Messaggio del Santo Padre
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua tedesca
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba
Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Francesco per la 99a Giornata Missionaria Mondiale che si celebra domenica 19 ottobre 2025 sul tema “Missionari di speranza tra le genti”:
Messaggio del Santo Padre
Missionari di speranza tra le genti
Cari fratelli e sorelle!
Per la Giornata Missionaria Mondiale dell’anno giubilare 2025, il cui messaggio centrale è la speranza (cfr Bolla Spes non confundit, 1), ho scelto questo motto: “Missionari di speranza tra le genti”. Esso richiama ai singoli cristiani e alla Chiesa, comunità dei battezzati, la vocazione fondamentale di essere, sulle orme di Cristo, messaggeri e costruttori della speranza. Auguro a tutti un tempo di grazia con il Dio fedele che ci ha rigenerato in Cristo risorto «per una speranza viva» (cfr 1Pt 1,3-4); e desidero ricordare alcuni aspetti rilevanti dell’identità missionaria cristiana, affinché possiamo lasciarci guidare dallo Spirito di Dio e ardere di santo zelo per una nuova stagione evangelizzatrice della Chiesa, inviata a rianimare la speranza in un mondo su cui gravano ombre oscure (cfr Lett. enc. Fratelli tutti, 9-55).
1. Sulle orme di Cristo nostra speranza
Celebrando il primo Giubileo ordinario del Terzo Millennio dopo quello del Duemila, teniamo lo sguardo rivolto a Cristo che è il centro della storia, «lo stesso ieri e oggi e per sempre» (Eb 13,8). Egli, nella sinagoga di Nazaret, dichiarò il compiersi della Scrittura nell’“oggi” della sua presenza storica. Si rivelò così come l’Inviato dal Padre con l’unzione dello Spirito Santo per portare la Buona Notizia del Regno di Dio e inaugurare «l’anno di grazia del Signore» per tutta l’umanità (cfr Lc 4,16-21).
In questo mistico “oggi” che perdura sino alla fine del mondo, Cristo è il compimento della salvezza per tutti, particolarmente per coloro la cui unica speranza è Dio. Egli, nella su vita terrena, «passò beneficando e risanando tutti» dal male e dal Maligno (cfr At 10,38), ridonando ai bisognosi e al popolo la speranza in Dio. Inoltre, sperimentò tutte le fragilità umane, tranne quella del peccato, attraversando pure momenti critici, che potevano indurre a disperare, come nell’agonia del Getsemani e sulla croce. Gesù però affidava tutto a Dio Padre, obbedendo con fiducia totale al suo progetto salvifico per l’umanità, progetto di pace per un futuro pieno di speranza (cfr Ger 29,11). Così è diventato il divino Missionario della speranza, modello supremo di quanti lungo i secoli portano avanti la missione ricevuta da Dio anche nelle prove estreme.
Tramite i suoi discepoli, inviati a tutti i popoli e accompagnati misticamente da Lui, il Signore Gesù continua il suo ministero di speranza per l’umanità. Egli si china ancora oggi su ogni persona povera, afflitta, disperata e oppressa dal male, per versare «sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza» (Prefazio “Gesù buon samaritano”). Obbediente al suo Signore e Maestro e con il suo stesso spirito di servizio, la Chiesa, comunità dei discepoli-missionari di Cristo, prolunga tale missione, offrendo la vita per tutti in mezzo alle genti. Pur dovendo affrontare, da un lato, persecuzioni, tribolazioni e difficoltà e, dall’altro, le proprie imperfezioni e cadute a causa delle debolezze dei singoli membri, essa è costantemente spinta dall’amore di Cristo a procedere unita a Lui in questo cammino missionario e a raccogliere, come Lui e con Lui, il grido dell’umanità, anzi, il gemito di ogni creatura in attesa della redenzione definitiva. Ecco la Chiesa che il Signore chiama da sempre e per sempre a seguire le sue orme: «non una Chiesa statica, [ma] una Chiesa missionaria, che cammina con il Signore lungo le strade del mondo» (Omelia nella Messa conclusiva dell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 27 ottobre 2024).
Sentiamoci perciò ispirati anche noi a metterci in cammino sulle orme del Signore Gesù per diventare, con Lui e in Lui, segni e messaggeri di speranza per tutti, in ogni luogo e circostanza che Dio ci dona di vivere. Che tutti i battezzati, discepoli-missionari di Cristo, facciano risplendere la sua speranza in ogni angolo della terra!
2. I cristiani, portatori e costruttori di speranza tra le genti
Seguendo Cristo Signore, i cristiani sono chiamati a trasmettere la Buona Notizia condividendo le concrete condizioni di vita di coloro che incontrano e diventando così portatori e costruttori di speranza. Infatti, «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (Gaudium et spes 1).
Questa celebre affermazione del Concilio Vaticano II, che esprime il sentire e lo stile delle comunità cristiane in ogni epoca, continua a ispirarne i membri e li aiuta a camminare con i loro fratelli e sorelle nel mondo. Penso in particolare a voi, missionari e missionarie ad gentes, che, seguendo la chiamata divina, siete andati in altre nazioni per far conoscere l’amore di Dio in Cristo. Grazie di cuore! La vostra vita è una risposta concreta al mandato di Cristo Risorto, che ha inviato i discepoli ad evangelizzare tutti i popoli (cfr Mt 28,18-20). Così voi richiamate la vocazione universale dei battezzati a diventare, con la forza dello Spirito e l’impegno quotidiano, missionari tra le genti della grande speranza donataci dal Signore Gesù.
L’orizzonte di questa speranza supera le realtà mondane passeggere e si apre a quelle divine, che già pregustiamo nel presente. Infatti, come ricordava San Paolo VI, la salvezza in Cristo, che la Chiesa offre a tutti come dono della misericordia di Dio, non è solo «immanente, a misura dei bisogni materiali o anche spirituali che […] si identificano totalmente con i desideri, le speranze, le occupazioni, le lotte temporali, ma altresì una salvezza che oltrepassa tutti questi limiti per attuarsi in una comunione con l’unico Assoluto, quello di Dio: salvezza trascendente, escatologica, che ha certamente il suo inizio in questa vita, ma che si compie nell’eternità» (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 27).
Animate da una speranza così grande, le comunità cristiane possono essere segni di nuova umanità in un mondo che, nelle aree più “sviluppate”, mostra sintomi gravi di crisi dell’umano: diffuso senso di smarrimento, solitudine e abbandono degli anziani, difficoltà di trovare la disponibilità al soccorso di chi ci vive accanto. Sta venendo meno, nelle nazioni più avanzate tecnologicamente, la prossimità: siamo tutti interconnessi, ma non siamo in relazione. L’efficientismo e l’attaccamento alle cose e alle ambizioni ci inducono ad essere centrati su noi stessi e incapaci di altruismo. Il Vangelo, vissuto nella comunità, può restituirci un’umanità integra, sana, redenta.
Rinnovo pertanto l’invito a compiere le azioni indicate nella Bolla di indizione del Giubileo (nn. 7-15), con particolare attenzione ai più poveri e deboli, ai malati, agli anziani, agli esclusi dalla società materialista e consumistica. E a farlo con lo stile di Dio: con vicinanza, compassione e tenerezza, curando la relazione personale con i fratelli e le sorelle nella loro concreta situazione (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 127-128). Spesso, allora, saranno loro a insegnarci a vivere con speranza. E attraverso il contatto personale potremo trasmettere l’amore del Cuore compassionevole del Signore. Sperimenteremo che «il Cuore di Cristo […] è il nucleo vivo del primo annuncio» (Lett. enc. Dilexit nos, 32). Attingendo da questa fonte, infatti, si può offrire con semplicità la speranza ricevuta da Dio (cfr 1Pt 1,21), portando agli altri la stessa consolazione con cui siamo consolati da Dio (cfr 2Cor 1,3-4). Nel Cuore umano e divino di Gesù Dio vuole parlare al cuore di ogni persona, attirando tutti al suo Amore. «Noi siamo stati inviati a continuare questa missione: essere segno del Cuore di Cristo e dell’amore del Padre, abbracciando il mondo intero» (Discorso ai partecipanti all’Assemblea generale delle Pontificie Opere Missionarie, 3 giugno 2023).
3. Rinnovare la missione della speranza
Davanti all’urgenza della missione della speranza oggi, i discepoli di Cristo sono chiamati per primi a formarsi per diventare “artigiani” di speranza e restauratori di un’umanità spesso distratta e infelice.
A tal fine, occorre rinnovare in noi la spiritualità pasquale, che viviamo in ogni celebrazione eucaristica e soprattutto nel Triduo Pasquale, centro e culmine dell’anno liturgico. Siamo battezzati nella morte e risurrezione redentrice di Cristo, nella Pasqua del Signore che segna l’eterna primavera della storia. Siamo allora “gente di primavera”, con uno sguardo sempre pieno di speranza da condividere con tutti, perché in Cristo «crediamo e sappiamo che la morte e l’odio non sono le ultime parole» sull’esistenza umana (cfr Catechesi, 23 agosto 2017). Perciò, dai misteri pasquali, che si attuano nelle celebrazioni liturgiche e nei sacramenti, attingiamo continuamente la forza dello Spirito Santo con lo zelo, la determinazione e la pazienza per lavorare nel vasto campo dell’evangelizzazione del mondo. «Cristo risorto e glorioso è la sorgente profonda della nostra speranza, e non ci mancherà il suo aiuto per compiere la missione che Egli ci affida» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 275). In Lui viviamo e testimoniamo quella santa speranza che è «un dono e un compito per ogni cristiano» (La speranza è una luce nella notte, Città del Vaticano 2024, 7).
I missionari di speranza sono uomini e donne di preghiera, perché «la persona che spera è una persona che prega», come sottolineava il Venerabile Cardinale Van Thuan, che ha mantenuto viva la speranza nella lunga tribolazione del carcere grazie alla forza che riceveva dalla preghiera perseverante e dall’Eucaristia (cfr F.X. Nguyen Van Thuan, Il cammino della speranza, Roma 2001, n. 963). Non dimentichiamo che pregare è la prima azione missionaria e al contempo «la prima forza della speranza» (Catechesi, 20 maggio 2020).
Rinnoviamo perciò la missione della speranza a partire dalla preghiera, soprattutto quella fatta con la Parola di Dio e particolarmente con i Salmi, che sono una grande sinfonia di preghiera il cui compositore è lo Spirito Santo (cfr Catechesi, 19 giugno 2024). I Salmi ci educano a sperare nelle avversità, a discernere i segni di speranza e ad avere il costante desiderio “missionario” che Dio sia lodato da tutti i popoli (cfr Sal 41,12; 67,4). Pregando teniamo accesa la scintilla della speranza, accesa da Dio in noi, perché diventi un grande fuoco, che illumina e riscalda tutti attorno, anche con azioni e gesti concreti ispirati dalla preghiera stessa.
Infine, l’evangelizzazione è sempre un processo comunitario, come il carattere della speranza cristiana (cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Spe Salvi, 14). Tale processo non finisce con il primo annuncio e con il battesimo, bensì continua con la costruzione delle comunità cristiane attraverso l’accompagnamento di ogni battezzato nel cammino sulla via del Vangelo. Nella società moderna, l’appartenenza alla Chiesa non è mai una realtà acquisita una volta per tutte. Perciò l’azione missionaria di trasmettere e formare la fede matura in Cristo è «il paradigma di ogni opera della Chiesa» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 15), un’opera che richiede comunione di preghiera e di azione. Insisto ancora su questa sinodalità missionaria della Chiesa, come pure sul servizio delle Pontificie Opere Missionarie nel promuovere la responsabilità missionaria dei battezzati e sostenere le nuove Chiese particolari. Ed esorto tutti voi, bambini, giovani, adulti, anziani, a partecipare attivamente alla comune missione evangelizzatrice con la testimonianza della vostra vita e con la preghiera, con i vostri sacrifici e la vostra generosità. Grazie di cuore di questo!
Care sorelle e cari fratelli, rivolgiamoci a Maria, Madre di Gesù Cristo nostra speranza. A Lei affidiamo l’auspicio per questo Giubileo e per gli anni futuri: «Possa la luce della speranza cristiana raggiungere ogni persona, come messaggio dell’amore di Dio rivolto a tutti! E possa la Chiesa essere testimone fedele di questo annuncio in ogni parte del mondo!» (Bolla Spes non confundit, 6).
Roma, San Giovanni in Laterano, 25 gennaio 2025, festa della Conversione di San Paolo, Apostolo.
FRANCESCO
[00226-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua francese
Missionnaire d’espérance parmi les peuples
Chers frères et sœurs!
Pour la Journée mondiale des missions de l’Année jubilaire 2025, dont le message central est l’espérance (cf. Bulle Spes non confundit, n. 1), j’ai choisi cette devise: «Missionnaires de l’espérance parmi les peuples». Elle rappelle à chaque chrétien et à l’Église, communauté des baptisés, la vocation fondamentale d’être, à la suite du Christ, des messagers et des bâtisseurs d’espérance. Je souhaite à tous un temps de grâce avec le Dieu fidèle qui nous a fait renaître dans le Christ ressuscité «pour une vivante espérance» (cf. 1 P 1, 3-4). Je désire rappeler quelques aspects pertinents de l’identité missionnaire chrétienne, afin que nous nous laissions guider par l’Esprit de Dieu et que nous brûlions d’un saint zèle pour une nouvelle saison évangélisatrice de l’Église, envoyée pour raviver l’espérance dans un monde sur lequel planent des ombres obscures (cf. Lett. enc. Fratelli tutti, nn. 9-55).
