Intervento dell’Em.mo Card. Lazzaro You Heung-sik
Intervento di S.E. Mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira
Intervento del Prof. Andrea Riccardi
Alle ore 11.00 di oggi, presso la Sala Stampa della Santa Sede, Via della Conciliazione, 54, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione della Lettera del Santo Padre sul rinnovamento dello studio della Storia della Chiesa, che si colloca in continuità con la Lettera del Santo Padre Francesco sul ruolo della letteratura nella formazione, pubblicata il 4 agosto 2024.
Intervengono: l’Em.mo Card. Lazzaro You Heung-sik, Prefetto del Dicastero per il Clero; S.E. Mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira, Segretario del medesimo Dicastero; il Prof. Andrea Riccardi, Presidente della Società Dante Alighieri, già Professore ordinario di Storia Contemporanea all’Università di Bari, alla Sapienza e alla Terza Università degli Studi di Roma, e la Prof.ssa Emanuela Prinzivalli, già ordinario di Storia del Cristianesimo e delle Chiese presso la Sapienza Università di Roma, Professore invitato di Patrologia presso l'Istituto Patristico Augustinianum, in collegamento da remoto.
Riportiamo di seguito gli interventi dell’Em.mo Card. Lazzaro You Heung-sik, di S.E. Mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira e del Prof. Andrea Riccardi:
Intervento dell’Em.mo Card. Lazzaro You Heung-sik
Il Santo Padre, con quest’ultima Lettera sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa, continua ad incoraggiare ed indirizzare la formazione sacerdotale in particolare, e in generale quella umana e cristiana, verso una piena consapevolezza personale e storica della realtà in cui viviamo e dobbiamo operare, invitandoci a correggere e ad evitare una visione troppo “angelicata” della nostra vita e della nostra esistenza nella storia che viviamo.
Nel ricordarci come nella genealogia di Gesù “nulla è semplificato, cancellato o inventato” fino al punto di non sottacere “nomi a dir poco problematici”, poiché “tutto comunque finisce e fiorisce in Maria ed in Cristo”, il Santo Padre ci ricorda almeno tre caratteristiche fondamentali della fede cristiana, singolari rispetto a tutte le altre esperienze religiose.
1. La prima: Dio entra in punta di piedi nella storia dell’umanità e dei singoli per innestarci nella Sua storia salvifica.
2. La seconda, conseguenza della prima, comporta la necessità di conseguire una “dimensione storica dell’essere umano” attraverso “una reale sensibilità storica” che deve portare ad una “Chiesa che riconosce se stessa anche nei suoi momenti più oscuri”, che “diventa capace di comprendere le macchie e le ferite del mondo in cui vive, e se cercherà di sanarlo e di farlo crescere, lo farà nello stesso modo in cui tenta di sanare e far crescere se stessa”.
Qui la proposta cristiana, di una crescita umana-cristiana, emerge in tutta la sua specificità: un Dio che entra nella nostra storia, individuale e generale.
3. Terza caratteristica: il Dio di Gesù Cristo che entra nella nostra storia come Persona, che parla, vive, agisce, piange, sorride, accarezza, si adira. Costruisce cioè storia con noi per portarci ad un livello di comunione e consapevolezza con Lui, affinché ritroviamo noi stessi come figli suoi che hanno i suoi tratti, fatti “a sua immagine e somiglianza” (Gen1,26), secondo la sua essenza che è comunione. Dio stesso è maestro di Storia, oltre che Signore delle nostre storie. Una storia che con Lui non si costruisce individualmente, ma appunto in comunione, insieme, interconnessi e interdipendenti. Egli stesso nella sua essenza è comunione trinitaria interconnessa e interdipendente. Non ci salviamo da soli, ma insieme, come popolo di Dio.
