frauen, die um ihn klagten und weinten. Jesus wandte sich zu ihnen um und sagte: Töchter Jerusalems, weint nicht über mich; weint vielmehr über euch und eure Kinder! Denn siehe, es kommen Tage, da wird man sagen: Selig die Frauen, die unfruchtbar sind, die nicht geboren und nicht gestillt haben. Dann wird man zu den Bergen sagen: Fallt auf uns! und zu den Hügeln: Deckt uns zu! Denn wenn das mit dem grünen Holz geschieht, was wird dann erst mit dem dürren werden?
In den Frauen hast du, Jesus, schon immer eine besondere Übereinstimmung mit dem Herzen Gottes erkannt. Deshalb hast du in der großen Menschenmenge, die an jenem Tag ihre Richtung änderte und dir folgte, sofort die Frauen erblickt und wieder einmal ein besonderes Einvernehmen mit ihnen hergestellt. Die Stadt ist anders, wenn man ihre Bewohner im Schoß trägt, wenn man ihre Kinder stillt: Wenn man also nicht das Register der Herrschaft kennt, sondern die Dinge von innen heraus erlebt. Den Frauen, die pflichtgemäß das Klageritual vollziehen, rührst du das Herz an. Im Herzen nämlich verbinden sich die Ereignisse und dort entstehen Gedanken und Entscheidungen. »Weint nicht über mich.« Das Herz Gottes schlägt für sein Volk, es lässt eine neue Stadt entstehen: »Weint vielmehr über euch und über eure Kinder«. Es gibt nämlich ein Weinen, durch das alles neu ersteht. Es braucht jedoch Tränen des Bedauerns, für die man sich nicht schämen muss, Tränen, die man nicht für sich behält. Unser verletztes Zusammenleben in dieser zerrissenen Welt, o Herr, braucht aufrichtige Tränen, keine der Höflichkeit geschuldeten. Andernfalls wird wahr, was die Apokalyptiker vorausgesagt haben: Wir bringen nichts mehr hervor und dann bricht alles zusammen. Der Glaube hingegen versetzt Berge. Berge und Hügel fallen nicht auf uns herab, sondern zwischen ihnen tut sich ein neuer Weg auf. Es ist dein Weg, Jesus: ein Weg bergauf, auf dem dich die Apostel verlassen haben, aber deine Jüngerinnen – Mütter der Kirche – sind dir gefolgt.
Lasst uns beten: Gib uns ein mütterliches Herz, Jesus
Du hast der Kirche in der Geschichte viele heilige Frauen geschenkt.
Gib uns ein mütterliches Herz, Jesus
Du hast Überheblichkeit und Dominanz abgelehnt.
Gib uns ein mütterliches Herz, Jesus
Du hast dich der Tränen der Mütter angenommen und sie getröstet.
Gib uns ein mütterliches Herz, Jesus
Du hast den Frauen die Botschaft der Auferstehung anvertraut.
Gib uns ein mütterliches Herz, Jesus
Du hast der Kirche neue Charismen und ein neues Einfühlungsvermögen geschenkt.
Gib uns ein mütterliches Herz, Jesus
IX. Station
Jesus fällt zum dritten Mal
Aus dem Evangelium nach Lukas (7,44-49)
[Jesus] sagte zu Simon: Siehst du diese Frau? Als ich in dein Haus kam, hast du mir kein Wasser für die Füße gegeben; sie aber hat meine Füße mit ihren Tränen benetzt und sie mit ihren Haaren abgetrocknet. Du hast mir keinen Kuss gegeben; sie aber hat, seit ich hier bin, unaufhörlich meine Füße geküsst. Du hast mir nicht das Haupt mit Öl gesalbt; sie aber hat mit Balsam meine Füße gesalbt. Deshalb sage ich dir: Ihr sind ihre vielen Sünden vergeben, weil sie viel geliebt hat. Wem aber nur wenig vergeben wird, der liebt wenig. Dann sagte er zu ihr: Deine Sünden sind dir vergeben. Da begannen die anderen Gäste bei sich selbst zu sagen: Wer ist das, dass er sogar Sünden vergibt?
Nicht nur ein- oder zweimal, Jesus: Du fällst erneut. Schon als Kind bist du hingefallen, wie jedes Kind. So hast du unser Menschsein verstanden und angenommen. Wir fallen und wir fallen immer wieder. Wenn uns auch die Sünde von dir entfernt, so bringt dich dein Ohne-Sünde-Sein jedem Sünder näher, es verbindet dich unauflöslich mit seinem Fallen. Und dies bewegt zur Umkehr. Das ist ein Skandal für diejenigen, die auf Abstand gehen zu ihren Mitmenschen und zu sich selbst. Ein Skandal für diejenigen, die im Zwiespalt leben zwischen dem, was sein sollte und dem, was wirklich ist. Angesichts deiner Barmherzigkeit, Jesus, zerfällt jede Heuchelei. Masken und schöne Fassaden nützen nichts mehr. Gott sieht das Herz. Er liebt das Herz. Er erwärmt das Herz. Und so richtest du mich auf und lässt mich weitergehen auf noch nie begangenen, kühnen und großherzigen Wegen. Wer bist du, Jesus, dass du sogar Sünden vergibst? Wieder auf der Erde liegend, auf dem Kreuzweg, bist du der Retter dieser unserer Erde. Wir bewohnen sie nicht nur, sondern wir sind aus ihr geformt. Am Boden liegend formst du uns weiterhin, wie ein geschickter Töpfer.
Lasst uns beten: Wir sind Ton in deinen Händen
Wenn die Dinge scheinbar nicht zu ändern sind, erinnere uns daran:
Wir sind Ton in deinen Händen
Wenn kein Ende der Konflikte in Sicht ist, erinnere uns daran:
Wir sind Ton in deinen Händen
Wenn die Technik uns glauben macht, wir seien allmächtig, erinnere uns daran:
Wir sind Ton in deinen Händen
Wenn Erfolge uns von der Erde „abheben“ lassen, erinnere uns daran:
Wir sind Ton in deinen Händen
Wenn wir mehr auf den äußeren Schein bedacht sind als auf das Herz, erinnere uns daran: Wir sind Ton in deinen Händen
X. Station
Jesus wird seiner Kleider beraubt
Aus dem Buch Ijob (1,20-22)
Da stand Ijob auf, zerriss sein Gewand, schor sich das Haupt, fiel auf die Erde, betete und sprach: Nackt kam ich hervor aus dem Schoß meiner Mutter; nackt kehre ich dahin zurück. Der Herr hat gegeben, der Herr hat genommen; gelobt sei der Name des Herrn. Bei alldem sündigte Ijob nicht und gab Gott keinen Anstoß.
Du entkleidest dich nicht, du wirst entkleidet. Der Unterschied ist uns allen klar, Jesus. Nur wer uns liebt, darf unsere Verletzlichkeit in seine Hände und in seinem Blick nehmen. Wir fürchten hingegen die Augen derer, die uns nicht kennen und die nur besitzen wollen. Du bist nackt und allen ausgeliefert, aber du verwandelst selbst Demütigung in Vertrautheit. Du willst dich selbst denen, die dich zerstören, als Vertrauter offenbaren, du betrachtest diejenigen, die dich entkleiden, als geliebte Menschen, die dir der Vater gegeben hat. Hier ist noch mehr Geduld und sogar noch mehr Glaube als bei Ijob. Du bist der Bräutigam, der sich einnehmen und berühren lässt und alles zum Guten wendet. Du hinterlässt uns deine Kleider als Reliquien einer vollendeten Liebe. Sie sind in unseren Händen, weil du bei uns, weil du mit uns warst. Wir haben deine Kleider behalten und werfen nun das Los um sie, doch das Los begünstigt hier nicht nur einen, sondern alle. Du kennst jeden Einzelnen von uns, um alle, alle, alle zu retten. Und wenn dir die Kirche heute wie ein zerrissenes Gewand erscheint, dann lehre uns, das Gewebe unserer Geschwisterlichkeit, die auf deiner Gabe beruht, zu erneuern. Wir sind dein Leib, dein unteilbares Gewand, deine Braut. Das sind wir gemeinsam. Für uns ist die Messschnur auf liebliches Land gefallen, unser Erbe ist herrlich (vgl. Ps 16,6).
Lasst uns beten: Schenke deiner Kirche Frieden und Einheit
Herr Jesus, du siehst deine Jünger gespalten.
Schenke deiner Kirche Frieden und Einheit
Herr Jesus, der du die Wunden unserer Geschichte trägst.
Schenke deiner Kirche Frieden und Einheit
Herr Jesus, der du die Zerbrechlichkeit unserer Liebe kennst.
Schenke deiner Kirche Frieden und Einheit
Herr Jesus, der du willst, dass wir Glieder deines Leibes sind.
Schenke deiner Kirche Frieden und Einheit
Herr Jesus, der du das Gewand der Barmherzigkeit trägst.
Schenke deiner Kirche Frieden und Einheit
XI. Station
Jesus wird an das Kreuz genagelt
Aus dem Evangelium nach Lukas (23,32-34a)
Zusammen mit Jesus wurden auch zwei Verbrecher zur Hinrichtung geführt. Sie kamen an den Ort, der Schädelhöhe heißt; dort kreuzigten sie ihn und die Verbrecher, den einen rechts von ihm, den andern links. Jesus aber betete: Vater, vergib ihnen, denn sie wissen nicht, was sie tun!
Nichts erschreckt uns mehr als Unbeweglichkeit. Und du bist angenagelt, bewegungsunfähig, fixiert. Das bist du – jedoch zusammen mit anderen: nie allein, du hast entschieden, dich auch am Kreuz als der Gott mit uns zu offenbaren. Die Offenbarung bleibt nicht stehen, sie ist nicht festgenagelt. Du, Jesus, zeigst uns, dass in jeder Situation eine Entscheidung zu treffen ist. Das ist das Schwindelerregende an der Freiheit. Nicht einmal am Kreuz bist du neutralisiert: Du entscheidest, für wen du dort bist. Du schenkst dem einen wie dem anderen der mit dir Gekreuzigten deine Aufmerksamkeit: Du lässt die Beleidigungen des einen an dir abgleiten und nimmst die Bitte des anderen an. Du schenkst demjenigen Aufmerksamkeit, der dich kreuzigt und siehst in das Herz desjenigen, der nicht weiß, was er tut. Deine Aufmerksamkeit gilt dem Himmel: Du hättest ihn gerne heller, aber du durchbrichst den Bann der Dunkelheit mit dem Licht der Fürsprache. Ja, während du angenagelt bist, legst du Fürsprache ein: Du begibst dich zwischen die Parteien, zwischen die Gegensätze. Und du bringst sie vor Gott, denn dein Kreuz lässt Mauern fallen, lässt Schulden nach, hebt Urteile auf, schafft Versöhnung. Du bist das wahre Jubeljahr. Bekehr uns zu dir, Jesus, der du, ans Kreuz genagelt, alles vermagst.
Lasst uns beten: Lehre uns lieben
Wenn wir Kraft haben und wenn wir meinen, keine mehr zu haben.
Lehre uns lieben
Wenn wir durch ungerechte Gesetze oder Entscheidungen eingeschränkt werden.
Lehre uns lieben
Wenn wir von denen angegangen werden, die keine Wahrheit und Gerechtigkeit wollen. Lehre uns lieben
Wenn wir versucht sind, zu verzweifeln.
Lehre uns lieben
Wenn wir sagen: „Da ist nichts mehr zu machen“.
Lehre uns zu lieben
XII. Station
Jesus stirbt am Kreuz
Aus dem Evangelium nach Lukas (23,45-49)
Die Sonne verdunkelte sich. Der Vorhang im Tempel riss mitten entzwei. Und Jesus rief mit lauter Stimme: Vater, in deine Hände lege ich meinen Geist. Mit diesen Worten hauchte er den Geist aus. Als der Hauptmann sah, was geschehen war, pries er Gott und sagte: Wirklich, dieser Mensch war ein Gerechter. Und alle, die zu diesem Schauspiel herbeigeströmt waren und sahen, was sich ereignet hatte, schlugen sich an die Brust und gingen weg. Alle seine Bekannten aber standen in einiger Entfernung, auch die Frauen, die ihm von Galiläa aus nachgefolgt waren und die dies mit ansahen.
Wo sind wir auf Golgota? Unter dem Kreuz? Mit etwas Abstand? Weit weg? Oder vielleicht sind wir wie die Apostel nicht mehr da. Du atmest, und dieser Atemzug, der letzte und der erste, verlangt nur danach, angenommen zu werden. Herr Jesus, führe uns hin zu deinem Geschenk. Lass nicht zu, dass dein Lebensatem sich verflüchtigt. Unsere Dunkelheit sucht das Licht. Unsere Tempel wollen endgültig offenbleiben. Jetzt ist der Heilige nicht mehr jenseits des Schleiers verborgen: Sein Geheimnis ist allen offenbart. Dies wird von einem Soldaten wahrgenommen, der aus der Nähe beobachtet, wie du stirbst, und eine neue Art von Stärke erkennt. Dies begreift die Menschenmenge, die sich mit ihren Schreien gegen dich gewandt hatte: zunächst war sie auf Distanz gegangen, nun begegnet sie dem Schauspiel einer noch nie gesehenen Liebe, einer Schönheit, die sie zum Umdenken bewegt. Denen, die dich sterben sehen, Herr, gibst du Gelegenheit sich an die Brust zu schlagen und umzukehren, sich an das Herz zu schlagen, damit seine Härte bricht. Jesus, gewähre uns, die wir dich oft noch aus der Ferne beobachten, dass wir in unserem Leben stets deiner gedenken, damit selbst der Tod uns eines Tages, wenn du kommen wirst, lebend antrifft.
Lasst uns beten: Komm, Heiliger Geist!
Wir haben uns von den Wunden des Herrn ferngehalten.
Komm, Heiliger Geist!
Beim Anblick unserer darniederliegenden Brüder und Schwestern haben wir uns abgewandt. Komm, Heiliger Geist!
Die Barmherzigen und die Armen im Geiste erscheinen als Verlierer.
Komm, Heiliger Geist!
Gläubige und Ungläubige stehen vor dem Kreuz.
Komm, Heiliger Geist!
Die ganze Welt sucht nach einem neuen Anfang.
Komm, Heiliger Geist!
XIII. Station
Jesus wird vom Kreuz abgenommen
Aus dem Evangelium nach Lukas (23,50-53a)
Und siehe, da war ein Mann mit Namen Josef, ein Mitglied des Hohen Rats und ein guter und gerechter Mensch. Dieser hatte ihrem Beschluss und Vorgehen nicht zugestimmt. Er war aus Arimathäa, einer jüdischen Stadt, und wartete auf das Reich Gottes. Er ging zu Pilatus und bat um den Leichnam Jesu. Und er nahm ihn vom Kreuz.
Dein Leib ist nun endlich in den Händen eines guten und gerechten Menschen. Du bist in den Schlaf des Todes gehüllt, Jesus, doch ein lebendiges und entschiedenes Herz nimmt sich deiner an. Josef gehörte nicht zu denen, die reden und nichts tun. »Er hatte ihrem Beschluss und Vorgehen nicht zugestimmt«, sagt das Evangelium. Und das ist eine gute Nachricht: Er, der die gängige Meinung nicht angenommen hat, nimmt dich an, Jesus. Es nimmt sich jemand deiner an, der Verantwortung übernommen hat. Du, Jesus, hast deinen Platz, in den Armen des Josef von Arimathäa, der „auf das Reich Gottes wartete“. Du hast deinen Platz bei denen, die noch hoffen, bei denen, die sich nicht damit abfinden, dass Ungerechtigkeit unvermeidlich ist. Du durchbrichst die Kette des Unausweichlichen, Jesus. Du durchbrichst die Automatismen, die das gemeinsame Haus und die Geschwisterlichkeit zerstören. Du gibst denen, die auf dein Reich warten, den Mut, vor die Obrigkeit hinzutreten: wie Mose vor den Pharao, wie Josef von Arimathäa vor Pilatus. Du befähigst uns zu großer Verantwortung, du machst uns mutig. So bist du gestorben und deine Herrschaft dauert fort. Und für uns, Jesus, heißt das: Dir zu dienen ist herrschen.
Lasst uns beten: Dir dienen ist herrschen
Die Hungrigen speisen. Dir dienen ist herrschen
Den Durstigen zu trinken geben. Dir dienen ist herrschen
Die Nackten kleiden. Dir dienen ist herrschen
Die Fremden beherbergen. Dir dienen ist herrschen
Die Kranken besuchen. Dir dienen ist herrschen
Die Gefangenen besuchen. Dir dienen ist herrschen
Die Toten begraben. Dir dienen ist herrschen
XIV. Station
Jesus wird in das Grab gelegt
Aus dem Evangelium nach Lukas (23,53b-56)
[Er] hüllte ihn in ein Leinentuch und legte ihn in ein Felsengrab, in dem noch niemand bestattet worden war. Das war am Rüsttag, kurz bevor der Sabbat anbrach. Die Frauen in seiner Nachfolge, die mit Jesus aus Galiläa gekommen waren, sahen das Grab und wie der Leichnam bestattet wurde. Dann kehrten sie heim und bereiteten wohlriechende Salben und Öle zu. Am Sabbat aber hielten sie die vom Gebot vorgeschriebene Ruhe ein.
In einem System, das niemals zur Ruhe kommt, erlebst du, Jesus, deinen Sabbat. Auch die Frauen erleben ihn, zu denen die Aromen und Wohlgerüche bereits von der Auferstehung sprechen möchten. Lehre uns, nichts zu tun, wenn von uns verlangt ist, einfach abzuwarten. Lass uns nach den Zeiten der Erde leben, die nicht künstlich sind. Im Grabe liegend, teilst du Jesus unser Menschsein, das uns alle vereint, du gelangst hinab bis zu den Abgründen, die uns so sehr ängstigen. Sieh nur, wie wir ihnen entfliehen, indem wir unsere Betriebsamkeit vervielfachen. Wir drehen uns oft im Kreis, doch der Sabbat leuchtet mit seinen Lichtern: Er erzieht uns und verlangt von uns zu ruhen. Das göttliche Leben, das Leben, das dem Menschen angemessen ist, kennt die Ruhe des Sabbats. »Und ein jeder sitzt unter seinem Weinstock und unter seinem Feigenbaum und niemand schreckt ihn auf« (Mi 4,4), prophezeite Micha. Und Sacharja greift dies auf: »An jenem Tag – Spruch des Herrn der Heerscharen – werdet ihr einander einladen unter Weinstock und Feigenbaum« (vgl. Sach 3,10). Jesus, der du in unserer stürmischen Welt zu schlafen scheinst, nimm uns alle mit in den Frieden des Sabbats. Dann wird uns die ganze Schöpfung sehr schön und gut erscheinen, bestimmt für die Auferstehung. Und es wird Friede sein über deinem Volk und zwischen allen Völkern.
Lasst uns beten: Dein Friede komme
Für Erde, Luft und Wasser. Dein Friede komme
Für die Gerechten und die Ungerechten. Dein Friede komme
Für die, die nicht gesehen werden und keine Stimme haben. Dein Friede komme
Für die, die weder Macht noch Geld haben. Dein Friede komme
Für die, die auf einen gerechten Aufbruch warten. Dein Friede komme
Abschließendes Gebet
»„Laudato si’, mi’ Signore – Gelobt seist du, mein Herr“, sang der heilige Franziskus von Assisi. In diesem schönen Lobgesang erinnerte er uns daran, dass unser gemeinsames Haus wie eine Schwester ist, [...]. Diese Schwester schreit auf wegen des Schadens, den wir ihr […] zufügen« (Enzyklika Laudato si', 1-2).
»„Fratelli tutti“ schrieb der heilige Franz von Assisi und wandte sich damit an alle Brüder und Schwestern, um ihnen eine dem Evangelium gemäße Lebensweise darzulegen« (Enzyklika Fratelli tutti, 1).
»„Er hat uns geliebt“, sagt Paulus über Christus […], um uns erkennen zu lassen, dass uns nichts von dieser Liebe „scheiden kann“« (Enzyiklika Dilexit nos, 1).
Wir sind den Kreuzweg gegangen; wir haben uns der Liebe zugewandt, von der uns nichts scheiden kann. Jetzt, da der König schläft und sich eine große Stille über die ganze Erde senkt, erbitten wir mit den Worten des heiligen Franziskus die Gabe der Umkehr des Herzens.
Höchster, glorreicher Gott,
erleuchte die Finsternis meines Herzens
und schenke mir rechten Glauben,
sichere Hoffnung,
vollkommene Liebe
und tiefgründende Demut.
Gib mir, Herr, das rechte Empfinden und Erkennen,
damit ich deinen heiligen und wahrhaften Auftrag erfülle. Amen.
[00486-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Introducción
La vía del Calvario pasa por nuestras calles de todos los días. Nosotros, Señor, por lo general vamos en dirección opuesta a la tuya. Precisamente de ese modo puede ocurrir que nos encontremos con tu rostro, que nos crucemos con tu mirada. Nosotros avanzamos como siempre y tú vienes hacia nosotros. Tus ojos nos leen el corazón. Entonces dudamos si continuar como si nada hubiera sucedido. Podemos darnos la vuelta, mirarte, seguirte. Podemos identificarnos con tu camino e intuir que es mejor cambiar de dirección.
Evangelio según san Marcos (10,21)
Jesús lo miró con amor y le dijo: «Sólo te falta una cosa: ve, vende lo que tienes y dalo a los pobres; así tendrás un tesoro en el cielo. Después, ven y sígueme».
Jesús es tu nombre y en ti verdaderamente «Dios salva». El Dios de Abrahán que llama, el Dios de Isaac que provee, el Dios de Jacob que bendice, el Dios de Israel que libera; en tu mirada, Señor que atraviesas Jerusalén, hay toda una revelación. En tus pasos que salen de la ciudad está nuestro éxodo hacia una tierra nueva. Has venido a cambiar el mundo; esto significa para nosotros cambiar de dirección, ver la bondad de tus pasos, dejar trabajar en nuestro corazón la memoria de tus ojos.
El Vía Crucis es la oración del que se mueve; interrumpe nuestros recorridos habituales, para que del cansancio vayamos hacia la alegría. Es verdad, el camino de Jesús nos cuesta; en este mundo que calcula todo, la gratuidad tiene un alto precio. Pero en el don todo vuelve a florecer: una ciudad dividida en facciones y lacerada por los conflictos se encamina hacia la reconciliación; una religiosidad árida redescubre la fecundidad de las promesas de Dios; incluso un corazón de piedra puede convertirse en un corazón de carne. Sólo es necesario escuchar la invitación: «¡Ven! ¡Sígueme!». Y confiar en esa mirada de amor.
I estación
Jesús es condenado a muerte
Evangelio según san Lucas (23,13-16)
Pilato convocó a los sumos sacerdotes, a los jefes y al pueblo, y les dijo: «Ustedes me han traído a este hombre, acusándolo de incitar al pueblo a la rebelión. Pero yo lo interrogué delante de ustedes y no encontré ningún motivo de condena en los cargos de que lo acusan; ni tampoco Herodes, ya que él lo ha devuelto a este tribunal. Como ven, este hombre no ha hecho nada que merezca la muerte. Después de darle un escarmiento, lo dejaré en libertad».
No fue así. No te dejó en libertad. Sin embargo, hubiera podido ser diferente. Es el dramático juego de nuestra libertad. Aquello por lo cual, Señor, tanto nos estimaste. Diste confianza a Herodes, a Pilato, a amigos y a enemigos. Eres irrevocable en la confianza con la que te pones en nuestras manos. Podemos obtener de ella maravillas: liberando a quien es acusado injustamente, profundizando en la complejidad de las situaciones, contrastando los juicios que matan. Incluso Herodes hubiera podido seguir la santa inquietud que lo atraía hacia ti; no lo hizo, ni siquiera cuando se encontró finalmente en tu presencia. Pilato hubiera podido liberarte; ya te había absuelto. No lo hizo. Jesús, el camino de la cruz es una posibilidad que ya hemos dejado pasar demasiadas veces. Lo confesamos: prisioneros de roles de los que no hemos querido salir, preocupados por las molestias de un cambio de dirección. Tú sigues estando ante nosotros, silenciosamente, en cada hermana y en cada hermano expuestos a juicios y prejuicios. Vuelven argumentos religiosos, objeciones jurídicas, el aparente sentido común que no se involucra en la suerte de los demás; miles de razones nos ponen de la parte de Herodes, de los sacerdotes, de Pilato y de la multitud. Sin embargo, puede ser diferente. Jesús, tú no te lavas las manos. Sigues amando, en silencio. Has tomado tu decisión, y ahora nos toca a nosotros.
Oremos diciendo: Abre mi corazón, Jesús
Cuando ante mí hay una persona juzgada.
Cuando mis certezas son prejuicios.
Cuando me condiciona la rigidez.
Cuando el bien me atrae secretamente.
Cuando quisiera tener valor, pero tengo miedo de perder.
Abre mi corazón, Jesús
Abre mi corazón, Jesús
Abre mi corazón, Jesús
Abre mi corazón, Jesús
Abre mi corazón, Jesús
II estación
Jesús carga la cruz
Evangelio según san Lucas (9,43b-45)
Mientras todos se admiraban por las cosas que hacía, Jesús dijo a sus discípulos: «Escuchen bien esto que les digo: El Hijo del hombre va a ser entregado en manos de los hombres». Pero ellos no entendían estas palabras: su sentido les estaba velado de manera que no podían comprenderlas, y temían interrogar a Jesús acerca de esto.