1. Sur les traces du Christ, notre espérance
En célébrant le premier Jubilé ordinaire du Troisième Millénaire, après celui de l’an 2000, nous gardons le regard fixé sur le Christ qui est au centre de l’histoire, «le même hier, aujourd’hui et pour l’éternité» (He 13, 8). Dans la synagogue de Nazareth, il a déclaré l’accomplissement de l’Écriture dans l’“aujourd’hui” de sa présence historique. Il s’est ainsi révélé comme l’Envoyé du Père, avec l’onction de l’Esprit Saint, pour apporter la Bonne Nouvelle du Royaume de Dieu et pour inaugurer «l’année de grâce du Seigneur» pour toute l’humanité (cf. Lc 4, 16-21).
Dans cet “aujourd’hui” mystique qui dure jusqu’à la fin du monde, le Christ est l’accomplissement du salut pour tous, en particulier pour ceux dont l’unique espérance est Dieu. Dans sa vie terrestre, il «passait en faisant le bien et en guérissant tous» du mal et du Malin (cf. Ac 10, 38), redonnant l’espérance en Dieu aux nécessiteux et au peuple. En outre, il a fait l’expérience de toutes les fragilités humaines, à l’exception de celle du péché, passant même par des moments critiques qui pouvaient conduire au désespoir, comme dans l’agonie de Gethsémani et sur la croix. Mais Jésus confiait tout à Dieu le Père, obéissant avec une confiance totale à son plan de salut pour l’humanité, un plan de paix pour un avenir plein d’espérance (cf. Jr 29, 11). Il est ainsi devenu le divin Missionnaire de l’espérance, le modèle suprême de ceux qui, au cours des siècles, portent en avant la mission reçue de Dieu, même dans des épreuves extrêmes.
À travers ses disciples, envoyés à tous les peuples et accompagnés mystiquement par Lui, le Seigneur Jésus poursuit son ministère d’espérance pour l’humanité. Il se penche encore sur chaque personne pauvre, affligée, désespérée et rongée par le mal, pour verser «sur ses plaies l’huile de la consolation et le vin de l’espérance» (Préface “Jésus le bon Samaritain”). Obéissant à son Seigneur et Maître et avec le même esprit de service, l’Église, communauté des disciples-missionnaires du Christ, prolonge cette mission, offrant sa vie pour tous au milieu des peuples. Tout en devant faire face, d’une part, aux persécutions, aux tribulations et aux difficultés et, d’autre part, à ses propres imperfections et chutes dues aux faiblesses de chacun de ses membres, elle est constamment poussée par l’amour du Christ à avancer unie à Lui sur ce chemin missionnaire et à prendre en charge, comme Lui et avec Lui, le cri de l’humanité, et même le gémissement de toute créature en attente de la rédemption définitive. Telle est l’Église que le Seigneur appelle toujours et pour toujours à suivre ses traces: «Pas une Église statique, [mais] une Église missionnaire, qui marche avec le Seigneur sur les routes du monde» (Homélie de la Messe de clôture de l’Assemblée générale ordinaire du Synode des évêques, 27 octobre 2024).
Sentons-nous donc inspirés nous aussi à nous mettre en route sur les traces du Seigneur Jésus pour devenir, avec Lui et en Lui, des signes et des messagers d’espérance pour tous, en tout lieu et en toute circonstance que Dieu nous donne de vivre. Que tous les baptisés, disciples-missionnaires du Christ, fassent briller son espérance en tous les coins de la terre!
2. Les chrétiens, porteurs et constructeurs d’espérance parmi les peuples
En suivant le Christ Seigneur, les chrétiens sont appelés à transmettre la Bonne Nouvelle en partageant les conditions de vie concrètes de ceux qu’ils rencontrent et en devenant ainsi porteurs et constructeurs d’espérance. En effet, «les joies et les espoirs, les tristesses et les angoisses des hommes de ce temps, des pauvres surtout et de tous ceux qui souffrent, sont aussi les joies et les espoirs, les tristesses et les angoisses des disciples du Christ, et il n’est rien de vraiment humain qui ne trouve écho dans leur cœur» (Gaudium et spes, n. 1).
Cette célèbre affirmation du Concile Vatican II, qui exprime le sentiment et le style des communautés chrétiennes à chaque époque, continue d’inspirer leurs membres et les aide à marcher avec leurs frères et sœurs dans le monde. Je pense en particulier à vous, missionnaires ad gentes, qui, suivant l’appel divin, êtes allés dans d’autres nations pour faire connaître l’amour de Dieu dans le Christ. Merci de tout cœur ! Votre vie est une réponse concrète au mandat du Christ ressuscité, qui a envoyé les disciples pour évangéliser tous les peuples (cf. Mt 28, 18-20). Ainsi vous rappelez la vocation universelle des baptisés à devenir parmi les peuples, par la force de l’Esprit et l’engagement quotidien, des missionnaires de la grande espérance que nous donne le Seigneur Jésus.
L’horizon de cette espérance dépasse les réalités mondaines passagères et s’ouvre aux réalités divines que nous prévoyons déjà dans le présent. En effet, comme le rappelait saint Paul VI, le salut dans le Christ, que l’Église offre à tous comme don de la miséricorde de Dieu, n’est pas seulement «immanent, à la mesure des besoins matériels ou même spirituels […] s’identifiant totalement avec les désirs, les espoirs, les affaires et les combats temporels, mais un salut qui déborde toutes ces limites pour s’accomplir dans une communion avec le seul Absolu, celui de Dieu: salut transcendant, eschatologique, qui a certes son commencement en cette vie, mais qui s’accomplit dans l’éternité» (Exhort. ap. Evangelii nuntiandi, n. 27).
Animées par une si grande espérance, les communautés chrétiennes peuvent être des signes d’une nouvelle humanité dans un monde qui, dans les zones plus “développées”, montre de graves symptômes de crise de l’humain: un sens diffus de désarroi, de solitude et d’abandon des personnes âgées, des difficultés à trouver de la disponibilité au secours de ceux qui vivent à côté. Dans les pays les plus avancés technologiquement, la proximité est en train de disparaître: nous sommes tous interconnectés, mais nous ne sommes pas en relation. L’efficacité ainsi que l’attachement aux choses et aux ambitions nous conduisent à être centrés sur nous-mêmes et incapables d’altruisme. L’Évangile, vécu dans la communauté, peut nous rendre une humanité intègre, saine, rachetée.
Je renouvelle donc l’invitation à accomplir les actions indiquées dans la Bulle d’indiction du Jubilé (cf. nn. 7-15), en portant une attention particulière aux plus pauvres et faibles, aux malades, aux personnes âgées, aux exclus de la société matérialiste et consumériste. Et à le faire avec le style de Dieu: avec proximité, compassion et tendresse, en prenant soin de la relation personnelle avec les frères et les sœurs dans leur situation concrète (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, nn. 127-128). Souvent, ce seront donc eux qui nous enseigneront à vivre avec espérance. Et par le contact personnel, nous pourrons transmettre l’amour du Cœur compatissant du Seigneur. Nous expérimenterons que «le Cœur du Christ […] est le noyau vivant de la première annonce» (Lett. enc. Dilexit nos, n. 32). En puisant à cette source, on peut, en effet, offrir avec simplicité l’espérance reçue de Dieu (cf. 1 P 1, 21), en apportant aux autres la même consolation par laquelle nous sommes consolés par Dieu (cf. 2 Co 1,3-4). Dans le Cœur humain et divin de Jésus, Dieu veut parler au cœur de chaque personne, en attirant chacun à son Amour. «Nous avons été envoyés pour continuer cette mission: être signe du Cœur du Christ et de l’amour du Père, en embrassant le monde entier» (Discours aux participants à l’Assemblée générale des Œuvres Pontificales Missionnaires, 3 juin 2023).
3. Renouveler la mission de l’espérance
Face à l’urgence de la mission de l’espérance aujourd’hui, les disciples du Christ sont appelés en priorité à se former pour devenir des “artisans” d’espérance et des restaurateurs d’une humanité souvent distraite et malheureuse.
À cette fin, il faut renouveler en nous la spiritualité pascale que nous vivons à chaque célébration eucharistique et surtout durant le Triduum pascal, centre et sommet de l’année liturgique. Nous sommes baptisés dans la mort et la résurrection rédemptrice du Christ, dans la Pâque du Seigneur qui marque le printemps éternel de l’histoire. Nous sommes alors “des personnes du printemps”, avec un regard toujours rempli d’espérance à partager avec tous, parce que dans le Christ «nous croyons et savons que la mort et la haine ne sont pas les dernières paroles» sur l’existence humaine (cf. Catéchèse, 23 août 2017). C’est pourquoi, à partir des mystères de Pâques qui s’actualisent dans les célébrations liturgiques et dans les sacrements, nous puisons continuellement la force de l’Esprit Saint avec le zèle, la détermination et la patience pour travailler dans le vaste champ de l’évangélisation du monde. «Le Christ ressuscité et glorieux est la source profonde de notre espérance, et son aide ne nous manquera pas dans l’accomplissement de la mission qu’Il nous confie» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, n. 275). En Lui nous vivons et témoignons de cette sainte espérance qui est «un don et une tâche pour chaque chrétien» (La speranza è una luce nella notte, Città del Vaticano 2024, p. 7).
Les missionnaires de l’espérance sont des hommes et des femmes de prière, parce que «la personne qui espère est une personne qui prie», comme le soulignait le vénérable Cardinal Van Thuan, lequel a maintenu vive l’espérance durant la longue tribulation de la prison grâce à la force qu’il recevait de sa prière persévérante et de l’Eucharistie (cf. F.X. Nguyen Van Thuan, Le chemin de l’espérance, Rome 2001, n. 963). N’oublions pas que prier est la première action missionnaire et en même temps «la première force de l’espérance» (Catéchèse, 20 mai 2020).
Renouvelons donc la mission de l’espérance à partir de la prière, surtout celle faite de la Parole de Dieu et en particulier des Psaumes, qui sont une grande symphonie de prière dont le compositeur est l’Esprit Saint (cf. Catéchèse, 19 juin 2024). Les Psaumes nous éduquent à espérer dans l’adversité, à discerner les signes d’espérance et à avoir un constant désir “missionnaire” que Dieu soit loué par tous les peuples (cf. Ps 41, 12; 67, 4). En priant, nous gardons allumée l’étincelle de l’espérance, allumée par Dieu en nous, pour qu’elle devienne un grand feu qui illumine et réchauffe tout autour, y compris par des actions et des gestes concrets inspirés de la prière.
Enfin, l’évangélisation est toujours un processus communautaire, comme le caractère de l’espérance chrétienne (cf. Benoît XVI, Lett. enc. Spe Salvi, n. 14). Ce processus ne se termine pas par la première annonce ni par le baptême, mais il continue avec la construction des communautés chrétiennes à travers l’accompagnement de chaque baptisé sur le chemin de l’Évangile. Dans la société moderne, l’appartenance à l’Église n’est jamais une réalité acquise une fois pour toutes. L’action missionnaire de transmettre et de former la foi mûre dans le Christ est donc «le paradigme de toute œuvre de l’Église» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, n.15), une œuvre qui demande communion de prière et d’action. J’insiste encore sur cette synodalité missionnaire de l’Église, ainsi que sur le service des Œuvres Pontificales Missionnaires dans la promotion de la responsabilité missionnaire des baptisés et le soutien des nouvelles Églises particulières. Et je vous exhorte tous, enfants, jeunes, adultes, personnes âgées, à participer activement à la mission évangélisatrice commune par le témoignage de votre vie et par la prière, par vos sacrifices et votre générosité. Merci beaucoup pour tout cela!
Chères sœurs et chers frères, tournons-nous vers Marie, Mère de Jésus Christ notre espérance. Confions-lui ce souhait pour le Jubilé et pour les années à venir: «Puisse la lumière de l’espérance chrétienne atteindre chacun comme message de l’amour de Dieu adressé à tous! Puisse l’Église être un témoin fidèle de cette annonce dans toutes les parties du monde!» (Bulle Spes non confundit, n. 6).
Rome, Saint-Jean-de-Latran, 25 janvier 2025, fête de la Conversion de Saint Paul, Apôtre.
FRANÇOIS
[00226-FR.01] [Texte original: Italien]
Traduzione in lingua inglese
Missionaries of Hope Among all Peoples
Dear brothers and sisters!
For World Mission Day in the Jubilee Year 2025, the central message of which is hope (cf. Bull Spes Non Confundit, 1), I have chosen the motto: “Missionaries of Hope Among all Peoples”. It reminds individual Christians and the entire Church, the community of the baptized, of our fundamental vocation to be, in the footsteps of Christ, messengers and builders of hope. I trust that it will be for everyone a time of grace with the faithful God who has given us new birth in the risen Christ “to a living hope” (cf. 1 Pet 1:3-4). Here, I would like to mention some relevant aspects of our Christian missionary identity, so that we can let ourselves be guided by the Spirit of God and burn with holy zeal for a new evangelizing season in the Church, which is sent to revive hope in a world over which dark shadows loom (cf. Fratelli Tutti, 9-55).
1. In the footsteps of Christ our hope
Celebrating the first Ordinary Jubilee of the Third Millennium after that of the Holy Year of 2000, we keep our gaze fixed on Christ, the centre of history, “the same yesterday and today and forever” (Heb 13:8). In the synagogue of Nazareth, Jesus declared that Scripture was fulfilled in the “today” of his presence in history. He thus revealed that he is the One sent by the Father with the anointing of the Holy Spirit to proclaim the Good News of the Kingdom of God and to inaugurate “the year of the Lord’s favour” for all humanity (cf. Lk 4:16-21).
In this mystic “today”, which will last until the end of the world, Christ is the fullness of salvation for all, and in a particular way for those whose only hope is God. In his earthly life, “he went about doing good and healing all” from evil and the Evil One (cf. Acts 10:38), restoring hope in God to the needy and the people. He experienced all our human frailties, save that of sin, even those critical moments that might lead to despair, as in the agony in the garden of Gethsemane and on the cross. Jesus commended everything to God the Father, obediently trusting in his saving plan for humanity, a plan of peace for a future full of hope (cf. Jer 29:11). In this way, he became the divine Missionary of hope, the supreme model of all those down the centuries who carry out their own God-given mission, even amid extreme trials.