Ho iniziato questo mio breve intervento dicendo che con questa Lettera il Santo Padre prosegue un discorso di formazione sacerdotale, cristiana e umana che va verso una piena consapevolezza dell’essere sacerdoti, cristiani, esseri umani che cercano di comprendere e di comprendersi nel portare avanti il piano di Dio. Papa Francesco lo aveva di fatto cominciato con la Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione del 4 agosto scorso, dove sottolineava - partendo da San Paolo nell’Areopago, passando per Basilio di Cesarea, fino a Rahner e Latourelle, con le parole di quest’ultimo - che nella letteratura “è la vita che prende coscienza di se stessa quando raggiunge la pienezza di espressione, facendo appello a tutte le risorse del linguaggio” (§5), per questo, sottolineava Papa Francesco, “per un credente che vuole sinceramente entrare in dialogo con la cultura del suo tempo, o semplicemente con la vita delle persone concrete, la letteratura diventa indispensabile” (§8). La letteratura ci apre sostanzialmente ad una “pluralità diacronica e sincronica di culture e saperi” tale che da un lato ne rispetta l’essenza specifica e dall’altro la rende intellegibile (§35).
Proprio questo approccio diacronico e sincronico viene riproposto dal Santo Padre in quest’ultima Lettera sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa nel sottolineare “l’importanza di collegarci alla storia”, per non vivere in un eterno “presente senza passato”, caricatura dell’eternità vera che solo Dio può donare nella vita e nella storia di ciascuno di noi. Può sembrare paradossale, ma mai come in questo periodo dove possiamo essere materialmente e costantemente interconnessi e interdipendenti, abbiamo bisogno di dare un’anima a questa esperienza, di darle memoria e consapevolezza, di darle una storia, di immettere queste interconnessioni e queste interdipendenze in storie vere e concrete, che hanno un passato, che li ha portati al presente che vivono, per costruire consapevolmente il futuro.
Siamo veramente grati a Papa Francesco per queste sue due ultime Lettere sulla formazione dei sacerdoti in particolare, ma anche di tutti gli agenti pastorali, doni che sgorgano dal suo cuore di pastore; esse sono un ulteriore segno del suo affetto e della sua premura per tutti i ministri ordinati e i battezzati e incoraggiano il nostro servizio come Dicastero in favore dei seminaristi, dei sacerdoti e diaconi. Grazie.
[01828-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Intervento di S.E. Mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira
Qual è il fondamento e quale l’orizzonte delle due lettere che Papa Francesco ci ha regalato?
Senz’altro è il suo cuore di pastore che vuole condividere alcune delle preoccupazioni che scaturiscono del suo desiderio di una formazione cristiana e specialmente sacerdotale che sia radicata nella vita personale e culturale di ognuno e della propria comunità, così che possa essere pienamente umana e orientata al comune impegno dell’edificazione di “una civiltà della verità e dell’amore”, collaborando con tutti i credenti in Dio, con coloro che lo cercano con cuore sincero, con tutti gli uomini e le donne di buona volontà nello spirito dell’Enciclica Fratelli tutti.
Il Santo Padre ha particolarmente a cuore alcune attuali debolezze e limiti nella formazione dei giovani, particolarmente nei percorsi formativi agli Ordini ministeriali nei Seminari e nelle altre Case di formazione, dove si tende a considerare di meno la memoria del passato, la ricerca della verità e l’appartenenza a una cultura che si esprime attraverso molti modi, di cui l’arte letteraria è uno dei privilegiati. Tra l’altro, la superficialità delle letture e dello studio e il fascino compulsivo dell’immediato offerto da uno schermo, non poche volte, lascia prendere il sopravvento a banalità e fake news.
Nella lettera sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa, Papa Francesco ci invita a “promuovere, nei giovani studenti di teologia, una reale sensibilità storica… soprattutto il sorgere di una chiara familiarità con la dimensione storica propria dell’essere umano…”, perché “nessuno può conoscere veramente chi è e che cosa intende essere domani senza nutrire il legame che lo connette con le generazioni che lo precedono. E questo vale non solo a livello di vicenda dei singoli, ma anche ad un livello più ampio di comunità. Infatti, studiare e raccontare la storia aiuta a mantenere accesa «la fiamma della coscienza collettiva»”.
