Messaggio del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2025 sul tema “Camminiamo insieme nella speranza”:
Messaggio del Santo Padre
Camminiamo insieme nella speranza
Cari fratelli e sorelle!
Con il segno penitenziale delle ceneri sul capo, iniziamo il pellegrinaggio annuale della santa Quaresima, nella fede e nella speranza. La Chiesa, madre e maestra, ci invita a preparare i nostri cuori e ad aprirci alla grazia di Dio per poter celebrare con grande gioia il trionfo pasquale di Cristo, il Signore, sul peccato e sulla morte, come esclamava San Paolo: «La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (1Cor15,54-55). Infatti Gesù Cristo, morto e risorto, è il centro della nostra fede ed è il garante della nostra speranza nella grande promessa del Padre, già realizzata in Lui, il suo Figlio amato: la vita eterna (cfrGv10,28; 17,3)[1].
In questa Quaresima, arricchita dalla grazia dell’Anno Giubilare, desidero offrirvi alcune riflessioni su cosa significacamminare insieme nella speranza, e scoprire gli appelli alla conversione che la misericordia di Dio rivolge a tutti noi, come persone e come comunità.
Prima di tutto,camminare. Il motto del Giubileo “Pellegrini di speranza” fa pensare al lungo viaggio del popolo d’Israele verso la terra promessa, narrato nel libro dell’Esodo: il difficile cammino dalla schiavitù alla libertà, voluto e guidato dal Signore, che ama il suo popolo e sempre gli è fedele. E non possiamo ricordare l’esodo biblico senza pensare a tanti fratelli e sorelle che oggi fuggono da situazioni di miseria e di violenza e vanno in cerca di una vita migliore per sé e i propri cari. Qui sorge un primo richiamo alla conversione, perché siamo tutti pellegrini nella vita, ma ognuno può chiedersi: come mi lascio interpellare da questa condizione? Sono veramente in cammino o piuttosto paralizzato, statico, con la paura e la mancanza di speranza, oppure adagiato nella mia zona di comodità? Cerco percorsi di liberazione dalle situazioni di peccato e di mancanza di dignità? Sarebbe un buon esercizio quaresimale confrontarsi con la realtà concreta di qualche migrante o pellegrino e lasciare che ci coinvolga, in modo da scoprire che cosa Dio ci chiede per essere viaggiatori migliori verso la casa del Padre. Questo è un buon “esame” per il viandante.
In secondo luogo, facciamo questo viaggioinsieme. Camminare insieme, essere sinodali, questa è la vocazione della Chiesa[2]. I cristiani sono chiamati a fare strada insieme, mai come viaggiatori solitari. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire da noi stessi per andare verso Dio e verso i fratelli, e mai a chiuderci in noi stessi[3]. Camminare insieme significa essere tessitori di unità, a partire dalla comune dignità di figli di Dio (cfrGal3,26-28); significa procedere fianco a fianco, senza calpestare o sopraffare l’altro, senza covare invidia o ipocrisia, senza lasciare che qualcuno rimanga indietro o si senta escluso. Andiamo nella stessa direzione, verso la stessa meta, ascoltandoci gli uni gli altri con amore e pazienza.
In questa Quaresima, Dio ci chiede di verificare se nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nei luoghi in cui lavoriamo, nelle comunità parrocchiali o religiose, siamo capaci di camminare con gli altri, di ascoltare, di vincere la tentazione di arroccarci nella nostra autoreferenzialità e di badare soltanto ai nostri bisogni. Chiediamoci davanti al Signore se siamo in grado di lavorare insieme come vescovi, presbiteri, consacrati e laici, al servizio del Regno di Dio; se abbiamo un atteggiamento di accoglienza, con gesti concreti, verso coloro che si avvicinano a noi e a quanti sono lontani; se facciamo sentire le persone parte della comunità o se le teniamo ai margini[4]. Questo è un secondo appello: la conversione alla sinodalità.
In terzo luogo, compiamo questo cammino insiemenella speranzadi una promessa. Lasperanza che non delude(cfrRm5,5), messaggio centrale del Giubileo[5], sia per noi l’orizzonte del cammino quaresimale verso la vittoria pasquale. Come ci ha insegnato nell’EnciclicaSpe salviil Papa Benedetto XVI, «l’essere umano ha bisogno dell’amore incondizionato. Ha bisogno di quella certezza che gli fa dire: “Né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm8,38-39)»[6]. Gesù, nostro amore e nostra speranza, è risorto[7]e vive e regna glorioso. La morte è stata trasformata in vittoria e qui sta la fede e la grande speranza dei cristiani: nella risurrezione di Cristo!
Ecco la terza chiamata alla conversione: quella della speranza, della fiducia in Dio e nella sua grande promessa, la vita eterna. Dobbiamo chiederci: ho in me la convinzione che Dio perdona i miei peccati? Oppure mi comporto come se potessi salvarmi da solo? Aspiro alla salvezza e invoco l’aiuto di Dio per accoglierla? Vivo concretamente la speranza che mi aiuta a leggere gli eventi della storia e mi spinge all’impegno per la giustizia, alla fraternità, alla cura della casa comune, facendo in modo che nessuno sia lasciato indietro?
Sorelle e fratelli, grazie all’amore di Dio in Gesù Cristo, siamo custoditi nella speranza che non delude (cfrRm5,5). La speranza è “l’ancora dell’anima”, sicura e salda[8]. In essa la Chiesa prega affinché «tutti gli uomini siano salvati» (1Tm2,4) e attende di essere nella gloria del cielo unita a Cristo, suo sposo. Così si esprimeva Santa Teresa di Gesù: «Spera, anima mia, spera. Tu non conosci il giorno né l’ora. Veglia premurosamente, tutto passa in un soffio, sebbene la tua impazienza possa rendere incerto ciò che è certo, e lungo un tempo molto breve» (Esclamazioni dell’anima a Dio, 15, 3)[9].
La Vergine Maria, Madre della Speranza, interceda per noi e ci accompagni nel cammino quaresimale.
Roma, San Giovanni in Laterano, 6 febbraio 2025, memoria dei Santi Paolo Miki e compagni, martiri.
FRANCESCO
_____________________
[1]Cfr Lett. enc.Dilexit nos(24 ottobre 2024), 220.
[2]CfrOmelia nellaMessa per la canonizzazione dei BeatiGiovanni Battista Scalabrini e Artemide Zatti, 9 ottobre 2022.
[3]Cfribid.
[4]Cfribid.
[5]Cfr BollaSpes non confundit, 1.
[6]Lett. enc.Spe salvi(30 novembre 2007), 26.
[7]Cfr Sequenza della Domenica di Pasqua.
[8]CfrCatechismo della Chiesa Cattolica, 1820.
[9]Ivi, 1821.
[00312-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Marchons ensemble dans l’espérance
Chers frères et sœurs,
avec le signe pénitentiel des cendres sur la tête, nous commençons le pèlerinage annuel du Saint Carême dans la foi et dans l’espérance. L’Église, mère et maîtresse, nous invite à préparer nos cœurs et à nous ouvrir à la grâce de Dieu pour que nous puissions célébrer dans la joie le triomphe pascal du Christ-Seigneur, sur le péché et sur la mort. Saint Paul le proclame : «La mort a été engloutie dans la victoire. Ô Mort, où est ta victoire? Ô Mort, où est-il, ton aiguillon?» (1 Co15, 54-55). En effet, Jésus-Christ, mort et ressuscité, est le centre de notre foi et le garant de la grande promesse du Père qu’est la vie éternelle déjà réalisée en son Fils bien-aimé (cf.Jn10, 28 ; 17, 3).[1]
Je voudrais proposer à l’occasion de ce Carême, enrichi par la grâce de l’année jubilaire, quelques réflexions sur ce que signifie marcher ensemble dans l’espérance, et découvrir les appels à la conversion que la miséricorde de Dieu adresse à tous, en tant qu’individus comme en tant que communautés.