Desde hacía meses, quizás años, ese peso estaba sobre tus hombros, Jesús. Cuando hablabas de eso, nadie te prestaba atención; resistencia invencible, incluso al intuirlo. No la buscaste, pero sentiste que la cruz venía hacia ti, cada vez de una manera diferente. Si la acogiste, fue porque advertiste, más allá del peso, su responsabilidad. Jesús, el camino de tu cruz no es sólo en subida; es tu abajamiento hacia aquellos que has amado, hacia el mundo que Dios ama; es una respuesta, es asumir una responsabilidad. Cuesta, como cuestan los vínculos más auténticos, los amores más hermosos. El peso que llevas describe el aliento que te mueve, ese Espíritu “que es Señor y da la vida”. Quién sabe por qué tememos incluso interrogarte sobre esto. En realidad, somos nosotros los que tenemos dificultad para respirar, a fuerza de evitar responsabilidades. Sería suficiente con no escapar y permanecer junto a aquellos que nos has dado, en los contextos donde nos has puesto. Unirnos, sintiendo que sólo así dejamos de ser prisioneros de nosotros mismos. Lo había anunciado el profeta: “Los jóvenes se fatigan y se agotan, los adultos tropiezan y caen; pero los que esperan en ti renuevan sus fuerzas, despliegan alas como las águilas; corren y no se agotan, avanzan y no se fatigan” (cf. Is 40,30-31).
Oremos diciendo: Líbranos del cansancio, Señor
Si nos angustiamos mirando a nuestro alrededor. Líbranos del cansancio, Señor
Si nos parece no tener fuerzas para dedicarnos a los demás. Líbranos del cansancio, Señor
Si buscamos excusas para evadir las responsabilidades. Líbranos del cansancio, Señor
Si tenemos talentos y capacidades para poner en juego. Líbranos del cansancio, Señor
Si nuestro corazón sigue vibrando frente a la injusticia. Líbranos del cansancio, Señor
III estación
Jesús cae por primera vez
Evangelio según san Lucas (10,13-15)
«¡Ay de ti, Corozaín! ¡Ay de ti, Betsaida! Porque si en Tiro y en Sidón se hubieran hecho los milagros realizados entre ustedes, hace tiempo que se habrían convertido, poniéndose cilicio y sentándose sobre ceniza. Por eso Tiro y Sidón, en el día del Juicio, serán tratadas menos rigurosamente que ustedes. Y tú, Cafarnaúm, ¿acaso crees que serás elevada hasta el cielo? No, serás precipitada hasta el infierno».
Fue como un primer “tocar fondo” y pronunciaste palabras duras, Jesús, contra esos lugares que eran tan queridos para ti. La semilla de tu palabra parecía caer en el vacío y, del mismo modo, cada uno de tus gestos de liberación. Todo profeta se sintió caer en el vacío del fracaso, para seguir avanzando, después, en los caminos del Señor. Tu vida, Jesús, es una parábola; nunca cae en vano en nuestra tierra. Incluso esa primera vez, la decepción pronto fue interrumpida por la alegría de los tuyos, a los que habías enviado; regresaban de su misión y te narraban los signos del Reino de Dios. Entonces tú exaltaste de alegría espontánea, exuberante, que hace saltar con una energía contagiosa. Bendijiste al Padre, que esconde sus designios a los sabios y entendidos, y los revela a los pequeños. También la vía de la cruz ha sido trazada de manera profunda en la tierra; los grandes se apartan de ella, quisieran tocar el cielo. Pero el cielo está aquí, ha descendido, es posible encontrarlo aun cayendo, aun permaneciendo en el suelo. Los constructores de Babel nos dicen que no es posible equivocarse y que el que cae está perdido; es la obra del infierno. La economía de Dios, por el contrario, no mata, no descarta, no aplasta; es humilde, fiel a la tierra. Tu camino, Jesús, es el camino de las Bienaventuranzas: no destruye, sino que cultiva, repara, protege.
Oremos diciendo: Que venga tu Reino
Por aquellos que se sienten fracasados.
Para desafiar una economía que mata.
Para devolver la fuerza al que ha caído.
En las sociedades competitivas y entre los que buscan los primeros puestos. Que venga tu Reino
Por los que están en las fronteras y sienten que su viaje ha terminado. Que venga tu Reino
Que venga tu Reino
Que venga tu Reino
Que venga tu Reino
IV estación
Jesús encuentra a su madre
Evangelio según san Lucas (8,19-21)
Su madre y sus hermanos fueron a verlo, pero no pudieron acercarse a causa de la multitud. Entonces le anunciaron a Jesús: «Tu madre y tus hermanos están ahí afuera y quieren verte». Pero él les respondió: «Mi madre y mis hermanos son los que escuchan la Palabra de Dios y la practican».
Tu madre está en la vía de la cruz; ella fue tu primera discípula. Con delicada determinación, con esa inteligencia de las cosas que le hace conservarlas y meditarlas en el corazón, tu madre está. Desde el instante en el que le fue propuesto acogerte en su seno hizo un cambio, se convirtió a ti. Unió sus caminos a los tuyos. No fue una renuncia, sino un descubrimiento continuo, hasta el Calvario. Seguirte es dejar que sigas tu camino; tenerte es dar espacio a tu novedad. Lo sabe toda madre: un hijo sorprende. Hijo amado, tú reconoces que tu madre y tus hermanos son aquellos que escuchan y se dejan cambiar. No hablan, sino que hacen. En Dios las palabras son hechos, las promesas son realidades. En la vía de la cruz, oh Madre, estás entre las pocas que lo recuerda. Ahora es el Hijo el que te necesita. Él percibe que tú no desesperas, que sigues engendrando la Palabra en tu seno. También nosotros, Jesús, logramos seguirte generados por quien te ha seguido. También nosotros hemos venido al mundo por la fe de tu madre y de innumerables testigos que generan vida incluso allí donde todo habla de muerte. Aquella vez, en Galilea, fueron ellos los que querían verte. Ahora, subiendo al Calvario, tú mismo buscas la mirada del que te escucha y lo pone en práctica. Acuerdo indescriptible. Alianza indisoluble.
Oremos diciendo: He aquí a mi madre
María escucha y habla.
María pregunta y reflexiona.
María sale de su casa y viaja decidida.
María se alegra y consuela.
María acoge y cuida.
María se arriesga y protege.
María no teme juicios ni insinuaciones.
María espera y permanece.
María orienta y acompaña.
María no concede nada a la muerte.
He aquí a mi madre
He aquí a mi madre
He aquí a mi madre
He aquí a mi madre
He aquí a mi madre
He aquí a mi madre
He aquí a mi madre
He aquí a mi madre
He aquí a mi madre
He aquí a mi madre
V estación
Jesús es ayudado por el Cirineo a llevar la cruz
Evangelio según san Lucas (23,26)
Cuando lo llevaban, detuvieron a un tal Simón de Cirene, que volvía del campo, y lo cargaron con la cruz, para que la llevara detrás de Jesús.
No se ofreció, lo detuvieron. Simón regresaba de trabajar y lo cargaron con la cruz de un condenado. Habrá tenido el físico adecuado, cierto, pero su camino era otro, su plan era otro. Con Dios nos podemos tropezar con una situación así. Quién sabe por qué, Jesús, ese nombre ―Simón de Cirene― se hizo rápidamente imborrable entre tus discípulos. En el camino de la cruz no estaban ellos, tampoco nosotros, Simón, en cambio, sí. Sigue siendo válido hoy que mientras alguien ofrece todo de sí, nosotros, o podemos estar en otra parte, incluso tratando de huir; o bien, podemos involucrarnos. Jesús, nosotros creemos recordar el nombre de Simón porque aquel incidente lo cambió para siempre. No cesó nunca de pensar en ti. Se volvió parte de tu cuerpo, testigo de primera mano de la diferencia entre ti y cualquier otro condenado. Simón de Cirene se encontró cargando con tu cruz, sin haberla pedido, como el yugo del que tú hablaste un día: «mi yugo es suave y mi carga liviana» (Mt 11,30). También los animales trabajan mejor si avanzan juntos. Y tú, Jesús, amas involucrarte con tu trabajo, que prepara la tierra para que sea nuevamente sembrada. Necesitamos esa sorprendente delicadeza. Necesitamos a alguien que nos detenga, a veces, y ponga sobre nuestros hombros algún trozo de realidad que simplemente necesita ser cargado. Se puede trabajar el día entero, pero sin ti, se desperdicia. En vano se cansan los constructores, en vano vigila el centinela de la ciudad que Dios no construye (cf. Sal 127). Por eso, en el camino de la cruz surge la nueva Jerusalén. Y nosotros, como Simón de Cirene, cambiamos rumbo y trabajamos contigo.
Oremos diciendo: Detén nuestra carrera, Señor
Cuando vamos por nuestro propio camino, desinteresándonos de los demás.
Detén nuestra carrera, Señor
Cuando las noticias no nos conmueven. Detén nuestra carrera, Señor
Cuando las personas se vuelven números. Detén nuestra carrera, Señor
Cuando nunca hay tiempo para escuchar. Detén nuestra carrera, Señor
Cuando tenemos prisa por decidir. Detén nuestra carrera, Señor
Cuando los cambios de programa no son permitidos. Detén nuestra carrera, Señor
VI estación
La Verónica enjuga el rostro de Jesús
Evangelio según san Lucas (9,29-31)
Mientras oraba, su rostro cambió de aspecto y sus vestiduras se volvieron de una blancura deslumbrante. Y dos hombres conversaban con él: eran Moisés y Elías, que aparecían revestidos de gloria y hablaban de la partida de Jesús, que iba a cumplirse en Jerusalén.
Salmo 27 (27,8-9a)
Mi corazón sabe que dijiste: «Busquen mi rostro».
Yo busco tu rostro, Señor, no lo apartes de mí.
En tu rostro, Jesús, vemos tu corazón. Tu decisión se lee en tus ojos, traspasa tu semblante, vuelve tus facciones expresión de una atención inconfundible. Te fijas en Verónica y también en mí. Yo busco tu rostro, que describe la decisión de amarnos hasta el último suspiro: incluso más allá, porque fuerte como la muerte es el amor (cf. Ct 8,6). Tu rostro, que quisiera imprimir y conservar, nos cambia el corazón. Tú te entregas a nosotros, día tras día, en el rostro de cada ser humano, memoria viva de tu encarnación. Cada vez que nos acercamos al más pequeño, en efecto, nos interesamos por tus miembros y tú permaneces con nosotros. De esta forma nos iluminas el corazón y la expresión de nuestro semblante. En vez de rechazar, ahora acogemos. En el camino de la cruz nuestro rostro, como el tuyo, puede volverse finalmente resplandeciente y derramar bendiciones. Has grabado en nosotros la memoria, presentimiento de tu regreso, cuando nos reconocerás con la primera mirada, uno a uno. Entonces, tal vez, te asemejaremos. Y estaremos cara a cara, en un diálogo sin fin, en la intimidad de la que nunca nos cansaremos, familia de Dios.
Oremos diciendo: Graba en nosotros tu recuerdo, Jesús
Si nuestro rostro es inexpresivo.
Si nuestros proyectos excluyen.
Si nuestro corazón es indiferente.
Si nuestras actitudes causan división.
Si nuestras elecciones lastiman.
Graba en nosotros tu recuerdo, Jesús Graba en nosotros tu recuerdo, Jesús Graba en nosotros tu recuerdo, Jesús Graba en nosotros tu recuerdo, Jesús
Graba en nosotros tu recuerdo, Jesús
VII estación
Jesús cae por segunda vez
Evangelio según san Lucas (15, 2-6)
Los fariseos y los escribas murmuraban, diciendo: «Este hombre recibe a los pecadores y come con ellos». Jesús les dijo entonces esta parábola: «Si alguien tiene cien ovejas y pierde una, ¿no deja acaso las noventa y nueve en el campo y va a buscar la que se había perdido, hasta encontrarla? Y cuando la encuentra, la carga sobre sus hombros, lleno de alegría, y al llegar a su casa llama a sus amigos y vecinos, y les dice: “Alégrense conmigo, porque encontré la oveja que se me había perdido”».
Caer y levantarse; caer y volver a levantarse. Así nos has enseñado a leer, Jesús, la aventura de la vida humana. Humana porque es abierta. A las máquinas no les permitimos equivocarse, las pretendemos perfectas. En cambio, las personas dudan, se distraen, se pierden. Y, sin embargo, conocen la alegría: aquella de los nuevos inicios, aquella de los renacimientos. Los humanos no se generan mecánicamente, sino artesanalmente: somos piezas únicas, un entrelazado de gracia y responsabilidad. Jesús, te hiciste uno de nosotros; no tuviste temor de tropezar y de caer. Quien se avergüenza de ello, quien hace alarde de infalibilidad, quien oculta sus propias caídas y no perdona las de los demás, reniega del camino que tú has elegido. Tú eres, Jesús, el Señor de la alegría. En ti todos nos encontramos y somos llevados a casa, como la única oveja que se había perdido. Deshumana es la economía en la que noventa y nueve valen más que uno. Sin embargo, hemos construido un mundo que funciona de ese modo; un mundo de cálculos y algoritmos, de frías lógicas e intereses implacables. La ley de tu casa, economía divina, es otra, Señor. Volvernos a ti, que caes y te levantas, es un cambio de ruta y un cambio de paso. Conversión que devuelve alegría y nos lleva a casa.
Oremos diciendo: Levántanos, oh Dios, nuestra salvación
Somos niños que a veces lloran. Levántanos, oh Dios, nuestra salvación
Somos adolescentes que se sienten inseguros. Levántanos, oh Dios, nuestra salvación
Somos jóvenes que muchos adultos desprecian. Levántanos, oh Dios, nuestra salvación
Somos adultos que se han equivocado. Levántanos, oh Dios, nuestra salvación
Somos ancianos que aún quieren soñar. Levántanos, oh Dios, nuestra salvación
VIII estación
Jesús encuentra a las mujeres de Jerusalén
Evangelio según san Lucas (23,27-31)
Lo seguían muchos del pueblo y un buen número de mujeres, que se golpeaban el pecho y se lamentaban por él. Pero Jesús, volviéndose hacia ellas, les dijo: «¡Hijas de Jerusalén!, no lloren por mí; lloren más bien por ustedes y por sus hijos. Porque se acerca el tiempo en que se dirá: “¡Felices las estériles, felices los senos que no concibieron y los pechos que no amamantaron!” Entonces se dirá a las montañas: “¡Caigan sobre nosotros!”, y a los cerros: “¡Sepúltennos!” Porque si así tratan a la leña verde, ¿qué será de la leña seca?».
En las mujeres has reconocido desde siempre, Jesús, una particular correspondencia con el corazón de Dios. Por eso, en la gran multitud del pueblo que aquel día cambió dirección y te seguía, inmediatamente viste a las mujeres y, una vez más, estableciste con ellas una conexión especial. La ciudad es distinta cuando se lleva en el vientre a sus habitantes, cuando se amamanta a los niños: en definitiva, cuando no se conoce solamente el registro del dominio, sino que las cosas se viven desde dentro. A las mujeres que por deber llevan a cabo el rito de la compasión, tú les golpeas el corazón. En efecto, es en el corazón donde se enlazan los acontecimientos y nacen los pensamientos y las decisiones. «No lloren por mí». El corazón de Dios vibra por su pueblo, genera una nueva ciudad. «Lloren más bien por ustedes y por sus hijos». En realidad, existe un llanto donde todo renace. Pero son necesarias lágrimas de reconsideración, de las que no hay que avergonzarse, lágrimas que no se pueden esconder en lo íntimo. Nuestra convivencia herida, oh Señor, en este mundo hecho trizas, necesita lágrimas sinceras, no de circunstancia. De lo contrario, se realizará lo que predijeron los apocalípticos: ya no generaremos nada y todo se derrumbará. En cambio, la fe mueve montañas. Los montes y las colinas no se derrumban sobre nosotros, sino que en medio a ellos se abre un camino. Es tu camino, Jesús: un camino en salida, en el que los apóstoles te abandonaron, pero tus discípulas ―madres de la Iglesia― te siguieron.
Oremos diciendo: Danos un corazón materno, Jesús
Has poblado de santas mujeres la historia de la Iglesia. Danos un corazón materno, Jesús
Has repudiado la prepotencia y el dominio. Danos un corazón materno, Jesús
Has reunido y consolado las lágrimas de las madres. Danos un corazón materno, Jesús
Has confiado a las mujeres el mensaje de la resurrección. Danos un corazón materno, Jesús
Has inspirado en la Iglesia nuevos carismas y sensibilidad. Danos un corazón materno, Jesús
IX estación
Jesús cae por tercera vez
Evangelio según san Lucas (7,44-49)
[Jesús] dijo a Simón: «¿Ves a esta mujer? Entré en tu casa y tú no derramaste agua sobre mis pies; en cambio, ella los bañó con sus lágrimas y los secó con sus cabellos. Tú no me besaste; ella, en cambio, desde que entré, no cesó de besar mis pies. Tú no ungiste mi cabeza; ella derramó perfume sobre mis pies. Por eso te digo que sus pecados, sus numerosos pecados, le han sido perdonados porque ha demostrado mucho amor. Pero aquel a quien se le perdona poco, demuestra poco amor». Después dijo a la mujer: «Tus pecados te son perdonados». Los invitados pensaron: «¿Quién es este hombre, que llega hasta perdonar los pecados?».
No sólo una o dos veces, tú caes de nuevo, Jesús. Te caías cuando eras niño, como todo niño. Así abarcaste y acogiste nuestra humanidad, que cae una y otra vez. Si el pecado nos aleja, tu existir sin pecado te acerca a todo pecador, te une indisolublemente a las caídas. Y esto mueve a la conversión. Escándalo para quien toma distancia de los demás y de sí mismo. Escándalo para quien vive dividido en dos, entre lo que debería ser y lo que realmente es. En tu misericordia, Jesús, cae toda hipocresía. Las máscaras, las fachadas hermosas no sirven más. Dios ve el corazón. Ama el corazón. Enciende el corazón. Y de esta manera me levantas y me colocas en caminos nunca antes recorridos, audaces, generosos. ¿Quién eres, Jesús, que perdonas también los pecados? De nuevo caído por tierra, en el camino de la cruz, eres el Salvador de esta tierra nuestra. No sólo la habitamos, sino que hemos sido plasmados con ella. Tú, por tierra, nos sigues modelando, como un hábil alfarero.
Oremos diciendo: Nosotros somos arcilla en tus manos
Cuando las cosas parecen no poder cambiar, acuérdate de nosotros: Nosotros somos arcilla en tus manos
Cuando de los conflictos no se ve el final, acuérdate de nosotros: Nosotros somos arcilla en tus manos
Cuando la tecnología nos engaña haciéndonos creer omnipotentes, acuérdate de nosotros: Nosotros somos arcilla en tus manos
Cuando los éxitos nos despeguen de la tierra, acuérdate de nosotros: Nosotros somos arcilla en tus manos
Cuando nos preocupa más la apariencia que el corazón, acuérdate de nosotros: Nosotros somos arcilla en tus manos
X estación
Jesús es despojado de sus vestiduras
Libro de Job (1,20-22)
Entonces Job se levantó y rasgó su manto; se rapó la cabeza, se postró con el rostro en tierra y exclamó: «Desnudo salí del vientre de mi madre, y desnudo volveré allí. El Señor me lo dio y el Señor me lo quitó: ¡bendito sea el nombre del Señor!». En todo esto, Job no pecó ni dijo nada indigno contra Dios.
No te desnudas, te desnudan. La diferencia está clara para todos nosotros, Jesús. Sólo quien nos ama puede acoger nuestra desnudez entre sus manos y en su mirada. Tememos, en cambio, la mirada de quien no nos conoce y sólo sabe poseer. Estás desnudo y expuesto a todos, pero tú transformas incluso la humillación en familiaridad. Quieres revelarte íntimo incluso a quien te destruye, miras a quien te desnuda como a una persona amada que el Padre te ha dado. Aquí hay más que la paciencia de Job, incluso más que su fe. En ti está el Esposo que se deja tomar, tocar y trueca todo en bien. Nos dejas tus vestiduras, como reliquias de un amor consumado. Están en nuestras manos, porque has estado en casa, has estado con nosotros. Nosotros tomamos tus vestiduras y ahora las echamos a suerte, pero la suerte, aquí, no favorece a uno, sino a todos. Nos conoces uno a uno, para salvar a todos, todos, todos. Y si la Iglesia te parece hoy como una vestidura rasgada, enséñanos a recoser nuestra fraternidad, fundada sobre tu entrega. Somos tu cuerpo, tu túnica indivisible, tu Esposa. Lo somos juntos. Para nosotros la suerte ha caído en un lugar de delicias, estamos contentos con nuestra herencia (cf. Sal 16,6).
Oremos diciendo: Concede a tu Iglesia paz y unidad
Señor Jesús, que ves divididos a tus discípulos. Concede a tu Iglesia paz y unidad
Señor Jesús, que llevas las heridas de nuestra historia. Concede a tu Iglesia paz y unidad
Señor Jesús, que conoces la fragilidad de nuestro amor. Concede a tu Iglesia paz y unidad
Señor Jesús, que nos quieres miembros de tu Cuerpo. Concede a tu Iglesia paz y unidad
Señor Jesús, que vistes la túnica de la misericordia. Concede a tu Iglesia paz y unidad
XI estación
Jesús es clavado en la cruz
Evangelio según san Lucas (23,32-34a)
Con él llevaban también a otros dos malhechores, para ser ejecutados. Cuando llegaron al lugar llamado «del Cráneo», lo crucificaron junto con los malhechores, uno a su derecha y el otro a su izquierda. Jesús decía: «Padre, perdónalos, porque no saben lo que hacen».
Nada nos asusta más que la inmovilidad. Y tú estás clavado, inmovilizado, bloqueado. Lo estás, pero junto a otros, nunca solo; estás determinado a revelarte también en la cruz como el Dios con nosotros. La revelación no se detiene, no se clava. Tú, Jesús, nos muestras que en cualquier circunstancia hay una decisión que tomar. Y este es el vértigo de la libertad. Ni siquiera en la cruz estás neutralizado, tú decides para quién estás ahí. Tú prestas atención tanto a uno como a otro de los que están crucificados contigo; dejas deslizar los insultos de uno y acoges la invocación del otro. Tú prestas atención a quien te crucifica y sabes leer el corazón de quien no sabe lo que hace. Tú prestas atención al cielo, lo quisieras más claro, pero rasgas la barrera de la oscuridad con la luz de la intercesión. Clavado, de hecho, intercedes, te pones en medio de las partes, entre los opuestos. Y los llevas a Dios, porque tu cruz derriba los muros, cancela las deudas, anula las sentencias, establece la reconciliación. Eres el verdadero Jubileo. Conviértenos a ti, Jesús, que clavado todo lo puedes.
Oremos diciendo: Enséñanos a amar
Cuando nos sentimos con fuerzas y cuando parece que nos faltan. Enséñanos a amar
Cuando nos vemos inmovilizados por leyes y decisiones injustas. Enséñanos a amar
Cuando nos vemos contrastados por quien no quiere la verdad y la justicia. Enséñanos a amar
Cuando estamos tentados de perder la esperanza. Enséñanos a amar
Cuando se dice que “no hay nada más que hacer”. Enséñanos a amar
XII estación
Jesús muere en la cruz
Evangelio según san Lucas (23,44b-49)
El sol se eclipsó […] El velo del Templo se rasgó por el medio. Jesús, con un grito, exclamó: «Padre, en tus manos encomiendo mi espíritu». Y diciendo esto, expiró. Cuando el centurión vio lo que había pasado, alabó a Dios, exclamando: «Realmente este hombre era un justo». Y la multitud que se había reunido para contemplar el espectáculo, al ver lo sucedido, regresaba golpeándose el pecho. Todos sus amigos y las mujeres que lo habían acompañado desde Galilea permanecían a distancia, contemplando lo sucedido.
En el Calvario, ¿dónde estamos nosotros?, ¿bajo la cruz?, ¿a cierta distancia?, ¿lejos? O tal vez, como los apóstoles, ya no estamos. Tú expiras, y este respiro, último y primero, sólo pide ser acogido. Señor Jesús, orienta nuestros caminos hacia tu don. No permitas que tu soplo de vida se disipe. Nuestra oscuridad busca luz. Nuestros templos quieren permanecer definitivamente abiertos. Ahora el Santo ya no está detrás del velo, su secreto se ofrece a todos. Lo percibe un militar, que observando de cerca cómo mueres reconoce un nuevo tipo de fuerza. Lo comprende la multitud que había gritado contra ti; antes estaba distante, pero ahora encuentra el espectáculo de un amor jamás visto, de una belleza que la hace volver a creer. A quienes te ven morir, Señor, tú les das el tiempo de volver, golpeándose el pecho, golpeándose el corazón, para que su dureza se haga pedazos. A nosotros, Jesús, que frecuentemente te miramos todavía desde lejos, concédenos vivir acordándonos de ti, para que un día, cuando vengas, también la muerte nos encuentre vivos.
Oremos diciendo: ¡Ven, Espíritu Santo!
Nos hemos mantenido a distancia de las llagas del Señor. ¡Ven, Espíritu Santo!