Nella letteratura, intesa come comunicazione con l’autore, nel suo contesto vitale e sociale e anche con sé stessi, troviamo un modo di metterci in ascolto lasciandoci raggiungere nel più profondo del nostro essere, delle nostre preoccupazioni, ansie, desideri e necessità, perché – come il Papa ribadisce nella lettera sul ruolo della letteratura nella formazione – nel leggere, non importa che capire “tutto e subito”, ma piuttosto ascoltare “la voce di qualcuno” (Jorge Luis Borges), ossia l’entrare in comunione e in dialogo con gli altri: non astrattamente, ma nella concretezza delle condizioni della vita, del grande teatro del mondo, dove l’esistenza di tutti gli esseri umani si incontrano e si “intralciano” nella trama dei legami che scrivono la storia.
Proprio il dialogo e la comunione sono gli elementi costitutivi dell’Evangelizzazione, intesa anzitutto come l’incontro vivo con Cristo Risorto, salvatore. Particolarmente incoraggiante dunque risulta l’invito del Santo Padre a “promuovere… una reale sensibilità storica” nei candidati al sacerdozio e per i sacerdoti, i pastori, la cui vocazione è accompagnare il gregge nel suo percorso di ricerca, incontro, amore e dedizione nel servizio a Gesù, destino di ogni uomo, nel “qui e ora” della propria vita. Meglio ancora: che Egli possa farsi Signore della storia e della realtà con la potenza del Suo amore redentore.
Infatti, nella lettera sul ruolo della letteratura nella formazione, Papa Francesco sottolinea che “l’urgente compito dell’annuncio del Vangelo nel nostro tempo richiede, dunque, ai credenti e ai sacerdoti in particolare l’impegno a che tutti possano incontrarsi con un Gesù Cristo fatto carne, fatto umano, fatto storia. Dobbiamo stare tutti attenti a non perdere mai di vista la “carne” di Gesù Cristo: quella carne fatta di passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti, mani che toccano e guariscono, sguardi che liberano e incoraggiano, di ospitalità, di perdono, di indignazione, di coraggio, di intrepidezza: in una parola, di amore”.
Vorrei soffermarmi solo un attimo su tre delle osservazioni apposte dal Papa alla fine della lettera sul rinnovamento dello studio della storia della Chiesa, che ci sfidano a mettere più in rilievo il ruolo della letteratura nella formazione cristiana, specialmente in quella dei futuri pastori:
La prima riguarda “il fatto che la storia della Chiesa insegnata in tutto il mondo sembra risentire di un complessivo riduzionismo, con una presenza ancora ancillare nei confronti di una teologia, la quale poi spesso si mostra incapace di entrare realmente in dialogo con la realtà, viva ed esistenziale, degli uomini e delle donne del nostro tempo. Perché la storia della Chiesa, insegnata come parte della teologia, non può essere scollegata dalla storia delle società”. Perciò c’è bisogno della letteratura grazie alla quale possiamo non solo prendere contatto o entrare, ma soprattutto riconoscerci come partecipi del dramma nel quale svolgiamo anche noi un ruolo, un compito, vitale e decisivo.
La seconda osservazione riguarda la “necessità di “fare storia” della Chiesa – così come di “fare teologia” – non solo con rigore e precisione ma anche con passione e coinvolgimento: con quella passione e quel coinvolgimento, personali e comunitari, propri di chi, compromesso nell’evangelizzazione, non ha scelto un posto neutrale e asettico, perché ama la Chiesa e l’accoglie come Madre così come essa è”. Di conseguenza, nell’approfondire e nel consolidare il nostro personale essere protagonisti dell’Evangelizzazione, in modo particolare di coloro che diventeranno pastori (e, perciò, per cominciare ad acquistare “un forte odore alle pecore”), la letteratura è una via privilegiata perché consente di coinvolgersi dal di dentro, dalle proprie motivazioni vocazionali. Si tratta di un compito continuo, che dura tutta la vita e che la Chiesa chiama “formazione permanente”.