Tout d’abord,marcher. La devise du Jubilé, “pèlerins de l’espérance”, nous rappelle le long voyage du peuple d’Israël vers la Terre promise, raconté dans le livre de l’Exode : une marche difficile de l’esclavage à la liberté, voulue et guidée par le Seigneur qui aime son peuple et lui est toujours fidèle. Et nous ne pouvons pas évoquer l’exode biblique sans penser à tant de frères et sœurs qui, aujourd’hui, fuient des situations de misère et de violence, partant à la recherche d’une vie meilleure pour eux-mêmes et pour leurs êtres chers. Un premier appel à la conversion apparaît ici car, dans la vie, nous sommes tous des pèlerins. Chacun peut se demander : comment est-ce que je me laisse interpeller par cette condition ? Suis-je vraiment en chemin ou plutôt paralysé, statique, dans la peur et manquant d’espérance, ou bien encore installé dans ma zone de confort ?Est-ce que je cherche des chemins de libération des situations de péché et de manque de dignité ? Ce serait un bon exercice de Carême que de nous confronter à la réalité concrète d’un migrant ou d’un pèlerin, et de nous laisser toucher de manière à découvrir ce que Dieu nous demande pour être de meilleurs voyageurs vers la maison du Père. Ce serait un bon “test” pour le marcheur.
En second lieu, faisons ce cheminensemble. Marcher ensemble, être synodal, telle est la vocation de l’Église.[2]Les chrétiens sont appelés à faire route ensemble, jamais comme des voyageurs solitaires. L’Esprit Saint nous pousse à sortir de nous-mêmes pour aller vers Dieu et vers nos frères et sœurs, et à ne jamais nous refermer sur nous-mêmes.[3]Marcher ensemble c’est être des tisseurs d’unité à partir de notre commune dignité d’enfants de Dieu (cf.Ga3,26-28) ; c’est avancer côte à côte, sans piétiner ni dominer l’autre, sans nourrir d’envies ni d’hypocrisies, sans laisser quiconque à la traîne ou se sentir exclu.Allons dans la même direction, vers le même but, en nous écoutant les uns les autres avec amour et patience.
En ce Carême, Dieu nous demande de vérifier si dans notre vie, dans nos familles, dans les lieux où nous travaillons, dans les communautés paroissiales ou religieuses, nous sommes capables de cheminer avec les autres, d’écouter, de dépasser la tentation de nous ancrer dans notre autoréférentialité et de nous préoccuper seulement de nos propres besoins. Demandons-nous devant le Seigneur si nous sommes capables de travailler ensemble, évêques, prêtres, personnes consacrées et laïcs, au service du Royaume de Dieu ; si nous avons une attitude d’accueil, avec des gestes concrets envers ceux qui nous approchent et ceux qui sont loin ; si nous faisons en sorte que les personnes se sentent faire partie intégrante de la communauté ou si nous les maintenons en marge.[4]Ceci est un deuxième appel : la conversion à la synodalité.
Troisièmement, faisons ce chemin ensemble dans l’espérance d’une promesse. Que l’espérance qui ne déçoit pas(cf.Rm5, 5), le message central du Jubilé[5], soit pour nous l’horizon du chemin de Carême vers la victoire de Pâques. Comme nous l’a enseigné le Pape Benoît XVI dans l’encycliqueSpe salvi: «L’être humain a besoin de l’amour inconditionnel.Il a besoin de la certitude qui lui fait dire : “Ni la mort ni la vie, ni les esprits ni les puissances, ni le présent ni l’avenir, ni les astres, ni les cieux, ni les abîmes, ni aucune autre créature, rien ne pourra nous séparer de l’amour de Dieu qui est en Jésus Christ”(Rm8, 38-39)».[6]Jésus, notre amour et notre espérance, est ressuscité,[7]il vit et règne glorieusement. La mort a été transformée en victoire, et c’est là que réside la foi et la grande espérance des chrétiens : la résurrection du Christ!
Et voici le troisième appel à la conversion : celui de l’espérance, de la confiance en Dieu et en sa grande promesse, la vie éternelle. Nous devons nous demander : ai-je la conviction que Dieu pardonne mes péchés ? Ou bien est-ce que j’agis comme si je pouvais me sauver moi-même ? Est-ce que j’aspire au salut et est-ce que j’invoque l’aide de Dieu pour l’obtenir ? Est-ce que je vis concrètement l’espérance qui m’aide à lire les événements de l’histoire et qui me pousse à m’engager pour la justice, la fraternité, le soin de la maison commune, en veillant à ce que personne ne soit laissé pour compte ?
Sœurs et frères, grâce à l’amour de Dieu en Jésus-Christ, nous sommes gardés dans l’espérance qui ne déçoit pas (cf.Rm5, 5). L’espérance est “l’ancre de l’âme”, sûre et indéfectible.[8]C’est en elle que l’Église prie pour que « tous les hommes soient sauvés » (1Tm2,4) et qu’elle attend d’être dans la gloire du ciel, unie au Christ, son époux. C’est ainsi que s’exprime sainte Thérèse de Jésus : « Espère, ô mon âme, espère.Tu ignores le jour et l’heure. Veille soigneusement, tout passe avec rapidité quoique ton impatience rende douteux ce qui est certain, et long un temps très court» (Exclamations de l’âme à son Dieu, 15, 3).[9]
Que la Vierge Marie, Mère de l’Espérance, intercède pour nous et nous accompagne sur le chemin du Carême.
Rome, Saint-Jean-de-Latran, 6 février 2025, mémoire de Saint Paul Miki et ses compagnons, martyrs.
FRANÇOIS
_____________________
[1]Cf. Lett. enc.Dilexit nos(24 ottobre 2024), n. 220
[2]Cf. Homélie de la messe de canonisation des BienheureuxGiovanni Battista Scalabrini e Artemide Zatti, 9 ottobre 2022.
[3]Cf. Idem.
[4]Cf. Ibid.
[5]Cf. BulleSpes non confundit, n. 1.
[6]Lett. enc.Spe salvi(30 novembre 2007), n. 26.
[7]Cf. Séquence du dimanche de Pâques.
[8]Cf. Catéchisme de l’Église catholique, n. 1820.
[9]Idem., n. 1821.
[00312-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Let us journey together in hope
Dear brothers and sisters,
We begin our annual pilgrimage of Lent in faith and hope with the penitential rite of the imposition of ashes. The Church, our mother and teacher, invites us to open our hearts to God’s grace, so that we can celebrate with great joy the paschal victory of Christ the Lord over sin and death, which led Saint Paul to exclaim: “Death has been swallowed up in victory. Where, O death, is your victory? Where, O death, is your sting?” (1 Cor15:54-55). Indeed, Jesus Christ, crucified and risen, is the heart of our faith and the pledge of our hope in the Father’s great promise, already fulfilled in his beloved Son: life eternal (cf.Jn10:28; 17:3).[1]
This Lent, as we share in the grace of the Jubilee Year, I would like to propose a few reflections on what it means tojourney together in hope, and on the summons to conversion that God in his mercy addresses to all of us, as individuals and as a community.