Ante el hermano caído hemos mirado hacia otro lado. ¡Ven, Espíritu Santo!
Los misericordiosos y los pobres en el espíritu parecen unos perdedores. ¡Ven, Espíritu Santo!
Creyentes y no creyentes están frente al crucificado. ¡Ven, Espíritu Santo!
El mundo entero busca comenzar de nuevo. ¡Ven, Espíritu Santo!
XIII estación
Jesús es bajado de la cruz
Evangelio según san Lucas (23,50-53a)
Llegó entonces un miembro del Consejo, llamado José, hombre recto y justo, que había disentido con las decisiones y actitudes de los demás. Era de Arimatea, ciudad de Judea, y esperaba el Reino de Dios. Fue a ver a Pilato para pedirle el cuerpo de Jesús. Después [lo bajó] de la cruz.
Finalmente, tu cuerpo está en las manos de un hombre bueno y justo. Tú estás envuelto en el sueño de la muerte, Jesús, pero el que se hace cargo de ti es un corazón vivo, que ha hecho una elección. José no era de aquellos que dicen y no hacen. “Había disentido con las decisiones y actitudes de los demás”, dice el Evangelio. Y esto es una buena noticia: te abraza, Jesús, uno que no ha abrazado la opinión común. Se hace cargo de ti uno que ha asumido las propias responsabilidades. Estás en tu sitio, Jesús, en el seno de José de Arimatea, que “esperaba el Reino de Dios”. Estás en tu sitio entre quien espera todavía, entre quien no se resigna a pensar que la injusticia es inevitable. Tú rompes la cadena de lo ineludible, Jesús. Rompes los automatismos que destruyen la casa común y la fraternidad. A quienes esperan tu Reino les das el valor de presentarse a las autoridades, como Moisés al Faraón, como José de Arimatea a Pilatos. Nos habilitas para grandes responsabilidades, nos haces audaces. Así, aun estando muerto, sigues reinando. Y para nosotros, Jesús, servirte es reinar.
Oremos diciendo: Servirte es reinar
Dando de comer a los hambrientos. Servirte es reinar
Dando de beber a los sedientos. Servirte es reinar
Vistiendo al desnudo. Servirte es reinar
Hospedando a los forasteros. Servirte es reinar
Visitando a los enfermos. Servirte es reinar
Visitando a los encarcelados. Servirte es reinar
Enterrando a los muertos. Servirte es reinar
XIV estación
Jesús es colocado en el sepulcro
Evangelio según san Lucas (23,53b-56)
Lo envolvió en una sábana y lo colocó en un sepulcro cavado en la roca, donde nadie había sido sepultado. Era el día de la Preparación, y ya comenzaba el sábado. Las mujeres que habían venido de Galilea con Jesús siguieron a José, observaron el sepulcro y vieron cómo había sido sepultado. Después regresaron y prepararon los bálsamos y perfumes, pero el sábado observaron el descanso que prescribía la Ley.
En un sistema que nunca se detiene, Jesús, tú vives tu sábado. Lo viven también las mujeres, a las que aromas y perfumes quisieran ya hablar de resurrección. Enséñanos a no hacer nada, cuando únicamente se nos pide esperar. Edúcanos en los tiempos de la tierra, que no son los del artificio. Colocado en el sepulcro, Jesús, compartes la condición que nos acomuna a todos y alcanzas los abismos que tanto nos asustan. Ves cómo los rehuimos, multiplicando nuestras actividades. Giramos frecuentemente en círculos, pero el sábado brilla con sus luces, nos educa y nos pide descanso. Vida divina, vida a la medida del hombre, la que conoce la paz del sábado. «Cada uno se sentará bajo su parra y bajo su higuera, sin que nadie lo perturbe» (Mi 4,4), profetizaba Miqueas. Y Zacarías se hace eco de esta palabra: «Aquel día –oráculo del Señor de los ejércitos– ustedes se invitarán unos a otros debajo de la parra y de la higuera» (Za 3,10). Jesús, que pareces dormir en un mundo tempestuoso, llévanos a todos a la paz del sábado. Entonces la creación entera nos parecerá muy buena y hermosa, destinada a la resurrección. Y habrá paz para tu pueblo y entre todas las naciones.
Oremos diciendo: Que venga tu paz
Para la tierra, el aire y el agua. Que venga tu paz
Para los justos y los injustos. Que venga tu paz
Para quien es invisible y carece de voz. Que venga tu paz
Para quien no tiene poder ni dinero. Que venga tu paz
Para quien espera un brote justo. Que venga tu paz
Invocación final
«“Laudato si’, mi’ Signore” – “Alabado seas, mi Señor”, cantaba san Francisco de Asís. En ese hermoso cántico nos recordaba que nuestra casa común es también como una hermana […]. Esta hermana clama por el daño que le provocamos» (Carta enc. Laudato si’, 1-2).
«“Fratelli tutti”, escribía san Francisco de Asís para dirigirse a todos los hermanos y las hermanas, y proponerles una forma de vida con sabor a Evangelio» (Carta enc. Fratelli tutti, 1).
«“Nos amó”, dice san Pablo refiriéndose a Cristo […], para ayudarnos a descubrir que de ese amor nada “podrá separarnos”» (Carta enc. Dilexit nos, 1).
Hemos recorrido la vía de la Cruz; nos hemos dirigido al amor del que nada podrá separarnos. Ahora, mientras el Rey duerme y un gran silencio cubre toda la tierra, haciendo nuestras las palabras de san Francisco invoquemos el don de la conversión del corazón.
¡Oh alto y glorioso Dios!,
ilumina las tinieblas de mi corazón.
Concédeme fe recta,
esperanza cierta,
caridad perfecta
y humildad profunda.
Concédeme, Señor, sabiduría y discernimiento
para cumplir tu santa voluntad. Amén.
[00486-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Introdução
O caminho para o Calvário passa pelas estradas do nosso dia-a-dia. Nós vamos, Senhor, normalmente na direção oposta à vossa. Por isso mesmo, pode acontecer que encontremos o vosso rosto e que cruzemos com o vosso olhar. Caminhamos como de costume e Vós vindes ao nosso encontro. Os vossos olhos leem-nos o nosso coração. Hesitamos, então, em continuar como se nada tivesse acontecido. Podemos dar meia-volta, olhar para Vós e seguir-vos. Podemos identificar-nos com o vosso caminho e perceber que é melhor mudar de rumo.
Do Evangelho segundo São Marcos (10, 21)
Jesus, fitando nele o olhar, sentiu afeição por ele e disse: «Falta-te apenas uma coisa: vai, vende tudo o que tens, dá o dinheiro aos pobres e terás um tesouro no Céu; depois, vem e segue-me».
Jesus é o vosso nome e verdadeiramente em Vós «Deus salva». O Deus de Abraão que chama, o Deus de Isaac que provê, o Deus de Jacob que abençoa, o Deus de Israel que liberta: no vosso olhar, Senhor, que percorreis Jerusalém, há toda uma revelação. Nos vossos passos que saem da cidade está o nosso êxodo para uma nova terra. Viestes para mudar o mundo: para nós isso significa mudar de direção, ver a bondade das vossas pegadas, deixar trabalhar no nosso coração a memória do vosso olhar.
A Via-Sacra é a oração de quem está em movimento. Interrompe os nossos caminhos habituais, para que do cansaço passemos à alegria. É verdade que nos custa trilhar o caminho de Jesus: neste mundo que tudo calcula, a gratuidade tem um preço elevado. No dom gratuito, porém, tudo volta a florescer: uma cidade dividida em facções e dilacerada por conflitos caminha em direção à reconciliação; uma religiosidade estéril redescobre a fecundidade das promessas de Deus; até um coração de pedra pode transformar-se num coração de carne. Basta ouvir o convite: “Vem e segue-me!”, e confiar nesse olhar de amor.
Primeira Estação
Jesus é condenado à morte
Do Evangelho segundo São Lucas (23, 13-16)
Pilatos convocou os sumos sacerdotes, os chefes e o povo e disse-lhes: «Trouxestes este homem à minha presença como se andasse a revoltar o povo. Interroguei-o diante de vós e não encontrei nele nenhum dos crimes de que o acusais. Herodes tão-pouco, visto que no-lo mandou de novo. Como vedes, Ele nada praticou que mereça a morte. Vou, portanto, libertá-lo, depois de o castigar».
Não foi assim que aconteceu. Pilatos não vos libertou. E, no entanto, poderia ter sido diferente. É o jogo dramático da nossa liberdade. Aquilo pelo qual, Senhor, tanto nos estimastes. Confiastes em Herodes, em Pilatos, nos amigos e nos inimigos. Sois irrevogável na confiança com que vos colocais nas nossas mãos. Disso podemos tirar consequências maravilhosas: libertando quem é injustamente acusado, aprofundando a complexidade das situações, contrariando os juízos que matam. Até Herodes poderia ter seguido a santa inquietação que o atraiu a Vós; mas não o fez, nem mesmo quando finalmente esteve na vossa presença. Pilatos poderia ter-vos libertado: já vos tinha absolvido. Mas não o fez. O caminho da cruz, Jesus, é uma possibilidade que já abandonámos demasiadas vezes. Confessamo-lo: prisioneiros de ocupações que não quisemos abandonar, preocupados com o inconveniente de uma mudança de direção. Vós continuais, silenciosamente, diante de nós: em cada irmã e irmão expostos a julgamentos e preconceitos. Regressam os argumentos religiosos, as querelas jurídicas, o aparente bom senso que não se envolve no destino dos outros: inúmeras razões nos puxam para o lado de Herodes, dos sacerdotes, de Pilatos e da multidão. Contudo, pode ser diferente. Vós, Senhor Jesus, não lavais as mãos. Continuais a amar, em silêncio. Fizestes a vossa escolha, e agora é a nossa vez.
Oremos dizendo: Abri o meu coração, Jesus
Quando diante de mim há uma pessoa julgada
Quando as minhas certezas são preconceitos.
Quando estou condicionado pela rigidez.
Quando o bem me atrai secretamente.
Quando desejo ser corajoso, mas tenho medo de perder.
Abri o meu coração, Jesus
Abri o meu coração, Jesus
Abri o meu coração, Jesus
Abri o meu coração, Jesus
Abri o meu coração, Jesus
Segunda Estação
Jesus carrega a cruz
Do Evangelho segundo São Lucas (9, 43b-45)
Estando todos admirados com tudo o que Ele fazia, Jesus disse aos seus discípulos: «Prestai bem atenção ao que vou dizer-vos: O Filho do Homem vai ser entregue nas mãos dos homens». Eles, porém, não entendiam aquela linguagem, porque lhes estava velada, de modo que não compreendiam e tinham receio de o interrogar a esse respeito.
Durante meses, talvez por anos, Senhor Jesus, aquele fardo estava sobre os vossos ombros. Quando faláveis dele, ninguém vos prestava atenção: uma resistência invencível, até mesmo para intuir. Não procurastes a cruz, mas, de modo cada vez mais evidente, sentistes que ela se aproximava de vós. Se a aceitastes, foi porque, além do peso, sentíeis a responsabilidade. O caminho da vossa cruz, Senhor Jesus, não é apenas uma subida. É a vossa descida em direção àqueles que amastes, ao mundo amado por Deus. É uma resposta, um assumir a responsabilidade. Custa, como custam as relações mais verdadeiras, os amores mais bonitos. O peso que carregais fala-nos do sopro que vos move, do Espírito que é “Senhor que dá a vida”. Quem sabe por que razão, sobre isto, tememos até mesmo de vos interrogar. Na realidade, somos nós que estamos sem fôlego, por fugirmos à responsabilidade. Bastaria não fugir e ficar: no meio daqueles que nos destes, nos contextos em que nos colocastes. Relacionarmo-nos, sentindo que só assim deixamos de ser prisioneiros de nós próprios. O egoísmo pesa mais do que a cruz e a indiferença mais do que a partilha. O profeta tinha-o anunciado: «Até os adolescentes se cansam e se fatigam e os jovens tropeçam e vacilam. Mas aqueles que confiam no Senhor renovam as suas forças. Têm asas como a águia, correm sem se cansar, marcham sem desfalecer» (cf. Is 40, 30-31).
Oremos dizendo: Livrai-nos do cansaço, Senhor
Se nos afadigamos em torno a nós próprios
Se parece que nos faltam as forças para nos dedicarmos aos outros.
Se arranjamos desculpas para fugir à responsabilidade.
Se temos talentos e capacidades para pôr à disposição.
Se o nosso coração ainda se comove diante das injustiças.
Livrai-nos do cansaço, Senhor
Livrai-nos do cansaço, Senhor
Livrai-nos do cansaço, Senhor
Livrai-nos do cansaço, Senhor
Livrai-nos do cansaço, Senhor
Terceira Estação
Jesus cai pela primeira vez
Do Evangelho segundo São Lucas (10, 13-15)
«Ai de ti, Corazim! Ai de ti, Betsaida! Porque, se em Tiro e em Sidónia se tivessem operado os milagres que entre vós se realizaram, de há muito que teriam feito penitência, vestidas de saco e na cinza. Por isso, no dia do juízo, haverá mais tolerância para Tiro e Sidónia do que para vós. E tu, Cafarnaúm, porventura serás exaltada até ao céu? É até ao inferno que serás precipitada».
Foi como se, pela primeira vez, tivesses tocado o fundo do poço, Senhor Jesus, e de vós saíram palavras duras para aqueles lugares que vos eram tão queridos. A semente da vossa palavra parecia ter caído no vazio, assim como cada um dos vossos gestos de libertação. Todos os profetas se sentiram cair no vazio do fracasso, para depois novamente avançar nos caminhos de Deus. A vossa vida, Senhor Jesus, é uma parábola: nunca cai em vão na nossa terra. Mesmo naquela primeira vez, a desilusão foi logo interrompida pela alegria daqueles que havíeis enviado: eles regressaram da missão e contaram-vos os sinais do Reino de Deus. Então, espontaneamente, exultastes de alegria transbordante, que faz saltar com uma energia contagiante. Bendissestes o Pai, que esconde os seus desígnios aos sábios e inteligentes e os revela aos pequeninos. Também o caminho da Cruz está marcado a fundo na terra: os grandes afastam-se dele, gostariam de tocar o céu. Em vez disso, o céu está aqui, abaixado, encontramo-lo mesmo caindo, permanecendo no chão. Os construtores de Babel dizem-nos que não se pode errar e que quem cai está perdido. É o canteiro de obras do inferno. A economia de Deus, pelo contrário, não mata, nem descarta, nem esmaga. É humilde, fiel à terra. O vosso caminho, Senhor Jesus, é a via das bem-aventuranças. Não destrói, mas cultiva, repara, guarda.
Oremos dizendo: Venha a nós o Vosso Reino
Para aqueles que se sentem fracassados.
Para contrastar uma economia que mata.
Para dar força aos que caíram.
Nas sociedades competitivas e para quem procura os primeiros lugares.
Para os que estão nas fronteiras e sentem terminada a viagem.
Venha a nós o Vosso Reino
Venha a nós o Vosso Reino
Venha a nós o Vosso Reino
Venha a nós o Vosso Reino
Venha a nós o Vosso Reino
Quarta Estação
Jesus encontra a sua Mãe
Do Evangelho segundo São Lucas (8, 19-21)
Sua mãe e seus irmãos vieram ter com Ele, mas não podiam aproximar-se por causa da multidão. Anunciaram-lhe: «Tua mãe e teus irmãos estão lá fora e querem ver-te». Mas Ele respondeu-lhes: «Minha mãe e meus irmãos são aqueles que ouvem a Palavra de Deus e a põem em prática».
No caminho da cruz, a vossa Mãe está presente: ela foi a vossa primeira discípula. Ali está a vossa Mãe, com delicada determinação, com a sua inteligência que guarda e medita tudo no coração. Desde o momento em que lhe foi proposto acolher-vos no seu seio, ela voltou-se, converteu-se a vós. Ela ajustou os seus caminhos aos vossos. Não foi uma renúncia, mas uma descoberta contínua, até ao Calvário: seguir-vos é deixar-vos ir; ter-vos é dar lugar à vossa novidade. Todas as mães o sabem: um filho surpreende. Como Filho amado, reconheceis que a vossa Mãe e os vossos irmãos são aqueles que escutam e se deixam transformar. Eles não falam, eles fazem. Em Deus, as palavras são ações, as promessas são realidade: no caminho da cruz, ó Mãe, sois das poucas que se lembram disto. Agora é o Filho que precisa de vós: Ele sente que vós não desesperais. Sente que continuais a gerar a Palavra no vosso seio. Também nós, Senhor Jesus, somos capazes de vos seguir, gerados por quem vos seguiu. Também nós somos reinseridos no mundo pela fé da vossa Mãe e de inúmeras testemunhas que geram a vida mesmo onde tudo fala de morte. Daquela vez, na Galileia, eram eles que vos queriam ver. Agora, ao subires ao Calvário, vós mesmo procurais o olhar de quem escuta e põe em prática. Compreensão indizível. Aliança indissolúvel.
Oremos dizendo: Eis a minha mãe
Maria escuta e fala.
Maria pergunta e medita.
Maria sai de casa e viaja com determinação.
Maria alegra-se e consola.
Maria acolhe e cuida.
Maria arrisca e protege.
Maria não teme julgamentos e insinuações.
Maria espera e permanece.
Maria orienta e acompanha.
Maria não concede nada à morte.
Eis a minha mãe
Eis a minha mãe
Eis a minha mãe
Eis a minha mãe
Eis a minha mãe
Eis a minha mãe
Eis a minha mãe
Eis a minha mãe
Eis a minha mãe
Eis a minha mãe
Quinta Estação
Jesus é ajudado pelo Cireneu a carregar a cruz
Do Evangelho segundo São Lucas (23, 26)
Quando o iam conduzindo, lançaram mão de um certo Simão de Cirene, que voltava do campo, e carregaram-no com a cruz, para a levar atrás de Jesus.
Ele não se ofereceu, lançaram mão dele. Simão regressava do seu trabalho e puseram-lhe aos ombros a cruz de um condenado. Talvez tivesse o físico apropriado, mas certamente o seu caminho era outro, e outra a sua agenda. Deus pode surpreender-nos assim. Sabe-se lá, Senhor Jesus, por que razão aquele nome - Simão de Cirene - depressa se tornou inesquecível entre os vossos discípulos. No caminho da cruz, eles não estavam lá, e muito menos nós, mas Simão estava. Isto é verdade até hoje: enquanto alguém se oferece por inteiro, pode-se estar noutro lugar, até mesmo a fugir, ou pode-se acabar envolvido no evento. Acreditamos, Senhor Jesus, que o nome de Simão é recordado porque esse acontecimento inesperado o fez mudar para sempre. Já não deixou de pensar em Vós. Tornou-se parte do vosso corpo, testemunha em primeira mão da vossa diferença em relação a qualquer outro condenado. Simão de Cirene viu-se a carregar a vossa cruz sem a ter pedido, como o jugo de que tinhas falado um dia: «O meu jugo é suave e o meu fardo é leve» (Mt 11, 30). Até os animais trabalham melhor se caminham juntos. E Vós, Senhor Jesus, gostais de nos envolver no vosso trabalho, lavrando a terra para que seja semeada de novo. Precisamos dessa surpreendente leveza. Precisamos de quem nos faça parar, por vezes, e nos ponha aos ombros um pedaço de realidade que simplesmente tem de ser carregado. É possível trabalhar todo o dia, mas, sem Vós, tudo se dispersa. Em vão trabalham os construtores, em vão vigiam as sentinelas da cidade que Deus não edifica (cf. Sl 127). Eis que no caminho da cruz se ergue a nova Jerusalém. E nós, como Simão de Cirene, mudemos de rumo e trabalhemos convosco.
Oremos dizendo: Parai a nossa corrida, Senhor
Quando seguimos o nosso caminho, sem olhar ninguém.
Quando as notícias não nos comovem mais.
Quando as pessoas se tornam números.
Quando nunca há tempo para ouvir.
Quando estamos com pressa para decidir.
Quando não admitimos mudança de planos.
Parai a nossa corrida, Senhor
Parai a nossa corrida, Senhor
Parai a nossa corrida, Senhor
Parai a nossa corrida, Senhor
Parai a nossa corrida, Senhor
Parai a nossa corrida, Senhor
Sexta Estação
Verónica enxuga o rosto de Jesus
Do Evangelho segundo São Lucas (9,29-31)
Enquanto orava, o aspecto do seu rosto modificou-se, e as suas vestes tornaram-se de uma brancura fulgurante. E dois homens conversavam com Ele: Moisés e Elias, os quais, aparecendo rodeados de glória, falavam da sua morte, que ia acontecer em Jerusalém.
Do Livro dos Salmos (27, 8-9a)
O meu coração murmura por ti, os meus olhos te procuram;
é a tua face que eu procuro, Senhor. Não desvies de mim o teu rosto.
Senhor Jesus, no vosso rosto vemos o vosso coração. A vossa decisão vê-se nos olhos, define o vosso rosto, faz dos vossos traços uma expressão de atenção inconfundível. Como vos apercebeis da Verónica, assim vos apercebeis de mim. Procuro o vosso rosto, que revela a decisão de nos amardes até ao último suspiro, e mesmo para além dele, pois o amor é forte como a morte (cf. Ct 8, 6). O que muda o nosso coração é o vosso rosto, que eu gostaria de contemplar e guardar. Vós vos entregais a nós, dia após dia, no rosto de cada ser humano, memória viva da vossa encarnação. Sempre que nos voltamos para o menor dos nossos irmãos, damos atenção aos vossos membros e Vós permaneceis conosco. Assim, iluminais o nosso coração e a expressão do nosso rosto. Em vez de rejeitarmos, passamos a acolher. No caminho da cruz, o nosso rosto, como o vosso, pode finalmente tornar-se radiante e espalhar bênçãos. Gravastes em nós a lembrança disso, um presságio do vosso regresso, quando nos reconhecereis à primeira vista, um a um. Então, talvez nos assemelhemos a Vós. E estaremos face a face, num diálogo sem fim, na intimidade da qual nunca nos cansaremos: a família de Deus.
Oremos dizendo: Imprimi em nós a vossa memória, Senhor
Se o nosso rosto não tem expressão.
Se o nosso coração está distante.
Se os nossos gestos dividem.
Se as nossas escolhas ferem.
Se os nossos projetos excluem.
Imprimi em nós a vossa memória, Senhor
Imprimi em nós a vossa memória, Senhor
Imprimi em nós a vossa memória, Senhor
Imprimi em nós a vossa memória, Senhor
Imprimi em nós a vossa memória, Senhor
Sétima Estação
Jesus cai pela segunda vez
Do Evangelho segundo São Lucas (15, 2-6)
Os fariseus e os doutores da Lei murmuravam entre si, dizendo: «Este acolhe os pecadores e come com eles». Jesus propôs-lhes, então, esta parábola: «Qual é o homem dentre vós que, possuindo cem ovelhas e tendo perdido uma delas, não deixa as noventa e nove no deserto e vai à procura da que se tinha perdido, até a encontrar? Ao encontrá-la, põe-na alegremente aos ombros e, ao chegar a casa, convoca os amigos e vizinhos e diz-lhes: ‘Alegrai-vos comigo, porque encontrei a minha ovelha perdida’».
Cair e levantar-se; cair e voltar a levantar-se. Foi assim, Senhor Jesus, que nos ensinastes a entender a aventura da vida humana. Humana porque é aberta. Nós não permitimos que as máquinas cometam erros: pretendemos que sejam perfeitas. As pessoas, pelo contrário, vacilam, distraem-se, perdem-se. Porém, conhecem a alegria: a dos recomeços, dos renascimentos. Os seres humanos não nascem de modo mecânico, mas artesanal: somos peças únicas, um entrelaçamento de graça e responsabilidade. Senhor, fizestes-vos um de nós, não tivestes medo de tropeçar e de cair. Aqueles que se envergonham disso, aqueles que ostentam a infalibilidade, aqueles que escondem as suas próprias quedas e não perdoam as dos outros negam o caminho que escolhestes. Vós sois, Senhor Jesus, o Senhor da alegria. Em Vós, somos todos reencontrados e conduzidos a casa, como a única ovelha que se tinha perdido. É desumana a economia em que noventa e nove valem mais do que um. E apesar disso, construímos um mundo que funciona assim: um mundo de cálculos e algoritmos, de lógicas frias e interesses implacáveis. A lei da vossa casa, Senhor, a economia divina é outra coisa. Voltar-se para Vós, que caís e voltais a levantar-vos, é uma mudança de rumo e uma mudança de ritmo. Conversão que devolve a alegria e nos leva a casa.
Oremos dizendo: Levantai-nos, ó Deus, nossa salvação
Somos crianças que por vezes choram.
Somos adolescentes que se sentem inseguros.
Somos jovens que muitos adultos desprezam.
Somos adultos que cometeram erros.
Somos idosos que ainda querem sonhar.