Through his disciples, sent to all peoples and mystically accompanied by him, the Lord Jesus continues his ministry of hope for humanity. He still bends over all those who are poor, afflicted, despairing and oppressed, and pours “upon their wounds the balm of consolation and the wine of hope” (Preface “Jesus the Good Samaritan”). Obedient to her Lord and Master, and in the same spirit of service, the Church, the community of Christ’s missionary disciples, prolongs that mission, offering her life for all in the midst of the nations. While facing persecutions, tribulations and difficulties, as well as her own imperfections and failures due to the weakness of her members, the Church is constantly impelled by the love of Christ to persevere, in union with him, on her missionary journey and to hear, like him and with him, the plea of suffering humanity and, indeed, the groaning of every creature that awaits definitive redemption. This is the Church that the Lord always and for ever calls to follow in his footsteps: “not a static Church, but a missionary Church that walks with her Lord through the streets of the world” (Homily at the Concluding Mass of the Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops, 27 October 2024).
May we too feel inspired to set out in the footsteps of the Lord Jesus to become, with him and in him, signs and messengers of hope for all, in every place and circumstance that God has granted us to live. May all the baptized, as missionary disciples of Christ, make his hope shine forth in every corner of the earth!
2. Christians, bearers and builders of hope among all peoples
In following Christ the Lord, Christians are called to hand on the Good News by sharing the concrete life situations of those whom they meet, and thus to be bearers and builders of hope. Indeed, “the joys and hopes, the grief and anguish of the people of our time, especially of those who are poor or afflicted, are the joys and hopes, the grief and anguish of the followers of Christ as well. Nothing that is genuinely human fails to find an echo in their hearts” (Gaudium et Spes 1).
This celebrated statement of the Second Vatican Council, which expresses the sentiment and style of Christian communities in every age, continues to inspire their members and helps them to walk with their brothers and sisters in the world. Here I think especially of those of you who are missionaries ad gentes. Following the Lord’s call, you have gone forth to other nations to make known the love of God in Christ. For this, I thank you most heartily! Your lives are a clear response to the command of the risen Christ, who sent his disciples to evangelize all peoples (cf. Mt 28:18-20). In this way, you are signs of the universal vocation of the baptized to become, by the power of the Spirit and daily effort, missionaries among all peoples and witnesses to the great hope given us by the Lord Jesus.
The horizon of this hope transcends the passing things of this world and opens up to those divine realities in which we share even now. Indeed, as Saint Paul VI observed, salvation in Christ, which the Church offers to all as a gift of God’s mercy, is not only “immanent, meeting material or even spiritual needs… completely caught up in temporal desires, hopes, affairs, and struggles. Rather, it exceeds all such limits in order to reach fulfilment in a communion with the one Absolute, which is God. It is a salvation both transcendent and eschatological, which indeed has its beginning in this life, but is fulfilled in eternity” (Evangelii Nuntiandi, 27).
Impelled by this great hope, Christian communities can be harbingers of a new humanity in a world that, in the most “developed” areas, shows serious symptoms of human crisis: a widespread sense of bewilderment, loneliness and indifference to the needs of the elderly, and a reluctance to make an effort to assist our neighbours in need. In the most technologically advanced nations, “proximity” is disappearing: we are all interconnected, but not related. Obsession with efficiency and an attachment to material things and ambitions are making us self-centred and incapable of altruism. The Gospel, experienced in the life of a community, can restore us to a whole, healthy, redeemed humanity.
For this reason, I once more invite all of us to carry out the works mentioned in the Bull of Indiction of the Jubilee (Nos. 7-15), with particular attention to the poorest and weakest, the sick, the elderly and those excluded from materialistic and consumerist society. And to do so with God’s “style”: with closeness, compassion and tenderness, cultivating a personal relationship with our brothers and sisters in their specific situation (cf. Evangelii Gaudium, 127-128). Often they are the ones who teach us how to live in hope. Through personal contact, we will also convey the love of the compassionate heart of the Lord. We will come to realize that “the heart of Christ... is the very core of the initial preaching of the Gospel” (Dilexit Nos, 32). By drawing from this source, we can offer with simplicity the hope we have received from God (cf. 1 Pet 1:21) and bring to others the same consolation with which we have been consoled by God (cf. 2 Cor 1:3-4). In the human and divine heart of Jesus, God wants to speak to the heart of every man and woman, drawing all of us to his love. “We have been sent to continue this mission: to be signs of the heart of Christ and the love of the Father, embracing the whole world” (Address to Participants in the General Assembly of the Pontifical Mission Societies, 3 June 2023).
3. Renewing the mission of hope
Faced with the urgency of the mission of hope today, Christ’s disciples are called first to discover how to become “artisans” of hope and restorers of an often distracted and unhappy humanity.
To this end, we need to be renewed in the Easter spirituality experienced at every Eucharistic celebration and especially during the Easter Triduum, the centre and culmination of the liturgical year. We have been baptized into the redemptive death and resurrection of Christ, into the Passover of the Lord that marks the eternal springtime of history. Consequently, we are a “springtime people”, brimming with hope to be shared with all, since in Christ “we believe and know that death and hate are not the final word” pronounced on human existence (cf. Catechesis, 23 August 2017). From the paschal mysteries, made present in liturgical celebrations and in the sacraments, we constantly draw upon the power of the Holy Spirit in order to work with zeal, determination and patience in the vast field of global evangelization. “Christ, risen and glorified, is the wellspring of our hope, and he will not deprive us of the help we need to carry out the mission which he has entrusted to us” (Evangelii Gaudium, 275). In him, we live and bear witness to that sacred hope which is “a gift from God and a task for Christians” (Hope is a Light in the Night, Vatican City 2024, 7).
Missionaries of hope are men and women of prayer, for “the person who hopes is a person who prays”, in the words of Venerable Cardinal François-Xavier Van Thuan, who was himself sustained in hope throughout his lengthy imprisonment thanks to the strength he received from faithful prayer and the Eucharist (cf. The Road of Hope, Boston, 2001, 963). Let us not forget that prayer is the primary missionary activity and at the same time “the first strength of hope” (Catechesis, 20 May 2020).
So let us renew the mission of hope, starting from prayer, especially prayer based on the word of God and particularly the Psalms, that great symphony of prayer whose composer is the Holy Spirit (cf. Catechesis, 19 June 2024). The Psalms train us to hope amid adversity, to discern the signs of hope around us, and to have the constant “missionary” desire that God be praised by all peoples (cf. Ps 41:12; 67:4). By praying, we keep alive the spark of hope lit by God within us, so that it can become a great fire, which enlightens and warms everyone around us, also by those concrete actions and gestures that prayer itself inspires.
To conclude, evangelization is always a communitarian process, like Christian hope itself (cf. Benedict XVI, Spe Salvi, 14). That process does not end with the initial preaching of the Gospel and with Baptism, but continues with the building up of Christian communities through the accompaniment of each of the baptized along the path of the Gospel. In modern society, membership in the Church is never something achieved once for all. That is why the missionary activity of handing down and shaping a mature faith in Christ is “paradigmatic for all the Church’s activity” (Evangelii Gaudium, 15), a work that requires communion of prayer and action. Here I would emphasize once more the importance of this missionary synodality of the Church, as well as the service rendered by the Pontifical Mission Societies in promoting the missionary responsibility of the baptized and supporting new Particular Churches. I urge all of you, children, young people, adults and the elderly, to participate actively in the common evangelizing mission of the Church by your witness of life and prayer, by your sacrifices and by your generosity. Thank you for this!
Dear sisters and brothers, let us turn to Mary, Mother of Jesus Christ our hope. To her we entrust our prayer for this Jubilee and for the years yet to come: “May the light of Christian hope illumine every man and woman, as a message of God’s love addressed to all! And may the Church bear faithful witness to this message in every part of the world!” (Bull Spes Non Confundit, 6).
Rome, Saint John Lateran, 25 January 2025, Feast of the Conversion of Saint Paul, Apostle
FRANCIS
[00226-EN.01] [Original text: Italian]
Traduzione in lingua tedesca
Missionare der Hoffnung unter den Völkern
Liebe Brüder und Schwestern!
Für den Weltmissionssonntag im Jubiläumsjahr 2025, dessen zentrale Botschaft die Hoffnung ist (vgl. Bulle Spes non confundit, 1), habe ich dieses Motto gewählt: „Missionare der Hoffnung unter den Völkern“. Es erinnert den einzelnen Christen und die Kirche, die Gemeinschaft der Getauften, an die grundlegende Berufung, in der Nachfolge Christi Boten und Bauleute der Hoffnung zu sein. Ich wünsche allen eine Zeit der Gnade mit dem treuen Gott, der uns im auferstandenen Christus »zu einer lebendigen Hoffnung« neu gezeugt hat (vgl. 1 Petr 1,3-4); und ich möchte einige maßgebliche Aspekte der missionarischen christlichen Identität in Erinnerung rufen, damit wir uns vom Geist Gottes leiten lassen können und vor heiligem Eifer für eine neue Zeit der Evangelisierung der Kirche brennen, die gesandt ist, die Hoffnung in einer Welt wieder neu zu beleben, über der dunkle Schatten liegen (vgl. Enzyklika Fratelli tutti, 9-55).
1. In den Spuren Christi, der unsere Hoffnung ist
Während wir das – nach dem Jahr 2000 – erste Ordentliche Jubiläum des dritten Jahrtausends feiern, richten wir unseren Blick auf Christus, der die Mitte der Geschichte ist, »derselbe gestern und heute und in Ewigkeit« (Hebr 13,8). Er verkündete in der Synagoge von Nazaret die Erfüllung der Heiligen Schrift im „Heute“ seiner geschichtlichen Gegenwart. So offenbarte er sich als der, der vom Vater mit der Salbung des Heiligen Geistes gesandt wurde, die Frohe Botschaft vom Reich Gottes zu verkünden und ein »Gnadenjahr des Herrn« für die ganze Menschheit auszurufen (vgl. Lk 4,16-21).
In diesem geheimnisvollen „Heute“, das bis zum Ende der Welt andauert, erfüllt sich in Christus das Heil für alle, besonders für diejenigen, deren einzige Hoffnung Gott ist. In seinem irdischen Leben ist er umhergezogen und hat Gutes getan und alle geheilt (vgl. Apg 10,38) und den Bedürftigen und dem Volk die Hoffnung auf Gott neu geschenkt. Außerdem erlebte er die ganze menschliche Schwachheit, außer die der Sünde, und durchlebte auch schwierige Momente, die zur Verzweiflung hätten führen können, wie die Todesangst von Getsemani und am Kreuz. Jesus jedoch vertraute alles Gott, dem Vater, an und gehorchte mit vollem Vertrauen seinem Heilsplan für die Menschheit, der ein Plan des Friedens für eine Zukunft voller Hoffnung ist (vgl. Jer 29,11). So wurde er zum göttlichen Missionar der Hoffnung, zum obersten Vorbild all derer, die im Laufe der Jahrhunderte den von Gott empfangenen Auftrag auch unter extremen Herausforderungen erfüllen.
Durch seine Jünger, die zu allen Völkern gesandt und von ihm auf geheimnisvolle Weise begleitet werden, setzt Jesus, der Herr, seinen Dienst der Hoffnung für die Menschheit fort. Noch immer beugt er sich über jeden armen, geplagten, verzweifelten und vom Bösen heimgesuchten Menschen, um »auf seine Wunden das Öl des Trostes und den Wein der Hoffnung zu gießen« (vgl. Präfation „Gesù buon Samaritano“). Im Gehorsam gegenüber ihrem Herrn und Meister und mit demselben Geist des Dienens führt die Kirche, die Gemeinschaft der missionarischen Jünger Christi, diese Sendung fort, indem sie inmitten der Völker für alle da ist. Obwohl sie sich einerseits Verfolgungen, Bedrängnissen und Schwierigkeiten und andererseits ihren eigenen Unzulänglichkeiten und Fehlern aufgrund der Schwäche ihrer einzelnen Glieder stellen muss, wird sie beständig von der Liebe Christi angetrieben, vereint mit ihm auf diesem missionarischen Weg weiterzugehen und wie er und mit ihm den Schrei der Menschheit, ja das Seufzen der ganzen Schöpfung in Erwartung der endgültigen Erlösung in sich aufzunehmen. Das ist die Kirche, die der Herr von jeher und für immer dazu berufen hat, seiner Spur zu folgen: »nicht eine statische Kirche, [sondern] eine missionarische Kirche, die mit dem Herrn auf den Straßen der Welt unterwegs ist« (Predigt bei der Abschlussmesse der Ordentlichen Generalversammlung der Bischofssynode, 27. Oktober 2024).
Lassen wir uns also dazu anregen, uns in der Nachfolge Jesu, unseres Herrn, auf den Weg zu machen, um mit ihm und in ihm Zeichen und Boten der Hoffnung für alle zu werden, an allen Orten und unter allen Umständen, die Gott uns erleben lässt. Mögen alle Getauften als missionarische Jünger Christi seine Hoffnung in jedem Winkel der Erde aufleuchten lassen!
2. Die Christen, Boten und Bauleute der Hoffnung für die Völker
In der Nachfolge Christi, des Herrn, sind die Christen gerufen, die Frohe Botschaft weiterzugeben, indem sie die konkreten Lebensbedingungen derer, denen sie begegnen, teilen und so zu Boten und Bauleuten der Hoffnung werden. Denn die »Freude und Hoffnung, Trauer und Angst der Menschen von heute, besonders der Armen und Bedrängten aller Art, sind auch Freude und Hoffnung, Trauer und Angst der Jünger Christi. Und es gibt nichts wahrhaft Menschliches, das nicht in ihren Herzen seinen Widerhall fände« (Gaudium et spes 1).