First of all,to journey. The Jubilee motto, “Pilgrims of Hope”, evokes the lengthy journey of the people of Israel to the Promised Land, as recounted in the Book of Exodus. This arduous path from slavery to freedom was willed and guided by the Lord, who loves his people and remains ever faithful to them. It is hard to think of the biblical exodus without also thinking of those of our brothers and sisters who in our own day are fleeing situations of misery and violence in search of a better life for themselves and their loved ones. A first call to conversion thus comes from the realization that all of us are pilgrims in this life; each of us is invited to stop and ask how our lives reflect this fact. Am I really on a journey, or am I standing still, not moving, either immobilized by fear and hopelessness or reluctant to move out of my comfort zone? Am I seeking ways to leave behind the occasions of sin and situations that degrade my dignity? It would be a good Lenten exercise for us to compare our daily life with that of some migrant or foreigner, to learn how to sympathize with their experiences and in this way discover what God is asking of us so that we can better advance on our journey to the house of the Father. This would be a good “examination of conscience” for all of us wayfarers.
Second, to journeytogether. The Church is called to walk together, to be synoda[2]Christians are called to walk at the side of others, and never as lone travellers. The Holy Spirit impels us not to remain self-absorbed, but to leave ourselves behind and keep walking towards God and our brothers and sisters.[3]Journeying together means consolidating the unity grounded in our common dignity as children of God (cf.Gal3:26-28). It means walking side-by-side, without shoving or stepping on others, without envy or hypocrisy, without letting anyone be left behind or excluded. Let us all walk in the same direction, tending towards the same goal, attentive to one another in love and patience.
This Lent, God is asking us to examine whether in our lives, in our families, in the places where we work and spend our time, we are capable of walking together with others, listening to them, resisting the temptation to become self-absorbed and to think only of our own needs. Let us ask ourselves in the presence of the Lord whether, as bishops, priests, consecrated persons and laity in the service of the Kingdom of God, we cooperate with others. Whether we show ourselves welcoming, with concrete gestures, to those both near and far. Whether we make others feel a part of the community or keep them at a distance.[4]This, then, is a second call to conversion: a summons to synodality.
Third, let us journey togetherin hope, for we have been given a promise. Maythe hope that does not disappoint(cf.Rom5:5), the central message of the Jubilee,[5]be the focus of our Lenten journey towards the victory of Easter. As Pope Benedict XVI taught us in the EncyclicalSpe Salvi, “the human being needs unconditional love. He needs the certainty which makes him say: ‘neither death, nor life, nor angels, nor principalities, nor things present, nor things to come, nor powers, nor height, nor depth, nor anything else in all creation, will be able to separate us from the love of God in Christ Jesus our Lord’ (Rom8:38-39)”.[6]Christ, my hope, has risen![7]He lives and reigns in glory. Death has been transformed into triumph, and the faith and great hope of Christians rests in this: the resurrection of Christ!
This, then, is the third call to conversion: a call to hope, to trust in God and his great promise of eternal life. Let us ask ourselves: Am I convinced that the Lord forgives my sins? Or do I act as if I can save myself? Do I long for salvation and call upon God’s help to attain it? Do I concretely experience the hope that enables me to interpret the events of history and inspires in me a commitment to justice and fraternity, to care for our common home and in such a way that no one feels excluded?
Sisters and brothers, thanks to God’s love in Jesus Christ, we are sustained in the hope that does not disappoint (cf.Rom5:5). Hope is the “sure and steadfast anchor of the soul”.[8]It moves the Church to pray for “everyone to be saved” (1 Tim2:4) and to look forward to her being united with Christ, her bridegroom, in the glory of heaven. This was the prayer of Saint Teresa of Avila: “Hope, O my soul, hope. You know neither the day nor the hour. Watch carefully, for everything passes quickly, even though your impatience makes doubtful what is certain, and turns a very short time into a long one” (The Exclamations of the Soul to God, 15:3).[9]
May the Virgin Mary, Mother of Hope, intercede for us and accompany us on our Lenten journey.
Rome, Saint John Lateran, 6 February 2025Memorial of St Paul Miki and Companions, martyrs.
FRANCIS
_____________________
[1]Cf. Encyclical LetterDilexit Nos(24 October 2024), 220.
[2]Cf. Homily for the Mass and Canonization of Giovanni Battista Scalabrini and Artemide Zatti, 9 October 2022.
[3]Ibid.
[4]Ibid.
[5]Cf. BullSpes Non Confundit,1.
[6]Encyclical LetterSpe Salvi(30 November 2007), 26.
[7]Cf. Easter Sequence.
[8]Cf.Catechism of the Catholic Church,1820.
[9]Ibid, 1821.
[00312-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Gehen wir gemeinsam in Hoffnung
Liebe Brüder und Schwestern!
Mit dem Bußsymbol der Asche auf dem Haupt beginnen wir im Glauben und in der Hoffnung den jährlichen Pilgerweg der Fastenzeit. Die Kirche, Mutter und Lehrerin, lädt uns ein, unsere Herzen zu bereiten und uns für Gottes Gnade zu öffnen, damit wir mit großer Freude den österlichen Triumph Christi, des Herrn, über Sünde und Tod feiern und mit dem heiligen Paulus rufen können: »Verschlungen ist der Tod vom Sieg. Tod, wo ist dein Sieg? Tod, wo ist dein Stachel?« (1 Kor15,54-55). Denn der gestorbene und auferstandene Jesus Christus ist das Zentrum unseres Glaubens und der Garant für unsere Hoffnung auf die große Verheißung des Vaters, die in ihm, seinem geliebten Sohn, bereits verwirklicht ist: das ewige Leben (vgl.Joh10,28; 17,3)[1].
In dieser Fastenzeit, die zudem von der Gnade des Jubiläumsjahres bereichert wird, möchte ich euch einige Gedanken darüber vorlegen, was es bedeutet, gemeinsam auf dem Weg der Hoffnung zu sein und die Aufrufe zur Umkehr erschließen, die Gottes Barmherzigkeit an uns alle richtet, als Einzelne und als Gemeinschaft.
An erster Stelle:Gehen. Das Motto des Heiligen Jahres „Pilger der Hoffnung“ erinnert uns an die lange Reise des Volkes Israel in das Gelobte Land, von der das Buch Exodus erzählt: an den schwierigen Weg von der Sklaverei in die Freiheit, gewollt und geführt vom Herrn, der sein Volk liebt und ihm immer treu ist. Und wir können uns nicht an den biblischen Exodus erinnern, ohne dabei an die vielen Brüder und Schwestern zu denken, die heute aus Situationen von Elend und Gewalt fliehen und auf der Suche nach einem besseren Leben für sich und ihre Lieben sind. Daraus ergibt sich ein erster Ruf zur Umkehr, denn wir alle sind Pilger auf dem Weg unseres Lebens, aber jeder von uns kann sich fragen: Was bedeutet das für mich? Bin ich wirklich auf einem Weg oder bin ich eher gelähmt, statisch, voller Angst und Hoffnungslosigkeit oder bleibe ich in meiner Komfortzone? Suche ich Wege der Befreiung aus sündigen und unwürdigen Zuständen? Es wäre eine gute Übung für die Fastenzeit, sich mit der konkreten Realität eines Migranten oder Pilgers zu befassen und sich darauf einzulassen, um herauszufinden, was Gott von uns verlangt, damit wir besser auf das Haus des Vaters zugehen können. Dies ist eine gute „Prüfung“ für den, der auf dem Weg ist.