Levantai-nos, ó Deus, nossa salvação
Levantai-nos, ó Deus, nossa salvação
Levantai-nos, ó Deus, nossa salvação
Levantai-nos, ó Deus, nossa salvação
Levantai-nos, ó Deus, nossa salvação
Oitava Estação
Jesus encontra-se com as mulheres de Jerusalém
Do Evangelho segundo São Lucas (23, 27-31)
Seguiam Jesus uma grande multidão de povo e umas mulheres que batiam no peito e se lamentavam por Ele. Jesus voltou-se para elas e disse-lhes: «Filhas de Jerusalém, não choreis por mim, chorai antes por vós mesmas e pelos vossos filhos; pois virão dias em que se dirá: ‘Felizes as estéreis, os ventres que não geraram e os peitos que não amamentaram.’ Hão de, então, dizer aos montes: ‘Caí sobre nós!’ E às colinas: ‘Cobri-nos!’ Porque, se tratam assim a árvore verde, o que não acontecerá à seca?».
Sempre reconhecestes nas mulheres, Senhor Jesus, uma semelhança especial com o coração de Deus. É por isso que, na grande multidão de pessoas que mudaram de direção e vos seguiram naquele dia, vistes imediatamente as mulheres e, uma vez mais, estabelecestes com elas uma especial empatia. A cidade é diferente quando se levam os seus habitantes no colo, quando os seus filhos se amamentam: quando, em suma, não se conhece apenas a lógica do domínio, mas se experimentam as coisas a partir do seu interior. Vós atingis o coração das mulheres que, por dever, cumprem o ritual da compaixão. É no coração, efetivamente, que se interconectam os acontecimentos e nascem os pensamentos e as decisões. «Não choreis por mim». O coração de Deus vibra pelo seu povo, gera uma nova cidade: «Chorai antes por vós mesmas e pelos vossos filhos». Com efeito, há um choro no qual tudo renasce. Mas são necessárias lágrimas de reflexão, das quais não nos devemos envergonhar, lágrimas que não devem ser mantidas em segredo. A nossa convivência ferida, Senhor, neste mundo despedaçado, precisa das lágrimas sinceras, não das de circunstância. Caso contrário, verifica-se o que os apocalípticos previram: não geramos mais nada e, logo, tudo se desmorona. A fé, pelo contrário, move montanhas. Os montes e as colinas não caem sobre nós, mas no meio deles, abre-se uma estrada. É a vossa estrada, Senhor Jesus: um caminho íngreme, no qual os apóstolos vos abandonaram, mas as vossas discípulas – mães da Igreja – vos seguiram.
Oremos dizendo: Dai-nos um coração de mãe, Senhor
Povoastes com santas mulheres a história da Igreja.
Repudiastes a prepotência e o domínio.
Recolhestes e consolastes as lágrimas das mães.
Confiastes às mulheres a boa nova da Ressurreição.
Inspirastes na Igreja novos carismas e sensibilidades.
Dai-nos um coração de mãe, Senhor
Dai-nos um coração de mãe, Senhor
Dai-nos um coração de mãe, Senhor
Dai-nos um coração de mãe, Senhor
Dai-nos um coração de mãe, Senhor
Nona Estação
Jesus cai pela terceira vez
Do Evangelho segundo São Lucas (7, 44-49)
[Jesus] disse a Simão: «Vês esta mulher? Entrei em tua casa e não me deste água para os pés; ela, porém, banhou-me os pés com as suas lágrimas e enxugou-os com os seus cabelos. Não me deste um ósculo; mas ela, desde que entrou, não deixou de beijar-me os pés. Não me ungiste a cabeça com óleo, e ela ungiu-me os pés com perfume. Por isso, digo-te que lhe são perdoados os seus muitos pecados, porque muito amou; mas àquele a quem pouco se perdoa pouco ama». Depois, disse à mulher: «Os teus pecados estão perdoados». Começaram, então, os convivas a dizer entre si: «Quem é este que até perdoa os pecados?».
Não apenas uma ou duas vezes, Senhor Jesus: Vós continuais a cair. Caíeis já quando éreis criança, como todas as crianças. Assim, compreendestes e aceitastes a nossa humanidade, que cai e torna a cair. Se o pecado nos afasta, a vossa existência sem pecado aproxima-vos de cada pecador, une-vos indissoluvelmente às suas quedas. E isso leva à conversão. Escândalo para aqueles que se afastam dos outros e de si mesmos. Escândalo para quem vive dividido em dois, entre o que deveria ser e o que realmente é. Diante da vossa misericórdia, Senhor Jesus, cai toda a hipocrisia. As máscaras, as belas fachadas já não são necessárias. Deus vê o coração. Ele ama o coração. Aquece o coração. Por isso, me ergueis e me pondes novamente a caminho por vias nunca trilhadas, audazes, generosas. Quem sois, Senhor Jesus, que até os pecados perdoais? Novamente por terra, no caminho da cruz, sois o Salvador desta nossa terra. Não só a habitamos, mas somos formados a partir dela. Vós, por terra, continuais a moldar-nos, como um talentoso oleiro.
Oremos dizendo: Somos barro nas vossas mãos
Quando as coisas parecem não poder mudar, lembrai-nos:
Quando não se vê o fim dos conflitos, lembrai-nos:
Quando a tecnologia faz que nos julguemos onipotentes, lembrai-nos:
Quando os sucessos nos desconectam da terra, lembrai-nos:
Quando nos importa mais a aparência que o coração, lembrai-nos:
Somos barro nas vossas mãos
Somos barro nas vossas mãos
Somos barro nas vossas mãos
Somos barro nas vossas mãos
Somos barro nas vossas mãos
Décima Estação
Jesus é despojado das suas vestes
Do livro de Job (1, 20-22)
Então, Job levantou-se, rasgou as vestes e rapou a cabeça. Depois, prostrado por terra em adoração, disse: «Saí nu do ventre da minha mãe e nu voltarei para lá. O Senhor mo deu, o Senhor mo tirou; bendito seja o nome do Senhor!». Em tudo isto, Job não cometeu pecado, nem proferiu contra Deus nenhuma insensatez.
Não vos despis, sois despojado das vestes. A diferença é clara para todos nós, Senhor Jesus. Só quem nos ama pode acolher a nossa nudez nas suas mãos e no seu olhar. Pelo contrário, tememos o olhar de quem não nos conhece e só sabe possuir. Vós sois desnudado e exposto diante de todos, mas até a humilhação transformais em familiaridade. Quereis revelar-vos íntimo até mesmo daqueles que vos destroem, olhais para aqueles que vos despojam das vestes como os amados que o Pai vos deu. Há aqui mais do que a paciência de Job, muito mais do que a sua fé. Em Vós está o Esposo que se deixa tomar, tocar e transforma tudo em bem. Deixai-nos as vossas vestes, como relíquias de um amor consumado. Estão nas nossas mãos, pois estivestes na nossa casa e entre nós. Nós mantivemos em nosso poder as vossas vestes e agora lançamo-las à sorte. Porém, a sorte, aqui, não é favorável só a um, mas a todos. Vós conhecei-nos um a um, para salvar a todos: a todos! E se, para Vós, a Igreja se apresenta hoje como uma túnica rasgada, ensinai-nos a tecer de novo a nossa fraternidade, fundada no vosso dom. Somos o vosso corpo, a vossa túnica inconsútil, a vossa Esposa. Somo-lo juntos. Para nós, a sorte caiu em lugares aprazíveis; a nossa herança é preciosa (cf. Sl 16, 6).
Oremos dizendo: Dai à vossa Igreja paz e unidade
Senhor Jesus, que vedes os vossos discípulos divididos:
Senhor Jesus, que carregais as feridas da nossa história:
Senhor Jesus, que conheceis a fragilidade dos nossos amores:
Senhor Jesus, que nos quereis membros do vosso corpo:
Senhor Jesus, que vestis a túnica da misericórdia:
Dai à vossa Igreja a paz e a unidade
Dai à vossa Igreja a paz e a unidade
Dai à vossa Igreja a paz e a unidade
Dai à vossa Igreja a paz e a unidade
Dai à vossa Igreja a paz e a unidade
Décima primeira Estação
Jesus é pregado na cruz
Do Evangelho segundo São Lucas (23, 32-34a)
Levavam também dois malfeitores, para serem executados com Ele. Quando chegaram ao lugar chamado Calvário, crucificaram-no a Ele e aos malfeitores, um à direita e outro à esquerda. Jesus dizia: «Perdoa-lhes, Pai, porque não sabem o que fazem».
Nada nos assusta mais do que a imobilidade. E Vós estais pregado, imobilizado, preso. Mas estais com outros: nunca sozinho e sempre determinado a revelar-vos, até mesmo na cruz, como o Deus conosco. A revelação não fica parada, não se deixa pregar. Vós, Senhor Jesus, mostrai-nos que em cada circunstância há uma escolha a fazer. Esta é a vertigem da liberdade. Nem sequer na cruz sois neutralizado: Vós decidis por quem ali estais. Dais atenção a um e a outro dos crucificados convosco: deixais passar os insultos de um e acolheis a invocação do outro. Dais atenção àquele que vos crucifica e sabeis ler o coração daquele que não sabe o que está a fazer. Prestais atenção ao céu: gostaríeis que fosse mais claro, mas rompeis a barreira das trevas com a luz da intercessão. Pregado na cruz, em realidade, intercedeis: colocai-vos entre as partes, entre os opostos. E os levai a Deus, porque a vossa cruz derruba muros, perdoa dívidas, anula julgamentos, estabelece a reconciliação. Vós sois o verdadeiro Jubileu. Convertei-nos a Vós, Senhor Jesus, que pregado ao madeiro tudo podeis.
Oremos dizendo: Ensinai-nos a amar
Quando temos forças e quando nos parece já não as ter:
Quando somos imobilizados por leis ou decisões injustas:
Quando somos confrontados por quem não quer a verdade e a justiça:
Quando nos sentimos tentados a perder a esperança:
Quando se diz que não há mais nada a fazer:
Ensinai-nos a amar
Ensinai-nos a amar
Ensinai-nos a amar
Ensinai-nos a amar
Ensinai-nos a amar
Décima segunda Estação
Jesus morre na cruz
Do Evangelho segundo São Lucas (23, 45-49)
O Sol tinha-se eclipsado e o véu do templo rasgou-se ao meio. Dando um forte grito, Jesus exclamou: «Pai, nas tuas mãos entrego o meu espírito». Dito isto, expirou. Ao ver o que se passava, o centurião deu glória a Deus, dizendo: «Verdadeiramente, este homem era justo». E toda a multidão que se tinha aglomerado para este espetáculo, vendo o que acontecera, regressava batendo no peito. Todos os seus conhecidos e as mulheres que o tinham acompanhado desde a Galileia mantinham-se à distância, observando estas coisas.
No Calvário, onde estamos nós? Debaixo da cruz? A alguma distância? Longe? Ou talvez, como os apóstolos, nem sequer lá estamos. Vós expirais, e esta respiração, última e primeira, pede apenas para ser acolhida. Senhor Jesus, orientai os nossos caminhos para o vosso dom. Não permitais que o vosso sopro de vida se disperse. As nossas trevas procuram luz. Os nossos templos querem permanecer definitivamente abertos. Agora o Santo já não está por detrás do véu: o seu segredo é oferecido a todos. Percebe-o um soldado que, observando atentamente como morreis, reconhece uma nova força. Compreende-o a multidão que tinha gritado contra Vós: antes distante, encontra agora o espetáculo de um amor jamais visto, de uma beleza que faz acreditar de novo. Dais tempo àqueles que vos veem morrer, Senhor Jesus, para que regressem a bater no peito: atingindo o próprio coração a fim de que a sua dureza se desfaça. A nós, Senhor Jesus, que muitas vezes ainda vos vemos de longe, concedei que vivamos fazendo memória de Vós, para que um dia, quando vierdes, até mesmo a morte nos encontre vivos.
Oremos dizendo: Vinde Espírito Santo!
Mantivemo-nos distantes das chagas do Senhor:
Diante do irmão caído, voltamo-nos para o outro lado:
Os misericordiosos e os pobres de espírito parecem-nos fracassados:
Crentes e não crentes estão em pé diante do crucifixo:
O mundo inteiro procura um novo começo:
Vinde Espírito Santo!
Vinde Espírito Santo!
Vinde Espírito Santo!
Vinde Espírito Santo!
Vinde Espírito Santo!
Décima terceira Estação
Jesus é deposto da cruz
Do Evangelho segundo São Lucas (23, 50-53a)
Um membro do Conselho, chamado José, homem reto e justo, não tinha concordado com a decisão nem com o procedimento dos outros. Era natural de Arimateia, cidade da Judeia, e esperava o Reino de Deus. Foi ter com Pilatos e pediu-lhe o corpo de Jesus. Descendo-o da cruz, envolveu-o num lençol.
Por fim, o vosso corpo está nas mãos de um homem bom e justo. Estais envolto no sono da morte, Senhor Jesus, mas, para se encarregar de Vós, há um coração vivo, que fez uma escolha. José não era daqueles que dizem e não fazem. «Não tinha concordado com a decisão nem com o procedimento dos outros», diz o Evangelho. E é uma boa notícia: quem vos abraça, Senhor Jesus, não abraçou a opinião comum. Encarrega-se de Vós alguém que se encarregou da própria responsabilidade. No colo de José de Arimateia, que «esperava o Reino de Deus», estais no vosso lugar, Senhor Jesus. Estais no vosso lugar entre aqueles que ainda têm esperança, entre aqueles que não se resignam a pensar que a injustiça é inevitável. Vós, Senhor Jesus, quebrais a cadeia do inevitável, quebrais os automatismos que destroem a casa comum e a fraternidade. Dais, àqueles que esperam o vosso Reino, a coragem de se apresentarem à autoridade: como Moisés ao Faraó, como José de Arimateia a Pilatos. Capacitai-nos para grandes responsabilidades, tornai-nos corajosos. Assim, morrestes e continuais a reinar. E para nós, Senhor Jesus, servir-vos é reinar.
Oremos dizendo: Servir-vos é reinar
Dando de comer aos famintos:
Dando de beber aos sedentos:
Vestindo os nus:
Acolhendo os estrangeiros:
Visitando os doentes:
Visitando os prisioneiros:
Sepultando os mortos:
Servir-vos é reinar
Servir-vos é reinar
Servir-vos é reinar
Servir-vos é reinar
Servir-vos é reinar
Servir-vos é reinar
Servir-vos é reinar
Décima quarta estação
Jesus é colocado no sepulcro
Do Evangelho segundo São Lucas (23, 53-56)
Envolveu-o num lençol e depositou-o num sepulcro talhado na rocha, onde ainda ninguém tinha sido sepultado. Era o dia da Preparação e já começava o sábado. Entretanto, as mulheres que tinham vindo com Ele da Galileia acompanharam José, observaram o túmulo e viram como o corpo de Jesus fora depositado. Ao regressar, prepararam aromas e perfumes; e, durante o sábado, observaram o descanso, conforme o preceito.
Num sistema que jamais se detém, Senhor Jesus, viveis o vosso sábado. Vivem-no também as mulheres, a quem os aromas e os perfumes gostariam de falar já de ressurreição. Ensinai-nos a não fazer nada, quando nos é pedido apenas para esperar. Educai-nos nos tempos da terra, que não são aqueles artificiais. Deposto no túmulo, Senhor Jesus, partilhais a condição que a todos nos iguala, e atingis as profundezas que tanto nos assustam. Vede como fugimos delas, multiplicando as nossas atividades. Andamos muitas vezes em vão, mas o sábado brilha com as suas luzes: educa-nos e pede-nos descanso. Vida divina, vida à escala humana, aquela que conhece a paz do sábado. «Cada um repousará debaixo da sua parreira e da sua figueira, sem que ninguém o amedronte» (Mq 4, 6), profetizou Miqueias. E Zacarias faz-lhe eco: «Naquele dia – oráculo do Senhor do universo – todo o homem convidará o seu vizinho sob a videira e a figueira» (cf. Zc 3, 10). Senhor Jesus, que pareceis dormir no mundo tempestuoso, levai-nos a todos para a paz do sábado. Então toda a criação nos aparecerá muito bela e boa, destinada à ressurreição. E haverá paz sobre o teu povo e entre todas as nações.
Oremos dizendo: Venha a vossa paz
Para a terra, o ar e as águas:
Para os justos e os injustos:
Para quem é invisível e não tem voz:
Para quem não possui poder nem dinheiro:
Para quem espera que brote um rebento de justiça:
Venha a vossa paz
Venha a vossa paz
Venha a vossa paz
Venha a vossa paz
Venha a vossa paz
Invocação final
«“Laudato si’, mi’ Signore – Louvado sejas, meu Senhor”, cantava São Francisco de Assis. Neste gracioso cântico, recordava-nos que a nossa casa comum se pode comparar a uma irmã [...]. Esta irmã clama contra o mal que lhe provocamos» (Carta Enc. Laudato si’, 1-2).
«“Fratelli Tutti”: escrevia São Francisco de Assis, dirigindo-se a seus irmãos e irmãs para lhes propor uma forma de vida com sabor a Evangelho». (Carta Enc. Fratelli tutti, 1)
«“Amou-nos”, diz São Paulo referindo-se a Cristo [...], para nos ajudar a descobrir que nada “será capaz de separar-nos” desse amor». (Carta Enc. Dilexit nos, 1).
Percorremos a Via-Sacra; voltámo-nos para o amor do qual nada nos pode separar. Agora, enquanto o Rei dorme e um grande silêncio desce sobre toda a terra, fazendo nossas as palavras de São Francisco, invoquemos o dom da conversão do coração.
Deus altíssimo e glorioso,
iluminai as trevas do meu coração.
Dai-me fé reta,
esperança certa,
caridade perfeita
e profunda humildade.
Dai-me, Senhor, sabedoria e discernimento
para cumprir a vossa verdadeira e santa vontade. Amen.
[00486-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Wprowadzenie
Droga na Kalwarię wiedzie pośród naszych codziennych dróg. Ale my, Panie, idziemy zazwyczaj w kierunku przeciwnym niż Ty. Może się nam tak właśnie przydarzyć, że natkniemy się na Twoje oblicze, że, skrzyżują się nasze spojrzenia. My podążamy dalej, jak zwykle, a Ty podchodzisz do nas. Twoje oczy czytają nasze serca. Wtedy wahamy się, czy iść dalej, jakby nic się nie stało. Możemy się odwrócić, spojrzeć na Ciebie, pójść za Tobą. Możemy utożsamić się z Twoją drogą i zrozumieć, że lepiej jest zmienić kierunek.
Z Ewangelii według św. Marka (10, 21)
Wtedy Jezus spojrzał na niego z miłością i rzekł mu: «Jednego ci brakuje. Idź, sprzedaj wszystko, co masz, i rozdaj ubogim, a będziesz miał skarb w niebie. Potem przyjdź i chodź za Mną».
Jezus – to jest Twoje imię, i naprawdę w tobie «Bóg zbawia». Bóg Abrahama, który powołuje, Bóg Izaaka, który troszczy się i podejmuje działania, Bóg Jakuba, który błogosławi, Bóg Izraela, który wyzwala: w Twoim spojrzeniu, Panie, gdy przechodzisz przez Jeruzalem, jest całe objawienie. W Twoich krokach, które wychodzą z miasta, jest nasze wyjście ku nowej ziemi. Przyszedłeś, aby zmienić świat: oznacza to dla nas zmianę kierunku, dostrzeżenie dobra Twoich śladów, zgodę, aby wspomnienie Twoich oczu działało w naszych sercach.
Droga Krzyżowa jest modlitwą tych, którzy są w drodze. Przecina nasze zwykłe ścieżki, abyśmy przeszli ze znużenia ku radości. To prawda, że droga Jezusa nas kosztuje: w tym świecie, który wszystko kalkuluje, bezinteresowność ma wysoką cenę. W darze, natomiast, wszystko rozkwita na nowo: miasto podzielone na różne ugrupowania i rozdarte konfliktami zmierza ku pojednaniu; wypalona religijność odkrywa na nowo płodność Bożych obietnic; nawet serce z kamienia może przemienić się w serce z ciała. Trzeba tylko posłuchać zaproszenia: „Przyjdź i chodź za Mną”. I zaufać temu spojrzeniu miłości.
Stacja I
Jezus na śmierć skazany
Z Ewangelii według św. Łukasza (23, 13-16)
Piłat więc kazał zwołać arcykapłanów, członków Sanhedrynu oraz lud i rzekł do nich: «Przywiedliście mi tego człowieka pod zarzutem, że podburza lud. Otóż ja przesłuchałem go wobec was i nie znalazłem w nim żadnej winy w sprawach, o które go oskarżacie. Ani też Herod – bo odesłał go do nas; przecież nie popełnił on nic godnego śmierci. Każę go więc wychłostać i uwolnię».
Tak się nie stało. Nie wypuścił Cię na wolność. A jednak mogło być inaczej. To dramat daru naszej wolności. To właśnie przez nią, Panie, tak wysoko nas ceniłeś. Obdarzyłeś zaufaniem Heroda, Piłata, przyjaciół i nieprzyjaciół. Jesteś niezmienny w zaufaniu, z jakim oddałeś się w nasze ręce. Możemy z tego czerpać cuda: uwalniając tego, który jest niesprawiedliwie oskarżony, zgłębiając złożoność sytuacji, przeciwstawiając się osądom, które zabijają. Również Herod mógł pójść za świętym niepokojem, który go do Ciebie pociągał: nie uczynił tego, nawet gdy ostatecznie znalazł się w Twojej obecności. Piłat mógł Ciebie uwolnić: już Ciebie uniewinnił. Jednak, nie uczynił tego. Droga krzyżowa, Jezu, jest szansą, którą już zbyt wiele razy odrzuciliśmy. Wyznajemy to: więźniowie ról, z których nie chcieliśmy zrezygnować, zaniepokojeni niedogodnościami związanymi ze zmianą kierunku. Ty wciąż, w milczeniu, stoisz przed nami: w każdej siostrze i bracie, wystawionych na osąd i uprzedzenia. Powracają argumenty religijne, luki prawne, pozorny zdrowy rozsądek, który nie angażuje się w los innych: tysiąc powodów ciągnie nas na stronę Heroda, kapłanów, Piłata i tłumu. A jednak, może być inaczej. Ty, Jezu, nie umywasz od tego rąk. Nadal miłujesz, w milczeniu. Dokonałeś swojego wyboru, a teraz kolej na nas.
Módlmy się mówiąc: Jezu, otwórz moje serce
Kiedy stoi przede mną osoba osądzana. Jezu, otwórz moje serce
Kiedy moje pewniki są uprzedzeniami. Jezu, otwórz moje serce
Kiedy jestem ograniczony rygoryzmem. Jezu, otwórz moje serce
Kiedy dobro subtelnie mnie pociąga. Jezu, otwórz moje serce
Kiedy chciałbym być odważny, ale boję się przegrać. Jezu, otwórz moje serce
Stacja II
Jezus bierze krzyż na swe ramiona
Z Ewangelii według św. Łukasza (9, 43b-45)
Gdy tak wszyscy pełni byli podziwu dla wszystkich Jego czynów, Jezus powiedział do swoich uczniów: «Weźcie wy sobie dobrze do serca te słowa: Syn Człowieczy będzie wydany w ręce ludzi». Lecz oni nie rozumieli tego powiedzenia; było ono zakryte przed nimi, tak że go nie pojęli, a bali się zapytać Go o to powiedzenie.
Jezu, od wielu miesięcy, a może nawet lat, ten ciężar spoczywał na Twoich ramionach. Kiedy o nim mówiłeś, nikt Ciebie nie słuchał: opór nie do pokonania, nawet intuicyjnie. Nie wybrałeś sobie sam tego krzyża, lecz czułeś, że zbliża się on do Ciebie, coraz wyraźniej. Jeśli go przyjąłeś, to dlatego, że czułeś nie tylko jego ciężar, ale i odpowiedzialność. Droga Twojego krzyża, Jezu, to nie tylko droga pod górę. To Twoje zstąpienie ku tym, których umiłowałeś, ku światu, który miłuje Bóg. To odpowiedź, wzięcie odpowiedzialności. Kosztuje, tak jak kosztują najprawdziwsze więzi, najpiękniejsze miłości. Ciężar, który niesiesz, opowiada o tchnieniu, które cię porusza, o tym Duchu, „który jest Panem i Ożywicielem”. Ciekawe, dlaczego boimy się nawet Ciebie o to zapytać. W rzeczywistości, to nam brakuje tchu, bo wciąż unikamy odpowiedzialności. Wystarczyłoby nie uciekać, ale pozostać: wśród tych, których nam dałeś, w sytuacjach, w których nas postawiłeś. Pozostać tam, przeczuwając, że tylko w ten sposób przestaniemy być więźniami samych siebie. Egoizm ciąży bardziej niż krzyż. Bardziej ciąży obojętność niż dzielenie się. Zapowiedział to prorok: Chłopcy się męczą i nużą, chwieją się, słabnąc, młodzieńcy, lecz ci, co zaufali Tobie, odzyskują siły, otrzymują skrzydła jak orły, biegną bez zmęczenia, bez znużenia idą (por. Iz 40, 30-31).
Módlmy się, mówiąc: Panie, wybaw nas od znużenia!
Gdy zamartwiamy się o samych siebie. Panie, wybaw nas od znużenia!
Gdy wydaje się nam, że nie mamy siły poświęcić się innym. Panie, wybaw nas od znużenia!
Gdy szukamy wymówek, by uniknąć odpowiedzialności. Panie, wybaw nas od znużenia!
Gdy mamy talenty i umiejętności do wykorzystania. Panie, wybaw nas od znużenia!
Gdy nasze serca jeszcze drżą w obliczu niesprawiedliwości. Panie, wybaw nas od znużenia!