Il Santo Padre ce lo dice con semplicità nella lettera sul ruolo della letteratura nella formazione: “Naturalmente, non vi sto chiedendo di fare le stesse letture che ho fatto io. Ognuno troverà quei libri che parleranno alla propria vita e che diventeranno dei veri compagni di viaggio… dobbiamo selezionare le nostre letture con apertura, sorpresa, flessibilità, lasciandoci consigliare, ma anche con sincerità, cercando di trovare ciò di cui abbiamo bisogno in ogni momento della nostra vita”.
Infine accenno all’osservazione, che sta molto a cuore a Papa Francesco, “riguarda la cancellazione delle tracce di coloro che non hanno potuto far sentire la loro voce nel corso dei secoli”, invitando gli specialisti a riportare alla luce “il volto popolare degli ultimi e quello di ricostruire la storia delle loro sconfitte e delle sopraffazioni subite, ma anche delle loro ricchezze umane e spirituali, offrendo strumenti per comprendere i fenomeni di marginalità e di esclusione di oggi.” Penso che, nella letteratura si possa sentire la voce, molte volte quasi silenziata, di coloro ai quali si è provato a cancellarli dalla storia. Forse perciò il Santo Padre, nella lettera sul ruolo della letteratura, ci rivela che predilige le opere tragiche, perché “piangendo per la sorte dei personaggi, piangiamo in fondo per noi stessi ed i nostri vuoti, le nostre mancanze, la nostra solitudine”. Infatti, la letteratura “serve, in poche parole, a fare efficacemente esperienza della vita”.
[01829-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Intervento del Prof. Andrea Riccardi
Presentare questa Lettera sul rinnovamento dello studio della storia è per me un vivo piacere. La lettera è stata una sorpresa, perché negli studi ecclesiastici la storia è stata poco valorizzata o diminuita anche negli ordinamenti più recenti. Invece mi tornano alla mente le parole che mi diceva negli anni Settanta il grande teologo domenicano, p. Congar: “l’histoire sauvera la théologie”. L’intuizione è confermata dal bel testo di papa Francesco, che esprime “il legame tra la storia della Chiesa e l’ecclesiologia”. Sarebbe inutile ricordare come, nella sua lunga vicenda, la Chiesa abbia spesso sentito la necessità di fare storia di se stessa: da Eusebio di Cesarea tra il III e il IV secolo a Cesare Baronio, tra il XVI e il XVII secolo, e ai suoi Annales Ecclesiastici e alla revisione del Martirologio. Diceva lo storico Marc Bloch: il cristianesimo è una religione storica a partire dai suoi testi sacri. Nel 1954, Pio XII afferma: “La Chiesa cattolica è essa stessa un fatto storico”.
Qui si coglie la differenza tra il cristianesimo e l’ebraismo e l’islam, con il mondo delle religioni asiatiche che hanno una concezione circolare della storia, a differenza delle prime, che si ordinano in una visione teleologica della storia. Oggi poi c’è una differenza tra la “religione dell’emozione”, misto di neopentecostalismo, neoprotestantesimo e altro, che rappresenta l’altro cristianesimo, forte nel XXI secolo, e la coscienza storica delle Chiese della tradizione. La caduta di senso storico è un aspetto della deculturazione delle religioni, tipica del nostro tempo. Papa Francesco vede un fenomeno generale, tipico del mondo globale: “un decostruzionismo, per cui la libertà umana pretende di costruire tutto a partire da zero. Restano in piedi unicamente il bisogno di consumare senza limiti e l’accentuarsi di molte forme di individualismo senza contenuti”.
Lo ha già denunciato nella Fratelli tutti, enciclica dedicata anche alla pace, parlando di “perdita del senso della storia”. Il futuro cui si è avviati è uomini e donne “spaesati” -come dice Todorov- e vuoti, figli del vuoto. La storia è radice. Non che sia necessario conoscere la storia in modo nozionistico, ma assimilare il senso della storia. Per questo il papa propone di ricollegarci alla storia, di studiarla, di amarla: “Nessuno può conoscere veramente chi è e che cosa intende essere domani senza nutrire il legame che lo connette… ad un livello più ampio di comunità”.