Zweitens: Wir wollen diesen Weggemeinsamgehen. Gemeinsam zu gehen, synodal zu sein, das ist die Berufung der Kirche[2]. Die Christen sind dazu gerufen, gemeinsam zu gehen, niemals Einzelgänger zu sein. Der Heilige Geist drängt uns, aus uns selbst herauszugehen, um auf Gott und unsere Brüder und Schwestern zuzugehen, und uns niemals in uns selbst zu verschließen[3]. Zusammen gehen bedeutet, ausgehend von unserer gemeinsamen Würde als Kinder Gottes (vgl.Gal3,26-28) an der Einheit zu weben; es bedeutet, Seite an Seite zu gehen, ohne den anderen mit Füßen zu treten oder zu überwältigen, ohne Neid oder Heuchelei zu hegen, ohne dass jemand zurückbleibt oder sich ausgeschlossen fühlt. Lasst uns in dieselbe Richtung gehen, auf dasselbe Ziel zu, indem wir einander mit Liebe und Geduld zuhören.
In dieser Fastenzeit fordert Gott uns auf, zu prüfen, ob wir in unserem Leben, in unseren Familien, an unseren Arbeitsplätzen, in unseren Pfarreien oder Ordensgemeinschaften in der Lage sind, gemeinsam mit den anderen zu gehen, zuzuhören und die Versuchung zu überwinden, uns in unserer Selbstbezogenheit zu verschanzen und nur auf unsere eigenen Bedürfnisse zu achten. Fragen wir uns vor dem Herrn, ob wir in der Lage sind, als Bischöfe, Priester, Gottgeweihte und Laien im Dienst am Reich Gottes zusammenzuarbeiten; ob wir denen, die zu uns kommen, und denen, die weit weg sind, mit einer einladenden Haltung, die sich in konkreten Gesten äußert, begegnen; ob wir den Menschen das Gefühl geben, Teil der Gemeinschaft zu sein, oder ob wir sie am Rande stehen lassen[4]. Dies ist ein zweiter Aufruf: Bekehrung zur Synodalität.
Drittens: Lasst uns diesen Weg gemeinsamin der Hoffnungauf eine Verheißung gehen. Möge dieHoffnung, die nicht zugrunde gehen lässt(vgl.Röm5,5), die zentrale Botschaft des Heiligen Jahres[5], uns als Horizont auf dem Weg der Fastenzeit zum Ostersieg dienen. Wie uns Papst Benedikt XVI. in der EnzyklikaSpe salvilehrte, braucht der Mensch »die unbedingte Liebe. Er braucht jene Gewissheit, die ihn sagen lässt: „Weder Tod noch Leben, weder Engel noch Mächte, weder Gegenwärtiges noch Zukünftiges, weder Gewalten der Höhe oder Tiefe noch irgendeine andere Kreatur können uns scheiden von der Liebe Gottes, die in Christus Jesus ist, unserem Herrn“ (Röm8,38-39)«[6]. Jesus, unsere Liebe und unsere Hoffnung, ist auferstanden[7]und er lebt und herrscht in Herrlichkeit. Der Tod ist verwandelt worden in einen Sieg, und darin liegt der Glaube und die große Hoffnung der Christen: in der Auferstehung Christi!
Das ist der dritte Aufruf zur Umkehr: der zur Hoffnung, zum Vertrauen auf Gott und auf seine große Verheißung, das ewige Leben. Wir müssen uns fragen: Bin ich in meinem Inneren davon überzeugt, dass Gott mir meine Sünden vergibt? Oder tue ich so, als könnte ich mich selbst retten? Verlange ich nach dem Heil und bitte ich Gott um Hilfe, um es anzunehmen? Lebe ich in konkreter Weise die Hoffnung, die mir hilft, die Ereignisse der Geschichte zu verstehen und die mich antreibt, mich für Gerechtigkeit, Geschwisterlichkeit und das gemeinsame Haus einzusetzen, darauf bedacht, dass niemand zurückgelassen wird?
Schwestern und Brüder, dank der Liebe Gottes in Jesus Christus stehen wir fest in der Hoffnung, die nicht zugrunde gehen lässt (vgl.Röm5,5). Die Hoffnung ist der „Anker der Seele“, sicher und unerschütterlich[8]. In dieser Hoffnung betet die Kirche, dass »alle Menschen gerettet werden« (1 Tim2,4), und erwartet, in der Herrlichkeit des Himmels mit Christus, ihrem Bräutigam, vereint zu sein. Die heilige Theresia von Jesus drückt es so aus: »Hoffe, meine Seele, hoffe. Du weißt nicht den Tag und die Stunde. Wache aufmerksam. Alles geht rasch vorbei, obwohl deine Ungeduld das, was sicher ist, zweifelhaft und eine recht kurze Zeit lang macht« (Excl.15, 3).[9]
Möge die Jungfrau Maria, die Mutter der Hoffnung, unsere Fürsprecherin sein und uns auf unserem Weg durch die Fastenzeit begleiten.
Rom, Sankt Johannes im Lateran, am 6. Februar 2025, Gedenktag des heiligen Paul Miki und seiner Gefährten, japanische Märtyrer.
FRANZISKUS
_____________________
[1]Vgl. EnzyklikaDilexit nos(24.Oktober 2024), 220.
[2]Vgl.Homilie bei derMesse zur Heiligsprechung der seligenGiovanni Battista Scalabrini und Artemide Zatti, 9. Oktober 2022.
[3]Vgl.ebd.
[4]Vgl.ebd.
[5]Vgl. BulleSpes non confundit, 1.
[6]EnzyklikaSpe salvi(30. November 2007), 26.
[7]Vgl. Ostersequenz.
[8]Vgl.Katechismus der Katholischen Kirche, 1820.
[9]Ebd., 1821.
[00312-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Caminemos juntos en la esperanza
Queridos hermanos y hermanas:
Con el signo penitencial de las cenizas en la cabeza, iniciamos la peregrinación anual de la santa cuaresma, en la fe y en la esperanza. La Iglesia, madre y maestra, nos invita a preparar nuestros corazones y a abrirnos a la gracia de Dios para poder celebrar con gran alegría el triunfo pascual de Cristo, el Señor, sobre el pecado y la muerte, como exclamaba san Pablo: «La muerte ha sido vencida. ¿Dónde está, muerte, tu victoria? ¿Dónde está tu aguijón?» (1 Co15,54-55). Jesucristo, muerto y resucitado es, en efecto, el centro de nuestra fe y el garante de nuestra esperanza en la gran promesa del Padre: la vida eterna, que ya realizó en Él, su Hijo amado (cf.Jn10,28; 17,3)[1].
En esta cuaresma, enriquecida por la gracia del Año jubilar, deseo ofrecerles algunas reflexiones sobre lo que significacaminar juntos en la esperanzay descubrir las llamadas a la conversión que la misericordia de Dios nos dirige a todos, de manera personal y comunitaria.
Antes que nada,caminar. El lema del Jubileo, “Peregrinos de esperanza”, evoca el largo viaje del pueblo de Israel hacia la tierra prometida, narrado en el libro del Éxodo; el difícil camino desde la esclavitud a la libertad, querido y guiado por el Señor, que ama a su pueblo y siempre le permanece fiel. No podemos recordar el éxodo bíblico sin pensar en tantos hermanos y hermanas que hoy huyen de situaciones de miseria y de violencia, buscando una vida mejor para ellos y sus seres queridos. Surge aquí una primera llamada a la conversión, porque todos somos peregrinos en la vida. Cada uno puede preguntarse: ¿cómo me dejo interpelar por esta condición? ¿Estoy realmente en camino o un poco paralizado, estático, con miedo y falta de esperanza; o satisfecho en mi zona de confort? ¿Busco caminos de liberación de las situaciones de pecado y falta de dignidad? Sería un buen ejercicio cuaresmal confrontarse con la realidad concreta de algún inmigrante o peregrino, dejando que nos interpele, para descubrir lo que Dios nos pide, para ser mejores caminantes hacia la casa del Padre. Este es un buen “examen” para el viandante.