Stacja III
Jezus upada po raz pierwszy
Z Ewangelii według św. Łukasza (10,13-15)
«Biada tobie, Korozain! Biada tobie, Betsaido! Bo gdyby w Tyrze i Sydonie działy się cuda, które u was się dokonały, już dawno by się nawróciły, siedząc w worze i popiele. Toteż Tyrowi i Sydonowi lżej będzie na sądzie niżeli wam. A ty, Kafarnaum, czy aż do nieba masz być wyniesione? Aż do Otchłani zejdziesz!».
Było to jak pierwsze dotknięcie dna, i wyszły od Ciebie, Jezu, słowa surowe dla tych miejsc, które były Ci tak bardzo drogie. Ziarno Twojego słowa zdawało się trafiać w próżnię, podobnie jak każdy z Twoich gestów wyzwolenia. Każdy prorok czuł, że wpada w pustkę porażki, tylko po to, by później, znowu pójść naprzód, drogami Boga. Twoje życie, Jezu, jest przypowieścią: nigdy nie upadasz na próżno na naszą ziemię. Nawet za pierwszym razem, rozczarowanie szybko ustąpiło miejsca radości tych, których posłałeś. Powracali do Ciebie z misji i opowiadali o znakach Królestwa Bożego. Wtedy radowałeś się spontaniczną, wszechogarniającą radością, która podnosi i stawia na nogi, zaraźliwą siłą. Błogosławiłeś Ojca, który ukrywa swoje zamiary przed mądrymi i roztropnymi, a objawia je prostaczkom. Również droga krzyża jest wytyczona w głębi ziemi: wielcy oddalają się od niej, chcieliby sięgnąć nieba. Natomiast niebo jest tutaj, uniżyło się, spotyka się je nawet upadając, pozostając na ziemi. Mówią nam, budowniczowie wieży Babel, że nie można się mylić, a kto upadnie, ten jest zgubiony. Jest to plac budowy piekła. Boża ekonomia, natomiast, nie zabija, nie odrzuca, nie miażdży. Jest pokorna, wierna ziemi. Twoja droga, Jezu, jest drogą Błogosławieństw. Nie niszczy, ale pielęgnuje, naprawia, strzeże.
Módlmy się mówiąc: Przyjdź Królestwo Twoje
Do tych, którzy czują się przegranymi. Przyjdź Królestwo Twoje
Aby zakwestionować ekonomię, która zabija. Przyjdź Królestwo Twoje
Aby przywrócić siłę temu, kto upadł. Przyjdź Królestwo Twoje
Do społeczeństw rywalizujących między sobą
i do ubiegających się o pierwsze miejsca. Przyjdź Królestwo Twoje
Do tych, którzy utknęli na granicach i mają poczucie,
że to koniec ich drogi. Przyjdź Królestwo Twoje
Stacja IV
Jezus spotyka swoją Matkę
Z Ewangelii według św. Łukasza (8, 19-21)
Wtedy przyszli do Niego Jego Matka i bracia, lecz nie mogli dostać się do Niego z powodu tłumu. Oznajmiono Mu: «Twoja Matka i bracia stoją na dworze i chcą się widzieć z Tobą». Lecz On im odpowiedział: «Moją matką i moimi braćmi są ci, którzy słuchają słowa Bożego i wypełniają je».
Twoja Matka tu jest, na drodze krzyżowej: to Ona była Twoją pierwszą uczennicą. Z delikatną stanowczością, ze swoją inteligencją, która zachowuje i rozważa w swoim sercu, Twoja Matka tu jest. Od chwili, gdy zaproponowano Jej, by przyjęła Ciebie do swego łona, obróciła się i zwróciła się ku Tobie. Podporządkowała swoje drogi Twoim drogom. To nie było wyrzeczenie, ale nieustanne odkrywanie, aż po Kalwarię: podążać za Tobą to pozwolić Ci iść dalej; mieć Ciebie to zrobić miejsce dla Twojej nowości. Wie o tym każda matka: dziecko potrafi zaskakiwać. Umiłowany Synu, Ty rozpoznajesz, że Twoja Matka i Twoi bracia są tymi, którzy słuchają i pozwalają się przemieniać. Nie mówią, ale działają. W Bogu słowa są czynami, obietnice są rzeczywistością: na drodze krzyżowej, o Matko, jesteś jedną z nielicznych, które o tym pamiętają. Teraz, to Syn potrzebuje Ciebie: On czuje, że Ty nie rozpaczasz. Czuje, że wciąż rodzisz w swoim łonie Słowo. Jezu, my także, potrafimy podążać za Tobą, zrodzeni przez tych, którzy poszli za Tobą. My również przyszliśmy na świat dzięki wierze Twojej Matki i niezliczonych świadków, którzy rodzą życie nawet tam, gdzie wszystko mówi o śmierci. Wtedy, w Galilei, to oni byli tymi, którzy chcieli Cię zobaczyć. Teraz, gdy wstępujesz na Kalwarię, sam szukasz spojrzenia tych, którzy słuchają i wprowadzają słowo w czyn. Niewysłowione porozumienie. Nierozerwalne przymierze.
Módlmy się mówiąc: Oto Matka moja
Maryja słucha i mówi. Oto Matka moja
Maryja pyta i rozważa. Oto Matka moja
Maryja opuszcza dom i odważnie wyrusza w podróż. Oto Matka moja
Maryja raduje się i pociesza. Oto Matka moja
Maryja przygarnia i troszczy się. Oto Matka moja
Maryja odważnie podejmuje ryzyko i otacza opieką. Oto Matka moja
Maryja nie boi się osądów i pomówień. Oto Matka moja
Maryja czeka i trwa. Oto Matka moja
Maryja prowadzi i towarzyszy. Oto Matka moja
Maria niczego nie oddaje śmierci. Oto Matka moja
Stacja V
Cyrenejczyk pomaga dźwigać krzyż Jezusowi
Z Ewangelii według św. Łukasza (23, 26)
Gdy Go wyprowadzili, zatrzymali niejakiego Szymona z Cyreny, który wracał z pola. Włożyli na niego krzyż, aby go niósł za Jezusem.
Nie zgłosił się sam, zatrzymali go. Szymon wracał z pracy, a oni nałożyli na niego krzyż skazańca. Musiał mieć odpowiednią posturę, ale z pewnością zmierzał w innym kierunku, miał inne plany. W ten sposób można spotkać Boga. Jezu, kto wie, dlaczego to imię – Szymon z Cyreny – wkrótce stało się niezapomniane wśród Twoich uczniów. Na drodze krzyżowej ich nie było, nas też nie było, natomiast Szymon był. Jest to aktualne do dziś: podczas gdy ktoś daje z siebie wszystko, kto inny może być gdzie indziej, nawet uciekać, albo może się zaangażować. Jezu, my wierzymy, wspominając imię Szymona, że to nieoczekiwane wydarzenie przemieniło go na zawsze. Nigdy już nie przestał o Tobie myśleć. Stał się częścią Twojego ciała, bezpośrednim świadkiem Twojej odmienności od jakiegokolwiek innego skazańca. Na Szymona z Cyreny włożono Twój krzyż, choć o to nie prosił, jak jarzmo, o którym pewnego dnia mówiłeś: „Słodkie jest moje jarzmo, a moje brzemię lekkie” (Mt 11, 30). Również zwierzęta lepiej pracują, gdy idą naprzód razem. A Ty, Jezu, lubisz angażować nas w swoją pracę, uprawiając ziemię, by znów mogła być obsiana. My potrzebujemy tej zaskakującej lekkości. Potrzebujemy kogoś, kto by czasami nas zatrzymał i położył nam na ramiona jakiś kawałek rzeczywistości, który po prostu trzeba nieść. Można pracować cały dzień, ale bez Ciebie to wszystko na marne. Na próżno trudzą się budowniczowie, na próżno czuwa strażnik miasta, którego Bóg nie buduje (por. Ps 127). Oto, na drodze krzyżowej wznosi się nowe Jeruzalem. A my, jak Szymon z Cyreny, wybieramy inną drogę i pracujemy razem z Tobą.
Módlmy się mówiąc: Panie, powstrzymaj nasze zabieganie
Kiedy idziemy swoją drogą, nie spoglądając
nikomu w twarz. Panie, powstrzymaj nasze zabieganie
Kiedy pozostajemy obojętni na wiadomości. Panie, powstrzymaj nasze zabieganie
Kiedy ludzie stają się liczbami. Panie, powstrzymaj nasze zabieganie
Kiedy nigdy nie ma czasu na słuchanie. Panie, powstrzymaj nasze zabieganie
Kiedy pospiesznie podejmujemy decyzje. Panie, powstrzymaj nasze zabieganie
Kiedy zmiana planów jest wykluczona. Panie, powstrzymaj nasze zabieganie
Stacja VI
Weronika ociera twarz Jezusa
Z Ewangelii według św. Łukasza (9, 29-31)
Gdy się modlił, wygląd Jego twarzy się odmienił, a Jego odzienie stało się lśniąco białe. A oto dwóch mężów rozmawiało z Nim. Byli to Mojżesz i Eliasz. Ukazali się oni w chwale i mówili o Jego odejściu, którego miał dopełnić w Jerozolimie.
Z Księgi Psalmów (27, 8-9a)
O Tobie mówi moje serce: «Szukaj Jego oblicza!» Szukam, o Panie, Twojego oblicza; swego oblicza nie zakrywaj przede mną.
Jezu, w Twoim obliczu widzimy Twoje Serce. Twoją decyzję odczytuje się w Twoich oczach, przenika ona Twoją twarz, czyni Twoje rysy wyrazem niepowtarzalnej uwagi. Dostrzegasz Weronikę, tak jak mnie. Szukam Twojego oblicza, które mówi o decyzji by miłować nas aż do ostatniego tchnienia: a nawet dłużej, „bo jak śmierć potężna jest miłość” (Pnp 8, 6). Tym, co przemienia nasze serca, jest Twoje oblicze, które chciałbym utrwalić i zachować. Ty dajesz nam siebie, dzień po dniu, w obliczu każdego człowieka, będącym żywą pamiątką Twojego wcielenia. Ilekroć bowiem zwracamy się ku maluczkim, poświęcamy uwagę Twoim członkom, a Ty pozostajesz z nami. W ten sposób oświecasz nasze serca i wyraz twarzy. Zamiast odrzucać, teraz przyjmujemy. Na drodze krzyżowej nasze oblicze, jak Twoje, może wreszcie stać się promienne i nieść błogosławieństwo. Odcisnąłeś w nas jego pamiątkę, przeczucie Twojego powrotu, kiedy to rozpoznasz nas po pierwszym spojrzeniu, jednego po drugim. Może wtedy, będziemy do Ciebie podobni. I będziemy twarzą w twarz, w dialogu bez końca, w zażyłości, którą nigdy nie będziemy znużeni, będziemy rodziną Boga.
Módlmy się mówiąc: Jezu, odciśnij w nas pamięć o Tobie
Gdy nasza twarz jest bez wyrazu. Jezu, odciśnij w nas pamięć o Tobie
Gdy nasze serce jest niedostępne. Jezu, odciśnij w nas pamięć o Tobie
Gdy nasze gesty wprowadzają podziały. Jezu, odciśnij w nas pamięć o Tobie
Gdy nasze wybory ranią. Jezu, odciśnij w nas pamięć o Tobie
Gdy nasze plany wykluczają. Jezu, odciśnij w nas pamięć o Tobie
Stacja VII
Jezus upada po raz drugi
Z Ewangelii według św. Łukasza (15, 2-6)
Szemrali faryzeusze i uczeni w Piśmie: «Ten przyjmuje grzeszników i jada z nimi». Opowiedział im wtedy następującą przypowieść: «Któż z was, gdy ma sto owiec, a zgubi jedną z nich, nie zostawia dziewięćdziesięciu dziewięciu na pustyni i nie idzie za zgubioną, aż ją znajdzie? A gdy ją znajdzie, bierze z radością na ramiona i wraca do domu; sprasza przyjaciół i sąsiadów i mówi im: „Cieszcie się ze mną, bo znalazłem owcę, która mi zginęła”.
Upadać i podnosić się; upadać i znów się podnosić. Jezu, tak nas nauczyłeś odczytywać zdarzenia ludzkiego życia. Ludzkiego, ponieważ jest ono otwarte. Maszynom nie pozwalamy popełniać błędów: żądamy, od nich doskonałości. Ludzie, natomiast, mylą się, są roztargnieni, gubią się. A jednak, znają radość: radość płynącą z nowych początków, radość powtórnych narodzin. Człowiek nie przychodzi na świat w sposób mechaniczny, lecz jak dzieło mistrza: jesteśmy wyjątkowymi dziełami, splotem łaski z odpowiedzialnością. Jezu, Ty stałeś się jednym z nas; nie bałeś się potknąć i upaść. Kto czuje się tym zakłopotany, kto udaje nieomylność, kto ukrywa własne upadki i nie przebacza cudzych, zapiera się drogi, którą Ty wybrałeś. Jezu, Ty jesteś Panem radości. W Tobie wszyscy jesteśmy na nowo odnalezieni, przyprowadzeni do domu, jak ta jedna owca, która zaginęła. Nieludzka jest ekonomia, według której dziewięćdziesiąt dziewięć jest warte więcej niż jeden. A jednak, zbudowaliśmy świat, który tak właśnie funkcjonuje: świat kalkulacji i algorytmów, chłodnej logiki i bezlitosnych interesów. Panie, prawo Twojego domu, boska ekonomia, jest inna. Zwrócenie się ku Tobie, który upadasz i podnosisz się, jest zmianą kursu i zmianą kroku. To nawrócenie, które przywraca radość i sprowadza nas do domu.
Módlmy się mówiąc: Boże, nasze zbawienie, podnieś nas
Jesteśmy dziećmi, które czasami płaczą. Boże, nasze zbawienie, podnieś nas
Jesteśmy nastolatkami, którzy czują się niepewnie. Boże, nasze zbawienie, podnieś nas
Jesteśmy młodymi, którymi zbyt wielu dorosłych gardzi. Boże, nasze zbawienie, podnieś nas
Jesteśmy dorosłymi, którzy popełnili błędy. Boże, nasze zbawienie, podnieś nas
Jesteśmy starszymi ludźmi, którzy wciąż pragną marzyć. Boże, nasze zbawienie, podnieś nas
Stacja VIII
Jezus spotyka niewiasty jerozolimskie
Z Ewangelii według św. Łukasza (23, 27-31)
A szło za Nim mnóstwo ludu, także kobiet, które zawodziły i płakały nad Nim. Lecz Jezus zwrócił się do nich i rzekł: «Córki jerozolimskie, nie płaczcie nade Mną; płaczcie raczej nad sobą i nad waszymi dziećmi! Oto bowiem przyjdą dni, kiedy mówić będą: „Szczęśliwe niepłodne łona, które nie rodziły, i piersi, które nie karmiły”. Wtedy zaczną wołać do gór: Padnijcie na nas! i do pagórków: Przykryjcie nas! Bo jeśli z zielonym drzewem to czynią, cóż się stanie z suchym?».
Jezu, w kobietach zawsze rozpoznawałeś szczególne współbrzmienie z Sercem Boga. Dlatego w wielkiej rzeszy ludu, który tego dnia zmienił kierunek i szedł za Tobą, od razu dostrzegłeś niewiasty i ponownie nawiązałeś z nimi szczególne porozumienie. Inne jest miasto, kiedy jego mieszkańców nosi się w łonie, kiedy karmi się piersią jego dzieci: kiedy, krótko mówiąc, zna się nie tylko ewidencję ludności, ale doświadcza się jego spraw od wewnątrz. Ty, uderzasz w serce kobiet, które z obowiązku wypełniają rytuał współczucia. W sercu, bowiem, łączą się wydarzenia i rodzą się myśli oraz decyzje. „Nie płaczcie nade Mną”. Serce Boga drży o swój lud, rodzi nowe miasto: „Płaczcie raczej nad sobą i nad waszymi dziećmi!”. Istnieje bowiem płacz, w którym wszystko się odradza. Potrzebne są jednak łzy ponownej refleksji, łzy, których nie trzeba się wstydzić, łzy, których nie wolno zamykać w sferze prywatnej. O Panie, nasze poranione współistnienie, w tym rozbitym świecie, potrzebuje łez szczerych, a nie łez wymuszonych okolicznościami. W przeciwnym razie, spełni się to, co przepowiedzieli autorzy apokaliptyczni, czyli: niczego nie tworzymy, a potem wszystko się wali. Wiara, natomiast, przenosi góry. Góry i pagórki nie padają na nas, lecz pośród nich otwiera się droga. To jest Twoja droga, Jezu: droga pod górę, na której apostołowie opuścili Cię, ale Twoje uczennice – matki Kościoła – poszły za Tobą.
Módlmy się mówiąc: Jezu, obdarz nas sercem matczynym
Napełniłeś historię Kościoła świętymi kobietami. Jezu, obdarz nas sercem matczynym
Odrzuciłeś arogancję i dominację. Jezu, obdarz nas sercem matczynym
Pozbierałeś i ukoiłeś łzy matek. Jezu, obdarz nas sercem matczynym
Powierzyłeś kobietom orędzie zmartwychwstania. Jezu, obdarz nas sercem matczynym
Wzbudziłeś w Kościele nowe charyzmaty i wrażliwości. Jezu, obdarz nas sercem matczynym
Stacja IX
Jezus upada po raz trzeci
Z Ewangelii według św. Łukasza (7, 44-49)
[Jezus] rzekł do Szymona: «Widzisz tę kobietę? Wszedłem do twego domu, a nie podałeś Mi wody do nóg; ona zaś łzami oblała Mi stopy i otarła je swymi włosami. Nie powitałeś Mnie pocałunkiem; a ona, odkąd wszedłem, nie przestała całować nóg moich. Głowy nie namaściłeś Mi oliwą; ona zaś olejkiem namaściła moje stopy. Dlatego powiadam ci: Odpuszczone są jej liczne grzechy, ponieważ bardzo umiłowała. A ten, komu mało się odpuszcza, mało miłuje». Do niej zaś rzekł: «Odpuszczone są twoje grzechy». Na to współbiesiadnicy zaczęli mówić sami do siebie: «Któż On jest, że nawet grzechy odpuszcza?».
Nie tylko raz czy dwa razy, Jezu: Ty znów upadasz. Upadałeś już jako dziecko, jak każde dziecko. W ten sposób zrozumiałeś i przyjąłeś nasze człowieczeństwo, które ciągle, ciągle upada. O ile grzech nas oddala, to Twoje bezgrzeszne istnienie przybliża Cię do każdego grzesznika, jednoczy Cię nierozerwalnie z jego upadkami. I to pobudza do nawrócenia. To zgorszenie dla tych, którzy dystansują się od innych i od samych siebie. To zgorszenie dla tych, którzy żyją w rozdarciu, pomiędzy tym, co powinno być, a tym, co jest w rzeczywistości. W Twoim miłosierdziu, Jezu, upada wszelka hipokryzja. Wszelkie maski, piękne fasady stają się bezużyteczne. Bóg patrzy w serce. Miłuje serce. Rozpala serce. I tym sposobem podnosisz mnie i ponownie wyprawiasz w drogę, po ścieżkach nigdy nieprzebytych, śmiałych, wielkodusznych. Kim jesteś, Jezu, że nawet grzechy odpuszczasz? Padając znów na ziemię, na drodze krzyżowej, jesteś Zbawicielem tej naszej ziemi. Nie tylko ją zamieszkujemy, ale jesteśmy z niej ulepieni. Ty, na ziemi, wciąż nas formujesz, jak wprawny garncarz.
Módlmy się mówiąc: Jesteśmy gliną w Twoich rękach
Kiedy rzeczy wydają się niemożliwe do zmiany,
przypomnij nam, że: Jesteśmy gliną w Twoich rękach
Kiedy nie widać końca konfliktów, przypomnij nam, że: Jesteśmy gliną w Twoich rękach
Kiedy technologia łudzi nas wszechmocą,
przypomnij nam, że: Jesteśmy gliną w Twoich rękach
Kiedy sukcesy odrywają nas od ziemi, przypomnij nam, że: Jesteśmy gliną w Twoich rękach
Kiedy bardziej dbamy o pozory niż o serce,
przypomnij nam, że: Jesteśmy gliną w Twoich rękach
Stacja X
Jezus z szat obnażony
Z Księgi Hioba (1, 20-22)
Hiob wstał, rozdarł szaty, ogolił głowę, upadł na ziemię, oddał pokłon i rzekł: «Nagi wyszedłem z łona matki i nagi tam wrócę. Dał Pan i zabrał Pan. Niech będzie imię Pańskie błogosławione!». W tym wszystkim Hiob nie zgrzeszył i nie przypisał Bogu nieprawości.
Ty się nie rozbierasz, zostajesz obnażony. Jezu, ta różnica jest dla nas wszystkich jasna. Tylko ten, który nas kocha, może ogarnąć naszą nagość swoimi rękami i swoim spojrzeniem. Boimy się natomiast oczu tych, którzy nas nie znają i potrafią jedynie posiąść. Jesteś obnażony i wystawiony na widok wszystkich, ale Ty nawet to upokorzenie przemieniasz w bliskość. Chcesz objawić się jako bliski nawet tym, którzy cię niszczą, patrzysz na tych, którzy cię obnażają, jak na osoby umiłowane, które dał Ci Ojciec. Tu jest coś więcej niż cierpliwość Hioba, nawet więcej niż jego wiara. W Tobie jest Oblubieniec, który pozwala się pojmać, dotknąć i obraca wszystko ku dobru. Zostawiasz nam swoje szaty, jak relikwie spełnionej miłości. Są w naszych rękach, bo Ty byłeś wśród nas, byłeś z nami. Zatrzymaliśmy Twoje szaty, a teraz rzucamy o nie los, ale los jest sprzyjający nie jednemu, ale wszystkim. Znasz nas, każdego z osobna, aby zbawić wszystkich, wszystkich, wszystkich. A jeśli Kościół jawi się Tobie dzisiaj jak rozdarta szata, naucz nas na nowo utkać nasze braterstwo, zbudowane na Twoim darze. Jesteśmy Twoim ciałem, Twoją niepodzielną tuniką, Twoją Oblubienicą. Jesteśmy razem. Nam przypadł w udziale los w zachwycającym miejscu; jest to nasze wspaniałe dziedzictwo (por. Ps 16, 6).
Módlmy się mówiąc: Obdarz Kościół swój jednością i pokojem
Panie Jezu, który widzisz swoich uczniów podzielonych. Obdarz Kościół swój jednością i pokojem
Panie Jezu, który nosisz rany naszej historii. Obdarz Kościół swój jednością i pokojem
Panie Jezu, który znasz kruchość naszych miłości. Obdarz Kościół swój jednością i pokojem
Panie Jezu, który chcesz, abyśmy byli członkami Twojego Ciała. Obdarz Kościół swój jednością i pokojem
Panie Jezu, przyodziany w tunikę miłosierdzia. Obdarz Kościół swój jednością i pokojem
Stacja XI
Jezus przybity do krzyża
Z Ewangelii według św. Łukasza (23, 32-34a)
Prowadzono też innych dwóch – złoczyńców, aby ich z Nim stracić. Gdy przyszli na miejsce, zwane «Czaszką», ukrzyżowali tam Jego i złoczyńców, jednego po prawej, drugiego po lewej Jego stronie. Jezus zaś mówił: «Ojcze, przebacz im, bo nie wiedzą, co czynią».
Nic nie przeraża nas bardziej niż niemożność poruszania się. A Ty jesteś przybity, unieruchomiony, zablokowany – ale nigdy samotnie, lecz razem z innymi, zdecydowany, by objawić się nawet na krzyżu jako Bóg z nami. Objawienie nie ustaje, nie zostaje przybite. Ty, Jezu, pokazujesz nam, że w każdej sytuacji mamy do dokonania wybór – i to jest szaleństwo wolności. Nawet na krzyżu nie jesteś pozbawiony swojej mocy: Ty decydujesz, dla kogo tam jesteś. Ty poświęcasz uwagę zarówno jednemu jak i drugiemu spośród tych, którzy są ukrzyżowani wraz z Tobą: pomijasz obelgi jednego, a przyjmujesz błaganie drugiego. Zauważasz tego, który Cię krzyżuje i potrafisz czytać serce tego, który nie wie, co czyni. Zwracasz się ku niebu: pragniesz, by było jaśniejsze, więc rozrywasz mroczne zasłony światłem wstawiennictwa. Przybity, zatem, wstawiasz się: stajesz między stronami, między przeciwieństwami. I przyprowadzasz je do Boga, ponieważ Twój krzyż burzy mury, umarza długi, anuluje wyroki, ustanawia pojednanie. Jesteś prawdziwym Jubileuszem. Nawróć nas ku Tobie, Jezu, który przybity, możesz wszystko.