Diese berühmte Aussage des Zweiten Vatikanischen Konzils, die das Empfinden und die Haltung der christlichen Gemeinschaften zu allen Zeiten zum Ausdruck bringt, ist weiterhin eine Inspiration für ihre Mitglieder und hilft ihnen, gemeinsam mit ihren Brüdern und Schwestern in der Welt zu wandeln. Ich denke dabei besonders an euch Missionare und Missionarinnen ad gentes, die ihr dem göttlichen Ruf folgend zu anderen Völkern gegangen seid, um die Liebe Gottes in Christus bekannt zu machen. Ich danke euch von Herzen! Euer Leben ist eine konkrete Antwort auf den Auftrag des auferstandenen Christus, der seine Jünger ausgesandt hat, allen Völkern das Evangelium zu verkünden (vgl. Mt 28,18-20). Damit erinnert ihr an die universale Berufung der Getauften, durch die Kraft des Geistes und das tägliche Engagement für die Völker zu Missionaren der großen Hoffnung zu werden, die uns von Jesus, dem Herrn, geschenkt wurde.
Der Horizont dieser Hoffnung geht über das vergängliche Irdische hinaus und öffnet sich für das Göttliche, das wir bereits in der Gegenwart verkosten. Wie der heilige Paul VI. in Erinnerung rief, ist in der Tat das Heil in Christus, das die Kirche allen als Geschenk der Barmherzigkeit Gottes anbietet, nicht nur »ein diesseitiges Heil nach dem Maß der materiellen Bedürfnisse oder auch der geistigen, die […] sich mit den zeitlichen Wünschen, Hoffnungen, Geschäften und Kämpfen gänzlich decken, sondern um ein Heil, das alle Grenzen übersteigt, um sich dann in einer Gemeinschaft mit dem einen Absoluten, mit Gott, zu vollenden: ein transzendentes, eschatologisches Heil, das seinen Anfang gewiss schon in diesem Leben hat, aber sich erst in der Ewigkeit vollendet« (Apostolisches Schreiben Evangelii nuntiandi, 27).
Von einer solch großen Hoffnung beseelt, können die christlichen Gemeinschaften Zeichen einer neuen Menschlichkeit sein, in einer Welt, die in den höchst „entwickelten“ Gebieten ernsthafte Symptome einer Krise des Menschlichen zeigt: ein weit verbreitetes Gefühl der Verlorenheit, Einsamkeit und Vernachlässigung der Älteren sowie Schwierigkeiten, bei denen, die nebenan leben, auf Hilfsbereitschaft zu treffen. In den technologisch fortschrittlichsten Ländern gibt es immer weniger Nähe: Wir sind alle miteinander vernetzt, aber wir stehen nicht miteinander in Beziehung. Übertriebenes Streben nach Effizienz, eine Fixierung auf das Materielle und ehrgeizige Ziele führen dazu, dass wir egozentrisch und unfähig zur Nächstenliebe werden. Das in Gemeinschaft gelebte Evangelium kann uns wieder zu einem heilen, gesunden und erlösten Menschsein verhelfen.
Deshalb erneuere ich die Einladung, die in der Verkündigungsbulle des Jubiläums (Nr. 7-15) aufgezeigten Handlungsmöglichkeiten in die Tat umzusetzen, mit besonderem Augenmerk auf die Ärmsten und Schwächsten, die Kranken, die Älteren und diejenigen, die von der materialistischen und konsumorientierten Gesellschaft ausgeschlossen sind. Und es nach Gottes Art zu tun: mit Nähe, Mitgefühl und Zärtlichkeit und indem man eine persönliche Beziehung zu den Brüdern und Schwestern in ihrer konkreten Situation pflegt (vgl. Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 127-128). Oft sind sie es dann, die uns lehren, wie ein Leben in Hoffnung möglich ist. Und durch den persönlichen Kontakt werden wir in die Lage versetzt, die Liebe des mitfühlenden Herzens des Herrn weiterzugeben. Wir werden dann erfahren, dass das »Herz Christi [...] der lebendige Kern der ersten Verkündigung« ist (Enzyklika Dilexit nos, 32). Aus dieser Quelle schöpfend kann man die von Gott empfangene Hoffnung (vgl. 1 Petr 1,21) in aller Einfachheit weitergeben und anderen denselben Trost spenden, mit dem wir von Gott getröstet werden (vgl. 2 Kor 1,3-4). Im menschlichen und göttlichen Herzen Jesu will Gott zum Herzen eines jeden Menschen sprechen und alle zu seiner Liebe bewegen. »Wir sind gesandt, diese Mission fortzusetzen: Zeichen sein für das Herz Christi und die Liebe des Vaters, indem wir die ganze Welt umfangen« (Ansprache an die Teilnehmer der Generalversammlung der Päpstlichen Missionswerke, 3. Juni 2023).
3. Die Mission der Hoffnung erneuern
Angesichts der aktuellen Dringlichkeit einer Mission der Hoffnung sind die Jünger Christi als erste dazu aufgerufen, sich zu bilden, um „Handwerker“ der Hoffnung und Erneuerer einer oft zerstreuten und unglücklichen Menschheit zu werden.
Dazu ist es notwendig, dass wir in uns die österliche Spiritualität erneuern, die wir in jeder Eucharistiefeier und besonders im Ostertriduum, der Mitte und dem Höhepunkt des liturgischen Jahres, miterleben. Wir werden in das Erlösungsgeheimnis des Todes und der Auferstehung Christi hineingetauft, in das Osterfest des Herrn, das den ewigen Frühling der Geschichte markiert. Wir sind also „Frühlingsmenschen“, mit einem Blick voller Hoffnung, den wir mit allen teilen wollen, denn in Christus »glauben und wissen [wir], dass der Tod und der Hass nicht die letzten Worte« über das menschliche Leben sind (vgl. Katechese, 23. August 2017). Deshalb schöpfen wir aus den österlichen Geheimnissen, die in den liturgischen Feiern und Sakramenten wirksam werden, beständig die Kraft des Heiligen Geistes – mit Eifer, Entschlossenheit und Geduld –, um auf dem weiten Feld der Evangelisierung der Welt zu arbeiten. »Der auferstandene und verherrlichte Christus ist die tiefe Quelle unserer Hoffnung, und wir werden nicht ohne seine Hilfe sein, um die Mission zu erfüllen, die er uns anvertraut« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 275). In ihm leben und bezeugen wir die heilige Hoffnung, die »eine Gabe und eine Aufgabe für jeden Christen ist« (Die Hoffnung ist ein Licht in der Nacht, Vatikanstadt 2024, 7).
Die Missionare der Hoffnung sind Männer und Frauen des Gebets, denn »der Mensch, der hofft, ist ein Mensch, der betet«, wie der ehrwürdige Kardinal Van Thuan betonte, der in der langen Zeit der Bedrängnis im Gefängnis dank der Kraft, die er aus dem beharrlichen Gebet und der Eucharistie empfing, die Hoffnung lebendig hielt (vgl. F.X. Nguyen Van Thuan, Il cammino della speranza, Roma 2001, Nr. 963). Vergessen wir nicht, dass das Gebet die erste missionarische Handlung und gleichzeitig »die erste Kraft der Hoffnung« ist (Katechese, 20. Mai 2020).
Lasst uns daher die Mission der Hoffnung vom Gebet her erneuern, vor allem vom Gebet mit dem Wort Gottes und insbesondere den Psalmen, die eine große Symphonie des Gebets bilden, deren Komponist der Heilige Geist ist (vgl. Katechese, 19. Juni 2024). Die Psalmen lehren uns, auch in widrigen Umständen zu hoffen, die Zeichen der Hoffnung zu erkennen und den beständigen „missionarischen“ Wunsch zu hegen, dass Gott von allen Völkern gepriesen werde (vgl. Ps 41,12; 67,4). Indem wir beten, halten wir den Funken der Hoffnung, den Gott in uns entzündet hat, am Brennen, auf dass er zu einem großen Feuer werde, das alle um uns herum erleuchtet und erwärmt, auch durch konkrete Handlungen und Gesten, zu denen dieses Gebet anregt.
Schließlich ist die Verkündigung des Evangeliums immer ein gemeinschaftlicher Prozess, so wie auch die christliche Hoffnung einen gemeinschaftlichen Charakter hat (vgl. Benedikt XVI., Enzyklika Spe Salvi, 14). Dieser Prozess endet nicht mit der ersten Verkündigung und der Taufe, sondern setzt sich in der Bildung der christlichen Gemeinschaften fort, indem jeder Getaufte auf dem Weg des Evangeliums begleitet wird. In der modernen Gesellschaft ist die Zugehörigkeit zur Kirche nie etwas, das man ein für alle Mal erworben hat. Deshalb ist das missionarische Wirken der Weitergabe und Bildung eines reifen Glaubens an Christus das »Paradigma für alles Wirken der Kirche« (Apostolisches Schreiben Evangelii gaudium, 15), ein Wirken, das die Einheit von Gebet und Handeln erfordert. Ich weise noch einmal nachdrücklich auf diese missionarische Synodalität der Kirche hin sowie auf den Dienst der Päpstlichen Missionswerke zur Förderung der missionarischen Verantwortung der Getauften und zur Unterstützung der neuen Teilkirchen. Und ich ermutige euch alle, Kinder, Jugendliche, Erwachsene und ältere Menschen, mit eurem Lebenszeugnis und Gebet, mit euren Opfern und eurer Großzügigkeit aktiv an der gemeinsamen Mission der Verkündigung des Evangeliums teilzunehmen. Herzlichen Dank dafür!
Liebe Schwestern und Brüder, wenden wir uns an Maria, die Mutter Jesu Christi, der unsere Hoffnung ist. Ihr vertrauen wir unseren Wunsch für dieses Jubiläum und für die kommenden Jahre an: »Möge das Licht der christlichen Hoffnung jeden Menschen erreichen, als eine Botschaft der Liebe Gottes, die sich an alle richtet! Und möge die Kirche in allen Teilen der Welt eine treue Zeugin dieser Botschaft sein!« (Bulle Spes non confundit, 6).
Rom, Sankt Johannes im Lateran, 25. Januar 2025, Fest der Bekehrung des Apostels Paulus.
FRANZISKUS
[00226-DE.01] [Originalsprache: Italienisch]
Traduzione in lingua spagnola
Misioneros de esperanza entre los pueblos
Queridos hermanos y hermanas:
Para la Jornada Mundial de las Misiones del Año jubilar 2025, cuyo mensaje central es la esperanza (cf. Bula Spes non confundit, 1), he elegido este lema: “Misioneros de esperanza entre los pueblos”, que recuerda a cada cristiano y a la Iglesia, comunidad de bautizados, la vocación fundamental a ser mensajeros y constructores de la esperanza, siguiendo las huellas de Cristo. Les deseo a todos que vivan un tiempo de gracia con el Dios fiel que nos ha regenerado en Cristo resucitado «para una esperanza viva» (cf. 1 P 1,3-4); a la vez que quisiera recordarles algunos aspectos relevantes de la identidad misionera cristiana, a fin de que podamos dejarnos guiar por el Espíritu de Dios y arder de santo celo para iniciar una nueva etapa evangelizadora de la Iglesia, enviada a reavivar la esperanza en un mundo abrumado por densas sombras (cf. Carta enc. Fratelli tutti, 9-55).
1. Tras las huellas de Cristo nuestra esperanza
Celebrando el primer Jubileo ordinario del Tercer milenio, después del Jubileo del año dos mil, mantengamos la mirada orientada hacia Cristo, el centro de la historia, que «es el mismo ayer y hoy, y lo será para siempre» (Hb 13,8). Él, en la sinagoga de Nazaret, declaró el cumplimiento de la Escritura en el “hoy” de su presencia histórica. De ese modo, se reveló como el enviado del Padre con la unción del Espíritu Santo para llevar la Buena Noticia del Reino de Dios e inaugurar «un año de gracia del Señor» para toda la humanidad (cf. Lc 4,16-21).
En este místico “hoy”, que perdura hasta el fin del mundo, Cristo es el cumplimiento de la salvación para todos, particularmente para aquellos cuya esperanza es Dios. Él, en su vida terrena, «pasó haciendo el bien y curando a todos» del mal y del Maligno (cf. Hch 10,38), devolviendo la esperanza en Dios a los necesitados y al pueblo. Además, experimentó todas las fragilidades humanas, excepto la del pecado, pasando también momentos críticos, que podían conducir a la desesperación, como en la agonía del Getsemaní y en la cruz. Pero Jesús encomendaba todo a Dios Padre, obedeciendo con plena confianza a su plan salvífico para la humanidad, plan de paz para un futuro lleno de esperanza (cf. Jr 29,11). De esa manera, se convirtió en el divino Misionero de la esperanza, modelo supremo de todos aquellos que, a lo largo de los siglos, llevan adelante la misión recibida de Dios, incluso en las pruebas extremas.
El Señor Jesús continúa su ministerio de esperanza para la humanidad por medio de sus discípulos, enviados a todos los pueblos y acompañados místicamente por Él; también hoy sigue inclinándose ante cada persona pobre, afligida, desesperada y oprimida por el mal, para derramar sobre sus heridas «el aceite del consuelo y el vino de la esperanza» (Prefacio “Jesús, buen samaritano”). Obediente a su Señor y Maestro, y con su mismo espíritu de servicio, la Iglesia, comunidad de los discípulos-misioneros de Cristo, prolonga esa misión ofreciendo la vida por todos en medio de las gentes. La Iglesia, aun teniendo que afrontar, por un lado, persecuciones, tribulaciones y dificultades, y, por otro lado, sus propias imperfecciones y caídas, a causa de las fragilidades de sus miembros, está impulsada constantemente por el amor de Cristo a avanzar unida a Él en este camino misionero y a acoger, como Él y con Él, el clamor de la humanidad; más aún, el gemido de toda criatura, en espera de la redención definitiva. Esta es la Iglesia que el Señor llama desde siempre y para siempre a seguir sus huellas; «no una Iglesia estática, [sino] una Iglesia misionera, que camina con el Señor por las vías del mundo» (Homilía en la Santa Misa al finalizar la Asamblea general ordinaria del Sínodo de los Obispos, 27 octubre 2024).