En segundo lugar, hagamos este viajejuntos. La vocación de la Iglesia es caminar juntos, ser sinodales[2]. Los cristianos están llamados a hacer camino juntos, nunca como viajeros solitarios. El Espíritu Santo nos impulsa a salir de nosotros mismos para ir hacia Dios y hacia los hermanos, y nunca a encerrarnos en nosotros mismos[3]. Caminar juntos significa ser artesanos de unidad, partiendo de la dignidad común de hijos de Dios (cf.Ga3,26-28); significa caminar codo a codo, sin pisotear o dominar al otro, sin albergar envidia o hipocresía, sin dejar que nadie se quede atrás o se sienta excluido. Vamos en la misma dirección, hacia la misma meta, escuchándonos los unos a los otros con amor y paciencia.
En esta cuaresma, Dios nos pide que comprobemos si en nuestra vida, en nuestras familias, en los lugares donde trabajamos, en las comunidades parroquiales o religiosas, somos capaces de caminar con los demás, de escuchar, de vencer la tentación de encerrarnos en nuestra autorreferencialidad, ocupándonos solamente de nuestras necesidades. Preguntémonos ante el Señor si somos capaces de trabajar juntos como obispos, presbíteros, consagrados y laicos, al servicio del Reino de Dios; si tenemos una actitud de acogida, con gestos concretos, hacia las personas que se acercan a nosotros y a cuantos están lejos; si hacemos que la gente se sienta parte de la comunidad o si la marginamos[4]. Esta es una segunda llamada: la conversión a la sinodalidad.
En tercer lugar, recorramos este camino juntosen la esperanzade una promesa. Laesperanza que no defrauda(cf.Rm5,5), mensaje central del Jubileo[5], sea para nosotros el horizonte del camino cuaresmal hacia la victoria pascual. Como nos enseñó el Papa Benedicto XVI en la EncíclicaSpe salvi, «el ser humano necesita un amor incondicionado. Necesita esa certeza que le hace decir: “Ni muerte, ni vida, ni ángeles, ni principados, ni presente, ni futuro, ni potencias, ni altura, ni profundidad, ni criatura alguna podrá apartarnos del amor de Dios, manifestado en Cristo Jesús, Señor nuestro” (Rm8,38-39)»[6]. Jesús, nuestro amor y nuestra esperanza, ha resucitado[7], y vive y reina glorioso. La muerte ha sido transformada en victoria y en esto radica la fe y la esperanza de los cristianos, en la resurrección de Cristo.
Esta es, por tanto, la tercera llamada a la conversión: la de la esperanza, la de la confianza en Dios y en su gran promesa, la vida eterna. Debemos preguntarnos: ¿poseo la convicción de que Dios perdona mis pecados, o me comporto como si pudiera salvarme solo? ¿Anhelo la salvación e invoco la ayuda de Dios para recibirla? ¿Vivo concretamente la esperanza que me ayuda a leer los acontecimientos de la historia y me impulsa al compromiso por la justicia, la fraternidad y el cuidado de la casa común, actuando de manera que nadie quede atrás?
Hermanas y hermanos, gracias al amor de Dios en Jesucristo estamos protegidos por la esperanza que no defrauda (cf.Rm5,5). La esperanza es “el ancla del alma”, segura y firme[8]. En ella la Iglesia suplica para que «todos se salven» (1Tm2,4) y espera estar un día en la gloria del cielo unida a Cristo, su esposo. Así se expresaba santa Teresa de Jesús: «Espera, espera, que no sabes cuándo vendrá el día ni la hora. Vela con cuidado, que todo se pasa con brevedad, aunque tu deseo hace lo cierto dudoso, y el tiempo breve largo» (Exclamaciones del alma a Dios, 15, 3)[9].
Que la Virgen María, Madre de la Esperanza, interceda por nosotros y nos acompañe en el camino cuaresmal.
Roma, San Juan de Letrán, 6 de febrero de 2025, memoria de los santos Pablo Miki y compañeros, mártires.
FRANCISCO
_____________________
[1]Cf. Carta enc.Dilexit nos(24 octubre 2024), 220.
[2]Cf.Homilía en la Santa Misa por la canonización de los beatos Juan Bautista Scalabrini y Artémides Zatti(9 octubre 2022).
[3]Cf.ibíd.
[4]Cf.ibíd.
[5]Cf. BulaSpes non confundit, 1.
[6]Carta enc.Spe salvi(30 noviembre 2007), 26.
[7]Cf. Secuencia del Domingo de Pascua.
[8]Cf.Catecismo de la Iglesia Católica, 1820.
[9]Ibíd.,1821.
[00312-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Caminhemos juntos na esperança
Queridos irmãos e irmãs!
Com o sinal penitencial das cinzas sobre as nossas cabeças, iniciamos na fé e na esperança a peregrinação anual da Santa Quaresma. A Igreja, mãe e mestra, convida-nos a preparar os nossos corações e a abrir-nos à graça de Deus para podermos celebrar com grande alegria o triunfo pascal de Cristo, o Senhor, sobre o pecado e a morte, como exclamava São Paulo: «A morte foi tragada pela vitória. Onde está, ó morte, a tua vitória? Onde está, ó morte, o teu aguilhão?» (1Cor15, 54-55). Realmente, Jesus Cristo, morto e ressuscitado, é o centro da nossa fé e a garantia da nossa esperança na grande promessa do Pai, já realizada n’Ele, Seu Filho amado: a vida eterna (cf.Jo10, 28; 17, 3)[1].
Nesta Quaresma, enriquecida pela graça do Ano Jubilar, gostaria de oferecer algumas reflexões sobre o que significacaminhar juntos na esperançae evidenciar os apelos à conversão que a misericórdia de Deus dirige a todos nós, enquanto indivíduos e comunidades.
Antes de tudo,caminhar. O lema do Jubileu – “Peregrinos de Esperança” – traz à mente a longa travessia do povo de Israel em direção à Terra Prometida, narrada no livro do Êxodo: a difícil passagem da escravidão para a liberdade, desejada e guiada pelo Senhor, que ama o seu povo e sempre lhe é fiel.E não podemos recordar o êxodo bíblico sem pensar em tantos irmãos e irmãs que, hoje, fogem de situações de miséria e violência e vão à procura de uma vida melhor para si e para seus entes queridos.Aqui, surge um primeiro apelo à conversão, porque todos nós somos peregrinos na vida, mas cada um pode perguntar-se: como me deixo interpelar por esta condição? Estou realmente a caminho ou estou paralisado, estático, com medo e sem esperança, acomodado na minha zona de conforto? Busco caminhos de libertação das situações de pecado e falta de dignidade? Seria um bom exercício quaresmal confrontar-nos com a realidade concreta de algum migrante ou peregrino e deixar que ela nos interpele, a fim de descobrir o que Deus pede de nós para sermos melhores viajantes rumo à casa do Pai. Esse é um bom “exame” para o viandante.