Módlmy się mówiąc: Naucz nas miłować
Kiedy mamy siły i kiedy zdaje nam się, że już ich nie mamy. Naucz nas miłować
Kiedy jesteśmy unieruchomieni przez przepisy lub niesprawiedliwe decyzje. Naucz nas miłować
Kiedy jesteśmy zwalczani przez tych, którzy nie chcą prawdy i sprawiedliwości. Naucz nas miłować
Kiedy jesteśmy kuszeni rozpaczą. Naucz nas miłować
Kiedy mówi się, że „już nie da się nic zrobić”. Naucz nas miłować
Stacja XII
Jezus umiera na krzyżu
Z Ewangelii według św. Łukasza (23, 45-49)
Słońce się zaćmiło i zasłona przybytku rozdarła się przez środek. Wtedy Jezus zawołał donośnym głosem: Ojcze, w Twoje ręce powierzam ducha mego. Po tych słowach wyzionął ducha. Na widok tego, co się działo, setnik oddał chwałę Bogu, mówiąc: «Istotnie, człowiek ten był sprawiedliwy». Wszystkie też tłumy, które zbiegły się na to widowisko, gdy zobaczyły, co się działo, powracały, bijąc się w piersi. Wszyscy Jego znajomi stali z daleka; a również niewiasty, które Mu towarzyszyły od Galilei, przypatrywały się temu.
Gdzie my jesteśmy na Kalwarii? Czy pod krzyżem? Trochę dalej? Daleko? A może, tak jak apostołów, już nas tam nie ma. Ty oddajesz ducha, a ten oddech, ostatni i pierwszy, prosi tylko o przyjęcie. Panie Jezu, nakłoń nasze drogi ku Twemu darowi. Nie pozwól, by Twoje tchnienie życia było zmarnowane. Nasza ciemność szuka światła. Nasze świątynie chcą pozostać definitywnie otwarte. Teraz, Święty nie jest już za zasłoną: jego tajemnica jest ofiarowana wszystkim. Dostrzega to żołnierz, który obserwując z bliska, jak umierasz, rozpoznaje nowy rodzaj mocy. Rozumie to tłum, który wykrzykiwał przeciwko Tobie: wcześniej zdystansowany, teraz napotyka widowisko miłości, nigdy wcześniej niespotykanej, piękno, które przywraca wiarę. Panie, tym, którzy patrzą, jak umierasz, Ty dajesz czas, by wrócili, bijąc się w piersi: uderzając w serce, aby rozkruszyła się jego twardość. A nam, Jezu, którzy często patrzymy na Ciebie jeszcze z daleka, pozwól żyć pamiętając o Tobie, aby pewnego dnia, gdy przyjdziesz, nawet śmierć zastała nas żywymi.
Módlmy się mówiąc: Przyjdź Duchu Święty!
Trzymaliśmy się z daleka od ran Pana. Przyjdź Duchu Święty!
Odwróciliśmy się od naszego upadłego brata. Przyjdź Duchu Święty!
Miłosierni i ubodzy w duchu wydają się przegranymi. Przyjdź Duchu Święty!
Wierzący i niewierzący stoją przed krzyżem. Przyjdź Duchu Święty!
Cały świat szuka nowego początku. Przyjdź Duchu Święty!
Stacja XIII
Jezus zdjęty z krzyża
Z Ewangelii według św. Łukasza (23, 50-53)
A był tam człowiek dobry i sprawiedliwy, imieniem Józef, członek Rady. Nie przystał on na ich uchwałę i postępowanie. Pochodził z miasta żydowskiego, Arymatei, i oczekiwał królestwa Bożego. On to udał się do Piłata i poprosił o ciało Jezusa. Zdjął je z krzyża.
Twoje Ciało jest wreszcie w rękach człowieka dobrego i sprawiedliwego. Ty, Jezu, jesteś spowity snem śmierci, ale zatroszczyło się o Ciebie serce żywe, które dokonało wyboru. Józef nie był z tych, którzy mówią, a nie czynią. „Nie przystał on na ich uchwałę i postępowanie” – mówi Ewangelia. I to jest dobra nowina: przyjmuje Ciebie, Jezu, w ramiona ten, który nie przyjął powszechnej opinii. Zabiera Ciebie ten, który wziął na siebie odpowiedzialność. Jesteś na swoim miejscu, Jezu, na kolanach Józefa z Arymatei, który „oczekiwał królestwa Bożego”. Jesteś na swoim miejscu wśród tych, którzy wciąż mają nadzieję, wśród tych, którzy nie pogodzili się z myślą, że niesprawiedliwość jest nieuchronna. Ty, Jezu, zrywasz łańcuch tego, co nieuniknione. Przełamujesz automatyzmy, które niszczą wspólny dom i braterstwo. Tym, którzy oczekują Twojego Królestwa, dajesz odwagę, by stanęli przed władzą: jak Mojżesz przed faraonem, jak Józef z Arymatei przed Piłatem. Uzdalniasz nas do wielkich odpowiedzialności, czynisz nas odważnymi. Tak oto umarłeś, a wciąż królujesz. A dla nas, Jezu, służyć Tobie – to królować.
Módlmy się, mówiąc: Służyć Tobie to królować
Dając jeść głodnych. Służyć Tobie to królować
Dając pić spragnionym. Służyć Tobie to królować
Przyodziewając nagich. Służyć Tobie to królować
Dając gościnę przybyszom. Służyć Tobie to królować
Odwiedzając chorych. Służyć Tobie to królować
Odwiedzając uwięzionych. Służyć Tobie to królować
Grzebiąc umarłych. Służyć Tobie to królować
Stacja XIV
Jezus złożony do grobu
Z Ewangelii według św. Łukasza (23, 53-56)
Owinął [je] w płótno i złożył w grobie wykutym w skale, w którym nikt jeszcze nie był pochowany. Był to dzień Przygotowania i szabat zaczynał jaśnieć. Były przy tym niewiasty, które z Nim przyszły z Galilei. Obejrzały grób i w jaki sposób zostało złożone ciało Jezusa. Po powrocie przygotowały wonności i olejki; lecz zgodnie z przykazaniem zachowały spoczynek w szabat.
W systemie, który nigdy się nie zatrzymuje, Ty Jezu, przeżywasz swój szabat. Przeżywają go również kobiety, którym wonności i olejki chciałyby mówić już o zmartwychwstaniu. Naucz nas nic nie robić, gdy jedyne, czego się od nas oczekuje, to czekanie. Wprowadź nas w rytm ziemi, który nie poddaje się sztucznemu pośpiechowi. Złożony w grobie, Jezu, dzielisz z nami los wspólny wszystkim ludziom, i sięgasz otchłani, której tak bardzo się lękamy. Widzisz, jak od niej uciekamy, mnożąc swoje zajęcia. Często krążymy bez celu, a jednak szabat jaśnieje swoim blaskiem: wychowuje nas i wzywa do odpoczynku. To boskie życie, życie na miarę człowieka – to, które zna pokój szabatu. „Każdy będzie siadywał pod swą winoroślą i pod swoim figowcem; i nikt nie będzie [ich] niepokoił” (Mi 4, 4), prorokował Micheasz. A Zachariasz powtórzył za nim: „W owym dniu – wyrocznia Pana Zastępów – będziecie się wzajemnie zapraszać, [by odpoczywać] w cieniu winorośli i figowców” (Za 3, 10). Jezu, który zdajesz się spać w burzliwym świecie, wprowadź nas wszystkich w pokój szabatu. Wtedy całe stworzenie ukaże się nam bardzo piękne i dobre, przeznaczone do zmartwychwstania. I zapanuje pokój nad Twoim ludem i między wszystkimi narodami.
Módlmy się, mówiąc: Niech zapanuje Twój pokój
Dla ziemi, powietrza i wody. Niech zapanuje Twój pokój
Dla sprawiedliwych i niesprawiedliwych. Niech zapanuje Twój pokój
Dla tych, którzy są nie dostrzegani i pozbawieni głosu. Niech zapanuje Twój pokój
Dla tych, którzy nie mają władzy ani pieniędzy. Niech zapanuje Twój pokój
Dla tych, którzy czekają na Odrośl sprawiedliwą. Niech zapanuje Twój pokój
Wezwanie końcowe
„«Laudato si’, mi’ Signore» – Pochwalony bądź, Panie mój, śpiewał święty Franciszek z Asyżu. W tej pięknej pieśni przypomniał, że nasz wspólny dom jest jak siostra [...]. Ta siostra protestuje z powodu zła, jakie jej wyrządzamy” (Enc. Laudato si', 1-2).
„«Fratelli tutti», napisał św. Franciszek z Asyżu, zwracając się do wszystkich braci i sióstr i proponując im formę życia, mającą posmak Ewangelii” (Enc. Fratelli tutti, 1).
„«Umiłował nas» – mówi św. Paweł odnosząc się do Chrystusa [...] abyśmy odkryli, że od tej miłości nic «nie zdoła nas odłączyć»” (Enc. Dilexit nos, 1).
Przeszliśmy Drogę Krzyżową; zwróciliśmy się ku miłości, od której nic nie może nas odłączyć. Teraz, gdy Król śpi, a wielka cisza zstępuje na całą ziemię, czyniąc naszymi słowa św. Franciszka, prośmy o dar nawrócenia serca.
Najwyższy, chwalebny Boże,
rozjaśnij ciemności mego serca
i daj mi, Panie, prawdziwą wiarę,
niezachwianą nadzieję i doskonałą miłość,
zrozumienie i poznanie,
abym wypełniał Twoje święte
i prawdziwe posłannictwo. Amen.
[00486-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
صلاة درب الصَّليب
يوم الجمعة العظيمة
18 نيسان/أبريل 2025
مدرَّج الكولوسّيوم في روما
صلاة الافتِتاح
الطَّريقُ إلى الجُلجَلَة تَمُرُّ في شَوارِعِنا كلَّ يَوْم. لكنَّا، نحن يا رب، نَسِيرُ عادَةً في الِاتِّجاهِ المعاكِسِ لِاتَّجاهِكَ. وقد يَتَّفِقُ أن نَلتَقِيَ بِوَجهِكَ، وأن تَلتَقيَ نَظَراتُنا. نَحنُ نتقَدَّمُ دائِمًا بِحَسَبِ الحال، وأَنتَ تَأْتي نَحوَنا. عَيناك تَقرَآنِ قُلوبَنا. ونحن، نَتَرَدَّدُ ثم َّ نُتابِعُ سَيرَنا كأنَّ شيئًا لم يَحدُثْ. قد نَلتَفِتُ، فنَنظُرُ إليك، وقد نَتبَعُكَ. ويُمكِنُ أن نَجعَلَ مَسيرتَكَ مسيرَتَنا، ونَفهَمَ أنّه من الأفضلِ أن نغيِّر اتَّجاهَنا.
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس مرقس (10، 21).
حَدَّقَ إِليهِ يسوع فأَحبَّه فقالَ له: «واحِدَةٌ تَنقُصُكَ: اذْهَبْ فَبِعْ ما تَملِك وأَعطِهِ لِلفُقَراء، فَيَكونَ لَكَ كَنزٌ في السَّماء، وتَعالَ فَاتبَعْني.
اسمُكَ يسوع، وبِكَ حقًا ”الله يخَلِّص“. الله إلهُ إبراهيم الذي يدعو، وإلهُ إسحق الذي يَرى لِمَا يَلزَم، وإلهُ يعقوب الذي يُبارِك، وإلهُ إسرائيل الذي يُحَرِّر: في نَظْرتِكَ، يا ربّ، وأَنتَ تجتازُ أورشليم، وَحيٌ كامِل. وخُطُواتُكَ عندما تُغادِرُ المدينَة، هي خروجُنا إلى أَرضٍ جدِيدَة. جِئْتَ لِتُغَيِّرَ العالم: هذا يَعنِي لنا أن نُغَيِّرَ اتِّجاهَنا، أن نرى الصَّلاحَ في اتِّباعِنا لِخُطُواتِكَ، وأَن نسمَحَ لذِكرَى نَظْرَتِكَ أن تَترُكَ أثَرًا في قلوبِنا.
دَربُ الصَّليب هي صلاةُ الذين يتحَرَّكُون. إنَّها تتَقاطَعُ مع مساراتِنا المـُعتادَة، فنُغَيِّرُ وِجهَتَنا من التَّعَبِ إلى الفرَح. صحيحٌ أنَّ طريقَ يسوع تَقتَضي جَهدًا: في هذا العالم الذي يَحسِبُ حِسابًا لكلّ شَيْء. المجَّانِيَّةُ فيهِ ثَمَنُها باهِظ. لكِنْ مع العَطاء، يعودُ كُلُّ شَيءٍ فَيُزهِر: المدينةُ المقَسَّمَةُ بينَ الفَصائِلِ والتي تُمَزِّقُها الصِّراعات، تَسِيرُ نحو المـُصالحَة، والتَدَيُّنَ الذي جَفَّ ويَبِسَ يَكتَشِفُ الحياةَ في خُصوبَةِ وُعودِ الله، حتّى قلبُ الحجر يمكِنُ أن يصيرَ قلبًا من لحم. عليكَ فقط أن تُصغِي إلى الدَّعوَة: «تعالَ! اتبَعْني!»، وأن تَثِقَ بِتِلكَ النَّظرَةِ التي أحَبَّتْكَ.
المرحلة الأولى
يسوع يُحكَمُ عليه بالموت
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (23، 13-16)
فدَعا بيلاطُسُ عُظَماءَ الكَهَنَةِ والرُّؤَساءَ والشَّعب، وقالَ لَهم: «أَحضَرتُم لَدَيَّ هذا الرَّجُلَ على أَنَّهُ يَفتِنُ الشَّعْب. وها قد حَقَّقتُ في الأَمرِ بِمَحضَرٍ مِنكُم، فلَم أَجِدْ على هذا الرَّجُلِ شيئًا مِمَّا تَتَّهِمونَه بِه، ولا هيرودُس، لأَنَّه رَدَّهُ إِلَينا. فهُوَ إِذًا لم يَفعَلْ ما يَستَوجِبُ بِه المَوت فسأُعاقِبُه ثُمَّ أُطلِقُه».
لم يَعمَلْ بما قال. ولم يُعِدْ إليك حُرَّيَتَك. كانَ من الممكنِ أن تسيرَ الأمورُ بشكلٍ مختلِف. لكن، هذه لعبةُ حرِّيّاتِنا وهذِه المأساةُ. مِن أجلِها كانَ تَقدِيرُكَ لنا كَبِيرًا. وَثِقْتَ بهيرودس وبيلاطس وبالأصدقاء والأعداء. أنتَ لا يمكنُ أن تتحوَّلَ عن هذه الثِّقةِ التي جعَلَتْكَ تضَعُ نفسَكَ بينَ أيدِينا. ويمكِنُنا أن نصنَعَ بها العجائب: فنحرِّرُ المتَّهَمِين ظُلمًا، ونتَرَيَّثُ ونتعمَّقُ في المواقف المعقَّدة، ونُعارِضَ الأحكامَ بالقتل. حتّى هيرودُس كانَ بإمكانِهِ أن يَتبَعَ القَلَقَ المقدَّسَ الذي كانَ يَسكُنُهُ ويَجذِبُهُ إليك: لكنّه لم يَفعَلْ، ولا حتّى عندَّما وجَدَ نفسَهُ أخيرًا أمامَكَ. وكانَ بإمكانِ بيلاطس أن يُحَرِّرَكَ: وقد أعلَنَ بَراءَتَكَ بالفِعل. لكنَّهُ لم يَفعَلْ. يا يسوع، دَربُ الصَّلِيب، هو إمكانِيَّةٌ تركناها تَمُرُّ بنا مرارًا كثيرةً جِدًّا. إنَّنا نعترفُ بذلك: نحن أَسرَى أدوارٍ نقومُ بها ولا نُريدُ أن نخرَجَ منها، خوفًا من المتاعِبِ في تَغيِيرِ وِجهَتِنا. وأنتَ ما زِلْتَ أمامَنا صامتًا: في كلِّ أُختٍ وأَخٍ معرَّضِين للأحكامِ والأحكامِ المـُسْبَقة. وتعودُ الحُجَجُ الدِّينيَّة، والحِيَلُ القانونيَّة، وما يَظهَرُ كـأَنّه الحِسُّ السَّلِيم، لكنَّه لا يهتَمُّ لمصيرِ الآخَر: ألفُ سبَبٍ يَجذِبُنا إلى موقِفِ هيرودس والكهنةِ وبيلاطس والجموع. ومع ذلك، يمكن أن تَسيرَ الأُمورُ بشَكلٍ مختلف. أنتَ، يا يسوع، لا تَغسِلُ يدَيْكَ. ما زِلْتَ تُحِبُّ في صَمْت. اختَرْتَ ونَفَّذْتَ اختيارَكَ. والآن جاءَ دَورُنا لِنَعمَل.
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: افتَحْ قلبي، يا يسوع.
عندما أرى أمامي إنسانًا محكومًا عليه: افتَحْ قلبي، يا يسوع.
عندما يكونُ رأيِي الأَكِيدَ حُكمًا مُسْبَقًا: افتَحْ قلبي، يا يسوع.
عندما يَحكُمُني التَّزَمُتُ في الدِّين: افتَحْ قلبي، يا يسوع.
عندما يَجذِبُني الخَيرُ بِصُورَةٍ خَفِيَّة: افتَحْ قلبي، يا يسوع.
عندما أُريدُ أن أعمَلَ، ثمَّ أخافُ من المغامرة: افتَحْ قلبي، يا يسوع.
المرحلة الثَّانية
يسوع يَحمِلُ الصَّليب
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (9، 43-45).
فدَهِشوا جَميعًا مِن عَظَمَةِ الله. يسوع ينبِّئ مرّة ثانية بموته، وبَينما هُم بِأَجمَعِهم مُعجَبونَ بِكُلِّ ما كانَ يَصنَع، قال لِتَلاميذِه: «اجعَلوا أَنتُم هذا الكَلامَ في مَسامِعِكم: إِنَّ ابنَ الإِنسانِ سيُسلَمُ إِلى أَيدي النَّاس». فلم يَفهَموا هذا الكلام وكانَ مُغلَقًا علَيهم، فما أَدركوا مَعناه وخافوا أَن يَسأَلوهُ عن ذلك الأَمر.
يا يسوع، منذُ عِدَةِ أشهر، وربما منذُ سنَوات، كانَ ثِقَلُ الصَّليبِ على مَنكِبَيْكَ. ولمـَّا كُنْتَ تَتكلَّمُ فيه، لم يَكُنْ أحدٌ يَسمَعُ لَكَ: كانَتْ المقاوَمَةُ شدِيدة، حتَّى مُجَّردُ التَّفكيرِ فيه. أنت لم تطلُبْهُ، لكنَّكَ شعَرْتَ بالصَّليبِ قادِمًا إلَيكَ، كُلَّ يَومٍ بصورةٍ أَوضَح. وقَبِلْتَ الصَّليبَ، لأنَّكَ لم تَشعُرْ فقط بثِقَلِهِ، بل لأنَّكَ أَدرَكْتَ المـَسؤُوليَّةَ التي فيه. ودَربُ صليبِكَ، يا يسوع، ليسَ فقط دَربًا صاعِدًا، بل هو نزولُكَ إلى مَن أحبَبْتَ، إلى العالَمِ الذي أَحبَّهُ الله. إنَّه جوَابٌ، وتحمُّلُ مسؤوليَّة. وحِملُهُ ثَقِيل، مِثلَ كلِّ الرُّبُطِ الصَّادِقة، ومِثلَ أجمَلِ رُبُطِ الحُبّ. الثِّقَلُ الذي تَحمِلُهُ يَحكِي الدَّافِعَ الذي يَدفَعُكَ، الرُّوحُ ”الذي هُوَ الرَّبُّ المـُحيِي“. مَن يَدرِي لماذا نخافُ حتّى أن نَسأَلَكَ عن هذا؟ في الواقع، نحن يَضِيقُ نَفَسُنا، بقَدْرِ ما نتهَرَّبُ من المسؤولِيَّة. كانَ يَكفِي ألَّا نَهرُبَ وأن نَبقَى: بينَ الذين أعطَيْتَنا إيَّاهم، وفي الأَوضاعِ التي وَضَعْتَنا فيها. فنَرتَبِطُ، وهكذا نَشعُرُ أنَّنا، بهذهِ الطّريقةِ فقط، يُمكِنُنا أن نَكُفَّ عن أن نكونَ سُجَناءَ أنفُسِنا. الأنانيةُ أثقلُ من الصَّليب. واللامبالاةُ أثقلُ من المشاركة. وقد سَبَقَ النَّبي وأنبأ بذلك: "الفِتْيانُ يَتعَبونَ ويُعيَون. والشُّبَّانُ يَعثُرونَ عِثارًا. أَمَّا الرَّاجونَ لِلرَّبّ فيَتَجَدَّدونَ قُوَّةً، يَرتَفِعونَ بِأَجنِحَةٍ كالعِقْبان، يَعْدونَ ولا يُعْيَون، يَسيرونَ ولا يَتعَبون (أشعيا 40، 30–31).
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: خلِّصْنا، مِنَ التَّعَب، يا رَبّ.
إذا تلكَّأْنا مُهتَمِّينَ فقط بأَنفُسِنا: خلِّصْنا، مِنَ التَّعَب، يا رَبّ.
إذَا تَوَهَّمْنا أنْ ليسَ لنا القُوَّةُ لِنَبذِلَ أنفُسَنا في سبيلِ غَيرِنا: خلِّصْنا، مِنَ التَّعَب، يا رَبّ.
إذا طَلَبْنا الأَعذارَ لِنَتَهَرَّبَ مِنَ المسؤُولِيَّة: خلِّصْنا، مِنَ التَّعَب، يا رَبّ.
إنْ كانَ لَنَا مَواهِبُ وكَفاءَاتٌ يَجِبُ أن نَستَثمِرَها: خلِّصْنا، مِنَ التَّعَب، يا رَبّ.
إنْ كانَ قَلبُنا ما زالَ يَنتَفِضُ أمامَ الظُّلْم: خلِّصْنا، مِنَ التَّعَب، يا رَبّ.
المرحلة الثَّالثة
يسوع يَقَعُ تحتَ الصَّليب للمرَّة الأولى
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (10، 13-15)
الوَيلُ لَكِ يا كُورَزِين! الوَيلُ لكِ يا بَيتَ صَيدا! فلَو جَرى في صورَ وصَيدا ما جَرى فيكُما مِنَ المُعجِزات، لَأَظهَرتا التَّوبَةَ مِن زَمَنٍ بَعيد، فلَبِستا المُسوحَ وقَعَدتا على الرَّماد. ولكِنَّ صورَ وصَيدا سَيَكونُ مصيرُهما يومَ الدَّينونةِ أَخفَّ وَطأَةً مِن مصيرِكما. وأَنتِ يا كَفَرناحوم، أَتُراكِ تُرفَعينَ إِلى السَّماء؟ سَيُهبَطُ بِكِ إِلى مَثْوى الأَمْوات.
كأنَّكَ رأَيْتَ حَدَّ النِّهايَةِ، يا يسوع، فَخَرَجَتْ مِنكَ كَلِماتٌ قاسِيَةٌ لِتَلكَ الأماكِنِ التي كانَتْ عزيزَةً جِدًّا علَيْكَ. بَدا لكَ أنَّ بِذرَةَ كَلِمتِكَ قد وَقَعَتْ في الفَرَاغ، وكذَلِكَ كلُّ أَعمَالِكَ من أجلِ التَّحرِير. كُلُّ نَبِيٍّ شَعَرَ بأنَّهُ وقَعَ في الفَراغِ وَالفَشَل، ثم استَمَرَّ في تَقَدُّمِهِ في طُرُقِ الله. حياتُكَ، يا يسوع، هي مَثَلٌ: أنتَ لا تَقَعُ أبدًا عَبَثًا في أرضِنا. حتِّى في تلكَ المرَّةِ الأولى، سُرعانَ ما تَوَقَّفَتْ الخَيْبَةُ بفَرَحِ تلامِيذِكَ الذين أرسَلْتَهُم: فرَجِعوا إليكَ من رسالتِهِم، وأخبَرُوك بآياتِ ملَكوتِ الله، فابتَهَجْتَ بفَرَحٍ عَفَوِيٍّ مُتًدفِّق، جعَلَ الأقدامَ تَشتَدّ وتهتَزُّ بِقُوَّةٍ مُعْدِيَةٍ. فبارَكْتَ الآبَ الذي أخفَى تَدبِيرَهُ على العُلَمَاءِ وَالأَذكِيَاءِ وكَشَفَهُ لِلصِّغار. دَربُ الصَّلِيبِ أيضًا مَحفُورٌ بعُمقٍ في الأَرْض: الكبارُ يبتعدون عنه، لأنّهم يريدون أن يُمسِكُوا بِالسَّماء. مع أنَّ السماءَ هنا، انخفَضَتْ، ويُمكِنُ بُلُوغُها حتَّى لمـَن يَقَعُ، مع بَقائِه على الأَرض. بناةُ بابِل يقولون لَنَا إنَّه لا يجوزُ أن يَقَعَ الخَطَأُ، ومَن وَقَعَ هَلَك، تلك مواقِعُ الجَحِيم. أمَّا تدبيرُ الله فلا يَقتُلُ أحَدًا، ولا يُبعِدُ أحَدَا، ولا يَسحَقُ أحَدًا. تَدبِيرُ الله متواضِعٌ وأمينٌ للأرض. ودَربُكَ، يا يسوع، هو دَربُ التَّطويبات: لا يُدَمِّر ولا يُهلِك، بل يَزرَعُ ويُنمِي ويُصلِحُ ويَحمِي.
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: لِيَأْتِ مَلَكُوتُكَ.
للَّذينَ يشعُرون بأنَّهم أَخفَقُوا: لِيَأْتِ مَلَكُوتُكَ.