Ma perché abbiamo ereditato un’indifferenza verso la storia o addirittura il sospetto? La storicizzazione o lo storicismo sono apparsi come volontà di ridimensionare la fede, cancellare il mistero, fare del cristianesimo solo un frutto della storia umana. E’ la vicenda della crisi modernista che ha travagliato la Chiesa di inizio Novecento. La storia materia sospetta, anche se abbiamo avuto un papa storico, San Giovanni XXIII.
La grande ripresa degli studi teologici, patristici, storici ha mostrato come la via della storia e quella della teologia fossero apparentate. Rifiutare la storia è chiudersi in una cittadella immota. Con il Vaticano II, la parola historia, quasi assente nel magistero precedente, entra nei testi conciliari, citata ben 63 volte. Il Concilio è una svolta rispetto a una generale e consolidata diffidenza verso la storia. Tra la fine del XIX secolo e gli anni ’50 del XX, la Chiesa era in genere a suo agio in una condizione atemporale, mentre il divenire strico sembrava segno della condizione caduca e mondana dell’umanità. La scelta astorica (o antistorica) mostra una Chiesa a disagio con la storia che sembra estranea, ostile, con la sua funzione di relativizzazione. Questo atteggiamento atemporale ha causato talvolta l’incapacità di capire il tempo in cui la Chiesa viveva. Eppure non sempre è stato così.
In linea con il Concilio, Francesco chiede di maturare una “reale sensibilità storica”. Non una difesa trionfalista. Non una storia ideologica, né manipolatrice degli eventi (i conflitti talvolta si giustificano con ricostruzioni tendenziose della storia). Per il papa bisogna conoscere la storia, ma avere una mentalità storica nel vivere il presente e nella Chiesa: “Senza memoria non si va mai avanti” -dice. E afferma: bisogna liberare la storia da “una posizione ancillare verso la teologia” favorendo anche la familiarità con le fonti. Se lo spirito di questa lettera sarà recepito, richiederà serie riforme nell’insegnamento, ma anche investimenti nella didattica e nella ricerca. Ed è necessario che sia recepito per una “comprensione della realtà senza pericolose e disincarnate astrazioni”.
Del resto, il recupero della memoria dei martiri del Novecento, voluto da Giovanni Paolo II per il Grande Giubileo, ha salvato dall’oblio questi ultimi sepolti dalla violenza. Ne è emersa dal recupero della memoria una Chiesa di martiri. La storia libera e restituisce alla realtà. Ha fatto emergere storicamente l’autocoscienza della Chiesa dei martiri. Francesco ha voluto una nuova commissione per i martiri del XXI secolo. La storia della Chiesa non è solo di papi o grandi personaggi, ma anche storia degli umili, della loro preghiera, della carità, della pietà popolare. Abbiamo già una grande storiografia in proposito. La storia, ad esempio, per un vescovo che inizia il suo ministero in una diocesi, è necessaria perché “aiuta a guardare la Chiesa reale per poter amare quella che esiste veramente…”. Così si affronta la realtà con la profondità della prospettiva storica.
La storia della Chiesa è parte della storia comune di popoli, credenti e di tanti altri. La Chiesa non perde la sua identità specifica (non si fa storia della Chiesa senza conoscere quella del mondo). Nella storia, secondo l’insegnamento del Concilio e di Paolo VI, la Chiesa ricerca i segni dei tempi, che sono indicazioni preziose per il suo cammino.
La perdita del senso della storia e una visione individualista della vita religiosa (in sostanza astorica) ha portato -secondo il grande storico Marrou- “all’atrofia della speranza escatologica”. Alla vigilia di un Giubileo dedicato alla speranza, la ripresa del senso storico ha un grande valore nella prospettiva di gonfiare le ali di speranza e andare verso il futuro. Mi auguro che queste importanti pagine del papa non siano lasciate cadere, ma rappresentino -come diceva Pietro Scoppola- l’inizio “di uno storicismo umanistico, aperto ai valori della trascendenza”. Scriveva uno storico laico: “”Solo la certezza di venire da lontano può spingere a guardare davanti a sé”. E noi veniamo da molto lontano in tanti sensi!
[01836-IT.01] [Testo originale: Italiano]
[B0914-XX.02]