Por eso, también nosotros sintámonos inspirados a ponernos en camino tras las huellas del Señor Jesús para ser, con Él y en Él, signos y mensajeros de esperanza para todos, en cada lugar y circunstancia que Dios nos concede vivir. ¡Que todos los bautizados, discípulos-misioneros de Cristo, hagan resplandecer la propia esperanza en cada rincón de la tierra!
2. Los cristianos, portadores y constructores de esperanza entre los pueblos
Siguiendo a Cristo el Señor, los cristianos están llamados a transmitir la Buena Noticia compartiendo las condiciones de vida concretas de las personas que encuentran, siendo así portadores y constructores de esperanza. Porque, en efecto, «los gozos y las esperanzas, las tristezas y las angustias de los hombres de nuestro tiempo, sobre todo de los pobres y de cuantos sufren, son a la vez gozos y esperanzas, tristezas y angustias de los discípulos de Cristo. Nada hay verdaderamente humano que no encuentre eco en su corazón» (Gaudium et spes, 1).
Esta célebre afirmación del Concilio Vaticano II, que expresa el sentir y el estilo de las comunidades cristianas de todos los tiempos, sigue inspirando a sus miembros y los ayuda a caminar con sus hermanos y hermanas en el mundo. Pienso particularmente en ustedes, misioneros y misioneras ad gentes, que, siguiendo la llamada divina, han ido a otras naciones para dar a conocer el amor de Dios en Cristo. ¡Gracias de corazón! Sus vidas son una respuesta concreta al mandato de Cristo resucitado, que ha enviado a sus discípulos a evangelizar a todos los pueblos (cf. Mt 28,18-20). De ese modo, ustedes señalan la vocación universal de los bautizados a ser, con la fuerza del Espíritu Santo y el compromiso cotidiano, entre los pueblos, misioneros de esa inmensa esperanza que nos concede Jesús, el Señor.
El horizonte de esta esperanza va más allá de las realidades mundanas pasajeras y se abre a las divinas, que ya pregustamos en el presente. En efecto, como recordaba san Pablo VI, la salvación en Cristo, que la Iglesia ofrece a todos como don de la misericordia de Dios, no es sólo «inmanente, a medida de las necesidades materiales o incluso espirituales que […] se identifican totalmente con los deseos, las esperanzas, los asuntos y las luchas temporales, sino una salvación que desborda todos estos límites para realizarse en una comunión con el único Absoluto Dios, salvación trascendente, escatológica, que comienza ciertamente en esta vida, pero que tiene su cumplimiento en la eternidad» (Exhort. ap. Evangelii nuntiandi, 27).
Animadas por una esperanza tan grande, las comunidades cristianas pueden ser signos de una nueva humanidad en un mundo que, en las zonas más “desarrolladas”, muestra síntomas graves de crisis de lo humano: un sentimiento generalizado de desorientación, soledad y abandono de los ancianos; dificultad para estar disponibles a ayudar a quienes nos rodean. En las naciones más avanzadas tecnológicamente, está decayendo la proximidad; estamos todos interconectados, pero no estamos en relación. La eficiencia y el apego a las cosas y a las ambiciones hacen que estemos centrados en nosotros mismos y seamos incapaces de altruismo. El Evangelio, vivido en la comunidad, puede restituirnos una humanidad íntegra, sana, redimida.
Por lo tanto, renuevo la invitación a realizar las obras indicadas en la Bula de convocación del Jubileo (nn. 7-15), con particular atención a los más pobres y débiles, a los enfermos, a los ancianos, a los excluidos de la sociedad materialista y consumista. Y a hacerlo con el estilo de Dios: con cercanía, compasión y ternura, cuidando la relación personal con los hermanos y las hermanas en su situación concreta (cf. Exhort. ap. Evangelii gaudium, 127-128). Muchas veces, serán ellos quienes nos enseñarán a vivir con esperanza. Y a través del contacto personal podremos transmitir el amor del Corazón compasivo del Señor. Experimentaremos que «el Corazón de Cristo […] es el núcleo viviente del primer anuncio» (Carta enc. Dilexit nos, 32). Bebiendo de esta fuente, la esperanza recibida de Dios se puede ofrecer con sencillez (cf. 1 P 1,21), llevando a los demás el mismo consuelo con el que nosotros hemos sido consolados por Dios (cf. 2 Co 1,3-4). En el Corazón humano y divino de Jesús, Dios quiere hablar al corazón de cada persona, atrayendo a todos con su amor. «Nosotros hemos sido enviados para continuar esta misión: ser signo del Corazón de Cristo y del amor del Padre, abrazando al mundo entero» (Discurso a los participantes en la Asamblea General de las Obras Misionales Pontificias, 3 junio 2023).
3. Renovar la misión de la esperanza
Hoy, ante la urgencia de la misión de la esperanza, los discípulos de Cristo están llamados en primer lugar a formarse, para ser “artesanos” de esperanza y restauradores de una humanidad con frecuencia distraída e infeliz.
Para ello, es necesario renovar en nosotros la espiritualidad pascual, que vivimos en cada celebración eucarística y sobre todo en el Triduo Pascual, centro y culmen del año litúrgico. Hemos sido bautizados en la muerte y resurrección redentora de Cristo, en la Pascua del Señor, que marca la eterna primavera de la historia. Somos entonces “gente de primavera”, con una mirada siempre llena de esperanza para compartir con todos, porque en Cristo «creemos y sabemos que la muerte y el odio no son las últimas palabras» sobre la existencia humana (cf. Catequesis, 23 agosto 2017). Por eso, de los misterios pascuales, que se actualizan en las celebraciones litúrgicas y en los sacramentos, recibimos continuamente la fuerza del Espíritu Santo con el celo, la determinación y la paciencia para trabajar en el vasto campo de la evangelización del mundo. «Cristo resucitado y glorioso es la fuente profunda de nuestra esperanza, y no nos faltará su ayuda para cumplir la misión que nos encomienda» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 275). En Él vivimos y testimoniamos esa santa esperanza que es “un don y una tarea para cada cristiano” (cf. La speranza è una luce nella notte, Ciudad del Vaticano 2024, 7).
Los misioneros de esperanza son hombres y mujeres de oración, porque “la persona que espera es una persona que reza”, como decía el venerable cardenal Van Thuan, que mantuvo viva la esperanza en la larga tribulación de la cárcel gracias a la fuerza que recibía de la oración perseverante y de la Eucaristía (cf. F.X. Nguyen Van Thuan, Il cammino della speranza, Roma 2001, n. 963). No olvidemos que rezar es la primera acción misionera y, al mismo tiempo, «la primera fuerza de la esperanza» (Catequesis, 20 mayo 2020).
Por eso, renovemos la misión de la esperanza empezando por la oración, sobre todo la que se hace con la Palabra de Dios y particularmente con los Salmos, que son una gran sinfonía de oración cuyo compositor es el Espíritu Santo (cf. Catequesis, 19 junio 2024). Los Salmos nos educan para esperar en las adversidades, para discernir los signos de esperanza y tener el constante deseo “misionero” de que Dios sea alabado por todos los pueblos (cf. Sal 41,12; 67,4). Rezando mantenemos encendida la llama de la esperanza que Dios encendió en nosotros, para que se convierta en una gran hoguera, que ilumine y dé calor a todos los que están alrededor, también con acciones y gestos concretos inspirados por esa misma oración.
Finalmente, la evangelización es siempre un proceso comunitario, como el carácter de la esperanza cristiana (cf. Benedicto XVI, Carta enc. Spe salvi, 14). Dicho proceso no termina con el primer anuncio y el bautismo, sino que continúa con la construcción de las comunidades cristianas a través del acompañamiento de cada bautizado por el camino del Evangelio. En la sociedad moderna, la pertenencia a la Iglesia no es nunca una realidad adquirida de una vez por todas. Por eso, la acción misionera de transmitir y formar una fe madura en Cristo es «el paradigma de toda obra de la Iglesia» (Exhort. ap. Evangelii gaudium, 15), una obra que requiere comunión de oración y de acción. Sigo insistiendo sobre esta sinodalidad misionera de la Iglesia, como también sobre el servicio de las Obras Misionales Pontificias en promover la responsabilidad misionera de los bautizados y sostener a las nuevas Iglesias particulares. Y los exhorto a todos ustedes —niños, jóvenes, adultos, ancianos—, a participar activamente en la común misión evangelizadora con el testimonio de sus vidas y con la oración, con sus sacrificios y su generosidad. Por esto, ¡gracias de corazón!
Queridas hermanas y queridos hermanos, acudamos a María, Madre de Jesucristo, nuestra esperanza. A Ella le confiamos este deseo para el Jubileo y para los años futuros: «Que la luz de la esperanza cristiana pueda llegar a todas las personas, como mensaje del amor de Dios que se dirige a todos. Y que la Iglesia sea testigo fiel de este anuncio en todas partes del mundo» (Bula Spes non confundit, 6).
Roma, San Juan de Letrán, 25 de enero de 2025, fiesta de la Conversión del apóstol san Pablo.
FRANCISCO
[00226-ES.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua portoghese
Missionários de esperança entre os povos
Queridos irmãos e irmãs!
Para o Dia Mundial das Missões deste Ano Jubilar 2025, cuja mensagem central é a esperança (cf. Bula Spes non confundit, 1), escolhi o lema “Missionários de esperança entre os povos”, que recorda a cada um dos cristãos e a toda a Igreja, comunidade dos batizados, a vocação fundamental de ser mensageiros e construtores da esperança nas pegadas de Cristo. Faço votos de que seja um tempo de graça para todos, na companhia do Deus fiel que nos regenerou em Cristo ressuscitado «para uma esperança viva» (cf. 1 Pd 1, 3-4); e desejo recordar alguns aspetos relevantes da identidade missionária cristã, para que nos deixemos guiar pelo Espírito de Deus e ardamos de santo zelo por uma nova estação evangelizadora da Igreja, enviada a reanimar a esperança num mundo sobre o qual pesam sombras tenebrosas (cf. Carta enc. Fratelli tutti, 9-55).
1. Nas pegadas de Cristo, nossa esperança
Celebrando, depois do ano 2000, o primeiro Jubileu ordinário do Terceiro Milénio, fixemos o nosso olhar em Cristo, que é o centro da história, «o mesmo ontem, hoje e pelos séculos» (Heb 13, 8). Ele, na sinagoga de Nazaré, declarou o cumprimento da Escritura no “hoje” da sua presença histórica. Deste modo, revelou-Se como o Enviado do Pai, com a unção do Espírito Santo, a fim de levar a Boa Nova do Reino de Deus e inaugurar «um ano favorável da parte do Senhor» para toda a humanidade (cf. Lc 4, 16-21).
Neste místico “hoje” que se prolonga até ao fim do mundo, Cristo é o cumprimento da salvação para todos, especialmente para aqueles cuja única esperança é Deus. Na sua vida terrena, Ele «andou de lugar em lugar, fazendo o bem e curando todos os que eram oprimidos» pelo mal e pelo Maligno (cf. Act 10, 38), restituindo a esperança em Deus aos necessitados e ao povo. Além disso, experimentou cada uma das fragilidades humanas, exceto a do pecado, passando mesmo por momentos críticos, como na agonia do Getsémani e na cruz, que podiam levar ao desespero. Porém, Jesus tudo entregava a Deus Pai, obedecendo com total confiança ao seu projeto salvífico em favor da humanidade, um projeto de paz por um futuro repleto de esperança (cf. Jr 29, 11). Deste modo, tornou-se o divino Missionário da esperança, modelo supremo de todos aqueles que, ao longo dos séculos, dão seguimento à missão recebida de Deus, mesmo no meio de provações extremas.
Através dos seus discípulos, enviados a todos os povos e acompanhados misticamente por Ele, o Senhor Jesus continua o seu ministério de esperança em favor da humanidade. Ele ainda hoje se inclina sobre cada pobre, aflito, desesperado e oprimido pelo mal, para derramar «sobre as suas feridas o óleo da consolação e o vinho da esperança» (Prefácio Cristo, Bom Samaritano). A Igreja, comunidade dos discípulos-missionários de Cristo, obediente ao seu Senhor e Mestre e com o seu espírito de serviço, prolonga esta missão no meio dos povos, oferecendo a sua vida por todos. Embora tenha de enfrentar, por um lado, perseguições, tribulações e dificuldades e, por outro, as suas próprias imperfeições e quedas devido às fraquezas de cada um dos seus membros, ela é constantemente impelida pelo amor de Cristo a avançar, unida a Ele, neste caminho missionário e a escutar, como Ele e com Ele, o grito da humanidade, ou melhor, o gemido de toda a criatura que espera a redenção definitiva. Eis a Igreja que o Senhor chama desde sempre e para sempre a seguir os seus passos: «Não uma Igreja estática, mas uma Igreja missionária, que caminha com o Senhor pelas estradas do mundo» (Homilia na Santa Missa por ocasião da conclusão da Assembleia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos, 27 de outubro de 2024).
Por isso, sintamo-nos nós também inspirados a pormo-nos a caminho, seguindo os passos do Senhor Jesus, para nos tornarmos, com Ele e n’Ele, sinais e mensageiros de esperança para todos, em qualquer lugar e circunstância que Deus nos concede viver. Que cada um dos batizados, discípulos-missionários de Cristo, faça brilhar a Sua esperança em todos os cantos da terra!