Em segundo lugar, façamos esta viagemjuntos. Caminhar juntos, ser sinodal, é esta a vocação da Igreja[2]. Os cristãos são chamados a percorrer o caminho em conjunto, jamais como viajantes solitários. O Espírito Santo impele-nosa sair de nós mesmos para ir ao encontro de Deus e dos nossos irmãos, e nunca a fechar-nos em nós mesmos[3]. Caminhar juntossignifica ser tecelões de unidade, partindo da nossa dignidade comum de filhos de Deus (cf.Gl3, 26-28); significa caminhar lado a lado, sem pisar ou subjugar o outro, sem alimentar invejas ou hipocrisias, sem deixar que ninguém fique para trás ou se sinta excluído. Sigamos na mesma direção, rumo a uma única meta, ouvindo-nos uns aos outros com amor e paciência.
Nesta Quaresma, Deus pede-nos que verifiquemos se nas nossas vidas e famílias, nos locais onde trabalhamos, nas comunidades paroquiais ou religiosas, somos capazes de caminhar com os outros, de ouvir, de vencer a tentação de nos entrincheirarmos na nossa autorreferencialidade e de olharmos apenas para as nossas próprias necessidades. Perguntemo-nos diante do Senhor se somos capazes de trabalhar juntos ao serviço do Reino de Deus, como bispos, sacerdotes, pessoas consagradas e leigos; se, com gestos concretos, temos uma atitude acolhedora em relação àqueles que se aproximam de nós e a quantos se encontram distantes; se fazemos com que as pessoas se sintam parte da comunidade ou se as mantemos à margem[4]. Este é o segundo apelo: a conversão à sinodalidade.
Em terceiro lugar, façamos este caminho juntosna esperançade uma promessa. Aesperança que não engana(cf.Rm5, 5), mensagem central do Jubileu[5], seja para nós o horizonte do caminho quaresmal rumo à vitória pascal. Como o Papa Bento XVI nos ensinou na EncíclicaSpe salvi, «o ser humano necessita do amor incondicionado. Precisa daquela certeza que o faz exclamar: “Nem a morte, nem a vida, nem os anjos, nem os principados, nem o presente, nem o futuro, nem as potestades, nem a altura, nem a profundidade, nem qualquer outra criatura poderá separar-nos do amor de Deus, que está em Cristo Jesus, nosso Senhor” (Rm8, 38-39)»[6].Jesus, nosso amor e nossa esperança, ressuscitou[7]e, vivo, reina glorioso. A morte foi transformada em vitória e aqui reside a fé e a grande esperança dos cristãos: na ressurreição de Cristo!
Eis o terceiro apelo à conversão: o da esperança, da confiança em Deus e na sua grande promessa, a vida eterna. Devemos perguntar-nos: estou convicto de que Deus me perdoa os pecados? Ou comporto-me como se me pudesse salvar sozinho? Aspiro à salvação e peço a ajuda de Deus para a receber? Vivo concretamente a esperança que me ajuda a ler os acontecimentos da história e me impele a um compromisso com a justiça, a fraternidade, o cuidado da casa comum, garantindo que ninguém seja deixado para trás?
Irmãs e irmãos, graças ao amor de Deus em Jesus Cristo, somos conservados na esperança que não engana (cf.Rm5, 5). A esperança é “a âncora da alma”, inabalável e segura[8]. Nela, a Igreja reza para que «todos os homens sejam salvos» (1Tm2, 4) e ela própria anseia estar na glória do céu, unida a Cristo, seu esposo. Santa Teresa de Jesus expressou isso da seguinte forma: «Espera, espera, que não sabes quando virá o dia nem a hora. Vela com cuidado, que tudo passa com brevidade, embora o teu desejo faça o certo duvidoso e longo o tempo breve» (Exclamações, XV, 3)[9].
Que a Virgem Maria, Mãe da Esperança, interceda por nós e nos acompanhe no caminho quaresmal.
Roma, São João de Latrão, na Memória dos Santos mártires Paulo Miki e companheiros, 6 de fevereiro de 2025.
FRANCISCO
_____________________
[1]Cf. Carta enc.Dilexit nos(24 de outubro de 2024), 220.
[2]Cf.Homilia naMissa de canonização dos BeatosJoão Batista Scalabrini e Artemide Zatti, 9 de outubro de 2022.
[3]Cf.Ibid.
[4]Cf.Ibid.
[5]Cf. BulaSpes non confundit, 1.
[6]Carta enc.Spe salvi(30 de novembro de 2007), 26.
[7]Cf. Sequência do Domingo de Páscoa.
[8]Cf.Catecismo da Igreja Católica, 1820.
[9]Ibid., 1821.
[00312-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Podążajmy razem w nadziei
Drodzy Bracia i Siostry!
Z pokutnym znakiem popiołu na głowie, z wiarą i nadzieją rozpoczynamy doroczną pielgrzymkę Wielkiego Postu. Kościół, matka i nauczycielka, zaprasza nas do przygotowania naszych serc i otwarcia się na Bożą łaskę, abyśmy mogli z wielką radością świętować paschalny triumf Chrystusa Pana nad grzechem i śmiercią, jak wołał św. Paweł: „Zwycięstwo pochłonęło śmierć. Gdzież jest, o śmierci twoje zwycięstwo? Gdzież jest, o śmierci, twój oścień?” (1 Kor15, 54-55). Istotnie, Jezus Chrystus, umarły i zmartwychwstały, jest centrum naszej wiary i gwarantem naszej nadziei na spełnienie wielkiej obietnicy Ojca, która już się urzeczywistniła w Nim, Jego umiłowanym Synu: obietnicy życia wiecznego (por.J10, 28; 17, 3)[1].
W tym Wielkim Poście, ubogaconym łaską Roku Jubileuszowego, chciałbym zaproponować wam kilka refleksji na temat znaczeniawspólnego podążania w nadziei, i odkrywanie wezwań do nawrócenia, które Boże miłosierdzie kieruje do nas wszystkich, jako do osób oraz jako do wspólnoty.
Przede wszystkim,podążać. Jubileuszowe hasło „Pielgrzymi nadziei” przywodzi na myśl długą drogę ludu Izraela do Ziemi Obiecanej, opisaną w Księdze Wyjścia: trudną drogę od niewoli ku wolności, upragnioną i wytyczaną przez Pana, który miłuje swój lud i jest mu zawsze wierny. Nie możemy zaś wspominać biblijnegoexodusu, nie myśląc o wielu braciach i siostrach, którzy dziś uciekają przed nędzą i przemocą, i idą w poszukiwaniu lepszego życia dla siebie i swoich bliskich. Tu, pojawia się pierwsze wezwanie do nawrócenia, ponieważ wszyscy jesteśmy pielgrzymami w życiu, ale każdy z nas może zapytać siebie: na ile pozwalam, żeby ten stan rzeczy stał się dla mnie wyzwaniem? Czy naprawdę jestem w drodze, czy jestem raczej sparaliżowany, statyczny, pełen lęku i beznadziei, lub wygodnie ułożony w mojej strefie komfortu? Czy szukam dróg wyzwolenia z sytuacji grzechu i braku godności? Dobrym ćwiczeniem wielkopostnym byłoby skonfrontowanie się z konkretną rzeczywistością jakiegoś migranta lub pielgrzyma i przyzwolenie, by nas to zaangażowało, aby odkryć, czego Bóg od nas oczekuje, abyśmy byli lepszymi wędrowcami do domu Ojca. To jest dobry „egzamin” dla wędrowcy.