من أجلِ معارَضةِ اقتصاد يَقتُل: لِيَأْتِ مَلَكُوتُكَ.
من أجل إحياءِ القُوَّةِ في مَن وَقَع: لِيَأْتِ مَلَكُوتُكَ.
من أجل المجتَمعاتِ التَّنَافُسِيَّةِ والذين يَطمَعون في المـَحَلَّاتِ الأُولَى: لِيَأْتِ مَلَكُوتُكَ.
من أجلِ الجاثِمِين علَى الحُدودِ ويَشعُرون أنَّهم بلَغُوا نِهايَةَ رِحلَتِهِم: لِيَأْتِ مَلَكُوتُكَ.
المرحلة الرَّابعة
يسوع يَلتقي أُمَّهُ الحَزينَة
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (8، 19-21)
وجاءَت إِلَيهِ أُمُّه وإِخوَتُه، فلَم يَستَطيعوا الوُصُولَ إِلَيه لِكَثرَةِ الزِّحام. فقيلَ له: «إِنَّ أُمَّكَ وإِخوتَكَ واقِفونَ في خارِجِ الدَّارِ يُريدونَ أَن يَروكَ». فأَجابَهم: «إِنَّ أُمِّي وإِخوَتي هُمُ الَّذينَ يَسمَعونَ كَلِمَةَ اللهِ ويَعمَلونَ بِها».
أُمُّكَ هُنا، على دَربِ الصَّليب: هِيَ تِلميذَتُكَ الأُولى. أمُّكَ هنا، بإصرارِها الوالدِيّ، وبِفِكرِها الذي يَحفَظ في القَلْبِ ويتَأمَّل. منذُ اللحظةِ التي طُلِبَ مِنهَا فيها أن تُرَحِّبَ بِكَ في أَحشَائِها، استدَارَتْ وَاهتَدَتْ إليكَ، ووَحَّدَتْ طرِيقَها معَ طَريقِكَ. لم يَكُنْ ذلكَ تَبَدُّلًا فيها، بل كانَ اكتِشافًا مُتَواصِلًا، حتّى الجُلجُلَة: تَبِعَتْكَ أي تَرَكَتْكَ تَذهَبُ. انتَبَهَتْ إليكَ أي أَفسَحَتْ فِي المجالِ لِلجديدِ الذي جِئْتَ به. كلُّ أُمٍّ تَعرِفُ ذلك: الِابنُ يُفاجِئُ. أيُّها الابنُ الحبيب، أنتَ تُدرِكُ أنَّ أُمَّكَ وإخوَتَكَ هم الذين يستَمِعون لكَ ويُغَيِّرُون أنفُسَهُم. إنَّهم لا يَتَكَلَّمُونَ، لكنَّهم يَفعَلُون. في الله، الكلِماتُ هي أَفعَالٌ، والوُعودُ هي وَاقِع: على دَربِ الصَّليبِ، يَا أُمُّ، أنتِ مِنَ القلائلِ الذين يَذكُرُونَ ذَلك. والآن، ابنُكِ هو الذي يَحتَاجُ إلَيكِ: وهُوَ يَشعُرُ أنَّكِ لا تَيأَسِين. إنَّه يَشعُرُ أنَّكِ ما زِلْتِ تَلِدِين الكَلِمَةَ في أحشَائِكِ. نحن أيضًا، يا يَسوع، نَقدِرُ أن نَتبَعَكَ، إذ تَلِدُنا أُمُّكَ التي تَبِعَتْكَ. نحن أيضًا أُرجِعْنا إلى إيمـَانِ أُمِّكَ، وإلى عدَدٍ لا يُحصَى من الشُّهودِ الذين يَلِدُون حتَّى حيث كُلُّ شَيءٍ يَتَكَلَّمُ على المـوْت. في تلكَ المـَرَّة، في الجليل، كانوا هم الذين أرادُوا أن يَرَوْكَ. الآن، وأنتَ صاعِدٌ إلى الجُلجُلَة، أنتَ نفسُكَ تَبحَثُ عن أنظارِ الذين يستَمِعون لكَ ويَحفَظون كَلِمَتَك. إنَّه تَفاهُمٌ بينَكُم لا يُوصَف، وتَحَالُفٌ غيرُ قابِلٍ لِلحَلّ.
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: هذِهِ هِيَ أُمِّي.
مريَم تُصغِي وتَتَكَلَّم: هذِهِ هِيَ أُمِّي.
مريم تَبحَثُ وتُفَكِّر: هذِهِ هِيَ أُمِّي.
مريم خَرَجَتْ منَ بَيتِها وحَزَمَتْ أمرَها وسافرَتْ: هذِهِ هِيَ أُمِّي.
مريم تَفرَحُ وتُعَزِّي: هذِهِ هِيَ أُمِّي.
مريم تَستَقبِلُ وتَعتَني: هذِهِ هِيَ أُمِّي.
مريم تُغامِرُ وتَحمِي: هذِهِ هِيَ أُمِّي.
مريم لا تخافُ الأَحكامَ ولا التَّلميحات: هذِهِ هِيَ أُمِّي.
مريم تأتي وتَبقَى: هذِهِ هِيَ أُمِّي.
مريم تُوَجِّهُ وتُرافِقُ: هذِهِ هِيَ أُمِّي.
مريم لا تُسَلِّمُ شَيئًا لِلمَوْت: هذِهِ هِيَ أُمِّي.
المرحلة الخامسة
سمعان القَيْرَوانِيّ يُعين يسوع على حَملِ الصَّليب
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (23، 26)
وبَينما هم ذاهبونَ بِه، أَمسكوا سِمعان، وهو رَجُلٌ قِيرينيٌّ كانَ آتِيًا مِنَ الرِّيف، فجَعَلوا علَيهِ الصَّليبَ لِيَحمِلَه خَلْفَ يَسوع.
لم يَقَدِّمْ نفسَهُ، بل أَوقَفُوه. كانَ سمعان عائِدًا من عَمَلِهِ ووَضعُوا علَيهِ صلِيبَ المحكومِ عليه. ربَّما كانَ جَسَدُهُ ملائِمًا لِذَلك، لكنَّ اتِّجاهَهُ كانَ مختلفًا، وبَرنامَجُهُ مختلفًا. هكذا يُمكِنُ أن نلتَقِيَ الله. مَن يَدرِي، يا يسوع، لماذا صارَ هذا الِاسمُ بسُرعَة – سمعان القَيْرَوانِيّ – لا يُنسَى بينَ تلاميذِكَ. على دَربِ الصَّليبِ تَلاميذُكَ لم يكونوا، ولا نحن، بل كانَ سمعان. وما زالَ هذا يَحدُثُ حتَّى اليوم: شَخصٌ يَكَرِّسُ كلّ ذَاتِه لَكَ، يَمكِنُ أن يكونَ في مَكانٍ آخَر، أو حتّى هاربًا، أو يُمكِنُ أن يكونَ حاضرًا. نحن نؤمن، يا يسوع، ونَذكُرُ اسمَ سمعان لأنَّ هذِهِ المفاجَأَةَ لَهُ غَيَّرَتْهُ إلى الأبد. ولم يكُفَّ بعدَ ذلك عن التَّفكيرِ فيك. صارَ جُزءًا من جسَدِكَ، وشاهِدَ عَيَانٍ أنَّكَ مُختَلِفٌ عن كُلِّ محكومٍ آخَر. وجَدَ سمعانُ القَيْرَوانِيّ نفسَهُ يَحمِلُ صليبَكَ دون أن يَطلُبَ ذلك، حمَلَهُ مِثلَ النِّيرِ الذي ذكَرْتَهُ مرَّةً: "نِيرِي لَطِيفٌ وحِملِي خَفِيفٌ" (متَّى 11، 30). الحيواناتُ أيضًا تَعمَلُ بصُورَةٍ أفضَلَ إذا سارَتْ معًا إلى الأَمَام. وأنتَ، يا يسوع، تُحِبُّ أن تُشرِكَنا في عَمَلِكَ، الذي يَحرُثُ الأرضَ لكي تُزرَعَ من جديد. نحن بحاجة إلى هذه البساطَةِ المـُدهِشَة. نحتاجُ أحيانًا إلى مَن يُوقِفُنا، ويَضَعُ قِطعَةً من الواقِعِ على أكتافِنا، فنَحمِلُها بِبَساطَة. يُمكِنُ أن نعمَلَ كُلَّ النَّهار، لَكِنْ بدونِكَ نحن نُبَدِّدُ. عبثًا يَتعَبُ البنَّاؤُونَ، ويَحرَسُ الحارِسُ، إنْ لم يَبنِ اللهُ المدينة (راجع مزمور 127). إذًا: على دَربِ الصَّليبِ تَقومُ أورشليمُ الجديدة. ونحن، مِثلَ سمعانَ القَيْرَوانِيّ، نُغَيِّرُ طريقَنا ونَعمَلُ مَعَكَ.
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: أَوقِفْنا فِي سُرعَتِنا، يا رَبّ.
عندما نسيرُ في طرِيقِنا غيرَ مُبَالِين بأَحَد: أَوقِفْنا فِي سُرعَتِنا، يا رَبّ.
عندما لا نُبالِي بِما يَحدُثُ: أَوقِفْنا فِي سُرعَتِنا، يا رَبّ.
عندما يصيرُ النَّاسُ لنا أَرقامًا: أَوقِفْنا فِي سُرعَتِنا، يا رَبّ.
عندما لا نَجِدُ وَقتًا لِلإصغَاء: أَوقِفْنا فِي سُرعَتِنا، يا رَبّ.
عندما نتسَرَّعُ في اتِّخاذِ القَرَار: أَوقِفْنا فِي سُرعَتِنا، يا رَبّ.
عندما لا نَقبَلُ التَّغيِيرَ في بَرامِجِنا: أَوقِفْنا فِي سُرعَتِنا، يا رَبّ.
المرحلة السَّادسة
فيرونكا تَمسَحُ وَجهَ يَسُوع بالمنديل
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (9، 29-31)
وبَينَما هو يُصَلِّي، تَبَدَّلَ مَنظَرُ وَجهه، وصارَت ثِيابُه بِيضًا تَتَلألأُ كَالبَرْق. وإِذا رَجُلانِ يُكَلِّمانِه، وهُما مُوسى وإِيلِيَّا، قد تَراءَيا في المــَجد، وأَخَذا يَتَكَلَّمانِ على رَحيلِه الَّذي سَيتِمُّ في أُورَشَليم.
قراءَةٌ مِن سِفرِ المزامير (مزمور 27، 8-9)
فيكَ قالَ قلبي: «اِلتَمِسْ وَجهَه»، وَجهَكَ يا رَبِّ أَلتَمِس. لا تَحجُبْ وَجهَكَ عنِّي.
في وَجهِكَ، يا يسُوع، نرَى قلبَكَ. وفي عَينَيْكَ نَقرَأُ قرارَكَ، مَحفُورًا في وَجهِك، ويَملَأُ كَلَّ سِماتِكَ بانتباهٍ فرَيِد. رَأَيْتَ فيرونِكا، كما رأَيْتَني. أنا أَبحَثُ عن وَجهِكَ الذي يَحكِي لنا قَرارَ حُبِّكَ لنا حتّى النَّفَسِ الأخير: وبعدَ ذلك أيضًا، لأنَّ الحُبَّ قَوِيٌّ مِثلُ المـَوْت (راجع نشيد الأناشيد 8، 6). وجهُكَ هُوَ الذي يُغَيِّرُ قَلبَنا، وأوَدُّ أن أحَدِّقَ إلَيهِ وأَحتَفِظَ بِه. إنَّكَ تُعطِينا ذاتَكَ، يومًا بعدَ يَوم، في وَجهِ كلِّ إنسان، ذِكرَى حَيَّةً لِتَجَسُّدِكَ. في كلِّ مرَّةٍ نُولِي انتباهَنا إلى الأصغَرِ فينا، فإنَّا نُولِي انتباهَنا إلى أعضائِك، وأنتَ تَبقَى مَعَنا. هكذا تُنِيرُ قَلبَنا وتَعبِيرَ وَجهِنا. وبدلًا من الرَّفْض، نحن نُرَحِّب. على دَربِ الصَّلِيب، يَصِيرُ وَجهُنا، مِثلَ وَجهِكَ، مُشِعًّا ويَنشُرُ البركة. طَبَعْتَ ذِكراها فينا، إيذَانًا بِعَودتِكَ، إذَّاك ستَعرِفُنا مِنَ النَّظرَةِ الأُولى، واحِدًا واحِدًا. ثمَّ رَبَّما سنَكُونُ مِثلَكَ. وسنَكونُ وَجهًا لِوجْه، في حوارٍ لا نِهايَةَ له، سنَكُونُ عائِلَة الله، في عَلاقَةٍ حَمِيمَة لَن نَكِلَّ منها أبدًا.
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: اطبَعْ فِينا ذِكرَاكَ، يا يَسُوع.
إذا كانَ وَجهُنا لا يُبالِي بِشَيءٍ: اطبَعْ فِينا ذِكرَاكَ، يا يَسُوع.
إذا كانَ قَلبُنا غَيرَ مُبَالٍ بأَحَد: اطبَعْ فِينا ذِكرَاكَ، يا يَسُوع.
إذا كانَتْ أَعمالُنَا تَبعَثُ على الِانقِسَام: اطبَعْ فِينا ذِكرَاكَ، يا يَسُوع.
إذا كانَتْ خِيارَاتُنا جارِحَة: اطبَعْ فِينا ذِكرَاكَ، يا يَسُوع.
إذا كانَتْ مشارِيعُنَا تَستَثنِي البَعْض: اطبَعْ فِينا ذِكرَاكَ، يا يَسُوع.
المرحلة السَّابعة
يسوع يَقَعُ تحتَ الصَّليب للمرَّة الثَّانية
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (15، 2-6)
فكانَ الفِرِّيسِيُّونَ والكَتَبَةُ يَتَذَمَّرونَ فيَقولون: «هذا الرَّجُلُ يَستَقبِلُ الخاطِئينَ ويَأكُلُ مَعَهم!» فضَرَبَ لَهم هذا المـَثَلَ قال: «أَيُّ امرِئٍ مِنكُم إِذا كانَ لَه مائةُ خروف فأَضاعَ واحِدًا مِنها، لا يَترُكُ التِّسعَةَ والتِّسعينَ في البَرِّيَّة، ويَسْعى إِلى الضَّالِ حتَّى يَجِدَه؟ فإِذا وَجدَه حَمَله على كَتِفَيهِ فَرِحًا، ورجَعَ بِه إِلى البَيت ودَعا الأَصدِقاءَ والجيرانَ وقالَ لَهم: افرَحوا معي، فَقد وَجَدتُ خَروفيَ الضَّالّ.
نقَعُ ثمَّ نَقُوم. ونَقَعُ مرَّةً أُخرى ثمَّ نَقُوم. هكذا علَّمْتَنا أن نَفهَمَ، يا يسوع، مغامَرَةَ الحياةِ البشَرِيّة. الإنسَانُ قابِلٌ لِلخَطَإ. نحن لا نَسمَحُ للآلاتِ بأَن تَخطَأ: بل نُرِيدُ منها أن تكونَ دَقِيقَة. أمَّا النَّاسُ، فيَترَدَّدُون، ويُبعِدُون، ويَضِيعُون. ومع ذلك، فهم يَعرِفُونَ الفَرَحَ أيضًا: فَرَحَ البِدايَاتِ الجَديدَة، فرَحَ المِيلادِ الجَدِيد. الإنسَانُ لا يُولَدُ بصُورَةٍ آلِيَّة، بل بِالعَمَلِ وَالسَّعِي: نَحنُ نَوعٌ فَرِيد، مَزِيجٌ مِنَ النِّعمَةِ وَالمـَسؤُوليَّة. يا يسوع، صِرْتَ واحِدًا مِنَّا، ولَم تَخَفْ أن تَعثُرَ وتَقَع. الذين يَشعُرونَ بِالحَرَجِ من أَخطائِهِم، الذين يَتَبَاهَوْنَ بعَدَمِ الخَطَإ، الَّذِين يُخفُونَ سَقَطَاتِهم ولا يَغفِرُونَ سَقَطَاتِ الآخَرِين، يُنكِرُون الطَّريقَ الذي اختَرْتَهُ. أنتَ، يا يسوع، رَبُّ الفَرَح. فيكَ التَقَيْنا وأرجَعْتَنا إلى البَيْت، مِثلَ الخَرُوفِ الواحِدِ الضَّالّ. الاقتصادُ الذي نعيشُ فيهِ اقتصادٌ غيرُ إنسانِيّ، لأنَّ قيمةَ التِّسعةِ والتِّسعِين فيه هي أكثرُ وأهَمُّ من الواحِدِ الضّالّ. ومع ذلك، بَنَيْنَا عالَمًا يَرَى ويَعمَلُ هكذا. هو عالَمٌ من الحساباتِ والخَوارِزمِيَّات، عالَمٌ من المـَنطِقِ البارِدِ وَالمـَصالِحِ الَّتي لا تَرحَم. أمَّا قانونُ بيتِكَ يا رَبّ، تَدبيرُكَ الإلَهِيّ، فهُوَ شَيْءٌ آخَر. فَالِالتِجاءُ إليك، أنتَ الذي تَقَعُ وتَقُوم، يَعنِي تَغيِيرَ وِجهَتِنا ومَفَاهيمِنا ومَسَارِنا. إنَّه تَغيِيرٌ يُعِيدُ إلينا الفَرَح، ويَعودُ بِنا إلى البَيْت.
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: أنهِضْنا، يا رَبّ، يا خَلاصَنا.
نحن أطفالٌ يَبكُون أحيَانًا: أنهِضْنا، يا رَبّ، يا خَلاصَنا.
نحن مُرِاهِقون نَشعُرُ بأنَّنا لَسْنا في أَمَان: أنهِضْنا، يا رَبّ، يا خَلاصَنا.
نحن شبابٌ، وكثيرٌ من البالِغينَ يَستَخِفُّون بنا: أنهِضْنا، يا رَبّ، يا خَلاصَنا.
نحن بالِغون أخطَأْنا: أنهِضْنا، يا رَبّ، يا خَلاصَنا.
نحن كِبارٌ تقَدَّمْنا في العُمْر، وما زالَتْ لنا أَحلَام: أنهِضْنا، يا رَبّ، يا خَلاصَنا.
المرحلة الثَّامنة
يسوع يَلتَقِي نِساءَ أورشليم
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (23، 27-31)
وتَبِعَه جَمعٌ كثيرٌ مِنَ الشَّعب، ومِن نِساءٍ كُنَّ يَضرِبنَ الصُّدورَ ويَنُحنَ علَيه. فالتَفَتَ يَسوعُ إِليهِنَّ فقال: «يا بَناتِ أُورَشَليمَ، لا تَبكِينَ عَليَّ، بلِ ابكِينَ على أَنفُسِكُنَّ وعلى أَولادِكُنَّ. فها هي ذي أَيَّامٌ تَأتي يقولُ النَّاسُ فيها: طوبى للعواقِرِ والبُطونِ الَّتي لم تَلِدْ، والثُّدِيِّ الَّتي لم تُرضِعْ. وعِندَئِذٍ يأخُذُ النَّاسُ يَقولونَ لِلجِبال: أُسقُطي علَينا، ولِلتِّلالِ: غَطِّينا. فإِذا كانَ يُفعَلُ ذلك بِالشَّجَرَةِ الخَضْراء، فأَيًّا يَكونُ مَصيرُ الشَّجَرَةِ اليابِسة؟».
في النِّسَاءِ، يا يسوع، رَأَيْتَ دائِمًا تَوَافُقًا خاصًّا مع قلبِ الله. ولهذا السَّبَب، معَ العدَدِ الكبيرِ من الأَشخاصِ الذين غَيَّرُوا اتِّجاهَهم في ذلك اليَومِ وتَبِعُوكَ، رَأَيْتَ النِّساءَ على الفَوْر، ومَرَّةً أخرى، انتَبَهْتَ إليهِنَّ انتِباهًا خاصًّا. تَختَلِفُ المـَدينَةُ عندما يُحمَلُ سُكَّانُها في الأحشَاء، وعَندَما يُرضَعُ أَطفالُها: بِاختِصار، لا يُعرَفُ فقط مَن هُوَ المالِك، بل تُختَبَرُ الأُمورُ مِنَ الدَّاخِل. النِّساءُ اللواتي يَقُمْنَ بِواجِبِهِنَّ، واجِبِ الرَّحمَةِ، لَمَسْتَ قلوبَهُنَّ. وفي الواقع، في القَلبِ ترتَبِطُ الأحداثُ وتُولَدُ الأفكارُ وَالقرارَات. "لا تَبكِينَ عَليَّ". قَلبُ الله يَخفُقُ من أجلِ شَعبِهِ، ويَلِدُ مَدينَةً جَدِيدَة: "ابكِينَ على أَنفُسِكُنَّ وعلى أَولادِكُنَّ". هناكَ بُكاءٌ يُولَدُ فيهِ كُلُّ شَيءٍ من جَدِيد. ومع ذلك، نحن بِحَاجَةٍ إلى دمُوعٍ تُفَكِّرُ وتُعيدُ الفِكر، لا نَخجَلُ منها، دُموعِ لا تُحبَسُ في الفَرْد. عَيشُنا معًا جَرِيحٌ، يا رَبّ، في هذا العالَمِ المـُمَزِّقِ قِطَعًا. إنِّه يحتاجُ إلى دُموعٍ صَادِقَة، لا إلى دموعِ مجامَلَة. وإلَّا تحقَّقَ ما تَنَبَّأَ بهِ الرّاؤُون: لَن نَلِدَ شَيئًا وكلُّ شَيءٍ يَنهَار. أمَّا الإيمانُ فَيُحَرِّكُ الجبال. الجِبالُ والتِّلالُ لا تَسقُطُ علينا، بل يَنفَتِحُ بينَها طَريق. إنَّه طَرِيقُكَ، يا يسوع: طَريقٌ صاعِد، تَرَكَكَ الرُّسُل فيه، لكنْ تِلمِيذَاتُكَ، أُمَّهاتُ الكَنيسَة، تَبِعْنَكَ.
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: يا يسوع، أعطِنا قَلبًا مِثلَ قَلبِ الأُمّ.
إنَّكَ مَلَأْتَ الكَنيسَةَ بِالنِّساءِ القِدِّيسَات: يا يسوع، أعطِنا قَلبًا مِثلَ قَلبِ الأُمّ.
إنَّك نَدَّدْتَ بِالِاستبدَادِ وَالتَّسَلُّط: يا يسوع، أعطِنا قَلبًا مِثلَ قَلبِ الأُمّ.
إنَّك جمَعْتَ وعَزَّيْتَ دُموعَ الأُمَّهات: يا يسوع، أعطِنا قَلبًا مِثلَ قَلبِ الأُمّ.
إنَّكَ وَكَلْتَ إلى النِّساءِ بُشرَى القِيامَة: يا يسوع، أعطِنا قَلبًا مِثلَ قَلبِ الأُمّ.
إنَّكَ أَقَمْتَ في الكَنيسَةِ مَوَاهِبَ وَمَشاعِرَ جَديدَة: يا يسوع، أعطِنا قَلبًا مِثلَ قَلبِ الأُمّ.
المرحلة التَّاسعة
يسوع يَقَعُ تحتَ الصَّليب للمرَّة الثَّالثة
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (7، 44-49)
ثُمَّ التَفَتَ [يسوع] إِلى المـَرأَةِ وقالَ لِسِمعان: «أَتَرى هذهِ المـَرأَة؟ إِنِّي دَخَلتُ بَيتَكَ فما سَكَبتَ على قَدَمَيَّ ماءً. وأَمَّا هِيَ فَبِالدُّموعِ بَلَّت قَدَمَيَّ وبِشَعرِها مَسَحَتهُما. أَنتَ ما قَبَّلتَني قُبلَةً، وأَمَّا هي فلَم تَكُفَّ مُذ دَخَلَت عَن تَقبيلِ قَدَمَيَّ. أَنتَ ما دَهَنتَ رأسي بِزَيتٍ مُعَطَّر، أَمَّا هِيَ فَبِالطِّيبِ دَهَنَتْ قَدَمَيَّ. فإِذا قُلتُ لَكَ إِنَّ خَطاياها الكَثيرَةَ غُفِرَت لَها، فلِأَنَّها أَظهَرَت حُبًّا كثيرًا. وأَمَّا الَّذي يُغفَرُ له القَليل، فإِنَّه يُظهِرُ حُبًّا قَليلًا»، ثُمَّ قالَ لَها: «غُفِرَت لَكِ خَطاياكِ». فأَخَذَ جُلَساؤُه على الطَّعامِ يَقولونَ في أَنفُسِهم: «مَن هذا حَتَّى يَغفِرَ الخَطايا؟».