2. Os cristãos, portadores e construtores de esperança entre os povos
No seguimento de Cristo Senhor, os cristãos são chamados a transmitir a Boa Nova, partilhando as condições concretas de vida daqueles que encontram e tornando-se assim portadores e construtores de esperança. Com efeito, «as alegrias e as esperanças, as tristezas e as angústias dos homens de hoje, sobretudo dos pobres e de todos aqueles que sofrem, são também as alegrias e as esperanças, as tristezas e as angústias dos discípulos de Cristo; e não há realidade alguma verdadeiramente humana que não encontre eco no seu coração» (Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes, 1).
Esta célebre afirmação do Concílio Vaticano II, que exprime o sentir e o estilo das comunidades cristãs de todas as épocas, continua a inspirar os seus membros, ajudando-os a caminhar no mundo com os seus irmãos e irmãs. Estou a pensar particularmente em vós, missionários e missionárias ad gentes, que, correspondendo à chamada divina, partistes rumo a outras nações para dar a conhecer o amor de Deus em Cristo. De todo o coração, muito obrigado! A vossa vida é uma resposta concreta ao mandato de Cristo ressuscitado, que enviou os discípulos a evangelizar todos os povos (cf. Mt 28, 18-20). Assim, recordais a vocação universal dos batizados a ser entre os povos, com a força do Espírito e o empenho quotidiano, missionários da grande esperança que nos foi dada pelo Senhor Jesus.
O horizonte desta esperança ultrapassa as realidades passageiras do mundo e abre-se às divinas, que já podemos saborear no tempo presente. Efetivamente, como recordava São Paulo VI, a salvação em Cristo, que a Igreja oferece a todos como dom da misericórdia de Deus, não é apenas «imanente ao mundo, limitada às necessidades materiais ou mesmo espirituais, e […] em última análise, [identificada] com as aspirações, com as esperanças, com as diligências e com os combates temporais; mas sim uma salvação que ultrapassa todos estes limites, para vir a ter a sua plena realização numa comunhão com o único Absoluto, que é o de Deus: salvação transcendente e escatológica, que já tem certamente o seu começo nesta vida, mas que terá realização completa na eternidade» (Exort. ap. Evangelii nuntiandi, 27).
As comunidades cristãs, animadas por tão grande esperança, podem ser sinais de nova humanidade num mundo que, nas regiões mais “desenvolvidas”, apresenta graves sintomas de crise do humano: sensação generalizada de desorientação, solidão e abandono dos idosos, dificuldade em encontrar disponibilidade para ajudar quem vive ao nosso lado. Nas nações tecnologicamente mais avançadas, a proximidade está a extinguir-se: todos nos encontramos interligados, mas não em relação. A ânsia de eficiência e o apego às coisas e às ambições levam-nos a estar centrados em nós próprios e a ser incapazes de altruísmo. O Evangelho, vivido em comunidade, pode devolver-nos uma humanidade íntegra, saudável e redimida.
Renovo, portanto, o convite a concretizar as ações indicadas na Bula de proclamação do Jubileu (nn. 7-15), com especial atenção aos mais pobres e fracos, aos doentes, aos idosos, aos excluídos da sociedade materialista e consumista. E a fazê-lo com o estilo de Deus, ou seja, com proximidade, compaixão e ternura, cuidando da relação pessoal com os irmãos e irmãs na situação concreta em que se encontram (cf. Exort. ap. Evangelii gaudium, 127-128). Então, serão eles a ensinar-nos muitas vezes a viver com esperança. E, através do contacto pessoal, poderemos transmitir o amor do Coração compassivo do Senhor. Experimentaremos que «o Coração de Cristo [...] é o núcleo vivo do primeiro anúncio» (Carta enc. Dilexit nos, 32). Com efeito, bebendo desta fonte, é possível oferecer com simplicidade a esperança recebida de Deus (cf. 1 Pd 1, 21), levando aos outros a mesma consolação com que somos consolados por Deus (cf. 2 Cor 1, 3-4). No Coração humano e divino de Jesus, Deus quer falar ao coração de cada pessoa, atraindo todos ao seu Amor. «Fomos enviados para continuar esta missão: ser sinal do Coração de Cristo e do amor do Pai, abraçando o mundo inteiro» (Discurso aos participantes na Assembleia Geral das Pontifícias Obras Missionárias, 3 de junho de 2023).
3. Renovar a missão da esperança
Hoje, perante a urgência da missão da esperança, os discípulos de Cristo são os primeiros convocados a formar-se para serem “artesãos” de esperança e restauradores de uma humanidade, frequentemente, distraída e infeliz.
Para isso, é necessário renovar em nós a espiritualidade pascal, que vivemos em cada celebração eucarística e especialmente no Tríduo Pascal, centro e cume do ano litúrgico. Somos batizados na morte e ressurreição redentora de Cristo, na Páscoa do Senhor que marca a eterna primavera da história. Somos, pois, “gente de primavera”, com um olhar sempre repleto de esperança, a partilhar com todos, porque em Cristo «acreditamos e sabemos que a morte e o ódio não são as últimas palavras» acerca da existência humana (cf. Catequese, 23 de agosto de 2017). Por isso, do Mistério Pascal, que se realiza nas celebrações litúrgicas e nos sacramentos, tiramos continuamente a força do Espírito Santo, com o zelo, a determinação e a paciência para trabalhar no vasto campo da evangelização do mundo. «Cristo ressuscitado e glorioso é a fonte profunda da nossa esperança, e não nos faltará a sua ajuda para cumprir a missão que nos confia» (Exort. ap. Evangelii gaudium, 275). N’Ele vivemos e damos testemunho daquela santa esperança que é «um dom e uma tarefa para todo o cristão» (La speranza è una luce nella notte, Città del Vaticano 2024, 7).
Os missionários de esperança são homens e mulheres de oração, porque «a pessoa que tem esperança é uma pessoa que reza», como sublinhava o Venerável Cardeal Van Thuan, o qual, graças à força que recebia da oração perseverante e da Eucaristia, manteve viva a esperança na longa tribulação da prisão (cf. F.X. Nguyen Van Thuan, Il cammino della speranza, Roma 2001, n. 963). Não esqueçamos que a oração é a primeira ação missionária e, ao mesmo tempo, «a primeira força da esperança» (Catequese, 20 de maio de 2020).
Renovemos, pois, a missão da esperança a partir da oração, sobretudo daquela que se faz com a Palavra de Deus e, de modo particular, com os Salmos, que são uma grande sinfonia de oração cujo compositor é o Espírito Santo (cf. Catequese, 19 de junho de 2024). Os Salmos educam-nos a ter esperança no meio das adversidades, a distinguir os sinais de esperança e a ter o constante desejo “missionário” de que Deus seja louvado por todos os povos (cf. Sal 41, 12; 67, 4). Rezando, mantemos viva em nós a centelha da esperança, que foi acesa por Deus para que se torne um grande fogo, iluminando e aquecendo todos os que nos rodeiam, também através de ações e gestos concretos inspirados pela mesma oração.
Por fim, a evangelização é sempre um processo comunitário, como o carácter da esperança cristã (cf. Bento XVI, Carta enc. Spe Salvi, 14). Este processo não termina com o primeiro anúncio e com o batismo, antes continua com a construção de comunidades cristãs através do acompanhamento de cada batizado a caminho nas vias do Evangelho. Na sociedade moderna, a pertença à Igreja nunca é uma realidade adquirida de uma vez para sempre. Por isso, a ação missionária de transmitir e formar a maturidade da fé em Cristo é «o paradigma de toda a obra da Igreja» (Exort. ap. Evangelii gaudium, 15), uma obra que exige comunhão de oração e ação. Volto a insistir nesta sinodalidade missionária da Igreja, bem como no serviço das Pontifícias Obras Missionárias em promover a responsabilidade missionária dos batizados e em apoiar as novas Igrejas particulares. E exorto todos vós – crianças, jovens, adultos, idosos – a participar ativamente na comum missão evangelizadora com o testemunho da vossa vida e oração, com os vossos sacrifícios e a vossa generosidade. Muito obrigado por tudo isto!
Queridos irmãos e irmãs, dirijamo-nos a Maria, Mãe de Jesus Cristo, nossa esperança. Para este Jubileu e para os anos futuros, a Ela entregamos o desejo de «que a luz da esperança cristã chegue a cada pessoa, como mensagem do amor de Deus dirigida a todos. E que a Igreja seja testemunha fiel deste anúncio em todas as partes do mundo» (Bula Spes non confundit, 6).
Roma – São João de Latrão, na Festa da Conversão de São Paulo, 25 de janeiro de 2025.
FRANCISCO
[00226-PO.01] [Texto original: Italiano]
Traduzione in lingua polacca
Misjonarze nadziei pośród narodów
Drodzy Bracia i Siostry!
Na Światowy Dzień Misyjny w Roku Jubileuszowym 2025, którego centralnym przesłaniem jest nadzieja (por. Bulla Spes non confundit, 1), wybrałem następujące motto: „Misjonarze nadziei pośród narodów”. Przypomina ono poszczególnym chrześcijanom i Kościołowi, będącemu wspólnotą ochrzczonych, o podstawowym powołaniu aby, na wzór Chrystusa, być posłańcami i budowniczymi nadziei. Życzę wszystkim czasu łaski z Bogiem wiernym, który odrodził nas w zmartwychwstałym Chrystusie „do żywej nadziei” (por. 1 P 1, 3-4). Chciałbym też przypomnieć pewne istotne aspekty chrześcijańskiej tożsamości misyjnej, abyśmy pozwolili się prowadzić Duchowi Bożemu i zapłonęli świętą gorliwością o nową epokę ewangelizacyjną Kościoła, posłanego, aby ożywić nadzieję w świecie, nad którym ciążą mroczne cienie (por. Enc. Fratelii tutti, 9-55).
1. Śladami Chrystusa, naszej nadziei
Obchodząc pierwszy zwyczajny Jubileusz Trzeciego Tysiąclecia po Jubileuszu Roku 2000, wpatrujemy się w Chrystusa, który jest centrum historii, „wczoraj i dziś, ten sam także na wieki” (Hbr 13, 8). On, w synagodze w Nazarecie, ogłosił spełnienie się słów Pisma w „dziś” swojej historycznej obecności. W ten sposób objawił się jako Posłany przez Ojca, namaszczony Duchem Świętym, aby przynieść Dobrą Nowinę o królestwie Bożym i zainaugurować „rok łaski Pana” dla całej ludzkości (por. Łk 4, 16-21).
W tym mistycznym „dziś”, które trwa aż do skończenia świata, Chrystus jest spełnieniem zbawienia dla wszystkich, zwłaszcza dla tych, których jedyną nadzieją jest Bóg. W swoim ziemskim życiu „przeszedł dobrze czyniąc i uzdrawiając wszystkich” od zła i od Złego (por. Dz 10, 38), przywracając potrzebującym oraz ludowi nadzieję w Bogu. Doświadczył też wszystkich ludzkich słabości, z wyjątkiem grzechu, przechodząc nawet przez chwile krytyczne, które mogły prowadzić do rozpaczy, jak podczas agonii w Getsemani i na krzyżu. Jezus jednak powierzał wszystko Bogu Ojcu, z pełnym zaufaniem poddając się Jego zbawczemu planowi dla ludzkości – planowi pokoju na przyszłość pełną nadziei (por. Jr 29, 11). W ten sposób stał się Boskim Misjonarzem nadziei, najdoskonalszym wzorcem dla tych, którzy na przestrzeni wieków realizują misję otrzymaną od Boga, nawet w najtrudniejszych próbach.
Pan Jezus kontynuuje swoją posługę nadziei dla ludzkości poprzez swoich uczniów, posłanych do wszystkich narodów, którym mistycznie towarzyszy. Także i dzisiaj, pochyla się On nad każdą osobą ubogą, cierpiącą, zrozpaczoną i przytłoczoną złem, aby obmywać „jej rany oliwą pocieszenia i winem nadziei” (VIII Prefacja Zwykła „Jezus dobry Samarytanin”, Mszał Rzymski, wyd. włoskie). Kościół, będący wspólnotą uczniów-misjonarzy Chrystusa, posłuszny swojemu Panu i Mistrzowi oraz w Jego duchu służby, kontynuuje tę misję, dając życie wszystkim pośród narodów. Chociaż, z jednej strony, musi stawiać czoła prześladowaniom, uciskom i trudnościom, a z drugiej, własnym niedoskonałościom i upadkom wynikającym ze słabości poszczególnych jego członków, Kościół jest nieustannie przynaglany miłością Chrystusa, aby podążać, z Nim zjednoczony, na tej misyjnej drodze i podejmować, tak jak On i wraz z Nim, krzyk ludzkości, a nawet jęk każdego stworzenia oczekującego ostatecznego odkupienia. Oto Kościół, który Pan od zawsze i na zawsze wzywa do podążania Jego śladami: „nie Kościół statyczny, [ale] Kościół misyjny, kroczący z Panem po drogach świata” (Homilia podczas Mszy św. na Zakończenie Zwyczajnego Zgromadzenia Ogólnego Synodu Biskupów, 27 października 2024 r.).
Poczujmy się zatem również zainspirowani do wyruszenia śladami Pana Jezusa, aby stać się, z Nim i w Nim, znakami i posłańcami nadziei dla wszystkich, w każdym miejscu i okolicznościach, w których Bóg daje nam żyć. Niech wszyscy ochrzczeni, uczniowie-misjonarze Chrystusa, sprawiają, by Jego nadzieja zajaśniała w każdym zakątku ziemi!