Po drugie, odbywajmy tę podróżrazem. Podążanie razem –bycie „synodalnymi” – to jest powołanie Kościoła[2]. Chrześcijanie są wezwani do pokonywania drogi wspólnie, nigdy jako samotni podróżnicy. Duch Święty pobudza nas do wychodzenia poza samych siebie, aby iść ku Bogu oraz ku braciom i siostrom, a nigdy do zamykania się w sobie[3]. Podążać razem to znaczy być „tkaczami” jedności, zaczynając od wspólnej godności dzieci Bożych (por.Ga3, 26-28). To znaczy iść do przodu ramię w ramię, nie depcząc ani nie górując nad innymi, bez wyniszczającej zazdrości czy hipokryzji, bez pozwalania na to, by ktokolwiek pozostawał w tyle lub czuł się wykluczony. Idźmy w tym samym kierunku, do tego samego celu, z miłością i cierpliwością słuchając siebie nawzajem.
W tym Wielkim Poście Bóg wzywa nas do zweryfikowania, czy w naszym życiu, w naszych rodzinach, w miejscach, w których pracujemy, we wspólnotach parafialnych lub zakonnych, jesteśmy zdolni do kroczenia z innymi, do słuchania, do przezwyciężania pokusy zakorzeniania się w swojej autoreferencyjności i dbania wyłącznie o własne potrzeby. Zapytajmy siebie przed Panem, czy jesteśmy w stanie pracować razem jako biskupi, kapłani, osoby konsekrowane i świeccy, w służbie Królestwa Bożego? Czy zachowujemy postawę gościnności, z konkretnymi gestami, wobec tych, którzy się do nas zwracają, i do tych, którzy są daleko? Czy sprawiamy, że ludzie czują się częścią wspólnoty, czy też trzymamy ich na marginesie[4]. To jest drugie wezwanie: nawrócenie do synodalności.
Po trzecie, wyruszmy razem w tę drogę wnadzieina spełnienie się obietnicy. Niechnadzieja, która nie zawodzi(por.Rz5, 5), centralne przesłanie tego Jubileuszu[5], będzie dla nas perspektywą wielkopostnej drogi ku paschalnemu zwycięstwu. Jak uczył nas Papież Benedykt XVI w encykliceSpe salvi: „Istota ludzka potrzebuje miłości bezwarunkowej. Potrzebuje tej pewności, dzięki której może powiedzieć: «Ani śmierć, ani życie, ani aniołowie, ani Zwierzchności, ani rzeczy teraźniejsze, ani przyszłe, ani Moce, ani co [jest] wysoko, ani co głęboko, ani jakiekolwiek inne stworzenie nie zdoła nas odłączyć od miłości Boga, która jest w Jezusie Chrystusie, Panu naszym (Rz8, 38-39)»”[6]. Jezus, nasza miłość i nasza nadzieja, zmartwychwstał[7], żyje i króluje w chwale. Śmierć została przemieniona w zwycięstwo i tu tkwi wiara i wielka nadzieja chrześcijan: w zmartwychwstaniu Chrystusa!
Oto trzecie wezwanie do nawrócenia: wezwanie do nadziei, do zaufania Bogu i Jego wielkiej obietnicy, życia wiecznego. Musimy zadać sobie pytanie: czy mam w sobie przekonanie, że Bóg przebacza moje grzechy? A może zachowuję się tak, jakbym mógł zbawić się sam? Czy pragnę zbawienia i wzywam Bożej pomocy, aby go dostąpić? Czy konkretnie żyję nadzieją, która pomaga mi odczytywać wydarzenia historii i pobudza mnie do zaangażowania się na rzecz sprawiedliwości, braterstwa, troski o wspólny dom, dbając o to, by nikt nie został pozostawiony samemu sobie?
Siostry i bracia, dzięki miłości Boga w Jezusie Chrystusie, jesteśmy zachowani w nadziei, która nie zawodzi (por.Rz5, 5). Nadzieja jest pewną i niezachwianą „kotwicą duszy”[8]. W niej Kościół modli się, aby „wszyscy ludzie zostali zbawieni” (1 Tm2, 4) i oczekuje na zjednoczenie w chwale nieba z Chrystusem, swoim oblubieńcem. Św. Teresa od Jezusa wyraziła to w ten sposób: „Ufaj więc, (duszo moja), ufaj, bo nie znasz dnia ani godziny. Czuwaj pilnie, wszystko szybko przemija, choć twoja tęsknota wątpliwym czyni to, co jest pewne, i czas krótki – długim” (Wołania duszy do Boga,15, 3)[9].
Niech Dziewica Maryja, Matka Nadziei, wstawia się za nami i towarzyszy nam w wielkopostnej drodze.
Rzym, u Świętego Jana na Lateranie, dnia 6 lutego 2025 roku, we wspomnienie św. Pawła Miki i Towarzyszy, męczenników.
FRANCISZEK
_____________________
[1]Por. Enc.Dilexit nos(24 października 2024), 220.
[2]Por.Homilia podczas Mszy św. z okazji kanonizacji Jana Chrzciciela Scalabriniego i Artemiusza Zattiego, 9 października 2022 r.
[3]Por.tamże.
[4]Por.tamże.
[5]Por. BullaSpes non confundit, 1.
[6]Enc.Spe salvi(30 listopada 2007), 26.
[7]Por. Sekwencja Niedzieli Wielkanocnej.
[8]Por.Katechizm Kościoła Katolickiego, n. 1820.
[9]Tamże, n. 1821.
[00312-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
رسالة قداسة البابا فرنسيس
في مناسبة الزّمن الأربعينيّ 2025
نسير معًا في الرّجاء
أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء،
بعلامة التّوبة بوضع الرّماد على الرّأس، نبدأ حجّ الزّمن الأربعينيّ السّنويّ، بإيمان ورجاء. الكنيسة، الأمّ والمعلِّمة، تدعونا إلى أن نهيِّئ قلوبنا ونفتح أنفسنا لنعمة الله لكي نحتفل بفرح كبير انتصار المسيح الرّبّ في الفصح على الخطيئة والموت، كما هتف القدّيس بولس قال: "قدِ ابتَلَعَ النَّصْرُ المَوت. فأَينَ يا مَوتُ نَصْرُكَ؟ وأَينَ يا مَوتُ شَوكَتُكَ؟" (1 قورنتس 15، 54-55). في الواقع، يسوع المسيح، الذي مات وقام من بين الأموات، هو محور إيماننا والضّامن لرجائنا في وعد الآب الكبير، الذي هو الحياة الأبديّة (راجع يوحنّا 10، 28؛ 17، 3)، والذي تحقّق فيه، في الابن الحبيب.
[1]
في هذا الزّمن الأربعينيّ، الذي يغتني بنعمة سنة اليوبيل، أودّ أن أقدِّم لكم بعض الأفكار في ما معنى أن نسير معًا في الرّجاء، لنكتشف النّداءات إلى التّوبة التي توجِّهها إلينا رحمة الله، أفرادًا وجماعات.
أوّلًا، السَّير. شعار اليوبيل ”حُجَّاج الرَّجاء“ يجعلنا نفكّر في رحلة شعب إسرائيل الطّويلة نحو أرض الميعاد، كما ورد في سفر الخروج: المسيرة الصّعبة من العبوديّة إلى الحرّيّة، التي أرادها الله الذي يحبّ شعبه، ورافقها، وهو أمين له دائمًا. ولا يمكننا أن نتذكّر حدث الخروج في الكتاب المقدّس بدون أن نفكّر في الإخوة والأخوات الكثيرين الذين يهربون اليوم من أوضاع البؤس والعنف بحثًا عن حياة أفضل لهم ولأحبّائهم. وهنا نجد أوّل نداء إلى التّوبة، لأنّنا جميعًا حُجّاج في الحياة، ويمكن لكلّ واحد منّا أن يسأل نفسه: كيف أواجه هذه الحالة؟ هل أنا حقًّا في مسيرة، أم أنا مشلول عن الحركة، ثابت في مكاني، غارق في الخوف وقلّة الرّجاء، أم مستقرّ في منطقة راحتي؟ هل أبحث عن مسارات للتّحرّر من حالات الخطيئة وانعدام الكرامة؟ سيكون تدريبًا جيِّدًا في الزّمن الأربعينيّ أن نواجه الواقع العمليّ لبعض المهاجرين أو الحُجّاج، وأن نسمح لأنفسنا بأن نتأثّر به، حتّى نكتشف ما يطلبه الله منّا لنكون مسافرين أفضل نحو بيت الآب. هذا اختبار جيِّد للمسافر.