لا مرَّةً ولا مرَّتَيْن، يا يسوع: بل تقَعُ مرَّةً أُخرَى. كُنْتَ تقَعُ لمـَّا كُنتَ طِفلًا، مِثلَ كُلِّ طِفل. هكذا فَهِمْتَ وقَبِلْتَ إنسانيَّتَنا التي تَقَعُ وتَقَعُ من جديد. إنْ كانَتْ الخطِيئَةُ تُبعِدُنا، فَكَونُكَ أنتَ بِلا خَطِيئَة يُقَرِّبُكَ مِن كُلِّ خاطِئ، وتصيرُ واحدًا معَنا في وَقَعَاتِنا بصورَةٍ ثابِتَة. وهذا يَحمِلُنا عَلى التَّوبةِ. وهذا أيضًا عَثْرَةٌ للذِين يَنْأَوْنَ بأَنفُسِهِم عَن الآخَرِين وعن أَنفُسِهم. عَثْرَةٌ للَّذِين يَحيَوْنَ حياةً مُزدَوِجَة، بينَ ما ينبغي أن يكونوا وبينَ ما هُم في الواقع. بِرَحمَتِكَ، يا يسوع، تَسقُطُ كلُّ مراءَاة. الأقنِعَةُ والواجِهاتُ الجميلة، لا حاجَةَ لَها بَعدُ. الله يرَى القَلْب. يُحِبُّ القَلْب. وَيَبعَثُ الدِّفْءَ في القَلْب. وهكَذا تُنهِضُني وتُسَيِّرُني في طُرُقٍ لم أَسلُكْها قَط، طُرُقِ جُرأَةٍ وسَخَاء. مَن أنتَ، يا يسوع، الذي تَغفِرُ الخطايا أيضًا؟ وَقَعْتَ مِن جَديدٍ على الأَرْض، في دَربِ الصَّلِيب، أَنتَ مُخَلِّصُ أَرضِنا هَذِه. نحن لا نَسكُنُها فقط، بل نحن مَجبُولُونَ بتُرابِها. وأَنتَ، واقِعٌ علَى الأرض، لا تَزالُ تَجبِلُنا، مِثلَ الخَزَّافِ المـَاهِر.
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: إنَّنا خَزَفٌ بينَ يَدَيْكَ.
عندما يَبدُو أنَّه لا يُمكِنُ أَن نُغَيِّرَ الأَوضَاع: ذكِّرْنا أنَّنا خَزَفٌ بينَ يَدَيْكَ.
عندما لا نَرَى نِهَايَةَ الصِّراعاتِ: ذكِّرْنا أنَّنا خَزَفٌ بينَ يَدَيْكَ.
عندما تُوَهِّمُنا التِّكنولوجيا بأنَّنا نَقدِرُ كُلَّ شَيء: ذكِّرْنا أنَّنا خَزَفٌ بينَ يَدَيْكَ.
عندما يُبعِدُنا النَّجاحُ عن واقِعِ الأَرض: ذكِّرْنا أنَّنا خَزَفٌ بينَ يَدَيْكَ.
عندما تَهُمُّنا الظَّواهِرُ أكثرَ مِنَ القَلب: ذكِّرْنا أنَّنا خَزَفٌ بينَ يَدَيْكَ.
المرحلة العاشرة
يسوع يُعَرَّى من ثِيابِهِ
قراءةٌ مِن سِفرِ أيوب (1، 20-22)
فقامَ أَيُّوبُ وشَقَّ رِداءَه وحَلَقَ شَعرَ رَأسِه وارتَمى إِلى الأَرضِ وسَجَدَ، وقال: «عُرْيانًا خَرَجتُ مِن جَوفِ أُمّي، وعُرْيانًا أَعودُ إِلَيه. الرَّبُّ أَعْطى والرَّبُّ أَخَذَ، فلْيَكُنِ اسمُ الرَّبِّ مُبارَكًا». في هذا كُلِّه لم يَخطَأْ أَيُّوب ولم يَقُلْ في اللهِ غَباوَة.
أنتَ لا تَخلَعُ ثِيَابَكَ، بل جَرَّدُوكَ منها. وَالفَرقُ واضِحٌ لَنا جميعًا، يا يسوع. الَّذي يُحِبُّنا فقط هو الذي يَقدِرُ أن يَقبَلَ عُريَنا بين يدَيْه وفي عَينَيْهِ. لكنَّا نخافُ نَظَراتِ الذي لا يَعرِفُنا، وَلا يَعرِفُ إلَّا أن يَتَسَلَّطَ علَيْنا. أنتَ جَرَّدوكَ من ثِيَابِكَ أمامَ الجميع، لكِنَّكَ أنتَ تُحَوِّلُ حتَّى المــَذَلّةَ إلى أُلفَة. تُريدُ أن تُظهِرَ نفسَكَ صَدِيقًا حتَّى للَّذِين يُدَمِّرونَكَ، وتَنظُرُ إلى الَّذين يُجَرِّدونَكَ وتَرَى فيهم أشخاصًا أحِبّاءَ أعطاكَ إياهم الآب. هذا أكثَرُ من صَبرِ أيوب، بل أكثَرُ مِن إيمانِهِ. هذا العَرِيس الذي يَسمَحُ لهم بأن يَلمِسُوهُ ويُحَوّلُ كلَّ شَيءٍ إلى الخَيْرِ. تَترُكُ لنا ثيابَكَ ذَخائِرَ حُبٍّ شامِل. إنَّها في أَيدِينا، لأنَّكَ كُنْتَ عندَنا، كُنْتَ معَنا. وَاحتَفَظْنا بثِيابِكَ، والآن نُلقِي علَيْها القُرعَة، لكِنَّ النَّصيبَ هنا ليسَ لِواحِد، بل للجَميع. أنتَ تَعرِفُنا واحِدًا واحِدًا، لِتُخَلِّصَنا جميعًا، جميعًا، جميعًا. وإن كانَتْ الكنيسةُ تَبدُو لكَ اليومَ مِثلَ ثَوبٍ مُمـَزَّق، عَلِّمْنا أن نَنسِجَ من جديدٍ أُخُوَّتَنا المـَبنِيَّةَ على عَطَائِكَ. نَحنُ جَسَدُكَ، وثَوبُكَ الذي لا يَتَجَزَّأ، نحنُ عَروسُكَ. كلُّنا معًا. وقَعَ النَّصيبُ لنا على أماكِنِ نَعِيمٍ، وهي لنا مِيرَاثٌ جَليل (راجع مزمور 16، 6).
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: أَعطِ كَنيسَتَكَ الوَحدَةَ وَالسَّلَام.
أيُّها الرَّبُّ يسوعُ إنَّك تَرى تلامِيذَكَ مُنقَسِمِين: أَعطِ كَنيسَتَكَ الوَحدَةَ وَالسَّلَام.
أيُّها الرَّبُّ يسوعُ إنَّكَ تَحمِلُ جِراحاتِ تارِيخِنا: أَعطِ كَنيسَتَكَ الوَحدَةَ وَالسَّلَام.
أيُّها الرَّبُّ يسوعُ إنَّكَ تَعرِفَ ضُعفَ حُبِّنا: أَعطِ كَنيسَتَكَ الوَحدَةَ وَالسَّلَام.
أيُّها الرَّبُّ يسوعُ إنَّكَ تُريدُ أن نَكونَ أعضاءً لِجسدِكَ: أَعطِ كَنيسَتَكَ الوَحدَةَ وَالسَّلَام.
أيُّها الرَّبُّ يسوعُ إنَّكَ لَبِسْتَ رِداءَ الرَّحمَة: أَعطِ كَنيسَتَكَ الوَحدَةَ وَالسَّلَام.
المرحلة الحاديةَ عَشْرَة
يسوع يُسَمَّرُ على الصَّليب
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (23، 32-34)
ولمَّا وَصَلوا إِلى المَكانِ المَعروفِ بالجُمجُمة، صَلَبوهُ فيهِ والمُجرِمَيْن، أَحَدُهما عنِ اليَمينِ والآخَرُ عَنِ الشِّمال. فقالَ يسوع: «يا أَبَتِ اغفِرْ لَهم، لِأَنَّهُم لا يَعلَمونَ ما يَفعَلون».
لا شَيْءَ يُخِيفُنا أكثَرَ من الجمود. وأنتَ مُسَمَّرٌ، مَشلُولٌ، مَمنُوعُ الحَرَكَة. أنتَ كذَلِكَ مع آخَرِين: لَسْتَ أبَدًا وحدَكَ. أنتَ صاحِبُ القَرار، حتَّى على الصَّلِيب، أنتَ تُظهِرَ نَفسَكَ الله معَنا. الوَحْيُ لا يتَوَقَّفُ، ولا يُسَمَّرُ. أنتَ، يا يسوع، تُبَيِّنُ لنا في كلِّ الظُّروفِ أنَّه يَجِبَ أن نَختَار. هَذِهِ هي قِمَّةُ الحُرِّيَّةِ المــُذهِلَة. حتَّى على الصَّلِيبِ لا أَحَدَ يَقدِرُ أن يَمنَعَكَ: أنتَ تُقَرِّرُ مِن أجلِ مَن أنتَ هناك. وَانتَبَهْتَ لِكلا المـَصلوبَيْنِ معَك: وتَرَكْتَ إهَاناتِ أَحَدِهما تَمُرّ، ورَحَّبْتَ بِابتِهالِ الآخَر. وَانتَبَهْتَ إلى الذين يَصلِبُونَكَ، وعَرَفْتَ أن تَقرَأَ قَلبَ الذي لا يَعرِفُ ماذَا يَعمَلُ. وَانتَبَهْتَ إلى السَّماء: وَدَدْتَ لَو كانَت أكثَرَ صَفاءً، لكنَّكَ مَزَّقْتَ حاجِزَ الظُّلُماتِ بِنُورِ الشَّفاعة. أنتَ مُسَمَّرٌ، وتَشفَعُ: إنكَ تَضَعُ نَفسَكَ بينَ الطَّرفَيْنِ، بَينَ الأَضْدَاد. وتَحمِلُهم إلى الله، لأنَّ صليبَكَ يَهدِمُ الجُدران، ويَمحُو الدُّيُون، ويُلغِي الأَحكَام، ويُقِيمَ المــُصالَحَة. أنتَ اليُوبِيلُ الحقِيقِيّ. رُدَّنا إلَيْك، يا يسوع، أَنتَ، ولَوْ مُسَمَّرًا، تَقدِرُ كُلَّ شَيْء.
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: عَلِّمْنا أَن نُحِبّ.
عندَما نكونُ أقوِيَاء، وعندَما يَبدُو لَنا أَنْ لَم تَبقَ فينا أيَّةُ قُوّة: عَلِّمْنا أَن نُحِبّ.
عندَما تُقَيِّدُنا القوانينُ وَالقراراتُ الظَّالِمَة: عَلِّمْنا أَن نُحِبّ.
عندَما يُعارِضُنا مَن لا يُريدُ الحقِيقَةَ وَالعَدْلَ: عَلِّمْنا أَن نُحِبّ.
عندَما نَقرُبُ مِنَ اليَأْس: عَلِّمْنا أَن نُحِبّ.
عندَما يقولون: ”لا يُمكِنُ أن نَعمَلَ شَيْئًا بَعد“: عَلِّمْنا أَن نُحِبّ.
المرحلة الثَّانِيَةَ عَشْرَة
يسوع يَمُوتُ على الصَّليب
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (23، 45-49)
الشَّمسُ قدِ احتَجَبَت. وانشَقَّ حِجابُ المــَقدِسِ مِنَ الوَسَط. فصاحَ يسوعُ بِأَعلى صَوتِه قال: «يا أَبَتِ، في يَدَيكَ أَجعَلُ رُوحي!» قالَ هذا ولَفَظَ الرُّوح. فَلَمَّا رأَى قائِدُ المائَةِ ما حَدَثَ، مَجَّدَ اللهَ وقال: «حَقًّا هذا الرَّجُلُ كانَ بارًّا!» وكذلِكَ الجَماهيرُ الَّتي احتَشَدَت، لِترى ذلكَ المَشهَد فعايَنَت ما حَدَث، رَجَعَت جَميعًا وهي تَقرَعُ الصُّدور. ووَقَفَ عن بُعدٍ جميعُ أَصدِقائِه والنِّسوَةُ اللَّواتي تَبِعنَهُ مِنَ الجَليل، وكانوا يَنظُرونَ إِلى تِلكَ الأُمور.
أين نحن من الجلجلة؟ هل نحن تحت الصَّليب؟ أم بَعِيدِين بعضَ الشَّيء؟ أم بَعِيدِين؟ أو ربما، مثل الرُّسل، لم نعد هنا. أنت تتَنَفَّس، النَّفَسَ الأخيرَ والأَوَّل، يَطلُب مِنَّا فقط أن نَقبَلَهُ. أيُّها الرَّبّ يسوع، وجِّهْ طُرُقَنا نحوَ عَطِيَّتِكَ. لا تَسمَحْ بأن يَذهَبَ نَفَسُ حياتِكَ في الفَضاءِ سُدًى. ظلامُنا يَبحَثُ عن النُّور. مَعابِدُنا تُرِيدَ أن تَظَلَّ مفتوحَةً دائمًا. الآن لم يَعُدْ المــَقدِسُ وراءَ الحِجَاب: صارَ سِرُّهُ مَكشُوفًا لِلجَميع. فَهِمَ الجُندِيَّ ذلِك، رأَى عَن كَثَبٍ كيفَ كانَ مَوتُكَ، فعَرَفَ نوعًا جديدًا من القُوَّة. وفَهِمَ ذلك الجمهورُ الذي صَرَخَ ضِدَّكَ قَبلَ قلَيل: كانَ بَعيدًا، ثمَّ وَجَدَ نفسَهُ أمامَ مَشهَدِ حُبٍّ لم يَرَهُ مِن قَبل، وَأَمامَ جَمالٍ جَعَلَهُ يُؤمِنُ مرَّةً أُخرَى. مَــن يُشاهِدُكَ تموتُ، يا رَبّ، إنَّكَ تُعطِيهِ الوَقتَ لِيَعُودَ تائِبًا يَضرِبُ صَدرَهُ: يَضرِبُ قَلبَهُ فتَتَحَطَّمُ صَلابَتُهُ. ونحنُ، يا يسوع، الذينَ نَنظُرُ إليكَ مرارًا مِن بَعِيد، امنَحْنا أن نَحيَا في ذِكرَاك، حتَّى يَجِدَنا المـَوتُ نَفسُهُ أحيَاءً، عندَما تأتي.
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: تَعالَ، أَيُّها الرُّوحُ القُدُس.
مَكَثْنا بَعِيدِينَ عَن جِراحِ الرَّبّ: تَعالَ، أَيُّها الرُّوحُ القُدُس.
لمــَّا رَأَيْنا أخانا وَاقِعًا، أَدَرْنا وَجهَنا إلى الجِهَةِ الأُخرَى: تَعالَ، أَيُّها الرُّوحُ القُدُس.
يَبدُو أَنَّ الرُّحَماءَ وَالفُقَراءَ بِالرُّوحِ هُم مِنَ الخاسِرِين: تَعالَ، أَيُّها الرُّوحُ القُدُس.
المـُؤمِنونَ وغَيرُ المـُؤمِنينَ يَقِفُونَ أمامَ المـَصلُوب: تَعالَ، أَيُّها الرُّوحُ القُدُس.
العالَمُ كُلُّهُ يَبحَثُ عَن بِدايَةٍ جَدِيدَة: تَعالَ، أَيُّها الرُّوحُ القُدُس.
المرحلة الثَّالِثَةَ عَشْرَة
يسوع يُنزَلُ عَنِ الصَّلِيب
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (23، 50-53)
وجاءَ رَجُلٌ اسمُه يوسُف، وهو عُضْوٌ في المَجلِس، وامرُؤٌ صالِحٌ بارٌّ لم يُوافِقْهم على قَصْدِهِم ولا عَمَلِهم، وكانَ مِنَ الرَّامَة وهي مَدينةٌ لِليَهود، وكانَ يَنتَظِرُ مَلَكوتَ الله، فذَهَبَ إِلى بيلاطُس وطلَبَ جُثْمانَ يسوع. ثُمَّ أَنزَلَه عنَ الصَّليبِ.
جَسَدُكَ أخِيرًا يَستَقِرُّ بينَ يدَيْ رَجُلٍ صالحٍ بارّ. أنتَ في رُقادِ المـَوْت، يا يسوع، لكنَّ الذي تَوَلَّى أمرَك هو قَلبٌ حَيٌّ قرَّرَ وَاختَار. لم يَكُنْ يوسف مِنَ الذين يقولون ولا يَفعَلون. يَقولُ الإنجيل: "لم يُوافِقْهم على قَصْدِهِم ولا عَمَلِهم". وهذَا خَبَرٌ سَارّ: إنَّهُ يُعانِقُكَ، يا يسوع، ولا يَعانِقُ الرَّأْيَ العَامّ. اهتَّمّ بِكَ إنسَانٌ يَعرِفُ أَن يتَحَمَّلَ مَسؤُولِيَّاتِهِ. أنتَ في مَكَانِكَ، يا يسوع، في حِضنِ يوسُف الذي مِنَ الرَّامة، الذي "كانَ يَنتَظِرُ مَلَكوتَ الله". أنتَ في مكانِكَ اليَومَ بَينَ الذين ما زالوا يَرجُونَ، بينَ الذين لم يَستَسلِمُوا وَلا يُفَكِّرُون أنَّ الظُّلمَ أَمرٌ مَحتُومٌ لا مَفَرَّ مِنهُ. أَنتَ تُحَطِّمُ قُيودَ المــَحتُوم، يا يسوع. إنَّكَ تُحَطِّمُ الآلِيَّاتِ التي تُدَمِّرُ البَيتَ المــُشتَرَكَ وَالأُخُوَّة. وَالذين يَنتَظِرون مَلَكُوتَكَ، أَنتَ تَمنَحُهُم الشَّجاعَةَ لِيَذهَبُوا إلى أَصحَابِ السُّلطان: مِثلَ مُوسَى أمامَ فِرعَون، ومِثلَ يوسف الرِّامِيّ أمامَ بيلاطس. أنتَ تُؤَهِّلُنا لِتَحَمُّلِ مَسؤُولِيَّاتٍ كَبِيرَة، وتَمنَحُنا الجُرأَة. أَنتَ مَيْتٌ ومَا زِلْتَ تَملِك. ولنا نحن، يا يسوع، أَن نَخدِمَكَ هُوَ أَن نَملِك.
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: أَن نَخدِمَكَ هُوَ أَن نَملِك.
إذا أطعَمْنا الجائِعِين: أَن نَخدِمَكَ هُوَ أَن نَملِك.
إذا أَسقَيْنا العَطشانِين: أَن نَخدِمَكَ هُوَ أَن نَملِك.
إذا أَلبَسْنا العُريان: أَن نَخدِمَكَ هُوَ أَن نَملِك.
إذا استَضَفْنا الغُرَباء: أَن نَخدِمَكَ هُوَ أَن نَملِك.
إذا زُرْنا المـَرضَى: أَن نَخدِمَكَ هُوَ أَن نَملِك.
إذا زُرْنا المـَساجِين: أَن نَخدِمَكَ هُوَ أَن نَملِك.
إذا دَفَنَّا المـَوتَى: أَن نَخدِمَكَ هُوَ أَن نَملِك.
المرحلة الرَّابِعَةَ عَشْرَة
يسوع يُدفَنُ في القَبْر
من إنجيل ربِّنا يسوع المسيح للقدِّيس لوقا (23، 53-56)
ولَفَّ [يوسفُ الرِّامِيّ يسوعَ] في كَتَّان، ووَضَعَهُ في قَبرٍ حُفِرَ في الصَّخرِ لم يَكُنْ قد وُضِعَ فيهِ أَحَد. وكانَ اليَومُ يَومَ التَّهْيِئَة وقد بَدَت أَضواءُ السَّبْت. وكانَ النِّسوَةُ اللَّواتي جِئنَ مِنَ الجَليلِ مَعَ يسوع يَتبَعنَ يوسُف، فأَبصَرنَ القَبْرَ وكَيفَ وُضِعَ فيهِ جُثمانُه. ثُمَّ رَجَعنَ وأَعدَدنَ طِيبًا وحَنوطًا، واستَرَحنَ راحةَ السَّبْتِ على ما تَقْضي بِه الوَصِيَّة.
في نِظَامٍ لا يَتَوَقَّفُ أبَدًا، يا يسوع، أَنتَ تَحيَا في يَومِ السَّبْت. وَالنِّساءُ أيضًا يَحيَوْن في هَذا السَّبْت، والأَطيَابُ والعُطورٌ تُنبِئُ منذُ الآنِ بالقِيامَة. عَلِّمْنا ألَّا نَعمَلَ شَيئًا، عندَما يُطلَبُ مِنَّا فقَط أَن نَنتَظِرَ. عَلِّمْنا أن نَنسَجِمَ معَ أوقاتِ الأَرض، وليسَ معَ أوقاتٍ مُصطَنَعَة. يا يسوع، وُضِعْتَ في القبر، فشَارَكْتَنا في حالَةِ النَّاسِ العامَّة التي تُوَحِّدُنا جمِيعًا، ووَصَلْتَ إلى الهاوِيَةِ التي تُرعِبُنا. انظُرْ كيفَ نَهرُبُ منها، فنُكثِرُ مِن نشَاطاتِنا. وكثِيرًا ما نَدورُ في الفَرَاغ، لكِنْ يومُ السَّبْت يُشرِقُ علَيْنا بِنُورِهِ: فهو يُهَذِّبُنا ويَطلُبُ منّا الرَّاحَة. الحيَاةُ الإلَهِيَّة، والحياةُ على قِياسِ الإنسَان، التي تَعرِفُ سلامَ السَّبْت. قالَ النبِيُّ مِيخَا: "ويُقيمُ كُلُّ واحِدٍ تَحتَ كَرمَتِه، وتَحتَ تينَتِه ولا أَحَدَ يُقلِقُه" (ميخا 4، 4). ورَدَّدَ كَلامَه النَّبِيُّ زكريا: "في ذلك اليَوم، يَقولُ رَبُّ القُوَّات، يَدْعو كُلُّ واحِدٍ قَريبَه إِلى تَحتِ الكَرمَةِ وإِلى تَحتِ التِّينة" (زكريا 3، 10). يا يسوع، تَبدُو كأَنَّكَ نائِمٌ في عالَمِنا الذي تَهُزُّهُ العاصِفَة، أَدخِلْنا جمِيعًا في سلامِ السَّبْت، فتَظهَرَ لنا الخَلِيقَةُ كُلُّها بكُلِّ جَمالِهَا وصَلاحِهَا، تَسِيرُ نَحوَ القيامة. وسَيَكُونُ سلامٌ لِشَعبِكَ ولِجَمِيعِ الشُّعُوبِ.
لِنُصَلِّ وَلْنَقُلْ: لِيَأْتِ سَلامُكَ.
في الأَرضِ والهَوَاءِ وَالماء: لِيَأْتِ سَلامُكَ.
للأبرارِ وَالأشرارِ: لِيَأْتِ سَلامُكَ.
للَّذِين لا يَراهُمُ النَّاسُ وَلا صَوتَ لهم: لِيَأْتِ سَلامُكَ.
لِلَّذين لا سُلطَةَ لَهُم وَلا مَال: لِيَأْتِ سَلامُكَ.
لِلَّذين يَنتَظِرُون ثَمَرًا صالِحًا: لِيَأْتِ سَلامُكَ.
صلاة ختاميَّة
أَنشَدَ القدِّيس فرنسيس الأسيزي: ”كُنْ مُسبَّحًا يا رَبِّي، وذَكَّرَنا بهذا النَّشيدِ الجَميِل بأَنَّ بَيتَنا المــُشتَرَكَ، الأَرضَ، هِيَ أيضًا مِثلَ أُختٍ لنا [...]. وهذِهِ الأُختُ تَحتَجُّ على الإسَاءَةِ التي نُسَبِّبُها لها“ (راجع رسالة بابويّة عامّة، كُنْ مُسَبَّحًا، 1-2).
وكتبَ القدِّيس فرنسيس أيضًا: "”كلُّنا إخوَة - Fratelli tutti“ مخاطِبًا جميعَ الإخوَةِ والأَخَواتِ ومَقتَرِحًا عليهم طريقةَ حياةٍ بحَسَبِ الإنجيل" (رسالة بابويّة عامّة، كلُّنا إخوَة - Fratelli tutti، 1). وقال القدِّيس بولس مشيرًا إلى المسيح: ”لقد أحَبَّنا، وأرادَ أن يَجعَلَنا نَكتَشِفُ أنَّ لا شيءَ يَقدِرُ أنْ يَفصِلَنا عَن هَذِهِ المــَحَبَّة“ (راجع رسالة بابويّة عامّة، لقد أحَبَّنا، 1).
سِرْنا في دَربِ الصَّليب، وتأَمَّلْنا في الحُبِّ الذي لا يَقدِرُ شَيءٌ أن يَفصِلَنا عنه. والآن، بينَما المــَلِكُ في رُقَاد، وقد حَلَّ صَمْتٌ كَبيرٌ على الأَرضِ كُلِّها، نَجعَلُ كَلِماتِ القدِّيس فرنسيس كَلِماتنا، ونَطلُبُ هِبَةَ ارتِدادِ القَلْب.
أيُّها الإلَهُ العَلِيُّ المـُمَجَّد،
أَضِئْ ظُلُماتِ قَلبِي.
أعطِني إيمانًا قَوِيمًا،
ورَجَاءً مَتِينًا،
ومحَبَّةً كامِلَةً
وتَواضُعًا عَمِيقًا.
أعطِني رَبِّي الحِكمَةَ وَالتَّميِيز
لِأُتَمِّمَ مَشِيئَتَكَ الحَقيقِيَّةَ المـُقَدَّسَة. آمين.
[00486-AR.01] [Testo originale: Italiano]
[B0260-XX.01]