2. Chrześcijanie, niosący i budujący nadzieję pośród narodów
Chrześcijanie, idąc za Chrystusem Panem, są wezwani do przekazywania Dobrej Nowiny, dzieląc konkretne warunki życia tych, których spotykają, stając się w ten sposób niosącymi i budującymi nadzieję. Rzeczywiście, „radość i nadzieja, smutek i lęk ludzi w naszych czasach, szczególnie ubogich i wszelkich uciśnionych, są również radością i nadzieją, smutkiem i lękiem uczniów Chrystusa i nie można znaleźć nic prawdziwie ludzkiego, co nie odbijałoby się echem w ich sercach” (Gaudium et spes, 1).
To słynne stwierdzenie Soboru Watykańskiego II, które wyraża uczucia i styl wspólnot chrześcijańskich każdej epoki, nadal inspiruje ich członków i pomaga im podążać wraz z braćmi i siostrami w świecie. Myślę w szczególności o was, misjonarzach i misjonarkach ad gentes, którzy udaliście się do innych narodów, idąc za Bożym wezwaniem, aby mogły one poznać miłość Boga w Chrystusie. Dziękuję wam z głębi serca! Wasze życie jest konkretną odpowiedzią na nakaz Chrystusa Zmartwychwstałego, który posłał swoich uczniów, aby nieśli Ewangelię wszystkim narodom (por. Mt 28, 18-20). W ten sposób przypominacie o powszechnym powołaniu ochrzczonych, aby mocą Ducha Świętego i codziennym zaangażowaniem stawać się, pośród narodów, misjonarzami wielkiej nadziei danej nam przez Pana Jezusa.
Horyzont tej nadziei wykracza poza przemijające rzeczywistości doczesne i otwiera się na rzeczywistość boską, której przedsmak już teraz doświadczamy. Istotnie, jak przypominał św. Paweł VI, zbawienie w Chrystusie, które Kościół ofiaruje wszystkim jako dar Bożego miłosierdzia, nie tylko „nie jest jakimś zbawieniem doczesnym, polegającym na zaspokojeniu wielkiej ilości potrzeb materialnych albo też duchowych, które (…) równają się w pełni pragnieniom, życzeniom, zabiegom i walkom doczesnym, ani nawet nie jest to zbawienie, wykraczające poza te wszystkie granice, by dopełnić się w jakimś zespoleniu z jedynym «Absolutem», czyli z Bogiem: jest to zbawienie nadprzyrodzone i eschatologiczne, które z całą pewnością zaczyna się w tym życiu, a wypełnia w wieczności” (Adhort. apost. Evangelii nuntiandi, 27).
Wspólnoty chrześcijańskie, ożywione tak wielką nadzieją, mogą być znakami nowego człowieczeństwa w świecie, który, w najbardziej „rozwiniętych” obszarach, wykazuje poważne objawy kryzysu tego, co ludzkie: szerzące się poczucie zagubienia, samotność i opuszczenie osób starszych, trudności w znalezieniu gotowości do śpieszenia z pomocą u tych, którzy żyją obok nas. W krajach najbardziej zaawansowanych technologicznie zanika bliskość: wszyscy jesteśmy ze sobą połączeni, ale nie jesteśmy ze sobą w relacji. Pogoń za wydajnością, przywiązanie do rzeczy i ambicji prowadzą nas do koncentrowania się sobie i niezdolności do altruizmu. Ewangelia, przeżywana we wspólnocie, może przywrócić nam integralne, zdrowe, odkupione człowieczeństwo.
Ponawiam zatem zachętę do podejmowania działań wskazanych w Bulli Ogłaszającej Jubileusz (nn. 7-15), ze szczególnym uwzględnieniem najuboższych i najsłabszych, chorych, starszych, wykluczonych ze społeczeństwa materialistycznego i konsumpcyjnego. I aby czynić to w stylu Boga – z bliskością, współczuciem i czułością – troszcząc się o osobistą relację z braćmi i siostrami w ich konkretnej sytuacji (por. Adhort. apost. Evangelii gaudium, 127-128). Często to właśnie oni uczą nas, jak żyć z nadzieją. A poprzez osobisty kontakt będziemy mogli przekazywać miłość współczującego Serca Pana. Doświadczymy, że „Serce Chrystusa (…) jest żywym rdzeniem pierwszego przepowiadania” (Enc. Dilexit nos, 32). Czerpiąc z tego źródła, można bowiem z prostotą ofiarować nadzieję otrzymaną od Boga (por. 1 P 1, 21), niosąc innym to samo pocieszenie, którym my jesteśmy pocieszani przez Boga (por. 2 Kor 1, 3-4). W ludzkim i Boskim Sercu Jezusa Bóg pragnie przemawiać do serca każdego człowieka, przyciągając wszystkich do swojej Miłości. „Jesteśmy posłani, aby kontynuować misję [Jezusa]: być znakiem Serca Chrystusa i miłości Ojca, obejmując cały świat” (Przemówienie do uczestników Zgromadzenia Ogólnego Papieskich Dzieł Misyjnych, 3 czerwca 2023 r.).
3. Odnowić misję nadziei
Dziś, w obliczu pilnej potrzeby misji nadziei, uczniowie Chrystusa są wezwani przede wszystkim do formowania siebie, aby stać się „budowniczymi” nadziei oraz odnowicielami często roztargnionej i nieszczęśliwej ludzkości.
W związku z tym, konieczne jest odnowienie w nas duchowości paschalnej, którą przeżywamy w każdej celebracji eucharystycznej, a zwłaszcza w Triduum Paschalnym, stanowiącym centrum i kulminację roku liturgicznego. Jesteśmy ochrzczeni w odkupieńczej śmierci i zmartwychwstaniu Chrystusa, w Passze Pana, która wyznacza wieczną wiosnę historii. Jesteśmy wówczas „ludźmi wiosny”, ze spojrzeniem zawsze pełnym nadziei, którym dzielimy się ze wszystkimi, ponieważ w Chrystusie „wierzymy i wiemy, że śmierć i nienawiść nie są ostatnimi słowami w odniesieniu do ludzkiej egzystencji” (por. Katecheza, 23 sierpnia 2017 r.). Zatem z misteriów paschalnych, sprawowanych w celebracjach liturgicznych i sakramentach, nieustannie czerpiemy moc Ducha Świętego z gorliwością, determinacją i cierpliwością do pracy na rozległym polu ewangelizacji świata. „Zmartwychwstały i chwalebny Chrystus jest głębokim źródłem naszej nadziei i nie zabraknie nam Jego pomocy, by wypełnić powierzoną nam przez Niego misję” (Adhort. apost. Evangelii gaudium, 275). W Nim żyjemy i świadczymy o tej świętej nadziei, która jest „darem i zadaniem dla każdego chrześcijanina” (La speranza è una luce nella notte, Città del Vaticano 2024, s. 7).
Misjonarze nadziei są mężczyznami i kobietami modlitwy, ponieważ „osoba, która żywi nadzieję, jest osobą, która się modli”, jak podkreślił Czcigodny kardynał Van Thuan, który zachował nadzieję żywą w długim ucisku więzienia dzięki sile, jaką otrzymywał z wytrwałej modlitwy i Eucharystii (por. F.X. Nguyen Van Thuan, Il cammino della speranza, Roma 2001, n. 963). Nie zapominajmy, że modlitwa jest pierwszym działaniem misyjnym i jednocześnie „pierwszą siłą nadziei” (Katecheza, 20 maja 2020 r.).
Odnówmy zatem misję nadziei, wychodząc od modlitwy, zwłaszcza modlitwy Słowem Bożym, a szczególnie Psalmami będącymi wielką symfonią modlitwy, której kompozytorem jest Duch Święty (por. Katecheza, 19 czerwca 2024 r.). Psalmy uczą nas nadziei w przeciwnościach, rozpoznawania znaków nadziei i nieustannego „misyjnego” pragnienia, aby Bóg był wychwalany przez wszystkie narody (por. Ps 41, 12; 67, 4). Modląc się, podtrzymujemy iskrę nadziei rozpaloną w nas przez Boga, aby stała się wielkim ogniem, który oświeca i ogrzewa wszystkich wokół nas, także poprzez konkretne działania i czyny inspirowane samą modlitwą.
Wreszcie, ewangelizacja jest zawsze procesem wspólnotowym, podobnie jak charakter chrześcijańskiej nadziei (por. Benedykt XVI, Enc. Spe salvi, 14). Proces ten nie kończy się wraz z pierwszym głoszeniem i chrztem, ale jest kontynuowany wraz z budowaniem wspólnot chrześcijańskich poprzez towarzyszenie każdemu ochrzczonemu na drodze Ewangelii. We współczesnym społeczeństwie, przynależność do Kościoła nigdy nie jest rzeczywistością nabytą raz na zawsze. Dlatego misyjne działanie, polegające na przekazywaniu i kształtowaniu dojrzałej wiary w Chrystusa, jest „wzorcem każdego dzieła Kościoła” (Adhort. apost. Evangelii gaudium, 15), dzieła, które wymaga komunii modlitwy i działania. Kładę jeszcze nacisk na tę misyjną synodalność Kościoła, a także na posługę Papieskich Dzieł Misyjnych, promujących misyjną odpowiedzialność ochrzczonych oraz wspieranie nowych Kościołów partykularnych. I zachęcam was wszystkich, dzieci, młodzież, dorosłych, osoby starsze, do aktywnego udziału we wspólnej misji ewangelizacyjnej poprzez świadectwo waszego życia i poprzez modlitwę, wasze poświęcenie i waszą hojność. Dziękuję wam za to!
Drodzy siostry i bracia, zwróćmy się do Maryi, Matki Jezusa Chrystusa, naszej nadziei. Jej powierzmy nasze życzenie na ten Jubileusz i na nadchodzące lata: „Oby światło chrześcijańskiej nadziei dotarło do każdego człowieka, jako orędzie Bożej miłości skierowane do wszystkich! Niech Kościół będzie wiernym świadkiem tego orędzia na całym świecie!” (Bulla Spes non confundit, 6).
Rzym, u Świętego Jana na Lateranie, dnia 25 stycznia 2025 roku, w święto Nawrócenia św. Pawła Apostoła.
FRANCISZEK
[00226-PL.01] [Testo originale: Italiano]
Traduzione in lingua araba
رسالة قداسة البابا فرنسيس
في اليوم العالميّ التّاسع والتّسعين للرّسالات
مُرسلو رجاء بين الشّعوب
أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء،
في مناسبة يوم الرّسالات العالميّ وفي سنة اليوبيل 2025، الذي شعاره الرّجاء (راجع مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل العادي، الرَّجاءُ لا يُخَيِّبُ، 1)، اخترت هذا الشّعار: ”مرسلو رجاء بين الشّعوب“. فهو يذكّر المسيحيّين، الأفراد والكنيسة، جماعة المعمّدين، بدعوتهم الأساسيّة: أن يكونوا، على خطى المسيح، رسلًا وبناة للرّجاء. أتمنّى للجميع زمن نعمة مع الله الأمين الذي ولدنا ثانية في المسيح القائم من بين الأموات "لِرَجاءٍ حَيٍّ" (1 بطرس 1، 3-4). وأريد أن أذكّر ببعض الجوانب الهامّة لهوية الرّسالة المسيحيّة، لكي نسمح لروح الله بأن يقودنا، ونتَّقد بغيرة مقدّسة من أجل زمن جديد للبشارة بالإنجيل في الكنيسة، المرسلة لإحياء الرّجاء في عالم يرزح تحت ظلام كثير (راجع رسالة بابويّة عامّة، كلّنا إخوة - Fratelli tutti، 9-55).
1. على خطى المسيح رجائنا
بينما نحتفل باليوبيل العادي الأوّل في الألفيّة الثّالثة بعد يوبيل سنة 2000، لنثبِّتْ نظرنا محدِّقين في المسيح، الذي هو مركز التّاريخ، و "هو هو أَمْسِ واليَومَ ولِلأَبَد" (عبرانيين 13، 8). فقد أعلن في مجمع النّاصرة تحقيق الكتب المقدّسة في ”يوم“ حضوره التّاريخي. وهكذا أظهر نفسه على أنّه المُرسَل من قبل الآب بمسحة الرّوح القدس ليحمل بُشرى ملكوت الله السّارّة ويُعلِن: "سَنَةَ رِضًا عِندَ الرَّبّ" (لوقا 4، 16-21) لكلّ البشريّة.
في هذا ”اليوم“ الرّوحيّ الباقي حتّى نهاية العالم، المسيح هو متمِّم الخلاص للجميع، ولا سيّما للذين رجاؤهم الوحيد هو الله. فهو، في حياته الأرضيّة، "مَضى مِن مَكانٍ إِلى آخَر يَعمَلُ الخَيرَ ويُبرِئُ جَميعَ الَّذينَ استَولى علَيهم إِبليس" (أعمال الرّسل 10، 38)، فأعاد إلى المحتاجين والشّعب الرّجاء في الله. وكذلك اختبر كلّ الضّعف البشريّ، ما عدا الخطيئة، ومرّ أيضًا بلحظات بالغة الشّدّة يمكن أن تقود إلى اليأس، كما في بستان الجسمانيّة وعلى الصّليب. ومع ذلك، أَوكل يسوع كلّ شيء إلى الله الآب، فأطاع بثقة كاملة لمخطّطه الخلاصيّ من أجل البشريّة، وهو مخطّط سلام لمستقبل مليء بالرّجاء (راجع إرميا 29، 11). وهكذا صار مُرسَل الرّجاء الإلهيّ، النّموذج الأسمى لكلّ الذين يحملون عبر العصور، حتّى في أصعب المِحَن، الرّسالة التي تسلّموها من الله.