ثانيًّا، لنَقُم بهذه الرّحلة معًا. أن نسير معًا، أن نكون ”سينودسًا“، هو دعوة الكنيسة.
[2]المسيحيّون مدعوّون إلى أن يسيروا معًا، ولا يكونوا مسافرين وحدهم أبدًا. الرّوح القدس يدفعنا إلى الخروج من ذاتنا لنذهب نحو الله والإخوة، وليس إلى الانغلاق على أنفسنا.
[3]أن نسير معًا يعني أن نكون ناسجي وَحدة، على أساس الكرامة المشتركة كأبناء الله (راجع غلاطية 3، 36-28). ويعني أن نسير جنبًا إلى جنب، بدون أن ندوس أو نقهر الآخر، وبدون أن نحمل الحسد أو النّفاق، وبدون أن نسمح لأحد بأن يبقى في الخلف أو أن يشعر بأنّه مُستَبعَد ومُهَمَّش. أن نسير في نفس الاتجاه، نحو نفس الهدف، ونحن نصغي بعضنا إلى بعض بمحبّة وصبر.
في هذا الزّمن الأربعينيّ، يطلب الله منّا أن نتحقّق هل نحن قادرون على السّير معًا مع الآخرين، في حياتنا، وفي عائلاتنا، وفي الأماكن التي نعمل فيها، وفي جماعاتنا الرّعويّة أو الرّهبانيّة، وهل نستطيع أن نصغي إليهم، ونتغلّب على تجربة حصر أنفسنا في مرجعيّتنا الذاتيّة، فنفكّر فقط في احتياجاتنا؟لنسأل أنفسنا أمام الرّبّ يسوع هل نقدر أن نعمل معًا، أساقفة، وكهنة، ومكرّسين، وعلمانيّين، في خدمة ملكوت الله، وهل نرحّب بالغير بأعمال ملموسة، بالذين يقتربون منّا والبعيدين عنّا، وهل نجعل النّاس يشعرون بأنّهم جزء من جماعة المؤمنين أم نبقيهم على الهامش؟
[4]هذا هو النّداء الثّاني: توبة وتغيّر إلى السّينوديّة.
ثالثًا، نتمِّم هذه المسيرة معًا فيما يملأنا الرّجاء بالوعد. الرّجاء الذي لا يُخيِّب (راجع رومة 5، 5)، رسالة اليوبيل الرّئيسيّة
[5]، ليكن لنا أفقًا لمسيرتنا في الزّمن الأربعينيّ نحو انتصار الفصح. كما علّمنا البابا بنديكتس السّادس عشر في الرّسالة العامّة، ”بالرّجاء مخلَّصون“، "الإنسانُ بحاجةٍ إلى حبٍّ غير مشروط. إنّه بحاجةٍ إلى تأكيدٍ يجعله يقول: ”لا مَوتٌ ولا حَياة، ولا مَلائِكَةٌ ولا أَصحابُ رِئاسة، ولا حاضِرٌ ولا مُستَقبَل، ولا قُوَّاتٌ، ولا عُلُوٌّ ولا عُمْق، ولا خَليقَةٌ أُخْرى، بِوُسعِها أَن تَفصِلَنا عن مَحبَّةِ اللهِ الَّتي في المَسيحِ يَسوعَ رَبِّنا“ (رومة 8، 38- 39)"
[6]. يسوع، حبّنا ورجاؤنا، قد قام من بين الأموات
[7]وهو حيّ ويملك في مجده. تحوّل الموت إلى نصر، في هذا يكمن إيمان المسيحيّين ورجاؤهم الكبير: في قيامة المسيح من بين الأموات!
وهذا هو النّداء الثّالث إلى التّوبة: الدّعوة إلى الرّجاء والثّقة بالله وبوعده الكبير، أي الحياة الأبديّة. علينا أن نسأل أنفسنا: هل لديَّ القناعة بأنّ الله يغفر خطاياي؟ أم أتصرّف وكأنّني أستطيع أن أُخلِّص نفسي بنفسي؟ هل أتطلّع إلى الخلاص وأطلب عون الله لأقبله؟ هل أعيش حقًّا الرّجاء الذي يساعدني لأفهم أحداث التّاريخ ويدفعني إلى أن ألتزم بالعدل والأخوّة والاهتمام ببيتنا المشترك، بحيث لا نترك أحدًا في الخلف متروكًا؟
أيّها الإخوة والأخوات، بقوّة محبّة الله في يسوع المسيح، يحمينا الرّجاء الذي لا يُخَيِّب (راجع رومة 5، 5). الرّجاء هو"مرساة النّفس، الأمينة والرّاسخة"
[8]. وبالرّجاء الكنيسة تصلّي حتّى "يَخْلُصَ جَميعُ النَّاس" (1 طيموتاوس 2، 4) وتنتظر أن تكون في مجد السّماء متّحدة بالمسيح عريسها. هكذا كانت تقول القدّيسة تيريزا الطّفل يسوع: "اثبتي في الرّجاء، يا نفسي، اثبتي في الرّجاء. فأنتِ تجهلين اليوم والسّاعة. اسهري، كوني يقظة، فكلّ شيء يمرّ بلحظة، على الرّغم من أنّ نفاد صبرِك قد يجعل الأمر الأكيد غير أكيد، ويجعل الزّمن القصير طويلًا جدًّا" (هتافات النّفس إلى الله، 15، 3)
[9].
سيِّدتنا مريم العذراء، أمّ الرّجاء، لتشفع لنا وترافقنا في مسيرة الزّمن الأربعينيّ.
روما، بازيليكا القدّيس يوحنّا في اللاتران، يوم 6 شباط/يناير 2025، تذكار القدّيس بولس ميكي ورفقائه الشّهداء.
فرنسيس
[00312-AR.01] [Testo originale: Italiano]
[B0151-XX.01]
[1]راجع رسالة بابويّة عامّة،لقد أحَبَّنا(24 تشرين الأوّل/أكتوبر 2024)، 220.
[2]راجععظة في قدّاس تقديس الطّوباويّين الأسقف سكالابريني (Scalabrini) والرّاهب السّالزياني أرتيميد زاتّي (Artemide Zatti)، 9 تشرين الأوّل/أكتوبر 2022.
[3]راجعالمرجع نفسه.
[4]راجعالمرجع نفسه.
[5]راجع مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل العادي،الرَّجاءُ لا يُخَيِّبُ، 1.
[6]رسالة بابويّة عامّة،بالرّجاء مخلَّصون(30 تشرين الثّاني/نوفمبر 2007)، 26.
[7]راجع النّشيد الذي ننشده بعد القراءة في أحد الفصح.
[8]التّعليم المسيحيّ للكنيسة الكاثوليكيّة، 1820.
[9]المرجع نفسه، 1821.