الرّبّ يسوع يستمرّ في خدمته رسولًا للرّجاء للبشريّة بواسطة تلاميذه، المرسلين إلى جميع الشّعوب ويرافقهم هو بصورة سرّيّة. فهو ينحني اليوم أيضًا على كلّ إنسان فقير أو متألِّم أو مُحبط أو الذي غلبه الشّرّ، ليصبّ "على جراحه زيت العزاء وخمر الرّجاء" (مقدمّة الصّلاة الإفخارستيّة، يسوع السّامريّ الرّحيم). والكنيسة، جماعة تلاميذ المسيح المرسلين، المطيعة لربِّها ومعلِّمها، وبنفس روحه في الخدمة، تواصل هذه الرّسالة، وتقدِّم حياتها بين الشّعوب للجميع. ورغم ما تواجهه، من جهة، من اضطهادات، وضيقات، وصعاب، ومن جهة أخرى، من عيوب وسقطات بسبب ضعف أعضائها، تدفعها محبّة المسيح دائمًا لتسير متّحدة به في هذه المسيرة الإرساليّة، ولتستقبل، مثله ومعه، صرخة البشريّة، بل أنين كلّ الخليقة في انتظار الفداء النّهائي. هذه هي الكنيسة التي يدعوها الرّبّ يسوع دائمًا إلى أن تسير على خطاه: "لا كنيسة ثابتة في مكانها، بل كنيسة مُرسَلَة، تسير مع الرّبّ يسوع في طُرُقات العالم" (عظة في القدّاس الإلهيّ في ختام الجمعيّة العامّة العاديّة لسينودس الأساقفة، 27 تشرين الأوّل/أكتوبر 2024).
لهذا لنشعر بأنّ الله يلهمنا نحن أيضًا لننطلق في مسيرة على خطى الرّبّ يسوع، لكي نصير معه وفيه علامات ورسل رجاء للجميع، في كلّ مكان وظرف يمنحنا الله أن نعيش فيه. ليشِّع جميع المعمّدين، تلاميذ المسيح المرسلين، رجاء الرّبّ يسوع في كلّ زاوية من الأرض.
2. المسيحيّون، حاملو الرّجاء وبُناتُه بين الشّعوب
المسيحيّون، باتّباعهم المسيح الرّبّ، مدعوّون إلى أن يحملوا البّشرى السّارّة بمشاركتهم ظروف الحياة الواقعيّة للذين يلتقون بهم، فيصيرون بذلك حامليّ الرّجاء وبُناتَه. في الواقع، "آمال بشرِ اليوم وأفراحهم، وأحزانهم وضيقاتهم، لا سيّما الفقراء وكلّ المتألّمين، هي أفراحُ تلاميذِ المسيح وآمالُهم، وهي أحزانُهم وضيقاتهم، ولا شيء إنسانيٍّ حقًا إلّا وله صداهُ في قلوبهم (دستور رعائي، الكنيسة في عالم اليوم، فرح ورجاء، 1).
هذا القول المعروف للمجمع الفاتيكان الثّاني، الذي يعبِّر عن شعور الجماعات المسيحيّة ونهج حياتها في كلّ عصر، لا يزال يُلهِم أعضاءها ويساعدهم على السّير مع إخوتهم وأخواتهم في العالم. أفكّر بصورة خاصّة فيكم، أيّها المرسلون والمرسلات إلى الأمم، الذين تبعتم دعوة الله، وذهبتم إلى شعوب أخرى لتّعريفهم بمحبّة الله في المسيح. شكرًا لكم من القلب! حياتكم هي جواب عمليّ لدعوة المسيح القائم من بين الأموات، الذي أرسل تلاميذه ليبشّروا جميع الشّعوب (راجع متّى 28، 18-20). وهكذا، تذكِّروننا بدعوة جميع المعمّدين ليصيروا، بقوّة الرّوح القدس وبالتزام يوميّ، مرسلين بين الشّعوب تحملون إليهم الرّجاء الكبير الذي منحنا إياه الرّبّ يسوع.
أفق هذا الرّجاء يتجاوز واقع هذه الدّنيا الزّائلة وينفتح على الحقائق الإلهيّة، التي نتذوّقها منذ الآن في الحاضر. في الواقع، كما قال القدّيس البابا بولس السّادس، الخلاص في المسيح، الذي تقدّمه الكنيسة للجميع عطيّةً من رحمة الله، ليس فقط "خلاصًا يتناسب مع الاحتياجات الماديّة أو الرّوحيّة التي [...] تتماهى مع الرّغبات والآمال والانشغالات والكفاحات الزّمنيّة، بل هو أيضًا خلاص يتجاوز كلّ هذه الحدود ليتحقّق في شَرِكة مع المطلق الوحيد، وهو الله: إنّه خلاص فائق، لآخر الأزمنة، يبدأ بالتّأكيد في هذه الحياة لكنّه يكتمل في الأبديّة" (الإرشاد الرّسوليّ، البشارة بالإنجيل، 27).
إذا انتعَشَتْ بهذا الرّجاء الكبير، يمكن للجماعات المسيحيّة، أن تكون علامات لإنسانيّة جديدة في عالم يُظهر في أكثر القطاعات ”تطوّرًا“، أعراضًا خطيرة لأزمة في الإنسانيّة: فهناك شعور كبير بالضّياع، والوِحدة وإهمال كبار السّنّ، والصّعوبة في وجود من يقدّم المساعدة للذين يعيشون بقربنا. في أكثر الدّول تقدّمًا تكنولوجيًّا، يزداد القُرب والمودة غيابًا: كلّنا مترابطون في ما بيننا، ولكن لا يوجد بيننا علاقة. السّعي نحو الفعّالية والإنتاج والتّمسّك بالأشياء وبالطّموحات يدفعنا إلى أن ننغلق على أنفسنا ونكون غير قادرين لأن نخدم الآخرين. إنّ عَيشَ الإنجيل في جماعة المؤمنين، يمكن أن يُعيد إلينا إنسانيّتنا كاملة وسليمة ومفتداة.
لذلك، أجدّد الدّعوة إلى تنفيذ الأعمال التي أشرت إليها في مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل (الأرقام 7-15)، مع اهتمام خاصّ بالفقراء، والضّعفاء، والمرضى، والمسنّين، والمهمّشين من قِبَل المجتمع المادّيّ والاستهلاكيّ. وأن يتمّ عمل ذلك بأسلوب الله: بالقُرب، والرّحمة، والحنان، والاهتمام بالعلاقة الشّخصيّة مع الإخوة والأخوات في ظروفهم العمليّة (راجع الإرشاد الرّسوليّ،فرح الإنجيل، 127-128) إذّاك، سيكونون هم من يعلّموننا مرارًا أن نعيش برجاء. ويمكننا بالاتّصال الشّخصيّ أن ننقل محبّة قلب الله الرّحيم. وسنختبر أنّ "قلب المسيح [...] هو النّواة الحيّة للبشارة الأولى" (رسالة بابويّة عامّة، لقد أحَبَّنا، 32). في الواقع، إن استقينا من هذا المصدر، يمكننا أن نقدّم، ببساطة، الرّجاء الذي قبلناه من الله (راجع 1 بطرس 1، 21)، ونحمل إلى الآخرين التّعزية نفسها التي يعزّينا الله بها (راجع 2 قورنتس 1، 3-4). يريد الله أن يتكلّم إلى قلب كلّ إنسان، في قلب يسوع الإلهيّ والإنسانيّ، ويجذب الجميع إلى محبّته. "نحن مدعوّون إلى أن نُكمل هذه الرّسالة: أن نكون علامة لقلب المسيح ولمحبّة الآب، ونُعانق العالم كلّه" (كلمة إلى المشاركين في الجمعيّة العامّة للجمعيّات البابويّة للرّسالات، 3 حزيران/يونيو 2023).
3. تجديد رسالة الرّجاء
أمام الضّرورة الملحّة لرسالة الرّجاء اليوم، تلاميذ المسيح مدعوّون أوّلًا إلى أن يكوِّنوا أنفسهم ليصيروا ”بُناةَ“ رجاء ومرمِّمِين لإنسانيّة ممزّقة وتاعسة غالبًا.
لهذا يجب أن نجدّد فينا الرّوحانيّة الفصحيّة، التي نعيشها في كلّ احتفالٍ إفخارستيّ، وخاصّة في الثّلاثيّة الفصحيّة، التي هي مركز وقمّة السّنة الليتورجيّة. نحن معمَّدون في موت وقيامة المسيح الفادي، وفي فصح الرّبّ يسوع الذي هو ربيع التّاريخ الأبديّ. إذن، نحن ”أهل الرّبيع“، ونظرتنا مفعمة دائمًا بالرّجاء لكي نشاركها مع الجميع، لأنّنا في المسيح ”نؤمن ونعرف أنّ الموت والكراهية ليس لهما الكلمة الحاسمة“ في حياة الإنسانيّة (راجع المقابلة العامّة في دروس التّعليم المسيحيّ، 23 آب/أغسطس 2017). لذلك، من الأسرار الفصحيّة، التي تتحقّق في الاحتفالات الليتورجيّة والأسرار المقدّسة، نستمدّ باستمرار قوّة الرّوح القدس بالغَيرَة، والإصرار، والصّبر، للعمل في حقل إعلان البشارة الواسع في العالم. "يسوعُ القائمُ من بين الأموات والممجَّد هو مصدرُ رجائنا العميق، ولن يحرمنا أبدًا مساعدته في تتميم الرّسالة التي عَهدَ بها إلينا" (الإرشاد الرّسوليّ،فرح الإنجيل، 275). فِيهِ نحيا ونشهد لهذا الرّجاء المقدّس الذي هو "عطيّة لكلّ مسيحيّ ومهمّة موكولة إليه" (الرّجاء نورٌ في الليل، حاضرة الفاتيكان 2024، 7).
مُرسلو الرّجاء هُم رجالُ صلاة ونساءُ صلاة، لأنّ "الإنسان الذي يرجو هو إنسان يصلّي"، كما أكّد الكاردينال الموقّر فان ثوان (Van Thuan)، الذي حافظ على رجائه حيًّا في محنته الطّويلة في السّجن بالقوّة التي كانت تأتيه من صلاته المستمرّة ومن الإفخارستيّا (راجع فرانسوا خافيير نجويين فان ثوان F.X. Nguyen Van Thuan، مسيرة الرّجاء، روما 2001، رقم 963). لا ننسَ أنّ الصّلاة هي أوّل عمل في الرّسالة، وهي أيضًا "القوّة الأولى التي تسند الرّجاء" (المقابلة العامّة في دروس التّعليم المسيحيّ، 20 أيّار/مايو 2020).
لذلك، لنجدّد رسالة الرّجاء انطلاقًا من الصّلاة، وخاصّة الصّلاة مع كلمة الله، وبالأخصّ المزامير، التي هي سيمفونيّة صلاة كبيرة ومؤلّفها هو الرّوح القدس (راجع المقابلة العامّة في دروس التّعليم المسيحيّ، 19 حزيران/يونيو 2024). المزامير تعلِّمنا أن نقوِّي رجاءنا في الشّدائد، وأن نميّز ونتعرّف على علامات الرّجاء، وأن تكون فينا الرّغبة ”الإرساليّة“ الدّائمة في أن يُمجَّد الله في كلّ الشّعوب (راجع المزمور 41، 12؛ 67، 4). عندما نصلّي نُبقي شعلة الرّجاء التي أشعلها الله فينا، حتّى تصير نارًا كبيرة، تُنير وتدفئ كلّ الذين حولنا، بأعمال وتصرّفات عمليّة أيضًا، مستوحاة من الصّلاة نفسها.
أخيرًا، البشارة بالإنجيل هي دائمًا عمليّة جماعيّة، مثل طابع الرّجاء المسيحيّ (راجع بندكتس السّادس عشر، رسالة بابويّة عامّة، بالرّجاء مخلَّصون، 14). هذه العمليّة لا تنتهي بالبشارة الأولى والمعموديّة، بل تستمرّ مع بناء الجماعات المسيحيّة، بمرافقة كلّ معمّد في مسيرته على طريق الإنجيل. في المجتمع الحديث، الانتماء إلى الكنيسة ليس أمرًا مُكتسبًا مرّة واحدة وإلى الأبد. لذلك، العمل الإرساليّ في نقل وتكوين الإيمان النّاضج في المسيح هو "نَهجُ كلّ مهمّة في الكنيسة" (الإرشاد الرّسوليّ،فرح الإنجيل، 15)، وهو مهمّة تتطلّب شركة في الصّلاة والعمل. أؤكّد أيضًا على سينوديّة رسالة الكنيسة هذه، وأيضًا على خدمة الجمعيّات البابويّة للرّسالات في تعزيز المسؤوليّة الإرساليّة للمعمّدين، ودعم الكنائس المحليّة الجديدة. وأحثّكم جميعًا، أطفالًا، وشبابًا، وبالغين، وكبارًا في السّنّ، على أن تشاركوا بشكلٍ فعّال في رسالة إعلان بشارة الإنجيل المشتركة، بشهادة حياتكم، وصلواتكم، وتضحياتكم، وكرمكم. أشكركم من قلبي على ذلك!
أيّها الإخوة وأيّتها الأخوات الأعزّاء، لنتوجّه إلى مريم، أمّ يسوع المسيح رجائنا. لنوكل إليها أمنياتنا من أجل هذا اليوبيل ومن أجل السّنوات القادمة: "لِيَصِلْ نور الرّجاء المسيحيّ إلى كلّ إنسان، رسالةَ محبّة الله الموجَّهة إلى الجميع! وَلْتَكُنِ الكنيسة شاهدة أمينة لهذا الإعلان في كلّ أنحاء العالم!" (مرسوم الدّعوة إلى اليوبيل العادي، الرَّجاءُ لا يُخَيِّبُ، 6).
روما، بازيليكا القدّيس يوحنّا في اللاتران، يوم 25 كانون الثّاني/يناير 2025، عيد اهتداء القدّيس بولس.
فرنسيس
[00226-AR.01] [Testo originale: Italiano]
[B0112-XX.02]